domenica 18 novembre 2018

O Sacerdos quis es tu?... Nihil et omnia. O Sacerdos! UN MISTERO D'AMORE

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Omelia per Ordinazione sacerdotale 

E' circostanza provvidenziale e spiritualmente preziosa che questo rito di ordinazione si collochi stavolta nel giorno della Esaltazione della Croce. La connessione ci aiuta crescere nell'intelligenza del disegno e dell'iniziativa di Dio a favore della famiglia umana.

In apertura di questa celebrazione abbiamo ricordato che il Padre ha "voluto salvare gli uomini con la Croce di Cristo"; ma per la stessa volontà di salvezza è stato istituito il sacerdozio ministeriale, il quale perciò può essere adeguatamente compreso nella sua verità solo se lo si legge come prolungamento nella vicenda dei secoli della donazione del Figlio di Dio, che una volta per sempre si è immolato sul Golgota.



Nella medesima orazione di inizio abbiamo detto di aver conosciuto il Crocifisso come un "mistero d'amore"; ma appunto come un "mistero d'amore" va intesa anche l'istituzione del sacerdozio gerarchico, che nasce dalla misericordia del Signore: egli difatti non vuol lasciare i figli di Adamo sbandati e persi "come pecore senza pastore" (cfr. Mt 9,36).



E voi, carissimi che state per offrirvi all'imposizione delle mie mani, siete una concreta, generosa, irrevocabile risposta d'amore all'amore del Padre che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (cfr. Gv 3,16.17).


* * *
Tra qualche istante una forza misteriosa, ma più reale di qualunque energia terrestre, discenderà su ciascuno di voi e lo costituirà segno e strumento della misericordia di Dio: una misericordia di verità, per l'uomo che troppo spesso spende la sua unica vita senza consapevolezza e addirittura nello sviamento dell'errore; una misericordia di vigore soprannaturale e di speranza, per l'uomo debole e sfiduciato di fronte agli impulsi del male; una misericordia di consolazione e di letizia, per l'uomo alle prese con mille motivi di tristezza e di angoscia.

Nell'Eucaristia - sole di ogni vostra giornata, centro e ispirazione di ogni vostra operosità - voi renderete presente ed efficace nell'oggi il sacrificio di redenzione da cui viene a noi ogni bene. E, fosse anche soltanto per questo, sarete i membri più benemeriti e proficui della comunità civile in cui sarete inseriti.



Attraverso il vostro cuore e le vostre labbra arriverà ai fratelli il perdono del Signore Gesù, che lenisce il rimorso, che ridona la pace interiore, che prodigiosamente ripristina l'innocenza. 



E sarete voi a tentare e ritentare instancabilmente di assicurare un po' di spazio, in mezzo al chiasso frastornante e vacuo della mondanità, alla parola di Dio che è spirito e vita; quella parola di Dio che è più tagliente della spada a due tagli (cfr. Eb 4,12); quella parola di Dio che - per chi l'accoglie - è fresca e rianimatrice come l'acqua per la terra riarsa, è guida come il faro nella notte, è vivificante come la linfa negli steli a primavera. 


Quella parola di Dio alla quale dovrete quotidianamente abbeverarvi voi per primi, sempre inquadrandola e assaporandola entro l'intera ricchezza dell'evento ecclesiale, se non volete ridurvi a essere "un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna" (cfr. 1 Cor 13,1).
* * *
Come si vede, prerogative e compiti altissimi vi vengono oggi affidati, perché il sacerdozio è un mistero meraviglioso d'amore. Ma è anche una consegna ardua e difficile.

In ogni persona che incontrerete, anche in coloro che vi sembreranno ostili o, peggio, ostenteranno indifferenza di fronte alla vostra missione, voi dovrete saper ravvisare una icona, magari un po' deteriorata ma sempre autentica, del Signore Gesù; in ogni persona dunque dovrete vedere un fratello da rispettare sempre e da amare. 



Di ogni "lontano" voi dovete saper fare un "vicino", un "prossimo" che merita la vostra attenzione benevola e il vostro aiuto.



Voi dovrete attrarre a voi e alla comunità cristiana quanti più potete, mettendo a profitto anche i doni di simpatia, di cui siete stati gratificati dal vostro Creatore. Ma nessuno dovete legare a voi, perché tutti sono del Signore Gesù e tutti a lui vanno indirizzati e fattivamente avviati. 


E' lui lo sposo di ogni creatura, lo sposo dell'umanità riscattata e rinnovata, lo sposo della santa Chiesa Cattolica. Il sacerdote custodirà perciò tra le sue convinzioni quella di Giovanni il Battezzatore: di essere cioè "l'amico dello sposo" (cfr. Gv 3,29). E si ripeterà spesso dentro di sé: "Egli deve crescere, io invece diminuire" (Gc 3,30).

Non dovete temere, però. Se voi sarete con lui, nella vostra retta intenzione, nella limpidità della vostra coscienza, nella decisione di fare della "carità pastorale" la regola onnicomprensiva del vostro comportamento, il Signore sarà sempre con voi. 


E non vi mancherà il soccorso della preghiera dei santi, vostri protettori, che tra qualche istante invocheremo. Insomma, è una bella avventura quella che stasera comincia per voi.
* * *
Abbiamo detto all'inizio che oggi si celebra la "Croce". Ma attenzione: è la festa della esaltazione della Croce.

Il che vuol dire che la croce non è l'ultima parola né delle promesse di Dio né di ciò che dal suo ministero può attendersi un prete. 


La croce è la premessa e la ragione della fecondità soprannaturale, della gioia, della gloria.

Così è stato per Gesù che (ce lo ha spiegato l'inno della lettera ai Filippesi) il Padre "ha esaltato e gli ha dato il nome che sta sopra ogni altro nome" (Fil 2,9). Così sarà di chi vive con serietà e coerenza la sua speciale partecipazione al sacerdozio del Signore crocifisso e risorto.




Appunto la croce, che pur non vi mancherà nel vostro ministero, sarà la fonte segreta e inesausta della vostra letizia. Colui che vi garantisce la pena, vi garantisce anche una vita intimamente gioiosa qui in terra e una grande felicità nel Regno eterno di Dio.
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Card. G. Biffi
La curiosità. Si racconta di un episodio molto divertente che avvenne durante il conclave del 2005 che ha come protagonisti proprio il cardinale Biffi e il futuro Benedetto XVI, seppur in modo indiretto. A raccontare l'accaduto è il giornalista cattolico Francesco Grana, noto commentatore di fatti religiosi e notoriamente vicino all'allora arcivescovo di Napoli, il cardinale Michele Giordano. È il 19 aprile 2005, secondo e ultimo giorno di votazioni. Dopo il terzo scrutinio del conclave, il secondo di quella mattina, i cardinali elettori tornano in pullman nella Casa Santa Marta dove risiedono in quei giorni. Li attende il pranzo e un breve riposo nelle loro stanze prima di far ritorno nella Cappella Sistina per la votazione che sarà definitiva e alla quale seguirà l'annuncio al mondo dell’avvenuta elezione del nuovo Papa. Ed è proprio durante quel pasto frugale che Biffi, molto innervosito, si sfoga con un confratello: «A ogni votazione ricevo sempre un solo voto. Se scopro chi è che si ostina a votarmi giuro che lo prendo a schiaffi». «Cosa Eminenza?», gli domanda perplesso il confratello. «Sì, ha capito bene, Eminenza», replica Biffi. «Giuro che lo prendo a schiaffi». Al che il porporato lo guarda perplesso e gli spiega: «Eminenza, ormai è chiaro chi stiamo eleggendo come nuovo Papa ed è anche abbastanza evidente che questo candidato abbia scelto di votare per lei. Quindi se vorrà ancora mantenere il suo proposito sarà costretto a prendere a schiaffi il Papa». Biffi rimase senza parole.Ratzinger aveva deciso di votare per lui.
https://difenderelafede.freeforumzone.com/discussione.aspx?idd=11061957
AMDG et DVM

EGLI BUSSA FORTE




Una meditazione sul “Corpus Domini” 

Perché c’è tanta fame nel mondo? Perché tantissimi bambini devono morire di fame, mentre altri sono soffocati dall'abbondanza? Perché il povero Lazzaro deve continuare ad aspettarsi invano le briciole del ricco gaudente, senza poter varcare la soglia della sua casa? Certamente non perché la terra non sia in grado di produrre pane per tutti. 

Nei paesi dell’Occidente si offrono indennizzi per la distruzione dei frutti della terra, allo scopo di sostenere il livello dei prezzi, mentre altrove c’è chi patisce la fame. 

La mente umana sembra più abile nell'escogitare sempre nuovi mezzi di distruzione, invece che nuove strade per la vita. E’ più ingegnosa nel far arrivare in ogni angolo del mondo le armi per la guerra, piuttosto che portarvi il pane. Perché accade tutto questo? Perché le nostre anime sono malnutrite, i nostri cuori sono accecati e induriti. 

Il mondo è nel disordine perché il nostro cuore è nel disordine, perché gli manca l’amore, perciò non sa indicare alla ragione le vie della giustizia. 

Riflettendo su tutto questo, comprendiamo le parole con cui Gesù obietta a Satana, che lo invita a trasformare le pietre in pane: «Non di solo pane vivrà l’uomo/ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Perché ci sia pane per tutti, deve prima essere nutrito il cuore dell’uomo. Perché ci sia giustizia tra gli uomini, deve prima germogliare la giustizia nei cuori, ma essa non si sviluppa senza Dio e senza il nutrimento vitale della sua parola. Questa Parola si è fatta carne, è divenuta persona umana, affinché noi potessimo accoglierla e farla nostro nutrimento. Poiché l’uomo è troppo piccolo, incapace di raggiungere Dio, Dio stesso si è fatto piccolo per noi, così che possiamo ricevere amore dal suo amore e il mondo diventi il suo regno. 

Questo significa la festa del Corpus Domini. Il Signore che si è fatto carne, il Signore che è diventato pane, noi lo portiamo per le vie delle nostre città e dei nostri paesi. 

Lo immergiamo nella quotidianità della nostra vita, le nostre strade diventano le sue strade. Egli non deve restare rinchiuso nei tabernacoli discosto da noi, ma in mezzo a noi, nella vita d’ogni giorno. Deve camminare dove noi camminiamo, deve vivere dove noi viviamo. Il nostro mondo, le nostre esistenze devono diventare il suo tempio. 

Il Corpus Domini ci fa capire cosa significa fare la comunione: ospitarlo, riceverlo con tutto il nostro essere. Non si può mangiare il corpo del Signore come un qualsiasi pezzo di pane. Occorre aprirsi a lui con tutta la propria vita, con tutto il cuore: «Ecco, io sto alla porta e busso – dice il Signore nell'Apocalisse – Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò in lui, cenerò con lui e lui con me» (3,20). 

Il Corpus Domini vuole rendere percepibile questo bussare del Signore anche alla nostra sordità interiore. 



Egli bussa forte alla porta della nostra vita d’ogni giorno e dice aprimi!/fammi entrare/comincia a vivere di me! Questo non può valere soltanto un attimo, come di sfuggita, durante la santa messa, e poi di nuovo come prima. E’ un’esperienza che attraversa tutti i i tempi e tutti i luoghi. Aprimi! – dice il Signore – Come io mi sono aperto per te. Aprimi il mondo, perché io possa entrarvi, e possa così rischiarare le vostre menti intorpidite, vincere la durezza dei vostri cuori. Fammi entrare! Io per te mi sono lasciato squarciare il cuore. Il Signore dice questo a ciascuno di noi, lo dice alla nostra comunità nel suo insieme: fatemi entrare nella vostra vita, nel vostro mondo. Vivete di me, per essere veramente vivi. Ma vivere significa anche e sempre: donare ad altri. 



Il Corpus Domini è un invito rivolto a noi dal Signore, ma è anche un grido che noi indirizziamo a lui. Tutta la festa è una grande preghiera: facci dono di Te! Dà a noi il vero pane! Arriviamo così a comprendere meglio il “Padre nostro”, la preghiera per eccellenza. La quarta invocazione, quella per il pane, funge come da collegamento fra le tre invocazioni che riguardano il regno di Dio e le ultime tre che riguardano le nostre necessità. 

Che cosa chiediamo? Naturalmente il pane per oggi. E’ la preghiera dei discepoli, che non hanno capitali da parte, ma vivono della quotidiana bontà del Signore: perciò si mantengono in dialogo costante con lui, volgono a lui il loro sguardo, confidano soltanto in lui. E’ la preghiera di chi non vuole accumulare ricchezze, di chi non cerca una sicurezza mondana, ma si accontenta del necessario per avere tempo da dedicare alle cose veramente importanti. E’ la preghiera dei semplici, degli umili, di coloro che amano e vivono la povertà nello Spirito Santo. 

Ma nella domanda del pane c’è un’altra profondità. Il termine greco epiousios, che noi traduciamo con “quotidiano”, non compare da nessun’altra parte, ma è tipico ed esclusivo del “Padre nostro”. Per quanto gli esperti discutano ancora sul suo significato, molto probabilmente vuole anche dire: dacci il pane di domani, cioè il pane del mondo a venire. In realtà, soltanto l’eucaristia può essere la risposta a ciò che questa misteriosa parola, epiousios, vuole indicare: il pane del mondo futuro, che già oggi ci è dato, affinchè già oggi il mondo futuro abbia inizio in mezzo a noi. Alla luce di questa invocazione, la preghiera perché venga il regno di Dio e perché la terra diventi come il cielo assume grande concretezza: con l’eucaristia il cielo viene sulla terra, il domani di Dio si compie già oggi e introduce nel mondo di oggi il mondo di domani.
 
Ma qui è come sintetizzata anche la richiesta di essere liberati da tutti i mali, dai nostri debiti, dal pericolo della tentazione: dammi questo pane, perché il mio cuore si mantenga vigile, perché possa resistere al male, perché sappia distinguere il bene e il male, perché impari a perdonare e sia forte nella tentazione. Soltanto allora il nostro mondo comincerà a essere veramente umano: se il mondo futuro diventa già in qualche misura l’oggi, se il mondo comincia già oggi a diventare divino. 

Con la richiesta del pane andiamo incontro al domani di Dio, alla trasformazione del mondo. Nell'eucaristia ci viene incontro il domani di Dio , il suo Regno già oggi comincia tra di noi. 

E non dimentichiamo, infine, che tutte le invocazioni del “Padre nostro” sono espresse col “noi”: nessuno può dire: “Padre mio” se non Cristo, il Figlio. Perciò noi, se davvero vogliamo pregare nel modo giusto, dobbiamo farlo con gli altri e per gli altri, uscendo da noi stessi, aprendoci. Tutto questo è significato da quel “camminare insieme col Signore” che è, per così dire, il segno distintivo della festa del Corpus Domini. 

Dopo che Gesù ebbe terminato il suo discorso eucaristico nella sinagoga di Cafarnao, molti discepoli lo abbandonarono: era qualcosa di troppo impegnativo, di troppo misterioso. Le loro attese erano più che altro rivolte ad una liberazione politica, tutto il resto sapeva ben poco di concretezza. Non è forse così anche oggi? Quante persone, nel corso degli ultimi cent’anni, se ne sono andate perché a loro avviso Gesù non era abbastanza “pratico”. Quello che poi da parte loro sono riusciti a realizzare è sotto gli occhi di tutti. E se il Signore oggi ci domandasse: «Volete andarvene anche voi?». In questa festa del Corpus Domini, insieme con Simon Pietro, noi con tutto il cuore vogliamo rispondergli: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67s). 


Da: In cammino verso Gesù Cristo – Ed San Paolo 2004


AMDG et DVM

SAN FRANCESCO D'ASSISI - 10 Preghiere


Alla Santissima Trinità
"Temete e onorate, lodate e benedite, 
ringraziate il Signore, 
Dio onnipotente nella Trinità e nell'Unità, 
Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di tutte le cose"
Preghiera davanti al Crocifisso
O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre
del cuore mio.
Dammi una fede retta,
speranza certa,
carità perfetta
e umiltà profonda.
Dammi, Signore,
senno e discernimento
per compiere la tua vera
e santa volontà.
Amen.

Preghiera Semplice

Signore, fa di me
uno strumento della Tua Pace:
Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,
Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,
Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,
Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,
Dove è errore, ch'io porti la Verità,
Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza,
Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,
Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
Ad esser consolato, quanto a consolare;
Ad essere compreso, quanto a comprendere;
Ad essere amato, quanto ad amare.
Poiché, così è:
Dando, che si riceve;
Perdonando, che si è perdonati;
Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.



Lodi di Dio Altissimo
Tu sei santo, Signore Dio unico,
che compi meraviglie.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei altissimo.
Tu sei Re onnipotente, tu Padre santo,
Re del cielo e della terra.
Tu sei Trino e Uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei bene, ogni bene, sommo bene,
Signore Dio, vivo e vero.
Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà. Tu sei pazienza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine
Tu sei sicurezza. Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia. Tu sei speranza nostra.
Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. 
Tu sei ogni nostra sufficiente ricchezza.
Tu sei bellezza. Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore. Tu sei custode e difensore nostro.
Tu sei fortezza. Tu sei refrigerio.
Tu sei speranza nostra. Tu sei fede nostra .
Tu sei carità nostra. Tu sei completa dolcezza nostra.
Tu sei nostra vita eterna, 
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.

Benedizione a Frate Leone
Il Signore ti benedica e ti custodisca,
mostri a te il suo volto e abbia
misericordia di te.
Rivolga verso di te il suo sguardo
e ti dia pace.
Il Signore benedica te, frate Leone.

Saluto alla Beata Vergine Maria

Ave, Signora, santa regina, santa Madre di Dio,
Maria,
che sei vergine fatta Chiesa
ed eletta dal santissimo Padre celeste,
che ti ha consacrata
insieme col santissimo suo Figlio diletto
e con lo Spirito Santo Paraclito;
tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene.

Ave, suo palazzo.
ave, suo tabernacolo,
ave, sua casa.
Ave, suo vestimento,
ave, sua ancella,
ave, sua Madre.

E saluto voi tutte, sante virtù,
che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo
venite infuse nei cuori dei fedeli,
perché da infedeli
fedeli a Dio li rendiate.

Preghiera "Absorbeat"
Rapisca, ti prego, o Signore,
l'ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia
da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell'amor tuo,
come tu ti sei degnato morire per amore dell'amor mio.
Esortazione alla Lode di Dio(Lode di Dio nel luogo dell'Eremita)
Temete il Signore e rendetegli onore.
Il Signore è degno di ricevere la lode e l'onore.
Voi tutti che temete il Signore, lodatelo.
Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Lodatelo, cielo e terra. Lodate il Signore, o fiumi tutti.

Benedite il Signore, o figli di Dio.
Questo è il giorno fatto dal Signore,
esultiamo e rallegriamoci in esso.
Alleluia, alleluia, alleluia! Il Re di Israele.
Ogni vivente dia lode al Signore.

Lodate il Signore, perché è buono;
tutti voi che leggete queste parole,
benedite il Signore.
 Benedite il Signore, o creature tutte.
Voi tutti, uccelli del cielo, lodate il Signore.
Servi tutti del Signore, lodate il Signore.
Giovani e fanciulle lodate il Signore.

Degno è l'Agnello che è stato immolato
di ricevere la lode, la gloria e l'onore.
Sia benedetta la santa Trinità e l'indivisa Unità.
Il San Michele arcangelo, difendici nel combattimento.
Preghiera di Lode e Ringraziamento  
Onnipotente, santissimo, altissimo, sommo Dio,
Padre santo e giusto,
Signore Re del cielo e della terra,
ti rendiamo grazie per il fatto stesso che tu esisti,
ed anche perché con un gesto della tua volontà,
per l'unico tuo Figlio e nello Spirito Santo,
hai creato tutte le cose visibili ed invisibili
e noi, fatti a tua immagine e somiglianza,
avevi destinato a vivere felici in un paradiso
dal quale unicamente per colpa nostra
siano stati allontanati.  

E ti rendiamo grazie, perché,
come per il Figlio tuo ci creasti,
così a causa del vero e santo amore
con il quale ci hai amati,
hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo
dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria
e hai voluto che per mezzo della croce,
del sangue e della morte di lui
noi fossimo liberati dalla schiavitù del peccato.  

E ti rendiamo grazie, perché
lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria
della sua maestà,
per mandare nel fuoco eterno
gli empi che non fecero penitenza
e non vollero conoscere il tuo amore
e per dire a quelli che ti conobbero,
adorarono, servirono
e si pentirono dei loro peccati.

Venite Benedetti del Padre mio:
entrate in possesso del regno
che è stato preparato per voi,
fin dalla creazione del mondo! (Mt. 25, 34).  
E poiché noi, miseri e peccatori,
non siamo nemmeno degni di nominarti
ti preghiamo e ti supplichiamo,
perché il Signore nostro Gesù Cristo,
il Figlio che tu ami
e che a te basta sempre e in tutto,
per il quale hai concesso a noi cose così grandi,
insieme con lo Spirito Santo Paraclito,
ti renda grazie per ogni cosa
in modo degno e a te gradito.  

E umilmente preghiamo in nome del tuo amore
la beatissima Maria sempre vergine,
i beati Michele, Gabriele, Raffaele
e tutti gli angeli,
i beati Giovanni Battista e Giovanni evangelista,
Pietro e Paolo,
i beati patriarchi, profeti, innocenti,
apostoli, evangelisti, discepoli,
martiri, confessori, vergini,
i beati Elia ed Enoc,
e tutti i santi che furono, che sono e che saranno,
perché, come essi possono fare,
rendano grazie a te,
per tutto il bene che ci hai fatto,
o sommo Dio, eterno e vivo,
con il Figlio tuo diletto,
Signore nostro Gesù Cristo
e con lo Spirito Paraclito
nei secoli dei secoli.
Amen.


Il Cantico delle Creature

Altissimo, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimo, se konfanno,
et nullo homo ene digno te mentovare.

Laudato sì, mi' Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messer lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'hai formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale alle tue creature dai sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte;
et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
et sostengon infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke le sosterrano in pace
ka da te, Altissimo, saranno incoronati.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullo homo vivente pò skappare.

Guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda nol farà male.

Laudate et benedicete mi' Signore et rengratiate
e servitelo cum grande humilitate.



https://www.maranatha.it//Franchiara/Franc03Page.htm

AMDG et DVM

sabato 17 novembre 2018

Oh! se avessimo FEDE !


Gregorio, vescovo di Neocesarea nel Ponto, fu illustre per santità e dottrina e più ancora per prodigi e miracoli, che furono così numerosi e così straordinari da essere chiamato Taumaturgo e paragonato, come dice san Basilio, a Mosè, ai profeti e agli apostoli. 

Con la sua preghiera spostò da un luogo ad un altro un monte, che impediva la costruzione di una chiesa, e prosciugò una palude che era causa di liti tra fratelli. 

Fermò il fiume Lieo, che inondava le campagne danneggiandole, piantando sulla sua sponda il bastone che gli serviva d'appoggio e che crebbe subito in un albero verdeggiante. Da allora anzi il fiume non oltrepassò più quel limite. 

Scacciò spessissimo i demoni dai simulacri degli idoli e dai corpi degli uomini e operò molti altri prodigi, guadagnando così alla fede di Cristo innumerevoli uomini. 

Dotato anche di spirito profetico, predisse l'avvenire. Sul punto di morire, avendo chiesto quanti infedeli rimanevano ancora nella città di Neocesarea ed essendogli stato risposto che ce n'erano soltanto diciassette, rendendo grazie a Dio: «Proprio questo numero di fedeli c'era, disse, al principio del mio episcopato». Scrisse molte opere, anche con le quali, e non solo con i miracoli, rese illustre la Chiesa di Dio.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Rendiamo Grazie a Dio.


AMDG et DVM

SANTA ELISABETTA REGINA D'UNGHERIA

PROPRIO DELLA S. MESSA
tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI



19 NOVEMBRE
SANTA ELISABETTA

REGINA D'UNGHERIA 

A quattro anni di età è già fidanzata. Suo padre, il re Andrea II d’Ungheria, e la regina Gertrude sua madre l’hanno promessa in sposa a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia (all’epoca, questa regione tedesca è una signoria indipendente, il cui sovrano ha il titolo di Landgraf, langravio). E subito viene condotta nel regno del futuro marito, per vivere e crescere lì, tra la città di Marburgo e Wartburg il castello presso Eisenach.
Nel 1217 muore il langravio di Turingia, Ermanno I. Muore scomunicato per i contrasti politici con l’arcivescovo di Magonza, che è anche signore laico, principe dell’Impero. Gli succede il figlio Ludovico, che nel 1221 sposa solennemente la quattordicenne Elisabetta. Ora i sovrani sono loro due. Lei viene chiamata “Elisabetta di Turingia”. Nel 1222 nasce il loro primo figlio, Ermanno. Seguono due bambine: nel 1224 Sofia e nel 1227 Gertrude. Ma quest’ultima viene al mondo già orfana di padre.
Ludovico di Turingia si è adoperato per organizzare la sesta crociata in Terrasanta, perché papa Onorio III gli ha promesso di liberarlo dalle intromissioni dell’arcivescovo di Magonza. Parte al comando dell’imperatore Federico II. Ma non vedrà la Palestina: lo uccide un male contagioso a Otranto.
Vedova a vent’anni con tre figli, Elisabetta riceve indietro la dote, e c’è chi fa progetti per lei: può risposarsi, a quell’età, oppure entrare in un monastero come altre regine, per viverci da regina, o anche da penitente in preghiera, a scelta. Questo le suggerisce il confessore. Ma lei dà retta a voci francescane che si fanno sentire in Turingia, per dire da che parte si può trovare la “perfetta letizia”. E per i poveri offre il denaro della sua dote (si costruirà un ospedale). Ma soprattutto ai poveri offre l’intera sua vita. Questo per lei è realizzarsi: facendosi come loro. Prendendo l’abito del Terz’ordine di san Francesco, visita gli ammalati due volte al giorno, e poi raccoglie aiuti facendosi mendicante. E tutto questo rimanendo nella sua condizione di vedova, di laica.
Dopo la sua morte, il confessore rivelerà che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche a quelli ripugnanti: «Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre, senza mettersi tuttavia in contrasto con suo marito». Collocava la sua dedizione in una cornice di normalità, che includeva anche piccoli gesti “esteriori”, ispirati non a semplice benevolenza, ma a rispetto vero per gli “inferiori”: come il farsi dare del tu dalle donne di servizio. Ed era poi attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Vive da povera e da povera si ammala, rinunciando pure al ritorno in Ungheria, come vorrebbero i suoi genitori, re e regina.
Muore in Marburgo a 24 anni, subito “gridata santa” da molte voci, che inducono papa Gregorio IX a ordinare l’inchiesta sui prodigi che le si attribuiscono. Un lavoro reso difficile da complicazioni anche tragiche: muore assassinato il confessore di lei; l’arcivescovo di Magonza cerca di sabotare le indagini. Ma Roma le fa riprendere. E si arriva alla canonizzazione nel 1235 sempre a opera di papa Gregorio. I suoi resti, trafugati da Marburgo durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. (Domenico Agasso)



MESSALE

INTRÓITUS              
Ps. 118, 75 et 120. Cognóvi, Dómine, quia ǽquitas judícia tua, et in veritáte tua humiliásti me: confíge timóre tuo carnes meas, a mandátis tuis tímui. Ps. ibid., 1. Beáti immaculáti in via: qui ámbulant in lege Dómini. Glória Patri.  

So bene,  o Signore, che i tuoi giudizi sono giusti, e con ragione mi hai umiliato; rabbrividisce la mia carne per timore di Te: io temo i Tuoi giudizi. Felice gli uomini di condotta integra che vivono la legge del Signore.

ORÁTIO              
Clementíssime Deus, qui beátam Elisabeth regínam, inter céteras egrégias dotes, béllici furóris sedándi prærogatíva decorásti: da nobis, ejus intercessióne; post mortális vitæ, quam supplíciter pétimus, pacem, ad ætérna gáudia perveníre. Per Dóminum nostrum.

Dio clementissimo, che fra le altre mirabili doti hai conferito alla beata regina Elisabetta la prerogativa di placare i furori della guerra, concedici per sua intercessione, dopo la pace di questa vita mortale che da Te imploriamo, di giungere alle gioie eterne. Per il nostro Signore.

EPISTOLA              
Léctio libri Sapiéntiæ. Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Timotheum. 1. Tim. 5, 3-10.

Caríssime: Víduas hónora, quæ vere víduæ sunt. Si qua autem vídua fílios aut nepótes habet, discat primum domum suam régere, et mútuam vicem réddere paréntibus: hoc enim accéptum est coram Deo. Quæ autem vere vídua est et desoláta, speret in Deum, et instet obsecratiónibus et oratiónibus nocte ac die. Nam quæ in delíciis est, vivens mórtua est. Et hoc prǽcipe, ut irreprehensíbiles sint. Si quis autem suórum, et máxime domesticórum curam non habet, fidem negávit, et est infidéli detérior. Vídua eligátur non minus sexagínta annórum, quæ fúerit uníus viri uxor, in opéribus bonis testimónium habens, si fílios educávit, si hospítio recépit, si sanctórum pedes lavit, si tribulatiónem patiéntibus subministrávit, si omne opus bonum subsecúta est. M. - Deo grátias.    

Carissimo: Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove; ma se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, poiché è gradito a Dio. Quella poi veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario quella che si dà ai piaceri, anche se vive, è già morta. Proprio questo raccomanda, perché siano irreprensibili. Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant'anni, sia andata sposa una sola volta, abbia la testimonianza di opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene.  M. - Deo grátias.           

GRADUALE             
Ps. 44, 3 et 5. Diffúsa est grátia in labiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum. Propter veritátem et mansuetúdinem et justítiam: et de ducet te mirabíliter déxtera tua.  

Ps. 44, 3 et 5. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò Dio ti ha benedetta in eterno. Per la causa della verità, della clemenza e della giustizia la tua destra ti spingerà ad opere mirabili.

ALLELÚIA           
Allelúja, allelúja. Ibid., 5. Spécie tua et pulchritúdine tua inténde, próspere procéde et regna. Allelúja.        

Allelúja, allelúja. Nello splendore della tua bellezza incedi, avanza trionfante e regna. Allelúja.        

EVANGÉLIUM            
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 13, 44-52.

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis parábolam hanc: Símile est regnum coelórum thesáuro abscóndito in agro: quem qui invénit homo, abscóndit, et præ gáudio illíus vadit, et vendit univérsa, quæ habet, et emit agrum illum. Iterum símile est regnum coelórum homini negotiatóri, quærénti bonas margarítas. Invénta autem una pretiósa margaríta, ábiit, et véndidit ómnia, quæ hábuit, et emit eam. Iterum símile est regnum coelórum sagénæ, missæ in mare et ex omni génere píscium cóngreganti. Quam, cum impléta esset educéntes, et secus litus sedéntes, elegérunt bonos in vasa, malos autem foras misérunt. Sic erit in consummatióne sǽculi: exíbunt Angeli, et separábunt malos de médio justórum, et mittent eos in camínum ignis: ibi erit fletus et stridor déntium. Intellexístis hæc ómnia? Dicunt ei: Etiam. Ait illis: Ideo omnis scriba doctus in regno coelórum símilis est hómini patrifamílias, qui profert de thesáuro suo nova et vétera.  M. – Laus tibi Christe.    

In quel tempo Gesù disse una parabola ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".  M. – Laus tibi Christe. 

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Elisabetta conobbe ed amò Cristo nei poveri

Dalla «Lettera» scritta da Corrado di Marburgo, direttore spirituale di santa Elisabetta  (Al pontefice, anno 1232; A. Wyss, Hessisches Urkundenbuch I, Lipsia 1879, 31-35) Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva sempre consolato i poveri, ma da quando fece costruire un ospedale presso un suo castello, e vi raccolse malati di ogni genere, da allora si dedicò interamente alla cura dei bisognosi.
Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il prezzo ai poveri.
Aveva preso l'abitudine di visitare tutti i suoi malati personalmente, due volte al giorno, al mattino e alla sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo marito.
Dopo la morte di lui, tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte lacrime che le permettessi di chiedere l'elemosina di porta in porta. Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste la mani sull'altare in una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Fatto questo, temendo di poter essere riassorbita dal rumore del mondo e dalla gloria umana, se rimaneva nei luoghi in cui era vissuta insieme al marito e in cui era tanto ben voluta e stimata, volle seguirmi a Marburgo, sebbene io non volessi. Quivi costruì un ospedale ove raccolse i malati e gli invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili ed i più derelitti.
Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole.
Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa di dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle esser seppellita. Fatto questo, ricevette il Corpo del Signore. Poi, fino a sera, spesso ritornava su tutte le cose belle che aveva sentito nella predicazione. Infine raccomandò a Dio, con grandissima devozione, tutti coloro che le stavano dintorno, e spirò come addormentandosi dolcemente.
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ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM            
Ps. 44, 3. Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum, et in sǽculum sǽculi, allelúja.   

Ps. 44, 3. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò dio ti ha benedetta in eterno e per tutti i secoli.

SECRÉTA            
Accépta tibi sit, Dómine, sacrátæ plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum nostrum.  

Ti siano gradite, o Signore, l’offerta del tuo popolo fedele in onore dei tuoi santi, per i meriti dei quali sa di aver ricevuto soccorso nelle prove. Per il nostro Signore.

PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ      

COMMÚNIO           
Ps. 44, 8. Dilexísti justítiam, et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo lætítiæ præ consórtibus tuis.  

Ps. 44, 8. Tu ami la giustizia e detesti l’empietà ; perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza delle tue compagne.

POSTCOMMÚNIO            
Satiásti, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quǽsumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.

O signore, Tu che hai saziato la tua famiglia con doni sacri, confortaci sempre con l’intercessione della Santa di cui celebriamo la festa. Per il nostro Signore.

https://www.maranatha.it/calendar/cal18Dpage.htm
https://www.maranatha.it/Feriale/santiProprio/1117aPage.htm

AMDG et DVM