domenica 11 novembre 2018

Grano e loglio


181. La parabola del grano e del loglio. San Matteo 13, 24-30

((Forse meglio leggerla a questo link: http://www.scrittivaltorta.altervista.org/03/03181.pdf  ))

***

Un'alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono,

ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso

Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un

lato. Che fai? » chiede Andrea.

«C'è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio

che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi ». Anche l'altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo,

che regge il timone, chiede a Pietro: « Perché fai questo? ».

«Te lo dirò. Vienimi dietro ».

Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all'altezza del Giordano. « Ma che fai, Simone? »

chiede.

«Si scende qui. C'è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un

poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non

saranno di più».

«Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo? ».

«E’ proprio quella ».

«Non c'era alla cattura di Giovanni».

«Non so niente io ».

«E’ sempre rispettoso verso di Me ».

«Non so niente io ».

«Mi fai parere vile ».

«Non so niente io ».

Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro.

«Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Sè non oggi, più tardi. »

«Ti ho detto che vado prima io e sento e… - all'occorrenza... - farò anche questa… sarà una grossa spina da

inghiottire… ma lo farò per amore di Te. - Andrò... - andrò dal centurione a chiedere protezione…»

«Ma no! Non occorre!». La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti.

«Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto ». Il neo discepolo Elia prega:

«Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…»

«Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va'. Ma sii buono, prudente e

misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica».

Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo

Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le d

100

fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza ». La madre posa al suolo la fanciulla,

che sta ben ritta e sorride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina:

«Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento » e, nella sua semplicità di pastorella e di

fanciulla, si lancia al collo di Gesù e lo bacia. La madre, riservata come l'età insegna, si prostra e bacia la

veste benedicendo il Signore.

«Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buone. La pace sia con voi».

Ma la gente si affolla già nell'orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù

non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista,

pure si arrende e all'ombra degli alberi inizia a parlare.

--------------

«Ancora in questo bel tempo di granai che spigano, Io vi voglio proporre una parabola presa dai grani. Udite.

Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre l'uomo e i suoi

servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul

principio si accorse di nulla. Venne l'inverno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il

grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente.

Venne scebat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spighe. Si vide allora che il verde non era

tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano. I servi del

padrone andarono alla sua casa e dissero: "Signore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da

ogni altro seme che grano non fosse? ". "Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione.

E avrei visto se vi fossero stati altri semi - E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano? ". Il padrone

pensò, poi disse: "Qualche nemico mio mi ha fatto questo per farmi danno. I servi chiesero allora: "Vuoi che

andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, trappando quest'ultimo? Ordina e lo

faremo". Ma il padrone rispose: "No. Potreste nel farlo estirpare anche il grano e quasi sicuramente offendere

le spighe ancora tenerelle. Lasciate che l'uno e l'altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai

mietitori: 'Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto friabili i vilucchi

del loglio mentre più robuste e dure sono le serrate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte.

Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo

pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore. Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come

occorra vigilare con pazienza e costanza per fare si che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del

loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del

Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché

farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se

loglio è nell'anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere indegni di Dio. Andate, figli. La pace sia con voi. »

La gente sfolla lentamente. Nell'orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio

Isacco, che si pasce l'anima nel guardarsi il suo Salvatore.

«Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello

detto alla folla. Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme

sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi

dalla Falciatrice e portati al Padrone del mondo, perché li riponga nei suoi granai. Il loglio sono i figli del

Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell'intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere

anche alle spighe di Dio. Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il

Diavolo snatura l'uomo fino a farne una sua creatura, e, questa semina, per traviare altri che non ha potuto

asservire altrimenti. La mietitura, anzi la formazione dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine

del mondo, e coloro che la compiono sono gli angeli. A loro è ordinato di radunare le falciate creature e

separare il grano dal loglio e, come nella parabola questo si brucia, così verranno bruciati nel fuoco eterno i

dannati, all'Ultimo Giudizio. Il Figlio dell'uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di

scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla terra

saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la

perfezione dello scandalo e dell'abominio in ogni ministero della terra, e daranno fiera noia ai figli dello

spirito. Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo.

Ora dunque gli angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell'ultimo raccolto, falceranno e

separeranno il grano dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti,

portando invece i giusti, l'eletto grano, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come soli nel

Regno del Padre mio e vostro. Questo nel senso universale. ///Ma per voi ve ne è un altro ancora, che risponde

alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: "Ma dunque fra la massa dei

discepoli possono essere dei traditori? " e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere. 

101

Ve ne sono certo. Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: "

coglie ". Perché il maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora

si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo "seme" i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora

"campo". Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costituire l'area del Regno di Dio, i beni di Dio.

Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza.

Con amore. Con sapienza. Con fatica. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le loro aridità e

le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre, e corrobora la sua

speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione. Ma i campi sono aperti. Non

sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa

penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mondo, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono

penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme seminato! Il loglio potrebbe essere simbolo della

leggerezza amara dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le

ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Perché? Perché?

Che sono? Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno

tanto disagio. Le gramigne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e

succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se

il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne. I vilucchi inerti che non si alzano

da terra che fruendo degli altri. Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli

fedeli che lo seguono. Si uncinano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza. I

tossici: i delinquenti fra i discepoli, coloro che giungono a tradire e a spegnere la vita come le cicute e le altre

piante tossiche. Avete mai visto come sono belle coi loro fiorellini che poi divengono palline bianche, rosse,

celesteviola? Chi direbbe che quella corolla stellare, candida o appena rosata, col suo cuoricino d'oro, chi che

quei coralli multicori, tanto simili ad altri frutticini che sono la delizia degli uccelli e dei pargoli, possano,

giunti a maturazione, dare morte? Nessuno. E gli innocenti ci cascano. Credono tutti buoni come loro… e ne

colgono e muoiono. Credono tutti buoni come loro! Oh! che verità che sublima il maestro e che condanna il

suo traditore! Come? La bontà non disarma? Non rende il malvolere innocuo? No. Non lo rende tale, perché

l'uomo caduto preda del Nemico è insensibile a tutto ciò che è superiore. E ogni superiore cosa cambia per

lui aspetto. La bontà diviene debolezza che è lecito calpestare e acuisce il suo malvolere come acuisce la

voglia di sgozzare, in una fiera, il sentire l'odore del sangue. Anche il maestro è sempre un innocente… e

lascia che il suo traditore lo avveleni, perché non vuole e non può lasciar pensare agli altri che un uomo

giunga ad essere micidiale a chi è innocente. Nei discepoli, i campi del maestro, vengono i nemici. Sono

tanti. Il primo è Satana. Gli altri i suoi servi, ossia gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Ecco, ecco il

discepolo più facile ad essere percosso da essi perché non sta tutto presso al maestro, ma sta a cavaliere fra il

maestro e il mondo. Non sa, non vuole separarsi tutto da ciò che è mondo, carne, passioni e demonio, per

essere tutto di chi lo porta a Dio. Su questo spargono i loro semi e mondo e carne, e passioni e demonio.

L'oro, il potere, la donna, l'orgoglio, la paura di un mal giudizio del mondo e lo spirito di utilitarismo. "I

grandi sono i più forti. Ecco che io li servo per averli amici - E si diventa delinquenti e dannati per queste

misere cose!… Perché il maestro, che vede l'imperfezione del discepolo, anche se non vuole arrendersi al

pensiero: " Costui sarà il mio uccisore ", non lo estirpa subito dalle sue file? Questo voi vi chiedete. Perché è

inutile farlo. Se lo facesse non impedirebbe di averlo nemico, doppiamente e più sveltamente nemico per la

rabbia o il dolore di essere scoperto o di essere cacciato. Dolore. Sì. Perché delle volte il cattivo discepolo

non si avvede di essere tale. E tanto sottile l'opera demoniaca che egli non l'avverte. Si indemonia senza

sospettare di essere soggetto a questa operazione. Rabbia. Sì. Rabbia per essere conosciuto per quello che è,

quando egli non è incosciente del lavoro di Satana e dei suoi adepti: gli uomini che tentano il debole nelle

sue debolezze per levare dal mondo il santo che li offende, nelle loro malvagità, con il paragone della sua

bontà. E allora il santo prega e si abbandona a Dio. "Ciò che Tu permetti si faccia, sia fatto" dice. Solo

aggiunge questa clausola: "purché serva al tuo fine". Il santo sa che verrà l'ora in cui verranno espulsi dalle

sue messi i logli malvagi. Da chi? Da Dio stesso, che non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua

volontà d'amore ».

«Ma se Tu ammetti che sempre è Satana, e gli adepti di lui… mi sembra che la responsabilità del discepolo

scemi » dice Matteo.

«Non te lo pensare. Se il Male esiste, esiste anche il Bene, ed esiste nell'uomo il discernimento e con esso la

libertà».

«Tu dici che Dio non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore. Dunque anche

questo errore è utile, se Egli lo permette, e serve ad un trionfo di volontà divina » dice l'Iscariota.

«E tu arguisci, come Matteo, che ciò giustifica il delitto del discepolo. Dio aveva creato il leone senza ferocia

e il serpente senza veleno. Ora l'uno è feroce e l'altro è velenoso. Ma Dio li ha separati dall'uomo per ciò. 

102

Medita su questo e applica. Andiamo nella casa. Il sole è già forte, troppo. Come per inizio di temporale. E

voi siete stanchi della notte insonne ».

«La casa ha la stanza alta, ampia e fresca. Potrete riposare » dice Elia. Salgono per la scala esterna. Ma solo

gli apostoli si stendono sulle stuoie per riposare. Gesù esce sulla terrazza, ombreggiata in un angolo da un

altissimo rovere, e si assorbe nei suoi pensieri. 

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181. La parabola del grano e del loglio. Un'alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono, ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un lato. Che fai? » chiede Andrea. «C'è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi ». Anche l'altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo, che regge il timone, chiede a Pietro: « Perché fai questo? ». «Te lo dirò. Vienimi dietro ». Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all'altezza del Giordano. « Ma che fai, Simone? » chiede. «Si scende qui. C'è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non saranno di più». «Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo? ». «E’ proprio quella ». «Non c'era alla cattura di Giovanni». «Non so niente io ». «E’ sempre rispettoso verso di Me ». «Non so niente io ». «Mi fai parere vile ». «Non so niente io ». Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro. «Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Sè non oggi, più tardi. » «Ti ho detto che vado prima io e sento e… - all'occorrenza... - farò anche questa… sarà una grossa spina da inghiottire… ma lo farò per amore di Te. - Andrò... - andrò dal centurione a chiedere protezione…» «Ma no! Non occorre!». La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti. «Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto ». Il neo discepolo Elia prega: «Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…» «Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va'. Ma sii buono, prudente e misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica». Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le d 100 fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza ». La madre posa al suolo la fanciulla, che sta ben ritta e sorride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina: «Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento » e, nella sua semplicità di pastorella e di fanciulla, si lancia al collo di Gesù e lo bacia. La madre, riservata come l'età insegna, si prostra e bacia la veste benedicendo il Signore. «Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buone. La pace sia con voi». Ma la gente si affolla già nell'orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista, pure si arrende e all'ombra degli alberi inizia a parlare. 

«Ancora in questo bel tempo di granai che spigano, Io vi voglio proporre una parabola presa dai grani. Udite. Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre l'uomo e i suoi servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul principio si accorse di nulla. Venne l'inverno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente. Venne scebat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spighe. Si vide allora che il verde non era tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano. I servi del padrone andarono alla sua casa e dissero: "Signore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da ogni altro seme che grano non fosse? ". "Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione. E avrei visto se vi fossero stati altri semi - E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano? ". Il padrone pensò, poi disse: "Qualche nemico mio mi ha fatto questo per farmi danno. I servi chiesero allora: "Vuoi che andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, trappando quest'ultimo? Ordina e lo faremo". Ma il padrone rispose: "No. Potreste nel farlo estirpare anche il grano e quasi sicuramente offendere le spighe ancora tenerelle. Lasciate che l'uno e l'altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai mietitori: 'Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto friabili i vilucchi del loglio mentre più robuste e dure sono le serrate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte. Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore. Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come occorra vigilare con pazienza e costanza per fare si che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se loglio è nell'anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere indegni di Dio. Andate, figli. La pace sia con voi. » 

La gente sfolla lentamente. Nell'orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio Isacco, che si pasce l'anima nel guardarsi il suo Salvatore. «Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello detto alla folla. Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi dalla Falciatrice e portati al Padrone del mondo, perché li riponga nei suoi granai. Il loglio sono i figli del Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell'intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere anche alle spighe di Dio. Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il Diavolo snatura l'uomo fino a farne una sua creatura, e, questa semina, per traviare altri che non ha potuto asservire altrimenti. La mietitura, anzi la formazione dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine del mondo, e coloro che la compiono sono gli angeli. A loro è ordinato di radunare le falciate creature e separare il grano dal loglio e, come nella parabola questo si brucia, così verranno bruciati nel fuoco eterno i dannati, all'Ultimo Giudizio. Il Figlio dell'uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla terra saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la perfezione dello scandalo e dell'abominio in ogni ministero della terra, e daranno fiera noia ai figli dello spirito. Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo. Ora dunque gli angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell'ultimo raccolto, falceranno e separeranno il grano dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti, portando invece i giusti, l'eletto grano, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come soli nel Regno del Padre mio e vostro. Questo nel senso universale. Ma per voi ve ne è un altro ancora, che risponde alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: "Ma dunque fra la massa dei discepoli possono essere dei traditori? " e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere. 101 Ve ne sono certo. Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: " coglie ". Perché il maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo "seme" i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora "campo". Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costituire l'area del Regno di Dio, i beni di Dio. Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza. Con amore. Con sapienza. Con fatica. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le loro aridità e le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre, e corrobora la sua speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione. Ma i campi sono aperti. Non sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mondo, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme seminato! Il loglio potrebbe essere simbolo della leggerezza amara dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Perché? Perché? Che sono? Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno tanto disagio. Le gramigne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne. I vilucchi inerti che non si alzano da terra che fruendo degli altri. Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli fedeli che lo seguono. Si uncinano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza. I tossici: i delinquenti fra i discepoli, coloro che giungono a tradire e a spegnere la vita come le cicute e le altre piante tossiche. Avete mai visto come sono belle coi loro fiorellini che poi divengono palline bianche, rosse, celesteviola? Chi direbbe che quella corolla stellare, candida o appena rosata, col suo cuoricino d'oro, chi che quei coralli multicori, tanto simili ad altri frutticini che sono la delizia degli uccelli e dei pargoli, possano, giunti a maturazione, dare morte? Nessuno. E gli innocenti ci cascano. Credono tutti buoni come loro… e ne colgono e muoiono. Credono tutti buoni come loro! Oh! che verità che sublima il maestro e che condanna il suo traditore! Come? La bontà non disarma? Non rende il malvolere innocuo? No. Non lo rende tale, perché l'uomo caduto preda del Nemico è insensibile a tutto ciò che è superiore. E ogni superiore cosa cambia per lui aspetto. La bontà diviene debolezza che è lecito calpestare e acuisce il suo malvolere come acuisce la voglia di sgozzare, in una fiera, il sentire l'odore del sangue. Anche il maestro è sempre un innocente… e lascia che il suo traditore lo avveleni, perché non vuole e non può lasciar pensare agli altri che un uomo giunga ad essere micidiale a chi è innocente. Nei discepoli, i campi del maestro, vengono i nemici. Sono tanti. Il primo è Satana. Gli altri i suoi servi, ossia gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Ecco, ecco il discepolo più facile ad essere percosso da essi perché non sta tutto presso al maestro, ma sta a cavaliere fra il maestro e il mondo. Non sa, non vuole separarsi tutto da ciò che è mondo, carne, passioni e demonio, per essere tutto di chi lo porta a Dio. Su questo spargono i loro semi e mondo e carne, e passioni e demonio. L'oro, il potere, la donna, l'orgoglio, la paura di un mal giudizio del mondo e lo spirito di utilitarismo. "I grandi sono i più forti. Ecco che io li servo per averli amici - E si diventa delinquenti e dannati per queste misere cose!… Perché il maestro, che vede l'imperfezione del discepolo, anche se non vuole arrendersi al pensiero: " Costui sarà il mio uccisore ", non lo estirpa subito dalle sue file? Questo voi vi chiedete. Perché è inutile farlo. Se lo facesse non impedirebbe di averlo nemico, doppiamente e più sveltamente nemico per la rabbia o il dolore di essere scoperto o di essere cacciato. Dolore. Sì. Perché delle volte il cattivo discepolo non si avvede di essere tale. E tanto sottile l'opera demoniaca che egli non l'avverte. Si indemonia senza sospettare di essere soggetto a questa operazione. Rabbia. Sì. Rabbia per essere conosciuto per quello che è, quando egli non è incosciente del lavoro di Satana e dei suoi adepti: gli uomini che tentano il debole nelle sue debolezze per levare dal mondo il santo che li offende, nelle loro malvagità, con il paragone della sua bontà. E allora il santo prega e si abbandona a Dio. "Ciò che Tu permetti si faccia, sia fatto" dice. Solo aggiunge questa clausola: "purché serva al tuo fine". Il santo sa che verrà l'ora in cui verranno espulsi dalle sue messi i logli malvagi. Da chi? Da Dio stesso, che non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore ». «Ma se Tu ammetti che sempre è Satana, e gli adepti di lui… mi sembra che la responsabilità del discepolo scemi » dice Matteo. «Non te lo pensare. Se il Male esiste, esiste anche il Bene, ed esiste nell'uomo il discernimento e con esso la libertà». «Tu dici che Dio non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore. Dunque anche questo errore è utile, se Egli lo permette, e serve ad un trionfo di volontà divina » dice l'Iscariota. «E tu arguisci, come Matteo, che ciò giustifica il delitto del discepolo. Dio aveva creato il leone senza ferocia e il serpente senza veleno. Ora l'uno è feroce e l'altro è velenoso. Ma Dio li ha separati dall'uomo per ciò. 102 Medita su questo e applica. Andiamo nella casa. Il sole è già forte, troppo. Come per inizio di temporale. E voi siete stanchi della notte insonne ». «La casa ha la stanza alta, ampia e fresca. Potrete riposare » dice Elia. Salgono per la scala esterna. Ma solo gli apostoli si stendono sulle stuoie per riposare. Gesù esce sulla terrazza, ombreggiata in un angolo da un altissimo rovere, e si assorbe nei suoi pensieri. 

http://www.potenzadellacroce.it/contenuti/materiali/Maria_Valtorta_-_LEvangelo_come_mi_e_stato_rivelato.pdf  -pag 99, paragrafo 181-




AMDG et DVM

Gesù vorrebbe venire ogni giorno nel vostro cuore con la comunione sacramentale, ma non gli basta ancora: vorrebbe venire in voi continuamente. Questo desiderio divino si compie con la comunione spirituale.

PREGHIERA PER LA
COMUNIONE SPIRITUALE




  
Gesù mio, 
io credo che sei realmente presente 
nel Santissimo Sacramento.

Ti amo sopra ogni cosa 
e ti desidero nell' anima mia. 

Poiché ora non posso riceverti 
sacramentalmente,
vieni almeno spiritualmente 
nel mio cuore.

Come già venuto, 
io ti abbraccio e tutto mi unisco a te;
non permettere che mi abbia mai 
a separare da te.

Eterno Padre, io ti offro
il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
 in sconto dei miei peccati, 
in suffragio delle anime del purgatorio 
e per i bisogni della Santa Chiesa.




Ascoltiamo Don Bosco:
....
                      "Se non potete comunicarvi sacramentalmente
                       fate almeno la comunione spirituale, che consiste
                       in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore"  
                                                                            (San Giovanni Bosco MB III,p.13)
            


La comunione spirituale è poco conosciuta e poco praticata, eppure è una sorgente speciale e incomparabile di grazie: 
«Essa è per se stessa, dice il P. Faber, una delle più grandi potenze della terra». 
«Per mezzo di essa, scrive S. Leonardo da Portomaurizio, molte anime arrivarono a gran perfezione».

In che consiste la comunione spirituale?
(..).Questa comunione non si fa esteriormente, come la comunione sacramentale, ma spiritualmente, cioè internamente e mentalmente, senz'alcun atto materiale e corporale: spiritualmente, cioè soprannaturalmente e divinamente.
Si chiama pure comunione interiore, comunione del cuore, comunione invisibile e mistica; perchè ci unisce a Gesù in modo misterioso e nascosto, senz'alcun segno visibile come nella comunione sacramentale. Si chiama finalmente comunione virtuale, perchè ha la virtù di farci partecipare ai frutti dell'Eucaristia.



Che cosa si deve fare per comunicarsi spiritualmente? 
Basterà fare degli atti di fede e di amore verso Gesù presente nell'Eucaristia? No. Bisogna formulare espressamente il desiderio di comunicarsi: e perchè questo desiderio sia sincero, bisogna, essere disposto a comunicarsi sacramentalmente, se fosse possibile. Del resto un semplice desiderio, se è vero e profondo, per quanto breve e rapido, basta a costituire la comunione spirituale. Evidentemente quanto più il desiderio sarà prolungato, tanto più la comunione sarà fruttuosa; ma con un semplice slancio del cuore verso Gesù nell'Eucaristia si fa la comunione spirituale, si partecipa alle grazie della comunione sacramentale.

Ecco come questo avviene: Nostro Signore è nell'Eucaristia per noi; il suo desiderio di venire in noi, di essere tutto nostro, di possederci, di vivere in noi, è vivissimo ed Egli non domanda che di poterlo soddisfare.
«Io ardo di desiderio di darmi a te, diceva Gesù alla Ven. Giovanna Maria della Croce, e quanto più mi do, tanto più desidero di darmi nuovamente. Io sono, dopo ciascuna delle tue comunioni, come il pellegrino divorato dalla sete, al quale si dà una goccia d'acqua e dopo è più assetato ancora. Così io desidero continuamente di darmi a te». Gesù rivolge queste medesime parole a ciascuno di voi. Gesù vorrebbe venire ogni giorno nel vostro cuore con la comunione sacramentale, ma non gli basta ancora: vorrebbe venire in voi continuamente. Questo desiderio divino si compie con la comunione spirituale. «Tutte le volte che tu mi desideri, diceva Gesù a Santa Metilde, tu mi attiri in te. Un desiderio, un sospiro, basta per mettermi in tuo possesso.»
Nostro Signore spesso rivelò ad anime sante e in maniere diverse, il desiderio ardente che ha di unirsi a noi.
A S. Margherita Maria diceva: «Il tuo desiderio di ricevermi ha toccato così dolcemente il mio cuore, che se non avessi istituito questo Sacramento, lo avrei fatto in questo momento, per unirmi a te».

Nostro Signore incaricava Santa Margherita da Cortona di ricordare ad uri religioso le parole di Sant'Agostino: «Credi, e tu avrai mangiato»; cioè, farà un atto di fede e di desiderio verso l'Eucaristia, e tu sarai nutrito da questo alimento divino.
Alla B. Ida da Lovanio, durante una messa in cui essa non aveva potuto comunicarsi, Gesù diceva: «Chiamami, e io verrò! , - «Venite, o Gesù!» esclamò tosto la santa, e si sentì riempire di felicità come se realmente si fosse comunicata.
E, dopo una comunione spirituale di cui gustava tutte le delizie, Santa Caterina da Siena si sentiva dire da Gesù: «In qualunque luogo, in qualunque maniera mi piaccia, io posso, voglio e so soddisfare meravigliosamente i santi ardori di un'anima che mi desideri». Questo desiderio di Gesù, di unirsi a noi, è infinito e onnipotente: non conosce altro ostacolo che la nostra libertà . Gesù ha moltiplicato i miracoli per venirsi a chiudere nell'ostia, per potersi dare a noi. Che cosa gli costa il fare un miracolo di più e il darsi direttamente a noi senza l'intermediario dei Sacramento? Non è forse padrone di se stesso, di tutte le sue grazie, della sua divinità ? E se, chiamato da poche parole, discende dal cielo nell'ostia, fra le mani del sacerdote, non scenderà direttamente nel nostro cuore, se vi è chiamato dall'ardore dei nostri desideri?

O meraviglioso potere dell'anima umana! O potenza di un desiderio sincero, inspirato dall'amore! Potere che permette a ciascuno di voi di fare per sè, in qualche maniera, ciò che il sacerdote fa per tutti i fedeli!
Agar fuggendo nel deserto e vedendo che il suo bambino sarebbe morto di sete, alzò al cielo un grido straziante e tosto scaturì una sorgente d'acqua fresca per salvare la madre e il figlio. Gridate dunque verso Dio il vostro desiderio e Dio vi risponderà facendo scaturire dal suo seno, per santificarvi, una sorgente di vita eterna!

Un povero selvaggio non ha un sacerdote che lo battezzi, ma fa salire a Dio il grido dei suo desiderio, ed eccolo battezzato!
Un povero peccatore si volge a Dio; dalla sua confusione volge i suoi sguardi alla Bontà infinita; esso ha sete di amore e di perdono, ed eccolo perdonato! Voi non potete accostarvi alla santa mensa, sia che già vi siate comunicati il mattino, sia che qualche ostacolo ve l'impedisca. Gettate su l'ostia del Tabernacolo degli sguardi di desiderio, manifestate la vostra fame e la vostra sete a Gesù. Ditegli: o Gesù, venite, io muoio senza di voi! - Gesù verrà e voi vi sarete comunicati.

Durante la messa, il sacerdote prende l'ostia fra le mani; si raccoglie, s'inchina e pronunzia poche parole. Tosto il cielo si apre, Gesù discende alla voce del suo amico che lo chiama: eccolo fra le mani del sacerdote!

O anime pie, raccoglietevi profondamente, concepite nel vostro cuore un desiderio ardente. Tocco e spinto da questo desiderio, Gesù discende alla sua sposa diletta: eccolo nel vostro cuore!
O bontà ineffabile, o larghezza infinita, o munificenza senza limiti, o amore incomprensibile! Dio non è più il sovrano Padrone e la creatura non è più serva: la creatura diventa il padrone sovrano di Dio e Dio si fa Il servo più docile e più premuroso della creatura! «Non sono venuto tra voi, diceva Gesù, per essere servito, ma per servire.» la comunione spirituale è una vera onnipotenza data alla creatura sul Creatore, all'anima pia, su Gesù! Il P. Faber ha ragione: «La comunione spirituale è una delle più grandi potenze della terra! (1)»



Come si potranno dunque esprimere i frutti innumerevoli che la comunione spirituale ci reca?
Si può riassumere tutto dicendo che è una comunione, cioè una partecipazione all'Eucaristia e alle grazie della comunione sacramentale. Il Concilio di Trento, parlando dell'uso del sacramento ammirabile dell'Eucaristia, dice espressamente che «molti la ricevono spiritualmente e sono quelli che mangiando con il desiderio questo pane celeste che a loro è offerto, gustano il frutto e l'utilità di questo sacramento.» Dunque, secondo il Concilio di Trento e secondo tutta la teologia, la comunione spirituale è un mangiare spiritualmente del corpo di Nostro Signor Gesù Cristo. Per conseguenza, tutto ciò che abbiamo detto degli effetti della comunione sacramentale, si ripete qui, benchè in modo diverso e in un grado inferiore (2).
Il primo effetto della comunione spirituale è dunque di accrescere la nostra unione con l'umanità e con la divinità dei Verbo incarnato. Questo è il suo effetto principale, il suo frutto essenziale: tutte le altre grazie che vi si ricevono, derivano da queste. Eccole in riassunto: Il fervore è rianimato. «La comunione spirituale, dice il b. Curato d'Ars, fa su l'anima come un colpo di soffietto sul fuoco coperto di cenere e prossimo a spegnersi. Quando sentiamo che l'amor di Dio si raffredda, corriamo presto alla comunione spirituale» Povero cuore! perde così facilmente il suo calore e si ricopre di ceneri così presto! La comunione spirituale rianima il focolare e fa sprigionare la fiamma del fervore.
In mezzo alle prove del nostro pellegrinaggio quaggiù, continuamente c'invade la tristezza, e il nostro cuore si riempie di fitte nebbie. La comunione spirituale dissipa la caligine, come il sole del mattino; esso riconduce la gioia nel cuore, rende all'anima la pace. Essa conserva pure il raccoglimento: è il mezzo più efficace per premunirsi contro la dissipazione, la leggerezza e tutte le divagazioni della mente e della fantasia. Essa ci abitua a tenere i nostri sguardi fissi su Gesù, a conservare con lui una dolce e costante intimità, a vivere con lui in una continua unione di cuore.
Essa ci distacca da tutto ciò che è puramente sensibile e terrestre; ci fa sdegnare le vanità che passano, i piaceri del mondo che durano poco. «Essa è il pane del cuore, dice S. Agostino, essa è la guarigione del cuore» Essa separa il nostro cuore da tutto ciò che è impuro e imperfetto; lo trasforma e lo unisce strettamente al cuore di Gesù.
Essa rende le nostre relazioni con Gesù più tenere e più familiari. Essa ci dà per lui una devozione più ardente e più profonda; essa ci fa meglio gustare la soavità e la dolcezza della sua presenza. «Quando faccio il segno di croce, scrive sant'Angela di Foligno, portando la mano al cuore e dicendo ... e del Figlio, provo un vivo amore e una gran dolcezza, perchè sento che Gesù è là.» La comunione spirituale mette Gesù là, nell'interno del nostro cuore, in una residenza permanente e incantevole.
La comunione spirituale ha pure un'efficacia meravigliosa per cancellare i peccati veniali e per rimettere le pene dovute al peccato. Le anime pie che la praticano sovente e bene, saranno esenti dalle fiamme del purgatorio. Gesù le trasporterà direttamente dalla terra al cielo, come l'anima di Giovanna d'Arco, che fu vista, al momento delle sua morte, salire direttamente in Paradiso, sotto forma di bianca colomba. La comunione spirituale darà in cielo alle anime che l'avranno fatta bene, una gloria sorprendente. Nostro Signore diceva a Santa Geltrude che ogni qualvolta uno guardasse con devozione l'ostia Santa, aumenterebbe la sua felicità eterna e si preparerebbe per il cielo tante delizie diverse a misura che avrebbe moltiplicato quaggiù quegli sguardi d'amore e di desiderio verso l'Eucaristia. Le anime che si saranno comunicate spesso spiritualmente, splenderanno in cielo di una luce particolare e gusteranno delle gioie speciali, più dolci e più deliziose, che gli altri non conosceranno.
La comunione spirituale, aumentando ogni giorno i nostri desideri di ricevere Gesù, ci spinge alla Comunione sacramentale, c'impedisce di tralasciarla per colpa nostra, la rende più frequente, ci dispone a riceverla meglio e a trarne più frutti. La comunione spirituale è, al dire di tutti i Santi, la migliore preparazione alla comunione sacramentale.
Aggiungete inoltre che la comunione spirituale si può offrire secondo l'intenzione del prossimo, sia in favore dei vivi, sia in favore dei defunti. La beata Margherita Maria raccomandava la comunione spirituale in suffragio delle anime del Purgatorio, «Voi solleverete assai quelle povere anime afflitte, essa diceva, offrendo per esse delle comunioni spirituali, per riparare al cattivo uso da esse fatto delle comunioni sacramentali.»
Finalmente dovete sapere che tutti questi benefici e tutte queste grazie che derivano dalla comunione spirituale, si ricevono ogni volta nella misura delle vostre disposizioni, cioè secondo il valore del vostro desiderio. Più è intenso il vostro desiderio di comunicarvi, più è puro e prolungato, e più voi parteciperete dei frutti dell'Eucaristia e di tutti i favori che abbiamo enumerato; tutto questo con nessun altro limite che l'ardore, l'estensione e la vivezza dei vostri desideri.
I santi sono unanimi nell'esaltare le meraviglie della comunione spirituale. Arrivano a dire come la Ven. Giovanna Maria della Croce, «che Dio, con questo mezzo, ci colma spesso delle medesime grazie della comunione sacramentale»; e, con santa Geltrude e col P. Rodriguez, «qualche volta di grazie ancora più grandi» ; poichè, nota quest'ultimo, «benchè la comunione sacramentale sia, per se stessa, di una maggiore efficacia, tuttavia il fervore del desiderio può compensare la differenza».



Quale altro incoraggiamento più prezioso si può dare alla comunione spirituale? 
E come spingervi di più a praticarla frequentemente?
Quando dunque la farete? - La farete sempre durante la Messa, quando vi assistete senza potervi comunicare sacramentalmente. «Bisogna, dice il Rodriguez, divorare con gli occhi dell'anima quel divino alimento. Bisogna aprire la bocca dell'anima con un ardente desiderio di ricevere questa manna celeste, e di gustarne lungamente la dolcezza entro il cuore».
Voi farete la comunione spirituale, secondo il consiglio di S. Alfonso, al principio e alla fine delle vostre visite al SS. Sacramento. Che bella maniera d'impiegare quel tempo prezioso! Gesù è realmente là , a pochi passi da voi, ardente di desiderio di venire in voi. Ardete dello stesso desiderio per lui, e verrà ad unirsi a voi in una dolce intimità . Voi uscirete dalla chiesa infiammati di amore! Voi farete la comunione spirituale il mattino appena svegliati. «Svegliandoti, diceva Gesù a santa Metildedevi sospirare a me con tutto il cuore! Desiderami con un sospiro di amore e io verrò in te, opererò in te e soffrirò in te tutti i tuoi patimenti».

Voi vi comunicherete spiritualmente, dopo la preghiera, dopo la meditazione, dopo la lettura spirituale, prima e dopo la recita del rosario e la sera prima di addormentarvi.
Potete fare la comunione spirituale dieci volte, venti volte al giorno, quante volte volete, poichè bastano pochi istanti, brevi giaculatorie rivolte a Gesù nell'Eucaristia, per scongiurarlo di venire in voi. Qui non importa il tempo; importa l'ardore e la veemenza del desiderio, la fame e la sete dell'anima, lo slancio del cuore!



NOTE
1. Non bisognerà tuttavia eguagliare la comunione spirituale alla comunione sacramentale, nè molto meno privarsi di questa sotto pretesto che ci si supplisce con quella.
2. Nostro Signore mostrava ogni giorno alla pia Paola Maresca un ciborio d'oro contenente le sue comunioni sacramentali e un ciborio d'argento contenente le sue comunioni spirituali, indicandole cosà il valore delle une e delle altre.


Testo tratto da: Mons. De Guiberges, La Santa Comunione, Faenza: Libreria Editrice Salesiana, 1914, pp. 171-182.

 https://www.preghiereperlafamiglia.it/comunione-spirituale.htm

AMDG et DVM

SAN MARTINO

11 NOVEMBRE
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SAN MARTINO DI TOURS
Sabaria (ora Szombathely, Ungheria), 316-317 - 
Candes (Indre-et-Loire, Francia), 8 novembre 397
Nasce in Pannonia (oggi in Ungheria) a Sabaria da pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell'esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, prestando poi servizio in Gallia. È in quest'epoca che si colloca l'episodio famosissimo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello militare, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l'esercito nel 356, già battezzato forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina esorcista (un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tempo, tuttavia, risiede nell'altro monastero da lui fondato a quattro chilometri dalla città, e chiamato Marmoutier. Si impegna a fondo per la cristianizzazione delle campagne. Muore a Candes nel 397.
Martino, nato a Sabaria nella Pannonia, compiuto il decimo anno, se ne fuggì alla chiesa, nonostante l'opposizione dei genitori, e si fece iscrivere tra i catecumeni, A quindici anni, arruolatosi nell'esercito, militò prima sotto Costanzo, e poi sotto Giuliano.

 Domandandogli l'elemosina un povero pezzente, in Amiens, in nome di Cristo, e non trovandosi che le armi e le vesti ond'era coperto, gli fece parte del suo mantello. La notte seguente, gli apparve Cristo coperto con quella metà di mantello, dicendo queste parole: Martino catecumeno, m'ha rivestito con questa veste.

All'età di diciotto anni fu battezzato. Abbandonata allora la vita militare, si recò presso Ilario, vescovo di Poitiers, che l'accolse nel numero degli accoliti. Fatto in seguito vescovo di Tours, fondò un monastero, dove visse santissimamente per qualche tempo con ottanta monaci. Assalito poi da gran febbre a Candes, borgo della sua diocesi, pregava istantemente Dio, che lo liberasse da questo carcere di morte. I discepoli udendolo, gli dicevano Padre, perché ci abbandoni? a chi lasci i tuoi poveri figli? E Martino commosso alle loro voci, pregava Dio così: Signore, s'io sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica.


I discepoli vedendolo, nonostante la violenza della febbre, pregare sempre supino, lo supplicarono di cambiar alquanto posizione, e di tenere chinata la testa, finché non fosse diminuita la violenza del male. Ma Martino disse loro: Lasciatemi guardare piuttosto il cielo, che la terra, affinché la mia anima sul punto di andare al Signore, prenda già la sua rotta. 
Appressandosi già la morte, visto il nemico del genere umano, gli disse: Che fai qui, bestia crudele? tu in me non troverai nulla per te. In queste parole, rese l'anima a Dio in età di 81 anno, ricevuta dal coro degli Angeli, e molti, fra i quali in primo luogo san Severino vescovo di Colonia, li udirono cantare le divine lodi.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Rendiamo grazie a Dio.
*
VITA DI SAN MARTINO  di Sulpicio Severo: 


NOVENA A SAN MARTINO
 I - O glorioso s. Martino, che interamente consacrato all'acquisto della perfezione evangelica, pur in mezzo alle occasioni di peccato dell’esercizio delle armi mettesti in pratica quegli atti di pietà e di penitenza che ti erano diventati familiari nella solitudine in cui ti rifugiasti spontaneamente fin dall'età di dodici anni, quindi rifiutasti con generosità le distinzioni e gli onori di questo secolo per assicurarti i beni duraturi ed immancabili del paradiso, ottieni per noi tutti la grazia di conservarci sempre senza macchia fra le seduzioni del mondo corrotto e seduttore e di non attendere mai ad altro che ad assicurarci con le buone opere la nostra salvezza eterna. Gloria.

II - O glorioso s. Martino, che per la tua generosa carità, che ti mosse a tagliare con la spada il tuo mantello militare per ricoprire un povero mezzo nudo, meritasti di essere personalmente da Gesù Cristo visitato, elogiato ed ammaestrato in tutto quello che Egli voleva da te, e preservato ancora dalla morte quando, mentre tornavi nella tua patria per la conversione dei tuoi genitori, cadesti nelle mani dei ladri, e quando, rinchiuso nel deserto, ti cibasti di erba avvelenata senza conoscerla, ottieni per noi tutti la grazia di impiegare sempre in soccorso dei nostri fratelli bisognosi la nostra mente, i nostri averi e tutte quante le nostre forze, in modo da meritarci la divina assistenza in tutte le nostre necessità spirituali e corporali. Gloria. 

III – O glorioso s. Martino, che favorito del dono dei miracoli, fino a risuscitare più morti, innalzato tuo malgrado alla dignità vescovile, onorato da re e da regine che ti invitavano alla loro mensa e ti servivano personalmente, sopportasti con eroica mansuetudine le maldicenze e le calunnie di tutti i tuoi nemici, anzi rispondesti coi benefici all’insolenza dei tuoi persecutori, quindi giungesti a spogliarti di tutto e a coricarti sopra la cenere nelle ultime ore della tua vita, onde rassomigliare perfettamente al Redentore crocifisso, ottieni per noi tutti la grazia di essere sempre egualmente virtuosi e santi nelle prosperità e nelle traversie, nell'avvilimento e nella gloria, in modo da partecipare con sicurezza alla tua tranquillità nella morte ed alla tua beatitudine nel cielo. Gloria.

https://www.preghiereperlafamiglia.it/san-martino-di-tours.htm 

AMDG et DVM

sabato 10 novembre 2018

Advertencia a los Sacerdotes de este tiempo. - Esta es Palabra de profecía

ADVERTENCIA  A  LOS  SACERDOTES  DE ESTE TIEMPO
27-5-2018

Habla, Señor, que Tu sierva inútil te escucha. Nada soy, y nada tengo que ofrecerte, más que un corazón atribulado que Te ama y desea servirte; tan sólo quiero ser un instrumento de Tu Amor y de Tu Gracia Divina, a Tu Santo servicio, para bien de mis hermanos en la Fe y para Gloria tuya. Amen.
—–
Esto dice el Señor, Tu Dios, Señor de Señores y Rey de Reyes:
Yo, Dios de los ejércitos, dirijo estas Palabras a vosotros, Mis Sacerdotes y Ministros de Mi Iglesia.
Por cuanto no quisisteis escuchar Mis Palabras ni recibisteis, muchos de vosotros, el consejo maternal de María, Madre de Dios, y no albergasteis en vuestros corazones el Santo Temor de Dios y el dar Honor y Gloria a Mi Nombre, ahora os digo Yo, Dios de los ejércitos, que Yo Mismo enviaré sobre vosotros la miseria y la ruina en vuestros templos profanados, y maldeciré vuestras bendiciones y vuestros bienes mal empleados, echando sobre vosotros y vuestros templos  la Maldición, puesto que vosotros no habéis hecho caso de Mi Ley, por no haber guardado firme y fiel Mi Santa Alianza, que es una Alianza de Vida y de Paz por los siglos de los siglos. Vosotros habéis roto esta Alianza que Yo establecí con vosotros, Mis predilectos.
Qué hacéis ahora del Lugar Santo, que dejáis que sea profanado y sea burlado y pisoteado en el Santo Lugar, lugar de Mi Alianza Eterna, Alianza de Dios para con los hombres en el Santo Sacrificio del Altar.
Vosotros dais consentimiento libre a tanta profanación en el Lugar Santo, Lugar de Mi Morada con los hombres: cambios en la liturgia, mujeres en el Altar, hombres y ministros de la Santa Eucaristía, Mi Santo Cuerpo, Sangre, Alma y Divinidad profanada y ultrajada. Modas indecorosas e indebidas dentro de Mi Casa, y un sinfín de alteraciones y cambios, y vosotros, con tibieza, no os manifestáis contra todos estos modernismos y errores, profanaciones y herejías.
Ya ciegos habéis quedado, nada veis y nada comprendéis de las Cosas Santas y Divinas, estáis bajo el poder del mal, un poder encantador que disfraza la Verdad y mete el error.
En vuestros labios debía estar el depósito de la ciencia y por vuestra boca habría de ser enseñada Mi Ley Santa y Divina, y guardada eternamente la Santa Doctrina, pero vosotros os habéis desviado del camino de la Verdad; habéis, en esta hora, escandalizado a muchos hombres, desviándolos del verdadero Camino, Camino de la ÚNICA VERDAD, QUE SÓLO PUEDO SER YO, DIOS DE LOS EJERCITOS, CAMINO, VERDAD Y VIDA.
Habéis violado la Ley rompiendo Conmigo, Vuestro Único y Verdadero Dios, Mi Alianza, el nuevo pacto, Pacto y Alianza de Salvación y de la Vida Eterna.
Por tanto, digo que así como vosotros no habéis seguido Mis caminos y no me guardáis más Fidelidad, Yo, Dios de los ejércitos, os hago despreciables a Mis Ojos, despreciables y abominables ante todos los pueblos, y os entrego al poder del mal.
Heme aquí que Yo mismo actúo y obro con Mi Justo Juicio sobre los hombres y las Naciones, Yo Mismo enviaré, de nuevo, un Precursor antes de Mi segunda venida, Pedro Romano, a quien Yo he hallado Fidelidad a Mi Santa Alianza; pues también os vendrá a vuestros templos el Dominador, a quien ahora buscáis vosotros y dais culto, porque hace ya tiempo que estáis con el Profanador, y no Conmigo, Dios de las Alianzas Santas y Perpetuas, el Dios de los ejércitos.
Sabed, pues, vosotros y todos los hombres de todas las generaciones y pueblos, que grande es Mi Nombre y en todo lugar Santo y Altar Divino debía Yo Ser Honrado y Glorificado, al ofrecer el Santo Sacrificio del Altar, la Única Ofrenda Pura; pero vosotros  lo habéis profanado y ahora la mesa del Señor está contaminada, y es cosa vil lo que se ofrece sobre ella, pues el pan que ofrecéis, muchos de vosotros sobre el Altar, es un pan impuro, un sacrificio al Adversario en unión con el Falso Profeta.
Yo, Dios de los ejércitos, no aceptaré ya de vuestras manos más ofrendas que no me agradan ni salvan, pues más bien condenan, pues ya no es a Mi Dios Altísimo a quien agrada ese sacrificio, ofrecido al diablo, al mismo satanás.
¿Quién hay de entre vosotros que cierre las puertas del templo a la profanación y herejía? Esos han sido vuestros procederes al quedar vosotros bajo el Profanador y Usurpador sin salir alguno de vosotros en defensa Mía.
Postraos delante de Mí y llorad vuestras culpas, tal vez Yo, Dios de los ejércitos, Me apiade de vuestras suplicas y ruegos y perdone vuestros malos procederes, en los que os condenáis, y condenáis a las almas que os fueron confiadas.
Entended, pues, de una vez por todas que ya vuestros sacrificios, que ofrecéis en el Altar, no Me complacen por la doblez y tibieza de vuestros corazones, pues crucificáis con ello al Hijo del Hombre, y traspasáis de dolor el Inmaculado Corazón de vuestra Madre, Madre del Salvador.
Esta es Palabra de profecía dada en la antigüedad a Mis Sacerdotes, y Palabra de profecía para estos tiempos, en que ha de cumplirse para purificación de Mi Iglesia y Salvación de vuestras almas.
Enderezad el camino y ofrecedme un Santo Sacrificio con un corazón limpio y puro.
OS DOY MI BENDICION. DIOS PADRE, DIOS HIJO Y DIOS ESPIRITU SANTO DESCIENDA SOBRE VOSOTROS. AMEN, AMEN, AMEN.
AMDG et DVM