lunedì 20 novembre 2017

PRIMA VIENE CHIAMATO GIOVANNI, POI FRANCESCO. L'unico uomo che aveva davvero il cuore rivolto verso Dio, nonostante le sue imperfezioni umane di opere e pensieri.


PROFEZIE DELLA MADRE E PREDIZIONI DI LUI STESSO A SUO RIGUARDO. 
SUA PAZIENZA NELLA PRIGIONIA 

583    3. Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall'acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d'ira era divenuto figlio della grazia. 

 Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l'antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d'animo e l'integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: « Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio ». 

In realtà, era questa l'opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco, già grandicello, per alcune sue inclinazioni molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori. 

 Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio. Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell'animo un segno di arcana potenza. 

 Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di Ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata. 

584    4. Giovanni profetò chiuso ancora nel segreto dell'utero materno, Francesco predisse il futuro da un carcere terreno, ignaro ancora del piano divino. 

 Si combatteva tra Perugia ed Assisi. In uno scontro sanguinoso Francesco fu fatto prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere. Ma, mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene. Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere, e lo giudicano svanito e pazzo. 
Ma Francesco risponde con tono profetico: «Di cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò venerato come santo in tutto il mondo». In realtà è così: si è avverato completamente ciò che ha predetto. 
 Vi era tra i compagni di prigionia un cavaliere superbo, un caratteraccio insopportabile. Tutti cercano di emarginarlo, ma la pazienza di Francesco non si spezza: a furia di sopportare quell'intrattabile, ristabilisce la pace fra tutti. Era un animo capace di ogni grazia e, fino da allora, come vaso eletto di virtù, esalava attorno i suoi carismi. 

GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!

Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.

Cosa intende Gesù per peccato contro lo Spirito Santo

Quesito

Salve padre Angelo...
Chi le scrive è un ragazzo di 27 anni della provincia milanese, mi chiamo Ivan e sono un fervido lettore delle sue illuminanti risposte dispensate nel web.
Davvero è esauriente in ogni riposta...complimenti! 

Di mio avevo un quesito da porle su di una tematica piuttosto enigmatica, riguarda l'affermazione che Gesù fà nel vangelo di Matteo (12,31-32): “Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.

Cosa intende Gesù per peccato contro lo Spirito Santo? Qual è il peccato contro lo Spirito santo? 
Nello specifico di cosa si tratta?

La ringrazio anticipatamente e le auguro di cuore un sereno Natale del Signore...
con affetto e stima 
Ivan



Risposta del sacerdote

Caro Ivan,
ti ringrazio delle buone parole che mi hai scritto. Sono un incoraggiamento per andare avanti.

Ma adesso vengo al tuo quesito.


1. L’autorevole commento della Bibbia di Gerusalemme annota a questo versetto: “L'uomo è scusabile se si inganna sulla dignità divina di Gesù, velata dalle umili apparenze del Figlio dell'uomo, ma non lo è se chiude gli occhi e il cuore alle opere evidenti dello Spirito. Negandole, egli rigetta la proposta suprema che Dio gli fa e si mette fuori della salvezza”.

In altri termini la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro, che non solo chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio, ma le respingono ostinatamente, attribuendole al demonio, volendo così identificare lo Spirito Santo con lo spirito maligno, come facevano i farisei.


2.La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata”: vuol dire che difficilmente se ne otterrà il perdono non perché la potenza di Dio sia limitata o perché la Chiesa non abbia potere di rimetterla (è dogma di fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della grazia da parte di chi lo compie.
Chi infatti attribuisce al diavolo le opere della bontà e della grazia di Dio, in certo modo fa di Dio un demonio, come dice S. Atanasio, e di più si mette a combattere contro quella stessa bontà che è la sorgente del dono della conversione del cuore e della penitenza.


3. Il Catechismo Romano (del Concilio di Trento) scrive: “Quando occorrono nella S. Scrittura o nei Padri sentenze che sembrano affermare che per alcuni peccati non c’è remissione, bisogna intenderle nel senso che il loro perdono è oltremodo difficile. Come una malattia vien detta insanabile quando il malato respinge l’uso della medicina, così c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona perché rifugge dalla grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio” (Catechismo Romano II, c. 5,19).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (del Concilio Vaticano II) afferma: “La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna” (CCC 1864).
Per questo S. Tommaso scriveva a questo proposito: “Questo non impedisce all’onnipotenza e alla misericordia di Dio di trovare la via del perdono e della guarigione che talora sana spiritualmente anche costoro in una maniera quasi prodigiosa” (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II, 14, 3).


4. Secondo la classificazione catechistica i peccati contro lo Spirito Santo, sono sei: l’impugnazione della verità conosciuta e l’invidia della grazia altrui, la disperazione della salvezza e la presunzione di salvarsi senza merito, l’ostinazione nel peccato e l’impenitenza finale.

5. In generale si può dire che i peccati contro lo Spirito Santo manifestano la sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia e questo comporta disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti offerti da Dio per la salvezza.
Vengono detti contro lo Spirito Santo perché è attribuita allo Spirito Santo l’opera della conversione e della santificazione.


6. Per san Tommaso i peccati contro lo Spirito Santo sono tanti quanti sono i modi di disprezzare l’aiuto di Dio per trattenere l’uomo dal peccato.

Dice che le remore al peccato possono provenire da tre fonti: dal giudizio di Dio, dai suoi doni e dal parte del peccato stesso.

Quando si oppongono al giudizio di Dio abbiamo i due peccati contro la speranza teologale: la disperazione della salvezza e la presunzione di salvarsi senza merito.

Quando si oppongono alla conoscenza della verità rivelata e all’aiuto della grazia abbiamo l’impugnazione della verità conosciuta e l’invidia della grazia altrui.

Quando non si considera la bruttezza del peccato e la brevità dell’esperienza presente abbiamo l’impenitenza finale (intesa nel senso di perdurare nel peccato fino alla morte) e l’ostinazione nel peccato (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II, 14, 2).



Ricambio gli auguri di un sereno Natale e li accompagno con una preghiera.
Ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 03.07.2009
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GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!

TRINITARI: L'abito dell'ordine fu loro presentato da un angelo

Lettura per 
S. Felicis de Valois Confessoris 


Felice, che prima aveva il nome di Ugo, nacque dalla famiglia reale dei Valois, in Francia. 

Fin da piccolo desiderava vivere solitario per poter dedicarsi alla contemplazione. 

Ordinato sacerdote, si ritirò in un eremitaggio, dove dimorò con san Giovanni di Matha per qualche anno, fino a che dovettero recarsi a Roma, perché così Dio aveva loro comandato per mezzo di un angelo. 

A Roma il loro ordine, che si dedicava al riscatto dei prigionieri, fu approvato da Innocenzo III che, a sua volta, aveva ricevuto un avvertimento da parte di Dio. 

Lo stesso papa chiamò quest'ordine: «ordine della santissima Trinità». 

L'abito dell'ordine fu loro presentato da un angelo: era bianco con una croce di due colori. 

Presso Cerfroid, nella diocesi di Meaux, costruì il primo monastero dell'ordine. In questo monastero Felice ricevette un celebre dono: entrando in coro, vi trovò nel mezzo la Madonna vestita con l'abito dell'ordine Trinitario. 

Colmo di anni e di meriti, morì nel Signore nel 1212.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


ICONOGRAFIA DELL'ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITA'


Fin dalle sue origini l'Ordine della Santissima Trinità, secondo le prescrizioni della regola che disponeva il denaro e l'investimento nelle opere redentive e di ospitalità, non poteva arricchirsi né permettersi chiese di architettura notevole e ricca, malgrado la generosità dei benefattori, perché il denaro doveva essere investito in opere di carità. Il testo della regola esige che le chiese siano "piani operis". Per questa ragione l'architettura dell'Ordine case, ospizi e chiese è passata totalmente inosservata e forse inosservabile, dati i pochi resti sparsi un po' ovunque in Europa. Lo stesso vale per altre testimonianze di arte pittorica e plastica. Sono due in particolare le simbologie care ai Trinitari: il signum e la croce che portano sull'abito.
Mosaico 
I. Il "signum" che ha fatto nascere e ha modellato l'Ordine è unico e nettamente circoscritto, sicché nell'Ordine non si è dovuto ricorrere a varie iconografie. Il segno visto da Giovanni de Matha e trasmesso attraverso l'Ordine alla cristianità, contiene un messaggio: la Trinità espressa per il tramite cristo centrico e, simultaneamente, il messaggio della liberazione del cristiano che soffre per Cristo, ottenuta anche attraverso lo scambio con il prigioniero pagano. Questi tre elementi: Trinità, liberazione e scambio sono presenti sin dalle origini dell'Ordine nella sua iconografia, e fanno di essa una espressione iconografica propria e inappropriabile lungo i secoli e l'evoluzione dell'arte cristiana. Secondo fonti coeve, Giovanni de Matha, durante la celebrazione della sua prima messa, "vidit, apparuit" la Divinità, Gesù che teneva per mano due captivi incatenati, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra: uno bianco macilento e
l'altro moro. Questo fatto-segno rappresenta il tema scenico della iconografia dell'Ordine sin dai primi anni del sec. XIII, quando erano vivi il fondatore e Innocenzo III.
Il tema è stato utilizzato e riprodotto, per esprimere il "signum Ordinis", nei sigilli dell'Ordine già dal 1203 e quindi verso il 1210 è stato riprodotto (in mosaico) a Roma, in S. Tommaso in Formis nella fondazione ottenuta per munificenza e interesse di Innocenzo III. Questo mosaico, studiato esaurientemente solo da pochi anni, è di una importanza eccezionale per il tema iconografico. Esso è collocato all'esterno, in facciata, nel vano-nicchia di un'edicola posta sul portale romanico, ideato e costruito senza particolari adorni. L'insieme architettonico è opera di Jacopo e Cosma, marmorari romani. Innocenzo III era consapevole della collocazione dell'opera d'arte e, quindi, delle eventuali obiezioni, riserve o adesioni alla novità iconografica, espressa attraverso questa icona. Il mosaico esprime e la divinità e la temporalità, nel medesimo piano giallo oro. Anzi, la divinità prende per mano la temporalità, nel benevolo atteggiamento di liberazione; notiamo il Cristo Pantocratore, che ha le mani impegnate. Si tratta di un Cristo Pantocratore in movimento. Con la sua destra afferra la destra di un prigioniero bianco-cristiano, che, con la sinistra, sorregge una croce astata i cui bracci sono di colore rosso e azzurro; mentre, con la mano sinistra, Cristo Pantocratore afferra la sinistra di un prigioniero moro-pagano. Per il primo prigioniero si notano i ceppi spezzati e un meditatissimo legame di essi al trono di Cristo; mentre, per il prigioniero moro, sono evidenti i ceppi chiusi, il non legame al trono e un nerbo impugnato con la mano destra: una sorta di origine di violenza che era evidente pericolo per la fede al tempo stesso termine di violenza per i ceppi ai piedi.

Croce Trinitaria
2. La croce che portano sull'abito. I simboli trinitari sono legati imprescindibilmente alla Trinità e alla redenzione. La più antica simbologia trinitaria dell'Ordine coincide con i colori dell'abito: bianco, rosso e ceruleo (azzurro). La croce rossa e azzurra è già presente nel piano-oro del mosaico.
Tre distinte letture del sec. XV, conservate a Parigi e a Londra, spiegano i colori dell'abito: il bianco significa il Padre; il rosso (verticale), lo Spirito, che feconda la Vergine e scende sugli Apostoli; e l'azzurro o ceruleo (orizzontale) il Figlio riposto nel presepio e deposto nel sepolcro. Questa simbologia della Trinità è propria dell'Ordine e non ha avuto altre attribuzioni nell'arte religiosa e non religiosa. La Trinità, poi, secondo una simbologia antropomorfa o naturale, è stata rappresentata variamente lungo i secoli, ma la più antica rappresentazione antropomorfa coincide con l'immagine della Trinità del tipo "Trono di Grazia".
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Fonte  : www.trinitari.it ; www.trinitari.org


GESU' MARIA AMORE
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Epoca ingloriosa - la più ingloriosa

San Pietro Canisio: preghiera per conservare la vera fede



I cattolici, che viviamo in quest'epoca ingloriosa -la più ingloriosa che sia mai stata fino ad oggi-, non possiamo far altro, che pregare l’Altissimo, con questa nota/famosa preghiera del Dottore della Chiesa S. Pietro Canisio – il quale tanto lottò contro le dottrine riformiste – affinché almeno in noi rimanga e si conservi la vera fede.



Preghiera per conservare la vera Fede scritta da san Pietro Canisio S. J. (1521-1597), olandese e primo gesuita della provincia germanica, nonché proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI nel 1925.

<< Professo davanti a Voi la mia fede. Padre e Signore del Cielo e della terra, mio Creatore e Redentore, mia forza e mia salvezza, che fin dai miei più teneri anni non avete cessato di nutrirmi col sacro pane della vostra Parola e di confortare il mio cuore. Affinché non vagassi errando con le pecore traviate che sono senza Pastore. Voi mi raccoglieste nel seno della vostra Chiesa; raccolto, mi educaste; educato, mi conservaste insegnandomi con la voce di quei Pastori nei quali volete essere ascoltato e ubbidito, come di persona, dai vostri fedeli.
Confesso ad alta voce per la mia salvezza tutto quello che i cattolici hanno sempre a buon diritto creduto nel loro cuore. Ho in abominio Lutero, detesto Calvino, maledico tutti gli eretici; non voglio avere nulla in comune con loro, perché non parlano né sentono rettamente, e non posseggono la sola regola della vera Fede propostaci dall’unica, santa, cattolica, apostolica e romana Chiesa. Mi unisco invece nella comunione, abbraccio la fede, seguo la religione e approvo la dottrina di quelli che ascoltano e seguono Cristo, non soltanto quando insegna nelle Scritture ma anche quando giudica per bocca dei Concilii ecumenici e definisce per bocca della Cattedra di Pietro, testificandola con l’autorità dei Padri. Mi professo inoltre figlio di quella Chiesa romana che gli empii bestemmiatori disprezzano, perseguitano e abominano come se fosse anticristiana; non mi allontano in nessun punto dalla sua autorità, né rifiuto di dare la vita e versare il sangue in sua difesa, e credo che i meriti di Cristo possano procurare la mia o l’altrui salvezza solo nell’unità di questa stessa Chiesa.
Professo con franchezza, con san Girolamo, di essere unito con chi è unito alla Cattedra di Pietro e protesto, con sant’Ambrogio, di seguire in ogni cosa quella Chiesa romana che riconosco rispettosamente, con san Cipriano, come radice e madre della Chiesa universale. Mi affido a questa Fede e dottrina che da fanciullo ho imparato, da giovane ho confermato, da adulto ho insegnato e che finora, col mio debole potere, ho difeso. A far questa professione non mi spinge altro motivo che la gloria e l’onore di Dio, la coscienza della verità, l’autorità delle Sacre Scritture canoniche, il sentimento e il consenso dei Padri della Chiesa, la testimonianza della Fede che debbo dare ai miei fratelli e infine l’eterna salvezza che aspetto in Cielo e la beatitudine promessa ai veri fedeli.
Se accadrà che a causa di questa mia professione io venga disprezzato, maltrattato e perseguitato, lo considererò come una straordinaria grazia e favore, perché ciò significherà che Voi, mio Dio, mi date occasione di soffrire per la giustizia e perché non volete che mi siano benevoli quelle persone che, come aperti nemici della Chiesa e della verità cattolica, non possono essere vostri amici. Tuttavia perdonate loro, Signore, poiché, o perché istigati dal demonio e accecati dal luccichio di una falsa dottrina, non sanno quello che fanno, o non vogliono saperlo.
Concedetemi comunque questa grazia, che in vita e in morte io renda sempre un’autorevole testimonianza della sincerità e fedeltà che debbo a Voi, alla Chiesa e alla verità, che non mi allontani mai dal vostro santo amore e che io sia in comunione con quelli che vi temono e che custodiscono i vostri precetti nella santa romana Chiesa, al cui giudizio con animo pronto e rispettoso sottometto me stesso e tutte le mie opere. Tutti i santi che, o trionfanti nel Cielo o militanti in terra, sono indissolubilmente uniti col vincolo della pace nella Chiesa cattolica, esaltino la vostra immensa bontà e preghino per me. Voi siete il principio e il fine di tutti i miei beni; a Voi sia in tutto e per tutto lode, onore e gloria sempiterna >>

FonteCorrispondenza romana, 13.1.2016
GESU' MARIA AMORE
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UN SOLO CONFIDENTE

Cracovia, 25.X.'35 
PROPOSITI di santa Faustina K. DOPO GLI ESERCIZI SPIRITUALI


***
<<Non far nulla, senza il permesso del confessore e l'accordo dei superiori, in tutto, ma specialmente nelle ispirazioni e richieste del Signore. 


Tutti i momenti liberi li trascorrerò con l'Ospite Divino nel mio intimo; cercherò di mantenere il silenzio interiore ed esteriore, in modo che Gesù possa riposare nel mio cuore. 

Il mio riposo più gradito sta nel servire le consorelle e nella disponibilità verso dì loro. Dimenticare me stessa e pensare a quello che può far piacere alle consorelle. 

Qualunque osservazione mi venga fatta, non addurrò spiegazioni né giustificazioni; permetterò che mi giudichi chiunque abbia piacere di farlo. 

Ho un solo Confidente, al Quale svelerò tutto ed è Gesù Eucaristia ed in sostituzioni di Lui, il confessore. 

In tutte le tribolazioni sia dell'anima che del corpo, nelle tenebre, nell'abbandono, tacerò come una colomba, senza lamentarmi. 

Mi annienterò ogni momento come una vittima ai Suoi piedi, per impetrare Misericordia per le povere anime. 

Tutto il mio nulla affonda nel mare della Tua Misericordia; con la fiducia di un bambino mi getto fra le Tue braccia, o Padre di Misericordia, per ricompensarTi della diffidenza di tante anime, che hanno paura di confidare in Te. 

Oh, quanto è piccolo il numero delle anime, che Ti conoscono veramente! 

Oh, come desidero ardentemente che la festa della Misericordia sia conosciuta dalle anime! La Misericordia è il coronamento delle Tue opere; Tu predisponi tutto con la sensibilità della più tenera delle Madri.>>

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