PROFEZIE DELLA MADRE E PREDIZIONI
DI LUI STESSO A SUO RIGUARDO.
SUA PAZIENZA NELLA PRIGIONIA
583 3. Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina
Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il
mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo
dall'acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d'ira era divenuto figlio della grazia.
Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un
segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa
somiglianza con l'antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo
spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità
d'animo e l'integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: « Cosa pensate
che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio ».
In realtà, era questa l'opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco, già
grandicello, per alcune sue inclinazioni molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse
suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che
erano detti suoi genitori.
Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di
Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a
Dio. Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni
Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell'animo un segno di arcana potenza.
Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo
tra i fondatori di Ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata.
584 4. Giovanni profetò chiuso ancora nel segreto dell'utero materno, Francesco predisse il
futuro da un carcere terreno, ignaro ancora del piano divino.
Si combatteva tra Perugia ed Assisi. In uno scontro sanguinoso Francesco fu fatto
prigioniero assieme a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere.
Ma, mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco
esulta nel Signore, disprezza e irride le catene. Afflitti come sono, lo rimproverano di essere
pieno di gioia anche nel carcere, e lo giudicano svanito e pazzo.
Ma Francesco risponde con
tono profetico: «Di cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò
venerato come santo in tutto il mondo». In realtà è così: si è avverato completamente ciò che
ha predetto.
Vi era tra i compagni di prigionia un cavaliere superbo, un caratteraccio
insopportabile. Tutti cercano di emarginarlo, ma la pazienza di Francesco non si spezza: a
furia di sopportare quell'intrattabile, ristabilisce la pace fra tutti. Era un animo capace di ogni
grazia e, fino da allora, come vaso eletto di virtù, esalava attorno i suoi carismi.
GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!