domenica 16 aprile 2017

Gesù le apparve pieno di splendore e di grazia

 RISURREZIONE 

DI GESU' CRISTO



Nella notte sacra alla gloriosissima Risurrezione del Signore, mentre Geltrude, prima di Mattutino, pregava con grande devozione, Gesù le apparve pieno di splendore e di grazia, nella gloria della sua divina, immortale Maestà. Ella si prostrò ai suoi piedi e, adorandolo con amore, Gli disse: «Sposo diletto, onore e gloria degli Angeli, Tu ti sei degnato di prendermi per tua Sposa, quantunque sia la più indegna delle creature; la mia anima e il cuor mio non hanno sete che di Te, del tuo onore, della tua gloria, e considero come parenti i tuoi più cari amici. Ti domando, amatissimo Gesù, in quest'ora gioiosa della tua Risurrezione, che Tu abbia d'assolvere le anime di tutti coloro che ti sono particolarmente cari. Per ottenere questa grazia, ti offro, in unione alla tua innocentissima passione, tutto quello che il mio cuore e il mio corpo hanno sofferto nelle continue mie infermità ».




Allora Gesù, con ineffabile dolcezza, le mostrò una moltitudine di anime sciolte dalle loro pene e le disse: « Le consegno tutte in dote al tuo amore; in cielo si vedrà eternamente che furono liberate dalle tue preghiere e, davanti a tutti i Santi, godrai per sempre di tale onore ». La Santa chiese: « Quante son queste anime? ». Rispose il Signore « Solo la scienza della mia Divinità ne conosce il numero ». Siccome poi Geltrude s'accorse che esse, quantunque liberate dalle pene, non erano però ancora nel pieno possesso delle eterne gioie, s'abbandonò tutta alla divina bontà, per soffrire nel corpo e nell'anima tutto ciò che il Signore vorrebbe per ottenere ad esse il gaudio completo. Tale offerta intenerì il Signore, il Quale in quello stesso istante, ammise quelle anime alla pienezza dell'eterno gaudio. Poco dopo Geltrude, sentendo un dolore acutissimo al fianco, s'inginocchiò davanti al Crocifisso. Gesù trasmise i meriti di quella sofferenza alle anime di cui abbiamo parlato, in accrescimento della loro gioia, dicendo loro: « Vi presento quest'omaggio di devozione che la mia Sposa mi ha offerto, perchè metta il colmo alla vostra beatitudine; a vostra volta sforzatevi di onorarla, accordandole il dono delle vostre preghiere ».


Geltrude, con un nuovo slancio d'amore, si mise tutta a disposizione di Gesù, dicendo: « Ecco che nella mia estrema indegnità, dolcissimo unico Amico, mi presento con amore davanti a Te, Signore e Re dei dominanti. Ti offro interamente il cuore e l'anima mia affinchè ti servano, per tutta la vita, in onore della tua adorabile Risurrezione». Rispose il Signore: « Quest'offerta della tua buona volontà sarà come lo scettro della mia divina magnificenza; me ne glorierò eternamente davanti alla SS. Trinità ed a tutti i Santi, come di dono prezioso ricevuto dalla mia diletta Sposa ». Geltrude riprese: « Ah, mio Dio! quantunque sappia che questo mio atto di completo abbandono è effetto della tua grazia, pure temo, per la mia incostanza, di dimenticare l'offerta che ti ho presentata». Gesù le rispose: « Non turbarti, poichè la mia Mano non lascerà mai cadere lo scettro che mi fu donato; lo conserverò sempre come pegno e ricordo del tuo amore per me. Ogni volta poi che tu rinnovi quest'intenzione, lo scettro si adornerà di fiori stupendi e di gemme preziose».




Mentre Geltrude, in questo mirabile movimento d'amore consumava le forze ed animava i sensi tanto interni che esterni per prepararsi a cantare il Mattutino della Risurrezione, si cominciò ad intonare l'Inviatorio; ella disse al Signore: « Insegnami, o migliore dei Maestri, come posso lodarti mediante l'Alleluja che oggi tante volte si ripete ». 

Egli rispose: « Potrai degnamente esaltarmi, unendoti alle lodi che la Corte celeste mi prodiga con questa stessa parola. Nota che, nell'Alleluja vi sono tutte le vocali, tranne l'o che è simbolo del dolore; ma, al suo posto, si ripete l'a. Lodami dunque con la vocale « a » unendoti alla lode magnifica con la quale i Santi, trasalendo di gioia, celebrano il soave diletto che l'influsso della Divinità procura alla mia Umanità deificata. Questa mia Umanità è ora elevata alla gloria dell'immortalità, per le amarezze della Passione e della morte che ho subito per salvare l'uomo da orrenda sorte. Con la vocale « e » loda quelle inesprimibili delizie che procura al mio sguardo la vista dei pascoli fioriti della suprema, indivisibile Trinità. Con la vocale « u » loda quell'armonia ineffabile che accarezza l'orecchio della mia Umanità deificata, ascoltando le meravigliose sinfonie dell'adorabile Trinità e le lodi continue che le prodigano gli angeli, i santi, gli eletti. Con la lettera « i » loda quella brezza profumata dei più squisiti olezzi, soffio soavissimo della SS. Trinità, che appaga l'odorata della mia immortale Umanità. In seguito con la lettera « a », sostituita alla vocale «o», loda l'incomprensibile, inestimabile, magnifica effusione di tutta la Divinità nella mia Umanità deificata, perché questa Umanità, divenuta immortale ed Impassibile, raccoglie dalla Mano di Dio, in cambio della sofferenza corporale, che per essa più non esiste, questo doppio, grazioso beneficio: l'immortalità e l'impassibilità ».




Mentre Geltrude continuava a recitare Mattutino riceveva a ciascun Salmo, responsorio e Lezioni lumi abbondanti, accompagnati da ineffabili delizie che convenivano tanto alla Risurrezione del Signore che al reciproco amore, e alla gioia della intima unione con Dio. Il racconto di tali meraviglie sarebbe forse gradito al divoto lettore, ma noi lo custodiremo sotto silenzio, insieme a molte altre cose, per evitare la prolissità che crea la noia; noi lo confideremo alla divina bontà, da cui procedono tutti i beni così generosamente accordati all'eletta del Signore.

CAPITOLO XXVII

AMDG et BVM

BACI E FIORI

CRISTO
E’ RISORTO
 Dopo una battaglia senza esclusione di colpi
armato d’amore… pazienza… perseveranza…
contro la superbia… l’odio… l’accidia…
ricevendo in cambio calci e sputi
che al momento stabilito Dio mutò in baci e fiori
IN VERITA’ E’ RISORTO
Alleluje!
AVE MARIA!

Novena Divina Misericordia - Terzo giorno


Terzo giorno 
(Domenica di Pasqua)

Meditare sulla grande manifestazione della Divina Misericordia: il dono pasquale del Sacramento della Penitenza che, nell’azione liberatrice dello Spirito Santo, reca risurrezione e pace ai nostri spiriti.
Parole di nostro Signore: "Oggi portami tutte le anime fedeli e pie; immergile nell’oceano della mia Misericordia. Queste anime mi hanno confortato sulla via del Calvario; esse erano una goccia di consolazione in mezzo ad un oceano di amarezze".
Preghiamo per tutti i cristiani fedeli.
Misericordiosissimo Gesù, che concedi abbondantemente le tue grazie a tutti gli uomini, accogli nel tuo Cuore infinitamente buono tutti i cristiani fedeli e non permettere che ne escano mai più. Te lo chiediamo per il tuo profondo amore verso il Padre Celeste.
Pater... Ave... Gloria...
Eterno Padre, volgi uno sguardo compassionevole alle anime fedeli, eredità del Figlio tuo; per i meriti della sua dolorosa Passione, concedi loro la tua benedizione e proteggile sempre, affinché non perdano l’amore e il tesoro della santa fede, ma lodino con tutta la schiera degli Angeli e dei Santi per l’eternità la tua infinita Misericordia. Amen.

AMDG et BVM

sabato 15 aprile 2017

Sapientia Sanctorum

Santa Gertrude ci parla di S. MARIA MADDALENA


Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.

Aggiunse il Signore: « Se vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. Infatti colui che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico, spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso, cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più soddisferò a tutte le sue colpe ».

Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo grande), renderti un omaggio così gradito? ». Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo progetto ».
CAPITOLO XLVI, libro quarto

Il fondamento e l'importanza imprescindibile del celibato sacerdotale nelle parole di Benedetto XVI (YouTube)




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Il 22 dicembre 2006, in occasione del tradizionale discorso alla curia, Benedetto XVI si soffermò anche sul fondamento del celibato sacerdotale e sull'importanza che esso ha nella chiesa. Il discorso integrale si trova qui.
Grazie, come sempre, a Gemma per il bellissimo lavoro :-)
Rileggiamo e riascoltiamo Benedetto XVI:

"Con il tema di Dio erano e sono collegati due temi che hanno dato un’impronta alle giornate della visita in Baviera: il tema del sacerdozio e quello del dialogo. Paolo chiama Timoteo – e in lui il Vescovo e, in genere, il sacerdote – “uomo di Dio” (1 Tim 6,11). 
È questo il compito centrale del sacerdote: portare Dio agli uomini. Certamente può farlo soltanto se egli stesso viene da Dio, se vive con e da Dio
Ciò è espresso meravigliosamente in un versetto di un Salmo sacerdotale che noi – la vecchia generazione – abbiamo pronunciato durante l’ammissione allo stato chiericale: "Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita” (Sal 16 [15],5). 
L’orante-sacerdote di questo Salmo interpreta la sua esistenza a partire dalla forma della distribuzione del territorio fissata nel Deuteronomio (cfr 10,9). Dopo la presa di possesso della Terra ogni tribù ottiene per mezzo del sorteggio la sua porzione della Terra santa e con ciò prende parte al dono promesso al capostipite Abramo. Solo la tribù di Levi non riceve alcun terreno: la sua terra è Dio stesso. Questa affermazione aveva certamente un significato del tutto pratico. 
I sacerdoti non vivevano, come le altre tribù, della coltivazione della terra, ma delle offerte. Tuttavia, l’affermazione va più in profondità. Il vero fondamento della vita del sacerdote, il suolo della sua esistenza, la terra della sua vita è Dio stesso. 
La Chiesa, in questa interpretazione anticotestamentaria dell’esistenza sacerdotale – un’interpretazione che emerge ripetutamente anche nel Salmo 118 [119] – ha visto con ragione la spiegazione di ciò che significa la missione sacerdotale nella sequela degli Apostoli, nella comunione con Gesù stesso

Il sacerdote può e deve dire anche oggi con il levita: “Dominus pars hereditatis meae et calicis mei”. Dio stesso è la mia parte di terra, il fondamento esterno ed interno della mia esistenza. Questa teocentricità dell’esistenza sacerdotale è necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. 

Il sacerdote deve veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo così agli uomini: è questo il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno. Se in una vita sacerdotale si perde questa centralità di Dio, si svuota passo passo anche lo zelo dell’agire. Nell’eccesso delle cose esterne manca il centro che dà senso a tutto e lo riconduce all’unità. Lì manca il fondamento della vita, la “terra”, sulla quale tutto questo può stare e prosperare.

Il celibato, che vige per i Vescovi in tutta la Chiesa orientale ed occidentale e, secondo una tradizione che risale a un’epoca vicina a quella degli Apostoli, per i sacerdoti in genere nella Chiesa latina, può essere compreso e vissuto, in definitiva, solo in base a questa impostazione di fondo. 

Le ragioni solamente pragmatiche, il riferimento alla maggiore disponibilità, non bastano: una tale maggiore disponibilità di tempo potrebbe facilmente diventare anche una forma di egoismo, che si risparmia i sacrifici e le fatiche richieste dall’accettarsi e dal sopportarsi a vicenda nel matrimonio; potrebbe così portare ad un impoverimento spirituale o ad una durezza di cuore. Il vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: Dominus pars – Tu sei la mia terra. Può essere solo teocentrico. Non può significare il rimanere privi di amore, ma deve significare il lasciarsi prendere dalla passione per Dio, ed imparare poi grazie ad un più intimo stare con Lui a servire pure gli uomini. 

Il celibato deve essere una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta in quella forma di vita che solo a partire da Dio ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando al matrimonio ed alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà e perciò posso portarlo agli uomini. Il nostro mondo diventato totalmente positivistico, in cui Dio entra in gioco tutt’al più come ipotesi, ma non come realtà concreta, ha bisogno di questo poggiare su Dio nel modo più concreto e radicale possibile. 

Ha bisogno della testimonianza per Dio che sta nella decisione di accogliere Dio come terra su cui si fonda la propria esistenza. Per questo il celibato è così importante proprio oggi, nel nostro mondo attuale, anche se il suo adempimento in questa nostra epoca è continuamente minacciato e messo in questione. Occorre una preparazione accurata durante il cammino verso questo obiettivo; un accompagnamento persistente da parte del Vescovo, di amici sacerdoti e di laici, che sostengano insieme questa testimonianza sacerdotale. Occorre la preghiera che invoca senza tregua Dio come il Dio vivente e si appoggia a Lui nelle ore di confusione come nelle ore della gioia. In questo modo, contrariamente al "trend" culturale che cerca di convincerci che non siamo capaci di prendere tali decisioni, questa testimonianza può essere vissuta e così, nel nostro mondo, può rimettere in gioco Dio come realtà"

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