sabato 17 settembre 2016

SAN FRANCESCO RICEVE LE SACRE STIMMATE





COSI' Maria Valtorta descrisse il 16 settembre 1944 ciò che vide

16 settembre.

In alto il più puro cielo di settembre, ridente in un’aurora soavissima. In basso un breve pianoro fra scoscendere di coste montane molto alte, molto selvose, molto rocciose. 
Un breve pianoro dall’erbetta corta e smeraldina, ancor tutta lucida per il pianto della rugiada, ma già prossima a scintillare di gemmeo riso per il bacio del sole.

In alto, sul puro cielo così azzurro e soave, fisso un fiammeggiante personaggio che non pare fatto che di incandescente fuoco. Un fuoco il cui folgoreggiare è più vivo di quello del sole che sbuca da dietro una giogaia selvosa con un fasto di raggi e di splendori per cui tutto si accende di letizia.

Questo essere di fuoco è vestito di penne. Mi spiego. Pare un angelo perché due immense ali lo tengono sospeso a fisso sul cobalto immateriale del cielo
settembrino, due immense ali aperte che stagliano una traversa di croce a cui fa sostegno il corpo splendente. 
Due immense ali che sono candore di incandescenza aperte sul rutilare dell’incandescenza del corpo vestito di altre ali che tutto lo fasciano, raccolte come sono con le loro soprannaturali penne di perla, diamante e argento puro, intorno alla persona. Pare che anche il capo sia fasciato in questa singolare veste piumosa. Perché io non lo vedo. Vedo solo, là dove dovrebbe essere quel volto serafico, un trapelare di così vivo splendore che ne resto come abbacinata. 

Devo pensare ai fulgori più vivi che ho visto nelle paradisiache visioni per trovare un qualcosa di simile. Ma questo è ancor più vivo. La croce di piume accese sta fissa sul cielo col suo mistero.

In basso, un macilento fraticello, che riconosco per il Padre mio serafico 1, prega a ginocchi sull’erba, poco lungi da una grotta nuda, scabra, paurosa come
balza d’inferno. 
Il corpo distrutto pare non abiti nella tonaca grave e tanto larga rispetto alle membra. Il collo esce, di un pallido bruno, dalla cocolla 2 bigiognola, un colore fra quello della cenere e quello di certe sabbie lievemente giallognole. 
Le mani escono coi loro polsi sottili dalle ampie maniche e si tendono in preghiera, a palme volte all’esterno e alzate come nel “Dominus vobiscum”3. Due mani brunette un tempo, ora giallognole, di persona sofferente, e macilente. Il viso è un sottile volto che pare scolpito nell’avorio vecchio, non bello né regolare, ma che ha una sua particolare bellezza fatta di spiritualità.

Gli occhi castani sono bellissimi. Ma non guardano in alto. Guardano, ben aperti e fissi, le cose della terra. Ma non credo che vedano. Stanno aperti, posati
sull’erba rugiadosa; pare studino il ricamo bigiognolo di un cardo selvatico e quello piumoso di un finocchio selvatico, che la rugiada ha tramutato in una verde 

1 San Francesco d’Assisi, verso il quale la scrittrice si era sentita
trasportata fin da ragazza, entrando poi nel suo Terz’Ordine.
2 cocolla è nostra correzione da coccola
3 Vedi la nota 2 di pag. 198.

“aigrette” diamantata. Ma sono certa che non vede niente. Neppure il pettirosso che scende con un cinguettio a cercare sull’erba qualche piccolo seme. 

Prega.
Gli occhi sono aperti. Ma il suo sguardo non va al di fuori, ma al di dentro di sé.
Come e perché e quando si accorga della croce viva che è fissa nel cielo, non so. L’abbia sentita per attrazione o l’abbia vista per chiamata interna, non so.
So che alza il volto e cerca con l’occhio che ora si anima di interesse, cosa che conferma la mia persuasione della sua precedente assenza di vista per l’esterno.
Lo sguardo del mio Padre serafico incontra la grande, viva, fiammeggiante croce.
Un attimo di stupore. Poi un grido: “Signore mio!”, e Francesco ricade un poco sui calcagni rimanendo estatico, col volto levato, sorridente, piangente le due prime lacrime della beatitudine, con le braccia più aperte...

Ed ecco che il Serafino muove la sua splendente, misteriosa figura. Scende. Si avvicina. Non viene sulla terra. No. È ancora molto in alto. Ma non più come era prima. A mezza via fra cielo e terra. E la terra si fa ancor più luminosa per questo vivo sole che in questa beata aurora si unisce e soverchia l’altro d’ogni giorno. Nello scendere, ad ali tese sempre a croce, fendendo l’aria non per moto di penne ma per proprio peso, dà un suono di paradiso. Qualcosa che nessuno strumento umano può dare. Penso e ricordo il suono del globo di Fuoco della Pentecoste 4...

Ed ora ecco che, mentre Francesco più ride, e piange, e splende, nella gioia estatica, il Serafino apre le due ali - ora capisco bene che sono ali - che stanno verso il mezzo della croce. E appaiono inchiodate sul legno le santissime piante del mio Signore, e le sue lunghe gambe, di uno splendore, in questa visione, così vivo come lo hanno le sue membra glorificate in Paradiso 5. E poi si aprono due altre ali, proprio al sommo della croce. E la vista mia, e credo 6 anche quella di Francesco, per quanto egli sia sovvenuto da grazia divina, ne hanno sofferenza di gioia per il vivo abbaglio.

Ecco il tronco del Salvatore che palpita nel respiro... ed ecco, oh! ecco il Fuoco che solo una grazia permette fissare, ecco il Fuoco del suo viso che
appare quando il sudario delle scintillanti penne è tutto aperto. Fuoco di tutti i vulcani e astri e fiamme, circondato da sei sublimi ali di perle, argento e
diamante, sarebbe ancor poca luce rispetto a questo indescrivibile, inconcepibile splendere dell’Umanità Ss. del Redentore confitto sul suo patibolo.

Il volto, poi, e i cinque fori delle piaghe, non trovano riscontro in nessun paragone per esser descritti. Penso... penso alle cose più splendenti... penso
persino alla luce misteriosa che emana il radio. Ma, se quanto ho letto è vero, questa luce è viva ma di un argento-blu di stella, mentre questa è condensazione di sole moltiplicata per un numero incalcolabile di volte.


4 Nella visione del 28 maggio, pag. 274.
5 Nella visione del 10 gennaio, pag. 29. 
6 credo è nostra correzione da vedo

La vetta della Verna deve apparire come se mille vulcani si fossero aperti intorno ad essa a farle corona. L’aria, per la luce e il calore, che arde e non
brucia, che emana dal mio Signore crocifisso, trema con onde percepibili all’occhio, e steli e fronde sembrano irreali tanto la luce penetra anche l’opacità dei corpi e li fa luce...
Io non mi vedo. Ma penso che al riflesso di quella luce la mia povera persona deve apparire come fosforescente. Francesco, poi, su cui la luce si riversa e lo investe e penetra, non pare più corpo umano. Ma un minore serafino, fratello di quello che ha dato le sue ali a servizio del Redentore.

Ora è quasi riverso, Francesco, tanto è piegato indietro, a braccia completamente aperte, sotto il suo Sole Iddio Crocifisso! È immateriale all’aspetto tanto la luce e la gioia lo penetrano. Non parla, non respira, materialmente. Parrebbe 7 un morto glorificato se non fosse in quella posa che richiede almeno un minimo di vita per sussistere. Le lacrime che scendono, e forse servono a temperare l’umana arsura di questa mistica fiamma, splendono come rivi di diamante sulle guance magre.

Io non odo nessuna parola né di Francesco né di Gesù. Un silenzio assoluto, profondo, attonito. Una pausa nel mondo che è intorno al mistero. Per non
turbare. Per non profanare questo sacro silenzio dove un Dio si comunica al suo benedetto. 
Contrariamente a quanto sarebbe da supporsi, gli uccelli non si esaltano a più acuti trilli e lieti voli per questa festa di luce, non danzano farfalle o libellule, non guizzano lucertole e ramarri. Tutto è fermo in un’attesa in cui sento l’adorazione degli esseri verso Colui per cui furono fatti. Non c’è più neppure quella brezza lieve che faceva rumor di sospiro fra le fronde. Più neppure quel suono arpeggiato e lento di un’acqua nascosta in qualche cavo di pietra, e che prima gettava, come perle rare, dentro per dentro 8, le sue note su scala tonata. Niente. Vi è l’Amore. E basta. Gesù guarda e ride al suo Francesco. Francesco guarda e ride al suo Gesù... Basta.

Ma ora ecco che il Volto glorificato, tanto luminoso da parere quasi a linee di luce come è quello del Padre Eterno, si materializza un poco. Gli occhi prendono quel fulgore di zaffiro acceso di quando opera miracolo. Le linee divengono severe, imponenti, come sempre in quelle ore, imperiose, direi. Un comando del Verbo deve andare alla sua Carne; e la Carne obbedisce. E dalle cinque piaghe saetta cinque strali, cinque piccoli fulmini, dovrei dire, che scendono senza zigzagare nell’aria ma a perpendicolo, velocissimi, cinque aghi di luce insostenibile e che trapassano Francesco...

7 Parrebbe è nostra correzione da Parebbe
8 dentro per dentro è espressione ricorrente nella scrittrice e significa ogni
tanto, di tanto in tanto

Non vedo, è naturale, le piante, coperte dalla veste e dalle membra, e il costato coperto dalla tonaca. Ma  le mani le vedo. E vedo che, dopo che le punte
infuocate sono entrate e trapassate - io sono come dietro Francesco - la luce, che è dall’altra parte, verso il palmo, passa dal foro sul dorso. Paiono due
occhielli aperti nel metacarpo e dai quali scendono due fili di sangue che  scorrono lenti giù per i polsi, sugli avambracci, sotto le maniche.

Francesco non ha che un sospiro così profondo che mi ricorda quello estremo dei morenti. Ma non cade. Resta come era ancor per qualche tempo. Sinché il
Serafino, di cui mai ho visto il volto - ho visto di lui solo le sei ali - ridistende queste sublimi ali come velo sul Corpo santissimo e lo nasconde, e con le due ali iniziali risale, sempre più oltre, nel cielo, e la luce diminuisce, rimanendo infine solo quella di un sereno mattino solare.
E il serafino scompare oltre il cobalto del cielo che lo inghiotte e si chiude sul mistero che è sceso a far beato un figlio di Dio e che ora è risalito al suo regno.

Allora Francesco sente il dolore delle ferite e con un gemito, senza alzarsi in piedi, passa dalla posizione di prima a sedersi in terra. E si guarda le mani...
e si scopre i piedi. E socchiude la veste sul petto. Cinque rivoli di sangue e cinque tagli sono il ricordo del bacio di Dio. E Francesco si bacia le mani e si
carezza costato e piante, piangendo e mormorando: “Oh, mio Gesù! Mio Gesù! Che amore! Che amore, Gesù!... Gesù!... Gesù!...”. 
E tenta porsi in piedi, puntando i pugni al suolo, e vi riesce con dolore delle palme e delle piante, e si avvia, un poco barcollante come chi è ferito e non
può appoggiarsi al suolo e vacilla per dolore e debolezza di svenamento, verso il suo speco, e cade a ginocchi su un sasso, con la fronte contro una croce di solo legno, due rami legati insieme, e là riguarda le sue mani sulle quali pare formarsi una testa di chiodo che penetra a trapassa, e piange. Piange d’amore, battendosi il petto e dicendo: “Gesù, mio Re soave! Che m’hai Tu fatto? Non per il dolore, ma per l’altrui lode mi è troppo questo tuo dono! Perché a me, Signore, a me indegno e povero? Le tue piaghe! Oh! Gesù!...”.
Non odo altro né vedo altro.

Mi pare di avere, quando ero fra i vivi, udito descrivere in altro modo la visione. Mi pare dicessero che era un Serafino col volto di Cristo. Io non so che farci. Io l’ho vista così e così la descrivo.

Io non sono mai stata alla Verna, né in nessun luogo francescano, per quanto sempre l’abbia desiderato. Ignoro perciò la topografia dei luoghi nella maniera
più assoluta.


Magna promisimus
Maiora promissa sunt nobis

SANTA MESSA nella Festa delle Sacre Simmate del Serafico Padre San Francesco d'Assisi

Die 17 Septembris

IN IMPRESSIONE SS. STIGMATUM

S. FRANCISCI

Confessoris
Duplex

Introitus Gal. 6, 14

MIHI autem absit gloriári, nisi in cruce Dómini nostri Jesu Christi, per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo. Ps. 141, 2 Voce mea ad Dóminum clamávi: voce mea ad Dóminum deprecátus sum. V/. Glória Patri.



Oratio


DÓMINE Jesu Christe, qui, frigescénte mundo, ad inflammándum corda nostra tui amóris igne, in carne beatíssimi Francísci Passiónis tuae sacra stígmata renovásti: concéde propítius ; ut ejus méritis et précibus crucem júgiter ferámus, et dignos fructus paeniténtiae faciámus: Qui vivis et regnas.


Léctio Epístolae beáti Pauli Apóstoli ad Gálatas.


Gal. 6, 14-18


FRATRES: Mihi autem absit gloriári, nisi in cruce Dómini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo. In Christo enim Jesu neque circumcísio áliquid valet, neque praepútium, sed nova creatúra. Et quicúmque hanc régulam secúti fúerint, pax super illos, et misericórdia, et super Israël Dei. De cétero nemo mihi moléstus sit: ego enim stígmata Dómini Jesu in córpore meo porto. Grátia Dómini nostri Jesu Christi cum spíritu vestro, fratres. Amen.


Graduale Ps. 36, 30-31 Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium. V/. Lex Dei ejus in corde ipsíus: et non supplantabúntur gressus ejus.

Allelúja, allelúja. V/. Francíscus pauper et húmilis, caelum dives ingréditur, hymnis caeléstibus honorátur. Allelúja.


+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaéum.


Matth. 16, 24-27


IN illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis vult post me veníre, ábneget semetípsum, et tollat crucem suam, et sequátur me. Qui enim volúerit ánimam suam salvam fácere, perdet eam: qui autem perdíderit ánimam suam propter me, invéniet eam. Quid enim prodest hómini, si mundum univérsum lucrétur, ánimae vero suae detriméntum patiátur ? Aut quam dabit homo commutatiónem pro ánima sua ? Fílius enim hóminis ventúrus est in glória Patris sui cum Angelis suis: et tunc reddet unicuíque secúndum ópera ejus.


Offertorium Ps. 88, 25 Véritas mea, et misericórdia mea cum ipso: et in nómine meo exaltábitur cornu ejus.



Secreta


MÚNERA tibi, Dómine, dicáta sanctífica: et, intercedénte beáto Francísco, ab omni nos culpárum labe purífica. Per Dóminum.


Communio Luc. 12, 42 Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam: ut det illis in témpore trítici mensúram.



Postcommunio


DEUS, qui mira Crucis mystéria in beáto Francísco Confessóre tuo multifórmiter demonstrásti: da nobis, quaésumus ; devotiónis suae semper exémpla sectári, et assídua ejúsdem Crucis meditatióne muníri. Per Dóminum.

AMDG et BVM

venerdì 16 settembre 2016

Coraggio di andare al nocciolo del problema

PREGI E DIFETTI DEL FERTILITY DAY
Non si è avuto il coraggio di andare al nocciolo del problema: attaccare la cultura libertaria, edonista e femminista che ha svuotato le culle e che è alla base di molte leggi italiane

di Tommaso Scandroglio

Gli spot per il Fertility Day, che hanno provocato così tante reazioni indignate, fanno parte del Piano nazionale per la fertilità ''Difendi la tua fertilità, prepara una culla nel tuo futuro'' varato dal Ministero della Salute. 
Il Piano si è avvalso della collaborazione del ''Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità'' istituito dallo stesso Ministero, Tavolo che ha prodotto un documento che vuole dare concretezza agli indirizzi del Ministero. Analizziamo per sommi capi sia il Piano nazionale che il documento elaborato dal Tavolo, evidenziandone, molto in sintesi, aspetti positivi e negativi.

PIANO NAZIONALE PER LA FERTILITÀ

Il Piano nazionale per la fertilità, rammentando che ''il valore di 1,39 figli per donna, nel 2013, colloca il nostro Paese tra gli Stati europei con i più bassi livelli'' di natalità e che ''nel 2050, la popolazione inattiva sarà in misura pari all'84% di quella attiva'', si propone questi obiettivi: 

1) Informare i cittadini sul ruolo della Fertilità nella loro vita, sulla sua durata e su come proteggerla evitando comportamenti che possono metterla a rischio.

2) Fornire assistenza sanitaria qualificata per difendere la Fertilità, promuovere interventi di prevenzione e diagnosi precoce al fine di curare le malattie dell'apparato riproduttivo e intervenire, ove possibile, per ripristinare la fertilità naturale.

3) Sviluppare nelle persone la conoscenza delle caratteristiche funzionali della loro fertilità per poterla usare scegliendo di avere un figlio consapevolmente ed autonomamente. 

4) Operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la Fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell'intera società, promuovendo un rinnovamento culturale in tema di procreazione. 

5) Celebrare questa rivoluzione culturale istituendo il 'Fertility Day', Giornata Nazionale di informazione e formazione sulla Fertilità, dove la parola d'ordine sarà scoprire il 'Prestigio della Maternità'.

PORRE RIMEDIO ALL'INVERNO DEMOGRAFICO ITALIANO

Il progetto è assai analitico e coinvolge buona parte dei soggetti che operano in società: famiglie, professionisti, aziende ospedaliere, consultori, università, etc.

Tra le molte indicazioni operative suggerite per porre rimedio all'inverno demografico italiano segnaliamo quella di carattere culturale ''per avviare una autentica rivoluzione culturale calata nella vita di tutti i giorni di tutte le persone'' e quella informativa, incentrata soprattutto nel far sapere che il fattore età è uno dei più incidenti giungendo così alle ''sensibilizzazione delle donne sui tempi della loro possibilità di diventare madri, spiegando loro che sono molto più contenuti di quanto generalmente si sia portati a pensare'', appunta il Tavolo consultivo. Pregevole, ma solo a metà, la critica alla fecondazione artificiale. 
Il Piano della Lorenzin infatti vuole infatti sgombrare ''il campo da equivoci che inducono in errore le persone celebrando, ad esempio, le nuove tecniche di procreazione come infallibili e percorribili senza limitazione di tempo. Non si può lasciare credere a donne (e uomini) che con l'aiuto di queste tecniche si possa procreare per tutta la vita''. La lode è solo a metà perché poi il documento del Tavolo incensa questo tipo di tecniche.

Interessanti le cause che sia il Piano che il Tavolo indicano come determinanti della denatalità. 
Si citano il deterioramento di alcuni valori di fondo, l'instabilità di coppia, l'handicap per le donne dal punto di vista lavorativo di essere madri o di volerlo diventare, il protrarsi del periodo di scolarizzazione che corrisponde ad un ritardo nell'entrare nella vita attiva e quindi nella decisione di ''mettere su famiglia'', l'insicurezza economica – più percepita che reale - un atteggiamento culturale che vede il figlio non come dono e risorsa, bensì come furto della propria libertà ed indipendenza, l'individualismo e l'immaturità personale. 
Così il Tavolo: ''Da un punto di vista psicologico sembra diffuso un ripiegamento narcisistico sulla propria persona e sui propri progetti, inteso sia come investimento sulla realizzazione personale e professionale, sia come maggiore attenzione alle esigenze della sicurezza, con tendenza all'autosufficienza da un punto di vista economico e affettivo. Tale disposizione, spesso associata ad una persistenza di un'attitudine adolescenziale, facilitata dalla crisi economica e dalla perdita di valori e di identificazioni forti, si riflette sulla vita di coppia e porta a rinviare il momento della assunzione del ruolo genitoriale, con i compiti a questo legati''.

RECUPERARE IL PRESTIGIO DEL TITOLO DI GENITORE

Altra causa: il titolo di ''genitore'' difetta di prestigio sociale. 
Così il Tavolo: ''Fra le motivazioni possiamo riflettere sulla mancanza, attualmente, del valore sociale della maternità, (e più in generale, dell'essere genitori). Con ciò intendendo il non riconoscimento, in ambito pubblico, del fatto che essere madri non è solamente una scelta personale, ma è un'esperienza che caratterizza in modo decisivo la vita di una persona, ne aumenta le competenze, ne disegna il tratto umano e le capacità organizzative e relazionali, mutandole e maturandole''.

C'è poi da registrare un giudizio critico al cosiddetto processo di emancipazione femminile che ha portato come conseguenza quella di posporre all'infinito la decisione di diventare madri - spesso non riuscendoci - a favore della decisione di diventare professioniste o di raggiungere una sicurezza economica o psicologica che alla fine si realizzerà solo verso i quarant'anni. 

Il Tavolo così scrive: ''Si assiste, infatti, ad una pericolosa tendenza a rinviare questo momento [di diventare madri], in attesa proprio di una realizzazione/affermazione personale che si pensa possa essere ostacolata dal lavoro di cura dei figli. 
La maternità, invece, sviluppa l'intelligenza creativa e rappresenta una straordinaria opportunità di crescita. L'organizzazione ingegnosa che serve a far quadrare il ritmo delle giornate di una mamma, la flessibilità necessaria a gestire gli imprevisti, la responsabilità e le scelte implicite nel lavoro di cura, le energie che quotidianamente mette in campo una madre sono competenze e potenziali ancora da esplorare e capire come incentivare e utilizzare al rientro al lavoro. 
E' necessario, allora, recuperare il valore sociale della maternità, sia come esperienza formativa individuale sia come bene di tutti. La società deve comprendere che è un bene che nascano bambini, è un bene che il Paese possa riprodursi e sostituirsi''. 

Il Tavolo poi aggiunge: ''Nelle donne, in particolare, sono andati in crisi i modelli di identificazione tradizionali ed il maggiore impegno nel campo lavorativo e nel raggiungimento di una autonomia ed autosufficienza ha portato ad un aumento dei conflitti tra queste tendenze e quelle rivolte alla maternità''.

GLI ASPETTI NON CONDIVISIBILI

Poi iniziano a profilarsi alcuni aspetti non condivisibili. 

Il documento del Tavolo di lavoro critica lo snaturamento del ruolo delle donne che in società assumono sempre più atteggiamenti mascolini e quindi sono meno propense a diventare madri. ''Cosa fare, dunque, di fronte ad una società che ha scortato le donne fuori di casa, aprendo loro le porte nel mondo del lavoro sospingendole, però, verso ruoli maschili, che hanno comportato anche un allontanamento dal desiderio stesso di maternità?'' si domandano i membri del Tavolo di lavoro. 

Ci si aspetterebbe una risposta del tipo: ''che le donne tornino a rivestire alcuni ruoli femminili''. Ed invece il Tavolo sostiene che i ruoli maschili e femminili - in specie quelli che riguardano la cura e l'educazione dei figli - devono essere identici: stesse mansioni e modelli di comportamento per il padre e la madre.

Ma la vera critica ai documenti licenziati dal Piano nazionale e dal Tavolo di lavoro è più di fondo. 
Il Ministero della Salute si è reso conto, anche se non può ammetterlo esplicitamente, che una certa cultura libertaria, progressista e femminista ha svuotato le culle. 

Ecco perché tanto clamore per gli spot sulla fertilità: la Lorenzin ha toccato più di un nervo scoperto della cultura contemporanea. Però il Ministero non è andato sino in fondo nella sua diagnosi perché il politicamente corretto glielo avrebbe impedito. Infatti una disanima culturalmente onesta avrebbe dovuto sconfessare decenni di politiche culturali che contribuiscono alla denatalità, quali quelle a favore della diffusione della contraccezione di barriera e ormonale la quale anche una volta cessata intacca la fecondità della donna. 
Dell'aborto, prima causa di denatalità nel nostro Paese, che nel documento del Tavolo addirittura si indica, citando il titolo della legge 194, come norma che ''tutela la maternità'', quando invece è legge che sopprime la maternità perché sopprime il figlio. 
Della sessualità libera: l'infecondità femminile è legata a filo doppia alla promiscuità sessuale. 
Della morte della famiglia fondata sul matrimonio, morte provocata dalle norme a favore dell'oppressione fiscale, del divorzio, delle convivenze e delle unioni civili (queste ultime per loro natura sterili): la stabilità di coppia infatti è elemento adiuvante la fecondità.

In buona sostanza non si è avuto il coraggio di andare al nocciolo del problema, attaccando in radice quella cultura edonista, individualista e femminista che è struttura portante di molte leggi italiane e di molti atti di governo che hanno contribuito alla scomparsa di una pletora di fiocchi azzurri e rosa.

*

Nota di BastaBugie: Costanza Miriano nell'articolo dal titolo ''Quel futuro che non ci aspetta'' parla di come il Fertily day metta il dito nella piaga della cultura antinatalista in cui viviamo.

Ecco dunque un estratto dell'articolo pubblicato su Il Foglio il 6 settembre 2016:
Mia nonna ha fatto il quinto figlio in tempo di guerra. Non aveva pianificato niente, non era certa di niente sotto le bombe. Neanche che il marito colonnello sarebbe tornato a casa per prendere in braccio quella bambina che cominciava a crescere in lei. Quando la fecondità era legata in modo inevitabile alla sessualità, i figli semplicemente arrivavano. Non ci si chiedeva se si fosse pronti, lo si diventava quando le necessità si facevano avanti sotto forma di neonato.
Il fatto è che se uno si chiede se è pronto per fare un figlio, non lo sarà quasi mai. Ti metti in casa un essere di cui non sai nulla (e qui ci sarebbe da aprire una parentesi sull'ostinazione nella diagnostica prenatale ai limiti dell'eugenetica), e a cui dovrai pensare ogni secondo della tua giornata per i successivi diciamo quindici anni, provvedere a lui per oltre venti, probabilmente. Se ci si pensa tutto insieme, l'unico atteggiamento ragionevole è rimandare. Quando il lavoro non sarà più precario, quando la casa, quando tutto il resto. Lo so che ormai la mia fama di bigotta è solidissima, e dovrei far qualcosa per darmi arie da persona quasi normale, ma credo che l'unico atteggiamento razionale e sano che si possa tenere nei confronti della vita è quello che anche la Chiesa suggerisce. Una sessualità aperta alla vita e dentro un matrimonio è una possibilità di felicità enorme, e lo dico dopo avere incontrato migliaia di donne. Quelle che hanno accettato figli imprevisti e magari un po' di troppo dal punto di vista economico non se ne sono più pentite. La vita ripara la vita, trova risorse insospettabili, moltiplica la forza e la capacità di risolvere problemi. Una coppia che deve tirare su dei figli si metterà a fare seriamente, certo consumerà in modo diverso (il sogno di ogni uomo marketing sono invece i dink, double income no kids), magari chiederà aiuto ai genitori, per pagare l'affitto invece che per fare l'Erasmus - che bello sarebbe fare i figli a venti anni o poco più, per poi trovarsi a quaranta nel pieno della vita lavorativa con dei figli capaci di andare a scuola da soli, e magari pure contenti se la mamma si leva dalle scatole qualche ora.

Sono certa, certissima che gli ostacoli economici non siano i più forti, siamo nell'epoca di maggior benessere diffuso dell'umanità. Ognuno di noi ha almeno un nonno che invece ha portato vestiti di quinta mano e scarpe dei fratelli troppo strette. E se la ricetta contro il calo demografico non ce l'ho, sono però sicura che sia una questione prima di tutto culturale. E il cuore del problema è nel pansessualismo nel quale viviamo immersi, certi come siamo di avere il diritto di vivere ogni esperienza seguendo le nostre emozioni, separando però la sessualità dalla possibilità di dare la vita, se non quando saremo noi a deciderlo. Questo, che la mentalità contraccettiva ha messo nelle nostre mani, è un potere troppo grande per noi.
 
Titolo originale: Ridare a mamma e papà un prestigio sociale
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/09/2016
AMDG et BVM

giovedì 15 settembre 2016

L'ADDOLORATA

Ave Virgo Mater Dei,
nunc et semper memento mei+
Septem Dolorum Beatae Mariae Virginis

Inno 

O in qual mar di lacrime, 
in qual dolore si dibatte, 
mentre desolata, 
deposto dal legno sanguinante, 
fra le sue braccia 
la Vergine Madre contempla il Figlio!

La dolce bocca, il tenero petto, 
e il costato dolcissimo, 
e la destra trapassata, 
e la sinistra lacera, 
e i piedi coperti di sangue 
ella addolorata bagna di lacrime.

Cento volte, mille volte 
stringe fortemente 
quel petto e quelle braccia, 
e ne considera le piaghe; 
e così tutta si scioglie 
in baci di dolore.

Orsù, Madre, deh! 
per queste tue lacrime, 
e per la triste morte del tuo Figlio, 
per il sangue delle sue ferite, 
questo dolore del tuo cuore 
imprimilo nei nostri cuori.

Sia al Padre, e al Figlio, 
e al coeterno Spirito, 
sia alla sovrana Trinità 
gloria eterna, 
lode perenne e onore, 
ora e per tutti i secoli.
Amen.


Sermone di san Bernardo Abate
Sermone sulle dodici stelle
Il martirio della Vergine ci è rivelato tanto dalla profezia di Simeone quanto dalla storia medesima della passione del Signore. «Egli è posto (disse il santo vegliardo del bambino Gesù) per segno di contradizione; e anche a te (rivolto poi a Maria) trapasserà l'anima una spada» (Luc. 2,34). 
Si, o Madre beata, essa ha veramente trapassato l'anima tua. Perché non passando che per questa, ha potuto penetrare la carne del tuo Figlio. E certo dopo che quel tuo Gesù ebbe reso lo spirito, la lancia crudele, aprendogli il costato, non giunse già all'anima di lui, sibbene trapassò l'anima tua. Infatti l'anima di lui non c'era più là, ma la tua non se ne poteva distaccare.


La violenza del dolore ha dunque trapassata la tua anima, Così che non immeritamente noi ti proclamiamo più che Martire, avendo il sentimento della compassione sorpassato in te tutte le sofferenze che può sostenere il corpo. E non ti fu forse più che una spada quella parola che trapassò realmente la tua anima «e giunse fino alla divisione dell'anima e dello spirito» (Hebr. 1,12). «Donna, ecco il suo figlio?» (Joann.19,26). 
Quale scambio! Ti si dà Giovanni invece di Gesù, il servo invece del Signore, il discepolo invece del Maestro, il figlio di Zebedeo per il figlio di Dio, un semplice uomo per il vero Dio! Come non avrebbe trapassata la tua sensibilissima anima questa parola, quando il solo ricordo spezza i nostri cuori, sebbene di sasso e d'acciaio?


Non vi meravigliate, o fratelli, nel sentir dire che Maria fu Martire nell'anima. Si meravigli chi non ricorda d'aver udito Paolo annoverare fra i più grandi delitti dei Gentili d'essere stati «senza affezione» (Rom. 1,31). Ciò fu lungi dal cuore di Maria, e sia pure lungi dai suoi servi. 

Ma forse qualcuno dirà: Non sapeva ella che sarebbe morto? Senza dubbio. Non sperava forse che sarebbe risuscitato? Con tutta la fede. E nonpertanto fu afflitta nel vederlo crocifisso? E profondamente. Ma chi sei tu, o fratello, e donde viene la tua saggezza, per meravigliarti più di veder Maria compatire che di vedere il Figlio di Maria patire? Egli poté morire nel corpo; e questa non poteva morire con lui nel cuore? Egli morì per una carità che nessuno sorpasserà mai: ed anche il martirio di lei ebbe principio da una carità che dopo quella, non ce ne fu mai l'uguale.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Sulla Form, delle Vergini c. 7
La Madre stava presso la croce, e, mentre gli uomini fuggivano, ella restava intrepida. Guardate se la Madre di Gesù poteva diventar timida, non avendo cangiato sentimenti. Contemplava con occhi pietosi le ferite del Figlio, che sapeva essere la redenzione di tutti. Non era indegna d'assistere a tanto spettacolo questa Madre, che non avrebbe temuto per la propria vita. Il Figlio pendeva dalla croce, la Madre si offriva ai carnefici.



Lettera 25 alla Chiesa di Vercelli, verso la fine

La Madre del Signore, Maria stava in piedi davanti alla croce del Figlio. Nessun altro me l'ha detto fuori di san Giovanni Evangelista, Gli altri raccontano come durante la passione del Signore la terra tremò, il cielo si ricopri di tenebre, il sole si oscurò, il ladrone, dopo l'umile confessione, fu ricevuto in paradiso. Ma Giovanni mi ha detto quel che non dicono gli altri, come cioè egli già sulla croce chiamò la Madre. Egli sembra dare più importanza ai doveri di pietà che Gesù, vincitore dei supplizi, rendeva a sua Madre, che alla promessa stessa del regno dei cieli. Infatti se muove a tenerezza il perdono che riceveva il ladrone, è ancora assai più tenero lo spettacolo del Figlio che onora sua Madre di tanto affetto.


Ecco, dice, il tuo figlio: «ecco la madre tua» (Joann. 19,26). Cristo faceva testamento dalla croce, e divideva i doveri della pietà fra la madre e il discepolo. Il Signore faceva non soltanto un testamento generale, ma anche quello in favore della sua famiglia; e questo testamento lo registrava Giovanni, degno testimone di tanto testatore. Testamento ottimo, non di danaro, ma di vita eterna; scritto non colla penna, ma collo Spirito del Dio vivente, che dice: «La mia lingua è penna di scrivano che scrive velocemente» (Ps. 44,2).
V. Gloria al Padre, e alla Madre, e al Figlio, * e allo Spirito Santo.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

mercoledì 14 settembre 2016

TRIONFO DEL CUORE IMMACOLATO - TRIONFO DEL CUORE DEL FIGLIO E DEL CUORE DELLA MADRE * YA LLEGA EL AVISO


YA LLEGA 
EL AVISO DE MI HIJO 
AL MUNDO 
 9-9-2016 - 4 a.m. 


Madre Nuestra atendiendo tu llamado de angustia en medio de esta noche, aquí estoy para recibir Tus consejos Maternales y servirte Madre mía. Sea yo solamente un instrumento del amor de mi Dios y Señor para Gloria suya en cumplimiento de su Santa y Divina Voluntad. Amen 
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Cor Sanctissimum Mariae
Cor unum cum Corde Christi
miserere nobis

"Pequeños hijos Míos de Mi Corazón Inmaculado, les hago este llamado para bien de vuestras almas, pues ya se acerca el día y la hora del Aviso de Mi Hijo a los hombres de esta tierra, que muy pronto dejará ya de ser lo que es ahora, porque después del Aviso de Mi Hijo esta tierra ya no será la misma: desolación y devastación terrenal y espiritual vendrá sobre vuestra generación

Muchos son los soberbios y los orgullosos que creen que todos estos acontecimientos, ya anunciados y descritos en el libro del Apocalipsis, y por medio de Mis Profecías en los últimos años de tantas Apariciones Marianas, no serían para esta generación; y esos hombres, incrédulos de los Avisos y Mensajes del Cielo, serán sorprendidos por Dios y mucho se lamentarán no haber creído y no haberse preparado

Vosotros, Mis hijitos, que sois unos cuantos los consagrados a Mi Corazón Inmaculado, y habéis prestado oído a los Anuncios del Cielo y a las Santas Escrituras, seréis consolados al ver que todo comienza a cumplirse como os lo hemos anunciado. 

Ciertamente, está ya por caer sobre este mundo un acto de verdadera Misericordia, que os hará tomar conciencia de vuestras vidas y en vuestra libertad, nuevamente, cada ser humano debe decidir si está con Dios o está contra Él y su Ley. 

Veo tanta confusión y angustia en vuestros corazones, mucho cansancio físico y espiritual causado por los numerosos ataques del enemigo y por la donación espiritual a Mi Hijo en la Cruz; por eso, vengo Yo, vuestra Madre, a traeros un poco de ánimo y esperanza, a daros nuevamente fuerza con Mis Palabras, para que continuéis adelante y no desfallezcáis en este caminar en los últimos años de esta generación, que empezará ya en breves instantes a ser verdaderamente purificada
Y el primer acto de esta purificación, como ya os lo hemos anunciado, será EL AVISO DE MI HIJO a este mundo. 

Estad preparados espiritualmente, con verdaderos actos de arrepentimiento, de todas las ofensas que a lo largo de vuestras vidas habéis hecho contra la SANTISIMA TRINIDAD DE AMOR. Preparaos con penitencias y verdaderos actos de contrición en vuestros corazones, por vuestros numerosos pecados, y pedid perdón a Dios

También debéis estar preparados con lo necesario para unos días, ya que os encontraréis tan perturbados -por lo que viviréis en esos días posteriores al Aviso-, que no os será posible ir en busca de los sustentos materiales para vuestras necesidades. 

La purificación empieza ya en el mismo éxtasis al encuentro con Dios. Este acto provocará muchos acontecimientos más, que en todos los niveles se darán y en el mundo entero. Vosotros, los que estáis conociendo estas revelaciones y las guardáis en vuestros corazones, debéis estar listos para ser ayuda para los más necesitados: todos vuestros hermanos, que se dolerán en arrepentimiento al quedar al descubierto todas y cada una de las obras de vuestras vidas, lo bueno y lo malo que habéis hecho hasta el instante del encuentro con Dios. 

Lo que provocará este primer acontecimiento de purificación, hará que se levante Mi Predilecto, EL VICARIO DE MI HIJO, BENEDICTO XVI, y proclame al mundo lo que tanto espera la Iglesia: MI QUINTO DOGMA, LA CORREDENCIÓN DE MARIA. Porque Yo tomo un papel fundamental en estos tiempos en la Iglesia, SER CORREDENTORA como el mismo Cielo lo ha dispuesto en la Divina Voluntad del Altísimo. Os es necesario vivir consagrados a MI INMACULADO CORAZON, no sólo de palabra, sino de corazón y con hechos, comportándoos como verdaderos Hijos Míos, Hijos de la Luz y no de las tinieblas. Vuestras obras son las que hablan y dan un verdadero testimonio de Mi Hijo en vosotros. 

Entonces se dará EL TRIUNFO DE MI INMACULADO CORAZÓN, porque los hijos de Dios volverán a Mí, su Madre del Cielo, la Puerta del Cielo, porque sabrán entonces ya en sus corazones QUE YO SOY LA MUJER VESTIDA DE SOL, LA MUJER DEL APOCALIPSIS, LA QUE HA DE APLASTAR LA CABEZA DE LA SERPIENTE

Entonces se dará ante el mundo EL TRIUNFO DE NUESTROS DOS CORAZONES DE HIJO Y MADRE, PARA COMENZAR YA, DESDE ESE MISMO INSTANTE, A REINAR EN LOS CORAZONES DE LOS QUE SE ABRAN A RECIBIR LA GRACIA DIVINA Y BUSQUEN SER VERDADEROS HIJOS DE DIOS

ORAD, MIS HIJITOS, ORAD CON EL SANTO ROSARIO PARA FORTALECER EL ESPIRITU

ORAD Y CONFIAD EN MÍ Y EN MI HIJO JESUS, EL SEÑOR DE LA MISERICORDIA, QUE YA LLEGA CON SUS RAYOS A ILUMINAR LOS CORAZONES CON UN ACTO DE SU AMOR Y SU MISERICORDIA

ES TIEMPO DE QUE TODAS LAS FAMILIAS ESTÉIS REUNIDAS. ES TIEMPO DE PERDON, DE LIMPIAR VUESTRAS CONCIENCIAS PARA SOBREVIVIR A TODOS ESTOS ACONTECIMIENTOS, PUES LA HORA HA LLEGADO. 

ES TAMBIEN TIEMPO DE VIVIR EN LAS TRES VIRTUDES DE TODO VERDADERO CRISTIANO: LA FE, LA ESPERANZA Y LA CARIDAD. 

No temáis, Mis hijitos, Yo nunca os abandono. 

MARÍA MADRE DEL SALVADOR Y MADRE VUESTRA. 

9.9.2016

vedi traduzione: http://gerardoms.blogspot.it/2016/09/trionfo.html
el original AQUI

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Gracias Madre Mía, gracias por hacernos sentir que Tu estas con nosotros Tus hijos y no nos abandonas. Gracias por advertirnos lo que está por llegar y muy pocos están preparados para estos acontecimientos de purificación. Contigo nuestra Madre celestial estaremos siempre seguros y fortalecidos para vivir en la Voluntad de Dios. Amen.


AVE MARIA PURISSIMA!