sabato 2 gennaio 2016

Santuario di Oropa




Il Santuario di Oropa è il più importante Santuario mariano delle Alpi.  Si colloca in uno scenario unico e incontaminato a 1200 m. di altezza, a soli 20 minuti dal centro di Biella.

Secondo la tradizione l’origine del Santuario è da collocarsi nel IV secolo, ad opera di S. Eusebio, primo vescovo di Vercelli. I primi documenti scritti che parlano di Oropa, risalenti all’inizio del XIII secolo, riportano l’esistenza delle primitive Chiese di Santa Maria e di San Bartolomeo, di carattere eremitico, che costituivano un punto di riferimento fondamentale per i viatores (viaggiatori) che transitavano da est verso la Valle d’Aosta.

panoramaLo sviluppo del Santuario subì diverse trasformazioni nel tempo, fino a raggiungere le monumentali dimensioni odierne tramutandosi da luogo di passaggio a luogo di destinazione per i pellegrini animati da un forte spirito devozionale.

Il maestoso complesso è frutto dei disegni dei più grandi architetti sabaudi: Arduzzi, Gallo, Beltramo, Juvarra, Guarini, Galletti, Bonora hanno contribuito a progettare e a realizzare l’insieme degli edifici che si svilupparono tra la metà del XVII e del XVIII secolo.

Dal primitivo sacello all'imponente Basilica Superiore, consacrata nel 1960, lo sviluppo edilizio ed architettonico è stato grandioso. Il primo piazzale, su cui si affacciano ristoranti, bar e diversi negozi, è seguito dal chiostro della Basilica Antica, raggiiungibile attraverso la scalinata monumentale e la Porta Regia.
Tutti i maestosi edifici del santuario sono stati edificati nel corso dei secoli partendo dal suo cuore: il Sacello della Basilica Antica.

La chiesa della Madonna Nera

Oropa Basilica Antica lat sinCuore spirituale del Santuario, la Basilica Antica è stata realizzata nel Seicento, in seguito al voto fatto dalla Città di Biella in occasione dell'epidemia di peste del 1599. Nel 1620, con il completamento della Chiesa, si tenne la prima delle solenni incoronazioni che ogni cento anni hanno scandito la storia del Santuario. La facciata, progettata dall'architetto Francesco Conti, semplice nell'eleganza delle venature verdastre della pietra d'Oropa, è nobilitata dal portale, più scuro, che riporta in alto lo stemma sabaudo del duca Carlo Emanuele II, sorretto da due angeli in pietra. Sull'architrave del portale si trova scolpita l'iscrizione “O quam beatus, o Beata, quem viderint oculi tui”, che dai primi decenni del sec. XVII è il saluto augurale che il pellegrino, raggiunta la meta, riceve varcando la soglia della Basilica.

madonnaInnalzata sul luogo dove sorgeva l'antica chiesa di Santa Maria, conserva al suo interno, come un prezioso scrigno, il Sacello eusebiano, edificato nel IX secolo. Nella calotta e nelle pareti interne del Sacello sono visibili preziosi affreschi risalenti al Trecento, opera di un ignoto pittore, detto il Maestro di Oropa. Il ciclo di affreschi, incentrato sulla Vergine e su alcuni santi che dovevano essere particolarmente venerati nell'antico romitorio, costituisce una preziosa testimonianza di iconografia sacra. All'interno del Sacello è custodita la statua della Madonna Nera, realizzata in legno di cirmolo dallo scalpello di uno scultore valdostano nel XIII secolo. Il manto blu, l'abito e i capelli color oro fanno da cornice al volto dipinto di nero, il cui sorriso dolce e austero ha accolto i pellegrini nei secoli.

Secondo la tradizione, la statua venne portata da Sant'Eusebio dalla Palestina nel IV secolo d.C. mentre fuggiva dalla furia della persecuzione ariana; adoperandosi per la diffusione della devozione mariana, Sant'Eusebio avrebbe nascosto la statua tra le rocce dove ora sorge la Cappella del Roc, costruita nella prima metà del Settecento dagli abitanti di Fontainemore, località valdostana ancora oggi fortemente legata al Santuario dall'antica processione che si snoda ogni cinque anni tra i monti che separano le due vallate. Durante i lavori di restauro eseguiti nei primi mesi del 2005, sono emerse sulla volta decorazioni risalenti al XVII secolo, caratterizzati da motivi floreali giallo ocra su campo di colore azzurro, recente scoperta di un passato che ha ancora misteri da svelare.

Basilica Superiore

basilica_sup_2_lrOltre l'imponente scalinata che si apre a monte del Piazzale Sacro, lo sguardo si apre verso la Basilica Superiore, costruzione dalle proporzioni monumentali che si trova allo stesso tempo in rapporto di armonia con le alte montagne circostanti e in lieve contrasto con la dimensione spirituale e raccolta dell'Antica Basilica. L'esigenza di costruire una nuova chiesa, considerato l'elevato numero di pellegrini che si recavano in preghiera al Santuario, venne avvertita sin dal XVII secolo, quando si iniziò a discutere del progetto di realizzazione. Sul finire dell'Ottocento, venne scelto il progetto dell'architetto Ignazio Amedeo Galletti (1726-1791), elaborato un secolo prima, e, proseguendo lo sviluppo del Santuario verso Nord, venne deviato il torrente Oropa per disporre dello spazio necessario. Posata la prima pietra nel 1885, i lavori proseguirono con molta difficoltà attraverso le due guerre mondiali, coinvolgendo numerosi e qualificati consulenti tecnici. La cupola, che si eleva per oltre 80 m dal pavimento, fa da corona all'imponente monumento, che venne consacrato nel 1960.

presepe1Tre grandi portali in bronzo, preceduti da un ampio pronao, descrivono la storia del Santuario, dalle origini eusebiane fino alla costruzione della Chiesa Nuova, sulla quale aprono l'accesso. Un ampio spazio ottagonale, sovrastato dalla cupola sorretta da alte colonne tra le quali si aprono sei cappelle dedicate alla storia della vita della Vergine, accoglie i visitatori all'interno dell'ampia e grandiosa sala. L'altare maggiore, posto al centro della sala minore, è sormontato dall'aereo ciborio, moderna opera dell'artista milanese Gio Ponti. La Basilica Superiore è un' opera grandiosa voluta dalle ultime generazioni di biellesi e da tanti devoti alla Vergine Bruna, la cui testimonianza è stata lasciata nella sottostante cripta del suffragio, che accoglie nei suoi rivestimenti marmorei i nomi scolpiti dei devoti; si può qui ammirare un'interessante e rara collezione di presepi provenienti da tutto il mondo, testimonianza di fede e di svariate culture che hanno attraversato i confini del tempo e dello spazio per giungere nelle braccia della Madonna Nera di Oropa.

AVE MARIA!

venerdì 1 gennaio 2016

Breve storia critica del Crocefisso nell’arte

La croce dell’informe – Breve storia critica del Crocefisso nell’arte 



Croce1
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Con quest’articolo continua la pubblicazione in varie puntate (qui la primaqui la secondaqui la terzaqui la quarta e qui la quinta) di una “Breve storia critica del Crocifisso nell’arte” a cura di Luca Fumagalli,  socio fondatore e membro storico di Radio Spada.
di Luca Fumagalli

La Croce nel XVII secolo
Il 1600 continua naturalmente l’evoluzione in atto nel secolo precedente. Alla crisi della maniera segue il grande periodo barocco caratterizzato dal fasto e dall’abbondanza che, specialmente nelle architetture, ha regalato notevoli esempi d’arte sacra. Coerentemente alle disposizioni del Concilio di Trento che, parlando della devozione al Cristo Redentore, vuole che si evidenzia vittoria e il trionfo sulla morte, i Crocifissi di quest’epoca sono rappresentati con lo splendore del volto che fuga le tenebre. Nasce un nuovo modello di Cristo trionfante che sconfigge non solo la morte ma che allontana, grazie alla benigna aurea luminosa del viso, l’errore e l’eresia.
Simili esempi sono riscontrabili nelle crocifissioni di Annibale Carracci (1560-1609), dove il Cristo è circondato da un aureola radiosa e da lampi di luce che si stagliano in tutto il loro fulgore vivacizzati da uno sfondo cupo e tenebroso. Precursori di questo nuovo modo di intendere la crocifissione nell’arte sono Tintoretto (1518-1594) e Veronese (1528-1588): in particolare il primo presenta sempre un Gesù agonizzante che emana dal corpo, nonostante la morte imminente, una luce molto intensa[1]. L’aureola lucente esalta nell’atroce sofferenza della Croce la rivincita del Redentore che sconfigge la morte come la luce fuga le tenebre sullo sfondo.

Listener
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El Greco (1541-1614), pittore con uno stile unico ed inconfondibile, riprende invece uno schema più spiccatamente michelangiolesco[2] identificabile dalla sobrietà della composizione (che presenta solo pochi personaggi essenziali) e dalla posizione plastica e sinuosa di Gesù che mostra un corpo levigato e pulito, illuminato da un’intensa luce bianca che ne risalta le forme e la centralità compositiva.


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Una via di mezzo tra queste due linee pittoriche appena viste può essere quella spagnola (ma anche francese) incarnata da Velázquez (1599-1660) e dallo Zurbaran (1598-1664). In questi casi, alla semplicità dell’organizzazione scenica (Cristo è ritratto solo in Croce su un fondale nero) e alla cura anatomica delle parti, si aggiunge la luminosità emanata dal corpo di Gesù che staglia la sua figura sulla superficie e ne esalta ulteriormente le forme. Nell’impostazione del Cristo crocifisso(1631 ca.) di Velázquez, emerge inoltre un’eco classicheggiante derivato dai pittori italiani. L’opera è «nota non solo per la sua valenza emozionale ed estetica, ma anche per le leggende attorno alla sua origine […]: si narra che Filippo IV l’avesse fatta realizzare come ex voto di penitenza di un amore sacrilego provato per una giovane religiosa»[3]


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Un ulteriore tipologia è quella inaugurata dal Gesù crocifisso di Guido Reni (1575-1642) «col viso estatico, il corpo privo di sofferenza, rilassato, con gli occhi aperti in atteggiamento orante verso l’alto»[4]. Il Crocifisso più famoso di Guido è sicuramente quello dipinto nel 1639 per l’oratorio detto del Sacramento e delle Cinque Piaghe di Reggio e da dove lo prelevò per il proprio museo personale il duca di Modena Francesco III. Il Redentore appeso al sacro legno «è tutto solo, sull’aspro Calvario, sul cielo tenebroso, ad attendere la morte liberatrice, il bel volto incorniciato di spine, gli occhi volti all’alto da cui viene la gran luce»[5]. Questo nuovo modo di intendere il Crocifisso avrà seguito nel corso del secolo come attestano artisti del calibro del Guercino (1591-1666), Alessandro Algardi (1598-1654) e Simon Vouet (1590-1649).

Listener (3)
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Nel XVII secolo parrebbero affacciarsi anche esempi del cosiddetto “Cristo giansenista”.  Di questi Crocifissi ce ne offrono molti il Girardon (1628-1715), Jordaens (1593-1678), Duquesnoy (1597-1674) e Giulio Carpioni (1613-1679). La peculiarità di questa tipologia è che Gesù non è raffigurato con le braccia completamente distese ma piuttosto riunite in alto. Questa sembrerebbe essere dunque la figurazione del notorio errore giansenista che vuole Nostro Signore morto per la salvezza non di tutta ma di una piccola parte dell’umanità. In realtà pare non ci sia alcun legame: la nuova figurazione è figlia delle stravaganze barocche come ad esempio quella di voler scolpire il Crocifisso in un solo pezzo di legno o avorio. Inoltre «A. Grazier cita vari Crocifissi stampati su libri di carattere assolutamente giansenista, i quali però hanno le braccia allargate secondo la forma ordinaria» [6].

[1] A titolo d’esempio cfr. TINTORETTO, Crocifissione, 1565, Scuola Grande di S. Rocco, Venezia.
[2] P. GIGLIONI, La Croce e il Crocifisso nella tradizione e nell’arte, Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2000, p. 38.
[3] M. A. ASTURIAS, Velázquez, Milano, Skira, 2003, p. 100 [“I classici dell’ arte”].
[4] GIGLIONI, La Croce e il Crocifisso, p. 38.
[5] F. MALAGUZZI VALERI, Guido Reni, Firenze, Le Monnier, 1929, p. 62.
[6] COSTANTINI, Il crocifisso nell’arte, p. 145. 

SANT'ANTONIO MARIA CLARET: Satis est vulnerum, satis est! --- talis vita, finis ita!


204 - Se vedeste che danno bastonate e coltellate a vostro padre, non  correreste a difenderlo? Non sarebbe un crimine guardare con indifferenza il  proprio padre in questa situazione? Non sarei io il più grande criminale del  mondo, se non procurassi impedire gli oltraggi che gli uomini fanno a Dio, che  é mio Padre? Ah, Padre mio! Io Vi difenderò, mi dovesse costare la vita! Io vi  stringerò tra le braccia e dirò ai peccatori: Satis est vulnerum, satis  est, come diceva S. Agostino. Fermi, peccatori, fermi! Non flagellate più oltre mio Padre! Troppi colpi avete già dato, troppe piaghe avete aperto! Se  non sapete fermarvi, picchiate me, che ben lo merito, ma non colpite oltre, né  maltrattate il mio Dio, il Padre mio, il mio amore. Ah, amore mio! Ah, mio  amore!  


205 - Parimenti mi obbliga a predicare senza posa, il vedere la moltitudine di  anime che cadono nell'inferno. Perché é di fede che tutti coloro che muoiono in  peccato mortale si dannano. Ahi, ogni giorno muoiono ottanta mila persone, secondo un calcolo approssimativo. Quante moriranno in peccato e quante si condanneranno! Poiché talis vita, finis ita! Tale é la morte quale fu la  vita.  
Da: Autobiografia....
SAN ANTONIO MARIA CLARET, 
ora pro nobis.

GESU' PREFERI' MORIRE PER TE CHE VIVERE SENZA DI TE

AVE MARIA, gratia plena, Dominus Tecum...

Gesù Cristo ha preferito morire per noi 
che vivere senza di noi
AUGURI!
ANNO DOMINI 2016

«Guardate oggi la sofferenza come benedizione, come passaggio necessario per la vostra Salvezza e conversione!» (23.2.1997)


< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa >
LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!
AMDG et BVM

giovedì 31 dicembre 2015

CON SANT'ANTONIO IMPARIAMO A NUTRIRCI DELLA PAROLA DI DIO

CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

1. In quel tempo: “Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione del bambino...” (Lc 2,21).
In questo vangelo considereremo due avvenimenti:
- la circoncisione di Cristo,
- l’imposizione del nome.

I. la circoncisione di cristo

2. “Quando furono passati gli otto giorni, prescritti per la circoncisione del bambino” (Lc 2,21). In questa prima parte ci viene insegnato, in senso anagogico (mistico), come tutti i giusti, nella risurrezione finale, saranno circoncisi di ogni corruzione. Ma poiché del Verbo circonciso avete sentito una parola “circoncisa”, anche noi parleremo circoncisamente (brevemente) della sua circoncisione.
Cristo fu circonciso soltanto nel corpo, perché nulla c’era da circoncidere nel suo spirito. Infatti “egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca”(1Pt 2,22). E neppure contrasse il peccato [di origine] perché, come dice Isaia: “Salì su una nuvola leggera” (Is 19,1), assunse cioé una carne immune da peccato.
Venendo tra i suoi, poiché “i suoi non l’avrebbero accolto” (Gv 1,11), dovette essere circonciso, affinché i Giudei non avessero contro di lui dei pretesti, col dire: È un incirconciso, dev’essere eliminato dal popolo perché, come è scritto nella Genesi, “il maschio al quale non è stato reciso il prepuzio, sarà eliminato dal suo popolo” (Gn 17,14). Sei un trasgressore della legge, non vogliamo uno che è contro la legge.
Fu quindi circonciso per almeno tre motivi: primo, per osservare la legge – si dovette compiere il mistero della circoncisione finché non fu sostituito dal sacramento del battesimo –; secondo, per togliere ai Giudei il pretesto di calunniarlo; terzo, per insegnarci la circoncisione del cuore, della quale dice l’Apostolo: “La circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini, ma da Dio” (Rm 2,29).

3. “Passati gli otto giorni prescritti”. Vediamo il significato di queste tre cose: il giorno ottavo, il bambino e la sua circoncisione. La nostra vita si svolge, per così dire, in un giro di sette giorni (settenario): segue poi il “giorno ottavo” (ottonario) della risurre­zione finale. Dice l’Ecclesiaste: “Da’ la loro parte a sette, e anche a otto, perché non sai che cosa di male potrà venire sulla terra” (Eccle 11,2). Come dicesse: fa’ che i sette giorni della tua vita prendano parte alle opere buone (siano impegnati nell’operare il bene), perché poi ne rice­verai la ricompensa nel giorno ottavo, quello della risurrezione; in quel giorno sopra la terra, cioè per coloro che amano la terra, ci sarà un male così grande, quale nessun uomo potrà immaginare.
Allora l’aia sarà ripulita, il grano sarà separato dalla paglia, le pecore saranno divise dai capri (cf. Mt 3,12; 25,32; Lc 3,17). La ripulitura dell’aia simboleggia larevisione che sarà operata nell’ultimo giudizio. Il grano raffigura i giusti che saranno accolti nei granai del cielo. Dice Giobbe: “Te ne andrai nella tomba, pieno di anni, come si ammucchia il grano a suo tempo” (Gb 5,26). La tomba indica la vita eterna, dove i giusti entreranno carichi di opere buone, e saranno al riparo dagli attacchi dei demoni, come uno che si nasconde in una tomba per sfuggire agli uomini. La paglia invece, cioè i superbi, superficiali e incostanti, saranno bruciati nel fuoco. Di essi dice Giobbe: “Saranno come paglia al soffio del vento e come pula che l’ura­gano disperde” (Gb 21,18). Gli agnelli o le pecore, cioè gli umili e gli innocenti, saranno posti alla destra di Dio: “Come un pastore pascerà il suo gregge, con il suo braccio radunerà gli agnelli, li solleverà al suo petto ed egli stesso porterà le pecore gravide” (Is 40,11).

4. Osserva che in queste quattro parole: pascerà, radune­rà, solleverà e porterà, si possono ravvisare le quattro prerogative delle quali sarà dotato il corpo dei giusti nel giorno ottavo, cioè nella risurrezione finale.
Pascerà con lo splendore: “Dolce è la luce, e agli occhi piace vedere il sole” (Eccle 11,7); e i giusti splenderan­no come il sole nel Regno di Dio (cf. Mt 13,43). Se l’occhio ancora corruttibile tanto si diletta dell’illuso­rio splendore di un misero corpo, quanto più grande sarà quel piacere di fronte al vero splendore di un corpo glorificato? Radunerà con l’immortalità: la morte dissolve e divide, l’immortalità riunisce e raduna. Solleverà con l’agilità: ciò che è agile si solleva facilmente.Porterà con la sottigliezza: ciò che è sottile [una veste], si porta senza fatica.
Invece i capri, cioè i lussuriosi, saranno appesi per i piedi ai ganci dell’inferno. Infatti il Signore, per bocca di Amos, minaccia “le vacche grasse” (cf. Am 4,1), cioè i prelati della chiesa superbi e lussuriosi: “Ecco, verranno per voi i giorni in cui” i demoni “vi appenderanno ai ganci, e gette­ranno i rimanenti di voi in caldaie bollenti. Uscirete per le brecce uno contro l’altro; e sarete scagliati contro l’Hermon” (Am 4,2-3), che s’interpreta “scomunica”, perché i superbi e i lussuriosi, scomunicati e maledetti dalla chiesa trionfante, sprofonderanno nell’eterno supplizio.
Tutto questo, cioè la gloria e la pena, sarà dato a ciascuno nel giorno ottavo, cioè nella risurrezione, secondo ciò che ha fatto nella settimana di questa vita. Dice in proposito la Genesi: “Giacobbe servì sette anni per [avere] Rachele, e gli sembrarono pochi giorni, tanto grande era l’amore che nutriva per lei” (Gn 29,20). Infatti era una donna molto bella di forme e di aspetto avvenente (Gn 29,17). E continua: “Passata la settimana, prese Rachele in moglie” (Gn 29,28). E più avanti dice: “Di giorno mi divorava il caldo e il gelo di notte, e il sonno fuggiva dai miei occhi” (Gn 31,40).
O amore della bellezza! O bellezza dell’amore! O gloria della risurrezione, quante cose riesci a far sopportare all’uomo, per poter giungere alle nozze con te! Il giusto fatica per tutti i sette giorni della sua vita nell’indi­genza del corpo e nell’umiltà del cuore: di giorno, cioè quando gli sorride la prosperità nel calore della vanaglo­ria; e di notte, vale a dire quando sopravvengono le avver­sità e viene tormentato dal gelo della tentazione del diavolo. E così il sonno e il riposo fuggono da lui perché ci sono battaglie all’in­­terno e paure all’esterno (cf. 2Cor 7,5). Teme il mondo, è combattuto in se stesso, e tuttavia, in mezzo a tante sofferenze i giorni gli sembrano pochi a motivo della grandezza dell’amore. Infatti “per chi ama nulla è difficile” (Cicerone).
O Giacobbe, ti scongiuro: lavora con pazienza, sopporta con umiltà perché, finita la settimana della presente miseria, conquisterai le bramate nozze della gloriosa risurrezione, nella quale sarai finalmente circonciso di ogni fatica e di ogni schiavitù di corruzione.

5. “Passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione del fanciullo”. In lat. è detto puer, fanciullo, non vecchio.
Per sapere chi sia questo fanciullo, leggi il sermone del “Natale del Signore”.
Nella risurrezione finale ogni eletto sarà circonciso, perché risorgerà per la gloria, come dice Isidoro, senza alcun difetto, senza alcuna deformità. Sarà ben lontana ogni infermità, ogni incapacità, ogni corruzione, ogni inabilità, e ogni altra carenza indegna di quel Regno del sommo Re, nel quale i figli della risurre­zione e della promessa saranno uguali agli angeli di Dio (cf. Lc 20,36); allora ci sarà la vera immortalità.
La prima condizione dell’uomo fu il poter non morire; per causa del peccato gli fu inflitta la pena di non poter non morire: seconda condizione; lo attende, nella futura felicità, la terza condizione: non poter più morire. Allora usufruiremo in modo perfetto del libero arbitrio, che al primo uomo fu dato in modo che “potesse non pecca­re”; sarà appunto perfetto quando questo libero arbitrio sarà tale da “non poter peccare”.
O giorno ottavo, tanto desiderabile, che in modo così meraviglioso circoncidi dal bambino tutti i mali!

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Cfr capitoli II e IV di  https://gerardoms.blogspot.it/2013/01/san-paolo-lapostolo-lettera-ai-romani.html


AMDG et BVM