venerdì 1 gennaio 2016

Breve storia critica del Crocefisso nell’arte

La croce dell’informe – Breve storia critica del Crocefisso nell’arte 



Croce1
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Con quest’articolo continua la pubblicazione in varie puntate (qui la primaqui la secondaqui la terzaqui la quarta e qui la quinta) di una “Breve storia critica del Crocifisso nell’arte” a cura di Luca Fumagalli,  socio fondatore e membro storico di Radio Spada.
di Luca Fumagalli

La Croce nel XVII secolo
Il 1600 continua naturalmente l’evoluzione in atto nel secolo precedente. Alla crisi della maniera segue il grande periodo barocco caratterizzato dal fasto e dall’abbondanza che, specialmente nelle architetture, ha regalato notevoli esempi d’arte sacra. Coerentemente alle disposizioni del Concilio di Trento che, parlando della devozione al Cristo Redentore, vuole che si evidenzia vittoria e il trionfo sulla morte, i Crocifissi di quest’epoca sono rappresentati con lo splendore del volto che fuga le tenebre. Nasce un nuovo modello di Cristo trionfante che sconfigge non solo la morte ma che allontana, grazie alla benigna aurea luminosa del viso, l’errore e l’eresia.
Simili esempi sono riscontrabili nelle crocifissioni di Annibale Carracci (1560-1609), dove il Cristo è circondato da un aureola radiosa e da lampi di luce che si stagliano in tutto il loro fulgore vivacizzati da uno sfondo cupo e tenebroso. Precursori di questo nuovo modo di intendere la crocifissione nell’arte sono Tintoretto (1518-1594) e Veronese (1528-1588): in particolare il primo presenta sempre un Gesù agonizzante che emana dal corpo, nonostante la morte imminente, una luce molto intensa[1]. L’aureola lucente esalta nell’atroce sofferenza della Croce la rivincita del Redentore che sconfigge la morte come la luce fuga le tenebre sullo sfondo.

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El Greco (1541-1614), pittore con uno stile unico ed inconfondibile, riprende invece uno schema più spiccatamente michelangiolesco[2] identificabile dalla sobrietà della composizione (che presenta solo pochi personaggi essenziali) e dalla posizione plastica e sinuosa di Gesù che mostra un corpo levigato e pulito, illuminato da un’intensa luce bianca che ne risalta le forme e la centralità compositiva.


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Una via di mezzo tra queste due linee pittoriche appena viste può essere quella spagnola (ma anche francese) incarnata da Velázquez (1599-1660) e dallo Zurbaran (1598-1664). In questi casi, alla semplicità dell’organizzazione scenica (Cristo è ritratto solo in Croce su un fondale nero) e alla cura anatomica delle parti, si aggiunge la luminosità emanata dal corpo di Gesù che staglia la sua figura sulla superficie e ne esalta ulteriormente le forme. Nell’impostazione del Cristo crocifisso(1631 ca.) di Velázquez, emerge inoltre un’eco classicheggiante derivato dai pittori italiani. L’opera è «nota non solo per la sua valenza emozionale ed estetica, ma anche per le leggende attorno alla sua origine […]: si narra che Filippo IV l’avesse fatta realizzare come ex voto di penitenza di un amore sacrilego provato per una giovane religiosa»[3]


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Un ulteriore tipologia è quella inaugurata dal Gesù crocifisso di Guido Reni (1575-1642) «col viso estatico, il corpo privo di sofferenza, rilassato, con gli occhi aperti in atteggiamento orante verso l’alto»[4]. Il Crocifisso più famoso di Guido è sicuramente quello dipinto nel 1639 per l’oratorio detto del Sacramento e delle Cinque Piaghe di Reggio e da dove lo prelevò per il proprio museo personale il duca di Modena Francesco III. Il Redentore appeso al sacro legno «è tutto solo, sull’aspro Calvario, sul cielo tenebroso, ad attendere la morte liberatrice, il bel volto incorniciato di spine, gli occhi volti all’alto da cui viene la gran luce»[5]. Questo nuovo modo di intendere il Crocifisso avrà seguito nel corso del secolo come attestano artisti del calibro del Guercino (1591-1666), Alessandro Algardi (1598-1654) e Simon Vouet (1590-1649).

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Nel XVII secolo parrebbero affacciarsi anche esempi del cosiddetto “Cristo giansenista”.  Di questi Crocifissi ce ne offrono molti il Girardon (1628-1715), Jordaens (1593-1678), Duquesnoy (1597-1674) e Giulio Carpioni (1613-1679). La peculiarità di questa tipologia è che Gesù non è raffigurato con le braccia completamente distese ma piuttosto riunite in alto. Questa sembrerebbe essere dunque la figurazione del notorio errore giansenista che vuole Nostro Signore morto per la salvezza non di tutta ma di una piccola parte dell’umanità. In realtà pare non ci sia alcun legame: la nuova figurazione è figlia delle stravaganze barocche come ad esempio quella di voler scolpire il Crocifisso in un solo pezzo di legno o avorio. Inoltre «A. Grazier cita vari Crocifissi stampati su libri di carattere assolutamente giansenista, i quali però hanno le braccia allargate secondo la forma ordinaria» [6].

[1] A titolo d’esempio cfr. TINTORETTO, Crocifissione, 1565, Scuola Grande di S. Rocco, Venezia.
[2] P. GIGLIONI, La Croce e il Crocifisso nella tradizione e nell’arte, Città del Vaticano, Libreria editrice vaticana, 2000, p. 38.
[3] M. A. ASTURIAS, Velázquez, Milano, Skira, 2003, p. 100 [“I classici dell’ arte”].
[4] GIGLIONI, La Croce e il Crocifisso, p. 38.
[5] F. MALAGUZZI VALERI, Guido Reni, Firenze, Le Monnier, 1929, p. 62.
[6] COSTANTINI, Il crocifisso nell’arte, p. 145. 

SANT'ANTONIO MARIA CLARET: Satis est vulnerum, satis est! --- talis vita, finis ita!


204 - Se vedeste che danno bastonate e coltellate a vostro padre, non  correreste a difenderlo? Non sarebbe un crimine guardare con indifferenza il  proprio padre in questa situazione? Non sarei io il più grande criminale del  mondo, se non procurassi impedire gli oltraggi che gli uomini fanno a Dio, che  é mio Padre? Ah, Padre mio! Io Vi difenderò, mi dovesse costare la vita! Io vi  stringerò tra le braccia e dirò ai peccatori: Satis est vulnerum, satis  est, come diceva S. Agostino. Fermi, peccatori, fermi! Non flagellate più oltre mio Padre! Troppi colpi avete già dato, troppe piaghe avete aperto! Se  non sapete fermarvi, picchiate me, che ben lo merito, ma non colpite oltre, né  maltrattate il mio Dio, il Padre mio, il mio amore. Ah, amore mio! Ah, mio  amore!  


205 - Parimenti mi obbliga a predicare senza posa, il vedere la moltitudine di  anime che cadono nell'inferno. Perché é di fede che tutti coloro che muoiono in  peccato mortale si dannano. Ahi, ogni giorno muoiono ottanta mila persone, secondo un calcolo approssimativo. Quante moriranno in peccato e quante si condanneranno! Poiché talis vita, finis ita! Tale é la morte quale fu la  vita.  
Da: Autobiografia....
SAN ANTONIO MARIA CLARET, 
ora pro nobis.

GESU' PREFERI' MORIRE PER TE CHE VIVERE SENZA DI TE

AVE MARIA, gratia plena, Dominus Tecum...

Gesù Cristo ha preferito morire per noi 
che vivere senza di noi
AUGURI!
ANNO DOMINI 2016

«Guardate oggi la sofferenza come benedizione, come passaggio necessario per la vostra Salvezza e conversione!» (23.2.1997)


< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua amatissima Sposa >
LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!
AMDG et BVM

giovedì 31 dicembre 2015

CON SANT'ANTONIO IMPARIAMO A NUTRIRCI DELLA PAROLA DI DIO

CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

1. In quel tempo: “Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione del bambino...” (Lc 2,21).
In questo vangelo considereremo due avvenimenti:
- la circoncisione di Cristo,
- l’imposizione del nome.

I. la circoncisione di cristo

2. “Quando furono passati gli otto giorni, prescritti per la circoncisione del bambino” (Lc 2,21). In questa prima parte ci viene insegnato, in senso anagogico (mistico), come tutti i giusti, nella risurrezione finale, saranno circoncisi di ogni corruzione. Ma poiché del Verbo circonciso avete sentito una parola “circoncisa”, anche noi parleremo circoncisamente (brevemente) della sua circoncisione.
Cristo fu circonciso soltanto nel corpo, perché nulla c’era da circoncidere nel suo spirito. Infatti “egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca”(1Pt 2,22). E neppure contrasse il peccato [di origine] perché, come dice Isaia: “Salì su una nuvola leggera” (Is 19,1), assunse cioé una carne immune da peccato.
Venendo tra i suoi, poiché “i suoi non l’avrebbero accolto” (Gv 1,11), dovette essere circonciso, affinché i Giudei non avessero contro di lui dei pretesti, col dire: È un incirconciso, dev’essere eliminato dal popolo perché, come è scritto nella Genesi, “il maschio al quale non è stato reciso il prepuzio, sarà eliminato dal suo popolo” (Gn 17,14). Sei un trasgressore della legge, non vogliamo uno che è contro la legge.
Fu quindi circonciso per almeno tre motivi: primo, per osservare la legge – si dovette compiere il mistero della circoncisione finché non fu sostituito dal sacramento del battesimo –; secondo, per togliere ai Giudei il pretesto di calunniarlo; terzo, per insegnarci la circoncisione del cuore, della quale dice l’Apostolo: “La circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini, ma da Dio” (Rm 2,29).

3. “Passati gli otto giorni prescritti”. Vediamo il significato di queste tre cose: il giorno ottavo, il bambino e la sua circoncisione. La nostra vita si svolge, per così dire, in un giro di sette giorni (settenario): segue poi il “giorno ottavo” (ottonario) della risurre­zione finale. Dice l’Ecclesiaste: “Da’ la loro parte a sette, e anche a otto, perché non sai che cosa di male potrà venire sulla terra” (Eccle 11,2). Come dicesse: fa’ che i sette giorni della tua vita prendano parte alle opere buone (siano impegnati nell’operare il bene), perché poi ne rice­verai la ricompensa nel giorno ottavo, quello della risurrezione; in quel giorno sopra la terra, cioè per coloro che amano la terra, ci sarà un male così grande, quale nessun uomo potrà immaginare.
Allora l’aia sarà ripulita, il grano sarà separato dalla paglia, le pecore saranno divise dai capri (cf. Mt 3,12; 25,32; Lc 3,17). La ripulitura dell’aia simboleggia larevisione che sarà operata nell’ultimo giudizio. Il grano raffigura i giusti che saranno accolti nei granai del cielo. Dice Giobbe: “Te ne andrai nella tomba, pieno di anni, come si ammucchia il grano a suo tempo” (Gb 5,26). La tomba indica la vita eterna, dove i giusti entreranno carichi di opere buone, e saranno al riparo dagli attacchi dei demoni, come uno che si nasconde in una tomba per sfuggire agli uomini. La paglia invece, cioè i superbi, superficiali e incostanti, saranno bruciati nel fuoco. Di essi dice Giobbe: “Saranno come paglia al soffio del vento e come pula che l’ura­gano disperde” (Gb 21,18). Gli agnelli o le pecore, cioè gli umili e gli innocenti, saranno posti alla destra di Dio: “Come un pastore pascerà il suo gregge, con il suo braccio radunerà gli agnelli, li solleverà al suo petto ed egli stesso porterà le pecore gravide” (Is 40,11).

4. Osserva che in queste quattro parole: pascerà, radune­rà, solleverà e porterà, si possono ravvisare le quattro prerogative delle quali sarà dotato il corpo dei giusti nel giorno ottavo, cioè nella risurrezione finale.
Pascerà con lo splendore: “Dolce è la luce, e agli occhi piace vedere il sole” (Eccle 11,7); e i giusti splenderan­no come il sole nel Regno di Dio (cf. Mt 13,43). Se l’occhio ancora corruttibile tanto si diletta dell’illuso­rio splendore di un misero corpo, quanto più grande sarà quel piacere di fronte al vero splendore di un corpo glorificato? Radunerà con l’immortalità: la morte dissolve e divide, l’immortalità riunisce e raduna. Solleverà con l’agilità: ciò che è agile si solleva facilmente.Porterà con la sottigliezza: ciò che è sottile [una veste], si porta senza fatica.
Invece i capri, cioè i lussuriosi, saranno appesi per i piedi ai ganci dell’inferno. Infatti il Signore, per bocca di Amos, minaccia “le vacche grasse” (cf. Am 4,1), cioè i prelati della chiesa superbi e lussuriosi: “Ecco, verranno per voi i giorni in cui” i demoni “vi appenderanno ai ganci, e gette­ranno i rimanenti di voi in caldaie bollenti. Uscirete per le brecce uno contro l’altro; e sarete scagliati contro l’Hermon” (Am 4,2-3), che s’interpreta “scomunica”, perché i superbi e i lussuriosi, scomunicati e maledetti dalla chiesa trionfante, sprofonderanno nell’eterno supplizio.
Tutto questo, cioè la gloria e la pena, sarà dato a ciascuno nel giorno ottavo, cioè nella risurrezione, secondo ciò che ha fatto nella settimana di questa vita. Dice in proposito la Genesi: “Giacobbe servì sette anni per [avere] Rachele, e gli sembrarono pochi giorni, tanto grande era l’amore che nutriva per lei” (Gn 29,20). Infatti era una donna molto bella di forme e di aspetto avvenente (Gn 29,17). E continua: “Passata la settimana, prese Rachele in moglie” (Gn 29,28). E più avanti dice: “Di giorno mi divorava il caldo e il gelo di notte, e il sonno fuggiva dai miei occhi” (Gn 31,40).
O amore della bellezza! O bellezza dell’amore! O gloria della risurrezione, quante cose riesci a far sopportare all’uomo, per poter giungere alle nozze con te! Il giusto fatica per tutti i sette giorni della sua vita nell’indi­genza del corpo e nell’umiltà del cuore: di giorno, cioè quando gli sorride la prosperità nel calore della vanaglo­ria; e di notte, vale a dire quando sopravvengono le avver­sità e viene tormentato dal gelo della tentazione del diavolo. E così il sonno e il riposo fuggono da lui perché ci sono battaglie all’in­­terno e paure all’esterno (cf. 2Cor 7,5). Teme il mondo, è combattuto in se stesso, e tuttavia, in mezzo a tante sofferenze i giorni gli sembrano pochi a motivo della grandezza dell’amore. Infatti “per chi ama nulla è difficile” (Cicerone).
O Giacobbe, ti scongiuro: lavora con pazienza, sopporta con umiltà perché, finita la settimana della presente miseria, conquisterai le bramate nozze della gloriosa risurrezione, nella quale sarai finalmente circonciso di ogni fatica e di ogni schiavitù di corruzione.

5. “Passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione del fanciullo”. In lat. è detto puer, fanciullo, non vecchio.
Per sapere chi sia questo fanciullo, leggi il sermone del “Natale del Signore”.
Nella risurrezione finale ogni eletto sarà circonciso, perché risorgerà per la gloria, come dice Isidoro, senza alcun difetto, senza alcuna deformità. Sarà ben lontana ogni infermità, ogni incapacità, ogni corruzione, ogni inabilità, e ogni altra carenza indegna di quel Regno del sommo Re, nel quale i figli della risurre­zione e della promessa saranno uguali agli angeli di Dio (cf. Lc 20,36); allora ci sarà la vera immortalità.
La prima condizione dell’uomo fu il poter non morire; per causa del peccato gli fu inflitta la pena di non poter non morire: seconda condizione; lo attende, nella futura felicità, la terza condizione: non poter più morire. Allora usufruiremo in modo perfetto del libero arbitrio, che al primo uomo fu dato in modo che “potesse non pecca­re”; sarà appunto perfetto quando questo libero arbitrio sarà tale da “non poter peccare”.
O giorno ottavo, tanto desiderabile, che in modo così meraviglioso circoncidi dal bambino tutti i mali!

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Cfr capitoli II e IV di  https://gerardoms.blogspot.it/2013/01/san-paolo-lapostolo-lettera-ai-romani.html


AMDG et BVM

CON SANT'ANTONIO IMPARIAMO A NUTRIRCI DELLA PAROLA DI DIO


CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

1. In quel tempo: “Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione del bambino...” (Lc 2,21).
In questo vangelo considereremo due avvenimenti:
- la circoncisione di Cristo,
- l’imposizione del nome.

II. l’imposizione del nome

6. “E gli fu posto nome Gesù” (Lc 2,21). Nome dolce, nome soave, nome che conforta il peccatore, nome di beata speranza. Giubilo al cuore, melodia all’orecchio, miele alla bocca. Piena di giubilo, la sposa del Cantico dei Cantici dice di questo nome: “Olio sparso è il tuo nome” [Profumo olezzante è il tuo nome](Ct 1,2).
Osserva che l’olio ha cinque proprietà: galleggia sopra tutti i liquidi; rende cedevoli le cose dure, tempera quelle acerbe, illumina le oscure, sazia il corpo. Così anche il nome di Gesù, per la sua grandezza è al di sopra di tutti i nomi degli uomini e degli angeli, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si piega (cf. Fil 2,10). Quando lo proclami intenerisce i cuori più duri; se lo invochi tempera le tentazioni più aspre; se lo pensi illumina il cuore, se lo leggi sazia il tuo spirito.
E fa’ attenzione che questo nome di Gesù non è detto soltanto “olio”, ma olio “sparso”. Da chi? E dove? Dal cuore del Padre, nel cielo, sulla terra e nell’inferno. In cielo per l’esultanza degli angeli, che perciò acclamano esultanti: “Salvezza al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello” (Ap 7,10), cioè a Gesù, che è chiamato “Sal­vezza, Salvatore”; sulla terra per la consolazione dei peccatori: “Al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio. Di notte anela a te l’anima mia”(Is 26,8-9); nell’inferno per la liberazione dei prigionieri, infatti si dice che, prostrati alle sue ginocchia, abbiano gridato: “Sei venuto finalmente, o nostro Redentore!”... (Breviario Romano, antico Ufficio dei defunti).

7. Riporterò brevemente ciò che scrive Innocenzo di questo nome. Questo nome di Gesù (lat. Iesus) è composto di due sillabe e di cinque lettere: tre vocali e due consonanti. Due sillabe, perché Gesù ha due nature, la divina e l’umana: la divina dal Padre, dal quale è nato senza madre; l’umana dalla Madre, dalla quale è nato senza padre. Ecco, due sono le sillabe in quest’unico nome, perché due sono le nature in quest’unica persona.
Da notare però che la vocale è quella che ha un suono per se stessa, la consonante invece ha suono solo unita con una vocale. Quindi nelle tre vocali è simboleggiata la divinità la quale, essendo unica in se stessa, produce il suono nelle tre persone. Infatti “tre sono quelli che rendono testimonianza in cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno” (1Gv 5,7).
Nelle due consonanti è simboleggiata l’umanità la quale, avendo due sostanze, cioè il corpo e l’anima, non ha suono per se stessa, ma solo in virtù dell’altra natura, alla quale è congiunta nell’unità della persona. “Infatti come l’anima razionale e la carne sono un solo uomo; così Dio e l’uomo sono un solo Cristo” (Simbolo Atanasiano). La perso­na infatti è definita “una sostanza razionale a se stante”, e tale è Cristo.
Cristo è Dio e anche uomo, ma per sé “suona” in quanto è Dio e non in quanto è uomo, perché la divinità conservò il diritto di personalità assumendo l’umanità, ma l’umanità assunta non ricevette il diritto di personalità, [poiché non la persona assunse la persona, né la natura assunse la natura, ma la persona assunse la natura] (Innocenzo III, papa, Sermone sulla Circoncisione).
Questo dunque è il nome santo e glorioso “che è stato invocato sopra di noi” (Ger 14,9), e non c’è altro nome – dice Pietro – sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati (cf. At 4,12).
Per la virtù di questo nome ci salvi Dio, Gesù Cristo nostro Signore, che è benedetto sopra tutte le cose nei secoli dei secoli. Amen.

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