Mt 16,21-27
1. Seguire Gesù è opera libera di amore
Nel Vangelo di Giovanni si legge: "Se il chicco di grano cadendo in terra non muore, resta solo; ma se muore dà grande frutto" (Jn 12,24).
Qui, trattando con maggior ricchezza di argomenti questa verità, Gesù aggiunge che non solo lui stesso deve morire, ma che pure i suoi discepoli debbono essere pronti a patire e a morire.
Vi sono - egli fa capire - talmente tanti vantaggi in queste passeggere sofferenze che sarebbe un danno e una disgrazia per voi il non voler morire; mentre sarebbe un bene e una grazia se foste disposti al supremo sacrificio.
Ma ciò è reso manifesto con evidenza dalle parole che seguono: per ora Cristo tratta solo una parte di tale verità. Notate come non mette costrizioni nelle sue parole. Non dice, ad esempio: Sia che lo vogliate, sia che non lo vogliate, è necessario che affrontiate gravi sofferenze. Dice soltanto: "Chi vuol venire dietro a me..." (Mt 16,24), cioè: Io non costringo né obbligo alcuno a seguirmi, ma lascio ciascuno padrone della propria scelta; perciò dico «chi vuole». Io infatti vi invito ai beni, non vi chiamo ai mali e alle pene, né al castigo e al supplizio, perché io debba costringervi. La stessa natura di questo bene ha forza sufficiente per trascinarvi.
Parlando in tal modo il Signore li attira ancor più fortemente. Chi usa violenza, invece, chi costringe con la forza, finisce spesso con l’allontanare. Al contrario, chi lascia alla volontà dell’ascoltatore la libertà di accettare o di respingere una cosa, l’attira a sé più sicuramente.
Il rispetto e l’ossequio della libertà è più forte della violenza. Ecco perché Gesù dice qui: «Chi vuole». I beni che offro - egli fa intendere - sono così grandi ed eccezionali, che dovreste correre spontaneamente verso di essi. Se qualcuno vi offrisse dell’oro e vi mettesse davanti un tesoro, non userebbe certo violenza nel proporvi di accettarlo. Ebbene, se andiamo verso quei doni senza esser spinti da nessuna costrizione, tanto più spontaneamente dovremmo correre ai beni del cielo.
Se, da sola, la natura di questi beni non vi convince ad accorrere per ottenerli, vuol dire che siete indegni di riceverli: e qualora li riceviate ugualmente, non sarete in grado di apprezzarne a fondo il valore. Ecco perché Cristo non costringe, ma con indulgenza ci esorta.
Siccome Gesù nota che i discepoli sussurrano tra di loro, sono turbati per le sue parole, aggiunge: Non occorre agitarsi così. Se non siete convinti che quanto vi propongo, qualora si compia non solo in me, ma anche in voi, sia causa di infiniti beni, io non vi forzo, né vi costringo, ma chiamo soltanto chi vuol seguirmi. E non crediate che «seguirmi» significhi ciò che voi avete fatto sinora, accompagnandomi nelle mie peregrinazioni.
È necessario che voi sopportiate molte fatiche, innumerevoli pericoli, se volete davvero venire dietro a me. Tu, o Pietro, che mi hai riconosciuto Figlio di Dio, non devi certo pretendere di ottenere la corona soltanto perché hai fatto questa professione di fede, né devi credere che essa sia sufficiente per assicurarti la salvezza, e che tu puoi vivere d’ora in avanti tranquillamente come se già avessi compiuto tutto.
Io potrei sicuramente, in quanto sono Figlio di Dio, esimerti dal subire sciagure e prevenire tutti i pericoli cui sarai esposto, ma non voglio farlo nel tuo stesso interesse, perché tu possa portare qualcosa di tuo, contribuendo alla tua salvezza e procurandoti così maggior gloria.
Se qualcuno di coloro che presiedono ai giochi olimpici ha un amico atleta, non vorrà certo proclamarlo vincitore solo per pura grazia e amicizia, ma piuttosto per i suoi sforzi personali: e proprio per questo motivo si comporterà così, in quanto è suo amico e gli vuol bene. Nello stesso modo agisce Cristo: quanto più ama un’anima, tanto più vuole che essa contribuisca con le sue forze alla propria gloria e non solo che l’ottenga grazie al suo aiuto.
Crisostomo Giovanni, In Matth. 55, 1
AMDG et BVM