giovedì 4 dicembre 2014

L'orso del Papa


L'orso del Papa


Alla dedicazione della parrocchia romana di San Corbiniano - una liturgia esemplare per la cura e la partecipazione dei fedeli, tra i quali tantissimi bambini - erano presenti ben tre successori del fondatore della diocesi di Frisinga: oltre a Joseph Ratzinger, oggi Papa con il nome di Benedetto XVI, i cardinali Friedrich Wetter e Reinhard Marx. Un fatto eccezionale, che il parroco ha sottolineato nel suo caloroso saluto iniziale.

Nell'omelia il vescovo di Roma, successore del primo degli apostoli, ha improvvisato una breve riflessione su questo monaco francese attratto dalla vita contemplativa che scese a Roma per fondarvi un monastero. Ma qui la sua vita cambiò in modo inatteso: il Papa lo ordinò vescovo per la Baviera, dove la popolazione "voleva farsi cristiana, ma mancava gente colta, mancavano sacerdoti per annunciare il Vangelo".
Una scelta, quella di Gregorio II, che si rivelò di universalità - il santo infatti "collega la Francia, la Germania, Roma", ha sottolineato il Papa - e nello stesso tempo di unità: Corbiniano ci dice che "la Chiesa è fondata su Pietro" e che era la stessa "come oggi". Per una ragione molto semplice: Cristo è lo stesso, "la Verità, sempre antica e sempre nuova, attualissima, presente, e apre la chiave per il futuro".

Parlando ai fedeli Benedetto XVI ha accennato all'orso che ha scelto di collocare nel suo stemma, episcopale e poi papale. Joseph Ratzinger ne aveva scritto per la prima volta nel libro autobiografico, tanto piccolo quanto prezioso, che pubblicò nel suo settantesimo anno e dove raccolse i suoi ricordi sino alla consacrazione episcopale. Raccontando come all'animale che aveva sbranato il cavallo di Corbiniano, in viaggio per Roma, fu imposto dal monaco di portare il suo fardello.

Ratzinger, sulla traccia del prediletto Agostino, spiegava che quel peso - il carico episcopale di chi "tira il carro di Dio in questo mondo" - venne imposto a Corbiniano e al vescovo africano, attratti entrambi dalla contemplazione e dallo studio. "Ma proprio in questo modo io ti sono vicino, ti servo, tu mi hai nella mano", concludeva il cardinale ormai a Roma. Affidandosi all'unico Signore, come ogni giorno fa Benedetto XVI. Che resta sempre affezionatissimo al suo orso.
g.m.v.



20 marzo 2011: Santa Messa e Rito di Dedicazione della nuova Parrocchia romana di San Corbiniano all'Infernetto








Cari fratelli e sorelle!



Sono molto contento di essere in mezzo a voi per celebrare un evento così significativo come la Dedicazione a Dio e al servizio della comunità di questa chiesa intitolata a san Corbiniano. La Provvidenza ha voluto che questo nostro incontro avvenga nella II Domenica di Quaresima, caratterizzata dal Vangelo della Trasfigurazione di Gesù. Perciò oggi abbiamo l’accostamento tra due elementi, entrambi molto importanti: da una parte, il mistero della Trasfigurazione e, dall’altra, quello del tempio, cioè della casa di Dio in mezzo alle vostre case. Le Letture bibliche che abbiamo ascoltato sono state scelte per illuminare questi due aspetti.


La Trasfigurazione. L’evangelista Matteo ci ha raccontato ciò che avvenne quando Gesù salì su un alto monte portando con sé tre dei suoi discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Mentre erano lassù, loro soli, il volto di Gesù divenne sfolgorante, e così pure le sue vesti. E’ ciò che chiamiamo “Trasfigurazione”: un mistero luminoso, confortante. Quale ne è il significato? La Trasfigurazione è una rivelazione della persona di Gesù, della sua realtà profonda. Infatti, i testimoni oculari dell’evento, cioè i tre Apostoli, furono avvolti da una nube, anch’essa luminosa – che nella Bibbia annuncia sempre la presenza di Dio – e udirono una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo» (Mt 17,5). Con questo evento i discepoli vengono preparati al mistero pasquale di Gesù: a superare la terribile prova della passione e anche a comprendere bene il fatto luminoso della risurrezione.


Saluto soprattutto i miei due successori. Saluto il Cardinale Wetter, dal quale è partita l’iniziativa di dedicare una chiesa parrocchiale a san Corbiniano e un valido sostegno per la realizzazione del progetto. Grazie Eminenza. Herzlichen Dank. Ich freue mich, daß so schnell die Kirche gewachsen ist [Grazie mille. Sono lieto che la chiesa sia sorta così velocemente]. Saluto il Cardinale Marx, attuale Arcivescovo di Monaco e Frisinga, che continua con l’amore non solo per san Corbiniano, ma anche per la sua Chiesa a Roma. Herzlichen Dank auch Ihnen [Grazie mille anche a lei]. Saluto anche S.E. Mons. Clemens della diocesi di Paderborn e Segretario del Consiglio per i Laici. 
Un particolare pensiero al Parroco, don Antonio Magnotta, con un vivissimo ringraziamento per le parole che lei ha rivolto a me. Grazie! E saluto naturalmente anche il Viceparroco! Attraverso tutti voi qui presenti, desidero far giungere una parola di affettuosa vicinanza ai circa diecimila residenti nel territorio della Parrocchia. Riuniti attorno all’Eucaristia, avvertiamo più facilmente che la missione di ogni coIl racconto parla anche di Mosè ed Elia, che apparvero e conversavano con Gesù. Effettivamente questo episodio ha un rapporto con altre due rivelazioni divine. Mosè era salito sul monte Sinai, e lì aveva avuto la rivelazione di Dio. Aveva chiesto di vedere la sua gloria, ma Dio gli aveva risposto che non l’avrebbe visto in faccia, ma solo di spalle (cfr Ex 33,18-23). In modo analogo, anche Elia ebbe una rivelazione di Dio sul monte: una manifestazione più intima, non con una tempesta, con un terremoto, o con il fuoco, ma con una brezza leggera (cfr 1R 19,11-13). A differenza di questi due episodi, nella Trasfigurazione non è Gesù ad avere la rivelazione di Dio, bensì è proprio in Lui che Dio si rivela e che rivela il suo volto agli Apostoli. Quindi, chi vuole conoscere Dio, deve contemplare il volto di Gesù, il suo volto trasfigurato: Gesù è la perfetta rivelazione della santità e della misericordia del Padre. Inoltre, ricordiamo che sul monte Sinai Mosè ebbe anche la rivelazione della volontà di Dio: i dieci Comandamenti. E, sempre sul monte, Elia ebbe da Dio la rivelazione divina di una missione da compiere. Gesù, invece, non riceve la rivelazione di ciò che dovrà compiere: già lo conosce; sono piuttosto gli Apostoli a sentire, nella nube, la voce di Dio che comanda: «Ascoltatelo». La volontà di Dio si rivela pienamente nella persona di Gesù. Chi vuole vivere secondo la volontà di Dio, deve seguire Gesù, ascoltarlo, accoglierne le parole e, con l’aiuto dello Spirito Santo, approfondirle. E’ questo il primo invito che desidero farvi, cari amici, con grande affetto: crescete nella conoscenza e nell’amore a Cristo, sia come singoli, sia come comunità parrocchiale, incontrateLo nell’Eucaristia, nell’ascolto della sua parola, nella preghiera, nella carità.


Il secondo punto è la Chiesa, come edificio e soprattutto come comunità. Prima di riflettere, però, sulla Dedicazione della vostra chiesa, vorrei dirvi che c’è un motivo particolare che accresce la mia gioia di trovarmi oggi con voi. San Corbiniano, infatti, è il fondatore della diocesi di Frisinga, in Baviera, della quale sono stato Vescovo per quattro anni. Nel mio stemma episcopale ho voluto inserire un elemento strettamente associato alla storia di questo Santo: l’orso. Un orso – così si racconta – aveva sbranato il cavallo di Corbiniano, che si stava recando a Roma. Egli lo rimproverò aspramente, riuscì ad ammansirlo e gli caricò sulle spalle il bagaglio che, fino a quel momento, era stato portato dal cavallo. L’orso trasportò quel carico fino a Roma e solo qui il Santo lo lasciò libero di andarsene.


Forse questo è il punto dove dire due parole sulla vita di san Corbiniano. San Corbiniano era francese, sacerdote della zona di Parigi, e aveva fondato vicino a Parigi un monastero. Era molto stimato come consigliere spirituale, ma egli cercava piuttosto la contemplazione e perciò venne a Roma per crearsi qui, vicino alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, un monastero. 


Ma il Papa Gregorio II - siamo più o meno nel 720 - stimava le sue qualità, aveva capito le sue qualità, lo ordinò vescovo incaricandolo di andare in Baviera e di annunciare in quella terra il Vangelo. Baviera: il Papa pensava al Paese tra il Danubio e le Alpi che per cinquecento anni era stata la provincia romana della Raetia; solo alla fine del quinto secolo la popolazione latina era tornata in gran parte in Italia. Là erano rimasti in pochi, la gente semplice; la terra era poco abitata e là era entrato un nuovo popolo, il popolo bavarese, che aveva trovato un’eredità cristiana perché il Paese era stato cristianizzato nel tempo romano. La gente bavarese aveva capito subito che questa era la vera religione e voleva farsi cristiana, ma mancava gente colta, mancavano sacerdoti per annunciare il Vangelo. 
E così il Cristianesimo era rimasto molto frammentario, iniziale. Il Papa conosceva questa situazione, sapeva della sete di fede che c’era in quel Paese, e perciò incaricò san Corbiniano di andare là e là annunciare il Vangelo. E a Freising, nella città del duca, su un colle, il Santo ha creato il Duomo - già aveva trovato un santuario della Madonna - e là è rimasta per più di mille anni la sede del vescovo. 
Solo dopo il tempo napoleonico, essa è stata trasferita trenta chilometri più a sud, a Monaco. Si chiama ancora diocesi di Monaco e Freising, e la maestosa cattedrale romanica di Freising rimane il cuore della diocesi. Così vediamo come i santi stanno per l’unità e l’universalità della Chiesa. L’universalità: san Corbiniano collega la Francia, la Germania, Roma. L’unità: san Corbiniano ci dice che la Chiesa è fondata su Pietro e ci garantisce anche la perennità della Chiesa costruita sulla roccia, che mille anni fa era la stessa Chiesa come oggi, perché il Signore è sempre lo stesso. Lui è sempre la Verità, sempre antica e sempre nuova, attualissima, presente, e apre la chiave per il futuro.


Vorrei ora ringraziare quanti hanno contribuito a costruire questa chiesa. So quanto la diocesi di Roma si impegni per assicurare ad ogni quartiere adeguati complessi parrocchiali. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore e il Vescovo Segretario dell’Opera Romana per la Preservazione della Fede e la Provvista di Nuove Chiese. munità cristiana è quella di recare a tutti il messaggio dell’amore di Dio, far conoscere a tutti il suo volto. Ecco perché è importante che l’Eucaristia sia sempre il cuore della vita dei fedeli, come lo è quest’oggi per la vostra Parrocchia, anche se non tutti i suoi membri hanno potuto parteciparvi personalmente.



Viviamo oggi una giornata importante, che corona gli sforzi, le fatiche, i sacrifici compiuti e l’impegno della gente qui residente di costituirsi come comunità cristiana e matura, capace di avere una chiesa ormai consacrata definitivamente al culto di Dio. Mi rallegro per tale meta raggiunta e sono certo che essa favorirà l’aggregarsi e il crescere della famiglia dei credenti in questo territorio. La Chiesa vuole essere presente in ogni quartiere dove la gente vive e lavora, con la testimonianza evangelica di cristiani coerenti e fedeli, ma anche con edifici che permettono di radunarsi per la preghiera e i Sacramenti, per la formazione cristiana e per stabilire rapporti di amicizia e fraternità, facendo crescere i fanciulli, i giovani, le famiglie e gli anziani in quello spirito di comunità che Cristo ci ha insegnato e di cui il mondo ha tanto bisogno.


Come è stato realizzato l’edificio parrocchiale, così la mia visita desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi. Lo abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Voi siete campo di Dio, edificio di Dio”, scrive san Paolo ai Corinzi (1Co 3,9) e a noi; e li esorta a costruire sull’unico vero fondamento, che è Gesù Cristo (1Co 3,11). Per questo, anch’io vi esorto a fare della vostra nuova chiesa il luogo in cui si impara ad ascoltare la Parola di Dio, la “scuola” permanente di vita cristiana da cui parte ogni attività di questa parrocchia giovane e impegnata. 

Su questo aspetto è illuminante il testo del Libro di Neemia che ci è stato proposto nella prima lettura. In esso si vede bene che Israele è il popolo convocato per ascoltare la Parola di Dio, scritta nel libro della Legge. Questo libro viene letto solennemente dai ministri e viene spiegato al popolo, che sta in piedi, alza le mani al cielo, poi si inginocchia e si prostra con la faccia a terra, in segno di adorazione. È una vera liturgia, animata dalla fede in Dio che parla, dal pentimento per la propria infedeltà alla Legge del Signore, ma soprattutto dalla gioia perché la proclamazione della sua Parola è segno che Lui non ha abbandonato il suo popolo, che Lui è vicino. Anche voi, cari fratelli e sorelle, radunandovi ad ascoltare la Parola di Dio con fede e perseveranza, diventate, di domenica in domenica, Chiesa di Dio, formati e plasmati interiormente dalla sua Parola. Che grande dono è questo! Siatene sempre riconoscenti.



La vostra è una comunità giovane, costituita in gran parte da coppie appena sposate che vengono a vivere nel quartiere; tanti sono i bambini e i ragazzi. Conosco l’impegno e l’attenzione che vengono dedicati alla famiglia e all’accompagnamento delle giovani coppie: sappiate dar vita ad una pastorale familiare caratterizzata dall’accoglienza aperta e cordiale dei nuovi nuclei familiari, che sappia favorire la conoscenza reciproca, così che la comunità parrocchiale sia sempre più una ‘famiglia di famiglie’, capace di condividere con loro, insieme alle gioie, le inevitabili difficoltà degli inizi. So anche che vari gruppi di fedeli si radunano per pregare, formarsi alla scuola del Vangelo, partecipare ai Sacramenti e vivere quella dimensione essenziale per la vita cristiana che è la carità. Penso a quanti con la Caritas parrocchiale cercano di andare incontro alle tante esigenze del territorio, specialmente rispondendo alle attese dei più poveri e bisognosi.


Mi rallegro per quanto fate nella preparazione dei ragazzi e dei giovani ai Sacramenti della vita cristiana, e vi esorto ad interessarvi sempre di più anche dei loro genitori, specialmente di quelli che hanno bambini piccoli; la Parrocchia si sforzi di proporre anche a loro, in orari e modi convenienti, incontri di preghiera e di formazione, soprattutto per i genitori dei bambini che devono ricevere il Battesimo e gli altri Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Abbiate anche una particolare cura e attenzione per le famiglie in difficoltà, o che si trovano in una condizione di precarietà o di irregolarità. Non lasciatele sole, ma state loro vicino con amore, aiutandole a comprendere l’autentico disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Una speciale parola di affetto e di amicizia il Papa vuole dirigerla anche a voi, cari ragazzi e giovani che mi ascoltate, ed ai vostri coetanei che vivono in questa Parrocchia. L’oggi e il domani della comunità ecclesiale e civile sono affidati in modo particolare a voi. La Chiesa si aspetta molto dal vostro entusiasmo, dalla vostra capacità di guardare avanti e dal vostro desiderio di radicalità nelle scelte della vita.


Cari amici di san Corbiniano! Il Signore Gesù, che condusse gli Apostoli sul monte a pregare e mostrò loro la sua gloria, oggi ha invitato noi in questa nuova chiesa: qui possiamo ascoltarlo, qui possiamo riconoscere la sua presenza nello spezzare il Pane eucaristico; e in questo modo diventare Chiesa viva, tempio dello Spirito Santo, segno nel mondo dell’amore di Dio. Ritornate alle vostre case con il cuore colmo di riconoscenza e di gioia, perché siete parte di questo grande edificio spirituale che è la Chiesa. Alla Vergine Maria affidiamo il nostro cammino quaresimale, come quello della Chiesa intera. La Madonna, che ha seguito il suo Figlio Gesù fino alla croce, ci aiuti ad essere discepoli fedeli del Cristo, per poter partecipare insieme con lei alla gioia della Pasqua. Amen.

Domenica, 20 marzo 2011



AMDG et BVM


In quanto Corredentrice, Maria è Mediatrice universale delle grazie che vengono dal Figlio.

        Maria nelle rivelazioni di Santa Brigida di Svezia

“La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del «genio femminile» apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile”. Con queste parole, contenute nella Lettera Mulieris Dignitatem, il Beato Papa Giovanni Paolo II ha tessuto un altissimo elogio della donna e delle immense energie di bene di cui ella dispone.

Ai popoli dell’Europa ha voluto additare l’esempio di una di loro, proclamandola Compatrona del continente europeo. Si tratta di Brigida di Svezia di cui l’attuale Pontefice, Benedetto XVI, ha tracciato un interessante ritratto nella sua catechesi del 27 ottobre 2010.
 Visse in un’epoca tormentata per la Chiesa, il secolo XIV, quando il Papa si era allontanato da Roma e viveva ad Avignone mentre guerre, povertà e malattie decimavano la popolazione di molti paesi dell’Europa e la immiserivano. Brigida era svedese ed apparteneva ad una nobile famiglia. Con suo marito Ulf formò una famiglia veramente cristiana dove si pregava ogni giorno con fervore e ci si dedicava insieme alle opere di carità. Rimasta vedova, si spogliò dei suoi beni materiali e si dedicò ad una vita di penitenza e di orazione. Pellegrina in Italia e in Terra Santa, era assetata di Dio che volle arricchirla di carismi straordinari, visioni e locuzioni interiori che furono trascritte dai suoi confessori in un testo che appartiene ai grandi capolavori della storia della spiritualità cristiana, intitolato “Rivelazioni”.

Leggendo queste pagine si ricava un grande beneficio perché, in forma dialogica, le Tre Persone divine e la Madonna stessa intervengono ad illustrare i grandi misteri della nostra fede, soprattutto quello della Passione del Signore per la quale Brigida nutrì una devozione speciale. Con la sue sofferenze fisiche e morali, con la sua agonia e con la sua morte Cristo è il Redentore e, strettamente associata a Lui, Maria è Correndentrice.

Anche se i teologi “professionisti” a volte sono eccessivamente titubanti nell’attribuire questo titolo alla Madonna, i mistici, illuminati in modo speciale da Dio, non hanno alcuna esitazione ad esporre il ruolo unico ed eccellente svolto da Maria durante la Passione del Figlio. È il caso di santa Brigida che nelle sue Rivelazioni ascolta la Vergine riferirle: “Dico con una certa audacia che il dolore di Cristo era il mio dolore e che il suo cuore era il mio cuore. Come Adamo ed Eva vendettero il mondo per un frutto, così mio Figlio ed io abbiamo redento il mondo quasi con un solo cuore”. Per questo motivo, santa Brigida raccomanda la devozione ai dolori di Maria che, come leggiamo nelle Rivelazioni, furono profetizzati dalle parole di Simeone, il sacerdote che nel tempio di Gerusalemme, accogliendo la Sacra Famiglia, disse: “E a te, Maria, una spada trafiggerà l’anima”.

In quanto Corredentrice, Maria è Mediatrice universale delle grazie che vengono dal Figlio. Anche se la Chiesa tuttavia non ha ancora proclamato ufficialmente questo dogma (preghiamo perché avvenga quanto prima), molti santi, tra cui la nostra Brigida, hanno intuito questa bellissima e consolante verità. Nelle sue esperienze mistiche, la santa svedese ha ascoltato Cristo dire a sua Madre: “Io sento tanta dolcezza nelle tue parole che non posso rifiutare ciò che mi domandi perché anche tu vuoi solamente ciò che io voglio”.

I mistici parlano con dei simboli molto belli. Con uno di essi, che ritroviamo nelle Rivelazioni, completiamo questa presentazione del pensiero mariologico di santa Brigida: “Io sono Colei – dice Maria –, che veglia sul mondo in continua preghiera, come l’arcobaleno che sta in cielo al di sopra delle nubi. Io mi considero un arco celeste che si china verso gli abitanti del mondo, interessandomi, con la mia preghiera sia dei buoni che dei cattivi”.

Riconoscendo la santità di Brigida, la Chiesa, pur senza pronunciarsi sulle singole rivelazioni, ha accolto l’autenticità complessiva della sua esperienza interiore.
                                                                                      
Beato Papa Giovanni Paolo II


Quando mio Figlio veniva flagellato e colpito, era come se il mio cuore fosse flagellato e colpito. Nella passione io gli ero vicina e non mi separavo da lui.
                                                                                             
Santa Brigida di Svezia 

                                                
IMMAGINE: 
Raffigurazione della nobile svedese: nata nel 1303 e morta a Roma nel 1373, è stata canonizzata nel 1391.

mercoledì 3 dicembre 2014

Chiarezza sul santo matrimonio



1. LA "RETRACTATIO"

La nuova conclusione dell'articolo del 1972, riscritta da papa emerito Benedetto XVI nel 2014


[…]

La Chiesa è Chiesa della Nuova Alleanza, ma vive in un mondo nel quale continua ad esistere immutata quella "durezza del [...] cuore" (Mt 19, 8) che ha spinto Mosé a legiferare. Che cosa può dunque fare di concreto, specialmente in un tempo in cui la fede si annacqua sempre più, fin all'interno della Chiesa, e le "cose di cui si preoccupano i pagani", contro le quale il Signore mette in guardia i discepoli (cfr. Mt 6, 32), minacciano di diventare sempre più la norma?

Anzitutto, ed essenzialmente, deve annunciare in modo convincente e comprensibile il messaggio della fede e cercare di aprire spazi dove possa essere vissuta veramente. La guarigione della "durezza del cuore" può giungere soltanto dalla fede, e solo dove essa è viva è possibile vivere ciò che il Creatore aveva destinato all'uomo prima del peccato. Perciò la cosa principale e davvero fondamentale che la Chiesa deve fare è rendere la fede viva e forte.

Allo stesso tempo, la Chiesa deve continuare a cercare di sondare i confini e l'ampiezza delle parole di Gesù. Deve rimanere fedele al mandato del Signore, e non può nemmeno stiracchiarlo troppo. Mi pare che le cosiddette "clausole della fornicazione" che Matteo ha aggiunto alle parole del Signore tramandate da Marco rispecchino già un tale sforzo. Viene menzionata una fattispecie che le parole di Gesù non toccano.

Questo sforzo è proseguito nel corso di tutta la storia. La Chiesa d'Occidente, sotto la guida del successore di Pietro, non ha potuto seguire il cammino della Chiesa dell'impero bizantino, che si era avvicinata sempre più al diritto temporale, indebolendo così la specificità della vita nella fede. Tuttavia, a modo suo ha messo in luce i confini dell'applicabilità delle parole del Signore, definendo così in modo più concreto la loro portata.

Sono emersi soprattutto due ambiti, che sono aperti a una soluzione particolare da parte dell'autorità ecclesiastica.


1. In 1 Cor 7, 12-16 san Paolo – come indicazione personale, che non proviene dal Signore, ma alla quale sa di essere autorizzato – dice ai Corinti, e attraverso di loro alla Chiesa di tutti i tempi, che nel caso di matrimonio tra un cristiano e un non cristiano questo può essere sciolto qualora il non cristiano ostacoli il cristiano nella sua fede. Da ciò la Chiesa ha derivato il cosiddetto "privilegium paulinum", continuando a interpretarlo nella sua tradizione giuridica (cfr. CIC, can. 1143-1150).

Dalle parole di san Paolo la tradizione della Chiesa ha dedotto che solo il matrimonio tra due battezzati è un sacramento autentico e quindi assolutamente indissolubile. Quelli tra un non cristiano e un cristiano sono sì matrimoni secondo l'ordine della creazione e quindi di per sé definitivi. Tuttavia possono essere sciolti a favore della fede e di un matrimonio sacramentale.

La tradizione alla fine ha allargato questo "privilegio paolino",  rendendolo "privilegium petrinum". Ciò significa che il successore di Pietro ha il mandato di decidere, nell'ambito dei matrimoni non sacramentali, quando la separazione è giustificata. Questo cosiddetto "privilegio petrino" non è però stato accolto nel nuovo Codice, come era invece nelle intenzioni iniziali.

Il motivo è stato il dissenso tra due gruppi di esperti. Il primo ha sottolineato che l'obiettivo di tutto il diritto della Chiesa, il suo metro interiore, è la salvezza delle anime. Da ciò consegue che la Chiesa può ed è autorizzata a fare ciò che serve per perseguire questo fine. L'altro gruppo, al contrario, era dell'idea che i mandati del ministero petrino non dovessero essere allargati troppo e che occorresse rimanere entro i confini riconosciuti dalla fede della Chiesa.

Poiché non fu possibile trovare un accordo tra questi due gruppi, papa Giovanni Paolo II decise di non accogliere nel Codice questa parte delle consuetudini giuridiche della Chiesa, ma di continuare ad affidarla alla congregazione per la dottrina della fede che, insieme con la prassi concreta, deve esaminare continuamente le basi e i confini del mandato della Chiesa in questo ambito.


2. Nel corso del tempo si è sviluppata sempre più chiaramente la consapevolezza che un matrimonio contratto apparentemente in modo valido, a causa di vizi giuridici o effettivi può non essersi realmente concretizzato e quindi può essere nullo. Nella misura in cui la Chiesa ha sviluppato il proprio diritto matrimoniale, essa ha anche elaborato dettagliatamente le condizioni per la validità e i motivi di possibile nullità.

La nullità del matrimonio può derivare da errori nella forma giuridica, ma anche e soprattutto da una insufficiente consapevolezza. Trattando la realtà del matrimonio, la Chiesa ha riconosciuto molto presto che il matrimonio viene costituito come tale attraverso il consenso dei due partner, che deve essere espresso anche pubblicamente in una forma definita dal diritto (CIC, can. 1057 § 1). Il contenuto di questa decisione comune è il dono reciproco attraverso un vincolo irrevocabile  (CIC, can. 1057 § 2; can. 1096 § 1). Il diritto canonico presuppone che le persone adulte sappiano da sole, a partire dalla loro natura, che cos'è il matrimonio, e quindi sappiano anche che è definitivo; il contrario dovrebbe essere espressamente dimostrato (CIC, can. 1096 § 1 e § 2).

Su questo punto, negli ultimi decenni sono nati nuovi interrogativi. Oggi si può ancora presumere che le persone sappiano "per natura" della definitività e dell'indissolubilità del  matrimonio e che vi acconsentano con il loro sì? O non si è forse verificato nella società attuale, perlomeno nei paesi occidentali, un cambiamento della consapevolezza che fa piuttosto presumere il contrario? Si può dare per scontata la volontà del sì definitivo o non ci si deve piuttosto aspettare il contrario, ovvero che già prima si è predisposti al divorzio? Laddove la definitività venisse esclusa consapevolmente, non si realizzerebbe davvero il matrimonio nel senso della volontà del Creatore e dell'interpretazione di Cristo. Da qui si percepisce quanto oggi sia diventata importante una corretta preparazione al sacramento.

La Chiesa non conosce il divorzio. Tuttavia, dopo quanto appena accennato, essa non può escludere la possibilità di matrimoni nulli. I processi di annullamento devono essere condotti in due direzioni e con grande attenzione: non devono diventare un divorzio camuffato. Sarebbe disonesto e contrario alla serietà del sacramento. D'altra parte, devono esaminare con la necessaria coscienziosità le problematiche della possibile nullità e, laddove vi siano motivi giusti a favore dell'annullamento, esprimere la sentenza corrispondente, aprendo così a tali persone una porta nuova.

Nel nostro tempo sono emersi nuovi aspetti del problema della validità. Ho già accennato sopra che la consapevolezza naturale dell'indissolubilità del matrimonio è diventata problematica e che da ciò derivano nuovi compiti per la procedura processuale. Vorrei indicare brevemente altri due elementi nuovi:

a. Il can. 1095 n. 3 ha inscritto la problematica moderna nel diritto canonico laddove dice che non sono capaci di contrarre matrimonio le persone che "per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio". Oggi, i problemi psichici delle persone, proprio dinanzi a una realtà così grande come il matrimonio, vengono percepiti più chiaramente rispetto al passato. Tuttavia, è bene mettere in guardia dal costruire in maniera avventata la nullità a partire dai problemi psichici. Così facendo, in realtà, sarebbe troppo facile pronunciare un divorzio sotto l'apparenza della nullità.

b. Oggi si impone con grande serietà un'altra domanda. Attualmente ci sono sempre più pagani battezzati, vale a dire persone diventate cristiane per mezzo del battesimo, ma che non credono e che non hanno mai conosciuto la fede. Si tratta di una situazione paradossale: il battesimo rende la persona cristiana, ma senza fede essa rimane comunque solo un pagano battezzato. Il can. 1055 § 2 dice che "tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento". Ma che cosa succede se un battezzato non credente non conosce affatto il sacramento? Potrebbe anche avere la volontà dell'indissolubilità, ma non vede la novità della fede cristiana. L'aspetto tragico di questa situazione appare evidente soprattutto quando battezzati pagani si convertono alla fede e iniziano una vita totalmente nuova. Sorgono qui delle domande per le quali non abbiamo ancora una risposta. È quindi ancora più urgente approfondirle. 


3. Da quanto detto finora è emerso che la Chiesa d'Occidente – la Chiesa cattolica –, sotto la guida del successore di Pietro, da un lato sa di essere strettamente vincolata alla parola del Signore sull'indissolubilità del matrimonio, dall'altro ha però anche cercato di riconoscere i limiti di questa indicazione per non imporre alle persone più di quanto è necessario.

Così, partendo dal suggerimento dell'apostolo Paolo e appoggiandosi al tempo stesso sull'autorità del ministero petrino, per i matrimoni non sacramentali ha elaborato ulteriormente la possibilità del divorzio in favore della fede. Allo stesso modo ha esaminato sotto ogni aspetto la nullità di un matrimonio.

L'esortazione apostolica "Familiaris consortio" di Giovanni Paolo II, del 1981, ha compiuto un ulteriore passo. Al numero 84 è scritto: "Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa [...]. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza".

Con ciò alla pastorale viene affidato un compito importante, che forse non è ancora stato trasposto a sufficienza nella vita della quotidianità della Chiesa. Alcuni dettagli sono indicati nell'esortazione stessa. Vi viene detto che queste persone, in quanto battezzate, possono partecipare alla vita della Chiesa, che addirittura devono farlo. Vengono elencate le attività cristiane che per loro sono possibili e necessarie. Forse, però, bisognerebbe sottolineare con maggiore chiarezza che cosa possono fare i pastori e i fratelli nella fede perché esse possano sentire veramente l'amore della Chiesa. Penso che bisognerebbe riconoscere loro la possibilità di impegnarsi nelle associazioni ecclesiali e anche di accettare di fare da padrino o da madrina, cosa che per ora il diritto non prevede.

C'è un altro punto di vista che mi s'impone. L'impossibilità di ricevere la santa eucaristia viene percepita come tanto dolorosa non da ultimo perché, attualmente, quasi tutti coloro che partecipano alla messa si accostano anche alla mensa del Signore. Così, le persone colpite appaiono anche pubblicamente squalificate come cristiani.

Ritengo che il monito di san Paolo all'autoesame e alla riflessione sul fatto che si tratta del Corpo del Signore dovrebbe essere presa nuovamente sul serio: "Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor 11, 28 s.) Un serio esame di sé, che può anche portare a rinunciare alla comunione, ci farebbe inoltre sentire in modo nuovo la grandezza del dono dell'eucaristia e per giunta rappresenterebbe una forma di solidarietà con le persone divorziate e risposate.

Vorrei aggiungere un altro suggerimento pratico. In molti paesi è diventata consuetudine che le persone che non possono comunicarsi (per esempio gli appartenenti ad altre confessioni) si accostino all'altare, ma tengano le mani sul petto, facendo in tal modo capire che non ricevono il santissimo sacramento, ma che chiedono una benedizione, che viene loro donata come segno dell'amore di Cristo e della Chiesa. Questa forma certamente potrebbe essere scelta anche dalle persone che vivono in un secondo matrimonio e quindi non sono ammesse alla mensa del Signore. Il fatto che ciò renda possibile una comunione spirituale intensa con il Signore, con tutto il suo Corpo, con la Chiesa, potrebbe essere per loro un'esperienza spirituale che le rafforza e le aiuta.

(Traduzione dall'originale tedesco di Simona Storioni)

AMDG et BVM

martedì 2 dicembre 2014

Il cattolicesimo ammodernato

Dalla Chiesa lassista alla chiesa agnostica

L'Editoriale di Radicati nella Fede - Dicembre 2014 [qui]
Un Dio che non chiede più nulla agli uomini è come se non esistesse. Questo è l'esito tragico di una Chiesa post-conciliare, che sposando una visione mondana della misericordia giunge ad un agnosticismo pratico. Sì, perché se è vero che c'è un ateismo pratico, quello di chi vive come se Dio non esistesse, pur non negando in modo esplicito la sua esistenza, c'è pure un agnosticismo pratico, quello di chi parla di un Dio che resta sconosciuto, che non parla con chiarezza agli uomini, da cui l'uomo trae quello che vuole a seconda delle occasioni, un Dio che, in fondo, è qui solo per valorizzarti, senza chiederti molto.

Sembra essere proprio questa la situazione di gran parte del cattolicesimo odierno, quello vissuto concretamente dalla maggioranza dei battezzati.

Si predica un Dio puro perdono, un Dio consolatorio, che non chiede la conversione personale, che non chiede di cambiare vita. Un Dio pronto ad accogliere le nuove svolte della società, pronto a dichiarare che le immoralità, se vissute con cuore, in fondo non sono proprio immorali. I dibattiti in margine al recente sinodo hanno dato ampio esempio di questo. Il matrimonio non tiene più nel nostro occidente decadente, affrettiamoci allora a dire che Dio non chiede una indissolubilità assoluta. La gente non si sposa più, affrettiamoci allora a dire che, se nei conviventi c'è amore sincero, in qualche modo si supplisce al sacramento... e di questi discorsi, non riferiti solo al matrimonio, potremmo citarne tanti.

Alla fine possiamo dire di assistere ad un nuovo parlare di Dio, di un Dio che non chiede nulla agli uomini, di un Dio che non vieta nulla. Ai tempi della contestazione andava per la maggiore il “vietato vietare”: oggi questo slogan alberga nella Chiesa rinnovata, nella Chiesa del post-concilio. “Vietato parlare di un Dio che vieta”, sembra essere questo lo slogan con il quale si riprogrammano i quadri dei cattolici impegnati e soprattutto del clero. Si vuole un clero che accolga, senza richiamare al dovere urgente della conversione. Vietato parlare di castigo, di penitenza, di timor di Dio. La gente ha bisogno di consolazione, si dice, di ritrovare fiducia nella Chiesa, allora per favore non vietate! È l'annoiante ritornello.
Con un colpo di spugna si cancella tutta la Sacra Scrittura, tutto il Vangelo e tutto l'Antico Testamento. Si parla di un Dio che non ritroveremo nella Rivelazione, di un Gesù preso a prestito dal laicismo massonico, ma che non corrisponde a nessun passo del Vangelo. Un Signore che non indica la strada della vita, chiedendo agli uomini di allontanarsi dal peccato; ma di un Signore che si affretta a valorizzare ciò che gli uomini fanno nelle loro ubriacature di peccato.
Anche gli sforzi della gerarchia sembrano volti a controllare solo quella parte di Chiesa che si attarda a predicare un Dio a cui spiace il peccato, che castiga il peccato, perché l'uomo possa ravvedersi e tornare ad una vita santa. Il “Vietato parlare di un Dio che vieta” diventa “basta con una Chiesa che vieta”. In effetti c'è ancora qualcosa di vietato nelle nostre parrocchie e nelle nostre chiese?
C'è da domandarsi cosa pensino fedeli e pastori, quando nelle messe viene proclamata la Parola di Dio, quando si ascoltano i profeti che annunciano i castighi di Dio e invitano alla conversione, quando nei vangeli si parla degli ultimi tempi, del giudizio finale e del ritorno glorioso di Cristo.
Proprio negli anni in cui si è parlato tanto, nella Chiesa, di dialogo con gli ebrei, si è di fatto censurato tutto l'Antico Testamento. È un Dio moderno quello che sta al centro di troppe chiese, un Dio borghese che benedice le tue scelte emancipate, al passo con i tempi, un Dio che non ti chiede più nulla.
Ma tutta questa falsità è già castigata. Sì, perché un Dio che non ti chiede più nulla è un Dio che di fatto non esiste. Questo è vero anche nel vissuto delle persone: cosa se ne fa l'uomo di un Dio che gli dà sempre ragione?
Ci siamo scavati la fossa da soli.
Il cattolicesimo ammodernato si è scavato la fossa da solo: predicando un Dio che è pura accondiscendenza, si è trasformato in un cattolicesimo agnostico, che pur non negando l'esistenza di Dio, vive staccato da Dio, perché per lui Dio è sconosciuto. Se Dio mi dà sempre ragione, se benedice le mie scelte a priori, se Dio coincide con me e con la mia volontà, Dio scompare dalla mia vita. È la tragedia della Chiesa post-conciliare che diventa agnostica.
Ecco perché nella Chiesa di oggi si parla tanto della Chiesa stessa e del mondo, e quasi mai di Dio.

Vivendo il Santo Natale ricordiamoci invece che Dio è venuto nel mondo, si è fatto uomo, ha mostrato il suo volto, ci ha parlato lungo i secoli nell'Antico e nel Nuovo Testamento, ci ha detto e ci ha chiesto, e noi dobbiamo ascoltarlo e obbedirgli.

E la Chiesa deve essere semplicemente il fedele eco del Signore che parla.

Terzo Segreto di Fatima