giovedì 27 novembre 2014

Lettera spirituale: Suor Caterina e la Medaglia: una «Bibbia» dei poveri.











Carissimo Amico/a

Verso la fine dell'anno 1841, un giovane banchiere israelita, appartenente ad una ragguardevole famiglia di Strasburgo, Alfonso Ratisbonne, si ferma a Roma in occasione di un viaggio in Oriente. Le sue disposizioni religiose sono nettamente ostili alla Chiesa cattolica, soprattutto da quando suo fratello Teodoro si è convertito al cattolicesimo ed è stato ordinato sacerdote. Nella Città Santa, si reca da un amico, Gustavo de Bussière. In sua assenza, lo riceve il fratello, Teodoro de Bussière, cattolico fervente. Nel corso della conversazione, Alfonso dà libero sfogo alla sua animosità contro la fede cattolica ed afferma il suo indefettibile attaccamento al giudaismo. Ispirato dalla grazia, il Sig. de Bussière gli regala una medaglia miracolosa, dicendo: «Mi prometta di portare sempre con sè questo piccolo dono che la prego di non rifiutare». Alfonso accetta per cortesia.

Qualche giorno più tardi, il 20 gennaio 1842, i due amici si recano nella chiesa di Sant'Andrea delle Frate. Il Sig. de Bussière lascia un istante Alfonso per intrattenersi con un sacerdote. Quando torna, ritrova il giovane nella cappella di san Michele, prosternato in un profondo raccoglimento. Dopo un po', Alfonso volge verso di lui un volto bagnato di lacrime. «Ero in chiesa da un istante, dirà più tardi, quando, ad un tratto, sono stato preso da un turbamento inesprimibile. Ho alzato gli occhi; tutto l'edificio era sparito alla mia vista; una sola cappella aveva, per così dire, concentrato tutta la luce, e in mezzo a tanto irradiamento, è apparsa, in piedi sull'altare, alta, brillante, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, tale quale essa è rappresentata sulla mia medaglia; una forza irresistibile mi ha spinto verso di lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano d'inginocchiarmi, è sembrato che mi dicesse: Va bene! Non mi ha affatto parlato, ma ho capito tutto». Il 31 gennaio, Alfonso riceve il battesimo. Più tardi, si farà prete col nome di padre Maria Alfonso. In attesa, dopo essersi informato sull'origine della Medaglia Miracolosa, vorrebbe incontrare Suor Caterina Labouré, la religiosa che ne ha ricevuto la rivelazione. Ma questo vuol dire contare senza la profonda umiltà di lei, che desidera rimanere sconosciuta e rifiuta il colloquio.

Dove trovare la forza?

La religiosa tanto discreta che ha visto anch'essa la Santissima Vergine, e che Papa Pio XII chiamerà la Santa del silenzio, è nata il 2 maggio 1806 nel paesello di Fain-les-Moutiers (Borgogna). Il giorno seguente, in occasione del battesimo, ha ricevuto il nome di Caterina. Suo padre, Pierre Labouré, è un coltivatore agiato. Caterina è l'ottava di dieci figli. Ha solo nove anni quando sua madre muore, a 46 anni, il 9 ottobre 1815. Caterina si arrampica su una sedia, si alza sulla punta dei piedi, raggiunge la statua della Santissima Vergine che troneggia su un mobile e, sciogliendosi in lacrime, la supplica di farle da mamma. Il Signor Labouré fa tornare a casa la figlia maggiore, Maria Luisa, che ha 20 anni e si trova a Langres presso una zia, affinchè sostituisca sua madre nella fattoria.

Il 25 gennaio 1818, Caterina fa la prima Comunione con molto fervore. Maria Luisa, constatando la maturità precoce della sorella, la inizia ai lavori di casa, per poter realizzare senza attendere più a lungo il suo progetto di consacrarsi a Dio. Con tono deciso, Caterina dice allora a Tonina, la sorellina più giovane: «Insieme, manderemo avanti la casa». Ecco dunque Caterina regina nella grande fattoria. La mattina, è la prima ad alzarsi. Il suo principale compito quotidiano è quello di preparare e di servire i tre pasti. La fattoressa è la serva; paga di persona più di chiunque altro. Deve occuparsi anche degli animali. Caterina munge le mucche, mattina e sera; distribuisce il foraggio e porta la mandria all'abbeveratoio comunale. Versa ai maiali una zuppa densa, raccoglie le uova nel pollaio, si occupa di 700-800 piccioni che le si posano familiarmente addosso quando lancia loro generosamente il grano. Per di più, va a prendere l'acqua al pozzo, fa il bucato, impasta la farina per fare il pane, si reca, il giovedì, al mercato di Montbard (a 15 km.), ecc. Durante le lunghe serate invernali, la veglia ha luogo davanti al fuoco del caminetto: notizie, ricordi, storie, poi la preghiera della sera. La domenica, Caterina fa visita ai poveri ed agli ammalati.


Da dove attinge questa capacità di assumere un compito tanto gravoso? Il suo segreto è nascosto nelle sue scappate fuori della fattoria. Sparisce per un bel po' ogni giorno per recarsi nella chiesa non lontana, dove prega a lungo inginocchiata sulle lastre fredde. Il tabernacolo è vuoto, perchè il paesello non ha più sacerdote dalla Rivoluzione a questa parte. Ma la presenza del Signore si rivela in fondo al cuore della ragazza. È lì che essa trova la forza di far buon viso a tutti e di compiere bene le sue faccende quotidiane. «Le preghiere non fanno andar avanti il lavoro, è tempo perso», dicono talvolta le vicine. Caterina non se ne preoccupa più che tanto; prega, ed il lavoro è fatto in tempo utile. Il suo profondo desiderio è quello di farsi Suora.


Un sogno la rafforza nella sua vocazione. Vede un sacerdote anziano, molto buono, che la guarda con insistenza... poi, sempre in sogno, si trova al capezzale di un'ammalata. L'anziano sacerdote, tuttora presente, le dice: «Figlia mia, curare gli ammalati è una buona cosa... Un giorno verrai da me. Dio ha progetti su di te, non dimenticarlo». Tuttavia, per farsi Suora, bisognerebbe che sapesse leggere e scrivere. Una cugina si offre di ospitare Caterina a Châtillon-sur-Seine in un rinomato convitto che dirige. Tonina, che ha ora 16 anni, è in grado di assumere i compiti della fattoria. Anche se con reticenza, il Sig. Labouré lascia partire Caterina.

«Non cambio!»

A Châtillon-sur-Seine, la giovane fa visita alle Figlie della Carità, e riconosce con stupore su un ritratto il sacerdote che le era apparso in sogno. «Chi è? chiede – È il nostro buon Padre san Vincenzo de' Paoli», le risponde una suora. Tace; ma questa volta è certa che Dio la vuole Figlia della Carità. Quando raggiunge la maggiore età dell'epoca, 21 anni, annuncia a suo padre la sua decisione di consacrarsi a Dio. Il Sig. Labouré vi si oppone formalmente: ha già dato una figlia a Dio, basta così. E poi, Caterina è utile, è allegra, non snobba le feste dei paesi dei dintorni, ed è stata anche chiesta in matrimonio. Ma la ragazza è decisa: «Non mi voglio sposare». Tonina insiste, e Caterina le risponde: «Te l'ho detto, non mi sposerò mai. Sono fidanzata con Nostro Signore. – Allora, non hai cambiato idea da quando avevi dodici anni? – No, non cambio».

Dopo aver pazientato per qualche mese, Caterina ottiene finalmente l'autorizzazione paterna. Il 21 aprile 1830, si reca in rue du Bac, a Parigi, per cominciarvi il noviziato presso le Figlie della Carità. Fin dai primi mesi di vita religiosa, è favorita da grazie eccezionali: Gesù le si mostra nel Santissimo durante la Messa; il Cuore di san Vincenzo de' Paoli le appare; ha il presentimento di una Rivoluzione, molto prossima. Riferisce tutto al suo confessore, don Aladel, sacerdote lazzarista, il quale, dubitativo, la invita a rimanere calma e a dimenticare.

Nel corso della notte dal 18 al 19 luglio, Suor Caterina viene svegliata da un richiamo: «Sorella! Sorella!» Davanti a lei, un bambino di 4 o 5 anni, vestito di bianco: «Presto, alzati e vieni nella cappella, la Santa Vergine ti aspetta! – Ma mi si sentirà! – Sta' tranquilla, sono le 11 e mezzo, tutti dormono». Si veste e segue il bambino che emana raggi di luce ovunque passa. Nella cappella, tutti i ceri ed i candelabri sono accesi. In capo a un po', Suor Caterina vede una grande Signora che, dopo essersi prosternata davanti al Tabernacolo, va a sedersi in una poltrona. Si precipita ad inginocchiarsi accanto a lei, con le mani appoggiate sulle ginocchia della Santa Vergine: «Figlia mia, le dice Maria, il Buon Dio vuol incaricarti di una missione che ti causerà molta sofferenza... Bisognerà che tu dica tutto al tuo confessore. Sciagure si abbatteranno sulla Francia... Venite ai piedi di quest'altare. Lì, le grazie saranno riversate su tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore. Si penserà che tutto sia perduto. Ma sarò con voi. Abbiate fiducia, riconoscerete la mia venuta e la protezione di Dio e di san Vincenzo sulle vostre comunità». Quando Maria se ne va, verso le due del mattino, è come una luce che si spegne. Suor Caterina torna a letto, guidata dal bambino. Non si riaddormenta: il che prova che non ha sognato. Don Aladel, informato, vede in tutto ciò soltanto «illusione» e «immaginazione». La profezia di una nuova rivoluzione gli sembra inverosimile: la Francia è prospera ed in pace. Ma la rivoluzione scoppia all'improvviso, il 27 e 28 luglio. Gli insorti si accaniscono contro sacerdoti e suore. Tuttavia, la violenza si ferma alla porta delle Case fondate da san Vincenzo de' Paoli.

Il 27 novembre successivo, durante la preghiera della sera, Suor Caterina vede apparire un quadro che rappresenta la Santa Vergine: Maria le tende le braccia, e dalle sue mani escono raggi di luce di un meraviglioso splendore. Nello stesso istante, si fa sentire una voce: «Questi raggi sono i simboli delle grazie che Maria ottiene in favore degli uomini». Attorno al quadro, Suor Caterina legge, a caratteri d'oro, la seguente invocazione: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te». Poi, il quadro si gira e, a tergo, appaiono la lettera M, iniziale di «Maria», sormontata da una croce e, in basso, i sacri Cuori di Gesù e Maria. La voce precisa molto nettamente: «Bisogna far coniare una medaglia simile a questo modello, e le persone che la porteranno indulgenziata e che reciteranno devotamente questa breve invocazione, godranno della particolare protezione della Madre di Dio». 

Suor Caterina riferisce tutto a don Aladel, che le risponde malamente: «Pura illusione! Se vuoi onorare Nostra Signora, imita le sue virtù, e astieniti dall'immaginazione!» Padrona di sè, la Suora si ritira, calma, e senza prendersela. Ma il colpo è stato duro.

Gemme misteriose

Nel dicembre del 1830, Maria appare per la terza volta a Suor Caterina e le mostra il quadro che rappresenta la medaglia. Le dita della Santissima Vergine sono ornate di gemme da cui partono verso la terra raggi luminosi. Ma da certe pietre prezione non escono raggi: «Le gemme da cui nulla esce, sono le grazie che ci si dimentica di chiedermi», dice la Vergine Maria. Poi, aggiunge: «Non mi vedrai più, ma sentirai la mia voce durante le tue preghiere». Suor Caterina si trova contrastata fra la richiesta reiterata della Santa Vergine e l'obbedienza al confessore che non vuol più sentir parlare di tali «immaginazioni». Non avendo Nostra Signora fissato alcun termine pressante, opta per il silenzio.

Il 30 gennaio 1831, riveste l'abito e viene destinata all'ospizio di Enghien, in un sobborgo di Parigi. Lì, è proprio quello che le ci vuole: il pollaio, l'orto, i piccioni, in un secondo tempo le mucche. Ma la voce interiore la incalza a far coniare la medaglia. Don Aladel, sondato ancora una volta, sottomette il «caso» ad un confratello. Entrambi, si rimettono a Monsignor de Quélen, arcivescovo di Parigi. Il prelato prova un'attrattiva profonda per l'apparizione di Maria nel mistero dell'Immacolata Concezione: «Nessun inconveniente a coniare la Medaglia, essa è perfettamenrte conforme alla fede ed alla devozione. Non abbiamo da giudicare la natura della visione, nè da divulgarne le circostanze. Semplicemente, diffondiamo questa medaglia. E si giudicherà l'albero dai frutti».

Dieci milioni di medaglie

Rassicurato, don Aladel ordina medaglie ad un incisore parigino, e divulga il racconto delle Apparizioni, senza nominare la Suora che ne ha avuto il privilegio. I primi 1500 esemplari della medaglia sono pronti il 30 giugno 1832. Molto rapidamente, i miracoli si moltiplicano, a tal punto che, fin dal febbraio del 1834, la Medaglia è correntemente qualificata «miracolosa». Nel 1839, più di 10 milioni di esemplari sono già stati diffusi. Testimonianze di guarigioni giungono dagli Stati Uniti, dalla Polonia, dalla Cina, dalla Russia... Suor Caterina rende grazie; la buona novella annunciata da Isaia torna d'attualità: I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i poveri vengono evangelizzati. La Medaglia è una «Bibbia» dei poveri, il segno di una presenza, quella di Maria, nella luce di Cristo, all'ombra della Croce. I benefici della protezione mariana si fanno sentire in modo speciale nelle famiglie religiose fondate da san Vincenzo de' Paoli, in particolare con l'affluenza delle vocazioni.



I successi incomparabili della Medaglia Miracolosa manifestano quanto Nostro Signore si compiaccia nel vedere sua Madre così onorata. Nel giorno dell'Annunciazione, l'angelo Gabriele l'ha salutata come piena di grazia (Luca 1, 28). Nell'espressione piena di grazia, che assume quasi il valore di un nome, il nome che Dio dà a Maria, la Chiesa ha riconosciuto il privilegio dell'Immacolata Concezione, dogma proclamato solennemente, nel 1854, da Papa Pio IX: «Noi dichiariamo, pronunciamo e determiniamo che la dottrina che afferma che la Beatissima Vergine Maria, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e, per questa ragione, essa deve essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli» (Bolla Infallibilis Deus, 8 dicembre 1854).

Dopo la caduta di Adamo, il peccato più grande di tutti i mali, travolge l'umanità come un torrente; tuttavia, si arresta davanti al Redentore ed alla sua fedele Collaboratrice, Maria. Ma vi è una differenza notevole: Cristo è totalmente santo, in virtù della grazia che, nella sua umanità, deriva dalla sua Persona divina; Maria è tutta santa, in virtù della grazia ricevuta attraverso i meriti di Gesù Cristo. Colei che sarebbe divenuta Madre del Salvatore e Madre di Dio doveva esser immune da ogni macchia. Così, Maria è stata redenta in modo sublime: non attraverso la liberazione dal peccato, ma attraverso la preservazione dal peccato. L'immunità dal peccato originale comporta come conseguenza l'immunità dalla concupiscenza, tendenza disordinata che nasce dal peccato e spinge al peccato. La Santissima Vergine Maria, fedele alla grazia della sua immacolata concezione, non ha cessato di crescere in santità, senza cadere mai in alcun peccato, foss'anche veniale. «Per questo Maria rappresenta, per i credenti, il segno luminoso della divina misericordia ed una guida sicura verso le sommità della perfezione evangelica e della santità» (Giovanni Paolo II, 19 giugno 1996).


L'ascensione verso le «sommità della perfezione» suppone la virtù dell'umiltà, tanto cara alla Vergine Maria. Davanti al torrente di grazie ottenute attraverso la Medaglia Miracolosa, Suor Caterina si comporta anch'essa, da vera figlia di san Vincenzo, con un'umiltà sconcertante. Monsignor de Quélen aveva autorizzato discretamente la diffusione della Medaglia. Ma ben presto, decide di aprire un processo ufficiale per avallare il movimento di grazie che si è prodotto. Tuttavia, quando chiede di incontrare Suor Caterina, magari anche con il volto coperto, riceve un rifiuto, davanti al quale si inchina. «L'avversione della Suora a mostrarsi è dovuta unicamente alla sua umiltà», dirà don Aladel. Ci si accontenterà dunque della sola testimonianza del confessore, lui stesso autorizzato dalla veggente a rivelare i fatti. Quanto a Suor Caterina, essa si sforzerà per tutta la vita di conservare l'anonimato, industriandosi a sventare, con la sua acutezza contadina, le domande indiscrete.

Intanto, essa continua il suo lavoro, trasformando a poco a poco l'orto della casa di Enghien in piccola fattoria. Presta servizio anche in cucina, poi nella stireria ed in portineria, dove accoglie i poveri con una grande delicatezza, curando i corpi ma anche le anime, secondo il consiglio di san Vincenzo. Tuttavia, la sua funzione principale è quella di occuparsi degli uomini anziani. Il suo compito non è facile, perchè deve tener testa agli ex guardacaccia, camerieri, maggiordomi, portinai, pieni di nostalgia delle loro livree dorate. Essa si applica soprattutto ad amare i suoi vecchi, lasciando traspirare una certa preferenza per i più sgradevoli, come se avessero diritto ad attenzioni speciali.


Nel 1860, una nuova giovane superiora, Suor Dufès, viene nominata all'ospizio di Enghien. Essa nutre grandi progetti, che mette vigorosamente in opera, per soccorrere l'immensa miseria del rione. La sua giovinezza intraprendente lascia senza fiato e sconvolge la comunità, ma Suor Caterina placa le Sorelle malcontente. Eppure, Suor Dufès non la risparmia, rimproverandola facilmente. Tale atteggiamento severo si estende a macchia d'olio, e parecchie religiose tengono in scarsissimo conto quella Suora rozza, il cui accento ed il grembiule «puzzano di stalla». Umilmente, Suor Caterina tace, benchè la lotta interiore sia talvolta aspra. Ma la sua umiltà non esclude il coraggio e neppure l'audacia. Nel 1871, dopo la sconfitta della Francia contro la Prussia, la Comune di Parigi si solleva contro l'ordine sociale. La Santa Vergine aveva detto a Suor Caterina: «Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Si crederà tutto perduto... ma abbi fiducia». Un giorno, gli insorti chiedono alle Suore di consegnare loro due gendarmi feriti da esse accolti, e che intendono giustiziare. Suor Dufès, che rifiuta, viene minacciata del carcere. Lascia discretamente la casa e si rifugia a Versailles. Suor Caterina, che la sostituisce in sua assenza, si reca dai Comunardi per difendere la causa della sua Superiora. Il colloquio è burrascoso ed il comandante del reparto giunge al punto di brandire la sciabola contro di lei. Ma finalmente ottiene causa vinta e torna liberamente all'ospizio.


«Vespa perniciosa!»

Dopo tali tragici avvenimenti, Suor Caterina riprende le sue modeste funzioni. Ma invecchia e gli acciacchi la obbligano a rallentare le sue attività. Per tutta la vita ha sofferto d'artrite e di reumatismi, accettando i suoi mali con una gran fede: «Quando la Santa Vergine manda una sofferenza, è una grazia che ci fa», diceva. Ora, logorata dal lavoro e dall'età, è sfinita ed il suo cuore si affievolisce. Le rimane una pena profonda: la Santa Vergine le aveva chiesto di far scolpire una statua che la rappresentasse con un globo fra le mani. I suoi confessori non hanno voluto tener conto di tale richiesta, e don Aladel le ha addirittura dato della «vespa perniciosa», quando ha insistito per essere esaudita. Suor Caterina prega dunque Maria per sapere se debba rivelare il «suo segreto» alla Superiora; percepisce un «sì» in fondo al cuore e racconta tutto: si esprime con tanta chiarezza e facilità, che la Superiora è conquistata, e ben presto la statua della Vergine dal globo viene eseguita.

Suor Caterina attende allora la morte con serenità. Molte volte, ha avvertito le Sorelle che non avrebbe visto l'anno 1877. Infatti, il 31 dicembre 1876, verso le sette di sera, dopo aver recitato le preghiere dei moribondi con la sua comunità, sembra assopirsi. Ben presto, ci si rende conto che dolcemente, senza rumore, così come è vissuta, è morta: la sua anima vien portata in paradiso dalle mani della Santa Vergine. «Ci siamo appena accorte che aveva cessato di vivere, dirà più tardi Suor Dufès; non ho mai assistito ad una morte così calma e così dolce».



«Certo, è una cosa degna della più alta ammirazione quella di vedere l'augusta Madre di Dio apparire all'umile ragazza, diceva Papa Pio XII all'atto della canonizzazione di Santa Caterina Labouré (il 27 luglio 1947), ma ancor ben più degne di ammirazione ci sembrano le virtù che adornano questa figlia di san Vincenzo». Chiediamo alla Santissima Vergine Maria le grazie di cui abbiamo bisogno, anche noi, per diventare simili a Cristo, perchè, come testimoniava Alfonso Ratisbonne, «le parole mancano per esprimere quel che racchiudono le mani di nostra Madre, e per riferire i doni ineffabili che da esse nascono... Sono la bontà, la misericordia, la tenerezza, sono la dolcezza e la ricchezza del Cielo che si diffondono a torrenti per inondare le anime che essa protegge».



Avendo Dio Padre inviato suo Figlio al mondo attraverso Maria, è attraverso Maria che gli uomini si avvicinano a Gesù, ottengono il perdono delle loro colpe e portano a buon fine l'opera della loro santificazione. Preghiamo la Santissima Vergine e san Giuseppe per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.

mercoledì 26 novembre 2014

"La tua Cina sarà l'Italia", così rispose il Cardinale Colloredo a frate Leonardo che aveva chiesto di andare missionario in Cina.

SINTESI DELLA VITA DI SAN LEONARDO 
DA PORTO MAURIZIO



Leonardo da Porto Maurizio, al secolo Paolo Gerolamo Casanova (Porto Maurizio, 20 dicembre 1676 – Roma, 26 novembre 1751), sacerdote e frate dell'Ordine dei Minori Riformati del Ritiro di San Bonaventura al Palatino di Roma, noto in particolare come propagatore della pia pratica della Via Crucis, è stato proclamato santo da papa Pio IX nel 1867.

Figlio di Domenico Casanova e Anna Maria Benza, fu battezzato con il nome di Paolo Gerolamo. La madre morì di tisi quando egli aveva due anni e mezzo. Siccome il padre era armatore e uomo di mare, il bimbo fu affidato ai nonni paterni. Quando nel gennaio del 1683 il padre si risposò con Maria Battistina Riolfo di Artallo, frazione di Porto Maurizio, il piccolo tornò a vivere nella famiglia paterna che nell'arco di 16 anni si arricchì di ben sette figli dei quali 3 morirono in tenera età, 2 divennero come lui frati minori, una si fece monaca domenicana e uno solo restò nel secolo ed ebbe nove figli.



Nel 1688, dodicenne, Paolo Gerolamo Casanova lascia Porto Maurizio, si reca a Roma presso il prozio Agostino Casanova per frequentare gli studi superiori di Lettere e Filosofia. Il fanciullo è dotato di intelligenza molto vivace e pio, particolarmente devoto della Madre Celeste, Maria.
Studia con passione alla scuola di Don Francesco Santoleri. Prosegue gli studi nel Collegio Romano dei Gesuiti dove studia umanistica e filosofia ed entra a far parte dell'Oratorio del Padre Caravita. Nel 1694 intraprende gli studi di logica, fisica e matematica con la guida del gesuita Padre Antonio Baldigiani.
Nel 1697,diciannovenne, nonostante la frequentazione assidua dei Domenicani, dei Gesuiti e dei Filippini di San Filippo Neri sente fortissima la vocazione per il Francescanesimo ed entra nell'ordine Francescano dei Minori Riformati del Ritiro, col nome di Leonardo per gratitudine verso il cugino Leonardo che lo ospitò quando lo zio Agostino, che non approvava la sua decisione di abbracciare il Francescanesimo, lo cacciò di casa; tale scelta stupì non poco anche i suoi insegnanti ed educatori.

Nel Convento di santa Maria delle Grazie a Ponticelli ha come maestro di noviziato Padre Cristino da Oneglia. 

Il 17 agosto 1702, a 26 anni, finiti gli studi teologici diventa sacerdote e gli viene affidato il compito di "lettore" cioè insegnante di filosofia per i novizi.
Tutto sta procedendo nel migliore dei modi, quando il giovane frate si ammala di tisi. Nonostanti i tentativi di cura la malattia si aggrava al punto che i Frati di San Bonaventura decidono di rimandarlo nella sua città natale dove vive nel Convento dell'Annunziata (odierno edificio scolastico di Piazza Roma), e dove chiede e ottiene la guarigione alla Santissima Vergine Maria venerata nel santuario di N.S. Assunta a Piani (frazione poco distante da Porto Maurizio).

Per riconoscenza Fra' Leonardo decide di diventare predicatore missionario scalzo.
Fece la sua prima predicazione missionaria ad Artallo (frazione di P.M.) dove vivevano i nonni (genitori della seconda moglie del Padre). Da allora non calzò più i sandali sino al 1751 quando dovette indossarli per obbedienza al Papa preoccupato per le sue precarie condizioni di salute.
Fra' Leonardo dunque nel lasciare Porto Maurizio per andare a Firenze, chiamato dai Superiori, nel Convento di Ritiro di San Francesco al Monte alle Croci, non potè scuotere i calzari. Era l'8 Settembre 1709.
E' incorporato nella Provincia Riformata Toscana, è eletto guardiano del Ritiro di San Francesco al Monte di Firenze. Fonda il Convento di Ritiro di San Francesco al Palco a Prato (oggi Villa San Leonardo al Palco).
Di entrambi fu guardiano sino a quando il 7 Ottobre 1730 venne chiamato a Roma presso il Convento di San Bonaventura al Palatino (dove era stato novizio) per predicare delle Missioni.
Sino alla fine del 1735 predica incessantemente missioni, esercizi spirituali, quaresimali, visite a Monasteri, erige Vie Crucis in Roma e nei territori circostanti finchè nel Gennaio del 1736 è incorporato nella Provincia Riformata Romana, e il Convento di San Bonaventura al Palatino torna ad essere la sua dimora, o almeno il suo punto di riferimento. L'anno successivo ne viene eletto Superiore.

La sua attività è incessante: si sposta nel Regno di Napoli, tocca le Marche, l'Umbria, Sabina e altri dintorni, Tivoli, Palestrina, Carpineto, Rieti.
Il 22 Agosto del 1740 viene eletto Papa, il bolognese Cardinale Lambertini che prende il nome di Benedetto XIV° con il quale Fra' Leonardo avrà un rapporto di stima, di amicizia e di affetto ancora più saldo di quello avuto con i Papi precedenti.
Nel 1743 è chiamato a Genova dove predica con tali risultati che le autorità civili e religiose lo autorizzano a svolgere Missioni in tutto la Riviera Ligure di Ponente.

E' così che può tornare nella sua amata città natale Porto Maurizio a predicare le Missioni dal 30 Giugno al 25 Luglio. Dopo Porto si sposta nel Levante Ligure prima di Imbarcarsi per la Corsica dove si trattiene per tutto il 1744 ottenendo grandi frutti di conversione.
Spende metà dell'anno seguente missionando ancora in Genova e nel Levante, poi torna in quelle Terre Toscane (Firenze, Prato, Pistoia, Lucca ...) che aveva dovuto lasciare molti anni prima, accolto sempre con entusiasmo e commozione.

Rispondendo agli inviti pressanti di Vescovi e Parrici si reca in Emilia-Romagna dove si trattiene anche per buona parte del 1747. Sulla via del ritorno si reca in pellegrinaggio alla Madonna di Loreto (non mancava mai di visitare i Santuari Mariani), poi tocca Osimo, Spoleto, Todi, Terni .. ove predica le Missioni e visita i Monasteri, maschili e femminili.
Il 1748 lo vede attivo nel Regno di Napoli mentre dedica tutto il '49 a preparare in Roma il grande Giubileo del 1750 che fu infatti uno dei più Santi della Storia dei Giubilei.
Ai primi del 1751 viene eretta per volere del Papa e del nostro Santo la prima Via Crucis nell'interno del Colosseo allo scopo di cristianizzare quell'antico importantissimo monumento romano e contemporaneamente di salvarlo dalla distruzione (era infatti usato come una cava di pietre).

Per desiderio del Papa predicò le missioni nella Sua terra natale, vecchio, stanco, malato, ma sempre pieno di ardore e di gioia. Quelle missioni furono memorabili. Il Santo Missionario è ancora ricordato in quei luoghi con affetto e riverenza.
Con un lungo e faticoso viaggio durato ben ... giorni, fece ritorno a roma per morire la sera stessa del suo arrivo, il 26 Novembre 1751.

Dopo la miracolosa guarigione dalla tisi avvenuta, per intercessione della Modonna, durante le sue frequentazioni del Santuario della Assunta a Piani. egli divenne ulteriormente devoto a Lei, e unitamente al tema della Croce anche il tema di Maria fu fondamentale nelle prediche missionarie.



Nel 1741 mentre predicava le Missioni in Cave di Palestina vicino a Gaeta, un fedele gli portò un dono. Era un bellissimo ritratto della Vergine Maria con il Bambino Gesù che adorava il Crocifisso. Era stato dipinto per lui da un famoso pittore Sebastiano Conca, nativo di Gaeta, che diventerà il Presidente dell'Accademia di San Luca in Roma dove studierà anche il pittore portorino Leonardo Massabò. 

Fra ' Leonardo, colpito dalla bellezza del quadro e dalla profondità del suo significato, lo benedisse e lo battezzò col nome di "Madonna del Bello Amore"; da allora lo portò sempre con sé in tutte le Missioni. In punto di morte lo consegnò al Guardiano del suo Convento, San Bonaventura al Palatino dove si trova tuttora.

Lo stesso Conca e la sua scuola eseguirono delle copie dell'originale perché Fra' Leonardo le lasciava, come ricordo della Missione, alle Parrocchie da lui visitate.


Eventi prodigiosi

accompagnarono incessantemente la sua predicazione e il suo passaggio
Fenomeni atmosferici inspiegabili
1° Dal 24 Agosto al 5 Settembre 1751, San Leonardo predica le Missioni a Scaricalasino (oggi Monghidoro (BO)).
Una sera organizza una grande processione con il Crocefisso per impetrare la pioggia, dato che non pioveva da cinque mesi. Quando il Crocefisso compare nel campo dove si svolgevano le Celebrazione, inizia a piovere in tutta la zona; solo il campo della Missione gremito di gente, resta asciutto. (vedi Diario di Fra' Diego). Fra' Diego è il fraticello laico che accompagnò Fra' Leonardo dal 1728 al 1751 e che tutte le sere annotava, pur tra mille difficoltà, gli avvenimenti vissuti nella giornata.
2° Luglio 1743. Missioni a Porto Maurizio, sua città natale. Mentre predica in una grande spianata fuori le mura, scoppia un temporale e comincia a piovere. Il Santo blocca il fuggi fuggi generale invitando tutti a non andare via e a pregare San Vincenzo Ferreri (cui egli si rivolgeva sempre per avere protezione). Subito il temporale cessò, la pioggia si fermò mentre le nuvole si allontanarono andando esattamente dalla parte opposta a quella della direzione del vento.
Numerosissimi sono i risanamenti improvvisi come quello di un bambino storpio e gobbo (Dicembre 1741) incontrato lungo la strada per Poggio Mirteto, e la restituzione della voce ad una bimba muta (Corsica 1744).
Ma i suoi veri grandi prodigi sono le conversioni e le pacificazioni : prostitute che si redimono, banditi che si convertono, concubine che si fanno monache, cavalieri e cicisbei che diventano sacerdoti, tanta gente che cambia modo di vivere...
Famiglie che si riconciliano, pacificazioni all'interno delle famiglie, mercanti che riparano per le ruberie perpetrate, datori di lavoro che riconoscono le ingiustizie commesse e vi pongono rimedio...
Molto nota, perchè soggetto di bei dipinti, è la conversione del bandito sardo detto il "Lupo", abituato a farsi le proprie ragioni solo con le armi e la forza (vedi riproduzione di una antica stampa).
Le prostitute venivano aiutate a cambiare vita poichè il Santo le sosteneva concretamente facendole ospitare nei Conventi, sovvenzionate da sue ricche penitenti, che egli convolgeva nelle opere di bene, sino a quando trovavano un lavoro onesto. Purtroppo ci fu anche un fatto drammatico poichè un "protettore", scoperto il luogo dove alloggiava una sua "protetta", la raggiunse e la uccise.
Era un confessore eccezionale perchè sapeva leggere nei cuori e trovare le parole giuste per aiutare a vivere in modo più autentico.
Tutti volevano essere confessati da lui, rimaneva in confessionale senza mangiare nè dormire per ore e ore.
Una volta addirittura per 30 ore consecutivamente.

Miracoli

Anche dopo la sua morte si verificarono molti miracoli per sua intercessione.
Sono documentati in modo particolareggiato, quelli che vennero approvati per il Processo di Beatificazione, (fu beatificato il 19 Giugno 1796 da Pio VI°) e per il Processo di Santificazione (29 Giugno 1867, Pio IX°).
Particolarmente commovente è quello della 14 enne Laura Cardelli, orfana, ospitata in un Conservatorio per mendicanti. Distrutta dalla tisi, ormai in fin di vita, non lasciava più il letto. Una suora la invitò a pregare il beato Leonardo. Pregano insieme. Nella notte il Beato appare alla fanciulla, le porge una mano e l'aiuta ad alzarsi dal letto. La fanciulla recupera immediatamente tutte le sue forze. 
La conferma della sua miracolosa guarigione ci viene da una predica mariana nella quale egli dice di sè di essere come un Santuario tappezzato con le scritte "per grazia ricevuta": "questa mia voce- per grazia ricevuta, questa mia salute- per grazia ricevuta"...

Le Processioni leonardiane:

All'inizio delle Missioni, che duravano sempre non meno di 15 giorni, oltre alla catechesi, alle predicazioni, alle Celebrazioni Eucaristiche, alle Confessioni, alle pacificazioni,ecc. ecc... si svolgeva la Processione di Penitenza. I processionanti, in vesti bianche, presa coscienza della propria situazione di peccatori, imploravano il perdono divino e si autoflagellavano.
A metà percorso missionario si svolgeva la Processione detta del S.S Sacramento che veniva devotamente e festosamente portato per le vie della città.
Infine in chiusura delle Missioni si svolgeva la gioiosa Processione detta "della Madonna" in cui la statua di una Madonna particolarmente venerata in quei luoghi veniva portata in processione con un grandissimo concorso di folla. Vi partecipavano anche bambini, giovanette e giovanetti intonando canti mariani, spandendo fiori e innalzando cartigli con scritte inneggianti a Gesù e Maria.

Particolarità:

Come già si è detto il Santo per 40 anni camminò a piedi nudi che spesso si piagavano per il caldo, per il gelo o per le asperità del terreno ma solo una volta avendo perso parecchie unghie si rassegnò a rimanere a riposo.
Fondamentalmente, nonostante la sua grande attività di missionario, di fondatori di Conventi e di Ritiri e di Via Crucis, di padre spirituale, di scrittore, era unasceta, un mistico. La sua preghiera era continua, pregava con la mente, con la bocca e coi gesti per coinvolgere tutta la sua persona.
Nei momenti di preghiera, di meditazione e talvolta nella celebrazione della Messa raggiungeva visibili momenti di estasi.
Era felice quando poteva ritirarsi nella Solitudine dell'Incontro (a Firenze) romitorio da lui stesso fondato, dove, diceva, "faccio le missioni a Fra Leonardo".

Fra' Leonardo e i Papi del suo periodo:

Con i Papi che incontrò nella sua vita, ebbe relazioni molto importanti.
Tutti lo stimarono e chiesero talvolta la sua collaborazione per l'estensione di Bolle e documenti ufficiali.
Ma quello cui lo legò un particolarissimo rapporto di stima e di affetto fu Benedetto XIV°, al secolo Cardinale Lambertini, che gli affidò nel 1749 la preparazione del grande Giubileo del 1750. Durante tutto l'anno ogni domenica pomeriggio venne ricevuto a colloquio dal Papa che approfitto per ordinargli di arricchire la sua rigorosa dieta con brodo e latticini.
L'anno giubilare del 1750, ricordato come uno dei più "santi" e dei più partecipati della storia della Chiesa, si concluse con la predica nel Colosseo e la benedizione della Via Crucis colà eretta.


Fra' Leonardo invitava la gente a mettere sulle porte delle case il nome di Gesù: I H S, Jesus Hominum Salvator (Trigramma Bernardiniano) con l'aggiunta della Emme di Maria: 
I H S M. (Quadrigramma leonardiano).
A Porto Maurizio e dintorni se ne vedono ancora molti, ma ce ne sono anche in molte vie di città dell'Italia Centrale.

Fra' Leonardo e le donne:

Come missionario e padre spirituale ebbe modo di stare molto a contatto con donne, di ogni età, di ogni ceto, laiche e suore.
Non fu misogino. Anzi fu sempre rispettoso nei confronti delle donne di ogni età e di ogni condizione sociale. Evitava i contatti diretti e preferiva che gli incontri, quando necessari, avvenissero in presenza di terzi per rispetto del suo stato di religioso.
Ebbe come figlie spirituali, e fu confessore di donne di ogni età e ceto, laiche e religiose.
Le principesse del Granducato di Toscana, Anna Maria Luisa figlia di Cosimo III° De' Medici, Violante Beatrice di Baviera moglie di Gian Gastone entrambi figli di Cosimo III° De' Medici; la regina Maria Clementina Sobiesky Stuart, moglie di Giacomo III° Stuart in esilio a Roma, la Duchessa Isabella Acquaviva Strozzi, Elena Briganti Colonna, Suore, Monache, umili madri di famiglia che rassicurava se, fatto salvo il rispetto del precetto festivo, non riuscivano a frequentare con assiduità la Santa Messa feriale dicendo che il lavoro fatto con buona disposizione è preghiera ed è accetto al Signore come la Santa Messa.
Convertì non poche prostitute e per permettere loro di trovare un lavoro onesto le faceva ospitare nei Conventi e aiutare concretamente dalle sue ricche penitenti sino a quando non avessero trovato una decorosa sistemazione e un lavoro.


I Proponimenti

Nel 1717 Fra' Leonardo mise per iscritto , nella pace del Romitorio di Santa Maria dell'Incontro nei pressi di Firenze, dove appena gli era possibile si ritirava per "fare le missioni a fra' Leonardo", i suoi Proponimenti. Sessantasei propositi descritti con minuziosa precisione che costituiscono un trattato di Teologia ascetica calato nella vita pratica. Egli li mise quotidianamente in pratica con gioiosa "fatica" come testimoniarono i suoi Confessori quando venne istruito il Processo di Beatificazione, che rinnovò fervorosamente nel 1735 e nel 1745.

Ci soffermiamo brevemente su un solo "proponimento" il N°. 52 che riguarda la devozione alla Vergine Maria che Fra' Leonardo si impegna ad amarla sempre più 
"con tenerezza di affetto e affetto di figlio" aggiungendo: "sarò devotissimo del mistero della sua Immacolata Concezione e non abbandonerò l'impresa del trattato di farlo definire di fede, sollecitando più che posso per tutte le vie e i modi possibili, benché avessi a dare il sangue e la vita. Porterò sul cuore una immaginetta dell'Immacolata Concezione e una crocetta a sette punte, per ricordarmi della Vergine Addolorata, che bacerò più volte al giorno".

Con la stessa pacatezza e serenità metteva in pratica gli altri sessantacinque "proponimenti", altre devozioni particolari, la Via Crucis quotidiana, le Sante Messe quotidiane che celebrava con tanta partecipazione da averi veri momenti di estasi. Tutto questo, e molto altro ancora, esulava dagli impegni operativi quotidiani cui era chiamato come Missionario, Predicatore, Confessore, Quaresimalista, Guardiano del Convento, carica che ricoprì varie volte, Padre Spirituale di fedeli di ogni ceto e di interi conventi maschili e femminili. Per non parlare del tempo che dedicava quotidianamente alla corrispondenza, alla stesura dei suoi testi, alla composizione di odi, preghiere e allo spostamento da un paese all'altro, da una regione all'altra ... sempre a piedi e a piedi nudi!


Dogma dell'Immacolata Concezione

Fu un fervente " immacolatista", e sostenitore del Dogma. Egli aveva persuaso il Papa, Benedetto XIV a indire un “Concilio senza spese", cioè ad interrogare per scritto tutti i Vescovi della Cristianità, chiedendo il loro parere sulla tesi teologica dell'Immacolata Concezione di Maria, ma la cosa non ebbe seguito, per lungaggini burocratiche e la morte di quel Papa.
Nel 1846 fu eletto Papa col nome di Pio IX° il Cardinale Mastai Ferretti che avendo avuto modo di leggere casualmente una lettera di Fra' Leonardo in cui si faceva cenno alla possibilità di indire un "Concilio senza spese", mise in pratica questo suggerimento.
La maggioranza si espresse positivamente e il Dogma fu proclamato l'8 Dicembre 1854.
Gli eventi più importanti sono stati sempre accompagnati da una grande fioritura di opere letterarie e artistiche sul Santo.


custoditi nella stanza natale, ora cappella, attigua alla chiesa di San Leonardo(Parrasio)

- La sua morte 26 Novembre 1751
- La Beatificazione, 19 Giugno 1796 essendo papa Pio VI°
- La Canonizzazione, 29 Giugno 1867. Era papa Pio IX°
- L'elezione a Protettore delle Missioni Popolari- Era Papa Pio XI nel 1923
- Le solenni celebrazioni per il bicentenario della sua morte Imperia 1951
- La trionfale "Peregrinatio" delle sue spoglie giunte provvisoriamente a Imperia nel I° centenario della sua canonizzazione - 1967
Le sue spoglie vennero portate via mare, come via mare Egli era giunto a Porto Maurizio nel 1743 per predicarvi le Missioni
- L'elezione a Patrono di Imperia nel 1991. Grande Messa interparrocchiale in Piazza della Vittoria- Festeggiamenti vari.
- 1996 Trasferimento delle sue Spoglie ad Imperia per essere custodite nella Basilica di San Maurizio e C.C.M., la cui erezione era stata da Lui predetta nel 1743. L'arrivo ad Oneglia in nave, la celebrazione Eucaristica nella Chiesa di San Giovanni, la partecipatissima processione notturna da Oneglia a Porto Maurizio.
- 1997 Anno Leonardiano- "Peregrinatio" delle sue Spoglie in tutte le parrocchie della città, del Vicariato di Oneglia e del Vicariato di Porto Maurizio.
- Grandi Missioni cittadine

L'urna bronzea che accoglie le Sue Sacre Spoglie. Dono del Papa Pio IX° che lo canonizzò
E' esposta nella Cappella dedicata a S.Leonardo a destra dell'Altare Maggiore nel Duomo di Porto Maurizio


AMDG et BVM

martedì 25 novembre 2014

15 nov 2014 Los paganos, que rehuyen a la Verdad, entrarán en Mi Casa


15 nov 2014 Los paganos, que rehuyen a la Verdad, entrarán en Mi Casa

24.11.2014 00:39
Sábado 15 de noviembre de 2014 a las 10:22 hrs.
Mi muy querida bienamada hija, que se sepa que cualquiera que rechaza el Libro del Apocalipsis niega la Palabra de Dios. La Verdad está contenida en el mismo y si cualquier hombre extrae(quita) de él, niega las profecías anunciadas, o si le añade  de alguna manera, él será echado al desierto.
La Verdad guía/conduce hacia la salvación, y el camino hacia el Nuevo Paraíso lleva hacia Mí. Es sólo a través de Mí, Jesucristo, el Hijo del Hombre que la salvación se le dará al hombre. Yo Soy el Camino y la Luz. Es sólo a través de Mí y a vuestra aceptación de Quien Soy Yo, que seréis capaz de ver la Luz de Dios. No hay otro camino. Seguid cualquier otro camino que seleccionéis, pero ninguno os conducirá a Dios.
Si estáis a favor Mío(si estáis de Mi parte) debéis respetar a vuestros hermanos y hermanas por medio del amor, la bondad y la paciencia. No debéis juzgar a los demás debido a las creencias religiosas de ellos. Tenéis que amarlos como Yo les amo. Esto no significa que vosotros debéis de aceptar las creencias de ellos, ni  mostrar reverencia por ellas, porque si lo hacéis, entonces a Mí me negáis. No podéis servir a dos señores. Nunca tenéis que insultarme mostrando lealtad a dioses falsos(artificiales) enfrente de Mí.
El día en que déis homenaje a dioses falsos bajo Mi Techo será el día en que voy a irrumpir en Mi Templo y destruiré todo dentro de él. Cómo es tibia la fe de algunos de mis siervos/servidores quienes se esfuerzan por impresionar al pueblo y buscan adulación/halagos! Qué poco respeto se me muestra en Mi Propia Casa, cuando todo lo que Yo os di se echa a un lado con indiferencia hasta que, con el tiempo, nada de Mí se quedará dentro de Mi Iglesia.
Vosotros, Mis amados seguidores y siervos consagrados que permanecéis fieles a la Palabra tendrán una carga pesada. Tendréis que sufrir el dolor y la indignidad cuando seáis testigos de los sacrilegios, las herejías y prácticas de lo oculto. Mientras muchas de estas violaciones a Mi Sagrado Cuerpo serán hábilmente disimuladas/ocultadas, aquellos que tienen un verdadero discernimiento se escandalizarán, pero impotentes/desamparados, cuando sucedan estas cosas. Tal será el engaño, que repercutirá en todas las grietas, que se necesitaría un ejército de dos mil hombres para poner fin a estos impostores de hacer daño.
Estos impostores son dirigidos por aquellos que no vienen de Mí. Ellos se han infiltrado en Mi Cuerpo, mediante maneras torcidas/tortuosas, y tomará mucho tiempo antes de que finalmente, y por completo, se apoderen de Mi Iglesia. En breve sus acciones serán vistas como lo que son, por aquellos bendecidos con el Don del Espíritu Santo.
Los paganos, que rehuyen a la Verdad, entrarán en Mi Casa, donde serán recibidos con los brazos abiertos. Se os dirá que vosotros debéis mostrar amor por todos los hijos de Dios, para mantener en silencio a aquellos que podrían oponerse a ellos. Muy pocas personas me defenderán, a Mí Jesuscristo, y los que se atrevan a oponerse a estas ceremonias blasfemas, que se llevarán a cabo en los mismos altares utilizados para albergar Mi Santísima Eucaristía, serán silenciados.
Mis enemigos pueden apoderarse de Mi Casa, pero no de Mi Iglesia ya que todos los Cristianos de todo el mundo constituyen/conforman Mi Iglesia. Los fieles, son compuestos/conformados de aquellos que rechazarán negar la Palabra de Dios, y que nunca van a aceptar ninguna manipulación de la Santa Palabra de Dios, sostendrán a Mi Iglesia en la Tierra. Nada prevalecerá contra ella.
Vuestro Jesús



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domenica 23 novembre 2014

La Verità sulle .....

SAN CLEMENTE I, PAPA E MARTIRE

23 NOVEMBRE
SAN CLEMENTE I, PAPA E MARTIRE

La figura di san Clemente ci si presenta alle origini della Chiesa di Roma ornata di particolare splendore. Scomparsi ormai gli Apostoli, egli pare oscurare i santi Lino e Cleto, che lo precedettero nel Pontificato, sicché si passa quasi naturalmente da Pietro a Clemente e anche le Chiese di Oriente ne celebrano il ricordo con solennità non minore della Chiesa latina. Egli fu davvero Pontefice universale e con lui si sente già che la Chiesa intera si fa attenta agli atti e agli scritti del Pontefice. Per la stima altissima di cui godette, gli furono attribuiti parecchi scritti apocrifi, che è facile distinguere dagli scritti veramente suoi.

L'epistola ai Corinti.
Il tempo ha cancellato e fatto sparire tutti i documenti, che attestavano l'intervento di Clemente nelle cose riguardanti le Chiese lontane; ne ha risparmiato uno solo, ma questo solo ci presenta il Vescovo di Roma nel pieno esercizio del suo potere monarchico su tutta la Chiesa fin da quell'epoca. La Chiesa di Corinto era agitata da discordie intestine suscitate dalla gelosia a riguardo di alcuni pastori. Tali discordie, che già apparivano in germe ai tempi di san Paolo, avevano distrutto la pace e causato scandalo perfino nei pagani. La Chiesa di Corinto sentì finalmente il bisogno di frenare il disordine, che poteva pregiudicare la diffusione della fede, e dovette cercare per questo un aiuto fuori del suo seno. Gli Apostoli ormai erano morti tutti, fatta eccezione di san Giovanni, che illuminava ancora la Chiesa del suo fulgore. La distanza da Corinto ad Efeso non era affatto considerevole; e tuttavia la Chiesa di Corinto non si rivolse per nulla ad Efeso, ma a Roma.

Clemente prese conoscenza della questione che le lettere di questa Chiesa esponevano al suo giudizio, e inviò a Corinto cinque commissari, che dovevano rappresentarvi l'autorità della Cattedra apostolica. Essi erano latori di una lettera definita da sant'Ireneo potentissima, potentissimas litteras (Contra Haereses, III, 3).

La lettera fu stimata così bella e così apostolica che in molte Chiese venne letta pubblicamente per molto tempo, come se fosse una continuazione delle Scritture canoniche. Il tono di essa è elevato e paterno, conforme al consiglio che san Pietro dà ai pastori. "Clemente non si schiera in favore di alcuno, non fa nomi, ma cerca di elevare lo spirito dei fedeli al di sopra delle passioni, delle querele, dei rancori con la considerazione della bontà divina e dei celebri esempi biblici. Una certa disposizione della Scrittura, di insinuante nell'argomentazione, un'unzione che viene dal gusto istintivo per le cose morali, danno al testo greco un profumo di latinità e ne fanno qualcosa che si differenzia totalmente dagli scritti di Pietro, di Paolo e di Giovanni nei quali tutto ha sapore e mistero di intuizione diretta della Rivelazione divina. Con la lettera di Clemente siamo usciti dallo stadio iniziale in cui lo Spirito si effonde a fiotti incalzanti nelle Scritture canoniche, ma siamo ancora molto vicini alla sorgente, al centro, al cuore della Chiesa capitale: 'Volgiamo gli occhi al Padre e Creatore dell'universo, ricordiamo i suoi benefici, i doni magnifici e immeritati della sua pace, contempliamolo con il pensiero, guardiamo con gli occhi dello Spirito la sua volontà paziente, vediamo come egli è dolce e buono verso tutte le creature... (XIX, 2-3). Il Padre, tutto misericordia e tutto teso a fare benefici, è tutto cuore per quelli che lo temono, concede largamente i suoi favori, con soave bontà, a quelli che si avvicinano a lui con semplicità di cuore. Non abbiamo diffidenze, non ci turbino i suoi doni meravigliosi e splendidi... ' (XXII, 1-2). San Clemente resta per noi il dottore della clemenza divina" (R. Denis e R. Boulet Romée, p. 458).

Un linguaggio così solenne e fermo raggiunse il suo effetto: la pace tornò nella Chiesa di Corinto e i messaggeri della Chiesa romana ne portarono tosto notizia. Un secolo dopo san Dionigi, vescovo di Corinto, testimoniava ancora a Papa san Sotero la gratitudine della sua Chiesa verso san Clemente, per l'aiuto che le aveva dato.

La leggenda di san Clemente.
Gli Atti di san Clemente (poco sicuri), ci riferiscono che fu mandato in esilio nel Chersoneso e condannato ad estrarre e a tagliare marmi e, per questo, è patrono dei marmisti.
La leggenda ci riferisce ancora un particolare talmente gustoso che non possiamo tralasciarlo. San Clemente era stato precipitato in mare con un'ancora al collo. Il giorno anniversario del martirio il mare si ritirò in modo che si poteva andare ad un tempio sottomarino costruito dagli angeli sopra il corpo del martire. Tornato poi il mare al suo posto, una donna si accorse di avere smarrito in quel tempio il suo bambino, ma nell'anniversario seguente, ritiratosi ancora il mare, ritrovò il bambino sano e salvo.
Un altro particolare, che, come quello riferito, trae origine da qualche mosaico, ci presenta l'Agnello di Dio, che, apparendo su una montagna, indica con la punta del piede a Clemente una sorgente che zampilla.

La Liturgia si è impadronita dei due racconti e ne ha composto le belle Antifone dell'Ufficio che riportiamo:

ANTIFONE
Preghiamo tutti il Signore, perché faccia zampillare una sorgente di acqua per i suoi credenti.
Mentre san Clemente pregava, gli apparve l'Agnello di Dio.
Senza guardare i miei meriti, ecco che il Signore mi ha mandato a voi per aver parte alla vostra corona.
Ho visto l'Agnello in piedi sulla montagna e sotto il suo piede sgorgava una sorgente viva.
La sorgente viva che sgorga sotto il suo piede è il fiume impetuoso che raggiunge la città di Dio.
Tutte le nazioni all'intorno credettero al Cristo Signore.
Mentre egli se ne andava verso il mare, il popolo pregava gridando: Signore Gesù Cristo, salvalo; e Clemente, piangendo, diceva: Padre, ricevi mio spirito.
Al tuo martire Clemente hai dato, o Signore, per dimora un tempio di marmo costruito in mezzo al mare dagli Angeli e ne hai reso possibile l'accesso agli abitanti del paese, perché potessero narrare le tue meraviglie.
VITA. - Sant'Ireneo ci informa che san Clemente è il terzo successore di san Pietro e sappiamo che governò la Chiesa probabilmente tra l'anno 88 e il 97. Egli poté conoscere gli Apostoli Pietro e Paolo e sant'Ireneo ci afferma che fu loro discepolo, mentre Tertulliano dice che fu ordinato dal primo Papa. La lettera ai Corinti gli dà il primo posto fra gli scrittori ecclesiastici dei quali si accerta l'autenticità. La storia non ci dice nulla della sua origine, ma possiamo credere che fosse giudeo e che avesse ricevuta una formazione letteraria e filosofica piuttosto accurata. Il contenuto della sua lettera rivela in lui il carattere di un uomo di governo, nonché elette qualità e virtù. La tradizione lo vuole martire.

Recitiamo in suo onore la grande preghiera che si legge nella Epistola ai Corinti:

"Apristi gli occhi dei nostri cuori perché conoscessero te solo, Altissimo nel più alto dei cieli, il Santo che riposa in mezzo ai Santi, Tu che abbatti l'insolenza degli orgogliosi, che svii i calcoli dei popoli, che esalti gli umili, che abbassi i grandi; Tu che dai ricchezza e povertà, che uccidi, salvi e risusciti; Unico benefattore delle anime e Dio di ogni uomo, contemplatore degli abissi, scrutatore delle opere dell'uomo, soccorso nei pericoli, Salvatore di chi dispera, Creatore e vescovo delle anime tutte.

Tu che moltiplichi i popoli sulla terra, che hai scelto fra essi quelli che ti amano per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio diletto nel quale ci hai istruiti, santificati e onorati. Sii nostro soccorso e sostegno, te ne preghiamo, o Maestro! Sii salvezza agli oppressi e abbi pietà per gli umili; rialza quelli che sono caduti, rivelati a coloro che sono nel bisogno, guarisci i malati, riconduci gli sbandati del tuo popolo sul buon sentiero, sazia chi ha fame, libera chi è prigioniero, rialza i languenti, da forza ai deboli. Tu solo sei Dio, Gesù è tuo Figlio, noi siamo il tuo popolo, le pecorelle dei tuoi pascoli.

Con le tue opere hai rivelato l'ordine immortale del mondo. Tu, o Signore che creasti la terra, che resti fedele alla tua parola per tutte le generazioni, Tu giusto nei tuoi giudizi, ammirabile nella tua forza e nella tua magnificenza, sapiente nella creazione, prudente nel consolidare le cose create, buono nelle cose visibili, fedele verso coloro che confidano in Te, misericordioso e pieno di compatimento, perdona i nostri peccati, le ingiustizie, le cadute, gli errori.

Non contare i peccati dei tuoi servi e delle tue ancelle, purificaci invece con la tua verità, dirigi i nostri passi, perché possiamo camminare con santità di cuore, facendo ciò che è bene e piace agli occhi tuoi e agli occhi dei nostri preposti.
Sì, o Maestro, mostraci la luce del tuo volto, perché possiamo godere dei beni in pace, perché siamo protetti dalla potente tua mano, perché il fortissimo tuo braccio ci tragga dalla schiavitù del peccato e ci liberi da chi ingiustamente ci odia.

Dà concordia e pace a noi e a tutti gli abitanti della terrà, come la desti ai nostri padri, quando ti invocarono santamente nella fede e nella verità. Rendici sottomessi al tuo Nome potente ed eccellentissimo, ai nostri prìncipi e tutti coloro che ci governano in terra.
Tu, o Maestro, hai dato loro il potere della regalità con la tua magnifica e invisibile potenza, perché, conoscendo la gloria e l'onore che loro hai partecipato, noi siamo sottomessi e non ci opponiamo alla tua volontà. Concedi loro, o Signore, salute, pace, concordia, stabilità, affinché possano esercitare la sovranità che loro hai data senza contrasti. Sei infatti Tu, o Maestro, re dei secoli, che concedi ai figli degli uomini gloria, onore e potere sulle cose della terra. Dirigi, Signore, il loro spirito, affinché seguano ciò che è bene, ciò che piace a te e, esercitando il potere che loro hai dato nella pietà, nella pace e nella mansuetudine, ti abbiamo sempre propizio. Tu solo puoi fare queste cose e procurarci beni anche più grandi.

Ti ringraziamo nel grande sacerdote e capo delle anime nostre, Gesù Cristo, nel quale sia a Te gloria e grandezza, adesso e nei secoli dei secoli, attraverso tutte le generazioni. Così sia" 
(San Clem. Romano, Ippolito Hemmer, p. 121, 129, Picard, 1909).

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1308-1312