LETTERA ENCICLICA
MORTALIUM ANIMOS
DI SUA SANTITÀ
PIO XI
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI,
PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI
ED AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA
SULLA DIFESA DELLA VERITÀ
RIVELATA DA GESÙ
Venerabili Fratelli, salute e
Apostolica Benedizione.
Forse in passato non è mai
accaduto che il cuore delle creature umane fosse preso come oggi da un così
vivo desiderio di fraternità — nel nome della stessa origine e della stessa
natura — al fine di rafforzare ed allargare i rapporti nell’interesse della
società umana. Infatti, quantunque le nazioni non godano ancora pienamente i
doni della pace, ed anzi in talune località vecchi e nuovi rancori esplodano in
sedizioni e lotte civili, né d’altra parte è possibile dirimere le
numerosissime controversie che riguardano la tranquillità e la prosperità dei
popoli, ove non intervengano l’azione e l’opera concorde di coloro che
governano gli Stati e ne reggono e promuovono gli interessi, facilmente si
comprende — tanto più che convengono ormai tutti intorno all’unità del genere
umano — come siano molti coloro che bramano vedere sempre più unite tra di loro
le varie nazioni, a ciò portate da questa fratellanza universale.
Un obiettivo non dissimile
cercano di ottenere alcuni per quanto riguarda l’ordinamento della Nuova Legge,
promulgata da Cristo Signore. Persuasi che rarissimamente si trovano uomini
privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i
popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione,
pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine,
come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti indire
congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali
sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione,
cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con
ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione.
Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati
sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto
tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel
sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e
all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta
teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera
religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo
e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di
tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da
Dio.
Ma dove, sotto l’apparenza di
bene, si cela più facilmente l’inganno, è quando si tratta di promuovere
l’unità fra tutti i cristiani. Non è forse giusto — si va ripetendo — anzi non
è forse conforme al dovere che quanti invocano il nome di Cristo si astengano
dalle reciproche recriminazioni e si stringano una buona volta con i vincoli
della vicendevole carità? E chi oserebbe dire che ama Cristo se non si adopera
con tutte le forze ad eseguire il desiderio di Lui, che pregò il Padre perché i
suoi discepoli « fossero una cosa sola »? [1]. E lo stesso
Gesù Cristo non volle forse che i suoi discepoli si contrassegnassero e si
distinguessero dagli altri per questa nota dell’amore vicendevole: « In
ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli se vi amerete l’un l’altro»?
[2]. E volesse il
Cielo, soggiungono, che tutti quanti i cristiani fossero « una cosa
sola »; sarebbero assai più forti nell’allontanare la peste
dell’empietà, la quale, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, minaccia
di travolgere il Vangelo.
Questi ed altri simili argomenti
esaltano ed eccitano coloro che si chiamano pancristiani, i quali, anziché
restringersi in piccoli e rari gruppi, sono invece cresciuti, per così dire, a
schiere compatte, riunendosi in società largamente diffuse, per lo più sotto la
direzione di uomini acattolici, pur fra di loro dissenzienti in materia di
fede. E intanto si promuove l’impresa con tale operosità, da conciliarsi qua e
là numerose adesioni e da cattivarsi perfino l’animo di molti cattolici con
l’allettante speranza di riuscire ad un’unione che sembra rispondere ai
desideri di Santa Madre Chiesa, alla quale certo nulla sta maggiormente a cuore
che il richiamo e il ritorno dei figli erranti al suo grembo. Ma sotto queste
insinuanti blandizie di parole si nasconde un errore assai grave che varrebbe a
scalzare totalmente i fondamenti della fede cattolica.
Pertanto, poiché la coscienza del
Nostro Apostolico ufficio ci impone di non permettere che il gregge del Signore
venga sedotto da dannose illusioni, richiamiamo, Venerabili Fratelli, il vostro
zelo contro così grave pericolo, sicuri come siamo che per mezzo dei vostri
scritti e della vostra parola giungeranno più facilmente al popolo (e dal
popolo saranno meglio intesi) i princìpi e gli argomenti che siamo per esporre.
Così i cattolici sapranno come giudicare e regolarsi di fronte ad iniziative
intese a procurare in qualsivoglia maniera l’unione in un corpo solo di quanti
si dicono cristiani.
Dio, Fattore dell’Universo, Ci
creò perché lo conoscessimo e lo servissimo; ne segue che Egli ha pieno diritto
di essere da noi servito. Egli avrebbe bensì potuto, per il governo dell’uomo,
prescrivere soltanto la pura legge naturale, da lui scolpitagli nel cuore nella
stessa creazione, e con ordinaria sua provvidenza regolare i progressi di
questa medesima legge. Invece preferì imporre dei precetti ai quali ubbidissimo
e nel corso dei secoli, ossia dalle origini del genere umano alla venuta e alla
predicazione di Gesù Cristo, Egli stesso volle insegnare all'uomo i doveri che
legano gli esseri ragionevoli al loro Creatore: « Iddio, che molte
volte e in diversi modi aveva parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti,
ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del figlio »
[3].
Dal che consegue non
potersi dare vera religione fuori di quella che si fonda sulla parola rivelata
da Dio, la quale rivelazione, cominciata da principio e continuata nell’Antico
Testamento, fu compiuta poi nel Nuovo dallo stesso Gesù Cristo. Orbene, se Dio
ha parlato, e che abbia veramente parlato è storicamente certo, tutti
comprendono che è dovere dell’uomo credere assolutamente alla rivelazione di
Dio e ubbidire in tutto ai suoi comandi: e appunto perché rettamente l’una cosa
e l’altra noi adempissimo, per la gloria divina e la salvezza nostra,
l’Unigenito Figlio di Dio fondò sulla terra la sua Chiesa. Quanti perciò si
professano cristiani non possono non credere alla istituzione di una Chiesa, e
di una Chiesa sola, per opera di Cristo; ma se s’indaga quale essa debba essere
secondo la volontà del suo Fondatore, allora non tutti sono consenzienti. Fra
essi, infatti, un buon numero nega, per esempio, che la Chiesa di Cristo debba
essere visibile, almeno nel senso che debba apparire come un solo corpo di
fedeli, concordi in una sola e identica dottrina, sotto un unico magistero e
governo, intendendo per Chiesa visibile nient’altro che una Confederazione
formata dalle varie comunità cristiane, benché aderiscano chi ad una chi ad
altra dottrina, anche se dottrine fra loro opposte. Invece Cristo nostro
Signore fondò la sua Chiesa come società perfetta, per sua natura esterna e
sensibile,
affinché proseguisse nel tempo
avvenire l’opera della salvezza del genere umano, sotto la guida di un solo
capo [4], con
l’insegnamento a viva voce [5], con
l'amministrazione dei sacramenti, fonti della grazia celeste [6]; perciò Egli
la dichiarò simile ad un regno [7], a una casa [8], ad un ovile
[9], ad un gregge
[10]. Tale
Chiesa così meravigliosamente costituita, morti il suo Fondatore e gli
Apostoli, che primi la propagarono, non poteva assolutamente cessare ed
estinguersi, poiché ad essa era stato affidato il compito di condurre alla
salvezza eterna tutti gli uomini, senza distinzione di tempo e di luogo:
« Andate adunque e insegnate a tutte le genti » [11]. Ora, nel
continuo adempimento di questo ufficio, potranno forse venir meno alla Chiesa
il valore e l’efficacia, se è continuamente assistita dallo stesso Cristo,
secondo la solenne promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni
sino alla fine del mondo »? [12].
Necessariamente, quindi, non solo
la Chiesa di Cristo deve sussistere oggi e in ogni tempo, ma anzi deve
sussistere quale fu al tempo apostolico, se non vogliamo dire — il che è
assurdo — che Cristo Signore o sia venuto meno al suo intento, o abbia errato
quando affermò che le porte dell’inferno non sarebbero mai prevalse contro la
Chiesa [13].
E qui si presenta l’opportunità
di chiarire e confutare una falsa opinione, da cui sembra dipenda tutta la
presente questione e tragga origine la molteplice azione degli acattolici,
operante, come abbiamo detto, alla riunione delle Chiese cristiane.
I fautori di questa iniziativa
quasi non finiscono di citare le parole di Cristo: « Che tutti siano
una cosa sola … Si farà un solo ovile e un solo pastore » [14], nel senso
però che quelle parole esprimano un desiderio e una preghiera di Gesù Cristo
ancora inappagati. Essi sostengono infatti che l’unità della fede e del governo
— nota distintiva della vera e unica Chiesa di Cristo — non sia quasi mai
esistita prima d’ora, e neppure oggi esista; essa può essere sì desiderata e
forse in futuro potrebbe anche essere raggiunta mediante la buona volontà dei
fedeli, ma rimarrebbe, intanto, un puro ideale.
Dicono inoltre che la Chiesa, per
sé o di natura sua, è divisa in parti, ossia consta di moltissime chiese o
comunità particolari, le quali, separate sinora, pur avendo comuni alcuni punti
di dottrina, differiscono tuttavia in altri; a ciascuna competono gli stessi
diritti; la Chiesa al più fu unica ed una dall’età apostolica sino ai primi
Concili Ecumenici. Quindi soggiungono che, messe totalmente da parte le
controversie e le vecchie differenze di opinioni che sino ai giorni nostri
tennero divisa la famiglia cristiana, con le rimanenti dottrine si dovrebbe
formare e proporre una norma comune di fede, nella cui professione tutti si
possano non solo riconoscere, ma sentire fratelli; e che soltanto se unite da
un patto universale, le molte chiese o comunità saranno in grado di resistere
validamente con frutto ai progressi dell’incredulità.
Così, Venerabili Fratelli,
si va dicendo comunemente. Vi sono però taluni che affermano e ammettono che
troppo sconsigliatamente il Protestantesimo rigettò alcuni punti di fede e
qualche rito del culto esterno, certamente accettabili ed utili, che la Chiesa
Romana invece conserva. Ma tosto soggiungono che questa stessa Chiesa corruppe
l’antico cristianesimo aggiungendo e proponendo a credere parecchie dottrine
non solo estranee, ma contrarie al Vangelo, tra le quali annoverano, come
principale, quella del Primato di giurisdizione, concesso a Pietro e ai suoi
successori nella Sede Romana. Tra costoro ci sono anche alcuni, benché pochi in
verità, i quali concedono al Romano Pontefice un primato di onore o una certa
giurisdizione e potestà, facendola però derivare non dal diritto divino, ma in
certo qual modo dal consenso dei fedeli; altri giungono perfino a volere lo
stesso Pontefice a capo di quelle loro, diciamo così, variopinte riunioni. Che
se è facile trovare molti acattolici che predicano con belle parole la fraterna
comunione in Gesù Cristo, non se ne rinviene uno solo a cui cada in mente di
sottomettersi al governo del Vicario di Gesù Cristo o di ubbidire al suo magistero.
E intanto affermano di voler ben volentieri trattare con la Chiesa Romana, ma
con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e certamente se potessero così
trattare, lo farebbero con l’intento di giungere a una convenzione la quale
permettesse loro di conservare quelle opinioni che li tengono finora vaganti ed
erranti fuori dell’unico ovile di Cristo.
A tali condizioni è chiaro che la
Sede Apostolica non può in nessun modo partecipare alle loro riunioni e che in
nessun modo i cattolici possono aderire o prestare aiuto a siffatti tentativi;
se ciò facessero, darebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai
lontana dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo Noi tollerare l’iniquissimo
tentativo di vedere trascinata a patteggiamenti la verità, la verità
divinamente rivelata? Ché qui appunto si tratta di difendere la verità
rivelata. Gesù Cristo inviò per l’intero mondo gli Apostoli a predicare il
Vangelo a tutte le nazioni; e perché in nulla avessero ad errare volle che
anzitutto essi fossero ammaestrati in ogni verità, dallo Spirito Santo [15]; forse che
questa dottrina degli Apostoli venne del tutto a meno o si offuscò talvolta
nella Chiesa, diretta e custodita da Dio stesso? E se il nostro Redentore
apertamente disse che il suo Vangelo riguardava non solo il periodo apostolico,
ma anche le future età, poté forse l’oggetto della fede, col trascorrere del tempo,
divenire tanto oscuro e incerto da doversi tollerare oggi opinioni fra loro
contrarie? Se ciò fosse vero, si dovrebbe parimenti dire che la discesa dello
Spirito Santo sugli Apostoli e la perpetua permanenza nella Chiesa dello stesso
Spirito e persino la predicazione di Gesù Cristo da molti secoli hanno perduto
ogni efficacia e utilità: affermare ciò sarebbe bestemmia. Inoltre, l’Unigenito
Figlio di Dio non solo comandò ai suoi inviati di ammaestrare tutti i popoli,
ma anche obbligò tutti gli uomini a prestar fede alle verità che loro fossero
annunziate « dai testimoni preordinati da Dio » [16], e al suo
precetto aggiunse la sanzione « Chi crederà e sarà battezzato, sarà
salvo; ma chi non crederà, sarà condannato » [17].
Ma questo doppio comando di
Cristo, da osservarsi necessariamente, d’insegnare cioè e di credere per avere
l’eterna salvezza, neppure si potrebbe comprendere se la Chiesa non proponesse
intera e chiara la dottrina evangelica e non fosse immune da ogni pericolo di
errore nell’insegnarla. Perciò è lontano dal vero chi ammette sì l’esistenza in
terra di un deposito di verità, ma pensa poi che sia da cercarsi con tanto
faticoso lavoro, con tanto diuturno studio e dispute, che a mala pena possa
bastare la vita di un uomo per trovarlo e goderne; quasi che il benignissimo
Iddio avesse parlato per mezzo dei Profeti e del suo Unigenito perché pochi
soltanto, e già molto avanzati negli anni, imparassero le verità rivelate, e
non per imporre una dottrina morale che dovesse reggere l’uomo in tutto il
corso della sua vita.
Potrà sembrare che questi pancristiani,
tutti occupati nell’unire le chiese, tendano al fine nobilissimo di fomentare
la carità fra tutti i cristiani; ma come mai potrebbe la carità riuscire in
danno della fede? Nessuno certamente ignora che lo stesso apostolo della
carità, San Giovanni (il quale nel suo Vangelo pare abbia svelato i segreti del
Cuore sacratissimo di Gesù che sempre soleva inculcare ai discepoli il nuovo
comandamento: « Amatevi l’un l’altro »), ha vietato
assolutamente di avere rapporti con coloro i quali non professano intera ed
incorrotta la dottrina di Cristo: « Se qualcuno viene da voi e non
porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo nemmeno »
[18]. Quindi,
appoggiandosi la carità, come su fondamento, sulla fede integra e sincera, è
necessario che i discepoli di Cristo siano principalmente uniti dal vincolo
dell’unità della fede.
Come dunque si potrebbe concepire
una Confederazione cristiana, i cui membri, anche quando si trattasse
dell’oggetto della fede, potessero mantenere ciascuno il proprio modo di
pensare e giudicare, benché contrario alle opinioni degli altri? E in che modo,
di grazia, uomini che seguono opinioni contrarie potrebbero far parte di una
sola ed eguale Confederazione di fedeli? Come, per esempio, chi afferma che la
sacra Tradizione è fonte genuina della divina Rivelazione e chi lo nega? Chi
tiene per divinamente costituita la gerarchia ecclesiastica, formata di
vescovi, sacerdoti e ministri, e chi asserisce che è stata a poco a poco
introdotta dalla condizione dei tempi e delle cose? Chi adora Cristo realmente
presente nella santissima Eucaristia per quella mirabile conversione del pane e
del vino, che viene detta transustanziazione, e chi afferma che il Corpo di
Cristo è ivi presente solo per la fede o per il segno e la virtù del
Sacramento? Chi riconosce nella stessa Eucaristia la natura di sacrificio e di
Sacramento, e chi sostiene che è soltanto una memoria o commemorazione della
Cena del Signore? Chi Stima buona e utile la supplice invocazione dei Santi che
regnano con Cristo, soprattutto della Vergine Madre di Dio, e la venerazione
delle loro immagini, e chi pretende che tale culto sia illecito, perché
contrario all’onore « dell’unico mediatore di Dio e degli uomini »
[19], Gesù
Cristo? Da così grande diversità d’opinioni non sappiamo come si prepari la via
per formare l’unità della Chiesa, mentre questa non può sorgere che da un solo
magistero, da una sola legge del credere e da una sola fede nei cristiani;
sappiamo invece benissimo che da quella diversità è facile il passo alla
noncuranza della religione, cioè all’indifferentismo e al cosiddetto
modernismo, il quale fa ritenere, da chi ne è miseramente infetto, che la
verità dogmatica non è assoluta, ma relativa, cioè proporzionata alle diverse
necessità dei tempi e dei luoghi e alle varie tendenze degli spiriti, non
essendo essa basata sulla rivelazione immutabile, ma sull’adattabilità della
vita. Inoltre in materia di fede, non è lecito ricorrere a quella differenza
che si volle introdurre tra articoli fondamentali e non fondamentali, quasi che
i primi si debbano da tutti ammettere e i secondi invece siano lasciati liberi
all’accettazione dei fedeli.
La virtù soprannaturale della
fede, avendo per causa formale l’autorità di Dio rivelante, non permette tale
distinzione. Sicché tutti i cristiani prestano, per esempio, al dogma della
Immacolata Concezione la stessa fede che al mistero dell’Augusta Trinità, e credono
all’Incarnazione del Verbo non altrimenti che al magistero infallibile del
Romano Pontefice, nel senso, naturalmente, determinato dal Concilio Ecumenico
Vaticano. Né per essere state queste verità con solenne decreto della Chiesa
definitivamente determinate, quali in un tempo quali in un altro, anche se a
noi vicino, sono perciò meno certe e meno credibili? Non le ha tutte rivelate
Iddio? Il magistero della Chiesa — che per divina Provvidenza fu stabilito nel
mondo affinché le verità rivelate si conservassero sempre incolumi, e
facilmente e con sicurezza giungessero a conoscenza degli uomini, — benché
quotidianamente si eserciti dal Romano Pontefice e dai Vescovi in comunione con
lui, ha però l’ufficio di procedere opportunamente alla definizione di qualche
punto con riti e decreti solenni, se accada di doversi opporre più
efficacemente agli errori e agli assalti degli eretici, oppure d’imprimere
nelle menti dei fedeli punti di sacra dottrina più chiaramente e profondamente
spiegati. Però con questo uso straordinario del magistero non si introducono
invenzioni né si aggiunge alcunché di nuovo al complesso delle dottrine che,
almeno implicitamente, sono contenute nel deposito della Rivelazione
divinamente affidato alla Chiesa, ma si dichiarano i punti che a parecchi forse
ancora potrebbero sembrare oscuri, o si stabiliscono come materia di fede
verità che prima da taluno si reputavano controverse.
Pertanto, Venerabili
Fratelli, facilmente si comprende come questa Sede Apostolica non abbia mai
permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici; infatti
non si può altrimenti favorire l’unità dei cristiani che procurando il ritorno
dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno
infelicemente s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa di Cristo che a tutti
certamente è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve restare
sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti. Poiché la mistica
Sposa di Cristo nel corso dei secoli non fu mai contaminata né giammai potrà
contaminarsi, secondo le parole di Cipriano: «Non può adulterarsi la Sposa
di Cristo: è incorrotta e pudica. Conosce una casa sola, custodisce con casto
pudore la santità di un solo talamo » [20]. Pertanto
lo stesso santo Martire a buon diritto grandemente si meravigliava come
qualcuno potesse credere « che questa unità la quale procede dalla
divina stabilità ed è saldata per mezzo di sacramenti celesti, possa scindersi
nella Chiesa e separarsi per dissenso di volontà discordanti » [21]. Essendo il
corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa [22] uno, ben
connesso [23]; e
solidamente collegato, come il suo corpo fisico, sarebbe grande stoltezza dire
che il corpo mistico possa essere il risultato di componenti disgiunti e
separati. Chiunque perciò non è con esso unito, non è suo membro né comunica
con il capo che è Cristo [24].
Orbene, in quest’unica Chiesa di
Cristo nessuno si trova, nessuno vi resta senza riconoscere e accettare, con
l’ubbidienza, la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori. E
al Vescovo Romano, come a Sommo Pastore delle anime, non ubbidirono forse gli
antenati di coloro che sono annebbiati dagli errori di Fozio e dei riformatori?
Purtroppo i figli abbandonarono la casa paterna, ma non per questo essa andò in
rovina, sostenuta come era dal continuo aiuto di Dio. Ritornino dunque al Padre
comune; e questi, dimenticando le ingiurie già scagliate contro la Sede
Apostolica, li riceverà con tutto l’affetto del cuore. Che se, come dicono,
desiderano unirsi con Noi e con i Nostri, perché non si affrettano ad entrare
nella Chiesa, « madre e maestra di tutti i seguaci di Cristo »
[25]?
Ascoltino le affermazioni di
Lattanzio: a « Soltanto … la Chiesa cattolica conserva il culto vero.
Essa è la fonte della verità; questo è il domicilio della fede, questo il
tempio di Dio; se qualcuno non vi entrerà, o da esso uscirà, resterà lontano
dalla speranza della vita e della salvezza. E non conviene cercare d’ingannare
se stesso con dispute pertinaci. Qui si tratta della vita e della salvezza: se
a ciò non si provvede con diligente cautela, esse saranno perdute e si
estingueranno » [26].
Dunque alla Sede Apostolica,
collocata in questa città che i Prìncipi degli Apostoli Pietro e Paolo
consacrarono con il loro sangue; alla Sede « radice e matrice della
Chiesa cattolica » [27], ritornino
i figli dissidenti, non già con l’idea e la speranza che la « Chiesa
del Dio vivo, colonna e sostegno della verità » [28] faccia
getto dell’integrità della fede e tolleri i loro errori, ma per sottomettersi
al magistero e al governo di lei.
Volesse il cielo che toccasse a
Noi quanto sinora non toccò ai nostri predecessori, di poter abbracciare con
animo di padre i figli che piangiamo separati da Noi per funesta divisione; oh!
se il nostro divin Salvatore « il quale vuole che tutti gli uomini si
salvino e giungano alla conoscenza della verità » [29], ascoltando
le Nostre ardenti preghiere si degnasse richiamare all’unità della Chiesa tutti
gli erranti! Per tale obiettivo, senza dubbio importantissimo, disponiamo e
vogliamo che si invochi l’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della
divina grazia, debellatrice di tutte le eresie, aiuto dei Cristiani, affinché
quanto prima ottenga il sorgere di quel desideratissimo giorno, quando gli
uomini udiranno la voce del Suo divin Figlio « conservando l’unità
dello Spirito nel vincolo della pace » [30].
Voi ben comprendete, Venerabili
Fratelli, quanto desideriamo questo ritorno; e bramiamo che ciò sappiano tutti
i figli Nostri, non soltanto i cattolici, ma anche i dissidenti da Noi: i
quali, se imploreranno con umile preghiera i lumi celesti, senza dubbio
riconosceranno la vera Chiesa di Cristo e in essa finalmente entreranno, uniti
con Noi in perfetta carità. Nell’attesa di tale avvenimento, auspice dei divini
favori e testimone della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili
Fratelli, al clero e al popolo vostro impartiamo di tutto cuore l’Apostolica
Benedizione.
Dato a Roma, presso San
Pietro, il 6 gennaio, festa della Epifania di N.S. Gesù Cristo, l’anno 1928,
sesto del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XI
[1] Ioann.,
XVII, 21.
[2] Ioann.,
XIII, 35.
[3] Hebr.,
I, 1 seq.
[4] Matth.,
XVI, 18 seq.: Luc., XXII, 32; Ioann., XXI, 15-17.
[5] Marc.,
XVI, 15.
[6] Ioann.,
III, 5; VI,48-59; XX, 22 seq.; cf. Matth., XVIII, 18; etc.
[7] Matth., XIII
[8] Cf. Matth., XVI, 18.
[9] Ioann., X, 16.
[10] Ioann., XXI, 15-17.
[11] Matth., XXVIII, 19.
[12] Matth., XXVIII, 20.
[13] Matth., XVI, 18.
[14] Ioann., XVII, 21; X, 16.
[15] Ioann., XVI, 13. 1
[16] Act., X, 41.
[17] Marc., XVI, 16.
[18] II Ioann.,
10.
[19] Cf. I Tim.,
II, 5.
[20] De cath.
Ecclesiae unitate, 6.
[21] Ibidem.
[22] I Cor.,
XII, 12.
[23] Eph., IV, 15.
[24] Cf. Eph., V, 30; I, 22.
[25] Conc. Lateran. IV, c. 5.
[26] Divin instit., IV, 30, 11-12.
[27] S. Cypr., Ep. 48 ad Cornelium, 3.
[28] I Tim.,
111, 15.
[29] I Tim.,
II, 4.
[30] Eph.,
IV, 3.