giovedì 14 agosto 2014

Giovanni Paolo II, Discorso... 24 maggio 1992 Sulla verginità della Madre di Dio

Sulla verginità della Madre di Dio
...Di Giovanni Paolo II. Discorso a conclusione del Convegno di studi sul Concilio di Capua, 24 maggio 1992. Solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre...

Giovanni Paolo II,
Discorso a conclusione del Convegno di studi sul Concilio di Capua,
24 maggio 1992


Sulla verginità della Madre di Dio

Solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre


Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, illustri Relatori e partecipanti al Convegno Internazionale, carissimi Fratelli e Sorelle!

1. A tutti rivolgo un saluto deferente e cordiale.
Ringrazio il caro Arcivescovo, Mons. Luigi Diligenza, per il nobile indirizzo, col quale, interpretando i comuni sentimenti, ha introdotto questo nostro incontro, che conclude il Convegno Internazionale di studi nel XVI centenario del Concilio di Capua.
Esprimo volentieri la mia stima e il mio compiacimento ai membri del Comitato organizzatore ed agli studiosi che con i loro contributi hanno animato ed arricchito il Simposio, sviluppandone il tema sotto vari ed interessanti aspetti. Confido che anche questa iniziativa varrà a promuovere nel popolo cristiano la devozione a Maria Santissima, la cui perpetua verginità fu riaffermata e difesa nel menzionato Concilio.

Un Concilio importante
2. Era l'anno 392. A Roma, sulla cattedra di Pietro sedeva Papa Siricio. A Capua si celebrò un importante Concilio, che le fonti storiche qualificano come plenarium (cfr. I.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima Collectio, III. Canones Conciliorum Ecclesiae Africanae, can. 48, col. 738), per la partecipazione dei Vescovi provenienti da varie regioni dell'Occidente e per la gravità delle questioni che dovette affrontare, tra cui la composizione dello scisma di Antiochia e l'esame della dottrina di Bonoso, che negava la perpetua verginità della Santa Madre del Signore. Sappiamo che Papa Siricio seguì con vigile attenzione i lavori del Concilio e che Sant'Ambrogio di Milano lasciò in essi l'impronta della sua personalità forte e prudente (Ep 71. De Bonoso episcopo: CSEL 82/3, pp. 7‑10).
L'argomento allora affrontato ci offre lo spunto per riflettere insieme su alcune condizioni previe, che appaiono indispensabili perché il teologo possa approfondire, con la ragione illuminata dalla fede, il fatto e il significato della verginità dell'umile e gloriosa Madre di Cristo.

Nella luce dell'incarnazione del Verbo
3. Anzitutto per una feconda riflessione teologica sulla verginità di Maria è indispensabile assumere un corretto punto di partenza. Infatti nella complessità dei suoi aspetti, la questione della verginità di Maria, non può essere trattata adeguatamente partendo dalla sola persona di lei, dalla cultura del suo popolo e dai condizionamenti sociali della sua epoca. Già i Padri della Chiesa percepirono con chiarezza che la verginità di Maria prima di costituire una «questione mariologica» è un «tema cristologico». Essi osservavano che la verginità della Madre è una esigenza derivante dalla natura divina del Figlio; è la condizione concreta in cui, secondo un libero e sapiente disegno divino, è avvenuta l'incarnazione del Figlio eterno, di colui che è «Dio da Dio» (Conc. Ecum. Constantinop. I, Expositio fidei CL Patrum seu Symbolum Nicenum Constantinopolitanum), il solo Santo, il solo Signore, il solo Altissimo (cfr. Missale Romanum, Hymnus «Gloria in excelsis Deo»).
E conseguentemente, per la tradizione cristiana, il grembo verginale di Maria, fecondato dal Pneuma divino senza intervento di uomo (cfr. Lc 1, 34‑35), è divenuto, come il legno della croce (cfr. Mc 15, 39) o le bende della sepoltura (cfr. Gv 20, 5‑8), motivo e segno per riconoscere in Gesù di Nazareth il Figlio di Dio.
La riflessione sulla maternità verginale di Maria ha consentito ad ogni generazione cristiana di dare una compiuta risposta all'interrogativo che percorre da un capo all'altro i Vangeli: «Chi è Gesù?»; ha consentito, cioè, di rispondere: Egli è vero Figlio di Dio, vero Figlio dell'uomo, nato dal Padre «prima del tempo», nato da donna (cfr. Gal 4, 4) «nel tempo».
Pertanto solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre.

Con profondo senso di venerazione
4. Il teologo deve avvicinarsi al mistero della verginità feconda di Maria con un profondo senso di venerazione nei confronti dell'agire libero, santo, sovrano di Dio. Percorrendo le pagine dei Santi Padri e i testi liturgici si osserva che pochi misteri salvifici hanno suscitato tanto stupore, ammirazione e lode quanto l'incarnazione del Verbo di Dio nel grembo verginale di Maria. 1 Padri, consapevoli dell'unità profonda tra le due fasi dell'unica Rivelazione, non hanno dubitato di applicare a Maria, madre vergine dell'Emmanuele (cfr. Is 7,14; Mt 1, 23), i più venerabili simboli del Testamento Antico ‑ il Roveto ardente, l'Arca dell'Alleanza, il Tabernacolo della Gloria, il Tempio del Signore ‑ e hanno dichiarato la loro incapacità di celebrare degnamente il mistero: «Sancta et immaculata Virginitas, quibus te laudibus efferam, nescio: quia quem caeli capere non poterant, tuo gremio contulisti» (Liturgia Horarum, Die I ian. Soll. sancta Dei Genetricis Mariae. Off. lect., 2 resp.).
Ma il teologo, che si accosta al mistero della verginità di Maria con animo pieno di fede e di adorante rispetto, non rinuncia per questo al compito di approfondire i dati della Rivelazione e di scoprirne l'armonia e il reciproco rapporto; anzi, sulla scia dello Spirito, che solo «scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (1 Cor 2, 10), si pone nella grande e feconda tradizione teologica della «fides quaerens intellectum».
Quando la riflessione teologica diventa momento dossologico e latreutico, il mistero della verginità di Maria si dischiude lasciando intravedere altri aspetti e altre profondità.

5. Ad esempio, nella riflessione adorante sul mistero dell'incarnazione del Verbo, è stato individuato un rapporto particolarmente importante tra l'inizio e la fine della vita terrena di Cristo, vale a dire tra la concezione verginale e la risurrezione dai morti, due verità che si riallacciano strettamente alla fede nella divinità di Gesù.
Esse appartengono al deposito della fede, sono professate da tutta la Chiesa ed espressamente enunciate nei Simboli della fede. La storia dimostra che dubbi o incertezze sull'una si ripercuotono inevitabilmente sull'altra, come, al contrario, l'umile e forte adesione ad una di esse favorisce l'accoglimento cordiale dell'altra.
E' noto che alcuni Padri della Chiesa stabiliscono un significativo parallelismo tra la generazione di Cristo e la sua risurrezione ex intacto sepulcro (cfr. S. Efrem, Commentarium in Diatesseron 21, 21: CSCO 145, 232; S. Isodoro Pelusiota, Epist. 1, 404; PG 78,408; S. Proclo di Constantinopoli, Homilia, 33. In s. Apostolorum Thomam, VII, 19‑20: «Studi e Testi» 247, p.24 l; S. Pietro Crisologo, Sermo 84, 3: CCL 24A, p.518; S. Cesario di Arles, Sermo 203, 2; CCL 104, p.818). Nel parallelismo, relativamente alla generazione di Cristo, alcuni Padri pongono l'accento sulla concezione verginale, altri sulla nascita verginale, altri sulla susseguente perpetua verginità della Madre, ma tutti testimoniano il convincimento che tra i due eventi salvifici la generazione‑nascita di Cristo e la sua risurrezione dai morti ‑ esiste un nesso intrinseco che risponde ad un preciso piano di Dio: un nesso che la Chiesa, guidata allo Spirito, ha scoperto, non creato.
Tra i testi patristici che mettono in stretta relazione la nascita e la risurrezione mi limiterò a ricordarne solo due: uno, per la sua antichità e autorevolezza; l'altro per la straordinaria lucidità con cui collega i due eventi e vede in essi una prova della divinità di Cristo.
Il primo è di Sant'Ireneo: «David eam quae est ex Virgine generationem et eam quae est ex mortuis resurrectionem prophetans ait: "Veritas de terra orta est» (Adversus Haereses, III, 5, 1: SCH 211, pp. 52‑54). Il secondo di San Pier Crisologo: «Venit Maria ad monumentum, venit ad resurrectionis uterum, venit ad vitae partum, ut iterum Christus ex sepulcro nasceretur fidei, qui camis fuerat generatus ex ventre; et eum, quem clausa virginitas vitam pertulerat ad praesentem, clausum sepulcrum ad vitam redderet sempiternam. Divinitatis insigne est clausam virginem reliquisse post partum; de sepulcro clauso exisse cuiri corpore, est divinitatis insigne» (Sermo 75, 3: CCL 24A, p.460).
A questo proposito è da osservare che alcuni studiosi, scrutando la sacra pagina con i metodi propri dell'esegesi scientifica, scorgono un rapporto, insito nello stesso testo evangelico, tra le «fasce del presepio» (cfr. Lc 2, 7.12) e le «bende del sepolcro» (cfr. Lc 23, 53; 24, 12; Gv 19, 40; 20, 5‑7). Già i Santi Padri lo avevano rilevato (S. Efrem, De nativitate XXIII, 12: CSCO 187, p. 109; S. Gregorio Nazianzeno, Oratio 29 [= Oratio theologica III], 19: SCh 250, p.218; S. Massimo di Torino, Sermo 39, 1: CCL 23, p. 152). Peraltro la Chiesa nella sua meditazione teologica sul mistero di Cristo ha percorso spesso, piena di amore, il cammino che dal giardino del Calvario (cfr. Gv 19, 41; 20, 15) conduce al presepio di Betlemme (cfr. Lc 2, 7, 7‑20); e nella liturgia ha sempre celebrato il Natale guardando alla Pasqua, così come, celebrando la Pasqua è memore del Natale, e riconosce in Maria la testimone eccezionale dell'identità tra il Bambino nato dalla sua carne verginale e il Crocifisso rinato dal sepolcro sigillato: «Agnoscit Mater membra quae genuit» (Missale HispanoMozarabicum, Sabbato Paschae ante octavas. Illatio: Toledo, Conferencia Episcopal Espaflola ‑ Arzibispado de Toledo, 1991, p. 466).

Fatto e significato
6. E ancora, è necessario che il teologo nel proporre la dottrina della Chiesa sulla verginità di Maria mantenga l'indispensabile equilibrio tra l'affermazione del fatto e l'illustrazione del suo significato. Ambedue sono parte integrante del mistero: il significato, o valore simbolico dell'evento ha il suo fondamento nella realtà del fatto, e questo, a sua volta, mostra tutta la sua ricchezza solo se ne vengono dispiegati i significati simbolici.
Nella confessione di fede nella verginità della Madre di Dio, la Chiesa proclama come fatti reali che Maria di Nazareth:
‑ concepì veramente Gesù per opera dello Spirito Santo senza intervento di uomo;
‑ diede alla luce veramente e verginalmente suo Figlio, per cui dopo il parto rimase vergine; vergine ‑ secondo i Santi Padri e i Concili che trattarono espressamente la questione (cfr. Conc. Roman. Lateran., can. 3: I.D. Mansi. Sacrorum Conciliorum nova et amplissima Collectio, X, col. 1151; Conc. Tolet. XVI, Symbolum, art.22) ‑ anche per quanto concerne l'integrità della carne;
‑ visse, dopo la nascita di Gesù, in totale e perpetua verginità; e, insieme con San Giuseppe, anch'egli chiamato a svolgere un ruolo primario negli eventi iniziali della nostra salvezza, si dedicò al servizio della persona e dell'opera del Figlio (cfr. Conc. Ecum. Vaticano II, Cost. dogmatica Lumen Gentium, 56).

7. Nel nostro tempo la Chiesa ha sentito la necessità di richiamare la realtà della concezione verginale di Cristo, rilevando che le pagine di Luca 1, 26‑38 e di Matteo 1, 18‑25 non possono essere ridotte a semplici racconti eziologici per facilitare la fede dei fedeli nella divinità di Cristo. Esse sono piuttosto, al di là del genere letterario adottato da Matteo e da Luca, espressione di una tradizione biblica di origine apostolica.
Affermare la realtà della concezione verginale di Cristo non significa che, in riferimento ad essa, si possa fornire una prova apodittica di tipo razionale. Infatti la concezione verginale di Cristo è una verità rivelata da Dio, che l'uomo accoglie in virtù dell'obbedienza della fede (cfr. Rm 16, 26). Solo chi è disposto a credere che Dio agisce nella realtà intramondana e che a Lui «nulla è impossibile» (Lc 1, 37), può accogliere con devota gratitudine la verità della «kenosis» del Figlio eterno di Dio e della sua concezione nascita verginale, del valore salvifico universale della sua morte in croce e della risurrezione vera, nel proprio corpo, di Colui che fu appeso e mori sul legno della Croce.

8. Ma l'affermazione del fatto non esaurisce il compito del teologo; come dicevo, egli deve scoprire, approfondire, illustrare i valori simbolici insiti nell'evento salvifico. Egli deve cioè esporre in modo organico il messaggio e decifrare l'immagine che Dio ha comunicato di Sé attraverso i fatti della concezione e della nascita verginale di Cristo e della verginità perpetua di Maria.
Il teologo deve perciò domandarsi:
‑ che cosa Dio ‑ Padre, Figlio, Spirito ‑ comunica di Sé attraverso gli eventi? Infatti nell'evento dell'Incarnazione redentrice si manifestano e agiscono le tre Persone divine: il Padre, che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cfr. Gv 3, 16); il Figlio, che assume la natura umana e diviene nostro fratello; lo Spirito, che adombra il seno della Vergine. Nella pagina lucana Dio si rivela trascendente e vicino, potente e misericordioso, Dio dell'amore preveniente e gratuito, fedele all'Alleanza e alle promesse fatte a Davide, Dio che si china sulla miseria dell'uomo e predilige gli umili e i poveri;
‑ quale illuminazione deriva da quegli eventi per la nostra conoscenza della Chiesa, sia nella fase anticotestamentaria sia in quella neotestamentaria? Perché, nell'episodio dell'Annunciazine, Maria appare come «culmine di Israele» e prototipo del nuovo Popolo di Dio; perché Ella anticipa in Sé i tratti essenziali vergine, sposa, discepola ‑ della fisionomia spirituale della Chiesa;
‑ quale luce gettano quegli eventi per la comprensione dell'uomo ‑ maschio e femmina ‑ e del suo destino di grazia e di gloria? Proprio attraverso quegli eventi il «Verbo elargitore di incorruzione» (S. Ireneo, Adversus Haereses, III, 19, 1: SCh 34, p. 330) entra nel mondo perché l'uomo, divinizzato, rientri nell'intimità con Dio; e in questi eventi Maria di Nazareth, nella sua condizione concreta di «vergine promessa sposa di un uomo» (Lc 1, 27), si trova al centro di una vicenda che la impegna totalmente, nel corpo e nello spirito, e nella quale libertà e obbedienza, umiltà ed esaltazione, amore e servizio, fedeltà a Dio e solidarietà con l'uomo, si compongono armonicamente in una dialettica stupenda.

9. Ora nella ricerca del senso nascosto nel fatto si apre al teologo un campo di lavoro vasto, fecondo, esaltante. Se egli, con metodo rigoroso, con fedeltà alla parola normativa, alla Tradizione universale, alle direttive del Magistero, con attenzione all'esperienza liturgica, scandaglierà l'evento salvifico della concezione e della nascita di Cristo nonché la perpetua verginità di Maria, verrà a trovarsi, per così dire, a contatto con l'intera Scrittura: con la pagina in cui Dio plasma l'uomo da «terra vergine» (cfr. Gn 2, 4b7); con i testi che riportano le antiche Alleanze, le profezie messianiche, le promesse fatte a Davide, i cui echi si odono distintamente nell'Alleanza dell'Incarnazione; con la narrazione delle gesta di Abramo, la cui fede obbediente rivive, intensificata, nel fiat di Maria; con i racconti della maternità prodigiosa di alcune donne sterili ‑ Sara, la moglie di Manoach, Anna, Elisabetta ‑ che divennero feconde con il favore di Dio; con i brani che descrivono la nascita dei discepoli «dall'alto», «dall'acqua e dallo Spirito» (cfr. Gv 3, 3‑8), modellata cioè sulla nascita di Gesù dal grembo di Maria per opera dello Spirito Santo! con l'episodio della maternità pasquale di Maria (cfr. 19, 25-27), avvenuta anch'essa nella fede alla parola e nella quale i Padri scorsero pure una dimensione verginale: il Figlio, vergine, affida la Madre vergine al Discepolo vergine (cfr. S. Girolamo, Ep. 127 5; CSEL 56, pp. 149‑150; S. Carbonio, In lohanni Evangelium, 69‑76: PG78,3,3788); con la stessa letteratura intertestamentaria nella quale si sente in pagine di intenso lirismo lo struggente desiderio di Israele di divenire sposa pura e fedele, comunità escatologica in cui non si oda più il lamento del dolore del parto né i canti funebri della morte. Sono esempi. Essi indicano come espressioni quali Theotokos o Virgo Mater, se lette in profondità e con attenzione alle molteplici voci convergenti, siano quasi riassunto dell'economia salvifica.

In modo integro e corretto
10. E' necessario inoltre che il teologo presenti la verginità di Maria in modo integro e corretto.

L'integrità della dottrina esige che sia messa in luce, con il dovuto rilievo, la virginitas cordis di Maria Santissima. Se, per i suoi valori simbolici, è importante la virginitas carnis, molto più lo è la virginitas cordis della Madre di Gesù. Ella, nella sua condizione verginale, è la nuova Eva, la vera Figlia di Sion, la perfetta Discepola, l'icona compiuta della Chiesa. Perciò realizza in Sé l'ideale della perfetta adesione al progetto di Dio senza compromessi e senza l'inquinamento della menzogna e della superbia; del fedele adempimento dell'Alleanza, la cui infrazione da parte di Israele è paragonata dai profeti all'adulterio; dell'accoglimento sincero del messaggio evangelico, nel quale sono detti beati i Puri di cuore (cfr. Mt 5, 8) ed è esaltata la verginità per il Regno (cfr. Mt 19, 12); della retta comprensione del mistero di Cristo ‑ la Veritas per eccellenza (cfr. Gv 14,6) ‑ e della sua dottrina, per cui la Chiesa è chiamata vergine anche perché custodisce integro e incorrotto il deposito della fede.
La Chiesa ha sempre insegnato che nulla vale la virginitas carnis se nel cuore si annidano la menzogna e la superbia, se da esso è assente l'amore.

11. La correttezza nell'esposizione della dottrina esige che siano evitate posizioni unilaterali, esagerazioni o distorsioni. Ad esempio, l'affermazione della verginità di Maria deve essere fatta in modo che in nulla, direttamente o indirettamente, appaia diminuito il valore e la dignità del matrimonio, voluto da Dio, da Lui benedetto, sacramento che configura il cristiano a Cristo, via di perfezione e di santità; o non si tenga sufficientemente conto del carattere singolare, irripetibile, della verginità di Maria e si pretenda trasferire l'unicità della situazione che essa riflette ad altre condizioni di vita; o si proponga la verginità di Maria in funzione esclusiva di alcune legittime scelte di vita ecclesiale, dimenticando che essa riguarda anzitutto il misterium Christi e il mysterium Ecclesiae; o si banalizzi il messaggio che ne deriva relegandolo ad un aspetto marginale del cristianesimo.

In modo attento alla cultura contemporanea
12. E' necessario infine che il teologo nell'esporre la dottrina sulla verginità di Maria tenga presente le tendenze e gli orientamenti della cultura contemporanea.
Certamente il clima culturale del nostro tempo non è sempre sensibile ai valori della verginità cristiana.
Non sarebbe difficile elencarne le cause. Ma ciò non deve scoraggiare il teologo nel suo impegno. Al tempo di Paolo la cultura dominante non era pronta ad accogliere il mistero della Croce, ma egli, per fedeltà a Cristo, ne fece il fulcro del suo messaggio (cfr. 1 Cor 2, 2; Gal 3, l; 6, 14).
Il teologo deve essere animato dalla serena fiducia che i valori autenticamente evangelici sono validi per l'uomo e per la donna contemporanei, anche quando essi li ignorano o li trascurano.
La verginità è dono e grazia. Essa è un bene della Chiesa, del quale partecipano anche coloro ‑ senza dubbio la maggior parte ‑, che non sono chiamati a viverla nella propria carne, ma pur sempre nel proprio cuore.
Tocca al teologo indicare le ragioni che possono aiutare l'uomo e la donna del nostro tempo a riscoprire i valori della verginità; egli deve individuare il linguaggio più adatto per trasmettere i valori evangelici di cui essa è portatrice, mostrare come in molti casi la verginità sia segno di libertà interiore, di rispetto dell'altro, di attenzione ai valori dello Spirito, di capacità di spingere lo sguardo oltre i confini del mondo temporale (cfr. Mt 22,30), di vivere radicalmente al servizio del Regno.
E mi domando: l'impronta verginale che segna la creazione dell'uomo (cfr. Gn 2, 4b‑7. 22‑23) e la sua ricreazione in Cristo, non ha nessuna ispirazione da offrire ai movimenti ecologici del nostro tempo che deplorano tante forme di violenza inferta alla creazione, il degrado della natura, l'inquinamento dell'ambiente?
Soprattutto il teologo deve mostrare ai nostri contemporanei che l'ideale dell'uomo nuovo, perfetto, si è compiuto in Cristo Gesù: Egli è l'Uomo (cfr. Gv 19, 5). In Lui il progetto antropologico di Dio ha raggiunto la perfezione assoluta. Ora nella radice di Cristo ‑ la sua concezione nel grembo di Maria ‑ e nella sua nascita alla vita definitiva ‑ dal sepolcro inviolato vi è un «elemento verginale» di grande portata in riferimento al suo essere, alla sua esemplarità per tutti i discepoli.

13. I Vescovi che parteciparono al Concilio di Capua del 392 non furono certo superficiali. Essi compresero che la questione della perpetua verginità di Maria non era secondaria, che non si fermava all'umile persona della Serva del Signore, ma riguardava aspetti fondamentali della fede: il mistero stesso di Cristo, la sua opera salvifica, il servizio del Regno.
La loro testimonianza diventa esemplare per noi. Con l'auspicio che quanti si pongono oggi a riflettere sul Mistero di Dio sappiano trarre luce dalla loro esperienza di fede, imparto a tutti voi, che avete preso parte a questo Convegno Internazionale, la mia Benedizione.

Al termine dell'incontro, salutando i numerosi . fedeli radunati all'esterno della chiesa, Giovanni Paolo Il ha detto:
Davanti a questa Cattedrale, dedicata a Maria, nella Capua vecchia, voglio ringraziare per questa vostra partecipazione, questa vostra accoglienza cordiale. Voglio augurarvi un futuro sempre più consapevole di questo grande mistero che è il mistero del Verbo incarnato nella Vergine Maria. Voglio augurarvi sempre più una devozione profonda a Maria Vergine e Madre, illuminata dal mistero del Verbo incarnato, nostro Redentore, Redentore dell'uomo. Ci avviciniamo, al termine del Secondo millennio dopo Cristo, all'apertura del Terzo millennio. Ci avviciniamo con speranza perché Cristo è ieri, oggi e sempre. Allora, ci avviciniamo con la speranza della sua presenza, del suo Regno, anche in questo millennio che si aprirà tra pochi anni.

Beato Pio IX, bolla Ineffabilis Deus: dogma dell'Immacolata concezione della Beata Vergine Maria...

L'Immacolata Concezione

+

Pio IX
Ineffabilis Deus


Dio ineffabile, le vie del quale sono la misericordia e la verità; Dio, la cui volontà è onnipotente e la cui sapienza abbraccia con forza il primo e l'ultimo confine dell'universo e regge ogni cosa con dolcezza, previde fin da tutta l'eternità la tristissima rovina dell'intero genere umano, che sarebbe derivata dal peccato di Adamo. Avendo quindi deciso, in un disegno misterioso nascosto dai secoli, di portare a compimento l'opera primitiva della sua bontà, con un mistero ancora più profondo – l'incarnazione del Verbo – affinché l'uomo (indotto al peccato dalla perfida malizia del diavolo) non andasse perduto, in contrasto con il suo proposito d'amore, e affinché venisse recuperato felicemente ciò che sarebbe caduto con il primo Adamo, fin dall'inizio e prima dei secoli scelse e dispose che al Figlio suo Unigenito fosse assicurata una Madre dalla quale Egli, fatto carne, sarebbe nato nella felice pienezza dei tempi. E tale Madre circondò di tanto amore, preferendola a tutte le creature, da compiacersi in Lei sola con un atto di esclusiva benevolenza. Per questo, attingendo dal tesoro della divinità, la ricolmò – assai più di tutti gli spiriti angelici e di tutti i santi – dell'abbondanza di tutti i doni celesti in modo tanto straordinario, perché Ella, sempre libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, mostrasse quella perfezione di innocenza e di santità da non poterne concepire una maggiore dopo Dio, e che nessuno, all'infuori di Dio, può abbracciare con la propria mente.

Era certo sommamente opportuno che una Madre degna di tanto onore rilucesse perennemente adorna degli splendori della più perfetta santità e, completamente immune anche dalla stessa macchia del peccato originale, riportasse il pieno trionfo sull'antico serpente. Dio Padre dispose di dare a Lei il suo unico Figlio, generato dal suo seno uguale a sé, e che ama come se stesso, in modo tale che fosse, per natura, Figlio unico e comune di Dio Padre e della Vergine; lo stesso Figlio scelse di farne la sua vera Madre, e lo Spirito Santo volle e operò perché da Lei fosse concepito e generato Colui dal quale egli stesso procede.

La Chiesa Cattolica che – da sempre ammaestrata dallo Spirito Santo – è il basilare fondamento della verità, considerando come dottrina rivelata da Dio, compresa nel deposito della celeste rivelazione, questa innocenza originale dell'augusta Vergine unitamente alla sua mirabile santità, in perfetta armonia con l'eccelsa dignità di Madre di Dio, non ha mai cessato di presentarla, proporla e sostenerla con molteplici argomentazioni e con atti solenni sempre più frequenti. Proprio la Chiesa, non avendo esitato a proporre la Concezione della stessa Vergine al pubblico culto e alla venerazione dei fedeli, ha offerto un'inequivocabile conferma che questa dottrina, presente fin dai tempi più antichi, era intimamente radicata nel cuore dei fedeli e veniva mirabilmente diffusa dall'impegno e dallo zelo dei Vescovi nel mondo cattolico. Con questo atto significativo mise in evidenza che la Concezione della Vergine doveva essere venerata in modo singolare, straordinario e di gran lunga superiore a quello degli altri uomini: pienamente santo, dal momento che la Chiesa celebra solamente le feste dei Santi.

Per questo essa era solita inserire negli uffici ecclesiastici e nella sacra Liturgia, riferendole anche alle origini della Vergine, le stesse identiche parole impiegate dalla Sacra Scrittura per parlare della Sapienza increata e per descriverne le origini eterne, perché entrambe erano state preordinate nell'unico e identico decreto dell'Incarnazione della Divina Sapienza.
Sebbene tutte queste cose, condivise quasi ovunque dai fedeli, dimostrino con quanta cura la stessa Chiesa Romana, madre e maestra di tutte le Chiese, abbia seguito la dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine, tuttavia meritano di essere elencati, uno per uno, gli atti più importanti della Chiesa in questa materia, perché assai grandi sono la sua dignità e la sua autorità, quali si addicono ad una simile Chiesa: è lei il centro della verità cattolica e dell'unità; in lei sola fu custodita fedelmente la religione; da lei tutte le altre Chiese devono attingere la tradizione della fede.
Dunque, questa stessa Chiesa Romana ritenne che non potesse esserci niente di più meritevole che affermare, tutelare, propagandare e difendere, con ogni più eloquente mezzo, l'Immacolata Concezione della Vergine, il suo culto e la sua dottrina. Tutto questo è testimoniato e messo in evidenza, in modo assolutamente inequivocabile, da innumerevoli e straordinari, atti dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, ai quali, nella persona del Principe degli Apostoli, fu affidato, per volere divino, dallo stesso Cristo Signore il supremo compito e il potere di pascere gli agnelli e le pecore, di confermare nella fede i fratelli, di reggere e governare tutta la Chiesa.

I Nostri Predecessori infatti si vantarono grandemente, avvalendosi della loro autorità Apostolica, di avere istituito nella Chiesa Romana la festa della Concezione con Ufficio e Messa proprii, per mezzo dei quali veniva affermato, con la massima chiarezza, il privilegio dell'immunità dalla macchia originale; di aver rafforzato, circondato di ogni onore, promosso e accresciuto con ogni mezzo il culto già stabilito, sia con la concessione di Indulgenze, sia accordando alle città, alle province e ai regni la facoltà di scegliere come Patrona la Madre di Dio sotto il titolo dell'Immacolata Concezione, sia con l'approvazione di Confraternite, di Congregazioni e di Famiglie religiose, costituite per onorare l'Immacolata Concezione, sia con il tributare lodi alla pietà di coloro che avevano eretto monasteri, ospizi, altari e templi dedicati all'Immacolata Concezione, oppure si erano impegnati, con un solenne giuramento, a difendere strenuamente l'Immacolata Concezione della Madre di Dio.
Provarono anche l'immensa gioia di decretare che la festa della Concezione dovesse essere considerata da tutta la Chiesa, con la stessa dignità e importanza della Natività; inoltre, che fosse celebrata ovunque come solennità insignita di ottava e da tutti santificata come festa di precetto, e che ogni anno si tenesse nella Nostra Patriarcale Basilica Liberiana una Cappella Papale nel giorno santo dell'Immacolata Concezione.
Spinti dal desiderio di rafforzare, ogni giorno di più, nell'animo dei fedeli questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio e di stimolare la loro pietà al culto e alla venerazione della Vergine concepita senza peccato originale, furono lietissimi di concedere la facoltà che venisse pronunciata ad alta voce la Concezione Immacolata della Vergine nelle Litanie Lauretane e nello stesso Prefazio della Messa, affinché i dettami della fede trovassero conferma nelle norme della preghiera.
Noi quindi, seguendo le orme di Predecessori così illustri, non solo abbiamo approvato e accolto tutto ciò che è stato da loro deciso con tanta devozione e con tanta saggezza, ma, memori di ciò che aveva disposto Sisto IV, abbiamo confermato, con la Nostra autorità, l'Ufficio proprio dell'Immacolata Concezione e, con sensi di profonda gioia, ne abbiamo concesso l'uso a tutta la Chiesa.
Ma poiché tutto ciò che si riferisce al culto è strettamente connesso con il suo oggetto e non può rimanere stabile e duraturo se questo oggetto è incerto e non ben definito, i Romani Pontefici Nostri Predecessori, mentre impiegavano tutta la loro sollecitudine per accrescere il culto della Concezione, si preoccuparono anche di chiarirne e di inculcarne con ogni mezzo l'oggetto e la dottrina. Insegnarono infatti, in modo chiaro ed inequivocabile, che si celebrasse la festa della Concezione della Vergine e respinsero quindi, come falsa e assolutamente contraria al pensiero della Chiesa, l'opinione di coloro che ritenevano ed affermavano che da parte della Chiesa non si onorava la Concezione ma la santificazione di Maria. Né ritennero che si potesse procedere con minore decisione contro coloro che, al fine di sminuire la dottrina sull'Immacolata Concezione della Vergine, avendo escogitato una distinzione fra il primo istante e il secondo momento della Concezione, affermavano che si celebrava sì la Concezione, ma non quella del primo iniziale momento.
Gli stessi Nostri Predecessori stimarono loro preciso dovere difendere e sostenere, con tutto l'impegno, sia la festa della Concezione della Beatissima Vergine, sia la Concezione dal suo primo istante come vero oggetto del culto. Di qui le parole assolutamente decisive, con le quali Alessandro VII, Nostro Predecessore, mise in evidenza il vero pensiero della Chiesa. Egli si espresse in questi termini: "È sicuramente di antica data la particolare devozione verso la Beatissima Madre, la Vergine Maria, da parte dei fedeli: infatti erano convinti che la sua anima – fin dal primo istante della sua creazione e della sua infusione nel corpo – fosse stata preservata immune dalla macchia del peccato originale per una speciale grazia e per un singolare privilegio di Dio, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Figlio suo e Redentore del genere umano. Animati da tale persuasione, circondavano di onore e celebravano la festa della Concezione con un rito solenne" [ALEXANDER VII, Const. Sollicitudo omnium Ecclesiarum, 8 decembris 1661] .

E fu proprio impegno primario dei Nostri Predecessori custodire con ogni cura, zelo e sforzo, perfettamente integra la dottrina dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio. Infatti non solo non tollerarono mai che la stessa dottrina venisse in qualche modo biasimata e travisata da chicchessia, ma, spingendosi ben oltre, asserirono, con chiare e reiterate dichiarazioni, che la dottrina, con la quale professiamo l'Immacolata Concezione della Vergine, era e doveva essere considerata a pieno titolo assolutamente conforme al culto della Chiesa; era antica e quasi universalmente riconosciuta, tale da essere fatta propria dalla Chiesa Romana, con l'intento di assecondarla e custodirla, e del tutto degna di aver parte nella stessa Sacra Liturgia e nelle preghiere più solenni.
Non contenti di ciò, affinché la dottrina dell'Immacolato Concepimento della Vergine si mantenesse integra, vietarono, con la più grande severità, che ogni opinione contraria a questa dottrina potesse essere sostenuta sia in pubblico che in privato e la vollero colpita a morte. A queste ripetute e chiarissime dichiarazioni, perché non risultassero vane, aggiunsero delle sanzioni. Tutto questo è stato riassunto dal Nostro venerato Predecessore Alessandro VII con le seguenti parole:

"Considerando che la Santa Chiesa Romana celebra solennemente la festa della Concezione dell'Intemerata e sempre Vergine Maria, e che, al riguardo, ha un tempo composto un Ufficio proprio e specifico in ossequio alla pia, devota e lodevole disposizione emanata dal Nostro Predecessore Sisto IV; volendo Noi pure favorire, sull'esempio dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, questa lodevole e pia devozione, questa festa e questo culto, prestato conformemente a quella direttiva e che dalla sua istituzione non ha subito, nella Chiesa Romana, alcun mutamento; volendo anche salvaguardare questa particolare forma di pietà e di devozione nel rendere onore e nel celebrare la Beatissima Vergine preservata dal peccato originale con un atto preventivo della grazia dello Spirito Santo; desiderando inoltre conservare nel gregge di Cristo l'unità dello spirito nel vincolo della pace, dopo aver placato i motivi di scontro e le dispute e aver rimosso gli scandali; accogliendo le istanze e le suppliche a Noi rivolte dai Vescovi sopra ricordati, unitamente ai Capitoli delle loro Chiese, dal Re Filippo e dai suoi Regni; rinnoviamo le Costituzioni e i Decreti emanati dai Romani Pontefici Nostri Predecessori, soprattutto da Sisto IV, da Paolo V e da Gregorio XV, per avvalorare l'affermazione intesa a sostenere che l'anima della Beata Vergine Maria, nella sua creazione e nell'infusione nel corpo, ebbe il dono della grazia dello Spirito Santo e fu preservata dal peccato originale; per favorire la festa e il culto della stessa Concezione della Vergine Madre di Dio, in linea con la pia proposizione suesposta, decretiamo che tali Costituzioni e Decreti siano osservati, sotto pena d'incorrere nelle censure e nelle altre sanzioni previste nelle Costituzioni stesse.

"Decretiamo che quanti ardiranno interpretare le Costituzioni e i Decreti citati in modo da vanificare il favore reso, per mezzo loro, alla sunnominata affermazione, alla festa e al culto prestato nel rispetto della stessa; avranno osato mettere in discussione questa affermazione, questa festa e questo culto, o prendere posizione contro di essa in qualunque modo, direttamente o indirettamente, ricorrendo a qualsivoglia pretesto, sia pure con l'intento di esaminarne la sua definibilità e di spiegare e di interpretare, al riguardo, la Sacra Scrittura, i Santi Padri, e i Dottori; o ancora farsi forti di ogni altro possibile pretesto od occasione e poter quindi esprimere, dichiarare, trattare, disputare a voce e per iscritto, precisando, affermando e adducendo qualche argomentazione contro di essa, senza portarla a compimento; dissertare infine contro di essa in qualsiasi altro modo, addirittura fuori dell'immaginabile; [decretiamo] che siano privati anche della facoltà di predicare, di leggere, di insegnare e di dissertare in pubblico; di aver voce attiva e passiva in ogni tipo di elezioni, senza bisogno di alcuna dichiarazione. Incorreranno dunque, ipso facto, nella pena della perpetua interdizione di predicare, di leggere, di insegnare e di dissertare in pubblico.
"Da queste pene essi potranno essere assolti o dispensati solamente da Noi o dai Romani Pontefici Nostri Successori. Intendiamo anche sottoporli, ed effettivamente con la presente li sottoponiamo, ad altre pene da infliggere a Nostro insindacabile giudizio e dei Romani Pontefici Nostri Successori, mentre rinnoviamo le Costituzioni e i Decreti di Paolo V e di Gregorio XV sopra ricordati.
"Dichiariamo inaccettabili, e le sottoponiamo alle pene e alle censure contenute nell'Indice dei libri proibiti, le pubblicazioni nelle quali vengono messi in dubbio quella affermazione, la festa e il culto approvato; viene scritto, o vi si possa leggere, alcunché di contrario a ciò che è stato sopra riportato; trovino spazio discorsi, prediche, trattati, dissertazioni che ne avversano il contenuto. Ordiniamo e decretiamo che siffatti libri siano, ipso facto, da considerare espressamente proibiti, senza attendere una specifica dichiarazione".

D'altra parte tutti sanno con quanto zelo questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio sia stata tramandata, sostenuta e difesa dalle più illustri Famiglie religiose, dalle più celebri Accademie teologiche e dai Dottori più versati nella scienza delle cose divine. Tutti parimenti conoscono quanto siano stati solleciti i Vescovi nel sostenere in pubblico, anche nelle assemblee ecclesiastiche, che la santissima Vergine Maria, Madre di Dio, in previsione dei meriti del Redentore Gesù Cristo, non fu mai soggetta al peccato ma, del tutto preservata dalla colpa originale, fu redenta in una maniera più sublime.
A tutto ciò si aggiunge il fatto, decisamente assai rilevante e del massimo peso, che lo stesso concilio di Trento, quando promulgò il decreto dogmatico sul peccato originale, nel quale, sulla scorta delle testimonianze della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dei più autorevoli Concili, stabilì e definì che tutti gli uomini nascono affetti dal peccato originale, dichiarò tuttavia solennemente che non era sua intenzione comprendere in quel decreto, e nell'ambito di una definizione così generale, la Beata ed Immacolata Vergine Maria Madre di Dio.
Con tale dichiarazione infatti i Padri Tridentini indicarono con sufficiente chiarezza, tenendo conto della situazione del tempo, che la Beatissima Vergine fu esente dalla colpa originale. Indicarono perciò apertamente che dalle divine Scritture, dalla tradizione, dall'autorità dei Padri, niente poteva essere desunto che fosse in contrasto con questa prerogativa della Vergine.
Per la verità, illustri monumenti di veneranda antichità della Chiesa orientale ed occidentale testimoniano con assoluta certezza che questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine, che, giorno dopo giorno, è stata magnificamente illustrata, proclamata e confermata dall'autorevolissimo sentimento, dal magistero, dallo zelo, dalla scienza e dalla saggezza della Chiesa e si è diffusa in modo tanto prodigioso presso tutti i popoli e le nazioni del mondo cattolico, è da sempre esistita nella Chiesa stessa come ricevuta dagli antenati e contraddistinta dalle caratteristiche della dottrina rivelata.
Infatti la Chiesa di Cristo, fedele custode e garante dei dogmi a lei affidati, non ha mai apportato modifiche ad essi, non vi ha tolto o aggiunto alcunché, ma trattando con ogni cura, in modo accorto e sapiente, le dottrine del passato per scoprire quelle che si sono formate nei primi tempi e che la fede dei Padri ha seminato, si preoccupa di limare e di affinare quegli antichi dogmi della Divina Rivelazione, perché ne ricevano chiarezza, evidenza e precisione, ma conservino la loro pienezza, la loro integrità e la loro specificità e si sviluppino soltanto nella loro propria natura, cioè nell'ambito del dogma, mantenendo inalterati il concetto e il significato.
In verità, i Padri e gli scrittori ecclesiastici, ammaestrati dalle parole divine – nei libri elaborati con cura per spiegare la Scrittura, per difendere i dogmi e per istruire i fedeli – non trovarono niente di più meritevole di attenzione del celebrare ed esaltare, nei modi più diversi ed ammirevoli, l'eccelsa santità, la dignità e l'immunità della Vergine da ogni macchia di peccato e la sua vittoria sul terribile nemico del genere umano. Per tale motivo, mentre commentavano le parole con le quali Dio, fin dalle origini del mondo, annunciando i rimedi della sua misericordia approntati per la rigenerazione degli uomini, rintuzzò l'audacia del serpente ingannatore e rialzò mirabilmente le speranze del genere umano: "Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua stirpe", essi insegnarono che con questa divina profezia fu chiaramente e apertamente indicato il misericordioso Redentore del genere umano, cioè il Figliuolo Unigenito di Dio, Gesù Cristo; fu anche designata la sua beatissima Madre, la Vergine Maria, e, nello stesso tempo, fu nettamente espressa l'inimicizia dell'uno e dell'altra contro il demonio. Ne conseguì che, come Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini, assunta la natura umana, annientò il decreto di condanna esistente contro di noi, inchiodandolo da trionfatore sulla Croce, così la santissima Vergine, unita con Lui da un legame strettissimo ed indissolubile, poté esprimere, con Lui e per mezzo di Lui, un'eterna inimicizia contro il velenoso serpente e, riportando nei suoi confronti una nettissima vittoria, gli schiacciò la testa con il suo piede immacolato.
Di questo nobile e singolare trionfo della Vergine, della sua straordinaria innocenza, purezza e santità, della sua immunità da ogni macchia di peccato, della sua ineffabile abbondanza di tutte le grazie divine, di tutte le virtù e di tutti i privilegi a Lei donati, gli stessi Padri videro una figura sia nell'Arca di Noè che, voluta per ordine di Dio, scampò del tutto indenne al diluvio universale; sia in quella scala che Giacobbe vide ergersi da terra fino al cielo, e lungo la quale salivano e scendevano gli angeli di Dio e alla cui sommità stava il Signore stesso; sia in quel roveto che Mosè vide nel luogo santo avvolto completamente dalle fiamme e, pur immerso in un fuoco crepitante, non si consumava né pativa alcun danno ma continuava ad essere verde e fiorito; sia in quella torre inespugnabile, eretta di fronte al nemico, dalla quale pendono mille scudi e tutte le armature dei forti; sia in quell'orto chiuso che non può essere violato né devastato da alcun assalto insidioso; sia in quella splendente città di Dio che ha le sue fondamenta sui monti santi; sia in quell'eccelso tempio di Dio che, rifulgendo degli splendori divini, è ricolmo della gloria del Signore; sia in tutti gli altri innumerevoli segni dello stesso genere che, secondo il pensiero dei Padri, preannunciavano cose straordinarie sulla dignità della Madre di Dio, sulla sua illibata innocenza e sulla sua santità, mai soggetta ad alcuna macchia.
Per descrivere debitamente quest'insieme di doni celesti e l'innocenza originale della Vergine dalla quale è nato Gesù, i Padri ricorsero alle parole dei Profeti ed esaltarono questa divina, santa Vergine, come una pura colomba, come una Santa Gerusalemme, come un eccelso trono di Dio, come un'arca della santificazione, come la casa che l'eterna Sapienza si è edificata, come quella Regina straordinaria che, ricolma di delizie e appoggiata al suo Diletto, uscì dalla bocca dell'Altissimo assolutamente perfetta e bella, carissima a Dio e mai contaminata da alcuna macchia di peccato.
Siccome poi gli stessi Padri e gli scrittori ecclesiastici erano pienamente convinti che l'Angelo Gabriele, nel dare alla beatissima Vergine l'annuncio dell'altissima dignità di Madre di Dio, l'aveva chiamata, in nome e per comando di Dio stesso, piena di grazia, insegnarono che con questo singolare e solenne saluto, mai udito prima di allora, si proclamava che la Madre di Dio era la sede di tutte le grazie divine, era ornata di tutti i carismi dello Spirito Santo, anzi era un tesoro quasi infinito e un abisso inesauribile di quegli stessi doni divini, a tal punto che, non essendo mai stata soggetta a maledizione ma partecipe, insieme con il suo Figlio, di eterna benedizione, meritò di essere chiamata da Elisabetta, mossa dallo Spirito di Dio: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno".
Da tutto ciò derivò il loro concorde e ben documentato pensiero che, in forza di tutti questi doni divini, la gloriosissima Vergine, per la quale "grandi cose ha fatto colui che è potente", rifulse di tale pienezza di grazia e di tale innocenza da diventare l'ineffabile miracolo di Dio, anzi il culmine di tutti i miracoli e quindi degna Madre di Dio, la più vicina a Dio, nella misura in cui ciò è possibile ad una creatura, superiore a tutte le lodi angeliche ed umane.
Per questo motivo, con l'intento di dimostrare l'innocenza e la giustizia originale della Madre di Dio, i Padri non solo la paragonarono spessissimo ad Eva ancora vergine, innocente, non corrotta e non ancora caduta nei lacci delle mortali insidie del serpente ingannatore, ma la anteposero a lei con una meravigliosa varietà di parole e di espressioni. Eva infatti, avendo dato ascolto disgraziatamente al serpente, decadde dall'innocenza originale e divenne sua schiava, mentre la beatissima Vergine accrebbe continuamente il primitivo dono e, senza mai ascoltare il serpente, con la forza ricevuta da Dio ne annientò la violenza e il potere.
Perciò non si stancarono mai di proclamarla giglio tra le spine; terra assolutamente inviolata, verginale, illibata, immacolata, sempre benedetta e libera da ogni contagio di peccato, dalla quale è stato formato il nuovo Adamo; giardino delle delizie piantato da Dio stesso, senza difetti, splendido, abbondantemente ornato di innocenza e di immortalità e protetto da tutte le insidie del velenoso serpente; legno immarcescibile che il tarlo del peccato mai poté intaccare; fonte sempre limpida e segnata dalla potenza dello Spirito Santo; tempio esclusivo di Dio; tesoro di immortalità; unica e sola figlia, non della morte, ma della vita; germoglio di grazia e non d'ira che, per uno speciale intervento della provvidenza divina, è spuntato, sempre verde e ammantato di fiori, da una radice corrotta e contaminata.
Ma come se tutte queste espressioni non bastassero, pur essendo straordinarie, i Padri formularono specifiche e stringenti argomentazioni per affermare che, parlando del peccato, non poteva in alcun modo essere chiamata in causa la santa Vergine Maria, perché a Lei era stata elargita la grazia in misura superiore per vincere ogni specie di peccato. Asserirono quindi che la gloriosissima Vergine fu la riparatrice dei progenitori, la fonte della vita per i posteri. Scelta e preparata dall'Altissimo da tutta l'eternità e da Lui preannunciata quando disse al serpente: "Porrò inimicizia fra te e la donna", schiacciò veramente la testa di quel velenoso serpente.
Sostennero dunque che la beatissima Vergine fu, per grazia, immune da ogni macchia di peccato ed esente da qualsivoglia contaminazione del corpo, dell'anima e della mente. Unita in un intimo rapporto e congiunta da un eterno patto di alleanza con Dio, non fu mai preda delle tenebre, ma fruì di una luce perenne e risultò degnissima dimora di Cristo, non per le qualità del corpo, ma per lo stato originale di grazia.
Parlando della Concezione della Vergine, i Padri aggiunsero espressioni assai significative, con le quali attestarono che la natura cedette il passo alla grazia e si trovò incapace a svolgere il suo compito. Non poteva infatti accadere che la Vergine Madre di Dio potesse essere concepita da Anna, prima che la grazia sortisse il suo effetto. Così doveva essere concepita la primogenita, dalla quale doveva poi essere concepito il Primogenito di ogni creatura.
Proclamarono che la carne della Vergine, derivata da Adamo, non ne contrasse le macchie, e che la beatissima Vergine fu quindi il tabernacolo creato da Dio stesso, formato dallo Spirito Santo, capolavoro di autentica porpora, al quale diede ornamento quel nuovo Beseleel ricamandolo variamente in oro. Fu a buon diritto esaltata come il primo vero capolavoro di Dio: sfuggita ai dardi infuocati del maligno, entrò nel mondo, bella per natura e assolutamente estranea al peccato nella sua Concezione Immacolata, come l'aurora che spande tutt'intorno la sua luce.
Non era infatti conveniente che quel vaso di elezione fosse colpito dal comune disonore, perché assai diverso da tutti gli altri, di cui condivide la natura ma non la colpa. Al contrario era assolutamente conveniente che come l'Unigenito aveva in cielo un Padre, che i Cherubini esaltano tre volte santo, avesse sulla terra una Madre mai priva dello splendore della santità.
Proprio questa dottrina era a tal punto radicata nella mente e nell'animo degli antenati, che divenne abituale l'uso di uno speciale e straordinario linguaggio. Lo impiegarono spessissimo per chiamare la Madre di Dio Immacolata, del tutto Immacolata; innocente, anzi innocentissima; illibata nel modo più eccelso; santa e assolutamente estranea al peccato; tutta pura, tutta intemerata, anzi l'esemplare della purezza e dell'innocenza; più bella della bellezza; più leggiadra della grazia; più santa della santità; la sola santa, purissima nell'anima e nel corpo, che si spinse oltre la purezza e la verginità; la sola che diventò, senza riserve, la dimora di tutte le grazie dello Spirito Santo, e che si innalzò al di sopra di tutti, con l'eccezione di Dio: per natura, più bella, più graziosa e più santa degli stessi Cherubini e Serafini e di tutte le schiere degli Angeli. Nessun linguaggio, né del cielo né della terra, può bastare per tesserne le lodi.
Nessuno ignora che la celebrazione di Lei fu, con tutta naturalezza, introdotta nelle memorie della santa Liturgia e negli Uffici ecclesiastici. Tutti li pervade e li domina per larghi tratti. La Madre di Dio vi è invocata ed esaltata come incorrotta colomba di bellezza, rosa sempre fresca. Essendo purissima sotto ogni aspetto, eternamente immacolata e beata, viene celebrata come l'innocenza stessa, che non fu mai violata, e come la nuova Eva che ha generato l'Emmanuele.
Non vi è dunque niente di straordinario se i Pastori della Chiesa e i popoli fedeli si sono compiaciuti, ogni giorno di più, di professare con tanta pietà, con tanta devozione e con tanto amore la dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio, che, a giudizio dei Padri, è stata inserita nella Sacra Scrittura, è stata trasmessa dalle loro numerose e importantissime testimonianze, è stata manifestata e celebrata con tanti insigni monumenti del venerando tempo antico, è stata proposta e confermata dal più alto e autorevole magistero della Chiesa. Pastori e popolo niente ebbero di più dolce e di più caro che onorare, venerare, invocare ed esaltare ovunque, con tutto l'ardore del cuore, la Vergine Madre di Dio concepita senza peccato originale. Per questo già dai tempi antichi i Vescovi, gli uomini di chiesa, gli Ordini regolari, gli stessi Imperatori e Re chiesero, con insistenza, che questa Sede Apostolica definisse l'Immacolata Concezione della Madre di Dio come dogma della fede cattolica. Queste richieste sono state nuovamente ripetute nei tempi più recenti, specialmente al Nostro Predecessore Gregorio XVI di felice memoria, e sono state rivolte anche a Noi dai Vescovi, dal Clero secolare, da Famiglie religiose, da Sovrani e da popoli fedeli.
Poiché dunque, con straordinaria gioia del Nostro cuore, avevamo piena conoscenza di tutto ciò e ne comprendevamo l'importanza, non appena siamo stati innalzati, sebbene immeritevoli, per un misterioso disegno della divina Provvidenza, a questa sublime Cattedra di Pietro, ed assumemmo il governo di tutta la Chiesa, abbiamo ritenuto che non ci fosse niente di più importante, sorretti anche dalla profonda devozione, pietà e amore nutriti fin dalla fanciullezza per la santissima Vergine Maria Madre di Dio, del portare a compimento tutto ciò che poteva ancora essere nelle aspettative della Chiesa, per accrescere il tributo di onore alla beatissima Vergine e per metterne ancora più in luce le prerogative.
Volendo tuttavia procedere con grande prudenza, abbiamo costituito una speciale Congregazione di Nostri Venerabili Fratelli, Cardinali di Santa Romana Chiesa, illustri per la pietà, per la competenza e per la conoscenza delle cose divine; abbiamo pure scelto uomini del Clero secolare e regolare, particolarmente versati nelle discipline teologiche, perché esaminassero con ogni cura tutto ciò che riguarda l'Immacolata Concezione della Vergine e presentassero a Noi le loro conclusioni.
Quantunque già dalle istanze, da Noi ricevute per patrocinare l'eventuale definizione dell'Immacolata Concezione della Vergine, risultasse chiaro il pensiero di molti Vescovi, tuttavia abbiamo inviato ai Venerabili Fratelli Vescovi di tutto il mondo cattolico una Lettera Enciclica, scritta a Gaeta il 2 febbraio 1849, perché, dopo aver rivolto preghiere a Dio, Ci comunicassero per iscritto quali fossero la pietà e la devozione dei loro fedeli nei confronti dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio e, soprattutto, quale fosse il loro personale pensiero sulla proposta di questa definizione e quali fossero i loro auspici, al fine di poter esprimere il Nostro decisivo giudizio nel modo più autorevole possibile.
Non è certo stata di poco peso la consolazione che abbiamo provato, quando Ci pervennero le risposte di quei Venerabili Fratelli. Infatti nelle loro lettere, pervase da incredibile compiacimento, gioia ed entusiasmo, Ci confermarono nuovamente, non solo la straordinaria pietà e i sentimenti che essi stessi, il loro Clero e il popolo fedele nutrivano verso l'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine, ma Ci supplicarono anche, con voto pressoché unanime, che l'Immacolata Concezione della Vergine venisse definita con un atto decisivo del Nostro ufficio e della Nostra autorità.
Nel frattempo abbiamo gustato una gioia non certo minore, quando i Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, della speciale Congregazione sopra ricordata, e i citati teologi da Noi scelti come esperti, dopo aver proceduto con tutta l'attenzione ad un impegnativo e meticoloso esame della questione, Ci chiesero con insistenza la definizione dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio.
Dopo queste premesse, seguendo le prestigiose orme dei Nostri Predecessori, desiderando procedere nel rispetto delle norme canoniche, abbiamo tenuto un Concistoro, nel quale abbiamo parlato ai Nostri Venerabili Fratelli, Cardinali di Santa Romana Chiesa, e, con la più grande consolazione del Nostro animo, li abbiamo uditi rivolgerci l'insistente richiesta perché decidessimo di emanare la definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio.
Essendo quindi fermamente convinti nel Signore che fossero maturati i tempi per definire l'Immacolata Concezione della santissima Vergine Maria Madre di Dio, che la Sacra Scrittura, la veneranda Tradizione, il costante sentimento della Chiesa, il singolare consenso dei Vescovi e dei fedeli, gli atti memorabili e le Costituzioni dei Nostri Predecessori mirabilmente illustrano e spiegano; dopo aver soppesato con cura ogni cosa e aver innalzato a Dio incessanti e fervide preghiere; ritenemmo che non si potesse più in alcun modo indugiare a ratificare e a definire, con il Nostro supremo giudizio, l'Immacolata Concezione della Vergine, e così soddisfare le sacrosante richieste del mondo cattolico, appagare la Nostra devozione verso la santissima Vergine e, nello stesso tempo, glorificare sempre più in Lei il suo Figlio Unigenito, il Signore Nostro Gesù Cristo, perché ogni tributo di onore reso alla Madre ridonda sul Figlio.
Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.
Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e, se avrà osato rendere pubblico, a parole o per iscritto o in qualunque altro modo, ciò che pensa, sappia di essere incorso, ipso facto, nelle pene comminate dal Diritto.
La Nostra bocca è veramente piena di gioia e la Nostra lingua di esultanza. Innalziamo dunque a Gesù Cristo Signore Nostro i più umili e sentiti ringraziamenti perché, pur non avendone i meriti, Ci ha concesso, per una grazia particolare, di offrire e di decretare questo onore e questo tributo di gloria alla sua santissima Madre.
Fondiamo senz'altro le nostre attese su un fatto di sicura speranza e di pieno convincimento. La stessa beatissima Vergine che, tutta bella e immacolata, schiacciò la testa velenosa del crudelissimo serpente e recò al mondo la salvezza; la Vergine, che è gloria dei Profeti e degli Apostoli, onore dei Martiri, gioia e corona di tutti i Santi, sicurissimo rifugio e fedelissimo aiuto di chiunque è in pericolo, potentissima mediatrice e avvocata di tutto il mondo presso il suo Unigenito Figlio, fulgido e straordinario ornamento della santa Chiesa, incrollabile presidio che ha sempre schiacciato le eresie, ha liberato le genti e i popoli fedeli da ogni sorta di disgrazie e ha sottratto Noi stessi ai numerosi pericoli che Ci sovrastavano, voglia, con il suo efficacissimo patrocinio, portare aiuto alla santa Madre, la Chiesa Cattolica, perché, rimosse tutte le difficoltà, sconfitti tutti gli errori, essa possa, ogni giorno di più, prosperare e fiorire presso tutti i popoli e in tutti i luoghi, "dall'uno all'altro mare, e dal fiume fino agli estremi confini della terra", e possa godere pienamente della pace, della tranquillità e della libertà. Voglia inoltre intercedere perché i colpevoli ottengano il perdono, gli ammalati il rimedio, i pusillanimi la forza, gli afflitti la consolazione, i pericolanti l'aiuto, e tutti gli erranti, rimossa la caligine della mente, possano far ritorno alla via della verità e della giustizia, e si faccia un solo ovile e un solo pastore.
Ascoltino queste Nostre parole tutti i carissimi figli della Chiesa Cattolica e, con un ancor più convinto desiderio di pietà, di devozione e di amore, continuino ad onorare, ad invocare e a supplicare la beatissima Vergine Maria, Madre di Dio, concepita senza peccato originale, e si rifugino, con piena fiducia, presso questa dolcissima Madre di misericordia e di grazia in ogni momento di pericolo, di difficoltà, di bisogno e di trepidazione. Sotto la sua guida, la sua protezione, la sua benevolenza, il suo patrocinio, non vi può essere motivo né di paura, né di disperazione, perché, nutrendo per noi un profondo sentimento materno e avendo a cuore la nostra salvezza, abbraccia con il suo amore tutto il genere umano. Essendo stata costituita dal Signore Regina del Cielo e della terra, e innalzata al di sopra di tutti i Cori degli Angeli e delle schiere dei Santi, sta alla destra del suo Figlio Unigenito, Signore Nostro Gesù Cristo e intercede con tutta l'efficacia delle sue materne preghiere: ottiene ciò che chiede e non può restare inascoltata.
Da ultimo, perché questa Nostra definizione dell'Immacolata Concezione della beatissima Vergine Maria possa essere portata a conoscenza di tutta la Chiesa, decidiamo che la presente Nostra Lettera Apostolica resti a perenne ricordo, e ordiniamo che a tutte le trascrizioni, o copie, anche stampate, sottoscritte per mano di qualche pubblico notaio e munita del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti la stessa fede che si presterebbe alla presente se fosse esibita o mostrata.
Nessuno pertanto si permetta di violare il contenuto di questa Nostra dichiarazione, proclamazione e definizione, o abbia l'ardire temerario di avversarlo e di trasgredirlo. Se qualcuno, poi, osasse tentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.
Dato a Roma, presso San Pietro, nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1854, il giorno 8 dicembre, nell'anno nono del Nostro Pontificato.

mercoledì 13 agosto 2014

Gli effetti del cambiamento del sacerdozio

Gli effetti del cambiamento del sacerdozio


1. La fede minacciata
Il nuovo “Credo” del sacerdote
Il sacerdote, non dichiarando più la sua fede pubblicamente con l’abito, col suo atteggiamento verso il Santissimo Sacramento e le cose sacre, trascurando tutti i sacramentali, a poco a poco perde la fede nel soprannaturale, nella grazia, e presto, spinto dalla nuova teologia, dubiterà della divinità di Nostro Signore e forse della Santissima Trinità. Poco a poco si fa strada un nuovo Credo nella sua mente, il Credo del progresso e della giustizia sociale, dell’azione sindacale e politica.
Davanti a questo pericolo, i vescovi hanno pensato ad una formazione permanente. Sessioni, aggiornamenti, seminari, convegni andranno a rianimare la fede dei loro sacerdoti, ma tutti quelli che sono chiamati a dirigere queste riunioni sono quelli che dubitano della propria fede ed insegnano sistematicamente la nuova religione. Invece di consolidare i sacerdoti, li disorientano di più.
Ora, questo degrado della fede è tragico in un sacerdote per cui tutta la vita, anche professionale, se così si può dire, poggia sulla fede e deve essere un’espressione della sua fede.
Il catechismo messo a dura prova
L’insegnamento delle verità della fede cattolica normalmente si fa con il catechismo. Ora questo compito sacerdotale è reso difficile all’indomani del concilio Vaticano II, visti i catechismi messi tra le mani dei sacerdoti. Infatti sono impregnati dello spirito di novità. L’insegnamento del catechismo talvolta è perfino affidato a dei non-cattolici.
Il male della crisi si trova anche a livello dell’insegnamento del catechismo. Lì, siete capaci di giudicare anche da voi stessi a che punto siano i catechismi che vi vengono consegnati. In realtà si può dire che tutti i nuovi catechismi dipendono più o meno in linea diretta dal catechismo olandese. E’ il medesimo spirito modernista, il medesimo spirito di novità, che regna nei catechismi fatti recentemente. Ora questo catechismo olandese è stato esaminato da una commissione di cardinali, che ha condannato formalmente dieci punti importanti, fondamentali, che toccano la fede ed ha chiesto ai vescovi olandesi di cambiare, di modificare i paragrafi in questione. Quei paragrafi non sono stati modificati. E’ stata pubblicata un’edizione con un inserto che forniva i diversi punti condannati alla fine del libro, ma il testo non è stato modificato. Ed è da quel catechismo che sono usciti i nostri! Le nuove edizioni tuttavia non hanno più ciò che è stato condannato dal Papa.
Tutti [i catechismi] risentono della dottrina che ci è stata sottoposta nel primo schema de “la Chiesa nel mondo”, che, occorre dirlo, non è cattolico. La fede, la parola di Dio, lo Spirito, il popolo di Dio sono spiegati alla maniera modernista e protestante, cioè razionalista. La Rivelazione è sostituita dalla coscienza che, col soffio dello Spirito, si esprime con il profetismo. Questo profetismo che appartiene a tutto il popolo di Dio si esprime specialmente nella liturgia della parola. Il battesimo ed i sacramenti sono più delle espressioni della fede che le cause della grazia e delle virtù. Ma non finiremmo qui se volessimo segnalare tutti i pericoli che hanno in sé tutti questi catechismi, che si riferiscono tutti al Vaticano II. E certamente, si possono trovare nel concilio ed in particolare nel documento Gaudium et spes delle frasi equivoche e tutto uno spirito che è scaturito dal primo schema. [...]
Quindi è evidente che un siffatto catechismo, impastato di idee moderniste, deve essere respinto ad ogni costo. Mettere questi nuovi catechismi tra le mani dei bambini è un vero crimine ed un attacco alla loro fede.[...]
Attacchi al celibato sacerdotale
Se si perde la fede nel sacerdozio, se si perde la nozione che il sacerdote è fatto per quell’unico Sacrificio che è il Sacrificio dell’altare, che è la continuazione del Sacrificio di Nostro Signore, si perde anche il senso del celibato. Per il sacerdote non c’è più ragione, allora, di essere celibe.
I protestanti ne hanno dato la prova. Appena hanno negato il Sacrificio della Messa, la presenza divina della Vittima, per sostituirlo con una cena, un semplice memoriale, hanno abolito anche il celibato.
Questa visione desacralizzante del ministero sacerdotale porta naturalmente ad interrogarsi sul celibato dei sacerdoti. Rumorosi gruppi di pressione reclamano la sua abolizione, nonostante i ripetuti richiami del magistero romano. Nei Paesi Bassi, si sono visti dei seminaristi fare lo sciopero delle ordinazioni per ottenere delle garanzie in questo senso. Ometterò le voci episcopali che si sono levate per fare pressione sulla Santa Sede perché aprisse questo dossier.
Vista l’uguaglianza che ai nostri giorni si vuole stabilire tra i laici ed i sacerdoti, di modo tale che i laici diventino sacerdoti ed i sacerdoti dei laici, gli stessi sacerdoti dicono: “Se siamo uomini come gli altri, se non siamo distinti da loro, perché non sposarci?” Quindi, c’è tutto un movimento contro il celibato.
Ancora oggi, la lotta non è finita, ci sono ancora dei falsi teologi che militano a favore del matrimonio dei sacerdoti. Ci sono senza dubbio perfino dei vescovi felici di vedere che non ci sono più vocazioni nel loro seminario, per costringere Roma ad ordinare delle persone sposate e finirla col celibato sacerdotale. Queste sono intenzioni diaboliche. Noi sappiamo bene che le campagne della stampa e della televisione sono fatte per distruggere questa testimonianza della santità della Chiesa. 
La questione non si porrebbe neppure, se il clero avesse conservato il senso della Messa e del sacerdozio. No, perché la sua ragione profonda si presenta da sola quando si comprendono bene queste due realtà. E’ lo stesso motivo per cui la santissima Vergine Maria è rimasta vergine: siccome aveva portato Nostro Signore nel suo seno, era giusto e conveniente che fosse tale. Così anche il sacerdote, il quale mediante le parole che pronuncia nella Consacrazione, fa discendere Dio sulla terra. E’ talmente vicino a Dio, Essere spirituale, Spirito per antonomasia, da far risultare buono, giusto ed eminentemente conveniente che anche lui sia vergine e rimanga celibe. Si obietterà che in Oriente esistono dei sacerdoti sposati. Non facciamo confusione, sono solamente tollerati. I vescovi orientali non possono essere sposati e neppure coloro che esercitano funzioni di qualche importanza. Quel clero venera il celibato sacerdotale che fa parte della più antica Tradizione della Chiesa e che gli apostoli hanno cominciato ad osservare dalla Pentecoste in poi; quelli che, come Pietro, erano sposati, pur continuando a vivere con le loro spose non le conobbero più. 
E’ caratteristico che i sacerdoti soccombenti al miraggio di una pretesa missione sociale o politica contraggano quasi automaticamente matrimonio. Le due cose vanno di pari passo. Ci vorrebbero far credere che i tempi presenti giustifichino qualsiasi tipo di abbandono, che sia impossibile nelle condizioni attuali di vita essere casti, che il voto di verginità per i religiosi e le religiose sia un anacronismo. L’esperienza di questi venti anni dimostra che gli attentati portati al sacerdozio col pretesto di adattarlo all’epoca attuale sono mortali per il sacerdozio.
2. Constatazione di un fallimento: una chiesa fortemente indebolita
Verso la fine dei seminari?
La negazione dei veri principi teologici del sacerdozio ha come conseguenza il desiderio dell’abolizione della legge del celibato, l’abbandono dei compiti sacerdotali, fino all’abbandono del sacerdozio, la rarefazione delle vocazioni, una concezione nuova e falsa della formazione sacerdotale fino all’abolizione per principio dei seminari, la sostituzione dei laici ai sacerdoti professori delle cattedre di teologia e di filosofia, nelle università cattoliche, perfino nei compiti pastorali.
La falsa concezione del sacerdozio ha distrutto i seminari e modificato radicalmente i principi della formazione sacerdotale. L’evangelizzazione ha preso il posto del Sacrificio, mentre essa non si può capire né giustificare che in funzione del Sacrificio. Un’evangelizzazione che non raggiunga più il suo scopo devia rapidamente verso fini diversi dalla Redenzione e dalla gloria di Dio. Si trasforma in apertura al mondo ed al suo spirito corrotto. 
Quanti seminari, sia piccoli che grandi, ne sono stati deplorevoli esempi, e hanno finito col vuoto completo! Quanti sono in vendita o sono già stati venduti! Si può dire in tutta verità che i seminari si sono suicidati il giorno in cui, spezzando l’altare del Sacrificio, lo hanno sostituito con la tavola della cena. [...]
Verso una Chiesa senza sacerdoti?
Spiegano che clero e laici sono membri uguali del “popolo di Dio” a tal punto che i laici designati a funzioni particolari assumono ruoli clericali, mentre il clero prende le parti dei laici, si veste come loro, si iscrive ai sindacati, fa politica. Il nuovo diritto canonico rafforza questa concezione. Conferisce prerogative inedite ai fedeli, riducendo la differenza fra questi e i sacerdoti, istituendo una serie di concessioni che chiama “diritti”: dei teologi laici possono accedere alle cattedre di teologia nelle università cattoliche, i fedeli partecipano al culto divino in settori prima riservati ad alcuni ordini minori nonché all’amministrazione di alcuni sacramenti: distribuiscono la comunione, condividono l’attestazione ministeriale nelle celebrazioni di matrimonio. [...]
[…] Un sacerdote che è come i laici nel vestito, nel modo di comportarsi, nel modo di agire, a poco a poco assume esattamente il modo di pensare profano e perde il senso sacerdotale. E’ così che dopo un certo lasso di tempo si chiede chi sia e per cosa sia fatto. 
Insomma, ci chiediamo se stiamo sognando quando constatiamo che si è giunti al punto di non sapere più cosa sia il sacerdote, né per cosa sia fatto. 
(Mons. ML)