sabato 6 luglio 2013

Il fatto storico è una dimensione costitutiva della fede cristiana. La storia della salvezza non è una mitologia, ma una vera storia ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica.


L'INTERVENTO CHE IMPOSTIAMO E' MOLTO MOLTO IMPORTANTE PERCHE'   CI AIUTA A LEGGERE LA BIBBIA NON COME UN LIBRO SOLO DEL PASSATO...
*

INTERVENTO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLA QUATTORDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE DELLA XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (14 OTTOBRE 2008), 18.10.2008 

Pubblichiamo di seguito l’intervento che il Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato martedì 14 ottobre, durante la Quattordicesima Congregazione Generale della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi:

INTERVENTO DEL SANTO PADRE

<<Cari fratelli e sorelle, il lavoro per il mio libro su Gesù offre ampiamente l’occasione per vedere tutto il bene che ci viene dall’esegesi moderna, ma anche per riconoscerne i problemi e i rischi.
La Dei Verbum 12 offre due indicazioni metodologiche per un adeguato lavoro esegetico.

In primo luogo, conferma la necessità dell’uso del metodo storico-critico, di cui descrive brevemente gli elementi essenziali. 

Questa necessità è la conseguenza del principio cristiano formulato in Gv 1, 14 Verbum caro factum est.

Il fatto storico è una dimensione costitutiva della fede cristiana. La storia della salvezza non è una mitologia, ma una vera storia ed è perciò da studiare con i metodi della seria ricerca storica.

Tuttavia, questa storia ha un’altra dimensione, quella dell’azione divina. 

Di conseguenza la Dei Verbum parla di un secondo livello metodologico necessario per una interpretazione giusta delle parole, che sono nello stesso tempo parole umane e Parola divina.

Il Concilio dice, seguendo una regola fondamentale di ogni interpretazione di un testo letterario, che la Scrittura è da interpretare nello stesso spirito nel quale è stata scritta ed indica di conseguenza tre elementi metodologici fondamentali al fine di tener conto della dimensione divina, pneumatologica della Bibbia: si deve cioè 1)interpretare il testo tenendo presente l’unità di tutta la Scrittura; questo oggi si chiama esegesi canonica; al tempo del Concilio questo termine non era stato ancora creato, ma il Concilio dice la stessa cosa: occorre tener presente l’unità di tutta la Scrittura; 2) si deve poi tener presente la viva tradizione di tutta la Chiesa, e finalmente 3) bisogna osservare l’analogia della fede. Solo dove i due livelli metodologici, quello storico-critico e quello teologico, sono osservati, si può parlare di una esegesi teologica – di una esegesi adeguata a questo Libro.

Mentre circa il primo livello l’attuale esegesi accademica lavora ad un altissimo livello e ci dona realmente aiuto, la stessa cosa non si può dire circa l’altro livello. Spesso questo secondo livello, il livello costituito dai tre elementi teologici indicati dalla Dei Verbum, appare quasi assente. E questo ha conseguenze piuttosto gravi.

La prima conseguenza dell’assenza di questo secondo livello metodologico è che la Bibbia diventa un libro solo del passato.
Si possono trarre da esso conseguenze morali, si può imparare la storia, ma il Libro come tale parla solo del passato e l’esegesi non è più realmente teologica, ma diventa pura storiografia, storia della letteratura. Questa è la prima conseguenza: la Bibbia resta nel passato, parla solo del passato.
C’è anche una seconda conseguenza ancora più grave: dove scompare l’ermeneutica della fede indicata dalla Dei Verbum, appare necessariamente un altro tipo di ermeneutica, un’ermeneutica secolarizzata, positivista, la cui chiave fondamentale è la convinzione che il Divino non appare nella storia umana. Secondo tale ermeneutica, quando sembra che vi sia un elemento divino, si deve spiegare da dove viene tale impressione e ridurre tutto all’elemento umano.

Di conseguenza, si propongono interpretazioni che negano la storicità degli elementi divini.

Oggi il cosiddetto mainstream dell’esegesi in Germania nega, per esempio, che il Signore abbia istituito la Santa Eucaristia e dice che la salma di Gesù sarebbe rimasta nella tomba. La Resurrezione non sarebbe un avvenimento storico, ma una visione teologica.

Questo avviene perché manca un’ermeneutica della fede: si afferma allora un’ermeneutica filosofica profana, che nega la possibilità dell’ingresso e della presenza reale del Divino nella storia.

La conseguenza dell’assenza del secondo livello metodologico è che si è creato un profondo fossato tra esegesi scientifica e lectio divina. Proprio di qui scaturisce a volte una forma di perplessità anche nella preparazione delle omelie. 

Dove l’esegesi non è teologia, la Scrittura non può essere l’anima della teologia e, viceversa, dove la teologia non è essenzialmente interpretazione della Scrittura nella Chiesa, questa teologia non ha più fondamento.

Perciò per la vita e per la missione della Chiesa, per il futuro della fede, è assolutamente necessario superare questo dualismo tra esegesi e teologia.

La teologia biblica e la teologia sistematica sono due dimensioni di un’unica realtà, che chiamiamo teologia. Di conseguenza, mi sembra auspicabile che in una delle proposizioni si parli della necessità di tener presenti nell’esegesi i due livelli metodologici indicati dalla Dei Verbum 12, dove si parla della necessità di sviluppare una esegesi non solo storica, ma anche teologica. Sarà quindi necessario allargare la formazione dei futuri esegeti in questo senso, per aprire realmente i tesori della Scrittura al mondo di oggi e a tutti noi.>>

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

Perché lo spirito umano, o meglio mondano, rientra e prende il sopravvento sullo spirito religioso?

Beato Giuseppe Allamano, prega per noi!

NECESSITA' DELLA FORMAZIONE                 

Fervore e decadenza nelle Religioni

Gli Istituti religiosi nei loro primordi furono per lo più fervorosi. Gli individui attendevano singolarmente alla propria santificazione, univano una soda virtù allo zelo dell'altrui salvezza, presentavano quella vicendevole unione che è uno dei più sicuri indizi dell'interiore carità. S. Atanasio così descrive il fervore dei discepoli del grande S. Antonio: "Regnava la concordia, nessuno recava danno, nessun maledico che andasse sparlando, ma una moltitudine di astinenti e una gara di sante opere". E conclude pieno di ammirazione con le parole Scritturali: Quanto son belli i tuoi padiglioni, o Giacobbe! E i tuoi tabernacoli, o Israele! Son come valli ubertose, come orti presso ad un fiume irriguo, come cedri vicini alle acque. La tua stirpe crescerà in grandi acque! (91).

S. Bonaventura scrive dei primi discepoli di S. Francesco: "In tutto e per tutto osservavano gl'insegnamenti del nostro santo Padre. La povertà li faceva pronti ad ogni obbedienza, forti nelle fatiche, lesti nei viaggi. L'amore del Vangelo li aveva resi tanto pazienti, da cercar sempre nuove sofferenze corporali".

Lo stesso dicasi di tanti altri Istituti nei loro inizi, come dell'Ordine di S. Benedetto, dell'Ordine Cistercense e, in tempi più recenti, dell'Ordine della Visitazione.

Ma non tutti continuarono nel fervore. Lo spirito umano, o meglio mondano, rientrò e prese il sopravvento sullo spirito religioso. Ed ecco: all'osservanza succedere la trascuratezza, al fervore la tiepidezza, all'unione i partiti e le scissioni. Già se ne lamentava S. Girolamo; più tardi S. Bernardo scriveva all'Abate Guglielmo: "Ormai l'economia è reputata avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza. Invece la rilassatezza è detta discrezione, lo sperpero è scambiato con la liberalità, la loquacità con l'affabilità e cortesia. Vien detto allegria lo sghignazzare, decoro il lusso, pulizia la soverchia cura dei letti" (92).

S. Bonaventura a sua volta, divenuto Generale dell'Ordine, lagnavasi che notevoli disordini si fossero introdotti nelle Comunità. Il P. Consolatino, dell'Oratorio, nella sua vecchiaia piangeva non vedendo più nella Congregazione quello spirito di fervore che regnava vivente S. Filippo. E intanto alcune di queste istituzioni scomparvero, mentre altre si ridussero a poca cosa, avendo perduto quello splendore d'opere, quel fervore di vitalità che li distingueva nel loro inizio. Quali le cause del decadimento degli Istituti religiosi? Sulla scorta di S. Alfonso (93), le riduco a cinque.

1 - IL NUMERO: multitudo intrantium. E la ragione che porta il Santo è questa: che quando son molti, non si possono più formare così bene come quando son pochi. Per essere precisi si dovrebbe dire: la moltitudine di quelli che entrano senz'essere chiamati o che non corrispondono, privi perciò delle necessarie doti per lo stato abbracciato. Quante volte mi avete già udito dire: guai a spalancare la porta d'entrata! guai alla paura di mandar via!... Vi ripeto sempre le stesse cose; ma lo ripeto perché il numero mi spaventa, quando non sia accompagnato dalle necessarie virtù nei singoli membri. E' per questo che nei Monasteri del Carmelo, della Visitazione, ecc. è fissato il numero delle Suore d'ogni casa. E S. Vincenzo proibì ai suoi Religiosi di far proseliti.

2 - LA DEFICIENZA NEI SUPERIORI - Grande motivo questo! Può avvenire, infatti, che i Superiori non siano essi stessi debitamente formati e allora come possono formare gli altri allo spirito della Congregazione? Oppure che essi per i primi non siano osservanti, e come possono inculcare agli altri l'osservanza? E senza osservanza a che cosa si riduce una comunità? Diceva S. Giuseppe Calasanzio: "Guai a quel Superiore che con le parole esorta a ciò che con l'esempio distrugge!". Il Superiore in una Comunità è come la città posta sopra il monte; non può sottrarsi agli sguardi indagatori dei sudditi. S. Alfonso fa sua la sentenza del P. Doria, Carmelitano Scalzo: "che le Religioni decadono più per male di emicrania che di podagra". Cioè più per difetto di quelli che sono a capo, che non dei sudditi.

Come avviene questo?... Ah, quel Capitolo, quelle elezioni! Ne ho un po' di esperienza, sapete! Si prega, sì, davanti al SS. Sacramento, s'invocano i lumi dello Spirito Santo, ma poi invece di seguire i lumi celesti, si seguono quelli dell'amor proprio, dei gusti individuali, dello spirito di parte... e ne vengono fuori di tali Superiori e di tali Superiore!

Speriamo che nel nostro Istituto questa deficienza non abbia mai a riscontrarsi. Le Costituzioni parlano chiaro. I Capitolari s'impegnano con giuramento di eleggere quelli che stimano doversi eleggere davanti a Dio, e sono inoltre espressamente proibiti di procurare, sia direttamente che indirettamente, dei voti sia per sé e sia per gli altri. Stando alle Costituzioni, si eviteranno gli inconvenienti di cui parliamo.

3 - MUTAMENTO DI FINE - Ogni istituzione, e l'abbiamo veduto, ha il proprio fine particolare. Purtroppo alcune istituzioni non hanno più che il nome ad indicare il fine per cui vennero fondate. Il fine particolare del nostro Istituto è la conversione degli infedeli; se un giorno si dovessero aprir collegi, supponiamo in America, dovrebbero essere sempre e solo per questo fine: le Missioni fra gli infedeli.

4 - L'INTRODURSI DI ABUSI: e cioè lasciar introdurre a poco a poco usanze che non sono secondo lo spirito dei Fondatori. S'incomincia ad allungare le ricreazioni, si cambia il vitto, si trascura la puntualità d'orario... ed ecco la comunità cambiata. Si dice: "Son altri tempi!". No, è lo spirito che è un altro. Si dice: "Lo spirito è sempre quello"; invece lo spirito non c'è più.


5 - IL DISPREZZO DEI FERVOROSI: quando cioè s'incomincia a tacciare di scrupolosi, di esagerati coloro che sono fervorosi, che osservano il silenzio, la disciplina, la regola, ecc.

AVE GRATIA PLENA!

venerdì 5 luglio 2013

+ La mano invisibile che scopre la ... tiara

I miei messaggi.

Per il I sabato del mese meditiamo un messaggio materno



Santuario di Castelmonte (Udine), 9 novembre 1984. (Durante la Concelebrazione, subito
dopo il Vangelo).

I miei messaggi.

«Figli prediletti, oggi siete saliti ancora quassù, nel mio Santuario, davanti a questa mia
Immagine così venerata, perché è segno di una mia particolarissima presenza fra voi.
Siete venuti qui per invocare la mia protezione sulla Chiesa, sul mondo, su tutto il Movimento
Sacerdotale Mariano, sparso in ogni parte.

Quanto gradisco la Santa Messa che celebrate in mio onore!
Con voi voglio spiritualmente presenti i figli prediletti del mio Movimento di tutti i cinque
continenti, perché ormai i miei tempi sono giunti.

In questi anni, come Mamma, vi ho formato attraverso i miei messaggi. Sono tante parole di
Sapienza, che ho fatto scendere dal mio Cuore Immacolato per formarvi al mio disegno.

I miei messaggi tracciano anzitutto una strada semplice, luminosa che Io vi ho indicato e che
voi dovete percorrere, ogni giorno, per vivere la consacrazione che mi avete fatto, per
crescere nel mio amore e nella vita con Me, per essere sempre più maturi e preparati a
svolgere il compito che vi ho indicato.

Se alcuni di voi, dopo essersi a Me consacrati, si sono fermati, è perché non hanno più
ascoltato, meditato e vissuto i miei messaggi.
Oh, dopo il mio trionfo, essi saranno luce per tutta la Chiesa; allora si capirà quanto Io ho
fatto in questi anni per voi!

Meditate i miei messaggi, viveteli.

Se vivete quanto vi ho indicato e percorrete la strada che vi ho tracciato, camminerete sicuri
sulla via della consacrazione che mi avete fatto e realizzerete il grande disegno del trionfo
del mio Cuore Immacolato. Altrimenti sarete fermati dai dubbi, dallo scoraggiamento, dalle
difficoltà, dall'opposizione che trovate. Vi fermerete e non sarete pronti ad adempiere
quanto Io ho disposto per voi e che, oggi, è così necessario per la salvezza del mondo ed il
rinnovamento della Chiesa, di cui sono Mamma.

In questi messaggi vi svelo anche il mio disegno nella sua silenziosa preparazione, nella sua
dolorosa attuazione e nel suo vittorioso compimento.

Ormai voi state per giungere al termine più doloroso e sanguinoso della purificazione, che si
svolgerà in questi anni, prima del grande trionfo del mio Cuore Immacolato nell'avvento a voi del Regno glorioso di Gesù.

È un disegno che abbraccia questo secolo.
Nel 1917 a Fatima Io l'ho anticipato, quasi come annuncio profetico, nel momento in cui
appariva evidente la grande lotta fra la Donna vestita di sole ed il Dragone rosso, che sarebbe
durata tutto il secolo, come sfida superba a Dio da parte del mio Avversario, nella sicurezza
di riuscire a distruggere la Chiesa e di portare tutta l'umanità ad un universale rifiuto di Dio.

Il Signore gli ha concesso questo spazio di tempo, perché alla fine la superbia del Dragone
rosso sarà stroncata e vinta dall'umiltà, dalla piccolezza e dalla forza della vostra Mamma
Celeste, la Donna vestita di sole, che ora raccoglie tutti i suoi piccoli bambini nel suo esercito
schierato a battaglia.

Ora che giungete agli anni più dolorosi e più sanguinosi di questa grande lotta, Io
personalmente sono intervenuta a formarmi la mia schiera attraverso il Movimento
Sacerdotale Mariano, che è Opera mia. Per questo ho scelto come mio strumento un figlio fra
i più deboli, umanamente il più sprovveduto e l'ho portato in ogni parte del mondo per
dimostrare a tutti che quello che sta avvenendo è solo per un mio personale e straordinario
intervento.

Pertanto non temere, figlio, delle difficoltà che incontri quando ti pare che qualche strumento
da Me scelto, ingannato da Satana, non vuole più rispondere al mio disegno. Abbi fiducia in Me:
Io solo sono la Condottiera della mia schiera; Io solo sono Mamma e Regina del mio Movimento.
Io adopero gli strumenti che mi rispondono; ne scelgo degli altri, quando quelli da Me scelti
non mi rispondono più.
Io stessa ogni giorno conduco avanti questa Opera per la grande battaglia che stiamo
combattendo. (. .)

AVE MARIA!
COR MARIAE IMMACULATUM 
INTERCEDE PRO NOBIS!

Domingo XIV Tiempo Ordinario, C: San Lucas 10,1-12.17-20. 7/7/2013



JESÚS MANDA A LOS 72 A ANUNCIARLO






JESÚS SE QUEDA EN EL JARDÍN DE MARÍA MAGDALENA CON 
LOS APÓSTOLES Y DISCÍPULOS

Terminada la comida Jesús dice a los pobres que se retiren, y Él se queda con los apóstoles y discípulos en el jardín de María Magdalena. Se van a sentar en sus límites, muy cerca de las aguas quietas del lago en el que navegan barcas en busca de pesca.
"Tendrán buena pesca" comenta Pedro que las está mirando.
"También tú tendrás una buena pesca, Simón de Jonás."
"¿Yo, Señor? ¿Cuándo? ¿Quieres decirme que vaya a pescar para la comida de mañana? Voy al punto..."
"No tenemos necesidad de comida en esta casa. La pesca que harás, será en lo futuro y en el campo espiritual. Y la mayor parte de estos serán contigo óptimos pescadores."
"¿No todos, Maestro?" pregunta Mateo.

REVELACIONES DE JESÚS 

LOS PODERES QUE TENDRÁN SUS SACERDOTES

NO SÓLO PODRÉIS ACONSEJAR, SINO QUE PODRÉIS ABSOLVER 
EN MI NOMBRE. PODRÉIS SOLTAR DE LAS CADENAS DEL 
PECADO Y PODRÉIS UNIR A DOS QUE SE AMAN, FORMANDO 
UNA SOLA CARNE. Y CUANTO HUBIEREIS HECHO SERÁ VÁLIDO 
ANTE LOS OJOS DE DIOS COMO SI DIOS MISMO LO HUBIESE 
HECHO. EN VERDAD OS DIGO: CUANTO LIGAREIS EN LA 
TIERRA, SERÁ LIGADO EN EL CIELO; CUANTO DESATAREIS EN 
LA TIERRA, SERÁ DESATADO EN EL CIELO.

"No todos. Los que perseveraren y llegaren a ser mis sacerdotes, tendrán una buena pesca."
"Conversiones, perdones, guías que lleven a Dios. ¡Oh! tantas cosas."
"Oye, Maestro. Hace poco dijiste que si alguien no escucha a su hermano ni siquiera ante la presencia de testigos, que vaya a pedir consejo a la sinagoga. Si he entendido bien lo que nos has dicho desde que nos conocemos, me parece que la sinagoga será reemplazada por la Iglesia, esa cosa que Tú fundarás.Entonces ¿a dónde iremos para aconsejar a los hermanos de cabeza dura?"
"Iréis a vosotros mismos, porque seréis mi Iglesia. Por esto los fieles vendrán a vosotros o por consejo que necesitan, o porque lo deben a otros. Os digo más. No sólo podréis aconsejar, sino que podréis absolver en mi nombre. Podréis soltar de las cadenas del pecado y podréis unir a dos que se aman, formando una sola carne. Y cuanto hubiereis hecho será válido ante los ojos de Dios como si Dios mismo lo hubiese hecho. En verdad os digo: cuanto ligareis en la tierra, será ligado en el cielo; cuanto desatareis en la tierra, será desatado en el cielo. Aun más. Yo os digo, para hacer comprender la potencia de mi Nombre, mi Padre se lo concederá.Porque la plegaria es una gran potencia, como lo es la unión fraternal, y grandísima, infinita potencia es mi Nombre y mi presencia entre vosotros. Y donde dos o tres estén reunidos en mi Nombre, allí estaré en medio de ellos, y rogaré por ellos, y el Padre no rechazará a quien ruegue conmigo. Muchos no obtienen porque ruegan solos, o por motivos ilícitos o por orgullo, o con pecado en el corazón. Purificaos el corazón para que pueda estar con vosotros, y luego rogad y seréis escuchados.
Pedro está pensativo. Jesús lo ve y le pregunta la razón. Pedro da la explicación: "Pienso que estamos llamados a un gran deber. Tengo miedo. Miedo de no saberlo hacer bien."
"En realidad, Simón de Jonás, o Santiago de Alfeo o Felipe, y así sucesivamente, no serían capaces de hacerlo bien. Pero el sacerdote Pedro, el sacerdote Santiago, el sacerdote Felipe, sabrán hacerlo bien, porque lo harán juntamente con la divina Sabiduría."

¿CUÁNTAS VECES DEBEMOS PERDONAR A LOS HERMANOS?

 NO TE DIGO SIETE, SINO SETENTA VECES SIETE.

"Y ¿cuántas veces debemos perdonar a los hermanos? ¿Cuántas, si pecan contra los sacerdotes? y ¿cuántas si pecan contra Dios? Porque si las cosas serán como ahora, claro que pecarán contra nosotros, teniendo en cuenta que pecan contra Ti muchas y repetidas veces ¿Siete o más, por ejemplo?"
"No te digo siete, sino setenta veces siete. Un número sin medida. Porque también el Padre de los cielos os perdonará muchas veces, un gran número de veces, a vosotros que deberíais ser perfectos. Y como Él hace con vosotros, de la misma manera debéis hacer, porque representaréis a Dios en la tierra. Os voy a decir una parábola que servirá a todos."
Jesús que estaba rodeado de solo los apóstoles, en un kiosco pequeño de bojes, se dirige a los discípulos que están respetuosamente juntos en un espacio libre que tiene una lagunita llena de aguas limpias. La sonrisa de Jesús es como la señal de una palabra. Mientras Él se dirige a ellos con su paso lento y largo con el que avanza bastante en pocos momentos, y sin apresurarse, todos ellos se alegran, y como niños alrededor de quien les hace felices, se agolpan a su alrededor. Una corona de caras atentas. Jesús se pone de espaldas contra un alto árbol y empieza a hablar.

PARÁBOLA DEL REY QUE QUISO PEDIR CUENTAS A SUS 
SIERVOS.

"Cuanto dije al pueblo antes, es más perfecto entre vosotros que sois mis elegidos. El apóstol Simón de Jonás me preguntó: "¿Cuántas veces debo perdonar? ¿A quién? ¿Por qué?" Le respondí en privado y ahora repito a todos mi respuesta en lo que es justo que desde ahora sepáis.
Oíd cuantas veces se debe perdonar, cómo y por qué. Es menester perdonar como Dios perdona. Si se peca mil veces, y se arrepiente otras tantas veces, mil veces perdona. Con tal de que vea que en el culpable no hay voluntad de pecar, ni que quiere buscar lo que le hace pecar, sino que más bien el pecado es sólo fruto de una debilidad humana. En el caso de persistencia voluntaria en el pecado no puede haber perdón para las culpas cometidas contra la Ley. Pero por más que estas culpas os produzcan dolor individualmente, perdonad. Perdonad siempre a quien os hace mal. Perdonad para ser perdonados porque también habéis ofendido a Dios y a los hermanos. El perdón abre el reino de los cielos tanto al perdonado como al que perdona. Es semejante a esto lo que sucedió entre un rey y sus siervos.
Un rey quiso pedir cuentas a sus siervos. Los llamó a uno por uno comenzando por los que estaban más en alto. Vino uno que le debía diez mil talentos. Este no tenía con qué pagar el anticipo que el rey le había prestado para construir casas y otras propiedades. En realidad no había por muchos motivos más o menos justos, usado con mucho cuidado el dinero recibido. El rey enojado de la haraganería y falta de palabra, mandó que fuese vendido él, su  mujer, sus hijos y todo cuanto poseía para que saldase su deuda. Pero el siervo se arrojó a los pies del rey y con gemidos y súplicas le decía: "No me hagas nada, ten un poco más de paciencia y te devolveré todo cuanto te debo, hasta el último centavo". El rey, compadecido por tanta aflicción -era un rey bueno- no sólo consintió en dejarlo libre, sino que después de haber sabido que entre las causas de su poco cuidado y de la falta de pago se contaban algunas enfermedades, le llegó a perdonar la deuda.
El súbdito se fue feliz. Pero, al salir de allí encontró en el camino a otro súbdito, un pobre súbdito al que le había prestado cien denarios tomados de los diez mil talentos que había recibido del rey. Persuadido del favor del rey, creyó que todo le era lícito y asiendo a aquel infeliz por la garganta le dijo: "Devuélveme al punto lo que me debes". Inútilmente el hombre en medio de lágrimas se inclinó a besarle los pies, diciendo: "Ten piedad de mí, pues tengo muchas desgracias. Ten todavía un poco de paciencia y te devolveré todo, hasta el último centavo". El siervo despiadado llamó a los soldados e hizo que llevasen a la prisión al infeliz para que le pagase, so pena de su libertad o aun de su vida.
Lo supieron amigos del desgraciado los cuales, todos afligidos, fueron a referirlo al rey. Este, al oír tal cosa, ordenó que le fuese llevado ante sí el servidor despiadado y mirándolo severamente le dijo: "Siervo inicuo, te ayudé primero para que fueses misericordioso, para que te hicieses una fortuna, después te ayudé todavía perdonándote la deuda porque me pedías tanto que te tuviese paciencia. Tú no tuviste piedad de uno igual a ti, mientras yo, el rey, te tuve tanta. ¿Por qué no obraste como se te trató a ti?" Y enojado lo entregó a los carceleros para que lo encerrasen hasta que hubiese pagado todo, diciendo: "Como no tuvo compasión de uno que le debía poco, mientras de mí, el rey, tuvo tanta, así no encontrará piedad en mí".
De igual modo se comportará mi Padre con vosotros si fueseis despiadados con vuestros hermanos; si vosotros, que recibisteis tanto de Dios, fuereis culpables más de lo que no lo es un infiel. Recordad que en vosotros existe la obligación más que en cualquier otro de no tener culpas. Recordad que Dios os anticipa un gran tesoro, pero quiere que le deis cuenta de él. Recordad que nadie como vosotros debe saber practicar el amor y perdón.

NO SEÁIS DE LOS SIERVOS QUE PARA VOSOTROS PEDÍS 
MUCHO, Y LUEGO NO DAIS NADA A QUIEN OS PIDE.

LA MIES ES MUCHA Y LOS OPERARIOS SERÁN SIEMPRE POCOS 
RESPECTO A LAS NECESIDADES. HABRÁ, PUES, TRABAJO PARA 
TODOS, Y NO SERÁN SUFICIENTES, POR ESTO OS RUEGO QUE 
SIN CELOS, PIDÁIS AL DUEÑO DE LA MIES QUE ENVÍE SIEMPRE 
NUEVOS OPERARIOS PARA SU COSECHA.

No seáis de los siervos que para vosotros pedís mucho, y luego no dais nada a quien os pide. Como os comportáis así seréis tratados. Y se os pedirá también cuenta de cómo obran los demás, que fueron arrastrados al bien o al mal por vuestro ejemplo. ¡Oh, si fuereis verdaderos santificadores, poseeréis una gloria muy grande en los cielos! Pero de igual modo, si fuereis unos pervertidores o aunque solo unos haraganes en santificar, seréis castigados con dureza.
Os lo repito una vez más. Si alguno de vosotros no se siente con ánimo de ser víctima de la propia misión, que se vaya, pero que no falte a ella. Y digo que no falte en las cosas que verdaderamente arruinan la propia formación y ajena. Y que sepa tener como amigo a Dios, teniendo siempre en el corazón perdón por los débiles. Así pues al que sepa perdonar, Dios le perdonará.
Nuestra estadía ha terminado. La fiesta de los Tabernáculos se acerca. A los que temprano hablé por separado, desde mañana irán precediéndome y anunciándome a la gente. Los que se quedan, no pierdan ánimos. A algunos los he detenido por motivos de prudencia, no por desprecio. Se quedarán conmigo y pronto los mandaré como mando a los setenta y dos primeros. La mies es mucha y los operarios serán siempre pocos respecto a las necesidades. Habrá, pues, trabajo para todos, y no serán suficientes, por esto os ruego que sin celos, pidáis al Dueño de la mies que envíe siempre nuevos operarios para su cosecha.

"¿Y CÓMO, PODRÉ CURAR EN TU NOMBRE?" 

CURAD SIEMPRE Y PRIMERO EL ESPÍRITU. 
PROMETED A LOS ENFERMOS EL REINO DE DIOS 
SI SUPIESEN CREER EN MÍ, Y VIENDO QUE EN 
ELLOS HAY FE, ORDENAD A LA ENFERMEDAD 
QUE SE VAYA, Y SE IRÁ.

Entre tanto id. Yo y los apóstoles terminamos en estos días vuestra instrucción en el trabajo que debéis hacer, repitiendo lo que dije antes de enviar a los doce. Uno de vosotros me preguntó: "¿Y cómo, podré curar en tu nombre?" Curad siempre y primero el espíritu. Prometed a los enfermos el reino de Dios si supiesen creer en Mí, y viendo que en ellos hay fe, ordenad a la enfermedad que se vaya, y se irá. Haced lo mismo con los enfermos del espíritu. Encended primeramente la fe. Dad con palabras seguras la esperanza. Yo añadiré en ellos la divina caridad, así como os la puse en el corazón después que creísteis en Mí y esperasteis en la misericordia. No tengáis miedo ni de los hombres ni del demonio. No os harán mal. Lo único que debéis temer son la sensualidad, la soberbia y la avaricia. Por ellas os podréis entregar a Satanás y a los hombres satanes, que también los hay.
Id, pues delante de Mí, por los caminos del Jordán. Llegados a Jerusalén idos a reunir con los pastores en el valle de Belén, y juntos con ellos venid a Mí en el lugar que se os diga, y juntos celebraremos la fiesta santa, regresando más fortalecidos que nunca a nuestro ministerio.
Id en paz. Os bendigo en el Santo Nombre del Señor."
V. 906-910
A. M. D. G. et B.V.M.