sabato 6 luglio 2013

Perché lo spirito umano, o meglio mondano, rientra e prende il sopravvento sullo spirito religioso?

Beato Giuseppe Allamano, prega per noi!

NECESSITA' DELLA FORMAZIONE                 

Fervore e decadenza nelle Religioni

Gli Istituti religiosi nei loro primordi furono per lo più fervorosi. Gli individui attendevano singolarmente alla propria santificazione, univano una soda virtù allo zelo dell'altrui salvezza, presentavano quella vicendevole unione che è uno dei più sicuri indizi dell'interiore carità. S. Atanasio così descrive il fervore dei discepoli del grande S. Antonio: "Regnava la concordia, nessuno recava danno, nessun maledico che andasse sparlando, ma una moltitudine di astinenti e una gara di sante opere". E conclude pieno di ammirazione con le parole Scritturali: Quanto son belli i tuoi padiglioni, o Giacobbe! E i tuoi tabernacoli, o Israele! Son come valli ubertose, come orti presso ad un fiume irriguo, come cedri vicini alle acque. La tua stirpe crescerà in grandi acque! (91).

S. Bonaventura scrive dei primi discepoli di S. Francesco: "In tutto e per tutto osservavano gl'insegnamenti del nostro santo Padre. La povertà li faceva pronti ad ogni obbedienza, forti nelle fatiche, lesti nei viaggi. L'amore del Vangelo li aveva resi tanto pazienti, da cercar sempre nuove sofferenze corporali".

Lo stesso dicasi di tanti altri Istituti nei loro inizi, come dell'Ordine di S. Benedetto, dell'Ordine Cistercense e, in tempi più recenti, dell'Ordine della Visitazione.

Ma non tutti continuarono nel fervore. Lo spirito umano, o meglio mondano, rientrò e prese il sopravvento sullo spirito religioso. Ed ecco: all'osservanza succedere la trascuratezza, al fervore la tiepidezza, all'unione i partiti e le scissioni. Già se ne lamentava S. Girolamo; più tardi S. Bernardo scriveva all'Abate Guglielmo: "Ormai l'economia è reputata avarizia, la sobrietà austerità, il silenzio tristezza. Invece la rilassatezza è detta discrezione, lo sperpero è scambiato con la liberalità, la loquacità con l'affabilità e cortesia. Vien detto allegria lo sghignazzare, decoro il lusso, pulizia la soverchia cura dei letti" (92).

S. Bonaventura a sua volta, divenuto Generale dell'Ordine, lagnavasi che notevoli disordini si fossero introdotti nelle Comunità. Il P. Consolatino, dell'Oratorio, nella sua vecchiaia piangeva non vedendo più nella Congregazione quello spirito di fervore che regnava vivente S. Filippo. E intanto alcune di queste istituzioni scomparvero, mentre altre si ridussero a poca cosa, avendo perduto quello splendore d'opere, quel fervore di vitalità che li distingueva nel loro inizio. Quali le cause del decadimento degli Istituti religiosi? Sulla scorta di S. Alfonso (93), le riduco a cinque.

1 - IL NUMERO: multitudo intrantium. E la ragione che porta il Santo è questa: che quando son molti, non si possono più formare così bene come quando son pochi. Per essere precisi si dovrebbe dire: la moltitudine di quelli che entrano senz'essere chiamati o che non corrispondono, privi perciò delle necessarie doti per lo stato abbracciato. Quante volte mi avete già udito dire: guai a spalancare la porta d'entrata! guai alla paura di mandar via!... Vi ripeto sempre le stesse cose; ma lo ripeto perché il numero mi spaventa, quando non sia accompagnato dalle necessarie virtù nei singoli membri. E' per questo che nei Monasteri del Carmelo, della Visitazione, ecc. è fissato il numero delle Suore d'ogni casa. E S. Vincenzo proibì ai suoi Religiosi di far proseliti.

2 - LA DEFICIENZA NEI SUPERIORI - Grande motivo questo! Può avvenire, infatti, che i Superiori non siano essi stessi debitamente formati e allora come possono formare gli altri allo spirito della Congregazione? Oppure che essi per i primi non siano osservanti, e come possono inculcare agli altri l'osservanza? E senza osservanza a che cosa si riduce una comunità? Diceva S. Giuseppe Calasanzio: "Guai a quel Superiore che con le parole esorta a ciò che con l'esempio distrugge!". Il Superiore in una Comunità è come la città posta sopra il monte; non può sottrarsi agli sguardi indagatori dei sudditi. S. Alfonso fa sua la sentenza del P. Doria, Carmelitano Scalzo: "che le Religioni decadono più per male di emicrania che di podagra". Cioè più per difetto di quelli che sono a capo, che non dei sudditi.

Come avviene questo?... Ah, quel Capitolo, quelle elezioni! Ne ho un po' di esperienza, sapete! Si prega, sì, davanti al SS. Sacramento, s'invocano i lumi dello Spirito Santo, ma poi invece di seguire i lumi celesti, si seguono quelli dell'amor proprio, dei gusti individuali, dello spirito di parte... e ne vengono fuori di tali Superiori e di tali Superiore!

Speriamo che nel nostro Istituto questa deficienza non abbia mai a riscontrarsi. Le Costituzioni parlano chiaro. I Capitolari s'impegnano con giuramento di eleggere quelli che stimano doversi eleggere davanti a Dio, e sono inoltre espressamente proibiti di procurare, sia direttamente che indirettamente, dei voti sia per sé e sia per gli altri. Stando alle Costituzioni, si eviteranno gli inconvenienti di cui parliamo.

3 - MUTAMENTO DI FINE - Ogni istituzione, e l'abbiamo veduto, ha il proprio fine particolare. Purtroppo alcune istituzioni non hanno più che il nome ad indicare il fine per cui vennero fondate. Il fine particolare del nostro Istituto è la conversione degli infedeli; se un giorno si dovessero aprir collegi, supponiamo in America, dovrebbero essere sempre e solo per questo fine: le Missioni fra gli infedeli.

4 - L'INTRODURSI DI ABUSI: e cioè lasciar introdurre a poco a poco usanze che non sono secondo lo spirito dei Fondatori. S'incomincia ad allungare le ricreazioni, si cambia il vitto, si trascura la puntualità d'orario... ed ecco la comunità cambiata. Si dice: "Son altri tempi!". No, è lo spirito che è un altro. Si dice: "Lo spirito è sempre quello"; invece lo spirito non c'è più.


5 - IL DISPREZZO DEI FERVOROSI: quando cioè s'incomincia a tacciare di scrupolosi, di esagerati coloro che sono fervorosi, che osservano il silenzio, la disciplina, la regola, ecc.

AVE GRATIA PLENA!

venerdì 5 luglio 2013

+ La mano invisibile che scopre la ... tiara

I miei messaggi.

Per il I sabato del mese meditiamo un messaggio materno



Santuario di Castelmonte (Udine), 9 novembre 1984. (Durante la Concelebrazione, subito
dopo il Vangelo).

I miei messaggi.

«Figli prediletti, oggi siete saliti ancora quassù, nel mio Santuario, davanti a questa mia
Immagine così venerata, perché è segno di una mia particolarissima presenza fra voi.
Siete venuti qui per invocare la mia protezione sulla Chiesa, sul mondo, su tutto il Movimento
Sacerdotale Mariano, sparso in ogni parte.

Quanto gradisco la Santa Messa che celebrate in mio onore!
Con voi voglio spiritualmente presenti i figli prediletti del mio Movimento di tutti i cinque
continenti, perché ormai i miei tempi sono giunti.

In questi anni, come Mamma, vi ho formato attraverso i miei messaggi. Sono tante parole di
Sapienza, che ho fatto scendere dal mio Cuore Immacolato per formarvi al mio disegno.

I miei messaggi tracciano anzitutto una strada semplice, luminosa che Io vi ho indicato e che
voi dovete percorrere, ogni giorno, per vivere la consacrazione che mi avete fatto, per
crescere nel mio amore e nella vita con Me, per essere sempre più maturi e preparati a
svolgere il compito che vi ho indicato.

Se alcuni di voi, dopo essersi a Me consacrati, si sono fermati, è perché non hanno più
ascoltato, meditato e vissuto i miei messaggi.
Oh, dopo il mio trionfo, essi saranno luce per tutta la Chiesa; allora si capirà quanto Io ho
fatto in questi anni per voi!

Meditate i miei messaggi, viveteli.

Se vivete quanto vi ho indicato e percorrete la strada che vi ho tracciato, camminerete sicuri
sulla via della consacrazione che mi avete fatto e realizzerete il grande disegno del trionfo
del mio Cuore Immacolato. Altrimenti sarete fermati dai dubbi, dallo scoraggiamento, dalle
difficoltà, dall'opposizione che trovate. Vi fermerete e non sarete pronti ad adempiere
quanto Io ho disposto per voi e che, oggi, è così necessario per la salvezza del mondo ed il
rinnovamento della Chiesa, di cui sono Mamma.

In questi messaggi vi svelo anche il mio disegno nella sua silenziosa preparazione, nella sua
dolorosa attuazione e nel suo vittorioso compimento.

Ormai voi state per giungere al termine più doloroso e sanguinoso della purificazione, che si
svolgerà in questi anni, prima del grande trionfo del mio Cuore Immacolato nell'avvento a voi del Regno glorioso di Gesù.

È un disegno che abbraccia questo secolo.
Nel 1917 a Fatima Io l'ho anticipato, quasi come annuncio profetico, nel momento in cui
appariva evidente la grande lotta fra la Donna vestita di sole ed il Dragone rosso, che sarebbe
durata tutto il secolo, come sfida superba a Dio da parte del mio Avversario, nella sicurezza
di riuscire a distruggere la Chiesa e di portare tutta l'umanità ad un universale rifiuto di Dio.

Il Signore gli ha concesso questo spazio di tempo, perché alla fine la superbia del Dragone
rosso sarà stroncata e vinta dall'umiltà, dalla piccolezza e dalla forza della vostra Mamma
Celeste, la Donna vestita di sole, che ora raccoglie tutti i suoi piccoli bambini nel suo esercito
schierato a battaglia.

Ora che giungete agli anni più dolorosi e più sanguinosi di questa grande lotta, Io
personalmente sono intervenuta a formarmi la mia schiera attraverso il Movimento
Sacerdotale Mariano, che è Opera mia. Per questo ho scelto come mio strumento un figlio fra
i più deboli, umanamente il più sprovveduto e l'ho portato in ogni parte del mondo per
dimostrare a tutti che quello che sta avvenendo è solo per un mio personale e straordinario
intervento.

Pertanto non temere, figlio, delle difficoltà che incontri quando ti pare che qualche strumento
da Me scelto, ingannato da Satana, non vuole più rispondere al mio disegno. Abbi fiducia in Me:
Io solo sono la Condottiera della mia schiera; Io solo sono Mamma e Regina del mio Movimento.
Io adopero gli strumenti che mi rispondono; ne scelgo degli altri, quando quelli da Me scelti
non mi rispondono più.
Io stessa ogni giorno conduco avanti questa Opera per la grande battaglia che stiamo
combattendo. (. .)

AVE MARIA!
COR MARIAE IMMACULATUM 
INTERCEDE PRO NOBIS!

Domingo XIV Tiempo Ordinario, C: San Lucas 10,1-12.17-20. 7/7/2013



JESÚS MANDA A LOS 72 A ANUNCIARLO






JESÚS SE QUEDA EN EL JARDÍN DE MARÍA MAGDALENA CON 
LOS APÓSTOLES Y DISCÍPULOS

Terminada la comida Jesús dice a los pobres que se retiren, y Él se queda con los apóstoles y discípulos en el jardín de María Magdalena. Se van a sentar en sus límites, muy cerca de las aguas quietas del lago en el que navegan barcas en busca de pesca.
"Tendrán buena pesca" comenta Pedro que las está mirando.
"También tú tendrás una buena pesca, Simón de Jonás."
"¿Yo, Señor? ¿Cuándo? ¿Quieres decirme que vaya a pescar para la comida de mañana? Voy al punto..."
"No tenemos necesidad de comida en esta casa. La pesca que harás, será en lo futuro y en el campo espiritual. Y la mayor parte de estos serán contigo óptimos pescadores."
"¿No todos, Maestro?" pregunta Mateo.

REVELACIONES DE JESÚS 

LOS PODERES QUE TENDRÁN SUS SACERDOTES

NO SÓLO PODRÉIS ACONSEJAR, SINO QUE PODRÉIS ABSOLVER 
EN MI NOMBRE. PODRÉIS SOLTAR DE LAS CADENAS DEL 
PECADO Y PODRÉIS UNIR A DOS QUE SE AMAN, FORMANDO 
UNA SOLA CARNE. Y CUANTO HUBIEREIS HECHO SERÁ VÁLIDO 
ANTE LOS OJOS DE DIOS COMO SI DIOS MISMO LO HUBIESE 
HECHO. EN VERDAD OS DIGO: CUANTO LIGAREIS EN LA 
TIERRA, SERÁ LIGADO EN EL CIELO; CUANTO DESATAREIS EN 
LA TIERRA, SERÁ DESATADO EN EL CIELO.

"No todos. Los que perseveraren y llegaren a ser mis sacerdotes, tendrán una buena pesca."
"Conversiones, perdones, guías que lleven a Dios. ¡Oh! tantas cosas."
"Oye, Maestro. Hace poco dijiste que si alguien no escucha a su hermano ni siquiera ante la presencia de testigos, que vaya a pedir consejo a la sinagoga. Si he entendido bien lo que nos has dicho desde que nos conocemos, me parece que la sinagoga será reemplazada por la Iglesia, esa cosa que Tú fundarás.Entonces ¿a dónde iremos para aconsejar a los hermanos de cabeza dura?"
"Iréis a vosotros mismos, porque seréis mi Iglesia. Por esto los fieles vendrán a vosotros o por consejo que necesitan, o porque lo deben a otros. Os digo más. No sólo podréis aconsejar, sino que podréis absolver en mi nombre. Podréis soltar de las cadenas del pecado y podréis unir a dos que se aman, formando una sola carne. Y cuanto hubiereis hecho será válido ante los ojos de Dios como si Dios mismo lo hubiese hecho. En verdad os digo: cuanto ligareis en la tierra, será ligado en el cielo; cuanto desatareis en la tierra, será desatado en el cielo. Aun más. Yo os digo, para hacer comprender la potencia de mi Nombre, mi Padre se lo concederá.Porque la plegaria es una gran potencia, como lo es la unión fraternal, y grandísima, infinita potencia es mi Nombre y mi presencia entre vosotros. Y donde dos o tres estén reunidos en mi Nombre, allí estaré en medio de ellos, y rogaré por ellos, y el Padre no rechazará a quien ruegue conmigo. Muchos no obtienen porque ruegan solos, o por motivos ilícitos o por orgullo, o con pecado en el corazón. Purificaos el corazón para que pueda estar con vosotros, y luego rogad y seréis escuchados.
Pedro está pensativo. Jesús lo ve y le pregunta la razón. Pedro da la explicación: "Pienso que estamos llamados a un gran deber. Tengo miedo. Miedo de no saberlo hacer bien."
"En realidad, Simón de Jonás, o Santiago de Alfeo o Felipe, y así sucesivamente, no serían capaces de hacerlo bien. Pero el sacerdote Pedro, el sacerdote Santiago, el sacerdote Felipe, sabrán hacerlo bien, porque lo harán juntamente con la divina Sabiduría."

¿CUÁNTAS VECES DEBEMOS PERDONAR A LOS HERMANOS?

 NO TE DIGO SIETE, SINO SETENTA VECES SIETE.

"Y ¿cuántas veces debemos perdonar a los hermanos? ¿Cuántas, si pecan contra los sacerdotes? y ¿cuántas si pecan contra Dios? Porque si las cosas serán como ahora, claro que pecarán contra nosotros, teniendo en cuenta que pecan contra Ti muchas y repetidas veces ¿Siete o más, por ejemplo?"
"No te digo siete, sino setenta veces siete. Un número sin medida. Porque también el Padre de los cielos os perdonará muchas veces, un gran número de veces, a vosotros que deberíais ser perfectos. Y como Él hace con vosotros, de la misma manera debéis hacer, porque representaréis a Dios en la tierra. Os voy a decir una parábola que servirá a todos."
Jesús que estaba rodeado de solo los apóstoles, en un kiosco pequeño de bojes, se dirige a los discípulos que están respetuosamente juntos en un espacio libre que tiene una lagunita llena de aguas limpias. La sonrisa de Jesús es como la señal de una palabra. Mientras Él se dirige a ellos con su paso lento y largo con el que avanza bastante en pocos momentos, y sin apresurarse, todos ellos se alegran, y como niños alrededor de quien les hace felices, se agolpan a su alrededor. Una corona de caras atentas. Jesús se pone de espaldas contra un alto árbol y empieza a hablar.

PARÁBOLA DEL REY QUE QUISO PEDIR CUENTAS A SUS 
SIERVOS.

"Cuanto dije al pueblo antes, es más perfecto entre vosotros que sois mis elegidos. El apóstol Simón de Jonás me preguntó: "¿Cuántas veces debo perdonar? ¿A quién? ¿Por qué?" Le respondí en privado y ahora repito a todos mi respuesta en lo que es justo que desde ahora sepáis.
Oíd cuantas veces se debe perdonar, cómo y por qué. Es menester perdonar como Dios perdona. Si se peca mil veces, y se arrepiente otras tantas veces, mil veces perdona. Con tal de que vea que en el culpable no hay voluntad de pecar, ni que quiere buscar lo que le hace pecar, sino que más bien el pecado es sólo fruto de una debilidad humana. En el caso de persistencia voluntaria en el pecado no puede haber perdón para las culpas cometidas contra la Ley. Pero por más que estas culpas os produzcan dolor individualmente, perdonad. Perdonad siempre a quien os hace mal. Perdonad para ser perdonados porque también habéis ofendido a Dios y a los hermanos. El perdón abre el reino de los cielos tanto al perdonado como al que perdona. Es semejante a esto lo que sucedió entre un rey y sus siervos.
Un rey quiso pedir cuentas a sus siervos. Los llamó a uno por uno comenzando por los que estaban más en alto. Vino uno que le debía diez mil talentos. Este no tenía con qué pagar el anticipo que el rey le había prestado para construir casas y otras propiedades. En realidad no había por muchos motivos más o menos justos, usado con mucho cuidado el dinero recibido. El rey enojado de la haraganería y falta de palabra, mandó que fuese vendido él, su  mujer, sus hijos y todo cuanto poseía para que saldase su deuda. Pero el siervo se arrojó a los pies del rey y con gemidos y súplicas le decía: "No me hagas nada, ten un poco más de paciencia y te devolveré todo cuanto te debo, hasta el último centavo". El rey, compadecido por tanta aflicción -era un rey bueno- no sólo consintió en dejarlo libre, sino que después de haber sabido que entre las causas de su poco cuidado y de la falta de pago se contaban algunas enfermedades, le llegó a perdonar la deuda.
El súbdito se fue feliz. Pero, al salir de allí encontró en el camino a otro súbdito, un pobre súbdito al que le había prestado cien denarios tomados de los diez mil talentos que había recibido del rey. Persuadido del favor del rey, creyó que todo le era lícito y asiendo a aquel infeliz por la garganta le dijo: "Devuélveme al punto lo que me debes". Inútilmente el hombre en medio de lágrimas se inclinó a besarle los pies, diciendo: "Ten piedad de mí, pues tengo muchas desgracias. Ten todavía un poco de paciencia y te devolveré todo, hasta el último centavo". El siervo despiadado llamó a los soldados e hizo que llevasen a la prisión al infeliz para que le pagase, so pena de su libertad o aun de su vida.
Lo supieron amigos del desgraciado los cuales, todos afligidos, fueron a referirlo al rey. Este, al oír tal cosa, ordenó que le fuese llevado ante sí el servidor despiadado y mirándolo severamente le dijo: "Siervo inicuo, te ayudé primero para que fueses misericordioso, para que te hicieses una fortuna, después te ayudé todavía perdonándote la deuda porque me pedías tanto que te tuviese paciencia. Tú no tuviste piedad de uno igual a ti, mientras yo, el rey, te tuve tanta. ¿Por qué no obraste como se te trató a ti?" Y enojado lo entregó a los carceleros para que lo encerrasen hasta que hubiese pagado todo, diciendo: "Como no tuvo compasión de uno que le debía poco, mientras de mí, el rey, tuvo tanta, así no encontrará piedad en mí".
De igual modo se comportará mi Padre con vosotros si fueseis despiadados con vuestros hermanos; si vosotros, que recibisteis tanto de Dios, fuereis culpables más de lo que no lo es un infiel. Recordad que en vosotros existe la obligación más que en cualquier otro de no tener culpas. Recordad que Dios os anticipa un gran tesoro, pero quiere que le deis cuenta de él. Recordad que nadie como vosotros debe saber practicar el amor y perdón.

NO SEÁIS DE LOS SIERVOS QUE PARA VOSOTROS PEDÍS 
MUCHO, Y LUEGO NO DAIS NADA A QUIEN OS PIDE.

LA MIES ES MUCHA Y LOS OPERARIOS SERÁN SIEMPRE POCOS 
RESPECTO A LAS NECESIDADES. HABRÁ, PUES, TRABAJO PARA 
TODOS, Y NO SERÁN SUFICIENTES, POR ESTO OS RUEGO QUE 
SIN CELOS, PIDÁIS AL DUEÑO DE LA MIES QUE ENVÍE SIEMPRE 
NUEVOS OPERARIOS PARA SU COSECHA.

No seáis de los siervos que para vosotros pedís mucho, y luego no dais nada a quien os pide. Como os comportáis así seréis tratados. Y se os pedirá también cuenta de cómo obran los demás, que fueron arrastrados al bien o al mal por vuestro ejemplo. ¡Oh, si fuereis verdaderos santificadores, poseeréis una gloria muy grande en los cielos! Pero de igual modo, si fuereis unos pervertidores o aunque solo unos haraganes en santificar, seréis castigados con dureza.
Os lo repito una vez más. Si alguno de vosotros no se siente con ánimo de ser víctima de la propia misión, que se vaya, pero que no falte a ella. Y digo que no falte en las cosas que verdaderamente arruinan la propia formación y ajena. Y que sepa tener como amigo a Dios, teniendo siempre en el corazón perdón por los débiles. Así pues al que sepa perdonar, Dios le perdonará.
Nuestra estadía ha terminado. La fiesta de los Tabernáculos se acerca. A los que temprano hablé por separado, desde mañana irán precediéndome y anunciándome a la gente. Los que se quedan, no pierdan ánimos. A algunos los he detenido por motivos de prudencia, no por desprecio. Se quedarán conmigo y pronto los mandaré como mando a los setenta y dos primeros. La mies es mucha y los operarios serán siempre pocos respecto a las necesidades. Habrá, pues, trabajo para todos, y no serán suficientes, por esto os ruego que sin celos, pidáis al Dueño de la mies que envíe siempre nuevos operarios para su cosecha.

"¿Y CÓMO, PODRÉ CURAR EN TU NOMBRE?" 

CURAD SIEMPRE Y PRIMERO EL ESPÍRITU. 
PROMETED A LOS ENFERMOS EL REINO DE DIOS 
SI SUPIESEN CREER EN MÍ, Y VIENDO QUE EN 
ELLOS HAY FE, ORDENAD A LA ENFERMEDAD 
QUE SE VAYA, Y SE IRÁ.

Entre tanto id. Yo y los apóstoles terminamos en estos días vuestra instrucción en el trabajo que debéis hacer, repitiendo lo que dije antes de enviar a los doce. Uno de vosotros me preguntó: "¿Y cómo, podré curar en tu nombre?" Curad siempre y primero el espíritu. Prometed a los enfermos el reino de Dios si supiesen creer en Mí, y viendo que en ellos hay fe, ordenad a la enfermedad que se vaya, y se irá. Haced lo mismo con los enfermos del espíritu. Encended primeramente la fe. Dad con palabras seguras la esperanza. Yo añadiré en ellos la divina caridad, así como os la puse en el corazón después que creísteis en Mí y esperasteis en la misericordia. No tengáis miedo ni de los hombres ni del demonio. No os harán mal. Lo único que debéis temer son la sensualidad, la soberbia y la avaricia. Por ellas os podréis entregar a Satanás y a los hombres satanes, que también los hay.
Id, pues delante de Mí, por los caminos del Jordán. Llegados a Jerusalén idos a reunir con los pastores en el valle de Belén, y juntos con ellos venid a Mí en el lugar que se os diga, y juntos celebraremos la fiesta santa, regresando más fortalecidos que nunca a nuestro ministerio.
Id en paz. Os bendigo en el Santo Nombre del Señor."
V. 906-910
A. M. D. G. et B.V.M.

Domenica 7 Luglio 2013, XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C



"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 7 Luglio 2013, XIV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-12.17-20.

<<Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;
non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.
Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,
curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.
Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite:
Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino.
Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore.
Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare.
Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli»>>.

Traduzione liturgica della Bibbia


Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 278 pagina 372.

1Licienziati dopo il pasto i poveri, Gesù resta cogli apostoli e discepoli nel giardino di Maria di Magdala. Vanno a sedersi al limite di esso, proprio vicino alle acque quiete del lago, su cui delle barche veleggiano intente alla pesca.
«Avranno buona pesca» commenta Pietro che osserva.
«Anche tu avrai buona pesca, Simone di Giona».
«Io, Signore? Quando? Intendi che io esca a pescare per il cibo di domani? Vado subito e…».
«Non abbiamo bisogno di cibo in questa casa. La pesca che tu farai sarà in futuro e nel campo spirituale. E con te saranno pescatori ottimi la maggior parte di questi».
«Non tutti, Maestro?» chiede Matteo.
«Non tutti. Ma quelli che perseverando diverranno miei sacerdoti avranno buona pesca».
«Conversioni, eh?» domanda Giacomo di Zebedeo.
«Conversioni, perdoni, guide a Dio. Oh! tante cose!».

2«Senti, Maestro. Tu prima hai detto che, se uno non ascolta il fratello neppure alla presenza di testimoni, sia fatto consigliare dalla sinagoga. Ora, se io ho ben capito quanto Tu ci hai detto da quando ci conosciamo, mi pare che la sinagoga sarà sostituita dalla Chiesa, questa cosa che Tu fonderai. Allora, dove andremo per fare consigliare i fratelli zucconi?».


«Andrete da voi stessi, perché voi sarete la mia Chiesa. Perciò i fedeli verranno a voi, o per consiglio da avere per causa propria, o per consiglio da dare ad altri. Vi dico di più. Non solo potrete consigliare. Ma potrete anche assolvere in mio Nome. Potrete sciogliere dalle catene del peccato e potrete legare due che si amano facendone una carne sola. E quanto avrete fatto sarà valido agli occhi di Dio come fosse Dio stesso che lo avesse fatto. In verità vi dico: quanto avrete legato sulla terra sarà legato nel Cielo, quanto sarà sciolto da voi sulla terra sarà sciolto in Cielo. E ancora vi dico, per farvi comprendere la potenza del mio Nome, dell’amore fraterno e della preghiera, che se due miei discepoli, e per tali intendo ora tutti coloro che crederanno nel Cristo, si riuniranno a chiedere qualsiasi giusta cosa in mio Nome, sarà loro concessa dal Padre mio. Perché grande potenza è la preghiera, grande potenza è l’unione fraterna, grandissima, infinita potenza è il mio Nome e la mia presenza fra voi. E dove due o tre saranno adunati in mio Nome, ivi Io sarò in mezzo a loro, e pregherò con loro, e il Padre non negherà a chi con Me prega. Perché molti non ottengono perché pregano soli, o per motivi illeciti, o con orgoglio, o con peccato sul cuore. Fatevi il cuore mondo, onde Io possa essere con voi, e poi pregate e sarete ascoltati».

Pietro è pensieroso. Gesù lo vede e gliene chiede ragione. E Pietro spiega: «Penso a che gran dovere siamo destinati. E ne ho paura. Paura di non sapere fare bene».
«Infatti Simone di Giona o Giacomo di Alfeo o Filippo e così via non saprebbero fare bene. Ma il sacerdote Pietro, il sacerdote Giacomo, il sacerdote Filippo, o Tommaso, sapranno fare bene perché faranno insieme alla divina Sapienza».

3«E… quante volte dovremo perdonare ai fratelli? Quante, se peccano contro i sacerdoti; e quante, se peccano contro Dio? Perché, se succederà allora come ora, certo peccheranno contro di noi, visto che peccano contro di Te tante e tante volte. Dimmi se devo perdonare sempre o se un numero di volte. Sette volte, o più ancora, ad esempio?».

«Non ti dico sette, ma settanta volte sette. Un numero senza misura. Perché anche il Padre dei Cieli perdonerà a voi molte volte, un numero grande di volte, a voi che dovreste essere perfetti. E come Egli fa con voi, così dovete fare, perché voi rappresenterete Dio in terra. Anzi, sentite. Racconterò una parabola che servirà a tutti».

E Gesù, che era circondato dai soli apostoli in un chioschetto di bossi, si avvia verso i discepoli che sono invece rispettosamente aggruppati su uno spiazzo decorato di una vasca piena di limpide acque. Il sorriso di Gesù è come un segnale di parola. E mentre Lui va col suo passo lento e lungo, per cui percorre molto spazio in pochi momenti, e senza affrettarsi perciò, essi si rallegrano tutti e, come bambini intorno a chi li fa felici, si stringono in cerchio. Una corona di visi attenti, finché Gesù si mette contro un alto albero e inizia a parlare.

4«Quanto ho detto prima al popolo va perfezionato per voi che siete gli eletti fra esso.
Dall’apostolo Simone di Giona mi è stato detto: “Quante volte devo perdonare? A chi? Perché?”. Ho risposto a lui in privato ed ora a tutti ripeto la mia risposta in ciò che è giusto voi sappiate fin da ora. Udite quante volte e come e perché va perdonato.

Perdonare bisogna come perdona Dio, il quale, se mille volte uno pecca e se ne pente, perdona mille volte. Purché veda che nel colpevole non c’è volontà del peccato, la ricerca di ciò che fa peccare, ma sibbene il peccato è solo frutto di una debolezza dell’uomo. Nel caso di persistenza volontaria nel peccato, non può esservi perdono per le colpe fatte alla Legge. Ma per quanto queste colpe vi danno di dolore, a voi, individualmente, perdonate. Perdonate sempre a chi vi fa del male. Perdonate per essere perdonati, perché anche voi avete colpe verso Dio e i fratelli. Il perdono apre il Regno dei Cieli tanto al perdonato come al perdonante. Esso è simile a questo fatto che avvenne fra un re ed i suoi servi.

Un re volle fare i conti coi suoi servi. Li chiamò dunque uno dopo l’altro cominciando da quelli che erano i più in alto. Venne uno che gli era debitore di diecimila talenti. Ma il suddito non aveva con che pagare l’anticipo che il re gli aveva fatto per potersi costruire case e bene d’ogni genere, perché in verità non aveva, per molti motivi più o meno giusti, con molta solerzia usato della somma ricevuta per questo. Il re-padrone, sdegnato della sua infingardia e della mancanza di parola, comandò che fosse venduto lui, la moglie, i figli e quanto aveva, finché avesse saldato il suo debito. Ma il servo si gettò ai piedi del re e con pianti e suppliche lo pregava: “Lasciami andare. Abbi un poco di pazienza ancora ed io ti renderò tutto quanto ti devo, fino all’ultimo denaro”. Il re, impietosito da tanto dolore - era un re buono - non solo acconsentì a questo ma, saputo che fra le cause della poca solerzia e del mancato pagamento erano anche delle malattie, giunse a condonargli il debito.

Il suddito se ne andò felice. Uscendo di lì, però, trovò sulla sua via un altro suddito, un povero suddito al quale egli aveva prestato cento denari tolti ai diecimila talenti avuti dal re. Persuaso del favore sovrano, si credette tutto lecito e, preso quell’infelice per la gola, gli disse: “Rendimi subito quanto mi devi”. Inutilmente l’uomo piangendo si curvò a baciargli i piedi gemendo: “Abbi pietà di me che ho tante disgrazie. Porta un poco di pazienza ancora e ti renderò tutto, fino all’ultimo spicciolo”. Il servo, spietato, chiamò i militi e fece condurre in prigione l’infelice perché si decidesse a pagarlo, pena la perdita della libertà o anche della vita.

La cosa fu risaputa dagli amici del disgraziato i quali, tutti contristati, andarono a riferirlo al re e padrone. Questi, saputa la cosa, ordinò gli fosse tradotto davanti il servitore spietato e, guardandolo severamente disse: “Servo iniquo, io ti avevo aiutato prima perché tu diventassi misericordioso, perché ti facessi una ricchezza, poi ti ho aiutato ancora col condonarti il debito per il quale tanto ti raccomandavi che io avessi pazienza. Tu non hai avuto pietà di un tuo simile mentre io, re, per te ne avevo avuta tanta. Perché non hai fatto ciò che ti ho fatto?”. E lo consegnò sdegnato ai carcerieri perché lo tenessero finché avesse tutto pagato, dicendo: “Come non ebbe pietà di uno che ben poco gli doveva, mentre tanta pietà ebbe da me che re sono, così non trovi da me pietà”.

5Così pure farà il Padre mio con voi se voi sarete spietati ai fratelli, se voi, avendo avuto tanto da Dio, sarete colpevoli più di quanto non lo è un fedele. Ricordate che in voi è l’obbligo di essere più di ogni altro senza colpe. Ricordate che Dio vi anticipa un gran tesoro, ma vuole che gliene rendiate ragione. Ricordate che nessuno come voi deve saper praticare amore e perdono.
Non siate servi che per voi molto volete e poi nulla date a chi a voi chiede. Come fate, così vi sarà fatto. E vi sarà chiesto anche conto del come fanno gli altri, trascinati al bene o al male dal vostro esempio. Oh! che in verità se sarete santificatori possederete una gloria grandissima nei Cieli! Ma, ugualmente, se sarete pervertitori, o anche solamente infingardi nel santificare, sarete duramente puniti.

Io ve lo dico ancora una volta. Se alcuno di voi non si sente di essere vittima della propria missione, se ne vada. Ma non manchi ad essa. E dico: non manchi nelle cose veramente rovinose alla propria e all’altrui formazione. E sappia avere amico Dio, avendo sempre in cuore perdono ai deboli. Allora ecco che ad ognun di voi che sappia perdonare sarà da Dio Padre dato perdono.


6La sosta è finita. Il tempo dei Tabernacoli è prossimo. Quelli ai quali ho parlato in disparte questa mattina, da domani andranno, precedendomi e annunciandomi alle popolazioni. Quelli che restano non si avviliscano. Ho trattenuto alcuni di loro per prudenziale motivo, non per spregio di loro. Essi staranno con Me, e presto li manderò come mando i settantadue primi. La messe è molta e gli operai saranno sempre pochi rispetto al bisogno. Vi sarà dunque lavoro per tutti. E non basta ancora. Perciò, senza gelosie, pregate il Padrone della messe che mandi sempre nuovi operai per la sua mietitura.

Andate, intanto. Io e gli apostoli abbiamo in questi giorni di sosta completato la vostra istruzione sul lavoro che avete da fare, ripetendo quello che Io dissi prima di mandare i dodici.

Uno fra voi mi ha chiesto: “Ma come guarirò in tuo Nome?”. Curate sempre prima lo spirito. Promettete agli infermi il Regno di Dio se sapranno credere in Me e, vista in essi la fede, comandate al morbo di andarsene, ed esso se ne andrà. E così fate per i malati dello spirito.

Accendete per prima cosa la fede. Comunicate con parola sicura la speranza. Io sopraggiungerò a mettere in essi la divina carità, così come a voi l’ho messa in cuore dopo che in Me avete creduto e nella misericordia avete sperato. E non abbiate paura né degli uomini né del demonio. Non vi faranno male. L’uniche cose di cui dovete temere sono la sensualità, la superbia, l’avarizia. Per esse potrete consegnarvi a Satana e agli uomini-satana, ché ci sono essi pure.

Andate dunque, precedendomi per le vie del Giordano. E giunti a Gerusalemme, andate a raggiungere i pastori nella valle di Betlemme e con essi venite a Me nel posto che sapete, e insieme celebreremo la festa santa, tornando poi più corroborati che mai al nostro ministero.
Andate in pace. Io vi benedico nel Nome santo del Signore».


Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

AVE MARIA PURISSIMA!