venerdì 5 luglio 2013

Parabola della melogranata


Le parabole di Gesù
(042)
Parabola della melogranata (484.6)

Guardate questo frutto. Voi ne conoscete il sapore oltre che la bellezza. Chiuso come è, già vi promette il succo dolce del suo interno.
Aperto, rallegra anche la vista con le sue file serrate di acini simili a tanti rubini chiusi in un forziere. Ma guai all'incauto che lo morde senza averlo privato delle separazioni amarissime poste fra famiglia e famiglia di acini. Si intossicherebbe le labbra e le viscere e respingerebbe il frutto dicendo: "E' veleno".



Ugualmente le separazioni e gli odi fra popolo e popolo, tribù e tribù, fanno "veleno" ciò che era stato creato per essere dolcezza. Sono inutili, non fanno, come in questo frutto che creare dei limiti che levano spazio e danno compressione e dolore.
Sono amari a chi li addenta, ossia a chi morde il vicino che non ama per dargli offesa e dolore, dànno un'amarezza che avvelena lo spirito. Sono incancellabili? No. La buona volontà le annulla così come anche la mano di un fanciullo leva queste pareti di amarezza nel dolce frutto che il Creatore fece per delizia dei suoi figli.



Santa Maria Goretti







 

 LA FOTO DI S. MARIA GORETTI

La lunga ricerca del padre passionista Fortunato Ciomei e di Ugo de Angelis ha portato a una grande scoperta: ecco l'unica immagine di santa Maria Goretti.



La straordinaria immagine di santa Maria Goretti, scattata nel 1902 pochi mesi prima della sua morte.
La straordinaria immagine di santa Maria Goretti, scattata nel 1902 pochi mesi prima della sua morte.
Quel volto nessuno finora lo avevamai visto. Com’era il viso di Maria Goretti, la piccola martire della purezza, proclamata santa da Pio XII nel 1950 e diventata simbolo del martirio di tante bambine e donne vittime di stupri finiti tragicamente?

     Il suo corpo riposa nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai padri Passionisti. Ma oggi, 109 anni dopo la morte, alla vigilia della sua festa, che la Chiesa celebra il 6 luglio, è spuntata una fotografia, unica, inedita, che dà volto a quella bambina, finita nel vortice di una storia di poveracci, coloni che faticavano in campagne grame e venivano considerati i più miserabili abitanti dell’Agro Pontino, terre di agricoltura estensiva, fondi rurali con case fatiscenti, contesti di violenza e delitti spesse volte tra le mura domestiche.
L'allora cardinale Ratzinger con l'architetto de Angelis.
L'allora cardinale Ratzinger con l'architetto de Angelis.

  Questa è la storia di un’ipotesi e di una ricerca accanita che da cinque anni un architetto cocciuto, storico e consulente della Congregazione per la dottrina della fede, insegue con ogni sua forza. Si chiama Ugo de Angelis e studia quelle campagne e quegli insediamenti di famiglie poverissime che verso la fine dell’800 coltivavano la terra a mezzadria. Ma è anche la storia di una vittoria per un anziano sacerdote passionista che ha dedicato tutta la vita allo studio dell’ambiente di santa Maria Goretti. Ha 102 anni, si chiama padre Fortunato Ciomei e molti anni fa aveva creduto di aver individuato il volto della santa in un’altra fotografia. Ma si sbagliava.

     Eppure fu lui a indirizzare de Angelis sulla pista giusta. Adesso che la ricerca è finita, e il viso di Maria Goretti emerge tra i grigi di un’immagine fermata sulla lastra, de Angelis sorride e racconta una partita a scacchi tra carte, planimetrie, analisi somatiche, incartamenti di processi giudiziari e canonici. Sono molti i personaggi in questa storia, tra i quali Joseph Ratzinger, che nel 2004, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, compie un viaggio sui luoghi della memoria del martirio di santa Maria Goretti, accompagnato proprio da Ugo de Angelis: «Gli parlai della foto che mancava, delle ipotesi di Ciomei, della possibilità che qualcuno quella foto l’avesse davvero».
L'ambulanza con cui Maria Goretti fu portata via dopo l'aggressione.
L'ambulanza con cui Maria Goretti fu portata via dopo l'aggressione.

     Ratzinger sale le scale di quella casa nelle Ferriere di Conca, antico possedimento pontificio, trasformato verso la fine dell’800 dai conti Gori Mazzoleni in una fabbrica di carta paglia, visita il luogo dove Alessandro Serenelli tentò di violentare e poi uccise Maria Goretti. Ricorda: «Fu un giorno di fatica e di doloreper tutti». Qualche settimana dopo de Angelis riceve una lettera di Ratzinger: «Ho potuto ricavare utili informazioni e notizie per me fino allora sconosciute. Che il Signore la ripaghi dei suoi sforzi».

     L’architetto raddoppia gli sforzi e l’anno dopo trova la foto. Rivela: «Fu padre Ciomei a indicarmi gli eredi dei conti Gori Mazzoleni. Io andai dalle figlie del conte che mi aprirono l’album di famiglia». E c’era quella foto: un gruppo di bambini sull’aia, una ragazzina un po’ più alta, una signora vestita di nero, l’altra di grigio. Ma la foto è un enigma che va svelato. Monsignor Alejandro Cifres, capo dell’archivio della Congregazione per la dottrina della fede, mette a disposizione i faldoni del processo canonico, che si rivelano una minieradi testimonianze.
Il coporo della Santa nel snatuario della Madonna delle Grazie.
Il coporo della Santa nel snatuario della Madonna delle Grazie.

     Ma per prima cosa bisogna collocare la foto. Quella di de Angelis èuna galoppata tra aerofotografie del tempo del Duce e diari di medici dell’Agro Pontino. Incrocia date, ricostruisce storie di famiglie, dà un nome agli altri volti con un pizzico di fortuna. E intraprende con il passionista centenario una fitta corrispondenza. Padre Ciomei gli rivela che il conte Gori Mazzoleni aveva comperato una macchina fotografica e amava immortalare scene di vita contadina. De Angelis confronta volti, cerca testimonianze. Negli incartamenti delle indagini dei Regi Carabinieri c’è molto: descrizioni accurate, interrogatori.

     Ora spiega:«Non è stato facile». Ma Ugo de Angelis non dice che senza la sua esperienza di studioso quella fotografia non avrebbe “parlato”. Maria Goretti quel giorno, che de Angelis data a pochi mesi dalla morte nell’inverno del 1902, era spensierata e felice. Fa notare de Angelis: «È più alta degli altri bambini perché sta in piedi su un secchio». L’autopsia dirà che era alta 1 metro e 38 centimetri. Aveva12 anni. Prima di morire perdonò il suo aggressore e alla mamma disse: «Voglio che venga un giorno con me in paradiso».

ESORTAZIONE DEL NOSTRO PADRE SAN FRANCESCO


VERBA BEATI PATRIS NOSTRI FRANCISCI
EXHORTATORIA AD FRATRES:


O dilectissimi fratres et in aeternum benedicti filii, 
audite me, audite vocem Patris vestri.
Magna promisimus: maiora promissa sunt nobis. 
Servemus haec: suspiremus ad illa.
Voluptas brevis: poena perpetua.
Mòdica passio: gloria infinita.
Multorum vocatio: paucorum electio. 
Omnium retributio.
Fratres, dum tempus habémus, operémur bonum.




ESORTAZIONE
DEL NOSTRO PADRE SAN FRANCESCO

Fratelli dilettissimi e figli in eterno benedetti:
ascoltatemi, ascoltate la voce del vostro Padre.
Grandi cose abbiamo promesso, 
cose maggiori ci sono state promesse. 
Osserviamo le une, aspiriamo alle altre. 
Il piacere è breve: la pena eterna. 
La sofferenza è poca: la gloria infinita. 
Molti sono i chiamati: pochi gli eletti. 
Tutti saremo giudicati
Fratelli, finché abbiamo tempo, operiamo il bene. 


Nos cum prole pia
Benedicat Virgo Maria

giovedì 4 luglio 2013

LA PROFEZIA DELL'ULTIMO PAPA, dimissioni Benedetto XVI, messaggi della Vergine e ultimi tempi




Benedetto Colui che viene nel Nome del Signore!

Un re potente


Le parabole di Gesù
(043)
Parabola della visita del re potente (489.4)


Un re potente, il cui regno era molto vasto, volle venire un giorno a visitare i suoi sudditi. Egli abitava in una reggia eccelsa dalla quale, per mezzo dei suoi servi e messaggeri, mandava i suoi ordini e i suoi benefici ai sudditi che perciò sapevano della sua esistenza, dell'amore che aveva per essi, dei suoi propositi, ma non lo conoscevano affatto di persona, non sapevano la sua voce e il suo linguaggio. In una parola sapevano che c'era ed era il loro Signore, ma nulla più.


E, come sovente avviene, per questo fatto molte delle sue leggi e delle sue provvidenze venivano svisate, o per mala volontà o per incapacità di comprenderle, tanto che gli interessi dei sudditi e i desideri del re, che li voleva felici, ne subivano danno. Egli era costretto a punirli talora e ne soffriva più di loro. E le punizioni non cagionavano miglioramento. Disse allora: "Io andrò. Parlerò direttamente a loro. Mi farò conoscere. Mi ameranno e mi seguiranno meglio e diverranno felici". E lasciò la sua eccelsa dimora per venire fra il suo popolo.


Molto stupore cagionò la sua venuta. Il popolo si commosse, si agitò, chi con giubilo, chi con terrore, chi con ira, chi con diffidenza, chi con odio. Il re, paziente, senza stancarsi mai, si pose ad avvicinare tanto chi l'amava come chi lo temeva, come chi lo odiava. Si pose a spiegare la sua legge, ad ascoltare i suoi sudditi, a beneficarli, a sopportarli. E molti finirono ad amarlo, a non sfuggirlo più perchè troppo grande: qualcuno, pochi, cessò anche di diffidare e di odiare. Erano i migliori. Ma molti rimasero ciò che erano non avendo buona volontà in loro. Ma il re, che era molto saggio, sopportò anche questo rifugiandosi nell'amore dei migliori per avere premio delle sue fatiche.


Però, che avvenne mai? Avvenne che anche fra i migliori non tutti lo compresero. Veniva da tanto lontano! Il suo linguaggio era così nuovo! Le sue volontà così diverse da quelle dei sudditi! E non fu capito da tutti.... Anzi alcuni gli dettero dolore, e col dolore gli procurarono nocumento, o almeno rischiarono di procurarglielo, per averlo mal capito. E quando compresero di avergli dato pena e danno, fuggirono desolati dal suo cospetto, nè più andarono a lui temendo la sua parola.

Ma il re aveva letto nei loro cuori e ogni giorno li chiamava col suo amore, pregava l'Eterno di concedergli di ritrovarli per dire loro: "Perchè mi temete? E' vero. La vostra incomprensione mi ha dato dolore, ma l'ho vista senza malizia, frutto soltanto di incapacità a comprendere il mio linguaggio tanto diverso dal vostro. Ciò che mi addolora è il vostro temermi. Ciò mi dice che non solo non mi avete capito come re, ma anche come amico. Perchè non venite? Tornate dunque. Ciò che la gioia di amarmi non vi aveva fatto comprendere, ve lo ha reso chiaro il dolore di avermi dato dolore. Oh! venite, venite, amici miei. Non aumentate le vostre ignoranze col starmi lontano, le vostre caligini col nascondervi, le vostre amarezze coll'interdirvi il mio amore. Vedete? Soffriamo tanto io che voi ad essere divisi. Più ancora io che voi. Venite dunque e datemi gioia."


AVE MARIA PURISSIMA!