domenica 17 marzo 2013

Benedizione e Santo Vangelo: suoi effetti.


O tempora o mores!

"Tutti dicevano [di sant'Arsenio di Cappadocia]: 'La sua preghiera può attraversare la pietra!'. Cristiani e mussulmani lo riconoscevano come un santo poiché leggeva delle preghiere ai loro malati e li guariva". Il santo benediceva tutti. Ma mentre i cristiani li benedicava con il vangelo, i mussulmani (che cristiani non sono) li benediceva senza di esso.

(Cfr. Padre Paissios, Sant'Arsenio di Cappadocia, Monastero san Giovanni il Teologo, Souroti, Grecia, p. 44).

"Poiché molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica e altri non sono credenti, di cuore dò questa benedizione in silenzio, a ciascuno di voi, rispettando la coscienza di ognuno, però sapendo che ognuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica".

Papa Francesco I

Il papa non ha fatto alcun segno di croce, né ha detto altro.

sabato 16 marzo 2013

Il suo Trono è stato rubato? Ma non il Suo Potere.

Il suo Trono è stato rubato

Ma non il Suo Potere.




Pulchra tota sine nota cujuscumque maculae,
Fac nos mundos et jucundos Te laudare sedule!


"Vi dirò qual è il segreto ... Come posso allora essere triste? ...



 Giovinezza di Alfonso Ratisbonne

Alfonso Ratisbonne nasce a Strasburgo il 1 maggio 1814 da una ricca famiglia di banchieri, penultimo di otto figli. Dopo aver perso all’età di quattro anni la madre, trascorre la fanciullezza in due istituti elitari della città. A 16 anni perde anche il padre. A prendere in sua tutela Alfonso è lo zio materno Luigi che, dopo il completamento degli studi universitari alla Sorbona di Parigi dove si laurea in Giurisprudenza, lo impiega nella sua banca e lo fa socio negli affari. In questo periodo Alfonso si fa notare per il suo ateismo e il disprezzo totale della religione cattolica di cui, in modo particolare, critica le forme “paganeggianti” della devozione popolare. Rompe ogni legame con il fratello Teodoro che, convertitosi al cattolicesimo, il 18 dicembre 1830 viene ordinato anche sacerdote. Nel 1840, a 27 anni, Alfonso s’innamora perdutamente di sua cugina Flora molto più giovane di lui. I genitori di lei si oppongono al matrimonio e Alfonso decide di intraprendere un lungo viaggio in Europa e in Medio Oriente. Salpa da Marsiglia il 9 dicembre 1841 per giungere a Napoli qualche settimana dopo. A causa di un’avaria, la nave non può continuare il suo viaggio verso Palermo e Alfonso, nell’attesa, decide di recarsi alcuni giorni a Roma.

Apparizione dell’Immacolata e conversione di Alfonso

Girovagando per le strade della capitale, incontra il barone Gustavo de Bussière, suo vecchio compagno di studi alla Sorbona che lo invita ripetutamente a casa sua. Gustavo era stato convertito al cattolicesimo proprio dal fratello di Alfonso ed era devotissimo della Vergine. Rischiando la violenta reazione di Alfonso, una sera gli offre una “Medaglia miracolosa” raffigurante la Vergine Immacolata così come si era rivelata nel 1830 nella cappella della Rue du bac a Parigi, a Caterina Labourè, professa delle suore della carità di S. Vincenzo. Alfonso prende la medaglia e, per non dispiacere l’amico, la mette al collo. Nella tarda mattinata del 21 gennaio Alfonso, ormai vicino alla partenza per Napoli, fa l’ultimo giro per le vie della capitale e incontra nuovamente il barone nei pressi di Piazza di Spagna. Gustavo ferma la sua carrozza davanti alla Basilica di S. Andrea delle Fratte, perché deve organizzare in quella chiesa il funerale di un diplomatico. Nell’attesa del ritorno dell’amico, Alfonso decide di entrare nella basilica per ammirarne le opere d’arte. Sono esattamente le 12,45. All’improvviso gli sembra che una luce misteriosa si concentri nella cappella di sinistra, dedicata a S. Michele. In mezzo a questa luce vede grande, maestosa e bellissima la Vergine Maria, qual è raffigurata nella Medaglia miracolosa. La Vergine, senza dire parola, gli fa segno di inginocchiarsi e Alfonso comprende, in un istante, l’errore dello stato in cui si trova e la bruttura del peccato e vede risplendergli tutta la bellezza, la ricchezza e la profondità della fede cristiana fino allora combattuta. Il desiderio di cambiare vita, di farsi cattolico lo invade profondamente. Finita l’apparizione Alfonso si fa accompagnare dal barone, stupito nel vederlo profondamente cambiato, nella Chiesa del Gesù, dove racconta l’apparizione e si confessa tra le lacrime. Dopo un intenso catecumenato, il 31 gennaio 1842, riceve il Battesimo e la Cresima, per mano del Cardinale Patrizi, vicario di Roma. 



Dopo l’apparizione
Il Vicariato dell’Urbe istituì il 17 febbraio dello stesso anno 1841 una commissione d’inchiesta e il 3 giugno 1842 papa Gregorio XVI riconobbe come straordinaria e miracolosa la conversione di Alfonso.Ritornato a Parigi, Alfonso si incontra con il fratello Teodoro ripacificandosi con lui e decide di farsi gesuita. Il 20 giugno 1842 entra in noviziato a Tolosa e il 24 settembre 1848 viene ordinato sacerdote. Con il passare del tempo Alfonso capì che la sua missione era quella di servire i suoi fratelli ebrei. Lasciato l’ordine dei gesuiti con l’autorizzazione di Papa Pio IX, si reca in Terra Santa dove fonda il ramo maschile della Congregazione di Nostra Signora di Sion insieme al Fratello che da tempo aveva già fondato quello femminile. Si dedica all’assistenza agli orfani fondando diverse case di accoglienza. Dopo un breve viaggio a Roma nel 1878, ritorna definitivamente in Terra Santa, dove muore il 6 maggio del 1884, pronunciando i nomi di Gesù e Maria, cirocndato dagli orfani a cui aveva dedicato la sua vita. Aveva 70 anni e ne erano trascorsi 42 dall’apparizione che aveva cambiato la sua vita. Le sue spoglie furono deposte in un’umile tomba nel giardino della Casa di Ain-Karim in San Giovanni in Montana, all’ombra di una statua della Vergine Immacolata.

Spiritualità mariana di Alfonso Ratisbonne

L’esperienza dell’apparizione legò in maniera indelebile Alfonso Ratisbonne a Maria. Maria era per lui causa di gioia perenne. Ad una suora che gli chiedeva come facesse ad essere sempre sereno e allegro anche in circostanze dolorose, P. Alfonso rispose: “Vi dirò qual è il segreto di tutto questo: dico tutto alla Santa Vergine, le confido tutto quello che mi può tormentare, addolorare e inquietare e poi la lascio fare. Come posso allora essere triste? Sapendo che così tutto andrà secondo la volontà divina e per il meglio, me ne rallegro in anticipo”. 

Alfonso ha in Maria una confidenza illimitata che, come lui stesso dirà, rasenta quasi la temerità. La sua è una fiducia straordinaria, continua, inesauribile, che non proviene da un’esaltazione del cuore o da uno sforzo della volontà, ma da un’esperienza vissuta e sempre presente, da un’evidenza che si impone da se stessa e che è motivo di gioia. Alfonso vede la sua vita come un costante Magnificat e un perenne Stabat Mater. Esalta e ringrazia Maria con illimitata riconoscenza e con altrettanta disponibilità si pone accanto alla Croce con Lei, fidandosi soltanto del suo materno amore e della sua sicura protezione. Ha la consapevolezza che senza Maria non sarebbe quello che è. Non è stata forse l’Immacolata ad avergli ottenuto il favore di Dio, gratuitamente, ad averlo illuminato nel suo cammino di fede? A chi si recava a Roma o gli scriveva dalla Città eterna diceva: “Ringraziate per me la Vergine Immacolata perché io non riuscirò mai a ringraziarla abbastanza”. Alfonso vive sempre sotto lo sguardo di Maria. Ne ha il cuore così pieno che gli è impossibile esprimere ciò che per lui è incomunicabile: l’intimità con sua Madre. L’aveva vista bella e piena di luce e di quella luce si sentiva sempre inondato. Maria è sempre presente nel suo cuore ed egli è anche impaziente di raggiungerla nel cielo. Diceva ad un amico di non sapere come mai, sebbene peccatore, non avesse paura della morte, anzi di desiderarla e di voler morire recitando il Memorare di S. Bernardo, sicuro di poter ritornare ad ammirare lo splendore della sua Madre dolcissima. Poco prima di morire diceva ai suoi: “ quando starò per morire non ditemi altro che: Maria! La pace scenderà allora nel mio cuore!”. Sentiva di essere chiamato dalla Vergine, di aver bisogno di Lei. “Desidero solo Maria! - diceva – Maria è per me tutto! Maria! Qui c’è tutto!”. Maria! Questo nome esprime tutta la sua vita, l’unico nome che riceve nel battesimo e il solo che sarà anche inciso sulla lapide della sua tomba. Maria fu il suo grande amore ed è il suo nome di ringraziamento a Dio per tutta l’eternità.

Conclusione
La vita di Alfonso Ratisbonne è tutto un canto a Maria che ha le note di una polifonia:
- è un canto di ringraziamento a Colei che, senza suo merito, si era degnata apparirgli;
- è un canto di dedizione a Colei che, mostrandosi amorevole, lo ha incitato ad essere padre di una sterminata schiera di orfani. Nell’amore di Maria egli ha trovato il segreto del suo amore per i fratelli e per i deboli, fatto di opere concrete e di servizio;
- è un canto di appartenenza spirituale a Colei che è la madre dei santi. Richiamandolo alla luce della fede da una vita senza significato, Maria ha delineato e segnato il suo cammino spirituale e Alfonso, seguendolo, è divenuto un autentico testimone di santità;
- è un canto di fiducia illimitata in Colei che non abbandona e che maternamente segue i suoi figli. Con Lei vicina, mano con mano, Alfonso ha trascorso la sua vita, mai staccando il suo sguardo da Lei, mai dimenticando di essere oggetto della sua materna sollecitudine.
Ancora oggi la vita di Alfonso Ratisbonne è un modello di spiritualità mariana, di quella spiritualità che vede nella Vergine la via autentica che conduce a Dio. Alfonso ha riposato sul cuore di Maria e si è ritrovato immerso nell’amore di Dio.

Dal libro di S. M. Carmelle, Alfonso Ratisbonne da Roma a Gerusalemme, Figlie di Sion, Roma 1991.





Regína cæli, lætáre, allelúia,
Quia quem meruísti portáre, allelúia,
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia.
AVE MARIA VIRGO POTENS!


Sancte Michael Archangele ...

NUNC et semper

Sancte Michael Archangele, 

defende nos in proelio





"Sancte Michael Archangele, defende nos in praelio: 
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. 
Imperet illi Deus,supplices deprecamur. 
Tuque, Princeps militiae caelestis, 
 Satanam aliosque spiritus malignos, 
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, 
divina virtute in infernum detrude. Amen."


Che tradotto significa:

San Michele Arcangelo,
difendici nella lotta;
sii nostro aiuto 
contro la cattiveria e le insidie del demonio.
Gli comandi Iddio,
supplichevoli ti preghiamo:
tu, che sei il Principe della milizia celeste,
con la forza divina 
rinchiudi nell'inferno Satana
e gli altri spiriti maligni
che girano il mondo
per portare le anime alla dannazione.
L'arcangelo Michele schiaccia Satana, Guido Reni, 1636



AMDG et BVM

V DOMINGO DE CUARESMA - C - 17-3-2013: San Juan 8, 1-11.



"INDICO A LOS CULPABLES EL CAMINO 
QUE TIENE QUE SEGUIR PARA 
REDIMIRSE"






Dice Jesús:

LO QUE MÁS ME DOLÍA ERA LA FALTA DE CARIDAD 
Y SINCERIDAD EN LOS ACUSADORES

"Lo que más me dolía era la falta de caridad y sinceridad en los acusadores. No mentían al acusarla. La mujer era realmente culpable, pero eran insinceros al hacer escándalo de una cosa que ellos miles de veces habían cometido y que sólo debido a su astucia o a su buena estrella había quedado oculta. Era la primera vez que pecaba, y había sido menos astuta y menos afortunada. Pero ninguno de sus acusadores y acusadoras -porque también las mujeres auque no levantaban su voz, la acusaban en el fondo del corazón- estaban exentos de culpa.

ADÚLTERO ES EL QUE LLEGA AL ACTO Y QUIEN APETECE EL ACTO 
Y LO DESEA CON TODAS SUS FUERZAS

Adúltero es el que llega al acto y quien apetece el acto y lo desea con todas sus fuerzas. La lujuria existe tanto en el que peca como en el que desea pecar. No basta no hacer el mal, es menester no desear hacerlo.
Acuérdate, María, de las primeras palabras de tu Maestro cuando te llamó del borde del precipicio donde estabas: "no basta no hacer el mal, es menester no desear hacerlo".

QUIEN SE COMPLACE EN PENSAMIENTOS SENSUALES Y ENCIENDE 
CON LECTURAS Y ESPECTÁCULOS APROPIADOS Y CON COSTUMBRE
 MALSANAS, SENSACIONES DE SENSUALIDAD, ES TAN IMPURO 
COMO EL QUE PECA MATERIALMENTE

Quien se complace en pensamientos sensuales y enciende con lecturas y espectáculos apropiados y con costumbre malsanas, sensaciones de sensualidad, es tan impuro como el que peca materialmente. Me atrevo a decir:es mucho más culpable, porque con el pensamiento va contra la naturaleza, además de que va contra la moralidad. No me refiero a actos reales que son contra la naturalezaLo único atenuante de éstos es que estén enfermos orgánica y síquicamente. Quien no tiene semejante excusa es muy inferior a la bestia más repugnante. Para condenar con justicia, es menester estar inmunes de culpa.
Os remito a dictados anteriores, cuando hablé de las condiciones esenciales para ser juez.
No me eran desconocidos los corazones de aquellos fariseos y escribas, ni los de que se unían en atacar a la culpable. Eran pecadores contra Dios y contra el prójimo. En ellos habían culpas contra el culto, contra sus padres, contra el prójimo, culpas, y muy numerosas, contra sus mujeres. Si por un milagro hubiese dicho a su sangre que escribiese sobre su frente su pecado, entre las muchas acusaciones hubiera prevalecido la de"adúlteros" de hecho o de deseo. He dicho: "Lo que sale del corazón del hombre es lo que contamina al hombre". Y fuera de mi corazón, no había ninguno de los jueces que hubiese tenido su corazón puro.

"QUE CUANTO ALGUIEN ES MÁS BUENO, TANTO MÁS ES COMPASIVO
 PARA CON LOS CULPABLES"

Sin sinceridad y sin caridad. Ni siquiera el ser semejantes a ella por la concupiscencia que los consumía, los llevaba a tener caridad. Yo era el que tenía caridad por aquella mujer humillada. Yo, el Único que debía haber tenido asco. Pero acordaos de esto: "Que cuanto alguien es más bueno, tanto más es compasivo para con los culpables".
Porque muchas veces la culpa se comete, sobre todo en el sexo débil, por esta búsqueda de consueloPor esto afirmo que quien carece de cariño para con su mujer, y aun para su hija propia, es noventa por ciento responsable de la culpa de su mujer o de sus hijas y de esas culpas responderá. Tanto el afecto necio, que es sólo una esclavitud estúpida de un hombre para con una mujer, de un padre para con una hija, cuanto una falta de afecto o, peor, una culpa de propia libido que lleva un marido a otros amores y los padres a otras preocupaciones que no sean los hijos, son incentivo para el adulterio y prostitución y como tales los condeno.Sois seres dotados de razón y os guía una ley divina y una ley moral. Envilecerse hasta llevar una conducta de salvajes o de animales debería horrorizar a vuestra gran soberbia. Pero de ésta, que en tales casos sería hasta útil,os servís para otras cosas muy diversas. 
Miré a Pedro y a Juan de modo diverso, porque al primero quise darle a entender: "Pedro, tampoco faltes tú a la caridad y sinceridad", y darle a entender como a mi futuro Pontífice: "Recuerda esta hora y juzga como tu Maestro en el porvenir"entre tanto que al segundo: joven en años, corazón de niño, le quise decir: "Tú puedes juzgar y no lo haces porque tienes mi mismos sentimientos. Gracias porque eres muy semejante a Mí". Quise que ambos se retirasen, antes de que me dirigiera a la mujer para no aumentar su pena con la presencia de dos testigos.
Aprended, ¡oh hombres inmisericordes! Por más que alguien sea culpable, hay que tratarlo con respeto y caridad. No gozarse con su envilecimiento, ni encarnizarse en él, ni siquiera con miradas curiosas. ¡Piedad, piedad para el caído!

SEÑALO A LA CULPABLE EL CAMINO QUE TIENE QUE SEGUIR 
PARA REDIMIRSE.

Señalo a la culpable el camino que tiene que seguir para redimirse. Volver a su hogar, pedir humildemente perdón y obtenerlo con una vida honesta. No ceder más a las tentaciones de la carne. No abusar de la Bondad divina y de la bondad humana para no purgar dos o más veces la culpa. Dios perdona y perdona porque es la Bondad, pero el hombre, por más que yo haya dicho: "Perdona a tu hermano setenta veces", no sabe perdonar dos.

NO LE DI LA PAZ NI LA BENDICIÓN PORQUE NO EXISTÍA EN ELLA
 TODAVÍA LA COMPLETA SEPARACIÓN DEL PECADO 
QUE ES NECESARIA PARA OBTENER EL PERDÓN

No le di la paz ni la bendición porque no existía en ella todavía la completa separación del pecado que es necesaria para obtener el perdón. Todavía no existía en su carne, y ni siquiera en su corazón la náusea por el pecado. María de Mágdala, al haber saboreado mis palabras, había experimentado disgusto por el pecado y se había acercado a Mí con una voluntad total de ser otra. En aquella otra había un fluctuar de voces de la carne y del espíritu. Ni ella misma, en medio de la turbación de la hora, había logrado poner el hacha en la raíz de su carne y cortarla para verse así libre y poder entrar en el Reino de Dios. Libre de lo que le servía de ruina, pero enriquecida con lo que era la salvación.

¿QUIERES SABER SI SE SALVÓ? NO FUI PARA TODOS SALVADOR. 
QUISE SERLO PARA CON TODOS, PERO NO LO FUI PORQUE NO TODOS
 TUVIERON LA VOLUNTAD DE QUE SE LES SALVASE

¿Quieres saber si se salvó? No fui para todos Salvador. Quise serlo para con todos, pero no lo fui porque no todos tuvieron la voluntad de que se les salvase. Y esto fue uno de los dardos más dolorosos en mi agonía de Getsemaní.
Quédate en paz, María de María, y no quieras volver a faltar más ni siquiera en las bagatelas. Bajo el manto de María no hay más que cosas puras. Recuérdalo.
Un día María mi Madre te dijo: "Yo ruego con lágrimas a mi Hijo". Y en otra ocasión: "Dejo a mi Jesús el cuidado de que me amen... Cuando me amáis vengo. Y mi llegada siempre es alegría y salvación."
Mi Madre te ama. Te he entregado a ella. Más bien te llevé conmigo, porque sé que donde puedo obtener lo que quiero con mi autoridad, ella os guía con sus caricias amorosas y os lleva mejor que YoSu tocar es un sello delante del que huye Satanás. Tienes ahora su hábito y si eres fiel a las oraciones de ambas Ordenes medita diariamente toda la vida de nuestra Madre. Sus alegrías y sus dolores. Esto es mis alegrías y mis dolores. Porque desde el momento en que el Verbo se hizo Jesús con ella y por los mismos motivos me he alegrado y llorado.

MIRA, PUES, QUE AMAR A MARÍA ES AMAR A JESÚS. 
ES AMARLO MÁS FÁCILMENTE.

AUN EN LA MUERTE EL SENO DE MARÍA ES MÁS DULCE QUE LA CUNA.
 QUIEN EXPIRA EN ELLA NO OYE MÁS QUE LAS VOCES DE LOS COROS
 ANGELICALES QUE VUELAN ALREDEDOR DE MARÍA.

Mira, pues, que amar a María es amar a Jesús. Es amarlo más fácilmente. Porque te hago que lleves la cruz y sobre ella te pongo. Por el contrario Mi Madre te lleva o está a los pies de la cruz para recibirte sobre el corazón que no sabe otra cosa más que amar. Aun en la muerte el seno de María es más dulce que la cuna. Quien expira en ella no oye más que las voces de los coros angelicales que vuelan alrededor de María. No ve tinieblas sino los rayos de la Estrella matutina. No ve lágrimas, sino su sonrisa. No conoce el miedo. ¿Quién se atreverá a arrebatar de nosotros, de los brazos de María al moribundo que amamos, que es nuestro?
No me des "gracias" a Mí. Dáselas a ella que no ha querido acordarse de otra cosa fuera del poco bien que has hecho y del amor que tienes por Mí y por este te quiere, para poner bajo sus pies lo que tu buena voluntad no lograba hacerlo. Grita: "¡Viva María!" Y quédate a sus pies, a los pies de la Cruz. Te adornarás tu vestido con rubíes de mi Sangre y de perlas de su llanto. Tendrás un vestido de reina para entrar en mi Reino.
Quédate en paz. Te bendigo."
IX. 408-411
A. M. D. G.

Ultima in mortis hora
Filium pro nobis ora,
Bonam mortem impetra,
Virgo, Mater, Domina!