martedì 29 maggio 2012

Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi



13.05.12

Eletti, amici cari, sperate in Me e non abbiate paura. Chi spera in Me mai viene e deluso la sua speranza non è vana.

Sposa cara, voglio che ogni uomo della terra capisca che deve deporre in Me, Gesù, la sua speranza per non essere mai deluso.
Mi dici: “Dolce Amore, questo Tu vuoi; ma perché questo accada, Tu, Gesù, devi essere conosciuto da tutti. Vi sono popoli che ancora poco Ti conoscono e chi poco conosce poco ama. Santissimo Signore, faTTi conoscere sempre di più dal mondo in modo che tutti possano amarTi, lodarTi, benedirTi, adorarTi, come meriti che sia.
Sposa amata, il Mio Nome è conosciuto dovunque. Chi non lo conosce? Il Mio Vicario in terra parla al mondo. Chi non lo conosce? Egli parla il Mio Linguaggio ed insegna ai popoli ed alle nazioni. Mi dici che sono ancora molti coloro che poco Mi conoscono. Così è, infatti, non perché Io non abbia voluto farMi conoscere, ma perché gli uomini per non credere a Me, Gesù, si sono inventati nuove filosofie, opera della fantasia malata. Piccola Mia, il mondo mai Mi ha amato ed ora ancora meno del solito. Chi segue i Miei Comandamenti è felice, perché Io, Io, Dio, voglio solo ciò che è bene per l’uomo. Per essere certo che egli non li dimenticasse li ho scritti nel cuore di ogni uomo: tutti hanno, scritte, le stesse Leggi. Tutti, piccola Mia, devono solo seguirle per essere felici!
Mi dici: “Dolce Amore, molti non le seguono, perché vogliono realizzarsi da sé: sono superbi e non obbediscono. Molti non le seguono, perché le ritengono onerose. Anche costoro sono superbi e non capiscono che Tu, Dio, sei il Legislatore amoroso, Che vuoi solo ciò che è bene per l’uomo. Essi non capiscono che per Amore hai creato, solo per Amore e che l’uomo non aggiunge nulla alla Tua Grandezza che è infinita. Chi è docile ed obbediente ed ama le Tue Leggi è un saggio che ama se stesso ed il prossimo.”
Sposa cara, bene hai parlato: chi ama le Mie Leggi e le pratica con gioia è un saggio che ama sé stesso, ama il prossimo, ama la Creazione. Rifletti bene sulle conseguenze della disobbedienza alle Mie Leggi, sul peccato: esso costituisce la grande rovina dell’uomo! Chi pecca, gravemente, nuoce a stesso, nuoce al prossimo, nuoce all’intera Creazione.
Mi dici: “Dolce Amore, se gli uomini giungessero a capire questo si sforzerebbero di non peccare molto né poco; non peccherebbero affatto! Dolce Gesù, Tu parli con Amore, Tu insegni con Amore, Tu guidi con Amore, ma sei poco ascoltato! Anche questo è il tempo della disobbedienza, come fu quello di Sodoma e Gomorra: gli uomini, storditi dalla loro superbia, stancano la Tua Pazienza! Dolce Amore, scorra a fiumi la Tua Misericordia e resti ancora sospesa la Perfetta Giustizia!
Sposa amata, continuo ad elargire la Mia Misericordia che scorre a fiumi per le vie del mondo; ma pochi l’accolgono! Ad essa seguirà certo la Perfetta Giustizia! Sposa amata, resta, felice, nella Reggia del Mio Cuore e godi le Delizie del Mio Amore Fedele ed eterno. Ti amo.
Vi amo.
Gesù


Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

13.05.12

La Mamma parla agli eletti

Figli cari e tanto amati, molto vi ho detto in questi anni. Capite che ora è tempo di mettere in pratica le Mie Parole e viverle giorno dopo giorno. Desidero che vi sforziate di spezzare le catene che legano al peccato grave; desidero che seguiate i Comandamenti di Dio con maggiore docilità.
Figli amati, voi dite: “Questo lo seguo, perché è più facile, questo no, perché è più difficile farlo”.
Piccoli cari, chi ama Gesù non vuole offenderLo neppure minimamente. Fate questa riflessione: se amate molto una persona, forse che volete farle offesa, sebbene piccola? Voi rispondete: “No, certo; anzi, vogliamo che abbia gioia da noi, solo e sempre gioia”. Questo voi rispondete. Ora pensate: ogni peccato, anche se piccolo, offende Gesù, Che voi amate con tutto il cuore. Ecco ciò che vi dice la Madre del Cielo: non peccate molto né poco, non peccate affatto, perché il peccato è offesa a Dio!
Mi dice la figlia amata: “Madre cara, Tu mai hai peccato, mai! Dolce Tesoro, aiutaci ad essere come Te, sempre, a non peccare mai, ma a dare gioia a Gesù con le parole, con le scelte, con i propositi.”
Piccoli Miei, sono qui per guidarvi nel cammino; sono qui per condurvi per mano verso i pascoli verdi della felicità. SeguiteMi, piccoli Miei! Insieme, uniamo i cuori per l’adorazione profonda a Gesù. Vi amo.
Ti amo, piccola Mia.
Maria Santissima

LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

lunedì 28 maggio 2012

Importancia del Catecismo para los niños. "EL niño, por su pureza e inocencia y, si está bautizado, por la Gracia que tiene, mejor que nadie, que aun el sabio y el teólogo, ve y gusta a Jesús plenum gratiae et veritatis, lleno de gracia y de verdad."



Aquí transcribo unas palabras del fallecido Obispo Manuel González, que nos hablan de la importancia del Catecismo para los niños:
"En estas horas de angustias ante la persecución del alma de los niños y de ansias porque conozcan y amen a Jesús, yo quisiera que por los Catequistas, Maestros y educadores cristianos y de modo singular por los padres y madres de familia se leyeran muy despacio y se meditaran estas líneas en las que he tratado de condensar lo que sobre este tema me ha enseñado mi experiencia de Catequista y de director de almas.

Jesús, que en el Evangelio es el Autor y el Maestro Soberano de palabra y de obra del Catecismo, en la Eucaristía además es el Modelo perfecto y la Fuerza para cumplirlo.
La misión educadora de los padres y maestros cristianos se reduce en realidad a poner a sus niños tan cerca de Jesús, que aprendan de Él, en el Evangelio y en el Sagrario, todo el Catecismo, no ya de memoria, sino de entendimiento, voluntad e imitación.

¡Ah! y que se hable en todas las formas a los niños de Jesús, que, con que sólo lo vean en una estampa o imagen, o en el Sagrario, ya sepan lo que les dice. Que los niños sepan a Jesús vivo: eso es todo.
El educador que consiga que sus niños desde que casi nacen, no sólo conozcan, sino que traten y quieran (según su modo), y se sepan a Jesús, serán los de verdad educadores y formadores cristianos, de vida, carácter y conciencia de cristianos.
Quizás tenga tan poco arraigo la instrucción que se da del Catecismo, aún por los buenos maestros porque se da más letra que espíritu, más lecciones de memoria que ejemplos vivos, más libro de Jesús que Jesús de libro.

Jesús debe tener tal atractivo y tan gran influencia sobre los niños, y deben sentir éstos tal inclinación hacia Él que en su Evangelio no manda jamás que vayan los niños a Él, ni que se los llevemos, sino que los dejemos ir, no los impidamos ir a Él.
Forma esto contraste con su conducta con la gente mayor, los cargados, los pecadores, los candidatos para apóstoles, etc., a los que manda: "Venite... veni... sequere me."

Sin duda el niño por su pureza e inocencia y, si está bautizado, por la Gracia que tiene, pone tan pocos obstáculos a  unirse con Jesús, que no hace falta mandato, sino que basta que no les impidan ir a ver, oír y tratar a Jesús, es decir, que, con que se vean, se ponen en inteligencia y en relación de cariño el Jesús del Evangelio y de la Eucaristía y el Jesús chiquito de la Gracia habitual del alma del niño. Éste, mejor que nadie, que aun el sabio y el teólogo, ve y gusta a Jesús plenum gratiae et veritatis, lleno de gracia y de verdad."


LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!


Il suo nome è Gesù. In verità o Cesare, ogni giorno si sentono cose prodigiose di questo Cristo, che risuscita i morti e guarisce ogni infermità e fa stupire tutta Gerusalemme con la sua dottrina straordinaria. Egli è di aspetto maestoso, con una splendente fisionomia piena di soavità talchè coloro i quali lo vedono, lo amano e lo temono a un tempo.



Iconografia


Il mistero della più antica immagine di Cristo 

di Fausto Riva

La storia dell'arte ci tramanda un Cristo con i capelli lunghi e la barba. Vi siete mai chiesti come il suo volto abbia acquisito tali sembianze ?
I Vangeli canonici non tramandano alcuna descrizione del suo aspetto e la cultura sostanzialmente aniconica degli ebrei ha impedito la registrazione e la trasmissione “in diretta” della sua immagine. Formatesi le prime comunità di credenti prima ad Antiochia e poi a Roma, l'arte paleocristiana si avvale prevalentemente di simboli e le prime immagini del Cristo ci mostrano spesso un giovane imberbe con le sembianze di un dio pagano, ricavate dall'arte romana. Si ritiene che solo dopo l'editto di Costantino (313), il Cristo giovane delle catacombe diventi il Cristo adulto e barbuto e che ciò avvenga per influsso dell'arte siriaca.
Che dire poi delle due più celebri immagini del Cristo: il Mandylion e la Sindone.
Il Mandylion rappresenta volto del Cristo al centro di una tela. Circa la sua origine, si narra che il re di Edessa fosse malato e abbia richiesto la presenza del Cristo presso di lui. Cristo, non potendosi recare a guarirlo, gli avrebbe mandato una sua immagine impressa su un telo. Al Mandylion si collega la vicenda del velo della Veronica (frequentemente rappresentato in area nordica durante il Rinascimento), telo con il quale la Veronica (figura di donna, forse guarita da Gesù, che non compare nei vangeli canonici) avrebbe deterso il volto di Cristo durante l'ascesa al Calvario. Si hanno notizie di telo, subito denominato Mandylion, con impressa l'immagine di Cristo, ritrovato nella chiesa di Santa Sofia a Edessa (oggi Urfa) in Turchia nel 525 (secondo alcuni nient'altro che il lenzuolo della Sindone ripiegato in più parti). Dell'originale non vi è più traccia e la maggior parte delle icone rappresentanti il Mandylon è comunque posteriore all'VIII secolo quando, condannata definitivamente l'iconoclastia dal Concilio di Nicea (787), si costituisce un canone in base al quale le immagini sacre (icone) si devono attenere solo a determinati modelli (FIG. 1).
Le prime notizie della Sindone conservata a Torino, quale ne sia il grado di autenticità, risalgono al 348 quando viene citata in un'omelia di Cirillo, vescovo di Gerusalemme, che la dice ospitata nella locale basilica costantiniana del Santo Sepolcro (FIG. 2)
Parrebbe quindi che, prima del IV secolo, l'immagine del Cristo come noi la conosciamo non fosse per nulla diffusa.
In un archivio privato abbiamo trovato - e qui pubblichiamo – un singolare documento: un'immagine a stampa, incollata su cartoncino, databile al 1920 circa (FIG. 3). Come recita una didascalia in calce, si tratta del “vero ritratto di Gesù riprodotto da quello fatto incidere dall'imperatore Tiberio su smeraldo, già proprietà del tesoro imperiale di Costantinopoli, caduto in mano ai turchi nel 1453 e dal sultano Bajazet II donato a papa Innocenzo VIII insieme con la santa lancia che ferì il costato del Signore, in riscatto del proprio fratello fatto prigioniero dalle armi cristiane a Rodi”.
Per la cronaca, Innocenzo VIII, genovese, è stato il 213mo papa dal 1484-1492.
Immagini del genere dovevano essere popolari alla fine dell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Una di queste è citata in una novella di Pirandello, intitolata “Il no di Anna” (1895), appesa al capezzale della protagonista. Anche questa reca una scritta che ci fornisce un nuovo elemento: la presunta data in cui fu inciso lo smeraldo, ovvero il 30 d.C. (Vero ritratto preso dallo smeraldo inciso per ordine di Tiberio Imperatore di Roma, nel trentesimo anno dell'era cristiana. Questa gemma, di cui l'inestimabile valore non supera il merito artistico, dopo varie vicende, fu posseduta dal tesoro turco, e da quell'Imperatore donata al Pontefice Innocenzo VIII per la redenzione d'un fratello dell'Imperatore fatto schiavo dai cristiani).
La particolarità del nostro documento consiste nel fatto di mettere in relazione lo smeraldo con una lettera. La didascalia, infatti, prosegue:“A questo dolcissimo ritratto iconografico fa riscontro quello letterario della celebre lettera di P. Lentulo, proconsole della Giudea, allo stesso imperatore Tiberio”. La lettera di cui si parla, presumibilmente una traduzione dal latino, compare a stampa sul retro del documento stesso. Cristo viene descritto con il “viso roseo, con la barba divisa nel mezzo” e viene detto “di una bellezza incomparabile, e che nessuno può fissarlo a lungo per lo splendore nei lineamenti, negli occhi cerulei, nei cappelli biondoscuri” (Il testo completo è riportato in Appendice).
I personaggi citati sono storici. Tra quelli più antichi, Tiberio (Roma 42 a.C. – Capo Miseno 37 d.C.) è l'imperatore romano sotto il quale si svolge la vicenda umana di Gesù.
Publio Lentulo era governatore della Giudea, il predecessore di Ponzio Pilato.
Sappiamo che la lettera, della quale sono note diverse traduzioni, esiste, secondo alcune fonti conservata presso l'Archivio Vaticano, secondo altre presso privati sempre a Roma.
Può apparire difficile credere che la descrizione di Cristo che Lentulo fornisce sia stata sufficiente a farlo ritrarre sullo smeraldo in modo così verosimile. Possiamo allora citare una leggenda, che si ricollega a quanto detto sopra a proposito del Mandyllon, secondo la quale la stessa Veronica, venuta a Roma, avrebbe guarito proprio l'imperatore Tiberio mettendolo a contatto con la preziosa reliquia. L'ipotesi che l'immagine di Cristo sia stata trasferita su uno smeraldo già nel I secolo è quindi plausibile, ma del gioiello che potrebbe fornire la testimonianza della più antica immagine del Cristo che si conosca non si hanno notizie.
Ad esso è stata dedicata una sezione della mostra “Il volto di Cristo”, tenutasi nel Palazzo delle Esposizioni a Roma (dicembre 2000-gennaio 2001). Sappiamo inoltre che il volto di Cristo compare su una serie di medaglie coniate tra la fine del Quattrocento e il secolo successivo e che sul verso di una delle tante varianti compare un testo che riporta proprio la leggenda dello smeraldo donato da Bajazet II a papa Innocenzo VIII. Può darsi che lo smeraldo esistesse nei tesori vaticani, o altrove, all'epoca in cui le medaglie furono coniate. Era, infatti, prassi frequente riprodurre in bronzo (in placchette o medaglie) i tesori della glittica antica.
Appendice. Lettera di Publio Lentulo

“A Tiberio Cesare, Salute. - Eccoti la risposta che desideri. E' apparso da queste parti un uomo dotato di eccezionale potenza, e lo chiamano il grande Profeta. I suoi discepoli lo appellano Figlio di Dio. Il suo nome è Gesù. In verità o Cesare, ogni giorno si sentono cose prodigiose di questo Cristo, che risuscita i morti e guarisce ogni infermità e fa stupire tutta Gerusalemme con la sua dottrina straordinaria. Egli è di aspetto maestoso, con una splendente fisionomia piena di soavità talchè coloro i quali lo vedono, lo amano e lo temono a un tempo. Dicono che il suo viso roseo, con la barba divisa nel mezzo, è di una bellezza incomparabile, e che nessuno può fissarlo a lungo per lo splendore nei lineamenti, negli occhi cerulei, nei cappelli biondoscuri. Egli è simile alla madre, che è la più bella mesta figura, che siasi mai vista da queste parti. Nei suoi detti recisi, gravi, inoppugnabili è l'espressione più pura della virtù e di una sapienza che supera di gran lunga quella dei più grandi genii. Nel riprendere e rampognare è formidabile; nell'insegnare ed esortare è mite, amabile, affascinante. Cammina scalzo a capo scoperto, e in vederlo a certa distanza, molti ridono, ma in sua presenza tremano e stupiscono. Nessuno lo vide mai ridere, ma molti lo videro piangere. Tutti coloro che l'hanno praticato dicono di averne avuto benefici e sanità. Però io sono molestato da maligni che dicono Egli sia a danno della Tua Maestà perchè afferma pubblicamente che re e sudditi sono uguali avanti a Dio. Comandami in proposito e sarai prontamente obbidito. - Vale”.
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AMDG et BVM
"Jesu, tibi sit gloria
Qui natus es de Virgine,
Cum Patre, et almo Spiritu
In sempiterna sæcula. Amen".

"Caterina, dove sei adesso?"



Nella vita del missionario San Francesco de Geronimo (+ 1716), una delle più potenti personalità del suo secolo, si nota il fatto seguente. 

Una pubblica peccatrice, detta Caterina, si era spesso burlata delle prediche del santo a Napoli, dove egli esercitava il suo ministero, facendosi gioco delle sue minacce di castighi, cosi come della credenza dell’inferno.

Un giorno ella era affacciata alla sua finestra, con in mano il suo liuto. Perso 1’equilibrio, andò a schiantarsi nella strada, uccisa sul colpo. Fu raccolto il cadavere e messo su una barella. Come in un lampo si sparse per tutta la città la notizia dell’incidente. Essa giunse alle orecchie del Santo, che stava appunto predicando. Subito egli si fermo e disse a quelli che lo circondavano: "Andiamo a vedere!". Attorniato da una grande folla di gente, si recò nel posto dove la morta giaceva sulla barella, la prese per mano e incomincio a pregare e a scongiurarla. Al terzo scongiuro, mentre le chiedeva: "Caterina, dove sei adesso?", la morta si rialzò e rispose con voce fremente di disperazione: "Nell’inferno!". Poi si accasciò e riprese la sua primitiva posizione. Questo accadde il 4 aprile 1704.

Dopo la morte del Santo, 1’arcivescovo di Napoli chiese ai superstiti testimoni oculari e auricolari di testimoniare sotto giuramento. Erano circa 250. Questa inchiesta figura nel dossier della beatificazione.

Reflexión mariana
Protegat me, Domina, gratia tua semper: *et præsentia tua illustret finem meum.


"NON HO PAURA! SE DIO TE LO PERMETTE, AGISCI PURE"


INTERVISTA CON MELID

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Catecismo para niños
"Tu cum Filio tuo: * sedes ad dexteram Patris.
Tu ipsum pro nobis roga, Virgo Maria: * quem nos ad judicandum credimus esse venturum.
Te ergo poscimus, nobis tuis famulis subveni: * qui pretioso sanguine Filii tui redempti sumus."



AMDG et BVM