Visualizzazione post con etichetta fede. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fede. Mostra tutti i post

domenica 3 maggio 2015

Ecco qualcuna che invece di sublimarsi ... manipola pesante


Hillary Clinton sull’aborto: le credenze religiose vanno cambiate

Io me lo sono sentito tutto l’intervento di 20 minuti della Hillary Clinton al congresso “Women in the World” che potete seguire qui:
e quasi a metà (8:30 – 9:00), è stato appunto pronunciato il programma politico più pericoloso che io abbia mai sentito: PER CONSENTIRE PIÙ ABORTO… LE CREDENZE RELIGIOSE … DEVONO ESSERE CAMBIATE!
A troppe donne è ancora negato un accesso fondamentale allasalute riproduttiva e al parto sicuro…. Le leggi devono essere sostenuta con risorse e volontà politica. Le credenze religiosee i pregiudizi strutturali devono essere cambiati.
(Far too many women are still denied critical access to reproductive health care and safe childbirth… Laws have to be backed up with resources and political will. And deep-seated cultural codes, religious beliefs and structural biases have to be changed.)
Il tutto seguito da fragorosi applausi (e dal video si comprende che non sono nemmeno sollecitati da una qualche pausa, quindi approvato con convinzione !!).
Il tema è l’ABORTO, come sollevato da numerosi commentatori USA e questa è la visione della candidata alla presidenza: se una credenza religiosa intralcia questo obiettivo, semplicemente, LA CREDENZA RELIGIOSA VA CAMBIATA CON RISORSE E VOLONTA’ POLITICA!
Lo scopo? Fare più soldi! Come è chiaramente esposto nel discorso: aumentare del 10% il BUSINESS, cioè il reddito USA. Semplicemente, nient’altro che per soldi.
Non mi occorrerà altro per comprendere il dibattito politico e giornalistico che, da qui in avanti, seguirà certamente la campagna elettorale USA. Mi basta già questo. Il resto me lo risparmio.
Ringrazio il sito NotizieProVita, che con il suo articolo, mi ha spinto ad approfondire una notizia, peraltro già chiaramente esposta.

sabato 11 aprile 2015

11. Se riflettessimo un po' di più sull' Esortazione agli anziani e ai giovani di san Pietro I, 4,12 - 5,14

Dalla prima lettera di san Pietro 4,12 - 5,14

    Carissimi, non siate sorpresi per l'incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome.

    È giunto infatti il momento in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio; e se incomincia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al vangelo di Dio?
E se il giusto a stento si salverà,
che ne sarà dell'empio e del peccatore? (Pro 11, 31).
    Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene.


    Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.
    Ugualmente, voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché
        Dio resiste ai superbi,
        ma dà grazia agli umili (Pro 3, 34).


    Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione (Sal 54, 23), perché egli ha cura di voi. Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi.
    E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi. A lui la potenza nei secoli. Amen!


Mane nobiscum, Domine!

sabato 21 marzo 2015

21. Un uomo di luce

Dom Gérard, un uomo di luce

Fr. Étienne O.S.B.
[Il  28 febbraio 2015  si è celebrato il settimo anniversario della morte di Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux. Lo ricordiamo nelle preghiere e lo raccomandiamo a quelle dei lettori. Offriamo di seguito la testimonianza letta da fr. Étienne O.S.B. – uno dei primi monaci a seguire il fondatore nell’avventura monastica di Bédoin e poi di Le Barroux – il 3 marzo 2008, in occasione delle esequie di Dom Gérard. Testo comparso in Reconquête. Revue du Centre Charlier et de Chrétienté-Solidarité, n. 247-248, aprile-maggio 2008, pp. 9-10, trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.]

Tutti quelli che hanno avuto l’occasione d’incontrare Dom Gérard sono rimasti sedotti dalla sua personalità luminosa, in cui dominava la benevolenza e la gioia. Una grande benevolenza verso le persone e una gioia sovrana, che non può venire che da Dio. Aggiungiamo, una meravigliosa libertà d’animo, come un dono del Cielo.
È d’altro canto ciò che mi aveva colpito sin dal mio arrivo a Bédoin, nell’estate 1977. Superando il portone d’ingresso del piccolo priorato, lo rivedo ancora con le braccia aperte ad accogliermi. Ebbi il vivissimo presentimento di essere in presenza di un uomo eccezionale, senza artifici, senza vanità, un uomo di luce e di libertà interiore.

Sì, Dom Gérard sapeva di essere l’erede di una grande tradizione monastica, fonte di civiltà. I punti d’appoggio del suo universo sono delle colonne incrollabili, e attraverso la Regola di san Benedetto e il suo amore per la santa liturgia, si comprendeva che abitavano quest’intelligenza una sapienza antica, una grande filosofia e lo splendore della verità. La fede era per lui una certezza così assoluta come la visione.

Nessuna mediocrità, né verso sé stesso, né verso gli altri: non la sopportava. Esigenze di rigore, di perfezione, di assoluto. Ugualmente, esigenze d’artista. Poiché tutti coloro i quali l’hanno conosciuto sanno che egli era per temperamento un artista, un artista di gran classe, un autentico creatore di eventi, che gioca con il mondo, l’universo, gli uomini e la materia, secondo i doni di Dio, la sua provvidenza e la sua grazia. Come André Charlier, il suo maestro, egli voleva“creare delle condizioni tali per cui l’anima possa fiorire”.

La sua opera, come un monumento sotto i nostri occhi, attesta la forza delle sue intuizioni e del suo genio creatore. Il nostro monastero si eleva nel cielo di Provenza con la sua chiesa abbaziale di grande nobiltà architettonica, la cui purezza e semplicità delle linee la rende degna delle chiese cistercensi. Ogni mattino, attraverso la luce delle finestre, i riflessi del sole vengono come a illuminare questo monumento di preghiere e a dargli tutto il suo significato. Questa sinfonia di luce sui marmi del santuario attorno all’altare, questo arcobaleno all’ora del santo sacrificio della messa, è stato Dom Gérard – artista – a volerlo.
Quest’uomo di desiderio (desiderio desideravi) energico, assoluto, si scontrava talora con le lentezze di questo mondo, con la pesantezza o la pigrizia degli uomini. Volentieri, allora, forzava i tempi e le situazioni, e soprattutto superava gli ostacoli con coraggio, spingendo gli avvenimenti, creando il miracolo al fine di agevolare, se possibile, il trionfo del Regno dei cieli nelle anime.

Gli sono state rimproverate alcune parole, taluni gesti profetici, ma ciò voleva dire dimenticare “che eravamo in tempo di guerra e di legittima difesa”; voleva dire dimenticare che ci sono delle verità essenziali che ogni battezzato ha il dovere di difendere; soprattutto voleva dire dimenticare che ci sono delle situazioni in cui “il credente si deve fare guerriero, obbligatoriamente, e che questa è la prima carità”.

Dom Gérard amava Cristo e la Chiesa; insensati tutti coloro che lo dubitano. Amava le anime e la Francia; tutta la sua vita lo prova. Ha fatto di tutto per ricostruire la cristianità e riconciliare, se possibile, gli uomini fra loro. Ahimè, nel 1988 ha fatto l’esperienza dello scacco e della sofferenza. Nella tempesta che agitava la Chiesa, avrebbe voluto evitare il naufragio di tanti fratelli e amici. Ma “quando vi è un’eclissi, tutto il mondo è nell’ombra”. Anche le vette delle montagne sono nell’ombra. Malgrado ciò, Dom Gérard non sopportava di essere nell’ombra. Se talora si nascondeva, era nella luce. “Pax in lumine” fu la sua scelta e il suo programma per i suoi figli nel chiostro. Li voleva erigere stabili, incrollabili al servizio della santa Chiesa, nella pace e nella luce, al di sopra, al di là degli avvenimenti e delle controversie in cui si affannavano le genti del secolo. “La luce è misericordiosa, la luce non condanna, essa chiarisce, trasforma…”“tutta la vita cristiana consiste nel trasformare la luce in amore”.

Personalmente, dopo più di trent’anni, rimango abbagliato dal canto virginale che si elevava  da quest’anima. Testimone dell’avventura di Bédoin e della fondazione di Le Barroux, conservo nel mio cuore come la purezza d’un canto mistico che è assai raro ascoltare. In questo, collego volentieri Padre Gérard alla grande scuola mistica degli antichi monaci, con san Gregorio di Nissa, sant’Agostino che egli amava tanto, san Bernardo e la sua teologia dell’immagine.

Dom Gérard era un contemplativo super attivo. Apparteneva assai più a quelli che aderiscono, piuttosto che a quelli che analizzano. Come san Bernardo, voleva entrare nella carità di Cristo crocifisso, risuscitato, glorificato. Per lui, “la vita interiore, è Cristo, l’uomo Dio, ed è tutto. Non occorre cercare null’altro: Cristo è Dio manifestato”.

Se Dom Gérard era come il cantore della cristianità, il poeta della grazia e della liturgia, il teologo della luce, egli rimarrà, per ciascuno dei suoi figli nel chiostro, un padre pieno di tenerezza e benevolenza, un padre affettuoso che c’insegnava in parole e in atti lo spirito d’infanzia, il Vangelo, l’abbandono, la confidenza in Dio.
La sua grazia particolare fu probabilmente questa gioia sovrana, questa trasparenza, questa capacità di meravigliarsi davanti al reale, alle opere di Dio e della creazione. Sapersi dimenticare nell’ammirazione è un dono di Dio assai raro. “Se volete essere felici – ci diceva –, occorre interiorizzare la vostra gioia, ed è il segreto di tutta una vita”.
Interiorizzare la propria gioia… ecco non soltanto un consiglio di vita spirituale che egli dava volentieri, ma una vera confidenza, e una confidenza essenziale per tutti quelli che desiderano conoscerlo. Senza volerlo, egli si dona a noi… “interiorizzare la propria gioia”. Tuttavia vi chiedo, cosa rimane in effetti della primavera della sua gioventù se non questa gioia così pura, così limpida, come un dono di Dio nella sua anima? Un dono di Dio e della Vergine Immacolata. “Per te Virgo”.

No, non credo di sbagliarmi dicendo che la Vergine Maria era la fonte profonda della gioia del suo cuore, e forse il segreto di questa vita così feconda. “Per te Virgo”, la sua divisa abbaziale, illumina l’intera sua vita come la stella del mattino in un cielo soleggiato d’oro. Sì, ci confidava, “il Cuore immacolato di Maria è un grande santuario”.
Dio viene a chiamare a sé l’anima di Dom Gérard. Voi, nostri amici e amici di Dom Gérard, ascoltate bene. Dio creatore del mondo ci ama oggi come il primo giorno della creazione. Dio ha creato i corpi e le anime per la sua gloria eterna. L’anima umana, quando abbandona il corpo, come un sole abbagliante, illumina con la sua partenza i giardini degli uomini. L’anima di Dom Gérard non cessa di abbagliarci.

Sì, nell’ora in cui Dio viene a chiamare a sé l’anima di Dom Gérard, preghiamo per lui, e ugualmente preghiamo con lui per tutte le grazie ricevute e per le grazie ancora da ricevere, se davvero come lui vogliamo stabilire il regno di Cristo Dio su questa terra.

AMDG et BVM

mercoledì 11 febbraio 2015

Dio ha disposto che questa sia la mia ora


18 ottobre 1975. Festa di San Luca Evangelista.
Siate nella gioia.

«Ti ho scelto, figlio, per questa semplice ragione: perché sei il più povero, il più piccolo, il più
limitato. Umanamente sei il più sprovveduto.
Ti ho scelto perché nella tua vita il mio Avversario era ormai riuscito a cantare vittoria. Nella
tua esistenza ti ho fatto vivere come in anticipo quanto Io stessa farò nel momento del mio
più grande trionfo.

Il mio Avversario crederà un giorno di cantare completa vittoria: sul mondo, sulla Chiesa, sulle
anime.
Sarà soltanto allora che Io interverrò - terribile e vittoriosa - perché la sua sconfitta sia
tanto più grande, quanto più sicura era la sua certezza di aver vinto per sempre.
Quanto si sta preparando è cosa tanto grande, che mai così è stata dalla creazione del mondo:
per questo già tutto è stato predetto nella Bibbia.

Vi è già stata annunciata la terribile lotta fra me "la Donna vestita di sole", e "il Dragone
rosso", Satana, che ora riesce a sedurre molti con l'errore dell'ateismo marxista. Vi è già
stata annunciata la lotta fra gli Angeli e i miei figli, contro i seguaci del dragone guidati dagli
angeli ribelli. Soprattutto è già stata chiaramente annunciata la mia completa vittoria.

Voi, figli miei, siete stati chiamati a vivere queste vicende.

E il momento in cui voi questo dovete sapere, per prepararvi consapevolmente alla battaglia. E
ora che incominci a svelarvi parte del mio piano.
Anzitutto è necessario che il mio Nemico abbia l'impressione di avere tutto conquistato, di
aver ormai ogni cosa nelle sue mani. Per questo gli sarà concesso d'introdursi nell'interno della
mia Chiesa e riuscirà ad offuscare il Santuario di Dio. Mieterà le vittime più numerose fra i
Ministri del Santuario.
Questo è infatti il momento di grandi cadute per i miei figli prediletti, per i miei Sacerdoti.

Alcuni Satana insidierà con l'orgoglio, altri con la passione della carne, altri con il dubbio, altri
con l'incredulità, altri con lo scoraggiamento e la solitudine.
Quanti dubiteranno di mio Figlio e di Me e crederanno che questa sarà la fine per la mia
Chiesa!

Sacerdoti consacrati al mio Cuore Immacolato, figli miei prediletti, che Io sto radunando nella
mia schiera per questa grande battaglia: la prima arma che dovete usare è la fiducia in Me, è il
vostro più completo abbandono.
Vincete la tentazione della paura, dello scoraggiamento, della tristezza. La sfiducia paralizza
le vostre attività e ciò molto giova al mio Avversario.

Siate sereni, siate nella gioia. Non è questa la fine per la mia Chiesa; si prepara l'inizio di un
suo totale e meraviglioso rinnovamento.
Il Vicario di mio Figlio, per mio dono, questo già riesce a intravvedere e, pur nella tristezza
del momento presente, vi invita ad essere nella gioia.

Nella gioia? Voi mi domandate stupiti.

Sì, figli miei, nella gioia del mio Cuore Immacolato, che tutti vi racchiude. Il mio Cuore di
Mamma sarà per voi il luogo della vostra pace, mentre fuori infurierà la più grande tempesta.
Anche se sarete rimasti feriti, anche se sarete spesso caduti, anche se avrete dubitato,
anche se, in certi momenti, avrete tradito, non scoraggiatevi, perché Io vi amo.

Quanto più il mio Avversario avrà voluto su di voi infierire, tanto più grande sarà il mio amore
per voi.
Sono Mamma e vi amo ancora di più, figli, perché mi siete stati strappati.
E la mia gioia è di fare di ciascuno di voi, Sacerdoti prediletti del mio Cuore Immacolato, dei
figli così purificati e fortificati, che ormai più nessuno riuscirà a strapparvi dall'amore di mio
Figlio Gesù.
Farò di voi copie viventi di mio Figlio Gesù.

Per questo siate contenti, siate fiduciosi, siate totalmente a Me abbandonati. Siate sempre in
preghiera con Me.
L'arma che Io userò, figli, per combattere e vincere questa battaglia sarà la vostra preghiera
e la vostra sofferenza.
Allora anche voi, sì, sulla Croce con Me e con mio Figlio Gesù, accanto alla sua e vostra Mamma.

Poi farò Io stessa ogni cosa, poiché Dio ha disposto che questa sia la mia ora: la mia e la
vostra, figli consacrati al mio Cuore Immacolato».

Difendici, o Madre, con la tua protezione: 
e solleva e conforta la nostra anima.

lunedì 2 febbraio 2015

Attendendo l'ora della liberazione.

Dogmatica, ma non sul dogma.

Editoriale di Radicati nella fede - Anno VIII n° 2 - Febbraio 2015 [qui]
 Dogmatica su ciò che non è dogma, sembra proprio questa la situazione della Chiesa degli ultimi decenni. Mentre si lasciano i teologi e i vari pastoralisti scorrazzare in piena libertà dentro la dottrina cristiana, riformulando pericolosamente le verità di fede fino a trasformarle e sconvolgerle in qualcosa d'altro; mentre si lascia libero corso ad un fiume di predicazione che rischia di non salvaguardare l'interezza del Credo cattolico, si diventa dogmatici, fissisti, autoritari su ciò che invece non è essenziale nella Chiesa, ad esempio sull'organizzazione della pastorale nelle diocesi e nelle parrocchie.

 Un tempo, invece, nella Chiesa ci si preoccupava di salvare i dogmi, la verità e le verità contenute nel Vangelo. Un tempo, invece, si era preoccupati di custodire e trasmettere l'integrità della morale cattolica, ripetendo i comandamenti e declinandoli ai fedeli perché si esercitassero ad applicarli alla concretezza della loro vita.

 Anche nella disciplina, un tempo severa nella Chiesa, si era tali solo per salvaguardare la sana trasmissione della Grazia di Dio nell'impianto sacramentale. Si era severi nel garantire le condizioni per ricevere con frutto i sacramenti, ma, ci sembra proprio così, non si dogmatizzava sul resto. La storia della Chiesa è storia di libertà, di una grande libertà nel rispondere alla volontà di Dio. Se pensiamo ai santi, ci accorgiamo che non ce n'è uno uguale all'altro; nelle loro vite appare la grande fantasia di Dio e la grande libertà dell'uomo nel compiere il bene. 
Nello stesso tempo vediamo, nelle diversissime vite dei santi, una uniformità impressionante per quanto riguarda i dogmi, cioè ciò che hanno creduto, l'importanza data ai sacramenti, la centralità della Messa, la vita concepita come partecipazione alla sofferenza redentiva del Signore, l'amore alla Chiesa, la scrupolosità nelle opere di misericordia, le fede nella vita eterna, la decisività della preghiera per i vivi e per i morti, etc. Erano insomma un catechismo vivente: potremmo con frutto fare dottrina partendo dalla vita dei santi di tutte le epoche della cristianità, e giungeremmo a riscrivere sempre lo stesso catechismo.

 I santi, la Chiesa, erano uniformi, meglio uniti, nella fede e nella disciplina che ragionevolmente ne discende, e non su tutto il resto.

 Oggi, e veniamo al dunque, non è proprio più così: sei controllato su tutto il resto, devi uniformarti ad uno “stile”, quello naturalmente della “Chiesa moderna”. Se non ti uniformi, non appartieni più a questa Chiesa; e se non ti buttano fuori, vivi come nell'ombra: sanno che ci sei, ma fanno di tutto perché tu sia invisibile. Non interessa che tu sia fervente cattolico, che tu custodisca tutta la dottrina della Chiesa di tutti i tempi. No, ai burocrati del clericalismo moderno preoccupa che tu non sia allineato al nuovo stile, allo stile moderno, alla Chiesa rinnovata!

 Questo è il nuovo dogma, è il super-dogma intoccabile, che avvolgendo tutti i dogmi di sempre, li neutralizza e li avvelena nella nuova ideologia.

 I dogmi, quelli veri, sono le verità rivelate da Dio, che siamo tenuti a credere per l'autorità di Dio che li rivela. La Chiesa ne è la custode, la responsabilità grave dei pastori è trasmetterli perché salvino le anime.

 Il super-dogma della modernità invece non viene da Dio, l'hanno inventato gli uomini. E pretendono di reinterpretare tutto secondo questa lapidaria affermazione: “La Chiesa deve mettersi al passo coi tempi, se non vuole restare fuori della storia”.

 È una falsità che viene da lontano; la Massoneria ne è diventata la più funesta propagatrice negli ultimi secoli; questa menzogna è entrata pian piano nella Chiesa, oggi sembra aver vinto. All'interno di questo bollettino troverete un bello scritto del P. Emmanuel, dove, parlando del mistero d'iniquità, definisce la Massoneria “la cloaca di tutte le corruzioni dell'umanità”. E cuore dell'opera massonica è questa reinterpretazione globale del cattolicesimo in chiave moderna, per trasformarlo in una inutile religione naturale, fatta di vuote parole di solidarietà umana.

 “La Chiesa deve mettersi al passo coi tempi, se non vuole restare fuori della storia”: è una menzogna, per questo non ve la spiegheranno mai, ma ve la imporranno con violenza. Non ve la spiegheranno, perché se lo facessero dimostrerebbero la loro eresia, dimostrerebbero di non venire da Dio.

 Da sempre, dagli inizi, la modernità non fu mai la preoccupazione della Chiesa. La sua preoccupazione fu sempre quella di essere fedele al Signore Gesù, alla divina Rivelazione. Pensate ciò che scrive san Paolo nella lettera ai Galati:

 “Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo gia detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!” (Gal 1,8-9).

 Impressionante! “Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso”... San Paolo mette in guardia i fedeli... non solo un angelo dal cielo, ma nemmeno lui, il grande apostolo, può cambiare una virgola alla fede, una virgola a quel vangelo che aveva già loro predicato. E chi sono questi teologi- pastoralisti moderni, chi credono di essere, per chiederci di modificare la fede reinterpretandola secondo il super-dogma della modernità... la Chiesa deve adattarsi al mondo di oggi, non può più fare oggi ciò che faceva un tempo?

 Eh sì, ti dicono così, non potete fare più ciò che la Chiesa faceva un tempo... dovete adattarvi al mondo moderno. Anche qui però non ti dicono il perché, non ti spiegano.

 Perché mai non potremmo vivere la messa come un tempo? Perché mai non potremmo ricevere i sacramenti come un tempo? Perché mai dovremmo stravolgere una prassi consolidata nella Chiesa da secoli per applicare le dubbie ricette ecclesiastiche di oggi? Perché il catechismo chiaro e semplice della tradizione non dovrebbe andare più bene? Perché mai nelle chiese gli uomini di oggi non potrebbero vivere la preghiera come i cristiani di duemila anni? Perché mai dovremmo cambiare le regole per accedere ai sacramenti, se queste nascono dalla verità del Vangelo, se queste custodiscono il dogma?

 Loro, i clericali moderni, dicono che dobbiamo cambiare perché gli uomini di oggi non capirebbero. Ma anche questo non te lo spiegano, ti dicono che è così e che non si discute.

 A noi sembra invece che sono loro, i clericali ammodernati, a non sopportare la Chiesa, la Chiesa e la sua gloriosa storia di grazia e di santità. Non l'hanno più sopportata, la Chiesa di sempre, perché ne avevano smarrito le ragioni, e per non uscirne hanno lavorato per cambiarla con il dogma della modernità. L’hanno cambiata davvero dove hanno potuto, fino a sfigurarla, provocando la più grande crisi della storia cristiana.

Ma la Chiesa è di Dio, per questo restiamo sereni nella Tradizione, attendendo l'ora della liberazione.

giovedì 18 settembre 2014

Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce?


NONA STAZIONE
Gesù cade per la terza volta



V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.


Dal libro delle Lamentazioni. 3, 27-32
È bene per l’uomo portare il giogo fin dalla giovinezza. Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo ha imposto; cacci nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza;porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Poiché il Signore non rigetta mai. . . Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo la sua grande misericordia.





Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. 

Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? 

A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! 

Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! 

Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! 

Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! 

Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! 

Quanta superbia, quanta autosufficienza! 

Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! 

Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25).


PREGHIERA

Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. 

Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo. Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi.

Tutti:
Pater noster...


Eia mater, fons amoris,
me sentire vim doloris
fac, ut tecum lugeam.


sabato 16 agosto 2014

Domenica 17 Agosto 2014, XX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 15,21-28.

"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 17 Agosto 2014, XX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 15,21-28.

Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.
Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». 
Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 
Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». 
Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 
«E' vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita. 
Traduzione liturgica della Bibbia



Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 331 pagina 223.

1«Il Maestro è con te?» chiede il vecchio contadino Giona a Giuda Taddeo che entra nella cucina, dove il fuoco già splende per scaldare del latte e per scaldare l’ambiente, che è freddino in queste prime ore di una bellissima mattina di fine gennaio, credo, o di primi di febbraio, bellissima, ma alquanto pungente.
«Sarà uscito a pregare. Esce sovente all’alba, mentre sa di poter stare solo. Fra poco verrà. Perché lo chiedi?». 
«L’ho chiesto anche agli altri, che ora si sono sparsi a cercarlo, perché c’è una donna di là, con mia moglie. È una del paese d’oltre confine, e proprio non so dire come possa aver saputo che qui è il Maestro. Ma lo sa. E vuole parlargli». 
«Va bene, gli parlerà. Forse è quella che Egli attende, con una figlioletta malata. L’avrà guidata qui lo spirito suo». 
«No. È sola. Non ha figli con sé. La conosco perché i paesi sono così vicini… e la valle è di tutti. Io, poi, penso che non occorre essere crudeli coi vicini, se fenici, per servire il Signore. Sbaglierò, ma…». 
«Lo dice sempre anche il Maestro che bisogna essere pietosi con tutti». 
«Lui lo è, non è vero?». 
«Lo è». 
«Mi ha detto Anna che anche ora è stato trattato male. Male, sempre male!… In Giudea, come in Galilea, in ogni luogo. Perché mai Israele è così cattivo col suo Messia? Voglio dire i più grandi fra noi d’Israele. Perché il popolo lo ama”. 
«Tu come sai queste cose?». 
«Oh! vivo qui, lontano. Ma sono un fedele israelita. Basta andare per le feste di precetto al Tempio per sapere tutto il bene e tutto il male! E il bene si sa meno del male. Perché il bene è umile e da sé non si loda. Dovrebbero essere i beneficati che lo proclamano. Ma pochi sono quelli che sono grati dopo aver avuto grazia. L’uomo accetta il beneficio e lo dimentica… Il male invece suona forte le sue trombe e fa sentire le sue parole anche a chi non le vuole sentire. Voi, che siete i suoi discepoli, non sapete quanto si sparli e si accusi nel Tempio contro il Messia! Non si tengono più lezioni dagli scribi altro che su questo. Io credo che si sono fatti un libro di lezioni sul come accusare il Maestro e di fatti che presentano come credibili oggetti di accusa. E occorre avere la coscienza molto retta, e ferma, e libera, per sapere resistere e giudicare con sapienza. Lui le sa queste manovre?». 
«Tutte le sa. E anche noi, più o meno, le sappiamo. Ma Lui non si scuote. Continua la sua opera e i discepoli o i credenti in Lui crescono ogni giorno». 
«Dio voglia che tali restino sino alla fine. Ma l’uomo è mutevole nel suo pensiero. E debole… 2Ecco, il Maestro viene verso la casa con tre discepoli». 
E il vecchio esce fuori, seguito da Giuda Taddeo, per venerare Gesù che, pieno di maestà, viene verso casa. 
«La pace sia con te in questo giorno e sempre, Giona”. 
«Gloria e pace con Te, Maestro, sempre». 
«La pace a te, Giuda. Andrea e Giovanni non sono ancora tornati?». 
«No. E non li ho sentiti uscire. Nessuno. Ero stanco e dormivo sodo». 
«Entra, Maestro. Entrate. L’aria è fresca questa mattina. Nel bosco doveva esservi molto freddo. Là vi è latte caldo per tutti». 
Stanno bevendo il latte e, meno Gesù, tutti vi inzuppano delle robuste porzioni di pane, quando sopraggiungono Andrea e Giovanni insieme ad Anna, il pastore. 
«Ah! sei qui? Tornavamo a dire che non ti avevamo trovato…» esclama Andrea. 
Gesù dà il suo saluto di pace ai tre e aggiunge: «Presto. Prendete la vostra parte e partiamo, perché voglio entro sera essere almeno alle falde del monte di Aczib. Questa sera si inizia il sabato». 
«Ma le mie pecore?» domanda perplesso il pastore. 
Gesù sorride e risponde: «Saranno guarite dopo che benedette sono». 
«Ma io sto ad oriente del monte! Tu vai a ponente per andare da quella donna…». 
«Lascia fare a Dio, ed Egli a tutto provvederà». 
3Il pasto è finito e gli apostoli salgono a prendere le sacche da viaggio, apprestandosi a partire. 
«Maestro… quella donna che è di là… non l’ascolti?». 
«Non ho tempo, Giona. La via è lunga e del resto sono venuto per le pecore d’Israele. Addio, Giona. Dio ti remuneri della tua carità. La mia benedizione su te e su tutti i tuoi parenti. Andiamo». 
Ma il vecchio si dà ad urlare a squarciagola: «Figli! Donne! Il Maestro parte! Accorrete!». 
E, come una nidiata di pulcini sparsa per un pagliaio accorre al grido della chioccia che la richiama, così da ogni parte della casa accorrono donne e uomini in faccende o ancora mezzi assonnati, e bambini seminudi, sorridenti nel visetto appena uscito dal sonno... Si stringono attorno a Gesù che è in mezzo all’aia, e le madri avvolgono nelle loro ampie gonne i fanciulli per proteggerli dall’aria, oppure li stringono fra le braccia finché una servente accorre con le vesticciole che sono presto messe. 
4Ma accorre anche una non della casa. Una povera donna piangente, vergognosa… Procede curva, quasi strisciando, e giunta presso il gruppo al cui centro è Gesù si dà a gridare: «Abbi pietà di me, o Signore, Figlio di Davide! La mia figliola è molto tormentata dal demonio che le fa fare cose vergognose. Abbi pietà, perché io soffro tanto e sono schernita da tutti per questo. Quasi che la mia creatura ne abbia colpa di fare ciò che fa… Abbi pietà, Signore, Tu che tutto puoi. Alza la tua voce e la tua mano e comanda allo spirito immondo di uscire da Palma. Non ho che questa creatura, e vedova sono… Oh! non te ne andare! Pietà!…». 
Gesù, infatti, finito di benedire i singoli componenti della famiglia, dopo aver redarguito gli adulti per aver parlato della sua venuta - ed essi si scusano dicendo: «Noi non parlammo, credilo, Signore!» - se ne va, inspiegabilmente duro verso la povera donna, che si trascina sui ginocchi con le braccia tese in supplica affannosa mentre dice: «Io ti ho visto ieri mentre passavi il torrente, e ho sentito dirti “Maestro”. Vi sono venuta dietro, fra i cespugli, e ho sentito i discorsi di costoro. Ho capito chi sei… E questa mattina sono venuta che era ancora notte a stare qui, sulla soglia, come un cagnolino, finché si è alzata Sara e mi ha fatto entrare. Oh! Signore, pietà! Pietà! Di una madre e di una fanciulla!». 
Ma Gesù va lesto, sordo ad ogni richiamo. 
Quelli della casa dicono alla donna: «Rassegnati! Non ti vuole ascoltare. Lo ha detto: è per quelli di Israele che è venuto…». 
Ma lei si alza disperata e nello stesso tempo piena di fede, e risponde: «No. Tanto pregherò che mi ascolterà». E si dà ad inseguire il Maestro sempre gridando le sue suppliche, che attirano sugli usci delle case del villaggio tutti coloro che sono desti e che, come quelli della casa di Giona, si dànno a seguirla per vedere come va a finire la cosa. 
5Gli apostoli intanto si guardano stupiti fra di loro e mormorano: «Perché mai fa così? Non lo ha mai fatto!…». 
E Giovanni dice: «Ad Alessandroscene ha pure guarito quei due». 
«Erano proseliti, però» risponde il Taddeo. 
«E questa che va a curare ora?». 
«È proselite essa pure» dice il pastore Anna. 
«Oh! ma quante volte ha curato anche gentili o pagani! La bambina romana allora?…» dice desolato Andrea, che non sa darsi pace della durezza di Gesù verso la donna cananea. 
«Io vi dico cosa è» esclama Giacomo di Zebedeo. «È che il Maestro si è sdegnato. La sua pazienza ha termine davanti a tanti assalti di cattiveria umana. Non vedete come è mutato? Ha ragione! D’ora in poi si dedicherà solo a chi ben conosce. E fa bene!». 
«Sì. Ma intanto questa ci viene dietro urlando e un bel codazzo di gente la segue. Lui, se vuole passare inosservato, ha trovato il modo di attirare l’attenzione anche delle piante…» brontola Matteo. 
«Andiamo a mandarla via… Guardate qui che bel corteo abbiamo alle spalle! Se arriviamo così sulla via consolare, si sta freschi! E questa, se Egli non la caccia, non ci lascia…» dice seccato il Taddeo, che anche si volge e intima alla donna: «Taci e va’ via!». E questo fa anche Giacomo d’Alfeo, solidale con il fratello. Ma quella non si impressiona delle minacce e delle ingiunzioni, e continua a supplicare. 
«Andiamo a dirlo al Maestro, che la cacci Lui, posto che non la vuole esaudire. Così non può durare!». dice Matteo, mentre Andrea mormora: «Poveretta!», e Giovanni ripete senza tregua: «Io non capisco… Io non capisco…». È sbalordito, Giovanni, del modo di agire di Gesù. 
Ma ormai hanno, affrettando il passo, raggiunto il Maestro che va lesto come uno inseguito. «Maestro! Ma licenzia quella donna! È uno scandalo! Ci grida dietro! Ci addita a tutti! La via sempre più si affolla di passeggeri… e molti si mettono dietro a lei. Dille che se ne vada”. 
«Diteglielo voi. Io le ho già risposto». 
«Non ci ascolta. Suvvia! Diglielo Tu. E severamente». 
6Gesù si ferma e si volta. La donna prende ciò per un segno di grazia, accelera il passo e alza il tono già acuto della voce, col viso che si sbianca per la cresciuta speranza. 
«Taci, donna. E torna a casa. Io l’ho già detto: “Sono venuto per le pecore d’Israele”. Per guarire le malate e ricercare le perdute fra esse. Tu non sei d’Israele». 
Ma la donna è già ai suoi piedi e li bacia, adorandolo, tenendolo stretto ai malleoli come fosse una naufraga che ha trovato uno scoglio di salvezza, e geme: «Signore, aiutami! Tu lo puoi, Signore. Comanda al demonio, Tu che santo sei… Signore, Signore, Tu sei padrone di tutto, della grazia come del mondo. Tutto ti è soggetto, Signore. Io lo so. Io lo credo. Prendi dunque ciò che è tuo potere e usalo per la mia creatura”. 
«Non è bene prendere il pane dei figli della casa e gettarlo ai cani della via”. 
«Io credo in Te. Credendo, da cane della via sono divenuta cane della casa. Te l’ho detto: sono venuta avanti l’alba ad accucciarmi sulla soglia della casa dove Tu eri, e se fossi uscito di lì avresti inciampato in me. Ma Tu sei uscito dall’altro lato e non mi hai vista. Non hai visto questo povero cane straziato, affamato della tua grazia, che aspettava di entrare, strisciando, dove Tu eri, per baciarti i piedi così, chiedendoti di non cacciarlo…». 
«Non è bene gettare il pane dei figli ai cani» ripete Gesù. 
«Ma però i cani entrano nella stanza dove il padrone mangia coi figli, e mangiano ciò che cade dalla tavola, o gli avanzi che dànno loro i famigliari, ciò che non serve più. Io non ti chiedo di trattarmi da figlia e di farmi sedere alla tua mensa. Ma dàmmi almeno le briciole...». 
7Gesù sorride. Oh! come si trasfigura il suo viso in questo sorriso di gaudio!… 
La gente, gli apostoli, la donna lo guardano ammirati… sentendo che qualcosa sta per accadere. 
E Gesù dice: «Oh! donna! Grande è la tua fede! E con questa tu consoli lo spirito mio. Va’, dunque, e ti sia fatto come tu vuoi. Da questo momento il demonio è uscito dalla tua figliola. Va’ in pace. E, come da cane disperso hai saputo voler essere cane della casa, così sappi in futuro essere figlia, seduta alla mensa del Padre. Addio». 
«Oh! Signore! Signore! Signore!… Vorrei correre via, a vedere la mia Palma diletta… Vorrei stare con Te, seguirti! Benedetto! Santo!». 
«Va’, va’, donna. Va’ in pace». 
E Gesù riprende la sua via mentre la cananea, più svelta di una fanciulla, corre via per la strada già fatta, seguita dalla folla curiosa di vedere il miracolo… 
«Ma perché, Maestro, l’hai fatta pregare tanto per poi ascoltarla?» chiede Giacomo di Zebedeo. 
«Per causa tua e di tutti voi. Questa non è una sconfitta, Giacomo. Qui non sono stato cacciato, deriso, maledetto… Ciò rialzi il vostro spirito abbattuto. Io ho già avuto oggi il mio cibo dolcissimo. E ne benedico Iddio. 8Ed ora andiamo da quest’altra che sa credere e attendere con fede sicura”. 
«E le mie pecore, Signore? Fra poco io dovrei prendere una via che non è la tua per andare nel mio pascolo…» domanda di nuovo il pastore Anna. 
Gesù sorride ma non risponde. 
È bello andare ora che il sole scalda l’aria e fa splendere come smeraldi le fogliette novelle dei boschi e le erbe dei prati, cambiando in castone ogni calice di fiore per le gocce di rugiada che brillano nelle raggiere multicolori dei fioretti dei campi. E Gesù va, sorridendo. E gli apostoli, subito rincuorati, lo seguono sorridendo… 
Giungono al bivio. Il pastore Anna, mortificato, dice: «E qui ti dovrei lasciare… Non vieni proprio a guarire le mie pecore? Anche io ho fede, e proselite sono… Mi prometti, almeno, di venire dopo il sabato?». 
«Oh! Anna! Ma non hai capito ancora che le tue pecore sono guarite da quando ho alzato la mano verso Lesemdan? Va’ dunque tu pure a vedere il miracolo e a benedire il Signore». 
Credo che la moglie di Lot, dopo la sua pietrificazione in sale, non sarà stata diversa dal pastore che è rimasto così come era, un poco curvo ad inchino, col capo volto in su per guardare Gesù, un braccio semiteso a mezz’aria… Sembra una statua. E potrebbe avere sotto il cartello: “Il supplicatore”. Ma poi si ridesta e si prosterna dicendo: «Te benedetto! Te buono! Te santo!… Ma ti ho promesso molto denaro, e qui non ho che poche dramme… Vieni, vieni da me dopo il sabato…». 
«Verrò. Non per il denaro, ma per benedirti ancora per la tua semplice fede. Addio, Anna. La pace sia con te». 
E si separano… 
«E anche questa non è una sconfitta, amici! E anche qui non sono stato deriso, cacciato e maledetto… 9Su, lesti! Vi è una madre che ci attende da giorni…». 
E la marcia continua, con una lieve sosta per mangiare pane e formaggio e bere ad una fonte… 
Il sole è al mezzodì quando si vede apparire la biforcazione della via: 
«Ecco l’inizio della scala di Tiro, là in fondo» dice Matteo. E si rallegra pensando che il più del percorso è fatto. 
Proprio addossata al cippo romano è una donna. Ai suoi piedi, su uno strapuntino, è una fanciullina sui sette, otto anni. La donna guarda in tutte le direzioni. Verso la scala nel masso. Verso la via di Tolemaide. Verso questa che fa Gesù; e ogni tanto si china ad accarezzare la sua bambina, a ripararle con un telo la testa dal sole, ricoprirle i piedi e le mani con uno scialle… 
«Ecco la donna! Ma dove avrà dormito in questi giorni?». chiede Andrea. 
«Forse in quella casa prossima al bivio. Non ci sono altre case vicine» risponde Matteo. 
«O alla guazza» dice Giacomo d’Alfeo. 
«No. Per la bambina, no» risponde suo fratello. 
«Oh! pur di avere la grazia!…» dice Giovanni. 
10Gesù non parla. Ma sorride. Tutti in fila, con Lui al centro, tre di qua, tre di là, tengono tutta la strada in quest’ora di sosta dei passeggeri, fermi a mangiare là dove li ha presi il mezzodì. Gesù sorride, alto, bello, al centro della fila. E sembra che tutta la luce del sole si sia concentrata sul suo viso, tanto è radioso. Sembra emani raggi. 
La donna alza gli occhi… Sono ormai alla distanza di una cinquantina di metri. Forse ha attirato la sua attenzione, distratta da un pianto della figlia, lo sguardo di Gesù fissato su di lei. Guarda… Si porta le mani al cuore in un atto involontario di ansia, di sussulto. 
Gesù aumenta il suo sorriso. E quel sorriso fulgido, inesprimibile, deve dire tanto alla donna che, non più ansiosa, ma sorridente, come già fosse felice, si china a prendere la sua bambina e, sorreggendola sul suo strapunto, a braccia tese, come se l’offrisse a Dio, viene avanti e, giunta ai piedi di Gesù, si inginocchia alzando più che può la fanciulla distesa, che guarda estatica il bellissimo viso di Gesù. 
La donna non dice una parola. E che deve dire di più profondo di quanto non dica con tutto il suo aspetto?… 
E Gesù non dice che una parola, piccola, ma potente, ma letificante come il «Fiat» di Dio nella creazione del mondo: «Sì». E posa la mano sul piccolo petto della fanciulla distesa. 
E la creatura, con un grido di calandra liberata dalla gabbia, grida: «Mamma!», e si siede di colpo, e scivola in piedi, e abbraccia la madre che, questa sì, esausta vacilla e sta per cadere riversa, in un deliquio dato dalla stanchezza, dall’ansia che si placa, dalla gioia che sovraffatica le forze del cuore già indebolite da tanto dolore passato. 
Gesù è pronto a sorreggerla. Un aiuto più valido di quello della fanciullina che, aggravando del suo peso le membra materne, non è certo il più valido coefficiente per sorreggere la madre sui ginocchi. Gesù la fa sedere e le trasfonde forza… E la guarda mentre lacrime mute scendono sul viso, stanco e beato insieme, della donna. 
11Poi vengono le parole: «Grazie, mio Signore! Grazie e benedizioni! La mia speranza è stata coronata… Ti ho tanto atteso… Ma ora sono felice…». 
La donna, superato il suo semideliquio, torna ad inginocchiarsi, adorando, tenendo davanti a sé la fanciullina guarita che Gesù carezza. E spiega: «Erano due anni che le marciva un osso nella schiena, paralizzandola e conducendola a morte lentamente e con grandi dolori. L’abbiamo fatta vedere a medici di Antiochia, di Tiro, di Sidone e anche di Cesarea e di Paneade, consumando tanto per medici e medicine da vendere la casa che avevamo in città per ritirarci in quella di campagna, congedando i servi della casa e tenendo solo quelli dei campi, vendendo i prodotti che prima consumavamo noi… E nulla le giovava! Ti ho visto. Sapevo di ciò che fai altrove. Ho sperato grazia anche per me… E l’ho avuta! Ora torno a casa, leggera, ilare… e allo sposo darò gioia… Al mio Giacomo che mi ha messo lui in cuore la speranza, raccontandomi ciò che avviene per tuo potere in Galilea e in Giudea. Oh! se non avessimo temuto di non trovarti saremmo venuti con la bambina. Ma Tu sei sempre in cammino!…». 
«Camminando sono venuto da te… Ma dove hai sostato in questi giorni?». 
«In quella casa… Ma alla notte vi era soltanto la fanciulla. Vi è là una buona donna che me la sorvegliava. Io sono rimasta sempre qui, per paura che Tu passassi di notte». 
Gesù le pone la mano sul capo: «Sei una buona madre. Dio ti ama per questo. Lo vedi che ti ha aiutato in tutto». 
«Oh! sì! L’ho sentito proprio mentre venivo. Ero venuta da casa in città credendo di trovarti, perciò con poco denaro, e sola. Poi, secondo il consiglio dell’uomo, ho proseguito per questo luogo. Ho mandato a dirlo a casa e sono venuta… e non mi è mai mancato nulla. Né pane né ricovero, né forza”. 
«Sempre con quel peso sulle braccia? Non potevi usare un carro?…» chiede impietosito Giacomo d’Alfeo. 
«No. Avrebbe sofferto troppo, da morirne. Sulle braccia della mamma sua è venuta la mia Giovanna alla Grazia”. 
Gesù le carezza sui capelli tutte e due: «Ora andate pure e siate sempre fedeli al Signore. Il Signore sia con voi e con voi sia la mia pace». 
Gesù riprende ad andare sulla strada che va a Tolemaide. 
«E anche questa non è una sconfitta, amici. E anche qui non sono stato né cacciato, né deriso, né maledetto». 
12Tenendo la via diretta, è presto raggiunta la mascalcia presso il ponte. Il maniscalco romano si riposa al sole, seduto contro il muro della casa. Riconosce Gesù e lo saluta. 
Gesù ricambia il saluto e soggiunge: «Mi lasci sostare qui, per riposare un poco e mangiare un poco di pane?». 
«Sì, Rabbi. Mia moglie ti voleva vedere… perché le ho detto anche quello che lei non aveva sentito del tuo discorso dell’altra volta. Ester è ebrea. Ma non osavo dirtelo io, romano. Ti avrei mandato dietro lei…». 
«Chiamala dunque». E Gesù si siede sulla panca che è contro la parete, mentre Giacomo di Zebedeo distribuisce pane e cacio… 
Esce una donna sulla quarantina, confusa, rossa di vergogna. 
«La pace a te, Ester. Ti è venuto desiderio di conoscere Me? Perché?». 
«Per quello che Tu hai detto… I rabbi ci sprezzano, noi, sposate a un romano… Ma io, i figli io li ho tutti portati al Tempio, e i maschi tutti circoncisi. L’ho detto prima a Tito, quando mi voleva… Lui è buono… Mi lascia sempre fare coi figli. Usi, riti, tutto ebraico qui!… Ma i rabbi, gli arcisinagoghi, ci maledicono. Tu no… Tu hai parole di pietà per noi… Oh! sai cosa è questo per noi? È come sentirsi intorno le braccia del padre e della madre che ci hanno ripudiate e maledette, o che sono severi con noi… È come rimettere piede nella casa lasciata, e non sentirsi straniere in essa… Tito è buono… Per le nostre feste chiude la mascalcia, con grande perdita di denaro, e mi accompagna coi figli al Tempio. Perché dice che senza religione non si può stare. Lui dice che la sua è quella della famiglia e del lavoro, come prima era quella del dovere di soldato… Ma io… Signore… io ti ho voluto parlare per una cosa... Tu hai detto che i seguaci del vero Dio devono levare un poco del loro lievito santo e metterlo nella buona farina per farla lievitare santamente. Io l’ho fatto con il mio sposo. Ho cercato, in questi venti anni che siamo insieme, di lavorargli l’anima, che è buona, con il lievito d’Israele. Ma egli non si decide mai… e vecchio è… Io lo vorrei con me nell’altra vita… Uniti dalla fede come lo siamo dall’amore… Io non ti chiedo ricchezze, benessere, salute. Ciò che abbiamo è sufficiente, ne sia lode a Dio! Ma questo lo vorrei… Prega per il mio sposo! Che sia del vero Dio…». 
«Lo sarà. Stànne sicura. Tu chiedi cosa santa e l’avrai. Tu hai compreso i doveri della moglie verso Dio e verso lo sposo. Così fosse di tutte le spose! In verità ti dico che molte dovrebbero imitarti. Continua ad essere così, e avrai la gioia di avere il tuo Tito al tuo fianco, nella preghiera e nel Cielo. 13Mostrami i tuoi figli». 
La donna chiama la numerosa prole: «Giacobbe, Giuda, Levi, Maria, Giovanni, Anna, Elisa, Marco». E poi entra in casa e ne esce con uno che cammina appena e uno di tre mesi al massimo: «E questo è Isacco, e questa piccolina è Giuditta» dice finendo la presentazione. 
«Abbondanza!» dice ridendo Giacomo di Zebedeo. 
E Giuda esclama: «Sei maschi! E tutti circoncisi! E con nomi puri! Brava!». 
La donna è felice, e fa gli elogi di Giacobbe, Giuda e Levi, che aiutano il padre «tutti i giorni meno il sabato, giorno in cui Tito lavora da solo a mettere i ferri già fatti» dice. Ed elogia Maria e Anna «aiuto della mamma loro». Ma non manca di elogiare anche i quattro più piccoli, «buoni e senza capricci. Tito mi aiuta ad educarli, lui che è stato un milite disciplinato» dice guardando con sguardo affettuoso l’uomo che, addossato allo stipite, con una mano sul fianco, ha ascoltato tutto quanto ha detto la moglie con uno schietto sorriso sul volto aperto, e che ora si ringalluzzisce tutto sentendo ricordare i suoi meriti di soldato. 
«Molto bene. La disciplina delle armi non è invisa a Dio quando sia fatto con umanità il proprio dovere di soldato. Tutto sta ad essere sempre moralmente onesti, in ogni lavoro, per essere sempre virtuosi. Questa tua passata disciplina, che tu trasfondi nei figli, ti deve preparare ad entrare in un servizio più alto, in quello di Dio. Ora lasciamoci. Appena faccio a tempo a giungere ad Aczib prima che sia compiuto il tramonto. Pace a te, Ester, e alla tua casa. Siate, fra poco, tutti del Signore». 
La madre e i figli si inginocchiano mentre Gesù alza la mano benedicendo. L’uomo, come fosse di nuovo il soldato di Roma davanti al suo imperatore, si irrigidisce sull’attenti, salutando romanamente. 
14E vanno… Dopo qualche metro Gesù posa la mano sulla spalla di Giacomo: «E ancora una volta, la quarta del giorno, ti faccio notare che questa non è una sconfitta, non è essere cacciato, deriso, maledetto… E ora che dici?». 
«Che sono uno stolto, Signore» dice impetuosamente Giacomo di Zebedeo. 
«No. Tu, come tutti voi, siete ancora e sempre troppo umani e avete tutte le alternative di chi è dominato più da umanità che da spirito. Lo spirito, quando è sovrano, non si altera per ogni soffio di vento, che non può essere sempre brezza profumata… Potrà soffrire, ma non si altera. Io prego sempre perché voi giungiate a questa sovranità dello spirito. Ma voi mi dovete aiutare col vostro sforzo… Ebbene! Il viaggio è terminato. In esso ho seminato quel tanto che necessita a prepararvi il lavoro per quando sarete voi gli evangelizzatori. Ora possiamo andare al riposo sabatico con la coscienza di avere fatto il nostro dovere. E attenderemo gli altri… Poi andremo… ancora… sempre… finché tutto sia compiuto…». 
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>