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domenica 24 marzo 2013

Lucifero: si ammirò e ... Pensò: “Conosco il segreto di Dio. So le parole, mi è noto il disegno. Posso tutto ciò che Lui vuole. Come ho presieduto le prime operazioni creative, posso procedere”. “Io sono”. La parola che solo Dio può dire, fu il grido di rovina del superbo: E fu Satana.



  • Il nome primitivo era Lucifero; nella mente di Dio voleva dire: ”Alfiere o portatore della luce” ossia di Dio, perché Dio è Luce. 

    Secondo in bellezza fra tutto quanto è, era specchio puro che rifletteva l’insostenibile Bellezza. Nelle missioni agli uomini egli sarebbe stato l’esecutore del volere di Dio, il messaggero dei decreti di bontà che il Creatore avrebbe trasmesso ai suoi beati figli senza colpa, per portarli sempre più in alto nella sua somiglianza. Il portatore della luce, con i raggi di questa luce divina che portava, avrebbe parlato agli uomini ed essi, essendo privi di colpe, avrebbero compreso questi balenii di armoniche parole tutte amore e gaudio.


    Vedendosi in Dio, vedendosi in se stesso, vedendosi nei compagni, perché Dio lo avvolgeva della sua luce e si beava nello splendore del suo arcangelo e perché gli angeli lo veneravano come il più perfetto specchio di Dio, si ammirò. Doveva ammirare Dio solo, ma nell’essere di tutto quanto è creato, sono presenti tutte le forze buone e malvagie e si agitano, finché una delle due parti vince per dare bene o male, come nell’atmosfera sono tutti gli elementi gassosi perché necessari.

    Lucifero attrasse a sé la superbia, la coltivò, la estese, se ne fece arma e seduzione.  Volle più che non avesse, volle il tutto, lui che era già tanto. Sedusse i meno attenti fra i compagni, li distrasse dal contemplare Dio come suprema Bellezza. Conoscendo le future meraviglie di Dio, volle essere lui al posto di Dio. Si vide, col pensiero turbato, capo degli uomini futuri, adorato come potenza suprema. 

    Pensò: “Conosco il segreto di Dio. So le parole, mi è noto il disegno. Posso tutto ciò che Lui vuole. Come ho presieduto le prime operazioni creative, posso procedere”. “Io sono”. La parola che solo Dio può dire, fu il grido di rovina del superbo: E fu Satana.



    Fu “Satan”. In verità ti dico che il nome di Satan non fu messo dall’uomo, che pure, per ordine e volere di Dio, mise un nome a tutto ciò che conobbe essere, e che tuttora battezza con un nome da lui creato le sue scoperte, in verità ti dico, che il nome di Satan viene direttamente da Dio ed è una delle prime rivelazioni che Dio fece allo spirito di un suo povero figlio vagante sulla terra.



    Come il mio nome SS.mo ha il significato che ti ho detto una volta, ora ascolta il significato di questo nome orrendo. Scrivi come ti dico:


    S  =  Sacrilegio – Superbo
    A  =  Ateismo – Avverso
    T  =  Turpitudine – Tentatore - Traditore
    A  =  Anticarità – Avido
    N  =  Negazione – Nemico

    Questo è Satan e questo sono coloro che sono malati di satanismo. E ancora è: seduzione, astuzia, tenebra, agilità, nequizia. Le cinque maledette lettere che formano il suo nome, scritte col fuoco sulla sua fronte fulminata. Le cinque maledette caratteristiche del Corruttore, contro le quali fiammeggiano le cinque benedette mie Piaghe, che col loro dolore salvano chi vuole essere salvato da ciò che Satana continuamente inocula.

    Il nome di “demonio, diavolo, belzebù” può essere di tutti gli spiriti tenebrosi ma questo è solo il ‘suo’ nome. In Cielo è nominato con quello, perché là si parla il linguaggio di Dio, in fedeltà d’amore anche per indicare ciò che si vuole, secondo come l’ha pensato Iddio.




    Egli è il “Contrario”, quello che è il contrario di Dio e ogni sua azione è l’antitesi delle azioni di Dio e ogni suo studio è portare gli uomini ad essere contrari a Dio. Ecco ciò che è Satana, è il mettersi contro di “Me” in azione. Alle mie tre virtù teologali, oppone la triplice concupiscenza; alle quattro cardinali e a tutte le altre che da Me scaturiscono, il vivaio serpentino dei suoi vizi orrendi.



    Ma come si dice che di tutte le virtù la più grande è la carità, così dico che delle sue antivirtù, la più grande e a Me repulsiva, è la superbia, perché per essa tutto il male è venuto. 

    Per questo dico che, mentre ancora compatisco la debolezza della carne che cede al fomite della lussuria, non posso compatire l’orgoglio che vuole, da nuovo Satana, competere con Dio. Ti sembro ingiusto? No.

    Considera che la lussuria, in fondo, è vizio della parte inferiore, che in alcuni ha appetiti tanto voraci, soddisfatti in momenti di abbruttimento che inebetisce, ma la superbia è vizio della parte superiore, consumato con acuta e lucida intelligenza, premeditato, duraturo. Lede la parte che più somiglia a Dio, calpesta la gemma data da Dio, comunica somiglianza con Lucifero. 

    Semina il dolore più della carne perché la carne potrà far soffrire una sposa, una donna, ma la superbia può fare vittime in interi continenti, in ogni classe di persone. Per la superbia è stato rovinato l’uomo e perirà il mondo. Per la superbia langue la fede. La superbia: la più diretta emanazione di Satana. 29.12.45

    "Dignare me laudare Te Virgo sacrata
    Da mihi virtutem contra hostes tuos!"

venerdì 23 novembre 2012

S. Giovanni della Croce / San Juan de la Cruz: BUSCANDO ...



.......
...
PER ME SI VA NE LA CITTÀ DOLENTE
PER ME SI VA NE L' ETTERNO DOLORE
PER ME SI VA TRA LA PERDUTA GENTE.

GIUSTIZIA MOSSE IL MIO ALTO FATTORE:
FECEMI LA DIVINA POTESTATE,
LA SOMMA SAPIENZA E 'L PRIMO AMORE.

DINNANZI A ME NON FUOR COSE CREATE
SE NON ETTERNE, E IO ETTERNO DURO.
LASCIATE OGNE SPERANZA, O VOI CH' INTRATE!

Suddette parole, nere come pece, vidi incise sullo stipite di una porta, entrata della voragine infernale. 
///  Leyendo el Doctor Mistico es bueno no olvidar el Dante Alighieri. Leggendo san Giovanni della Croce è cosa ottima non dimenticare Dante A. ///

*

STROFA 3

Buscando mis amores,
iré por esos montes y riberas;
ni cogeré las flores,
ni temeré las fieras,
y pasaré los fuertes y fronteras.

In cerca dei miei amori
mi spingerò tra i monti e le riviere,
non coglierò fiori
né temerò le fiere,


1. All’anima non bastano i gemiti e le preghiere né l’aiuto d’intermediari per conversare con l’Amato, come ha fatto nelle precedenti strofe, ma insieme a questo ella stessa deve mettersi a cercarlo. Questo è il pensiero che esprime nella presente strofa: cercare l’Amato, esercitandosi nelle virtù e nelle mortificazioni della vita contemplativa e attiva. A tale scopo, non ammetterà alcun piacere o comodità, né basteranno a fermarla o ad ostacolarle il cammino tutte le forze e le insidie dei tre nemici dell’anima: il mondo, il demonio e la carne. Perciò dice: In cerca dei miei amori,

2. cioè del mio Amato, mi spingerò tra i monti e le riviere.

3. Essa chiama le virtù monti, anzitutto per la loro altezza e poi per le difficoltà e la fatica che si affrontano nel salirvi, quando si esercita nella vita contemplativa. Chiama, inoltre, riviere le mortificazioni, gli atti di umiltà e il disprezzo di sé, quando esercita queste cose nella vita attiva; infatti, per acquisire le virtù, sono necessarie l’una e l’altra vita. Il che, dunque, equivale a dire: per cercare il mio Amato metterò in opera le alte virtù e mi umilierò nelle mortificazioni e negli esercizi più modesti. Dice questo perché la ricerca di Dio consiste nel fare il bene in lui e mortificare il male in sé, come si dice dopo: non coglierò fiori.

4. Poiché per cercare Dio si richiede un cuore spoglio e forte, libero da tutti i mali e da tutti i beni che non siano esclusivamente Dio, nel verso presente e nei seguenti l’anima parla della libertà e della forza necessarie per cercarlo. Sostiene, quindi, che non si fermerà a cogliere i fiori che troverà lungo il cammino e che rappresentano tutte le voglie, le soddisfazioni e i piaceri che le si possono offrire in questa vita: tutto questo potrebbe ostacolare il cammino, se volesse coglierli e goderli. Gli ostacoli sono di tre tipi: terreni, sensibili e spirituali. Sia gli uni che gli altri occupano il cuore e impediscono lo spogliamento spirituale richiesto per camminare direttamente nella via di Cristo, se l’anima dovesse soffermarvisi od occuparsene. Per cercare Cristo, afferma che non si attarderà a cogliere cose del genere. È come se dicesse: non riporrò il mio cuore nelle ricchezze e nei beni offerti dal mondo, né accoglierò le consolazioni e i piaceri della mia carne, né indugerò nei gusti e nei conforti del mio spirito, per non essere trattenuta nella ricerca dei miei amori per i monti delle virtù e delle fatiche. Dicendo così, segue il consiglio che dà il profeta Davide a coloro che percorrono questo cammino: Divitiae si affluant, nolite cor apponete: Anche se abbondano le ricchezze, non attaccatevi il cuore (Sal 61,11). Questo vale sia per le soddisfazioni sensibili che per gli altri beni terreni e le consolazioni spirituali. Ne segue che non solo i beni terreni e i piaceri corporali impediscono e ostacolano il cammino verso Dio, ma anche le consolazioni e i conforti spirituali, se posseduti o cercati con attaccamento, impediscono di seguire la via della croce dello Sposo Cristo. Chi vuole progredire, quindi, non deve attardarsi a cogliere questi fiori. Non solo, ma deve avere anche il coraggio e la forza per dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.


5. In questi versi l’anima cita i suoi tre nemici – il mondo, il demonio e la carne – che le fanno guerra e rendono difficile il cammino spirituale. Per fiere intende il mondo, per forti il demonio e per frontiere la carne.


6. Chiama fiere il mondo perché, all’anima che inizia il cammino di Dio, il mondo si presenta nell’immaginazione come una fiera che minaccia e spaventa, soprattutto secondo tre maniere. La prima le fa pensare che perderà il favore del mondo, gli amici, la stima, il prestigio e persino il patrimonio. La seconda – una fiera non meno terribile – le fa vedere quanto dovrà soffrire non avendo più le gioie e i piaceri del mondo e non provando più le sue lusinghe. La terza, ancora più grande, le fa pensare che le si solleveranno contro le male lingue, deridendola e beffeggiandola con motteggi e burle, e sarà stimata pochissimo. Simili minacce di solito si presentano ad alcune anime tanto da rendere loro difficilissima non solo la perseveranza contro queste fiere, ma anche la possibilità d’intraprendere il cammino.


7. Ad alcune anime più generose, però, spesso si presentano altre fiere più interiori e spirituali: difficoltà e tentazioni, tribolazioni e prove di vario genere che esse dovranno affrontare. Dio invia tali fiere a coloro che vuole elevare a una perfezione maggiore, provandoli ed purificandoli come l’oro sul fuoco, secondo quanto afferma Davide: Multae tribulationes iustorum, cioè: Molte sono le sventure dei giusti, ma li libera da tutte il Signore (Sal 33,20). Tuttavia l’anima profondamente innamorata, che stima il suo Amato più di ogni altra cosa, fidandosi del suo amore e del suo favore non teme di dire: né temerò le fiere, ma passerò i forti e le frontiere.


8. Chiama forti il secondo nemico, i demoni, perché essi cercano con grande forza di sbarrare il passo di questo cammino e anche perché le loro tentazioni e astuzie sono più forti e dure da superare e più difficili da riconoscere rispetto a quelle del mondo e della carne. Inoltre i demoni si rafforzano con gli altri due nemici, il mondo e la carne, per muovere un’aspra guerra all’anima. Per questo Davide, parlando di essi, li chiama forti: Fortes quaesierunt animam meam: I forti insidiano la mia vita (Sal 53,5). A questa forza si riferisce anche il profeta Giobbe quando dice che non c’è sulla terra potere paragonabile a quello del demonio e tale che di nessuno debba aver paura (Gb 41,24 Volg.), cioè nessun potere umano può essere paragonato al suo. Solo il potere divino, quindi, può vincerlo e solo la luce divina può scoprire i suoi inganni. Ecco perché l’anima che deve vincere la sua forza non potrà riuscirvi senza la preghiera, né potrà scoprire i suoi inganni senza l’umiltà e la mortificazione. Per questo san Paolo, volendo mettere in guardia i fedeli, usa queste espressioni: Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli, quoniam non est vobis colluctatio adversus carnem et sanguinem: Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo; la nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne (Ef 6,11-12). Per sangue intende il mondo e per armatura di Dio la preghiera e la croce di Cristo, ove risiedono l’umiltà e la mortificazione di cui ho parlato.


9. L’anima aggiunge che passerà oltre le frontiere, con le quali – ripeto – indica le ripugnanze e le ribellioni che la carne solleva naturalmente contro lo spirito. Come dice san Paolo: Caro enim concupiscit adversus spiritum: La carne ha desideri contrari allo Spirito(Gal 5,17), e si pone quasi sul confine ostacolando il cammino spirituale. L’anima deve andare oltre queste frontiere, superando le difficoltà e abbattendo con la forza e la determinazione dello spirito tutti gli appetiti sensuali e le affezioni naturali. Difatti, finché questi persisteranno nell’anima, lo spirito sarà talmente soggiogato da non poter andare avanti verso la vera vita e il diletto spirituale. Tutto questo ci fa ben comprendere san Paolo quando afferma: Si spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis: Se con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere della carne, vivrete (Rm 8,13). Questo dunque è l’atteggiamento che, secondo la presente strofa, l’anima ritiene opportuno adottare lungo il cammino di ricerca del suo Amato. Vale a dire: costanza e arditezza per non abbassarsi a cogliere i fiori, coraggio per non temere le fiere e forza per superare i forti e le frontiere, con l’unico scopo di andare sui monti e lungo le riviere delle virtù, come ho spiegato sopra.


Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis

venerdì 17 giugno 2011

PREGA, FRATELLO, PREGA, SORELLA . (2)

Evagrio Pontico
9. Tenacia e vigore

Resisti tenacemente e prega vigorosamente; tieni lontane le occasioni di preoccupazioni e pensieri, poiché ti turbano e ti sconvolgono per fiaccare il tuo vigore.

10. Seduzioni dei demoni !

Quando i demoni ti vedono ben disposto alla vera preghiera, allora insinuano pensieri di certi oggetti apparentemente necessari; e poco dopo ne eccitano il ricordo muovendo l'intelletto alla loro ricerca; ed esso, non trovandoli, molto si rattrista e si scoraggia. Quando poi l'intelletto sta in preghiera, i demoni gli richiamano alla memoria gli oggetti delle sue ricerche e dei suoi ricordi perché esso, illanguidito a furia di esaminarli, perda quella preghiera fruttuosa.

11. Intenso raccoglimento.

Sforzati di mantenere sordo e muto l'intelletto nel tempo della preghiera, e così potrai pregare.

12. Fomenti dell'animosità

Quando ti capita una tentazione o una controversia, oppure quando sei irritato e spinto dalla collera a prenderti la rivincita o a replicare, ricordati della preghiera e del giudizio che in essa ti attende. Così, subito, in te s'acquieterà il moto disordinato.

13. Pietra d'inciampo

Tutto quanto avrai fatto per vendicarti di un fratello che ti abbia arrecato offesa, diverrà per te pietra d'inciampo nel tempo della preghiera.

20. Utilità della corsa. Se desideri pregare come si deve, non rattristare anima alcuna, altrimenti corri invano. 21. Riconciliazione. "Lascia il tuo dono", dice la Scrittura, "davanti all'altare, va' prima a riconciliarti col tuo fratello", e allora potrai pregare senza turbamento. Il ricordo delle offese, infatti, offusca in chi prega la sovrana facoltà dell'intelletto e ottenebra le sue preghiere. 22. Conseguenze del rancore. Coloro che accumulano interiormente tristezze e ricordi di offese, benché esteriormente sembrino pregare, sono simili a quelli che attingono acqua e la versano in una botte forata.

Evagrio Pontico. “La Preghiera.
AMDG et BVM