Visualizzazione post con etichetta amore. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta amore. Mostra tutti i post

mercoledì 10 luglio 2013

Parabola dei dieci comandamenti


Le parabole di Gesù
(040)
Parabola dei dieci comandamenti (452.8 - 452.9 - 452.10)
Un padre di famiglia aveva due figli, ugualmente amati e dei quali egli voleva essere in uguale misura benefattore. Questo padre aveva, oltre alla dimora che erano i figli, dei possessi dove erano grandi tesori nascosti. I figli sapevano di questi tesori ma non sapevano la via per andarvi perchè il padre, per motivi suoi propri, non aveva rivelato ai figli la via per giungervi e ciò per molti e molti anni. Però, ad un certo momento, chiamò i suoi due figli e disse:
"E' bene che ormai voi conosciate dove sono i tesori che il padre vostro a messo da parte per voi, per poterli raggiungere quando io ve lo dirò. Intanto conoscetene la strada e i segnali che ho messo in essa, perchè voi non smarriate la via giusta. Sentitemi dunque. I tesori non sono in pianura dove stagnano le acque, arde il solleone, sciupa la polvere, soffocano gli spini e i triboli, e dove facilmente i ladri possono giungere per derubarvi. I tesori sono in cima a quell'alto monte, alto e scabro. Io li ho collocati là in cima e là vi attendono. Il monte ha più di un sentiero, anzi ha molti sentieri. Ma uno solo è buono. Gli altri, quali finiscono in precipizi, quali in caverne senza uscita, quali in fosse d'acqua melmosa, quali in serpai di vipere, quali in crateri di zolfo acceso, quali contro muraglie insuperabili.
Quello buono, invece, è faticoso, ma giunge alla vetta senza interruzione di precipizi o altri ostacoli. Perchè voi lo possiate riconoscere io ho messo lungo di esso a distanze regolari dieci monumenti di pietra con sopra incise queste tre parole di riconoscimento: <Amore, ubbidienza, vittoria>.
Andate seguendo questo sentiero e raggiungerete il luogo del tesoro. Io, poi, per altra via, nota a me solo, verrò e ve ne aprirò le porte perchè siate felici".
I due figli salutarono il padre che finchè potè essere udito da loro ripetè: "Seguite la via che vi ho detto. E' per il vostro bene. Non lasciatevi tentare dalle altre anche se vi sembrano migliori. Perdereste il tesoro e me con esso..."
Eccoli giunti ai piedi del monte. Un primo monumento era alla base, proprio all'inizio del sentiero che era al centro di una raggiera di sentieri, che salivano alla conquista del monte in ogni senso. I due fratelli iniziarono la salita sul terreno buono. Era ancora molto buono nel primo tempo, benchè senza un filo d'ombra. Dall'alto del cielo il sole vi scendeva a picco inondandolo di luce e di calore. La candida roccia in cui era tagliato, il terso cielo sul loro capo, il caldo sole ad abbraccio delle loro membra: ecco ciò che vedevano e sentivano i fratelli. Ma ancora animati da buona volontà, dal ricordo del padre e delle sue raccomandazioni, salivano gioiosi verso la cima. Ecco un secondo monumento.... e poi ecco il terzo. Il sentiero era sempre più faticoso, solitario, ardente.
Non si vedevano neppur più gli altri sentieri nei quali erano erbe e piante o acque chiare, e soprattuitto salita più dolce perchè meno ripida e tracciata nel suolo non già sulla roccia.
"Nostro padre ci vuol far giungere morti" disse un figlio giungendo al quarto monumento. E cominciò a rallentare il passo. L'altro lo confortò a proseguire dicendo: "Egli ci ama come altri se stessi e più ancora perchè ci ha salvato il tesoro così meravigliosamente. Questo sentiero nella roccia che senza smarrimenti sale dal basso alla cima lo ha scavato lui. Questi monumenti li ha fatti lui per guida nostra. Pensa, fratello mio! Lui, da solo, ha fatto tutto questo, per amore! Per darlo a noi! Per fare che vi giungiamo senza sbaglio possibile e senza pericolo."
Camminarono ancora. Ma i sentieri lasciati a valle ogni tanto si riaccostavano al sentiero nella roccia, e sempre più lo facevano più il monte avvicinandosi alla cima si faceva più stretto nel suo cono. E come erano belli, ombrosi, invitanti...
"Io quasi prendo uno di quelli" disse il malcontento giungendo al sesto monumento. "Tanto anche quello va alla cima".
"Tu non lo puoi dire... Non vedi se sale o se scende.."
"Eccolo lassù!"
"Non sai se è questo. E poi il padre lo ha detto di non lasciare l'onesto sentiero... "
Di male voglia lo svogliato proseguì.
Ecco il settimo monumento: "Oh! io me ne vado proprio":
"Non lo fare, fratello!"
Su per il sentiero veramente difficilissimo, ormai. Ma la cima era ormai prossima.
Ecco l'ottavo monumento e vicino, proprio rasente il sentiero fiorito. "Oh! lo vedi che, se non in linea retta, va proprio su anche questo?"
"Non sai se è quello".
"Si. Lo riconosco."
"Ti inganni".
"No. Io vado".
"Non lo fare. Pensa al padre, ai pericoli, al tesoro".
"Ma vadano in perdita tutti! Che me ne faccio del tesoro se giungo in cima morente? Quale pericolo più grande di questa via? E quale odio più grande di questo del padre che ci ha beffati con questo sentiero per farci morire? Addio. Giungerò prima di te, e vivo..." e si gettò nel sentiero attiguo, scomparendo con una esclamazione di gioia dietro i tronchi che l'ombreggiavano.
L'altro proseguì tristemente... Oh! la via nel suo ultimo tratto era proprio tremenda! Il viandante non ne poteva più. Era come ubriaco di fatica, di sole! Al nono monumento si fermò ansante appoggiandosi alla pietra scolpita e leggendo macchinalmente le parole incise. Vicino era un sentiero d'ombra, d'acque, di fiori.. "Quasi, quasi.... Ma no! No. Lì è scritto, e l'ha scritto mio padre: <Amore, ubbidienza, vittoria>. Devo credere. Al suo amore, alla sua verità, e devo ubbidire per mostrare il mio amore.... Andiamo.... L'amore mi sorregga..."
Ecco il decimo monumento...Il viandante esausto, arso dal sole, camminava curvo come sotto un giogo... Era l'amoroso e santo giogo della fedeltà che è amore, ubbidienza, fortezza, speranza, giustizia prudenza, tutto... Invece di appoggiarsi si gettò seduto a quella larva d'ombra che il monumento faceva al suolo. Si sentiva morire.... Dal sentiero accosto veniva un rumore di ruscelli e odor di bosco... " Padre, padre, aiutami col tuo spirito, nella tentazione.... aiutami a essere fedele sino alla fine!"
Da lontano, ridente, la voce del fratello: "Vieni, ti aspetto. Qui è un eden... Vieni..."
"Se andassi?..." e gridando forte: Si sale proprio alla vetta?"
"Si, vieni. C'è una galleria fresca che porta su. Vieni! La vedo già, la vetta, oltre la galleria nel masso..."
"Vado? Non vado? Chi mi soccorre? Vado..." Puntò le mani per rialzarsi e mentre lo faceva notò che le parole scolpite non erano più sicure come quelle del primo monumento: "Ogni monumento, le parole erano più leggere... come se il padre mio, spossato, avesse faticato ad inciderle. E... guarda! .... Anche qui quel segno rosso bruno che già era visibile al quinto monumento.... Solo che qui esso empie il cavo di ogni parola ed è scolato fuori, rigando il masso come di lacrime scure, come... di sangue..."
Grattò col dito là dove era una macchia vasta quanto due mani. E la macchia si sfarinò lasciando scoperte, fresche, queste parole: "Così vi ho amato. Sino a spargere il sangue per condurvi al Tesoro".
"Oh! oh! Padre mio! E io potevo pensare a non fare il tuo comando?! Perdono, padre mio! Perdono". Il figlio pianse contro il masso, e il sangue che empiva le parole si rifece fresco splendendo come rubino, e le lacrime furono cibo e bevanda al figlio buono, e forza.... Si alzò... per amore chiamò il fratello, forte, forte... Voleva dirgli la sua scoperta... l'amore del padre, dirgli: "Torna". Nessuno rispose...
Il giovane riprese l'andare, quasi a ginocchi sulla pietra rovente, perchè era proprio sfinito nella carne dalla fatica, ma lo spirito era sereno. Ecco la vetta... E là ecco il padre.
"Padre mio!"
"Figlio diletto!"
Il giovane si abbandonò sul petto paterno, il padre lo accolse coprendolo di baci.
"Sei solo?"
"Sì... Ma presto giungerà il fratello..."
"No. Non giungerà più. Ha lasciato la via dei dieci monumenti. Non vi è tornato dopo i primi disinganni ammonitori. Vuoi vederlo? Eccolo là. Nel baratro di fuoco... E' stato pertinace nella colpa. Lo avrei ancora perdonato e atteso se, dopo aver conosciuto l'errore, fosse tornato sui suoi passi e, sebbene con ritardo, fosse passato per dove l'amore è passato per primo soffrendo sino a spargere il suo sangue migliore, la parte più cara di se stesso per voi."
"Egli non sapeva..."
"Se egli avesse guardato con amore le parole scolpite nei dieci monumenti avrebbe letto il loro vero significato. Tu lo hai letto sin dal quinto monumento e lo hai fatto notare all'altro dicendo: <Il padre qui deve essersi ferito!> e lo hai letto nel sesto, settimo, ottavo, nono... sempre più chiaro, sinchè hai avuto l'istinto di scoprire ciò che era sotto il sangue mio. Sai il nome di quell'istinto? <Tua vera unione con me>. Le fibre del tuo cuore, fuse alle mie fibre, hanno trasalito, e ti hanno detto: <Qui avrai la misura di come ti ama il padre!>. Ora entra nel possesso del Tesoro e di me stesso, tu, amoroso, ubbidiente, vittorioso in eterno."

lunedì 8 luglio 2013

Parabola sulla distribuzione delle acque


Le parabole di Gesù
(041)

Parabola sulla distribuzione 
delle acque (da 467.2 a 467.5)


Un ricco signore aveva molti dipendenti sparsi in molti luoghi dei suoi possedimenti, i quali non erano tutti ricchi di acque e più dei luoghi pativano le persone, perchè se il terreno era coltivato con piante che resistevano all'asciuttore, la gente soffriva molto per le acque scarse. Il ricco signore aveva invece, proprio nel luogo dove lui abitava, un lago ricco d'acque che vi sgorgavano da sotterranee sorgenti.


Un giorno il signore volle fare un viaggio per tutti i suoi possedimenti e vide che alcuni, i più vicini al lago, erano ricchi di acque; gli altri, lontani, ne erano privi: solo quella poca che Dio mandava con le piogge. E vide anche che quelli che avevano acque abbondanti non erano buoni con i fratelli privi d'acque e lesinavano anche una secchia d'acqua con la scusa di temere di rimanere privi d'acque. Il signore pensò. E decise così: "Farò deviare le acque del mio lago a quelli più vicini, dando loro l'ordine di non rifiutare più l'acqua ai miei servi lontani e che sono sofferenti per la siccità del suolo".


E intraprese i lavori subito facendo scavare canali che portavano l'acqua buona del lago ai possessi più vicini dove fece scavare grandi cisterne, di modo che l'acqua si adunasse abbondante aumentando la ricchezza d'acque che già era nel luogo, e da queste fece partire canali minori per alimentare altre cisterne più lontane.
Poi chiamò coloro che vivevano in questi luoghi e disse: "Ricordatevi che ciò che ho fatto non l'ho fatto per dare a voi il superfluo ma per favorire attraverso voi quelli che mancano anche del necessario. Siate perciò misericordiosi come io lo sono" e li congedò.


Passò del tempo e il ricco signore volle fare un nuovo viaggio per tutti i suoi possessi. Vide che quelli più prossimi si erano abbelliti e non solo erano ricchi di piante utili, ma anche di piante ornamentali, di vasche, e piscine e fontane messe per ogni dove delle case e presso le case.
"Avete fatto di queste dimore delle case di ricchi" osservò il signore. "Neppure io ho tante bellezze superflue" e chiese ancora: " Ma gli altri vengono? Avete dato a loro con abbondanza? I canali minori sono nutriti?"

"Sì. Quanto hanno chiesto hanno avuto. E sono anche esigenti, non sono mai contenti, non hanno prudenza e misura, vengono a tutte le ore a chiedere, come se noi fossimo i loro servi, e ci dobbiamo difendere per tutelare le cose nostre. Non si contentavano più di canali e delle piccole cisterne. Vengono fino alle grandi."
"E' per questo che voi avete cintato i luoghi e messo in ognuno questi cani feroci?"
"Per questo, signore. Entravano senza riguardo e pretendevano levarci tutto e sciupavano...."
"Ma voi avete realmente dato? Lo sapete che per essi ho fatto questo e voi vi ho fatti intermediari fra il lago e le loro terre aride? Non capisco... Avevo fatto prendere dal lago tanto da averne per tutti senza sciupio".
"Eppure credi che noi non abbiamo mai negato l'acqua".
Il signore si diresse ai possessi più lontani. Le alte piante adatte al suolo arido erano verdi e fronzute. "Hanno detto il vero" disse il signore vedendole fremere al vento da lontano. Ma come si avvicinò ad esse e poi si inoltrò sotto di esse vide il terreno arso, morte quasi le erbe che brucavano a fatica le pecore anelanti, sabbiose le ortaglie presso le case e poi vide i primi coltivatori patiti, l'occhio febbrile e avviliti.... Lo guardavano e abbassavano il capo ritirandosi come per paura.

Egli, stupito di quel contegno, li chiamò a sè. Si accostarono tremanti. "Di che temete? Non sono più il vostro signore buono che ha avuto cura di voi e con provvidente lavoro vi ha sollevato dalla miseria delle acque? Perchè quei volti malati? Perchè queste terre aride? Perchè i greggi sono così sparuti? E voi perchè sempre paurosi di me? Parlate senza timore. Dite al vostro signore ciò che vi fa soffrire."

Un uomo parlò per tutti. "Signore, noi abbiamo avuto una grande delusione e molta pena. Tu ci avevi promesso soccorso e noi abbiamo perduto anche quello che avevamo prima e abbiamo perduto la speranza in te."
"Come ? Perchè? Non ho fatto venire l'acqua abbondante ai più vicini dando l'ordine che l'abbondanza fosse per voi?"
"Così hai detto? Proprio?"
"Così. Certamente. Non potevo, per ragioni di suolo, far giungere fin qui l'acqua direttamente. Ma con buona volontà potevate andare ai piccoli canali delle cisterne, andarvi con otri e asini a prenderne quanta volevate. Non vi bastavano gli asini e gli otri? E io non c'ero per darveli?"
"Ecco! Io l'avevo detto! Ho detto: <Non può essere il signore che ha dato l'ordine di negarci l'acqua> se eravamo andati!" "Abbiamo avuto paura. Ci dicevano che l'acqua era un premio per loro e noi eravamo castigati". E raccontarono al buon padrone che i conduttopri dei possessi beneficati avevano detto loro che il signore, per punire i servi delle terre aride che non sapevano produrre di più, aveva dato l'ordine di misurare non solo l'acqua delle cisterne ma quella dei primitivi pozzi, di modo che se prima ne avevano anche duecento bati al giorno per loro e le terre, presi con gran fatica di strada e di peso, ora più neppur cinquanta ne avevano, e per averne tanto per gli uomini e gli animali dovevano andare nei rigagnoli di confine ai luoghi benedetti, là dove traboccavano le acque dei giardini e dei bagni, e prendere quell'acqua motosa, e morivano. Morivano di malattia e di sete, e morivano gli ortaggi e le pecore....

"Oh! questo è troppo! E deve finire. Prendete le vostre masserizie e i vostri animali e seguitemi. Faticherete un poco, esausti come siete, ma poi sarà la pace. Io andrò piano per permettere alla vostra debolezza di seguirmi. Io sono un padrone buono, un padre per voi, e ai miei figli provvedo". E si pose in cammino lentamente, seguito dalla triste turba dei suoi servi e degli animali che però già giubilavano per il ristoro dell'amore del buon padrone.


Giunsero alle terre ricchissime d'acque. Ai confini di esse. Il padrone prese qualcuno fra i più forti e disse: "Andate in mio nome a chiedere ristoro."
"E se ci lanciano contro cani?"
"Io sono dietro voi. Non temete. Andate dicendo che io vi mando e che non chiudano il cuore alla giustizia, perchè le acque sono di Dio e tutti gli uomini sono fratelli. Che aprano subito i canali".

Andarono. E il padrone dietro. Si presentarono ad un cancello. E il padrone rimase nascosto dietro il muro di cinta. Chiamarono. Accorsero i conduttori.
"Che volete?"
"Abbiate misericordia di noi. Moriamo. Ci manda il padrone con l'ordine di prendere le acque che ha fatto venire per noi. Dice che le acque a lui le ha date Dio ed egli a voi per noi perchè siamo fratelli, e di aprire subito i canali".

"Ah! Ah!" risero i crudeli. "Fratelli questa turba di cenciosi? Morite? Tanto meglio. Prenderemo i vostri luoghi, vi porteremo là le acque. Allora sì che le porteremo! E faremo quei luoghi buoni. Le acque per voi? Stolti siete! Le acque sono nostre".
"Pietà. Moriamo. Aprite. Lo ordina il padrone".

I cattivi conduttori si consultarono fra loro, poi dissero: "Attendete un momento" e corsero via. Poi tornarono ed aprirono. Ma avevano i cani e pesanti randelli.... I poveri ebbero paura. " Entrate, entrate... Non entrate ora che vi abbiamo aperto? Poi direte che non fummo generosi...." Un incauto entrò e una grandine di bastonate gli piovve addosso mentre i cani, levati di catena, si avventavano sugli altri.

Il padrone uscì da dietro il muro. "Cosa fate, crudeli? Ora vi conosco, voi e i vostri animali, e vi colpisco" e con le frecce frecciò i cani ed entrò poi, severo e irato. "Così è che eseguite i miei ordini? Per questo vi ho dato queste ricchezze? Chiamate tutti i vostri. Vi voglio parlare. E voi" disse rivolto ai servi assetati, " entrate con le vostre donne e bambini, pecore e asini, colombi e ogni animale, e bevete, e rinfrescatevi, e cogliete queste frutta succose, e voi, piccoli innocenti, correte fra i fiori. Godete. Giustizia è nel cuore del buon padrone e giustizia sarà per tutti".


E mentre gli assetati correvano alle cisterne, si tuffavano nelle piscine, e il bestiame alle vasche, e tutto era tripudio per essi, gli altri accorrevano da ogni parte paurosi.


Il padrone salì sull'orlo di una cisterna e disse: "Avevo fatto questi lavori e vi avevo fatto depositari del mio comando e di questo tesoro perchè vi avevo eletti a miei ministri. Nella prova avete fallito. Parevate buoni. Dovevate esserlo perchè il benessere dovrebbe rendere buoni, riconoscenti verso il benefattore, ed io vi avevo sempre benificato dandovi la conduzione di queste terre irrigue. L'abbondanza e l'elezione vi ha fatti duri di cuore, aridi più delle terre che avete reso del tutto aride, malati più di questi arsi di sete. Perchè essi con l'acqua possono guarire mentre voi, con l'egoismo, avete arso il vostro spirito e difficilmente guarirà e con molta fatica tornerà in voi l'acqua della carità. Ora io vi punisco. Andate nelle terre di questi e soffrite ciò che essi soffrirono."
"Pietà, signore! Pietà di noi! Ci vuoi dunque far perire? Meno pietoso tu per noi uomini che noi per gli animali?"

"E questi che sono? Non sono uomini vostri fratelli? Che pietà aveste? Vi chiedevano acqua, deste colpi di bastone e sarcasmo. Vi chiedevano ciò che è mio e che io avevo dato, e voi lo negaste dicendolo vostro. Di chi le acque? Neppur io dico che l'acqua del lago è mia se anche mio è il lago. L'acqua è di Dio. Chi di voi ha creato una sola goccia di rugiada? Andate!.... E a voi dico, a voi che avete sofferto: siate buoni. Fate loro ciò che avreste voluto fatto a voi fatto. Aprite i canali che essi hanno chiusi e fate defluire le acque ad essi, non appena potrete. Vi faccio i miei distributori a questi colpevoli fratelli ai quali lascio il modo e il tempo di redimersi. E il Signore Altissimo più di me vi affida la ricchezza delle sue acque perchè voi diveniate la provvidenza di chi ne è privo. Se saprete far questo con amore e giustizia accontentandovi del necessario, dando il superfluo ai miseri, essendo giusti, non dicendo vostro ciò che è dono avuto e più che dono deposito, grande sarà la vostra pace, e l'amore di Dio e il mio saranno sempre con voi."



sabato 13 aprile 2013

ATTENZIONE alla menzogna distruttiva


Sotto la protezione di Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)




Chiediamo tutti protezione e aiuto
a Santa Teresa Benedetta 
della Croce
(Edith Stein),
la santa che, davanti alla Croce,
ha esclamato:
 Per la prima volta mi apparve visibilmente
la Chiesa, 
nata dalla Passione di Cristo
e vittoriosa sulla morte.

In quel momento stesso la mia
incredulità cedette,

il giudaismo impallidì
ai miei occhi,
mentre si levava dal mio cuore
la luce di Cristo”


“Illustre figlia di Israele e, allo stesso tempo, figlia del Carmelo”: 

così il Beato Giovanni Paolo II definì Santa Teresa Benedetta della Croce, di cui la Chiesa celebra la memoria liturgica il 9 agosto. Patrona d’Europa insieme a Santa Brigida e Santa Caterina da Siena, Edith Stein era ebrea di nascita, ma dopo un lungo cammino di ricerca scelse di convertirsi al cattolicesimo. 

Diceva: 

“Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no”.

“Suor Teresa Benedetta della Croce dice a noi tutti: 
Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. 
E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! 
L'uno senza l'altra diventa una menzogna distruttiva” 

(beato Giovanni Paolo II).

Corda Jesu et Mariae Sacratissima
nos benedicant et custodiant!


mercoledì 6 febbraio 2013

I cinque alberi del PICCOLO NULLA, Beata Maria di Gesù Crocifisso.


«Ed ho aperto una mela e vi ho trovato in mezzo cinque piccoli scomparti che formavano una stella, e dentro vi si trovavano i semi.

Durante l'orazione, ho visto una bella mela, essa è diventata marcia sotto i miei occhi; e quando è stata completamente fradicia, i semi del cuore della mela, sono germinati: sono spuntati cinque alberi. Il chicco più basso ha prodotto l'albero più alto, il chicco che seguiva ha prodotto un albero un po' più piccolo e i tre chicchi più in alto hanno prodotto alberi ancora più piccoli. 
Le cinque radici di questi al­beri erano talmente unite ed intrecciate, da formare una sola radice, e così si soste­nevano le une con le altre.

L' albero più alto portava frutti maturi, che si immergevano in acqua, e quest'ac­qua bagnava la radice che nutriva gli altri alberi; quest'albero più alto si chiama l'albero dell'amore.

Il secondo, un po' più piccolo, portava frutti che pendevano dalla parte della ter­ra e pareva volesse offrirli; quest'albero è quello della carità.

Il terzo non sembrava che si appoggiasse a terra e le sue radici pareva che fos­sero nell'aria e si sarebbe detto che stesse per cadere: quest'albero è quello del­l'abbandono.

Il quarto era tutto spoglio come gli alberi durante l'inverno ma, nello stesso tem­po, era pieno di vita: quest'albero è quello della povertà.

Il quinto era verde e coperto di frutti ma questi frutti erano in basso e come na­scosti e non si vedevano: quest'albero è quello dell'umiltà.
*
Ho visto in seguito altri cinque alberi.

Il primo portava un frutto corposo e soli­do al vedersi, ma marcio e come fosse pieno di fumo all'interno: questo è l'amore di sé e di tutto ciò che è sulla terra, il che indurisce talmente il frutto che finisce per imputridirsi.

Il secondo aveva i rami elevati e nessuno poteva raggiungerli per cogliere il frut­to; questo frutto, del resto, era raro e macchiato per la malattia: è l'avarizia che ha paura di spogliarsi, se dona; il che fa sì che il frutto si guasti e cada.

Il terzo aveva le radici profondamente radicate; ed è l'attaccamento alle cose create.

Il quarto sembrava coperto di foglie e di frutti e molto bello: sono le ricchezze, frutti che marciscono alla minima nevicata, o al più piccolo freddo.

Il quinto portava molti frutti, tanto che essi nascondevano le foglie: è l'orgoglio, che appare ricchissimo agli occhi degli uomini ma il minimo soffio di vento, la più piccola contrarietà, fa cadere questo frutto e quelli che lo vogliono mangiare lo tro­vano amaro».

Recordare nostri, Domina, 
et non apprehendent nos mala

domenica 25 marzo 2012

"Gesù solo è il mio re; preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo re­gno, le tue belle campagne, i tuoi polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane sec­co con Gesù...."


Una nuova lotta si ingaggiò tra il demonio e la novizia: 

Ti sei riposata, le disse Satana, invece di lavorare. 

«Sì, mi sono coricata, rispose lei, per obbedienza; pre­ferisco più di tutto obbedire». 

Tu ti sei pettinata. 

«Sì, mi sono pettinata per decoro. Gesù ama il decoro, io l'ho fatto per Gesù e non per te: tu sei sporco, vattene! Io offro tutto a Gesù. Se non avessi offerto tutto a Gesù, il resto sarebbe per te, ma io ho offerto tutto. Oh! quanto l'obbedienza è buona: è mio fratello; l'umiltà, è mia madre; la semplicità, è mio padre. L'obbedienza è Gesù; l'umiltà è Maria; la sem­plicità è Giuseppe, ecco i miei modelli. Satana, angelo decaduto, ti disprezzo!». 

Ec­co la mia grandezza, le mie ricchezze; io le do a quelli che mi seguono, sono re. 

«Tu, re! Gesù solo è il mio re; preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo re­gno, le tue belle campagne, i tuoi polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane sec­co con Gesù. Ti disprezzo come una carta straccia. Dici che mi dai delle noci? Vuoi conoscere le mie noci? Le mie noci è sospirare dietro Gesù. E ti sto per dire quale è il mio pane: è Gesù; è la sofferenza di ogni istante, è l'amore: ecco il mio pane, ecco la mia bevanda. Io disprezzo la tua bevanda, la tua acqua zuccherata, la tua ac­qua odorosa. Ho sete di anime, del calice della sofferenza: questa è la mia bevan­da. Tieni per te i tuoi piaceri, le tue ricchezze, i tuoi regni, preferisco la povertà. Tu dici che io diverrò cieca? Tanto meglio: la cecità mi farà andare da Gesù. Gesù sarà la mia luce; l'obbedienza sarà la mia luce. Felici gli occhi sempre chiusi! Gesù sarà la loro luce. Tutto passa sulla terra. Se quaggiù io fossi sempre nelle tenebre e nel­la sofferenza, nel cielo gioirò sempre con mio Padre».

È così che la novizia trionfava sempre sugli assalti di Satana.

LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!

SEMPER  LAUDENTUR!


martedì 13 marzo 2012

Eletti, amici cari, per voi e con voi compirò le Mie più grandi Meraviglie.

raffaellolatrasfigurazionedettaglio_2151820_small.jpg



Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

29.02.12


Eletti, amici cari, per voi e con voi compirò le Mie più grandi Meraviglie. 



Sposa cara, il mondo non si apre al Mio Amore; ma Io, Io, Gesù, realizzerò il Mio Progetto con quelli che lo hanno fatto. Vedrai avvenire fatti grandi e misteriosi, dei quali ti spiegherò il significato.

Mi dici: “Dolce Amore, già molti fatti del genere accadono e fanno inorridire, ma preferisco fermare l’attenzione sui belli che mostrano la Tua Azione nel mondo. Il nemico feroce vuole usare la sua carta; ma ho capito molto bene che egli fa solo ciò che permetti e Tu permetti solo quello che serve alla salvezza delle anime. Dolce Amore, perdona al mondo i suoi misfatti e non lasciarlo in preda del nemico infernale che vuole strapparTi le anime! Dolce Amore, serva l’adorazione dei piccoli più piccoli, serva la supplica per effondere le Grazie di salvezza in grande quantità: se il mondo è inondato di Grazie, certo, molti ancora le possono cogliere e farne tesoro. Questo è il mio pensiero: se un fiume dalle acque abbondanti attraversa la città, certo, nessuno muore di sete; ma, se questo inaridisce, solo pochi si salvano dall’arsura”.

Sposa amata, ascolta bene le Mie Parole e meditale: può un padre far mancare il cibo e la bevanda ai suoi figli? No. Certo, darà quanto basta, ma possono essere i figli che rifiutano il cibo e la bevanda. Piccola Mia sposa, Io, Io, Dio, ho creato ogni uomo, il Mio Amore l’ha voluto; ma non ho creato degli schiavi che devono obbedire a forza di nerbate, ho creato degli uomini liberi che possono fare le loro scelte. Come Padre amoroso dono ciò che serve ad ogni uomo; ma egli può anche rifiutare. Ogni città, sposa amata, ogni città del mondo è attraversata da quel fiume di Grazie e nessuna ne è priva; ma vi sono coloro che si accostano ad esso per dissertarsi e quelli che preferiscono morire di sete. Ho preparato, Io, Io, Dio, un grande banchetto per tutte le genti del mondo e ognuno può trovare il cibo adatto al suo gusto; ma ti dico: vi sono quelli che preferiscono morire di fame.

Mi dici: “Amore Santissimo, questo l’ho ben compreso, che, cioè, Tu provvedi a tutti perché il Tuo Amore avvolge e permea l’Universo; ma vedo anche che molti Ti rifiutano e vivono miseramente, mentre potrebbero essere ricchi e felici. Rifiutano, infatti, il Tuo Amore e con esso tutto. Mai capirò come questo sia possibile! Ogni uomo, nel profondo, desidera l’Amore; Tu, Gesù, Tu, Santissimo, Tu offri l’Oceano Infinito del Tuo Sentimento ad ogni uomo. Questo Tu fai per saziare la sua sete d’Amore; ma, spesso, egli è tanto stolto da rifiutare, rifiutare, ancora rifiutare! Perdona, Santissimo, perdona l’insipienza umana! Abbi pietà della Tua creatura prediletta e perdona!”

Sposa amata, a lungo, negli intimi colloqui ti ho parlato di un Progetto; ebbene, questo lo realizzerò sicuramente. È già in atto la prima fase che procede più lentamente; le seguenti saranno più celeri. Coloro che Mi amano e cooperano vedranno accadere cose meravigliose, mai accadute. I Miei fedeli amici siano pieni di viva speranza: farò nuova terra e nuovi Cieli per coloro che adorano il Mio Cuore. Resta, felice, in Me, piccola sposa, ed attendi il compimento del Mio Piano. Ti amo.
Vi amo.

                                                                                              Gesù

LAUDETUR JESUS CHRISTUS!

LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR

venerdì 24 febbraio 2012

LO STILE DEL DONO


LO STILE DEL DONO                                                                                   
di LUCA SARDELLA

Avevo poco più di quindici anni quando in parrocchia, alla vigilia dell’estate, il don mi si avvicinò e mi chiese se lo potevo aiutare al campo-scuola con i bambini delle elementari. A quella domanda, sostenuta da grande stima e fiducia, accettai con entusiasmo, ma soltanto alcuni giorni dopo l’inizio di quell’esperienza compresi sul serio a quale responsabilità ero stato chiamato. E così fui costretto a rimettere i piedi per terra.
Il «servizio dell’amore» – richiamato dal Papa ai nuovi cardinali nel Concistoro della scorsa settimana – chiede a chiunque lo prenda sul serio di uscire dalla poesia delle parole, per ritrovarvi la verifica del personale incontro con Gesù. L’amore per Dio, per la Chiesa e per i fratelli non si gioca, infatti, sul «ruolo» che possiamo ricoprire, ma su quella «dedizione assoluta e incondizionata» che è legata al voler bene, alla gratuità e al sacrificio.
Quasi a dirci che anche nel servizio si può correre il rischio di «fare delle cose», pur buone, ma non sostenute dalla carità e quindi incapaci di restituire gioia e profondità alla propria umanità.
Il tema del servizio messo a fuoco da Benedetto XVI – e offerto anche alla nostra vita di giovani – diventa così occasione di riflessione personale, per un esame attento sulla qualità evangelica del nostro servire.
Lo stile del dono, dice il Papa, si esprime attraverso otto caratteristiche.
La prima di queste è l’ amore, cioè l’essere capaci di volere il bene dell’altro.
Il vigore ci rimanda alla passione e all’impegno con i quali ci spendiamo nella responsabilità che ci è affidata, la limpidezza al non cedere alla tentazione dell’ambiguità o del compromesso.
Ma occorrono anche sapienza , quella continua formazione per essere abili a «leggere dentro» gli eventi e la storia delle persone, energia per non scoraggiarsi di fronte ai possibili fallimenti e fortezza per continuare il cammino con speranza, consapevoli che non spetta a noi raccogliere il frutto della nostra semina.
La fedeltà e il coraggio nascono, poi, dal vivere con radicalità la profezia del Vangelo, nella memoria grata della bellezza che ha avuto per la propria vita l’incontro con Dio.
Le otto strade suggerite dal Papa sono impegnative, ma praticabili. E sicuramente possono essere prese come un piccolo promemoria per aiutarci, passo passo, a rileggere i criteri che ispirano il nostro servizio.
Se scelte e percorse con decisione ci possono regalare un grande salto di qualità nel vivere tutti quei piccoli o grandi compiti che ci sono affidati. Perché sia solo lo stile del dono, sull’esempio di Gesù, a riempire di significato il nostro cuore, facendo della propria vita una totale e lieta espressione del «servizio dell’amore».


Da Avvenire, 22 febbraio 2012, pag. 19


Citazioni sul dono.
  • Amare, non è donare qualche cosa, ma soprattutto donare qualcuno. Tu amerai se ti donerai o se ti unirai interamente ai tuoi doni, anche i più materiali. (Michel Quoist)
  • Certe volte accettare è un modo di donare. Forse è il modo più bello di donare, quando due si amano. (Perdutamente tua)
  • Dal dono gratuito dipende l'esistenza stessa di ciò che fa la società, cioè a dire la relazione sociale, sia particolare sia generalizzata. (Pierpaolo Donati)
  • Dona con fede; non dare nulla senza fede. (Taittirīya Upaniṣad)
  • I regali fatti agli amici non sono preda del fato: | avrai soltanto le ricchezze che hai donato. (Marco Valerio Marziale)
  • La gente ricca riceve molti più regali di quella povera; e quello che deve proprio comprare, lo ha sempre molto più a buon prezzo. (Heinrich Böll)
  • Le persone che ci donano la loro piena confidenza credono per questo di avere diritto alla nostra. Ciò è un errore: coi regali non si acquistano diritti. La familiarità del superiore irrita, perché non può essere ricambiata. (Friedrich Nietzsche)
  • Nei migliori dei casi uno regala quello che gli piacerebbe per sé, ma di qualità lievemente inferiore. (Theodor Adorno)
  • Nulla si regala tanto generosamente quanto i propri consigli. (François de la Rochefoucauld)
  • Perciò mi sembra che si debba coltivare l'arte del regalare anche alle cose belle che ci sono vicine e abituali, l'amore e la venerazione che riserviamo a quelle lontane e remote. (Hermann Hesse)
  • Secondo una coscienza messa sull'avviso, nessun dono dovrebbe essere offerto come spettacolo. Non appena è offerto allo sguardo, il dono diventa precario e sospetto. (Jean Starobinski)
  • Tutte le cose del mondo sono simili in questa parte, che bisogna donare a chi comanda, altrimenti t'inganni il passar avanti; e volendoti sostentare col merito, conseguirai l'onore nell'estremo della vecchiaja, se pure allora ti sarà conceduto. Beato però chi col donare può accelerare la sua fortuna. (Filiberto Gherardo Scaglia)
  • Tutto ciò che non viene donato va perduto. (Dominique Lapierre)
  • Vi è più gioia nel dare che nel ricevere! (Gesù)

LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!