Visualizzazione post con etichetta Vladimir S. Solovev. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vladimir S. Solovev. Mostra tutti i post

martedì 16 luglio 2019

Solovev: Descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento.

Vladimir Sergeevic Solovev: un profeta inascoltato

Risultati immagini per Vladimir Sergeevic Solovev: un profeta inascoltato

Vladimir Sergeevic Solovev è morto cento anni fa, il 31 luglio (13 agosto, secondo il nostro calendario gregoriano) dell’anno 1900.

È morto sul limitare del secolo XX: un secolo del quale egli, con singolare acutezza, aveva preannunciato le vicissitudini e i guai; un secolo che avrebbe però tragicamente contraddetto nei fatti e nelle ideologie dominanti i suoi più rilevanti e più originali insegnamenti. È stato dunque, il suo, un magistero profetico e al tempo stesso un magistero largamente inascoltato.

Un magistero profetico


Al tempo del grande filosofo russo, la mentalità più diffusa - nell’ottimismo spensierato della "belle époque" - prevedeva per l’umanità del secolo che stava per cominciare un avvenire sereno: sotto la guida e l’ispirazione della nuova religione del progresso e della solidarietà senza motivazioni trascendenti, i popoli avrebbero conosciuto un’epoca di prosperità, di pace, di giustizia, di sicurezza. Nel ballo Excelsior - una coreografia che negli ultimi anni del secolo XIX aveva avuto uno straordinario successo (e avrebbe poi dato il nome a una serie innumerevoli di teatri, di alberghi, di cinema) - questa nuova religione aveva trovato quasi una sua liturgia. 
Victor Hugo aveva profetizzato:
"Questo secolo è stato grande, il prossimo secolo sarà felice".

Solovev invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati.
Già nel 1882, nel Secondo discorso sopra Dostoevskij, egli parrebbe aver presagito e anticipatamente condannato l’insipienza e l’atrocità del collettivismo tirannico, che qualche decennio dopo avrebbe afflitto la Russia e l’umanità:

"Il mondo - afferma - non deve essere salvato col ricorso alla forza … Ci si può figurare che gli uomini collaborino insieme a qualche grande compito, e che a esso riferiscano e sottomettano tutte le loro attività particolari; ma se questo compito è loro imposto, se esso rappresenta per loro qualcosa di fatale e di incombente, … allora, anche se tale unità abbracciasse tutta l’umanità, non sarà stata raggiunta l’umanità universale, ma si avrà solo un enorme ‘formicaio’" (Edizione ‘La Casa di Matriona’, pp. 65-66); quel ‘formicaio’ che in effetti sarebbe stato poi attuato dall’ideologia ottusa e impietosa di Lenin e di Stalin.

Nell’ultima pubblicazione - I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, opera compiuta la domenica di Pasqua del 1900 - è impressionante rilevare la chiarezza con cui Solovev prevede che il secolo XX sarà "l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni" (Edizione Marietti p. 184). Dopo di che - egli dice - tutto sarà pronto perché perda di significato "la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche" (p. 188). Si arriverà così alla "Unione degli Stati Uniti d’Europa" (p. 195).

Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento.
Egli la raffigura nella icona dell’Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti. In lui, come qui è presentato, non è difficile ravvisare l’emblema, quasi l’ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni: egli - dice Solovev - sarà un "convinto spiritualista", un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo.

Sarà, tra l’altro, anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea "honoris causa" della facoltà di Tubinga.
Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare "con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza" (p. 211).
Nei confronti di Cristo non avrà "un’ostilità di principio" (p. 190); anzi ne apprezzerà l’altissimo insegnamento. Ma non potrà sopportarne - e perciò la censurerà - la sua assoluta "unicità" (p. 190); e dunque non si rassegnerà ad ammettere e a proclamare che egli sia risorto e oggi vivo.

Si delinea qui, come si vede, e viene criticato, un cristianesimo dei "valori", delle "aperture" e del "dialogo", dove pare che resti poco posto alla persona del Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto, e all’evento salvifico.

Abbiamo di che riflettere. La militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; il messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per un’organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che Solovev non abbia davvero previsto ciò che è effettivamente avvenuto, e che non sia proprio questa oggi l’insidia più pericolosa per la "nazione santa" redenta dal sangue di Cristo? È un interrogativo inquietante e non dovrebbe essere eluso.

Un magistero inascoltato


Solovev ha capito come nessun altro il secolo ventesimo, ma il secolo ventesimo non ha capito lui.
Non è che gli siano mancati i riconoscimenti. La qualifica di massimo filosofo russo non gli viene di solito contestata. Von Balthasar ritiene il suo pensiero "la più universale creazione speculativa dell’epoca moderna" (Gloria III, p. 263) e arriva perfino a collocarlo sullo stesso piano di Tommaso d’Aquino.

Ma è innegabile che il secolo ventesimo, nel suo complesso, non gli ha prestato alcuna attenzione e anzi si è puntigliosamente mosso in senso opposto a quello da lui indicato.
Sono lontanissimi dalla visione solovievana della realtà gli atteggiamenti mentali oggi prevalenti, anche in molti cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati. Tra gli altri, tanto per esemplificare:

- l’individualismo egoistico, che sta sempre più segnando di sé l’evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi;
- il soggettivismo morale, che induce a ritenere che sia lecito e perfino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziati dalla norma di comportamento alla quale personalmente ci si attiene;
- il pacifismo e la non-violenza, di matrice tolstoiana, confusi con gli ideali evangelici di pace e di fraternità, così che poi si finisce coll’arrendersi alla prepotenza e si lasciano senza difesa i deboli e gli onesti;
- l’estrinsecismo teologico che, per timore di essere tacciato di integrismo, dimentica l’unità del piano di Dio, rinuncia a irradiare la verità divina in tutti i campi, abdica a ogni impegno di coerenza cristiana.

In special modo il secolo ventesimo - nei suoi percorsi e nei suoi esiti sociali, politici, culturali - ha contraddetto clamorosamente la grande costruzione morale di Solovev.
Egli aveva individuato i postulati etici fondamentali in una triplice primordiale esperienza, nativamente presente in ogni uomo: vale a dire nel pudore, nella pietà verso gli altri, nel sentimento religioso.

Ebbene, il Novecento - dopo una rivoluzione sessuale egoistica e senza saggezza - è approdato a traguardi di permissivismo, di ostentata volgarità e di pubblica spudoratezza, che sembra non aver paragoni adeguati nella vicenda umana.
È stato poi il secolo più oppressivo e più insanguinato della storia, privo di rispetto per la vita umana e privo di misericordia. Non possiamo certo dimenticare l’orrore dello sterminio degli ebrei, che non sarà mai esecrato abbastanza. Ma sarà bene ricordare che non è stato il solo: nessuno ricorda il genocidio degli Armeni a cavallo della prima guerra mondiale; nessuno commemora le decine e decine di milioni uccisi sotto il regime sovietico; nessuno si avventura a fare il conto delle vittime sacrificate inutilmente nelle varie parti del mondo all’utopia comunista.

Quanto al sentimento religioso, durante il secolo ventesimo in oriente è stato per la prima volta proposto e imposto su una vasta parte di umanità l’ateismo di stato, mentre nell’occidente secolarizzato si è diffuso un ateismo edonistico e libertario, fino ad arrivare all’idea grottesca della "morte di Dio".

In conclusione, Solovev è stato indubbiamente un profeta e un maestro; ma un maestro, per così dire, inattuale. Ed è questa, paradossalmente la ragione della sua grandezza e della sua preziosità per il nostro tempo.

Appassionato difensore dell’uomo e allergico a ogni filantropia; apostolo infaticabile della pace e avversario del pacifismo; propugnatore dell’unità tra i cristiani e critico di ogni irenismo; innamorato della natura e lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche: in una parola, amico della verità e nemico dell’ideologia. Proprio di guide come lui abbiamo oggi un estremo bisogno.

AMDG et DVM

martedì 10 settembre 2013

«Come avete udito, deve venire l'anticristo; di fatto ora molti anticristi sono apparsi» (1 Gv 2, 18)

V. S. Solovëv

 Il tema dell'Anticristo nella tradizione cristiana
 
Il discorso sull'Anticristo appartiene al patrimonio della Rivelazione e tutte le generazioni cristiane ne hanno sentito il fascino conturbante.


 
Già il Signore Gesù aveva preannunziato: «Sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli» ( Mt 24,24). San Paolo parla dell'«uomo iniquo», del « figlio della perdizione», di « colui che si contrappone», che dovrà manifestarsi alla fine (cfr. 2 Ts 2,3.4). L'appellativo di «anticristo», che poi entrerà in tutta la tradizione, è usato solo da san Giovanni nella sua prima lettera: «Come avete udito, deve venire l'anticristo; di fatto ora molti anticristi sono apparsi» (1 Gv 2, 18). 


Si vede da questi testi che dall'origine si sviluppa una interpretazione, per così dire, pluralistica: si tratta di molti oppositori al disegno salvifico del Padre, che nelle varie epoche si presentano camuffati da annunciatori del Vangelo e da portatori della salvezza. 



Nella coscienza religiosa russa il tema dell'Anticristo ebbe sempre un rilievo notevole, almeno a partire dall'epoca del «raskol», cioè dello scisma del secolo XVII. Per il campo specificamente letterario basterà ricordare che la celebre trilogia di Merežkovskij, Cristo e l'Anticristo, è praticamente contemporanea allo scritto soleveviano che qui ci interessa. 



Solovëv affronta esplicitamente l'argomento dell'Anticristo solo negli ultimi mesi di vita. Ma esso è sempre stato ben vivo in lui, addirittura a partire dall'età infantile. Si riferisce press'a poco al settimo anno di sua vita quanto egli rivela nell'autobiografia: «L'esaltazione religiosa mi spingeva a diventare monaco; e, in vista della possibile imminente venuta dell'Anticristo, desiderando il martirio per la fede, cominciai a infliggermi dei tormenti» .


 
Da che cosa è connotata la figura dell'Anticristo nel comune sentimento ecclesiale? Ci sono alcuni elementi propri e determinanti. 




- È sostanzialmente e radicalmente un personaggio al servizio del male: il suo scopo è portare l'umanità alla perdizione; il suo mezzo è l'inganno. Poiché l'unico Salvatore del mondo è Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, primariamente contro la persona di Cristo sarà rivolta la sua azione malefica (cfr. 1 Gv 4,3). 




- L'Anticristo esternamente appare come arruolato al servizio del bene e della nostra salvezza. E dal momento che la salvezza nel piano di Dio è contenuta nel Vangelo, egli si ammanta di cristianesimo, propugna «valori» che possono essere intesi come evangelici, usa un linguaggio abbastanza conforme a quello di Gesù, «così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti» ( Mt 24,24). 
San Paolo parla di «falsi apostoli» che «si mascherano da apostoli di Cristo» (2 Cor 11,13); e aggiunge: «Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce» (2 Cor 11,14). 




- Per riconoscere l'Anticristo nella sua vera natura, l'elemento decisivo è il suo rapporto con la persona dell'Uomo-Dio crocifisso e risorto. Su tutti gli argomenti egli può parlare quasi come un autentico discepolo del Signore, anzi come il Signore stesso di cui assumerà le sembianze e il linguaggio; ma a proposito dell'evento salvifico dell'incarnazione e della redenzione non gli è consentito di assimilarsi. Si sa che il cristianesimo non è primariamente un sistema di idee, è un fatto: può dirsi cristiano senza ambiguità non chi condivide in qualche misura e per qualche aspetto la dottrina evangelica, ma chi accoglie il fatto cristiano. Finché si discorre di concetti e di «valori», l'astuzia demoniaca può sempre avere buon gioco, ma davanti all'avvenimento non ci si può travestire. (Card. Biffi).

Il cardinale Biffi e Vladimir Sergeevic Soloviev


Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi


Il Cristianesimo non va ridotto ad una serie di valori condivisi da tutti: è l’ammonimento del cardinale Biffi, nella meditazione dedicata al filosofo russo, Vladimir Solovev

Ieri pomeriggio [febbraio 2007], il cardinale Giacomo Biffi ha offerto al Papa e alla Curia una testimonianza sul tema “L’ammonimento profetico di Vladimir S. Solovev”. Per il porporato, l’insegnamento lasciatoci dal grande filosofo russo è che il Cristianesimo non può essere ridotto ad un insieme di valori. Al centro dell’essere cristiani c’è infatti l’incontro personale con Gesù Cristo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Verranno giorni in cui nella cristianità si tenterà di risolvere il fatto salvifico in una mera serie di valori. E’ un passaggio chiave dell’ultima opera di Vladimir Solovev, I tre dialoghi e il racconto dell'anticristo, al centro delle riflessioni del cardinale Giacomo Biffi. 

Il filosofo russo, morto nell’anno 1900, con grande acume aveva profetizzato le tragedie del XX secolo. Nei Dialoghi, ha ricordato il porporato, l’anticristo si presenta come pacifista, ecologista ed ecumenista. Convocherà un Concilio ecumenico e cercherà il consenso di tutte le confessioni cristiane concedendo qualcosa ad ognuno. Le masse lo seguiranno, tranne dei piccoli gruppetti di cattolici, ortodossi e protestanti. Incalzati dall’anticristo, risponderanno: “Tu ci dai tutto, tranne ciò che ci interessa, Gesù Cristo”. Questo racconto, ha detto il cardinale Biffi, ci è di ammonimento. Oggi, infatti, corriamo il rischio di avere un Cristianesimo che mette tra parentesi Gesù con la sua Croce e Risurrezione. 

Certo, ha aggiunto il porporato, se ci limitassero a parlare di valori condivisibili saremmo ben più accettabili nelle trasmissioni televisive come nei salotti. Ma così avremmo rinunciato a Gesù, alla realtà sconvolgente della Risurrezione. Questo, è stato il suo richiamo, è un pericolo che i cristiani corrono nei nostri tempi. Il Figlio di Dio, ha proseguito, non è traducibile in una serie di buoni progetti omologabili con la mentalità mondana dominante. Tuttavia, ha precisato, ciò non significa una condanna dei valori, che tuttavia vanno sottoposti ad un attento discernimento. 
Ci sono, infatti, valori assoluti come il bene, il vero, il bello. Chi li percepisce e li ama, ama anche Cristo, anche se non lo sa, perché Lui è la verità, la bellezza, la giustizia. 
Ci sono poi valori relativi come la solidarietà, l’amore per la pace e il rispetto per la natura. Se questi si assolutizzano, sradicandosi o perfino contrapponendosi all’annuncio del fatto salvifico, allora questi valori diventano istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della Salvezza. 
Dunque, ha concluso, se il cristiano per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, stempera il fatto salvifico, preclude la sua connessione personale con Gesù e si ritrova dalla parte dell’anticristo.

Radio Vaticana


Quanto e' vera e attuale la riflessione del Cardinale Biffi!!!
Come sarebbe facile per la Chiesa rinunciare a gridare la Verità, come sarebbe agevole conformarsi alla mentalita' di questo secolo, come sarebbe amato e osannato il Papa se rinunciasse a ribadire i principi non negoziabili!
Ma se la Chiesa rinunciasse al suo, attuale, "anticonformismo", seguirebbe davvero gli insegnamenti di Cristo? La risposta, a mio avviso, e' un sonoro NO!
Certo! Ci sono ecclesiastici, anche di alto rango, che dichiarano ai giornali cio' che essi vogliono sentirsi dire, ma e' troppo facile fare i dialoganti quando non si ha la responsabilita' di guidare il gregge di Gesu'.
Leggendo il Cardinale Biffi non posso fare a meno di richiamare alla mia mente il Vangelo delle Beatitudini:


Dal Vangelo di Luca (6,20-26)

Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
"Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti."


Quanto è attuale il Vangelo!

Ecco un'interpretazione in chiave politica:

I fulmini di Biffi: 
«L'Anticristo è pacifista» 

di MARTINO CERVO

L'Anticristo? Più o meno un noglobal. Nelle parole pronunciate dal cardinale in occasione delle meditazioni quaresimali predicate alla curia di Roma (Papa compreso) su invito dello stesso Ratzinger c'è tutto Giacomo Biffi: straordinaria preparazione filosofica, rigore teologico sopraffino, e una buona dose di quell'ironia che don Luigi Giussani aveva definito «affascinante come il sorriso di Dio». Un sorriso certamente a qualcuno deve essere scappato sentendo Biffi, anche se non si può stiracchiarne il pensiero riducendolo a un predicozzo politico. Perché l'ex arcivescovo di Bologna cita uno dei più grandi filosofi di tutta la storia russa, Vladimir Sergeevic Solov'ev (1853-1900, Libero gli ha di recente dedicato un articolo), vecchia frequentazione del cardinale. Il pensatore, nella sua sterminata produzione, annovera "I tre racconti dell'Anticristo" (in Italia l'ha pubblicato Marietti), dove elenca le caratteristiche del capo dei demoni. Caratteristiche che Biffi ha ripreso citando direttamente Solov'ev: «L'Anticristo sarà pacifista, ecologista ed ecumenista (anche «vegetariano», secondo il russo, ndr). Convocherà un concilio ecumenico e cercherà il consenso di tutte le confessioni cristiane concedendo qualcosa ad ognuno». Neanche fosse un premier in crisi. E ancora: «Le masse lo seguiranno, tranne dei piccoli gruppetti di cattolici, ortodossi e protestanti. Incalzati dall'Anticristo, risponderanno: "Tu ci hai dato tutto, tranne ciò che ci interessa: Gesù Cristo"». È qui il centro della lezione quaresimale di Biffi, in straordinaria sintonia con i richiami del Santo Padre: il rischio che il cristianesimo sia ridotto a un'ideologia di buone intenzioni, staccato dalla radicale pretesa che invece lo origina: la morte e resurrezione di Gesù Cristo. Per questo il cardinale ha citato Solov'ev: «Oggi corriamo il rischio», ha detto ai sacerdoti romani, «di avere un cristianesimo che mette tra parentesi la Croce e la resurrezione». Poi la frecciata micidiale: «Certo, se ci limitassimo a parlare di valori condivisibili saremmo ben più accettabili nelle trasmissioni tv e nei salotti...». Ma il prezzo sarebbe «rinunciare a Gesù». Di qui la considerazione secondo cui i valori della solidarietà, della pace e dell'ecologia, «se vengono sradicati o contrapposti all'annuncio del fatto salvifico, diventano istigazioni all'idolatria e ostacoli sulla strada della Salvezza»: «Il Figlio di Dio», ha proseguito, «non è traducibile in una serie di buoni progetti omologabili con la mentalità mondana dominante». E la filosofia di Biffi si affila ulteriormente per calare l'ultima bordata: «Se il cristiano, per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, stempera il fatto salvifico, preclude la sua connessione personale con Gesù e si ritrova dalla parte dell'Anticristo». Con la bandiera della pace, a berciare contro le multinazionali. Così ha parlato l'uomo che dà lezioni al Papa: e il successore di Ruini dovrà tenerne conto.(Libero, 1° marzo 2007)

Memento nostri, Domina,
et ora pro nobis