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giovedì 17 ottobre 2013

La nostra curiosità ci è spesso d'ostacolo nella lettura delle Sacre Scritture...


LA LETTURA DEI LIBRI SACRI

Nei libri sacri si deve cercare la verità, non l'eloquenza. Ogni libro sacro dev'essere letto con lo spirito con il quale fu scritto. In essi dobbiamo cercare più il nostro vantaggio morale che la finezza dell'espressione stilistica. 

Dobbiamo leggere volentieri i libri devoti e scritti con semplicità, come quelli profondi e sublimi. Non t'importi l'autorevolezza dello scrittore, se, cioè, fu uomo di molta o poca cultura, ma ti trascini a leggere solo l'amore della pura verità. 

Non chiedere chi ha detto questo, ma rivolgi la tua attenzione a ciò che viene detto. 

Gli uomini passano, ma "la Verità del Signore resta in eterno" (Sal 116,2). Dio ci parla in modi diversi, senza tenere conto delle persone. 

La nostra curiosità ci è spesso d'ostacolo nella lettura delle Sacre Scritture, quando vogliamo capire a fondo e discutere dove bisognerebbe passar oltre con semplicità. 

Se tu vuoi trarne profitto, leggi con umiltà, con semplicità e con fede, e non aspirare ad avere nome d'uomo di cultura. Interroga volentieri ed ascolta in silenzio le parole dei Santi, né ti dispiacciano gli ammaestramenti dei vecchi; infatti, non vengono riportati senza un utile scopo.

Sant'Antonio Maria Claret
ora pro nobis

domenica 29 settembre 2013

SAN GIROLAMO, SACERDOTE CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA




30 SETTEMBRE
SAN  GIROLAMO,  
SACERDOTE CONFESSORE E 
DOTTORE DELLA CHIESA

L'eremita.

"Non conosco Vitale, non voglio Melezio e ignoro Paolino (Lett. XV, al. LVII), mio è soltanto chi aderisce alla cattedra di Pietro" (Lett. XV, al. LVIII). Così, verso il 376, dalle solitudini della Siria, turbate da rivalità episcopali, che da Antiochia agitavano tutto l'Oriente, scriveva a Papa Damaso un monaco sconosciuto, implorando luce per la sua anima redenta dal sangue del Signore (ibidem).

Girolamo era originario della Dalmazia. Lontano da Stridone, terra semibarbara in cui era nato, ne conservava l'asprezza come linfa vigorosa. Lontano da Roma, dove gli studi di belle lettere e filosofia non avevano saputo preservarlo dalle più tristi cadute. Il timore del giudizio di Dio l'aveva condotto al deserto della Calcide. Sotto un cielo di fuoco, per quattro anni macerò il suo corpo con spaventevoli penitenze e cominciò a sacrificare i suoi gusti ciceroniani allo studio della lingua primitiva dei Libri santi. Era questa, per la sua anima appassionata di classiche bellezze, una migliore e più meritevole penitenza. Il lavoro intrapreso era allora ben più duro che ai nostri giorni, perché oggi lessici, grammatiche e lavori di ogni genere hanno resa più facile la ricerca. Quante volte, scoraggiato, disperò del successo! Però egli aveva già sperimentata la verità della sentenza, che avrebbe formulato più tardi: "Amate la scienza delle Scritture e non amerete i vizi della carne" (Lett. CXXV, al. IV, a Rustico). Partendo perciò dall'alfabeto ebraico, andava compitando continuamente sillabe sibilanti e aspirate (ibidem), l'eroica conquista delle quali gli ricordò sempre quanto gli erano costate, per la durezza da allora impressa - è affermazione sua - alla pronunzia del latino (Lett. XXIX, al. CXXX, a Marcella). Egli impegnò nel lavoro tutta l'energia della sua natura focosa, vi si consacrò per tutta la vita [1].

Dio riconobbe in modo magnifico l'omaggio reso in quel modo alla sua parola e, invece del solo risanamento morale, che aveva sperato, Girolamo raggiunse la santità eccezionale, che oggi noi in lui onoriamo e dalle lotte del deserto, per altri in apparenza sterili, usciva uno di quegli uomini dei quali è stato detto: Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo (Mt 5,13-14). Dio metteva a tempo giusto sul candeliere questa luce, per rischiarare tutti quelli che sono nella casa(ivi 15).

Il segretario del Papa.
Roma rivedeva molto trasformato il brillante studente di altri tempi, proclamato ormai degno del sacerdozio, per la santità, la scienza e l'umiltà (Lett. XLV, al. XCIX, ad Asella). Damaso, dottore vergine della Chiesa vergine (Lett. XLVIII, al. L, a Pammachio), lo incaricava di rispondere a suo nome alle consultazioni dell'Oriente e dell'Occidente (Lett. CXXIII, al. XI, ad Ageruchia), e otteneva che cominciasse i grandi lavori scritturali, che dovevano rendere il suo nome immortale e assicurarlo alla riconoscenza del popolo cristiano, con la revisione del Nuovo Testamento latino sul testo originale greco.


Il vendicatore di Maria.
Intanto Girolamo si rivelava polemista incomparabile con la confutazione di Elvidio, che osava mettere in dubbio la perpetua verginità di Maria, Madre di Dio. In seguito, Gioviniano, Vigilanzio, Pelagio ed altri ancora dovevano provarne il vigore. E Maria, ricompensando il suo onore così vendicato, gli conduceva tutte le anime nobili, perché le guidasse nella via della virtù, che sono l'onore della terra e perché, con il sale delle Scritture, le preservasse dalla corruzione di cui l'impero stava ormai morendo.


Il direttore di anime.
Ecco un fenomeno strano per lo storico che non ha fede: attorno a questo Dalmata, mentre la Roma dei Cesari agonizza, brillano i nomi più belli di Roma antica. Creduti estinti, quando la gloria della città regina si era offuscata nelle mani dei plebei arricchiti; nel momento critico in cui, purificata dalle fiamme appiccate dai Barbari, la capitale da essi data al mondo sta per riprendere il suo destino, essi ricompaiono, come per diritto di nascita, a fondare Roma un'altra volta per la sua vera eternità. La lotta ormai è un'altra, ma il loro posto rimane in testa all'armata che salverà il mondo. Sono rari fra noi i saggi, i potenti, i nobili, diceva l'Apostolo quattro secoli prima (1Cor 1,26) e Girolamo protesta; nei nostri tempi sono numerosi, numerosi in mezzo ai monaci (Lett. LXVI, al. XXVI, a Pammachio).
La falange patrizia costituisce la parte migliore dell'armata monastica, al suo sorgere in occidente, e le comunica per sempre il suo carattere di antica grandezza, ma nei suoi ranghi, con titolo eguale a quello dei padri e dei fratelli, si vedono le vergini e le vedove, talvolta le spose, insieme e lo sposo. È Marcella la prima ad ottenere la direzione di Girolamo e sarà Marcella che, scomparso il maestro, diventerà, nonostante la sua umiltà, l'oracolo consultato da tutti nelle difficoltà relative alle Scritture [2]. Seguono Marcella: Furia, Fabiola, Paola, nomi che ricordano i grandi avi, i Camilli, i Fabii, gli Scipioni.
Per il principe del mondo, Satana (Gv 14,30), che credeva ormai sue per sempre le glorie dell'antica città, è troppo e le ore del Santo nella città sono contate. Figlia di Paola, Eustochio aveva meritato di vedersi indirizzato il manifesto sublime, ma pieno di tempesta, in cui Gerolamo, esaltando la verginità, non ha paura di sollevare contro di sé con verve mordente la congiura di falsi monaci, di vergini folli e di chierici indegni (Lett. XXII, a Eustochio, sulla custodia della verginità). Invano la prudente Marcella prevede l'uragano, Girolamo non l'ascolta e osa dire ciò che altri osano fare (Lett. XXVII, al. CXX, a Marcella), ma ha fatto i conti senza la morte di Damaso, che sopravviene in quel momento.


A Betlemme.
Trascinato dal turbine, il giustiziere ritorna al deserto: non più Calcide, ma la quieta Betlemme, dove i ricordi dell'infanzia del Signore attirano questo forte tra i forti, dove Paola e la figlia vengono a stabilirsi, per non perdere i suoi insegnamenti, che preferiscono a tutto, per addolcire la sua amarezza, per medicare le ferite del leone dalla voce possente, che continua a destare echi in Occidente. Onore a queste valorose! La loro fedeltà, la loro sete di sapere, le loro pie importunità procureranno al mondo un tesoro che non ha prezzo: la traduzione autentica dei Libri santi (Conc. Trid. Sess. IV) che l'imperfezione dell'antica versione Italica e le sue varianti, diventate senza numero, hanno resa necessaria davanti ai Giudei, che accusano la Chiesa di aver falsato la Scrittura.
Ogni nuova traduzione destava nuove critiche, non sempre mosse dall'odio: riserve di paurosi, allarmati per l'autorità dei Settanta, grandissima nella sinagoga e nella Chiesa, rifiuti interessati di possessori di manoscritti dalle pagine di porpora, dalle splendide unciali, dalle lettere miniate in argento e oro, che sarebbero stati deprezzati. "Si tengano la loro metallurgia e ci lascino i nostri poveri quaderni - grida san Girolamo esasperato". "Siete proprio voi che mi costringete a subire tante sciocchezze e tante ingiurie, dice alle ispiratrici del suo lavoro, ma, per tagliar alla radice il male, sarebbe meglio impormi il silenzio". Ma la madre e la figlia non la pensavano a quel modo e Girolamo si adattava. "Quia vos cogitis... cogor... cogitis... " (passim).
Tutte le sante amicizie di un tempo facevano parte, da lontano, di questa attività studiosa e Girolamo a nessuno rifiutava il concorso della sua scienza e si scusava amabilmente del fatto che una metà del genere umano gli sembrava più privilegiata: "Principia, figlia mia in Gesù Cristo, io so che molti trovano cosa non buona che io qualche volta scriva a donne; mi si lasci dire ai miei detrattori: Non risponderei a donne, se mi interrogassero sulle Scritture gli uomini" (Lett. LXV, al. CXL, a Principia).
Un messaggio desta esultanza nei monasteri fondati in Efrata: da un fratello di Eustochio e da Leta, figlia cristiana di Albino, sacerdote pagano, è nata a Roma un'altra Paola. Consacrata allo Sposo prima ancora della nascita, balbetta in braccio al sacerdote di Giove l'Alleluia dei cristiani e sa che, oltre i monti e oltre il mare, ha un altro nonno e una zia totalmente consacrata a Dio e vuol partire. Girolamo scrive alla madre gioiosa: "Mandatela e io le sarò maestro e balio, la porterò sulle mie vecchie spalle, aiuterò la sua bocca balbettante a formare le parole, fiero più ancora di Aristotele, perché egli allevava soltanto un re di Macedonia e io invece preparerò al Cristo un'ancella, una sposa, una regina, destinata ad aver posto nei cieli" (Lett. CVII, al. VII, a Leta).


Gli ultimi giorni.
E Betlemme vide la dolce bambina. Giovanissima ancora, assumeva la responsabilità di continuarvi l'opera dei suoi e, presso il vegliardo morente, fu l'angelo del passaggio da questo mondo alla eternità.
L'ora dei profondi distacchi aveva preceduto il momento supremo. La prima Paola partì cantando: Ho preferito vivere umile nella casa di Dio che abitare nelle tende dei peccatori (Sal 83,11. Lett. CVIII, al. XXVII, a Eustochio). Di fronte alla prostrazione mortale, che parve annientare per sempre Girolamo (Lett. XCIX, al. XXXI, a Teofilo) Eustochio, affranta, respinse le sue lacrime e, per le pressioni della figlia, riprese a vivere, per mantenere le promesse fatte alla madre. La vediamo completare le traduzioni, riprendere i commenti del testo, passare da Isaia al Profeta Ezechiele quando sul mondo e su di essa cade il dolore inesprimibile del tempo: "Roma è caduta, si è spenta la luce della terra, in una città sola si è accasciato il mondo. Che cosa fare, se non tacere e pensare ai morti?".

Bisognava però pensare più ancora ai moltissimi fuggitivi, che, spogliati di tutto, giungevano ai Luoghi santi e Girolamo, l'implacabile lottatore, non sapeva risparmiare il suo cuore e le sue lacrime ad alcuno degli sventurati. Più ancora che insegnare la Scrittura, desiderando praticarla, dedicava il suo tempo all'ospitalità e per lo studio restava solo la notte ai suoi occhi quasi ciechi. Ma gli studi gli erano tuttavia carissimi, dimenticava in essi le miserie del giorno e si riempiva di gioia nel rispondere ai desideri della figlia che Dio gli aveva dato. Si leggano le prefazioni ai quattordici libri di Ezechiele e si vedrà quale parte ebbe la vergine di Cristo nell'opera strappata alle angosce del tempo, alle infermità di Girolamo e alle sue ultime lotte contro l'eresia. Si è detto che l'eresia profittava dello scompiglio del mondo per manifestare nuove audacie. Forti dell'appoggio del vescovo di Gerusalemme, i Pelagiani si armarono una notte di torcia e di spada e si gettarono all'assassinio e all'incendio sul monastero di Girolamo e sulle vergini, che dopo la morte di Paola riconoscevano per madre Eustochio. Virilmente affiancata dalla nipote, Paola la giovane, la santa raccolse le sue figliuole e riuscì ad aprirsi un passaggio in mezzo alle fiamme. Ma l'ansietà della terribile notte aveva consumate le sue forze e Girolamo la seppellì presso la mangiatoia del Dio Bambino, come la madre e, lasciando incompiuto il suo commento a Geremia, si dispose egli pure a morire.
VITA. - San Girolamo nacque a Stridone in Dalmazia tra il 340 e il 345 da genitori che lo inviarono poi a Roma a studiarvi grammatica e retorica. Preso per qualche tempo dai piaceri e dal desiderio di successi, presto ne fu stanco e chiese il battesimo a Papa Liberio. Dopo un soggiorno alla corte imperiale di Treviri, si ritirò ad Aquileia, e, poco appresso, partì per l'Oriente. Dimorò ad Antiochia nella Quaresima del 374 o 375 e, caduto gravemente infermo, promise di non leggere più libri profani. Guarito, parti per il deserto di Calcide, a sud-est di Antiochia, dove visse in romitaggio e imparò l'Ebraico. Tornato ad Antiochia, fu ordinato sacerdote e si portò a Costantinopoli, dove incontrò san Gregorio di Nazianzo. Nel 382 era a Roma e Papa Damaso lo scelse per segretario, gli consigliò di studiare la Sacra Scrittura e di rivedere la traduzione dei Vangeli e del Salterio. Allo studio unì la predicazione e la direzione spirituale. Dopo la morte del Papa, avvenuta nel 384, lasciò Roma e con Paola ed Eustochio, visitò la Palestina, l'Egitto e si stabilì a Betlemme nel 386. Paola costruì un monastero per lui e per i suoi compagni e un altro per sé e per le sue figlie. La sua vita fu da allora tutta conservata allo studio della Scrittura, alla traduzione dei Libri santi, alla direzione spirituale con Conferenze e Lettere. Morì nel 419 o nel 420, a 92 anni e il suo corpo è venerato a Roma, nella Chiesa di S. Maria Maggiore.

Il Santo.

Tu completi, o santo illustre, la brillante costellazione dei Dottori nel cielo della santa Chiesa. Già si annunzia l'aurora del giorno eterno e il Sole di giustizia apparirà presto sulla valle del giudizio. Modello di penitenza, insegnaci il timore, che preserva o ripara, guidaci nelle vie austere dell'espiazione. Monaco, storico di grandi monaci, padre di solitari, come te attirati a Betlemme dal profumo dell'Infanzia divina, mantieni lo spirito di lavoro e di preghiera nell'Ordine monastico in cui parecchie famiglie hanno preso da te il nome. Flagello degli eretici, stringici alla fede romana, zelatore del gregge, preservaci dai lupi e dai mercenari, vendicatore di Maria, ottieni che fiorisca sempre sulla terra la verginità.


Il Dottore.
La tua gloria o Girolamo, partecipa della gloria dell'Agnello. La chiave di Davide(Ap 3,7) ti fu data per aprire i sigilli molteplici delle Scritture e, sotto il velo delle parole, mostrarci Gesù. Oggi la Chiesa della terra canta le tue lodi per questo e per questo ti presenta ai suoi figli come l'interprete ufficiale del Libro ispirato, che la guida al suo destino. Gradisci, col suo omaggio, la nostra personale gratitudine. Per le tue preghiere, possa il Signore ridarci il rispetto e l'amore che la sua divina parola merita e, per i tuoi meriti, si moltiplichino attorno al sacro deposito i dotti e le loro sapienti ricerche. Ma tutti sappiano che, se si vuole capire Dio, lo si ascolta in ginocchio. Dio si accetta, non si discute anche se, nella interpretazione diversa che possono avere i suoi messaggi, è lecita la ricerca, sotto il controllo della Chiesa, per scoprire il vero; anche se è cosa lodevole scrutarne senza fine la profondità augusta. Beato chi ti segue in questo studio santo! L'hai detto tu: "Vivere in mezzo a tanti tesori, sprofondarsi in essi, non saper altro, non cercar altro, non è forse questo abitare già in cielo, mentre siamo ancora sulla terra? Impariamo nel tempo ciò che dovremo conoscere per l'eternità" (Lett. LIV, a Paolino).


[1] Hebraeam linguam, quam ego ab adolescentia multo labore ac sudore ex parte didici, et infatigabili meditatione non desero, ne ipse ab ea deserar (Lett. CVIII, l. XXVII, a Eustochio).
[2] Lett. CXXVII, l. XVI, a Principia. Et quia valde prudens erat, sic ad interrogata respondebat, ut etiam sua non sua diceret .... ne virili sexui, et interdum sacerdotibus de obscuris et ambiguis sciscitantibus, tacere videretur iniuriam.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1118-1124

giovedì 1 agosto 2013

Il rosario, la Sacra Scrittura e l’Eucarestia.


Cari figli, sono vostra Madre Addolorata e soffro per quello che vi attende. Inginocchiatevi in preghiera. Verranno giorni difficili per l’umanità. 

Gli uomini e le donne di fede piangeranno e si lamenteranno. 

Vi chiedo di essere fedeli a Gesù. Aprite i vostri cuori e credete fermamente nel Vangelo. 

Il mio Gesù vi parla. Ascoltatelo. Non allontanatevi dalla verità. 

Sono venuta dal Cielo per chiamarvi alla conversione. Siate docili. Solo quelli che sono fedeli a Gesù resteranno nella verità. 

Ecco il tempo della grande battaglia spirituale. Le armi che vi offro per questo combattimento sono: il rosario, la Sacra Scrittura e l’Eucarestia. Restate sul cammino che vi ho indicato e sarete vittoriosi. Abbiate coraggio.

Quando tutto sembrerà perduto arriverà per voi una grande vittoria. Avanti. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. 

Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

VIRGO POTENS

sabato 15 giugno 2013

Esiste un unico Dio e ... il mondo non è l’arena di potenze oscure, ma la creazione della sua parola.



La simbologia presente nel racconto della creazione: qual è il suo significato?

tratto da Joseph Ratzinger, In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, Parte II - Il senso dei racconti biblici della creazione, § Il significato permanente degli elementi simbolici del testo, pp. 43-45

Il significato permanente 
degli elementi simbolici del testo

Dopo queste due riflessioni, con cui abbiamo approfondito le nozioni fondamentali della prima meditazione, dobbiamo fare un passo avanti.
Finora abbiamo visto che i racconti biblici della creazione sono un modo di parlare della realtà diverso [43] da quella proprio della fisica e della biologia. Essi non descrivono il processo del divenire e la struttura matematica della materia, ma dicono in molteplici modi che esiste un unico Dio e che il mondo non è l’arena di potenze oscure, ma la creazione della sua parola. Questo però non significa che le singole disposizione del testo biblico perdano ora qualsiasi significato e che rimanga per così dire valido solo questo nucleo.

Anch’esse sono un’espressione di verità, anche se naturalmente in modo diverso dalla fisica e dalla biologia. Esse sono verità nella maniera del simbolo, nella maniera in cui, per esempio, una vetrata gotica ci permette di conoscere qualcosa di molto profondo mediante il gioco delle sue luci e dei suoi segni.

Mi limiterò a illustrare due elementi.
Primo. Il racconto biblico della creazione è contraddistinto da numeri che esprimono non la struttura matematica del mondo bensì, per così dire, il modello intrinseco del suo tessuto, l’idea secondo cui è costruito.

I numeri dominanti sono il 3, il 4, il 7, il 10.
Dieci volte leggiamo nel racconto della creazione: «Dio disse». In tal mondo esso prelude già alle dieci parole, ai dieci comandamenti. Ci fa capire che i [44] dieci comandamenti sono l’eco della creazione, non regole arbitrarie con cui si limita la libertà dell’uomo; sono introduzione allo spirito, al linguaggio e al senso della creazione; sono linguaggio tradotto del mondo, logica tradotta di Dio, che ha costruito il mondo.
Il numero dominante è il 7; con lo schema dei sette giorni dà una caratterizzazione tipica al tutto. Si tratta del numero di una fase lunare; questo racconto ci dice allora che il ritmo dell’astro a noi vicino ci indica anche il ritmo della vita umana. Veniamo così a sapere che noi uomini non siamo prigionieri del nostro piccolo io ma siamo immersi nel ritmo dell’universo; che possiamo apprendere dal cielo anche il ritmo, il movimento della nostra vita e possiamo così inserirci nel movimento razionale dell’universale. Nella Bibbia questo pensiero avrà un ulteriore sviluppo nell’affermazione che il ritmo degli astri è in senso più profondo espressione del ritmo del cuore, del ritmo dell’amore di Dio che ivi si manifesta [nota 1].






[nota 1] Per l’esegesi del racconto della Genesi, oltre al commento fondamentale di Westermann, ricordiamo: G. von Rad, Des erstre Buch Mose (ATD 2-4), Göttingen 19647; J. Scharbert, Genesis 1-11, Würzburg 1983. [60]

domenica 19 maggio 2013

I " 4 " GRANDI TESORI CHE POSSEDIAMO SULLA TERRA


4 SONO I GRANDI TESORI CHE POSSEDIAMO SULLA TERRA


La Bontà divina ci ha dato quattro grandi tesori.


Il primo è la Santissima Eucaristia, che racchiude in sé tutto ciò che vi è di più ricco, prezioso e ammirabile nel tempo e nell'eternità, in tutti gli Angeli e in tutti i Santi, nella Regina degli Angeli e dei Santi, nella Sacra Umanità del Figlio di Dio e nella sua Divinità, nella Divina Essenza e nelle tre Persone Eterne.


Il secondo tesoro è la Sacra Scrittura, contenente tutte le Verità, tutti gli oracoli, tutti i misteri e tutti i segreti della Divinità. Ecco perché sant'Agostino e san Gregorio dicono che essa è il Cuore di Dio.


Il terzo tesoro sono le sacre reliquie dei Santi che la Chiesa possiede, conserva ed onora come un prezioso tesoro del suo divino Sposo.
Il nostro amabile Salvatore, infatti, parlando a santa Brigida delle reliquie dei suoi santi, le chiama il suo tesoro e, in tre occasioni differenti, specialmente nel capitolo 114 del IV libro e nel capitolo 4 del VII libro delle sue Rivelazioni a questa Santa. Ecco le sue parole: "Voglio parlarti - le dice -, di un tesoro che non è ancora in Cielo, ma che avete con voi sulla terra. E' il tesoro delle reliquie e i corpi dei miei amici. Che siano tutti interi o no, che siano ridotti in cenere o in polvere o no, infatti, ti dico con certezza che sono il mio tesoro, e là dov'è il mio tesoro, vi è anche il mio Cuore" (Vedi anche Revel. extrav. cap. 59).  Giudicate da qui quale venerazione e devozione si devono avere per le sante reliquie.


Finalmente il quarto tesoro è il CUORE ammirabile della gloriosa Vergine, che contiene ricchezze indicibili.
In primo luogo è il tesoro dell'amore dell'Eterno Padre ...
In secondo luogo è il Tesoro del Figlio unico di Dio ...
Ma è anche il Tesoro della carità dello Spirito Santo, poiché è in questo tesoro che Egli ha riversato un oceano di grazie: tutte le grazie dei santi Patriarchi e Profeti, Apostoli ed Evangelisti, Martiri e Sacerdoti e Leviti, Confessori e Vergini, tutte le grazie di tutti gli altri santi e tutte le grazie gratuite. E' in questo Tesoro che questo Divino Spirito ha posto tutte le virtù teologali, cardinali e morali in un grado incomparabilmente più alto di quanto non siano nei cuori di tutti gli angeli e di tutti i santi. Altresì vi ha messo tutti i Suoi Doni, tutti i suoi Frutti e le otto Beatitudini evangeliche.  E' per questo che si può ben dire - con sant'Andrea di Creta - che questo Cuore Sacratissimo è il Tesoro di tutta la santità: "Sanctissimus omnis sanctitatis thesaurus".


Da Il Cuore ammirabile della Santissima Madre di Dio di San Giovanni Eudes.

MEMENTO, DOMINA, VERBI TUI
SERVO TUO
IN QUO MIHI SPEM DEDISTI

mercoledì 1 maggio 2013

4 SONO I GRANDI TESORI CHE POSSEDIAMO SULLA TERRA


La Bontà divina ci ha dato quattro grandi tesori.


Il primo è la Santissima Eucaristia, che racchiude in sé tutto ciò che vi è di più ricco, prezioso e ammirabile nel tempo e nell'eternità, in tutti gli Angeli e in tutti i Santi, nella Regina degli Angeli e dei Santi, nella Sacra Umanità del Figlio di Dio e nella sua Divinità, nella Divina Essenza e nelle tre Persone Eterne.



Il secondo tesoro è la Sacra Scrittura, contenente tutte le Verità, tutti gli oracoli, tutti i misteri e tutti i segreti della Divinità. Ecco perché sant'Agostino e san Gregorio dicono che essa è il Cuore di Dio.



Il terzo tesoro sono le sacre reliquie dei Santi che la Chiesa possiede, conserva ed onora come un prezioso tesoro del suo divino Sposo.
Il nostro amabile Salvatore, infatti, parlando a santa Brigida delle reliquie dei suoi santi, le chiama il suo tesoro e, in tre occasioni differenti, specialmente nel capitolo 114 del IV libro e nel capitolo 4 del VII libro delle sue Rivelazioni a questa Santa. Ecco le sue parole: "Voglio parlarti - le dice -, di un tesoro che non è ancora in Cielo, ma che avete con voi sulla terra. E' il tesoro delle reliquie e i corpi dei miei amici. Che siano tutti interi o no, che siano ridotti in cenere o in polvere o no, infatti, ti dico con certezza che sono il mio tesoro, e là dov'è il mio tesoro, vi è anche il mio Cuore" (Vedi anche Revel. extrav. cap. 59).  Giudicate da qui quale venerazione e devozione si devono avere per le sante reliquie.


Finalmente il quarto tesoro è il CUORE ammirabile della gloriosa Vergine, che contiene ricchezze indicibili.
In primo luogo è il tesoro dell'amore dell'Eterno Padre ...
In secondo luogo è il Tesoro del Figlio unico di Dio ...
Ma è anche il Tesoro della carità dello Spirito Santo, poiché è in questo tesoro che Egli ha riversato un oceano di grazie: tutte le grazie dei santi Patriarchi e Profeti, Apostoli ed Evangelisti, Martiri e Sacerdoti e Leviti, Confessori e Vergini, tutte le grazie di tutti gli altri santi e tutte le grazie gratuite. E' in questo Tesoro che questo Divino Spirito ha posto tutte le virtù teologali, cardinali e morali in un grado incomparabilmente più alto di quanto non siano nei cuori di tutti gli angeli e di tutti i santi. Altresì ha messo tutti i Suoi Doni, tutti i suoi Frutti e le otto Beatitudini evangeliche.  E' per questo che si può ben dire - con sant'Andrea di Creta - che questo Cuore Sacratissimo è il Tesoro di tutta la santità: "Sanctissimus omnis sanctitatis thesaurus".


Da Il Cuore ammirabile della Santissima Madre di Dio di San Giovanni Eudes.


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PRIMO MAGGIO 2013 e 4 Grandi Tesori



San Giuseppe artigiano


La festa liturgica di San Giuseppe artigiano dev'essere "un giorno di giubilo per il concreto e progressivo trionfo degli ideali cristiani della grande famiglia del lavoro" (Venerabile Pio XII, Papa). Perché così avvenga ispiriamoci tutti all'insegnamento paolino che oggi la Liturgia ci offre e all'esempio di San Giuseppe, capo della Sacra Famiglia di Nazareth, che ha incarnato queste Parole di vita.




"Fratelli, 14 rivestitevi della carità, che è vincolo di perfezione. 15E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!
 17E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre.
 23Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, 24sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l’eredità. Servite il Signore che è Cristo!".

Bonitas Domini Dei nostri
sit super nos, et opus manuum nostrarum
secunda nobis,..alleluja. Ps. 89, 17


4 SONO I GRANDI TESORI CHE POSSEDIAMO SULLA TERRA


La Bontà divina ci ha dato quattro grandi tesori.


Il primo è la Santissima Eucaristia, che racchiude in sé tutto ciò che vi è di più ricco, prezioso e ammirabile nel tempo e nell'eternità, in tutti gli Angeli e in tutti i Santi, nella Regina degli Angeli e dei Santi, nella Sacra Umanità del Figlio di Dio e nella sua Divinità, nella Divina Essenza e nelle tre Persone Eterne.


Il secondo tesoro è la Sacra Scrittura, contenente tutte le Verità, tutti gli oracoli, tutti i misteri e tutti i segreti della Divinità. Ecco perché sant'Agostino e san Gregorio dicono che essa è il Cuore di Dio.


Il terzo tesoro sono le sacre reliquie dei Santi che la Chiesa possiede, conserva ed onora come un prezioso tesoro del suo divino Sposo.
Il nostro amabile Salvatore, infatti, parlando a santa Brigida delle reliquie dei suoi santi, le chiama il suo tesoro e, in tre occasioni differenti, specialmente nel capitolo 114 del IV libro e nel capitolo 4 del VII libro delle sue Rivelazioni a questa Santa. Ecco le sue parole: "Voglio parlarti - le dice -, di un tesoro che non è ancora in Cielo, ma che avete con voi sulla terra. E' il tesoro delle reliquie e i corpi dei miei amici. Che siano tutti interi o no, che siano ridotti in cenere o in polvere o no, infatti, ti dico con certezza che sono il mio tesoro, e là dov'è il mio tesoro, vi è anche il mio Cuore" (Vedi anche Revel. extrav. cap. 59).  Giudicate da qui quale venerazione e devozione si devono avere per le sante reliquie.


Finalmente il quarto tesoro è il CUORE ammirabile della gloriosa Vergine, che contiene ricchezze indicibili.
In primo luogo è il tesoro dell'amore dell'Eterno Padre ...
In secondo luogo è il Tesoro del Figlio unico di Dio ...
Ma è anche il Tesoro della carità dello Spirito Santo, poiché è in questo tesoro che Egli ha riversato un oceano di grazie: tutte le grazie dei santi Patriarchi e Profeti, Apostoli ed Evangelisti, Martiri e Sacerdoti e Leviti, Confessori e Vergini, tutte le grazie di tutti gli altri santi e tutte le grazie gratuite. E' in questo Tesoro che questo Divino Spirito ha posto tutte le virtù teologali, cardinali e morali in un grado incomparabilmente più alto di quanto non siano nei cuori di tutti gli angeli e di tutti i santi. Altresì ha messo tutti i Suoi Doni, tutti i suoi Frutti e le otto Beatitudini evangeliche.  E' per questo che si può ben dire - con sant'Andrea di Creta - che questo Cuore Sacratissimo è il Tesoro di tutta la santità: "Sanctissimus omnis sanctitatis thesaurus".


Da Il Cuore ammirabile della Santissima Madre di Dio di San Giovanni Eudes.

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