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sabato 15 giugno 2013

Esiste un unico Dio e ... il mondo non è l’arena di potenze oscure, ma la creazione della sua parola.



La simbologia presente nel racconto della creazione: qual è il suo significato?

tratto da Joseph Ratzinger, In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato, Lindau, Torino 2006, Parte II - Il senso dei racconti biblici della creazione, § Il significato permanente degli elementi simbolici del testo, pp. 43-45

Il significato permanente 
degli elementi simbolici del testo

Dopo queste due riflessioni, con cui abbiamo approfondito le nozioni fondamentali della prima meditazione, dobbiamo fare un passo avanti.
Finora abbiamo visto che i racconti biblici della creazione sono un modo di parlare della realtà diverso [43] da quella proprio della fisica e della biologia. Essi non descrivono il processo del divenire e la struttura matematica della materia, ma dicono in molteplici modi che esiste un unico Dio e che il mondo non è l’arena di potenze oscure, ma la creazione della sua parola. Questo però non significa che le singole disposizione del testo biblico perdano ora qualsiasi significato e che rimanga per così dire valido solo questo nucleo.

Anch’esse sono un’espressione di verità, anche se naturalmente in modo diverso dalla fisica e dalla biologia. Esse sono verità nella maniera del simbolo, nella maniera in cui, per esempio, una vetrata gotica ci permette di conoscere qualcosa di molto profondo mediante il gioco delle sue luci e dei suoi segni.

Mi limiterò a illustrare due elementi.
Primo. Il racconto biblico della creazione è contraddistinto da numeri che esprimono non la struttura matematica del mondo bensì, per così dire, il modello intrinseco del suo tessuto, l’idea secondo cui è costruito.

I numeri dominanti sono il 3, il 4, il 7, il 10.
Dieci volte leggiamo nel racconto della creazione: «Dio disse». In tal mondo esso prelude già alle dieci parole, ai dieci comandamenti. Ci fa capire che i [44] dieci comandamenti sono l’eco della creazione, non regole arbitrarie con cui si limita la libertà dell’uomo; sono introduzione allo spirito, al linguaggio e al senso della creazione; sono linguaggio tradotto del mondo, logica tradotta di Dio, che ha costruito il mondo.
Il numero dominante è il 7; con lo schema dei sette giorni dà una caratterizzazione tipica al tutto. Si tratta del numero di una fase lunare; questo racconto ci dice allora che il ritmo dell’astro a noi vicino ci indica anche il ritmo della vita umana. Veniamo così a sapere che noi uomini non siamo prigionieri del nostro piccolo io ma siamo immersi nel ritmo dell’universo; che possiamo apprendere dal cielo anche il ritmo, il movimento della nostra vita e possiamo così inserirci nel movimento razionale dell’universale. Nella Bibbia questo pensiero avrà un ulteriore sviluppo nell’affermazione che il ritmo degli astri è in senso più profondo espressione del ritmo del cuore, del ritmo dell’amore di Dio che ivi si manifesta [nota 1].






[nota 1] Per l’esegesi del racconto della Genesi, oltre al commento fondamentale di Westermann, ricordiamo: G. von Rad, Des erstre Buch Mose (ATD 2-4), Göttingen 19647; J. Scharbert, Genesis 1-11, Würzburg 1983. [60]