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domenica 20 maggio 2018

Cercate le cose di lassù

Il senso della Pentecoste è di destarci all’oggi, alla silenziosa forza della bontà divina che bussa alla nostra esistenza e vorrebbe trasformarla.

tratto da Joseph RatzingerCercate le cose di lassù. Riflessioni per tutto l’anno,  Paoline 1986, Capitolo La festa dello Spirito, § 1. Risvegliarsi alla forza che viene dal silenzio, Paoline, Milano 1986, pp. 51-57.

1. Risvegliarsi alla forza che viene dal silenzio

Pentecoste e Spirito Santo... da quando esiste la cristianità sono parole di una forza quasi magnetica, il cui effetto, proprio nell’età moderna, supera l’ambito dei fedeli praticanti.
Agli inizi, per l’esperienza che la Chiesa terrena faceva dei propri limiti e piccolezze umane, nutriva costantemente il desiderio di una Chiesa dello Spirito, della libertà e dell’amore. Si comincia con i predicatori montanisti del secondo secolo e si giunge fino alle speranze e ai desideri che accompagnarono il Concilio Vaticano II.

Nell’alto medioevo l’abate Gioacchino da Fiore, in Calabria, ha elaborato una teoria su questa attesa che è cresciuta di secolo in secolo addirittura come una valanga. Egli insegnava che al primo regno del Padre e al secondo regno del Figlio avrebbe fatto seguito un terzo regno, il regno dello Spirito, nel quale non sarebbero più state necessarie le leggi e le norme esterne, perché lo Spirito e l’amore avrebbero guidato gli uomini alla libertà, rendendo superfluo ogni dominio esteriore.

Dal dodicesimo secolo, questa visione ha continuato ad ispirare teologi, filosofi e politici. I primi [51] tentativi medievali di ristabilire la repubblica romana in contrapposizione al dominio dei Papi in Italia si richiamavano all’abate profeta, persino il Duce di infausta memoria, conosciuta la dottrina del religioso medievale in una conferenza di Ginevra, voleva portarla a compimento.
E così Hegel si senti ispirato da Gioacchino, e una traccia per quanto esile delle sue teorie è presente anche nelle speranze marxiste di una società senza classi, senza alienazione né sfruttamento.
Le variazioni sul tema dello Spirito Santo sono infinite e giungono addirittura alla speranza di poter istituire il regno dello Spirito come regno della materia.

Ma qual è il vero messaggio della Pentecoste? Con quale risposta la Chiesa, dalla quale il tema è scaturito, ha affrontato le variazioni che nelle loro conseguenze si sono per lo più ribaltate contro di essa? A questo proposito ha da dire qualcosa di significativo anche per l’oggi, che può avere importanza oltre l’ambito ristretto dei suoi seguaci?

Una risposta che resti nella tradizione originaria della fede è tanto più difficile perché non si può contrapporre niente di altrettanto evidente alle speranze e ai programmi tangibili.
Si può avvertire questo dilemma molto presto, fin dal Vangelo di Giovanni, che, in mezzo a parole di grandezza spesso impenetrabile, contiene interrogativi di un realismo quasi sconcertante. Così, per esempio, Giuda Taddeo, proprio durante il discorso di commiato di Gesù, domanda: «Signore, perché devi manifestarti a noi e non al mondo?» (14,22).

Questa è la domanda che segretamente conti[52]nuiamo a sollevare: perché dunque il Risorto è rimasto soltanto nella cerchia dei suoi, invece di presentarsi in tutta la sua potenza agli avversari, cancellando ogni dubbio? Perché, per tutta la storia, si lascia cogliere solo a fatica attraverso le parole del Vangelo, invece di fondare inequivocabilmente un regno dello Spirito e dell’amore?

La risposta di Gesù nel Vangelo di Giovanni è cifrata. Agostino l’ha formulata in questo modo: dipende dal fatto che solo chi ha lo Spirito può vedere lo Spirito. Si rifà ad una frase del filosofo Plotino, da lui ammirato, che Goethe ha così tradotto in tedesco: «Wär nicht das Auge sonnenhaft, die Sonne könnt es nicht erkennen» (se l’occhio non fosse solare non potrebbe riconoscere il sole).
Ma chiediamoci di nuovo: cosa sono realmente la Pentecoste e lo Spirito Santo? Poiché non è possibile mostrarli direttamente, si può ricorrere solo a delle immagini per chiarire il loro significato.

Fin dai tempi antichi la liturgia della Chiesa ha trovato una valida immagine nel Salmo 68 (67), inteso già nella Lettera agli Efesini (4,7) come un inno di trionfo per l’Ascensione di Gesù Cristo e quindi come rappresentazione del nesso che lega la Pasqua alla Pentecoste.
Il versetto 19 di questo Salmo recita: «Sei salito in alto conducendo prigionieri, hai ricevuto uomini in tributo». Nell’interpretazione data da Paolo nella sua Lettera ciò significa: Cristo, in quanto Messia, è un re vittorioso che ha combattuto e vinto la battaglia decisiva della storia del mondo: la battaglia contro la morte, nemica originaria della vita. Ora rivendica il diritto del vincitore a spartire il bottino.

Ma [53] qual è il bottino che egli distribuisce? La risposta è: il dono di Dio è Dio stesso, lo Spirito Santo.
Per la creatura umana era ed è troppo e troppo poco al tempo stesso. Certo, Israele attendeva un vincitore che conducesse battaglie e portasse a casa, al popolo eletto, un bottino di valore senza uguale. Ma questabattaglia – la croce – e questo bottino: lo Spirito Santo come forza nei credenti, deludevano le loro aspettative. Non era ciò che avevano desiderato. Si allontanarono da lui, cercando e trovando altri messia, che combatterono battaglie violente e disperatamente eroiche contro la superpotenza romana, portando infine il paese alla rovina. Il bottino lo fece la morte; essa fu la vera vincitrice di quella lotta secolare.

E il mondo cristiano e noi qui ed ora? Da un liberatore ci aspetteremmo anche noi doni completamente diversi da quelli descritti da Paolo. Noi aspettiamo una casa, del denaro, buon cibo, bei viaggi, successo, prestigio, comodità, pace e sicurezza.
Ma non lo Spirito Santo, perché esso è in realtà il contrario di tutto questo: ci fa sentire a disagio per le nostre proprietà, la nostra comodità e il prestigio, che tanto spesso poggia su dubbi compromessi. È un uragano. Non ci lascia tranquilli nella nostra comodità, ci sottopone al ridicolo mettendoci al servizio della verità e spingendoci a superare noi stessi per amare l’altro «come noi stessi». C’insegna una liberazione completamente diversa da quella del «terzo regno» e di tutti i paradisi terrestri.Eppure... l’uragano che libera l’uomo da se stesso, che lo rende autentico [54] e buono, non è forse la più profonda delle rivoluzioni, la sola vera speranza del mondo?

Ma, viene da domandarsi, non è una contraddizione?
Da una parte sentiamo che lo Spirito Santo è qualcosa che non si può mostrare; che è invisibile in un senso molto profondo, come l’amore che sconvolge l’uomo e lo trasforma, ma che non si può mostrare come si esibisce un’auto nuova. Dall’altra parte si dice che lo Spirito Santo è un uragano, un principio di trasformazione tale da essere indicato come la forza della nuova creazione, il cui intervento sulla realtà non è meno fondamentale di una «creazione».
Com’è possibile? Il nocciolo della risposta è già stato dato accennando all’amore che non si può esibire ma che è la forza fondamentale della vita umana, anzi, della realtà.

Forse una parabola può contribuire a spiegare meglio ciò che intendo dire. Alcuni anni fa è uscito un film impressionante, intitolato «Seelenwanderung» (Metempsicosi). Raccontava di due poveri diavoli che, per la loro bontà, non riuscivano a farsi strada. Ad uno un giorno viene l’idea, non avendo più niente da dar via, di vendere l’anima, che viene acquistata a poco prezzo e sistemata in una scatola. Da quel momento, con sua grande sorpresa, tutto cambia nella sua vita. Inizia una rapida ascesa, diventa sempre più ricco, ottiene grandi onori e alla sua morte è console, largamente provvisto di denaro e di beni. Dal momento in cui si era liberato della sua anima non aveva avuto più riguardi né umanità. Agiva senza scrupoli, badando solo al guadagno e al suc[55]cesso. L’uomo non contava più niente. Lui stesso non aveva più un’anima. Il film dimostrava in maniera impressionante come dietro alla facciata del successo si nasconda un’esistenza vuota. Apparentemente l’uomo non ha perduto niente, ma gli manca l’anima e con essa manca tutto.

È ovvio che l’essere umano non può gettare via letteralmente la propria anima, è ciò che Io rende persona. Rimane comunque persona umana. Eppure ha la spaventosa possibilità di essere un disumano, di rimanere persona vendendo e perdendo al tempo stesso la propria umanità. La distanza tra la persona umana e essere disumano è immensa eppure non si può dimostrare; è la cosa realmente essenziale eppure è apparentemente senza importanza. Mi sembra che questa metafora possa spiegare molti aspetti della Pentecoste.

Se lo Spirito Santo, il dono della nuova creazione penetra nella persona o no, se questa le fa spazio o no, non lo si può vedere né dimostrare esteriormente. Apparentemente non ha importanza. Tuttavia questo fatto apre una nuova dimensione della vita umana, dalla quale, in ultima analisi, dipende tutto.

Perciò il senso della Pentecoste non è quello di farci sognare mondi migliori per il futuro, né tanto meno quello di fare di noi degli strateghi del futuro, che sacrificano alla leggera il presente alla chimera di ciò che sarà. Il senso di questo giorno è piuttosto, al contrario, quello di destarci all’oggi, alla silenziosa forza della bontà divina che bussa alla nostra esistenza e vorrebbe trasformarla. Il risveglio alla forza che viene dal silenzio... non potrebbe essere un compito e una [56] speranza per cristiani e non cristiani, un’interpretazione della Pentecoste che può toccare tutti?

27 aprile 1947.



DCXL. 

La discesa dello Spirito Santo. Fine del ciclo messianico. 

   27 aprile 1947.
 
 1 Non ci sono voci e rumori nella casa del Cenacolo. Non c'è presenza di discepoli, almeno io non sento nulla che mi autorizzi a dire che in altri ambienti della casa siano raccolte delle persone. Ci sono soltanto la presenza e le voci dei Dodici e di Maria Ss., raccolti nella sala della Cena.
   Sembra più ampia la stanza, perché le suppellettili, messe diversamente, lasciano libero tutto il centro della stanza e anche due delle pareti. Contro la terza è spinto il tavolone usato per la Cena, e fra esso e il muro, e anche ai due dei lati più stretti del tavolo, sono messi i sedili-lettucci usati nella Cena e lo sgabello usato da Gesù per la lavanda dei piedi. Però non sono, questi lettucci, messi verticalmente alla tavola, come per la Cena, ma parallelamente, di modo che gli apostoli possono stare seduti senza occuparli tutti, pur lasciando un sedile, l'unico messo verticale rispetto alla tavola, tutto per la Vergine benedetta, che è al centro della tavola, al posto che nella Cena occupava Gesù.
   La tavola è nuda di tovaglie e stoviglie, nude le credenze, denudati i muri dei loro ornamenti. Solo il lampadario arde al centro, ma con la sola fiamma centrale accesa; l'altro giro di fiammelle che fanno da corolla al bizzarro lampadario sono spente.
   Le finestre sono chiuse e sbarrate dalla pesante sbarra di ferro che le traversa. Ma un raggio di sole si infiltra baldanzoso da un forellino e scende come un ago lungo e sottile sino al pavimento, dove mette un occhiolino di sole.

 2 La Vergine, seduta sola sul suo sedile, ha ai lati, sui lettucci, Pietro e Giovanni: alla destra Pietro, alla sinistra Giovanni. Mattia, il novello apostolo, è tra Giacomo d'Alfeo e il Taddeo. Davanti a Lei, la Madonna ha un cofano largo e basso di legno scuro, chiuso. Maria è vestita di azzurro cupo. Ha sui capelli il velo bianco e sopra questo il lembo del suo manto. Gli altri sono tutti a capo scoperto.
   Maria legge lentamente a voce alta. Ma, per la poca luce che giunge sin là, io credo che più che leggere Ella ripeta a memoria le parole scritte sul rotolo che Ella tiene spiegato. Gli altri la seguono in silenzio, meditando. Ogni tanto rispondono se ne è il caso.
   Maria ha il viso trasfigurato da un sorriso estatico. Chissà cosa vede di così capace da accenderle gli occhi, come due stelle chiare, e da arrossarle le guance d'avorio, come se su Lei si riflettesse una fiamma rosata? È veramente la mistica Rosa…
   Gli apostoli si sporgono in avanti, stando un poco per sbieco, per vederla in viso mentre così dolcemente sorride e legge, e pare la sua voce un canto d'angelo. E Pietro se ne commuove tanto che due lucciconi gli cascano dagli occhi e per un sentiero di rughe, incise ai lati del suo naso, scendono a perdersi nel cespuglio della barba brizzolata. Ma Giovanni riflette il sorriso verginale e si accende come Lei di amore, mentre segue col suo sguardo ciò che la Vergine legge sul rotolo e, quando le porge un nuovo rotolo, la guarda e le sorride.

   La lettura è finita. Cessa la voce di Maria. Cessa il fruscio delle pergamene svolte e avvolte. Maria si raccoglie in orazione segreta, congiungendo le mani sul petto e appoggiando il capo contro il cofano. Gli apostoli la imitano…

 3 Un rombo fortissimo e armonico, che ha del vento e dell'arpa, che ha del canto umano e della voce di un organo perfetto, risuona improvviso nel silenzio del mattino. Si avvicina, sempre più armonico e più forte, ed empie delle sue vibrazioni la Terra, le propaga e imprime alla casa, alle pareti, alle suppellettili. La fiamma del lampadario, sino allora immobile nella pace della stanza chiusa, palpita come se un vento l'investisse, e le catenelle della lumiera tintinnano vibrando sotto l'onda di suono soprannaturale che le investe.

   Gli apostoli alzano il capo sbigottiti e, come quel fragore bellissimo, in cui sono tutte le note più belle che Dio abbia dato ai Cieli e alla Terra, si fa sempre più vicino, alcuni si alzano pronti a fuggire, altri si rannicchiano al suolo coprendosi il capo con le mani e il manto, o battendosi il petto domandando perdono al Signore, altri ancora si stringono a Maria, troppo spaventati per conservare quel ritegno verso la Purissima che hanno sempre.

   Solo Giovanni non si spaventa, perché vede la pace luminosa di gioia che si accentua sul volto di Maria, che alza il capo sorridendo ad una cosa nota a Lei sola e che poi scivola in ginocchio aprendo le braccia, e le due ali azzurre del suo manto così aperto si stendono su Pietro e Giovanni, che l'hanno imitata inginocchiandosi.
 Ma tutto ciò, che io ho tenuto minuti a descrivere, si è fatto in men di un minuto.

 4 E poi ecco la Luce, il Fuoco, lo Spirito Santo, entrare, con un ultimo fragore melodico, in forma di globo lucentissimo, ardentissimo, nella stanza chiusa, senza che porta o finestra sia mossa, e rimanere librato per un attimo sul capo di Maria, a un tre palmi dalla sua testa, che ora è scoperta, perché Maria, vedendo il Fuoco Paraclito, ha alzato le braccia come per invocarlo e gettato indietro il capo con un grido di gioia, con un sorriso d'amore senza confini. E dopo quell'attimo in cui tutto il Fuoco dello Spirito Santo, tutto l'Amore è raccolto sulla sua Sposa, il Globo Ss. si scinde in tredici fiamme canore e lucentissime, di una luce che nessun paragone terreno può descrivere, e scende a baciare la fronte di ogni apostolo.

   Ma la fiamma che scende su Maria non è una lingua di fiamma dritta sulla fronte che bacia, ma è una corona che abbraccia e cinge come un serto il capo verginale, incoronando Regina la Figlia, la Madre, la Sposa di Dio, l'incorruttibile Vergine, la Tutta Bella, l'eterna Amata e l'eterna Fanciulla che nulla cosa può avvilire e in nulla, Colei che il dolore aveva invecchiata ma che è risorta nella gioia della Risurrezione, avendo in comune col Figlio un accentuarsi di bellezza e di freschezza di carni, di sguardi, di vitalità… avendone già un anticipo della bellezza del suo glorioso Corpo assunto al Cielo ad essere il fiore del Paradiso.

   Lo Spirito Santo rutila le sue fiamme intorno al capo dell'A­mata. Quali parole le dirà? Mistero! Il viso benedetto è trasfigurato di gioia soprannaturale e ride del sorriso dei Serafini, mentre delle lacrime beate sembrano diamanti giù per le gote della Benedetta, percosse come sono dalla luce dello Spirito Santo.
   Il Fuoco rimane così per qualche tempo… E poi dilegua… Della sua discesa resta a ricordo una fragranza che nessun terrestre fiore può sprigionare… Il profumo del Paradiso…

 5 Gli apostoli tornano in loro stessi… Maria resta nella sua estasi. Soltanto si raccoglie le braccia sul petto, chiude gli occhi, abbassa il capo… Continua il suo colloquio con Dio… insensibile a tutto… Nessuno osa turbarla.
   Giovanni, accennandola, dice: «È l'Altare. E sulla sua gloria si è posata la Gloria del Signore…».
   «Sì. Non turbiamo la sua gioia. Ma andiamo a predicare il Signore e siano manifeste le sue opere e le sue parole fra i popoli», dice Pietro con soprannaturale impulsività.
   «Andiamo! Andiamo! Lo Spirito di Dio arde in me», dice Giacomo d'Alfeo.
   «E ci sprona ad agire. Tutti. Andiamo ad evangelizzare le genti».
   Escono, come fossero spinti o attratti da un vento o da una forza gagliarda…
   
*        

 6 Dice Gesù:
 «E qui l'Opera che il mio amore per voi ha dettata, e che voi avete ricevuta per l'amore che una creatura ha avuto per Me e per voi, è finita.
   È finita oggi, commemorazione di Santa Zita da Lucca, umile servente che servì il suo Signore nella carità in questa Chiesa di Lucca, nella quale Io, da luoghi lontani, ho portato il mio piccolo Giovanni perché mi servisse nella carità e con lo stesso amore di S. Zita per tutti gli infelici. Zita dava pane ai poverelli ricordando che in ognuno di essi Io sono e beati saranno, al mio fianco, coloro che avranno dato pane e bevanda a coloro che hanno sete e fame. 
Maria-Giovanni ha dato le mie parole a coloro che languiscono nell'ignoranza o nella tiepidezza o dubbio sulla Fede, ricordando che è detto dalla Sapienza che coloro che si affaticano per far conoscere Iddio splenderanno come stelle nell'eternità, dando gloria al loro Amore col farlo noto e amato, e a molti.

   E ancora è finita oggi, giorno nel quale la Chiesa eleva agli altari il puro giglio dei campi Maria Teresa Goretti, dallo stelo spezzato mentre ancor la corolla era un boccio. E da chi spezzato se non da Satana, invido di quel candore, splendente più del suo antico aspetto d'angelo? Spezzato perché sacro all'Amatore divino. Vergine e martire, Maria, di questo secolo d'infamie, nel quale si vilipende anche l'onore della Donna, sputando la bava dei rettili a negare il potere di Dio di dare una dimora inviolata al suo Verbo incarnantesi per opera di Spirito Santo a salvare coloro che credono in Lui. 
Anche Maria-Giovanni è martire dell'Odio, che non vuole celebrate le mie meraviglie con l'Opera, arma potente a strappargli tante prede. Ma anche Maria-Giovanni sa, come sapeva Maria-Teresa, che il martirio, qualunque nome e aspetto abbia, è chiave per aprire senza indugio il Regno dei Cieli a quelli che lo patiscono per continuare la mia Passione.

 7 L'Opera è finita. E con la sua fine, con la discesa dello Spirito Santo, si conclude il ciclo messianico, che la mia Sapienza ha illuminato dal suo albore: il Concepimento immacolato di Maria, al suo tramonto: la discesa dello Spirito Santo. 
Tutto il ciclo messianico è opera dello Spirito d'Amore, per chi sa ben vedere. Giusto, dunque, iniziarlo col mistero dell'immacolato Concepimento della Sposa dell'Amore e concluderlo con il sigillo di Fuoco Paraclito sulla Chiesa di Cristo.
   Le opere manifeste di Dio, dell'Amore di Dio, hanno fine con la Pentecoste. Da allora in poi continua l'intimo, misterioso operare di Dio nei suoi fedeli, uniti nel Nome di Gesù nella Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Romana; e la Chiesa, ossia l'adunanza dei fedeli — pastori, pecore e agnelli — può procedere e non errare per la spirituale, continua operazione del­l'Amore, Teologo dei teologi, Colui che forma i veri teologi, che sono coloro che sono persi in Dio ed hanno Dio in loro — la vita di Dio in loro per la direzione dello Spirito di Dio che li conduce — che sono coloro che veramente sono "figli di Dio" secondo il concetto di Paolo.

 
8 E al termine dell'Opera devo mettere ancora una volta il lamento messo alla fine di ogni anno evangelico, e nel mio dolore di veder spregiato il dono mio vi dico: "Non avrete altro, poiché non avete saputo accogliere questo che vi ho dato"
E dico anche ciò che vi feci dire per richiamarvi sulla via retta nella passata estate: "Non mi vedrete finché non venga il giorno nel quale diciate: 'Benedetto colui che viene in nome del Signore'"».
                       
      
Vieni, Spirito Santo, vieni:  per mezzo della potente intercessione del Cuore Immacolato di Maria, tua Sposa amatissima”

SOLENNITÀ DI PENTECOSTE

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CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Domenica, 31 maggio 2009

Cari fratelli e sorelle!
Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, viviamo nella fede il mistero che si compie sull’altare, partecipiamo cioè al supremo atto di amore che Cristo ha realizzato con la sua morte e risurrezione. 
L’unico e medesimo centro della liturgia e della vita cristiana – il mistero pasquale – assume poi, nelle diverse solennità e feste, “forme” specifiche, con ulteriori significati e con particolari doni di grazia. Tra tutte le solennità, la Pentecoste si distingue per importanza, perché in essa si attua quello che Gesù stesso aveva annunciato essere lo scopo di tutta la sua missione sulla terra. 

Mentre infatti saliva a Gerusalemme, aveva dichiarato ai discepoli: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). 

Queste parole trovano la loro più evidente realizzazione cinquanta giorni dopo la risurrezione, nella Pentecoste, antica festa ebraica che nella Chiesa è diventata la festa per eccellenza dello Spirito Santo: “Apparvero loro lingue come di fuoco… e tutti furono colmati di Spirito Santo” (At 2,3-4).

Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prometeo, secondo il mito greco, ma si è fatto mediatore del “dono di Dio” ottenendolo per noi con il più grande atto d’amore della storia: la sua morte in croce.

Dio vuole continuare a donare questo “fuoco” ad ogni generazione umana, e naturalmente è libero di farlo come e quando vuole. Egli è spirito, e lo spirito “soffia dove vuole” (cfr Gv 3,8). 

C’è però una “via normale” che Dio stesso ha scelto per “gettare il fuoco sulla terra”: questa via è Gesù, il suo Figlio Unigenito incarnato, morto e risorto. 
A sua volta, Gesù Cristo ha costituito la Chiesa quale suo Corpo mistico, perché ne prolunghi la missione nella storia. “Ricevete lo Spirito Santo” – disse il Signore agli Apostoli la sera della risurrezione, accompagnando quelle parole con un gesto espressivo: “soffiò” su di loro (cfr Gv 20,22). Manifestò così che trasmetteva ad essi il suo Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio. Ora, cari fratelli e sorelle, nell’odierna solennità la Scrittura ci dice ancora una volta come dev’essere la comunità, come dobbiamo essere noi per ricevere il dono dello Spirito Santo. Nel racconto, che descrive l’evento di Pentecoste, l’Autore sacro ricorda che i discepoli “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”. Questo “luogo” è il Cenacolo, la “stanza al piano superiore” dove Gesù aveva fatto con i suoi Apostoli l’Ultima Cena, dove era apparso loro risorto; quella stanza che era diventata per così dire la “sede” della Chiesa nascente (cfr At 1,13). Gli Atti degli Apostoli tuttavia, più che insistere sul luogo fisico, intendono rimarcare l’atteggiamento interiore dei discepoli: “Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera” (At 1,14). 
Dunque, la concordia dei discepoli è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della concordia è la preghiera.
Questo, cari fratelli e sorelle, vale anche per la Chiesa di oggi, vale per noi, che siamo qui riuniti. Se vogliamo che la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una pur suggestiva commemorazione, ma sia evento attuale di salvezza, dobbiamo predisporci in religiosa attesa del dono di Dio mediante l’umile e silenzioso ascolto della sua Parola. 
Perché la Pentecoste si rinnovi nel nostro tempo, bisogna forse – senza nulla togliere alla libertà di Dio – che la Chiesa sia meno “affannata” per le attività e più dedita alla preghiera. Ce lo insegna la Madre della Chiesa, Maria Santissima, Sposa dello Spirito Santo. 
Quest’anno la Pentecoste ricorre proprio nell’ultimo giorno di maggio, in cui si celebra solitamente la festa della Visitazione. Anche quella fu una sorta di piccola “pentecoste”, che fece sgorgare la gioia e la lode dai cuori di Elisabetta e di Maria, una sterile e l’altra vergine, divenute entrambe madri per straordinario intervento divino (cfr Lc 1,41-45). 
La musica e il canto, che accompagnano questa nostra liturgia, ci aiutano anch’essi ad essere concordi nella preghiera, e per questo esprimo viva riconoscenza al Coro del Duomo e alla Kammerorchester di Colonia. Per questa liturgia, nel bicentenario della morte di Joseph Haydn, è stata infatti scelta molto opportunamente la sua Harmoniemesse, l’ultima delle “Messe” composte dal grande musicista, una sublime sinfonia per la gloria di Dio. A voi tutti convenuti per questa circostanza rivolgo il mio più cordiale saluto.

Per indicare lo Spirito Santo, nel racconto della Pentecoste gli Atti degli Apostoli utilizzano due grandi immagini: l’immagine della tempesta e quella del fuoco. 
Chiaramente san Luca ha in mente la teofania del Sinai, raccontata nei libri dell’Esodo (19,16-19) e del Deuteronomio (4,10-12.36). Nel mondo antico la tempesta era vista come segno della potenza divina, al cui cospetto l’uomo si sentiva soggiogato e atterrito. Ma vorrei sottolineare anche un altro aspetto: la tempesta è descritta come “vento impetuoso”, e questo fa pensare all’aria, che distingue il nostro pianeta dagli altri astri e ci permette di vivere su di esso. 
Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale. 

Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni dell’aria – e per questo l’impegno ecologico rappresenta oggi una priorità –, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito. Sembra invece che a tanti prodotti inquinanti la mente e il cuore che circolano nelle nostre società - ad esempio immagini che spettacolarizzano il piacere, la violenza o il disprezzo per l’uomo e la donna - a questo sembra che ci si abitui senza difficoltà. 
Anche questo è libertà, si dice, senza riconoscere che tutto ciò inquina, intossica l’animo soprattutto delle nuove generazioni, e finisce poi per condizionarne la stessa libertà. La metafora del vento impetuoso di Pentecoste fa pensare a quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni, quella fisica, sia con il cuore, quella spirituale, l’aria salubre dello spirito che è l’amore!
L’altra immagine dello Spirito Santo che troviamo negli Atti degli Apostoli è il fuoco. 
Accennavo all’inizio al confronto tra Gesù e la figura mitologica di Prometeo, che richiama un aspetto caratteristico dell’uomo moderno. 
Impossessatosi delle energie del cosmo – il “fuoco” – l’essere umano sembra oggi affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo da parte o addirittura rifiutando il Creatore dell’universo. L’uomo non vuole più essere immagine di Dio, ma di se stesso; si dichiara autonomo, libero, adulto. 

Evidentemente tale atteggiamento rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola evangelica che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre. Nelle mani di un uomo così, il “fuoco” e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono ritorcersi contro la vita e l’umanità stessa, come dimostra purtroppo la storia. 
A perenne monito rimangono le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l’energia atomica, utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite.

Si potrebbero in verità trovare molti esempi, meno gravi eppure altrettanto sintomatici, nella realtà di ogni giorno. La Sacra Scrittura ci rivela che l’energia capace di muovere il mondo non è una forza anonima e cieca, ma è l’azione dello “spirito di Dio che aleggiava sulle acque” (Gn 1,2) all’inizio della creazione. E Gesù Cristo ha “portato sulla terra” non la forza vitale, che già vi abitava, ma lo Spirito Santo, cioè l’amore di Dio che “rinnova la faccia della terra” purificandola dal male e liberandola dal dominio della morte (cfr Sal 103/104,29-30). Questo “fuoco” puro, essenziale e personale, il fuoco dell’amore, è disceso sugli Apostoli, riuniti in preghiera con Maria nel Cenacolo, per fare della Chiesa il prolungamento dell’opera rinnovatrice di Cristo.
Infine, un ultimo pensiero si ricava ancora dal racconto degli Atti degli Apostoli: lo Spirito Santo vince la paura. Sappiamo come i discepoli si erano rifugiati nel Cenacolo dopo l’arresto del loro Maestro e vi erano rimasti segregati per timore di subire la sua stessa sorte. 

Dopo la risurrezione di Gesù questa loro paura non scomparve all’improvviso. Ma ecco che a Pentecoste, quando lo Spirito Santo si posò su di loro, quegli uomini uscirono fuori senza timore e incominciarono ad annunciare a tutti la buona notizia di Cristo crocifisso e risorto. Non avevano alcun timore, perché si sentivano nelle mani del più forte. 
Sì, cari fratelli e sorelle, lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura; ci fa conoscere e sentire che siamo nelle mani di una Onnipotenza d’amore: qualunque cosa accada, il suo amore infinito non ci abbandona. Lo dimostra la testimonianza dei martiri, il coraggio dei confessori della fede, l’intrepido slancio dei missionari, la franchezza dei predicatori, l’esempio di tutti i santi, alcuni persino adolescenti e bambini. Lo dimostra l’esistenza stessa della Chiesa che, malgrado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad attraversare l’oceano della storia, sospinta dal soffio di Dio e animata dal suo fuoco purificatore. Con questa fede e questa gioiosa speranza ripetiamo oggi, per intercessione di Maria: “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra!”.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana   
Chiediamo insistentemente

il Dono dello Spirito Santo:
Vieni, Spirito Santo, vieni:  per mezzo della potente intercessione del Cuore Immacolato di Maria, tua Sposa amatissima”


AMDG et DVM

lunedì 16 maggio 2016

I DONI DELLO SPIRITO SANTO

SOLENNITA' DI PENTECOSTE
<< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria
tua Sposa amatissima >>


Questa solennità è detta la seconda Pasqua. La Chiesa, praticamente, nacque in questo giorno. S. Giovanni Crisostomo chiama la Pentecoste: il compimento di tutte le altre solennità. Già la celebravano, e con grande solennità, gli Ebrei, che in questo giorno offrivano le primizie dei frutti della terra.
S. Massimo scrive che la Pentecoste non è solo una commemorazione del fatto avvenuto, ma è la rinnovazione del fatto, sempre nuovo, della discesa dello Spirito Santo. Come allora, così anche oggi lo Spirito Santo discende, non importa se invisibilmente, sulla Chiesa e sui fedeli che vi sono preparati; altrimenti non sarebbero a proposito le invocazioni: Veni, Sancte Spiritus, ecc.
Notate ancora che lo Spirito Santo non discende solo con i suoi doni e con i suoi frutti, ma Lui in Persona: la terza Persona della SS. Trinità. 
Nostro Signore non disse: " Riceverete i doni dello Spirito Santo ", ma disse: " Ricevete lo Spirito Santo " (1033). Così infatti insegna S. Tommaso, dicendo: " Lo Spirito Santo non manda i suoi doni, ma viene Lui in Persona a portarli ".
Nulla quindi a stupire che la santa Chiesa dia tanta importanza a questa festa. Oltre a una solenne novena, che al dire del B. Giovanni d'Avila è una seconda Settimana Santa, prescrive un'ottava solennissima, durante la quale, lasciati tutti i Santi, ci fa dire Messa e Ufficio solo dello Spirito Santo, con le più ardenti suppliche, per farlo discendere nell'anima nostra; e con la recita ogni giorno della Sequenza.
Facciamo dunque nostro lo spirito della Chiesa e intanto consideriamo brevemente quali sono i nostri doveri verso lo Spirito Santo. Io li riduco a sei.
Conoscerlo - Nell'Epistola della festa si narra che avendo S. Paolo interrogato alcun i cristiani se avessero già ricevuto lo Spirito Santo, risposero che non sapevano neppure che esistesse. Erano da scusare, perché non ne avevano mai sentito parlare. Ai nostri giorni molti anche fra i cristiani non conoscono lo Spirito Santo o lo trascurano. Ma almeno i Religiosi, e più ancora i Missionari che lo dovranno far conoscere, conoscono essi praticamente lo Spirito Santo? E, conoscendolo, si comportano con Lui come dovrebbero?... Conoscerlo non vagamente, ma praticamente: che è la terza Persona della SS. Trinità, che procede dal Padre e dal Figlio per volontà d'amore; crederlo quindi vero Dio, unico col Padre e col Figlio; e che a Lui perciò si deve la stessa adorazione, unitamente alle altre due Persone Divine.
Allo Spirito Santo si attribuiscono le opere ad extra dell'amore, ed in particolare l'assistenza alla Chiesa e la santificazione delle anime. Nostro Signore fondò la Chiesa e poi la rimise alla cura dello Spirito Santo che l'assiste, la vivifica, la conserva contro tutte le potenze infernali. Il Papa è illuminato dallo Spirito Santo. La stessa propagazione della fede è l'effetto dell'azione dello Spirito Santo nelle anime. Quindi è allo Spirito Santo che va attribuito tutto il bene che si fa nelle Missioni.
Perché, dunque, tanta trascuratezza nel mondo, anche fra i Religiosi e i Missionari, riguardo allo Spirito Santo? Perché ricorriamo a Lui di rado o anche mai. Facciamo, sì, qualche cosa durante la novena, e poi basta. Certo a N. S. Gesù Cristo, che è morto per noi, dobbiamo intenso amore e profonda divozione, ma non per questo dobbiamo far torto allo Spirito Santo, che ci applica i meriti di N. S. Gesù Cristo.
Da lui vengono tutte le opere della grazia. La santificazione delle anime è opera sua. Gli Apostoli, dopo aver passato tre anni alla scuola di Nostro Signore, erano ancora sì difettosi che, alla vigilia della Passione, bisticciavano per sapere chi fra essi fosse il primo. " È necessario - diceva ad essi Gesù - che io me ne vada, perché la mia missione è compiuta; verrà lo Spirito Santo e farà il resto ". Venne infatti e quale cambiamento operò in essi!
Noi sappiamo tutto ciò in teoria, ma tale conoscenza la riduciamo noi alla pratica? Gli prestiamo, come al Padre e al Figlio, il tributo dei nostri doverosi ossequi? Questo bisogna fare: ossequiarlo e raccomandarsi a Lui, massime per ottenere la santità; tenerlo praticamente, e tutto l'anno, come nostro Santificatore; essere intimamente persuasi della necessità di questa divozione.
Amarlo - È una conseguenza della nostra vera e pratica conoscenza. Lo Spirito Santo è tutto amore; sugli Apostoli discese sotto il simbolo di fiamme. Egli è fuoco, come diciamo nel Veni Creator. Egli ci ama e, per l'amore che ci porta, desidera ardentemente di comunicare a noi Se stesso. Ora, amore esige amore; desiderio vuol corrispondenza di desiderio. Ed oh! come ben esprimono questi sospiri amorosi tutte le parole del predetto Inno e della Sequenza. Solo bisogna farle nostre, dirle con tutta l'anima: Veni, Pater pauperum!... Abbiamo un cuore duro, freddo. Diciamo allo Spirito Santo che ce lo rammollisca, che ce lo infiammi, sì da fare di noi altrettante nuove creature...
Bisogna amare, amare, perché Egli è tutto amore Si ricevono dallo Spirito Santo tutte le grazie, ma soprattutto l'amore. Non si fa torto al Padre a voler bene al Figlio, e così pure non si fa torto al Figlio a voler bene allo Spirito Santo. Questo amore è quello che infiammò di zelo gli Apostoli per la salvezza delle anime: ne abbiamo bisogno pur noi, ed è dallo Spirito Santo che dobbiamo ottenerlo.
Ascoltarlo - Ascoltare le sue ispirazioni. Quando diciamo a buone ispirazioni ", intendiamo quelle che ci possono venire dal Divin Padre o da Nostro Signore, o direttamente dallo Spirito Santo. Dobbiamo dunque seguirle con generosità e costanza. Il non ascoltarlo, il resistergli fa parte di quel gran peccato contro lo Spirito Santo, che porta all'impenitenza finale, alla disperazione della salute.
La tiepidezza continua di un Religioso è anche contro lo Spirito Santo. Quante anime in certi momenti di fervore ascoltano i suoi inviti; ma presto si stancano, e lasciano il bene e la propria santificazione a metà! Quindi in esse lo Spirito Santo non può operare le sue meraviglie: quelle meraviglie ch'Egli opera invece nelle anime che lo seguono con coraggio e generosità; delle quali fa altrettanti eroi di santità, come fece degli Apostoli, di S. Francesco Zaverio, ecc. In essi, e per mezzo di essi Egli rinnova la faccia della terra. Et renovabis faciem terrae!
Quando lo Spirito Santo viene in un'anima, porta via tutto per restare Lui solo. È difficile che chi vive sotto l'influsso dello Spirito Santo non si faccia santo. Quando un'anima riceve lo Spirito Santo con i suoi doni e con i suoi frutti, essa immancabilmente viene trasformata.
Non contristarlo - S. Paolo, scrivendo agli Efesini, dice loro: Non contristate lo Spirito Santo di Dio (1034). Come lo si contrista? Il peccato è l'unica cosa che contrista lo Spirito Santo. Sono i peccati veniali e la non corrispondenza alla grazia; cioè quando lo offendiamo e quando non facciamo tutto quello che dovremmo fare. Quei peccatucci, quei difetti, massime se abituali, fanno sì che lo Spirito Santo non possa star bene in noi. Bisogna essere generosi nel taglio dei nostri difetti.
Altre volte non si offende con peccati veniali deliberati, ma non si bada alle imperfezioni; e anche allora lo contristiamo, perché Egli vuole la nostra perfezione, vuol vedere in noi la pienezza della grazia. Quando Noè mandò fuori dall'arca la colomba, questa, non avendo trovato dove fermarsi, rientrò. Lo Spirito Santo è raffigurato nella colomba: dobbiamo evitare tutto ciò che sa di mondo, di profano, se vogliamo che si posi su di noi, che rimanga in noi, che sia contento di noi.
Alle volte non siamo capaci di sollevarci... Se ricevessimo bene lo Spirito Santo, saremmo tutti veri e santi Apostoli!... Dunque non contristare lo Spirito Santo col peccato veniale e con le mezze volontà. Dobbiamo metterci nelle sue mani, lasciarlo fare, seguirlo docilmente: che compia la nostra santificazione.
Non estinguerlo - S. Paolo dice: Non spegnete lo Spirito (1035). Lo Spirito Santo, come spiega S. Giovanni Crisostomo, è velut lucerna, la quale si estingue o per un colpo di vento o per mancanza di olio: si ventum, vel si parum olei infundas (1036). Che cosa significa il vento? Significa il mondo, lo spirito del mondo, l'amore alle cose terrene. Noi dobbiamo staccarci dal mondo, perché così vuole lo Spirito Santo. Lo spirito del mondo è l'opposto dello Spirito di Dio. Sta scritto che lo Spirito Santo è spirito di verità che il mondo non può ricevere (1037). Quindi, via i pensieri, i giudizi, i desideri del mondo, via anche lo spirito sensuale o anche solo troppo umano.
Gesù stesso disse agli Apostoli: Se io non vado, il Paraclito non verrà a voi (1038). Era necessario che gli Apostoli si staccassero anche da Lui. Ma non era buono l'affetto degli Apostoli alla Persona di Gesù? Sì, risponde S. Bernardo, ma era un affetto troppo sensibile, quindi imperfetto. Tanto più noi dobbiamo staccarci da certi affetti non cattivi ma troppo sensibili, come per taluni è l'affetto ai parenti.
Non lasciamo dunque che il vento, lo spirito del mondo, estingua lo Spirito Santo. E insieme procuriamo che non si spenga in noi per mancanza di olio. Che significa l'olio? Significa le opere buone, le virtù. Son queste che tengono vivo in noi lo Spirito. Mancanza d'olio è promettere sempre di essere umile, obbediente, e poi, nel momento in cui uno dovrebbe esplicare l'umiltà e l'obbedienza, saltar su con tutta la propria superbia. Le vergini stolte del Vangelo, che non avevano olio nelle loro lampade, non furono ammesse al festino dello Sposo (1039). Ciò serve per noi, che dobbiamo continuamente accrescere in noi la grazia, e corrispondere alla medesima. Sì, corrispondere alla grazia, affinché questa non ci venga tolta, e non si estingua in noi la carità, che è lo Spirito Santo.
Ravvivare in noi la grazia - S. Paolo scriveva a Timoteo: Ti rammento di ravvivare la grazia di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani (320). Che cosa vuol dire S. Paolo con queste parole? Timoteo, il discepolo prediletto di Paolo, era un santo, e certamente la grazia di Dio era in lui; però S. Paolo gli rammenta di tenerla viva, anzi di ravvivarla sempre più. Vedete: quando pare che il braciere debba spegnersi, lo si ravviva. Così noi dobbiamo ravvivare la grazia di Dio che è in noi, cioè l'accipe Spiritum Sanctum delle sacre Ordinazioni; darle una vita più intensa.
Alle volte i doni dello Spirito Santo sono assai poveri in noi, a motivo delle nostre meschine disposizioni. Non dico che ci manchi addirittura la grazia di Dio, ma non abbiamo vigore, viviamo una vita mediocre. Ed allora ecco: ravvivare in noi la vita della grazia, scuoterci, rimetterci in fervore. Lo Spirito Santo certo farà Lui, ma prima vuole che facciamo noi quello che possiamo... Tenete a mente queste cose. Oggi sarebbe un giorno ben trascorso, se faceste quello che vi ho detto e ve ne ricordaste per tutto l'anno.
I DONI DELLO SPIRITO SANTO - Oltre la grazia santificante, lo Spirito Santo dà ancora le grazie gratis datae, descritte da S. Paolo nella prima Lettera ai Corinti (1040). Queste non sono per tutte le anime. Voi non chiedete mai la grazia di fare miracoli; per far conversioni, sì, ma non per altro. Nei primordi della Chiesa alcuni ebbero di queste grazie straordinarie, s'invanirono e caddero.
Ci sono poi i doni dello Spirito Santo. Che cosa sono ?
E che differenza c'è tra virtù e doni? Le virtù sono facoltà soprannaturali che ci rendono capaci di compiere atti soprannaturali; i doni, invece, sono abiti permanenti, per i quali l'uomo è reso docile e pronto a seguire gli impulsi dello Spirito Santo.
I doni si distinguono dalle virtù in quanto il principio motore delle virtù sono le potenze dell'anima perfezionate soprannaturalmente, mentre quello dei doni e immediatamente lo Spirito Santo: le virtù danno la capacità di compiere le azioni ordinarie della vita virtuosa, i doni di compiere atti straordinari ed eroici.
Poiché i doni sono un regalo dello Spirito Santo, conviene pregarlo che ce li sviluppi, essendo la loro azione di grande importanza.
Passiamoli brevemente in rassegna.
Sapienza - Per questo dono, fissi nel fine per cui fummo creati, disprezziamo i beni di questo mondo, per solo apprezzare gli eterni. È, secondo S. Bernardo, il sapor boni (1O41), gustare cioè le cose spirituali. È vera sapienza quando si è attratti verso le cose spirituali, quando non si rimpiangono le cipolle d'Egitto per tendere solo alle cose del Cielo.
Intelletto - Certuni credono come se vedessero; è una luce che sgombra le tenebre e dà la pace nel credere. Intelletto vuol dire: intus legere (1042). Queste anime leggono dentro, penetrano, per così dire, i Misteri. Non è che l'anima li comprenda, ma di essi ha una luce più chiara. S. Felice Cappuccino, quando parlava di Dio, diceva cose altissime, tutte teologicamente esatte, senza aver mai aperto un libro.
Consiglio - Pel dono del consiglio dirigiamo noi egli altri alla virtù e alla santità; esso ci fa prevedere le tentazioni e ci suggerisce i mezzi per vincerle. S. Giuseppe Cafasso possedeva questo dono in grado eminente.
Fortezza - E quell'energia soprannaturale che ci fa vincere la pusillanimità e la debolezza nelle avversità e nei pericoli, rendendoci pronti al sacrificio e anche al martirio. Senza di questo dono i martiri non avrebbero potuto resistere. Esso è sommamente necessario ai missionari, massime a quelli più inclinati allo scoraggiamento.
Scienza - Per questo dono ci solleviamo dalla considerazione delle cose temporali a quelle eterne. S. Agostino diceva: " Ogni cosa creata mi è di scala a Dio " (1043). E S. Teresa: " Tutte le cose mi gridano di amare Te, o Signore! ". S. Maddalena de' Pazzi da un fiore, da un filo d'erba si sollevava al Creatore (1044).
Questo dono è anche necessario per lo studio e pel disimpegno del lavoro. Lo Spirito Santo è Spirito di scienza. Raccomandatevi a Lui nei vostri studi, specialmente in quello delle lingue indigene ed estere. Ciò che lo Spirito Santo ha fatto per gli Apostoli, lo farà anche per voi, purché mettiate da parte vostra buona volontà e impegno ad apprenderle.
Pietà - Pel dono della pietà si onora Dio come Padre e gli uomini come fratelli; si gusta di stare davanti a Dio, di trattare con Lui con filiale familiarità, come con un papà e una mamma; rende i nostri cuori docili ed arrendevoli. In particolare, questo dono ci fa gustare la pietà e godere di essa.
Timor di Dio - Per questo dono l'anima sta attenta a non offendere Dio. Non è un timore servile, ma filiale. Esso fa sì che non perdiamo la pace, né la confidenza per i difetti che commettiamo. Se uno cade, non si sgomenta, perché sa che Dio è Padre, e ritorna subito a Lui con maggior buona volontà. Anche il timore servile può essere utile, ma il timore filiale è più perfetto.
I FRUTTI DELLO SPIRITO SANTO - I frutti dello Spirito Santo, secondo S. Paolo, sono dodici: Frutto dello Spirito Santo è l'amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mitezza, la fede, la moderazione, la continenza, la castità (1045). Perché si chiamano frutti ? Lo spiega S. Ambrogio: " Perché ristorano l'anima di sincero amore... e perché contengono una grande dolcezza e soavità " (1046). Ciò che i frutti naturali sono per il corpo, che si gustano e saziano, i frutti dello Spirito Santo lo sono per l'anima. Sono così belle queste cose!... Chi gode di questi frutti vive di Spirito Santo. Bisogna gustarli, e per gustarli è necessario essere divoti dello Spirito Santo. Leggeteli, meditateli; sono soavi al cuore, ci fanno passar sopra le miserie di questa vita e ci fanno amare i sacrifici.
TEMPLI DELLO SPIRITO SANTO - S. Paolo dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Che cosa si fa in un tempio? Nel tempio si cura la pulizia. Così noi: essere decenti esternamente e mondi internamente; delicatissimi di coscienza.
Nel tempio si fa silenzio. Così noi: silenzio esterno quando la Regola lo richiede, e silenzio interno: non divagare con la mente, ma pensare allo Spirito Santo che è in noi, desideroso di infonderci la sua grazia.
Nel tempio si prega. Così noi, se fossimo proprio persuasi di avere abitante in noi lo Spirito Santo, come volentieri gli parleremmo, e quanto attenti saremmo ad ascoltare le sue ispirazioni!
Nel tempio si celebra il Divin Sacrificio. Così dobbiamo fare dentro di noi: moltiplicare i piccoli sacrifici, che hanno tanto valore per la nostra santificazione.
Nel tempio si ascolta la parola di Dio. Così dobbiamo fare nella piccola chiesa del nostro cuore; ascoltare volentieri la voce dello Spirito Santo, che è la voce della grazia, e cercare di tradurla in pratica.
Nel tempio si celebrano le feste. E anche noi dobbiamo essere allegri in questa come in tutte le feste della Chiesa. Inoltre, procurare di ornare il nostro cuore con atti di virtù, allo stesso modo che si adornano con drappi i templi materiali...
Lo Spirito Santo si compiace di abitare nell'anima fervorosa; Egli ci lascia solo per il peccato mortale. Quando si commettono peccati veniali deliberati, non ci lascia no, ma resta mortificato. Meditiamo sovente questa grande e consolante verità: noi siamo templi dello Spirito Santo!
PENSIERI SULLA DEVOZIONE ALLO SPIRITO SANTO 
S.Filippo voleva che i suoi Religiosi fossero tutti figli dello Spirito Santo: io pure voglio che lo siate tutti voi. Egli vi darà le sue continue ispirazioni, i suoi doni, per cui diverrete dotti e santi.
Se non ci curiamo dello Spirito Santo. Egli passa con le sue ispirazioni. Perciò, per essere veri figli dello Spirito Santo, bisogna ascoltarlo, star sempre pronti alla sua voce, attenti alle sue ispirazioni.
Volete divenir santi, staccati da tutti e da tutto. Siate divoti dello Spirito Santo. Si comprende come delle piccole anime abbiano fatto tanto: perché erano ripiene di Spirito Santo. Ah, quando entra lo Spirito Santo in un'anima, basta! Egli consola e sana ogni ferita!
Alle volte siamo maligni, ecc.; questo perché non ricorriamo allo Spirito Santo. Egli dà tutti i doni, tutte le grazie di cui abbisogniamo. Se uno è divoto dello Spirito Santo, ottiene tutto.
Siamo deboli, pieni di difetti, ma se ci riconosciamo poveri non solo a parole ma in verità; se con convinzione di cuore ed efficacemente ci dichiariamo e ci dimostriamo figli dello Spirito Santo, Egli che è Pater pauperum, ci sarà largo dei suoi doni. Si pensa troppo poco allo Spirito Santo nel mondo, pensiamoci almeno noi!
Bisogna che continuiamo a invocare lo Spirito Santo per tutta l'Ottava; non lasciar passare questa settimana senza riempirci di Spirito Santo. Se non è ancor venuto, può essere che venga l'ultimo giorno dell'Ottava. In quel giorno, nella Messa, si leggono cinque Epistole e tanti Oremus; sembra che la Chiesa faccia violenza per farlo discendere.
Dovete anche pregare per gli Ordinandi, su cui lo Spirito Santo deve discendere; altri un giorno pregheranno per voi. Facciamo l'Ottava con questa intenzione.
La vostra divozione allo Spirito Santo non deve però terminare con quest'Ottava, deve durare tutto l'anno, perché tutto l'anno abbiamo il dovere di ossequiarlo e invocarlo. Nessuno ha fissato la data della venuta dello Spirito Santo in noi.
È una divozione che deve compenetrarvi, dev'essere di tutta la vita, di tutti i mesi, di tutti i giorni, di tutte le ore.
In Africa avrete ancor più bisogno dello Spirito Santo. Egli vi aiuterà e, se sarà necessario, farà dei miracoli. Perché S. Pietro convertì nella prima predica circa tre mila persone, e cinque mila nella seconda? Perché lo Spirito Santo dava forza alle sue parole e, nello stesso tempo, illuminava le anime che l'ascoltavano.
Questa divozione vi aiuterà anche in certi momenti di tristezza, di malinconia. Se in quei momenti invochiamo lo Spirito Santo, egli ci dà una spinta...Chi di voi non ha ancora provato questi momenti?... Ci sono temperamenti più inclinati alla malinconia, altri all'incostanza. Ma il carattere dobbiamo formarcelo noi e cambiarlo, da malinconico e incostante, in carattere sempre uguale. Lo Spirito Santo, con il dono della fortezza, ci aiuterà in questo lavoro su noi stessi.
Siamo intesi: lo Spirito Santo non lo abbandoneremo mai, ma lo terremo sempre dentro di noi. Saremo tutti figli dello Spirito Santo!
<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>