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sabato 8 febbraio 2014

Domenica 9 Febbraio 2014, V Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A


Posted: 03 Feb 2014 07:23 AM PST

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5, 13-16. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per 


sabato 25 gennaio 2014

Domenica 26 genaio 2014, III Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A


"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 26 genaio 2014, III Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,12-23.
Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea
e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti;
il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.
Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Traduzione liturgica della Bibbia 



Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 1 Capitolo 45 pagina 283.

(Nessuna corrispondenza esatta)

Gesù è solo. Cammina lentamente, venendo avanti, alle spalle di Giovanni. Si avvicina senza rumore e ascolta intanto la voce tuonante del Penitente del deserto, come se anche Gesù fosse uno dei tanti che venivano a Giovanni per farsi battezzare o per prepararsi ad essere mondi per la venuta del Messia. Nulla distingue Gesù dagli altri. Sembra un popolano nella veste, un signore nel tratto e nella bellezza, ma nessun segno divino lo distingue dalla folla. 
Però si direbbe che Giovanni senta una emanazione di spiritualità speciale. Si volge e individua subito la fonte di quell’emanazione. Scende con impeto dal masso che gli faceva da pulpito e va sveltamente verso Gesù, che si è fermato qualche metro lontano dl gruppo, appoggiandosi al fusto di un albero. 
Gesù e Giovanni si fissano un momento. Gesù col suo sguardo azzurro tanto dolce. Giovanni col suo occhio severo, nerissimo, pieno di lampi. I due, visti vicino, son l’antitesi l’uno dell’altro. Alti tutti e due -è l’unica somiglianza- sono diversissimi per tutto il resto. Gesù biondo e dai lunghi capelli ravviati, dal volto di un bianco avoriato, dagli occhi azzurri, dall’abito semplice ma maestoso. Giovanni irsuto, nero di capelli che ricadono lisci sulle spalle, lisci e disuguali in lunghezza, nero dalla barba rada che gli copre quasi tutto il volto non impedendo col suo velo di permettere di notare le guance scavate dal digiuno, nero negli occhi febbrili, scuro nella pelle abbronzata dal sole e dalle intemperie e per la folta peluria che lo copre, seminudo nella sua veste di pelo di cammello, tenuta alla vita da una cinghia di pelle e che gli copre il torso scendendo appena sotto i fianchi magri e lasciando scoperte le coste a destra, le coste sulle quali è, unico strato di tessuti, la pelle conciata dall’aria. Sembrano un selvaggio e un angelo visti vicini. 
Giovanni, dopo averlo scrutato col suo occhio penetrante esclama: “Ecco l’Agnello di Dio. Come è che a me viene il mio Signore?” 
Gesù risponde placido: “Per compiere il rito di penitenza.” 
“Mai, mio Signore. Io sono che devo venire a Te per essere santificato, e Tu vieni a me?” 
E Gesù, mettendogli una mano sul capo, perché Giovanni s’era curvato davanti a Gesù, risponde: “Lascia che si faccia come voglio, perché si compia ogni giustizia e il tuo rito divenga inizio ad un più alto mistero e sia annunciato agli uomini che la Vittima è nel mondo.” 
Giovanni lo guarda con occhio che una lacrima fa dolce e lo precede verso la riva, dove Gesù si leva il manto e la tunica, rimanendo con una specie di corti calzoncini, per poi scendere nell’acqua dove è già Giovanni, che lo battezza versandogli sul capo l’acqua del fiume, presa con una specie di tazza che il Battista tiene sospesa alla cintola e che mi pare una conchiglia o una mezza zucca essiccata e svuotata. 
Gesù è proprio l’Agnello. Agnello nel candore della carne, nella modestia del tratto, nella mitezza dello sguardo. 
Mentre Gesù risale la riva e dopo essersi vestito si raccoglie in preghiera, Giovanni lo addita alle turbe, testimoniando di averlo conosciuto per il segno che lo Spirito di Dio gli aveva indicato quale indicazione infallibile del Redentore. 
Ma io sono polarizzata nel guardare Gesù che prega, e non mi resta che questa figura di luce contro il verde della sponda. 


Dice Gesù: 
“Giovanni non aveva bisogno del segno per se stesso. Il suo spirito, presantificato sin dal ventre di sua madre, era possessore di quella vista di intelligenza soprannaturale che sarebbe stata di tutti gli uomini senza la colpa di Adamo. 

Se l’uomo fosse rimasto in grazia, in innocenza, in fedeltà col suo Creatore, avrebbe visto Dio attraverso le apparenze esterne. Nella Genesi è detto che il Signore Iddio parlava familiarmente con l’uomo innocente e che l’uomo non tramortiva a quella voce, non si ingannava nel discernerla. Così era la sorte dell’uomo: vedere e capire Iddio proprio come un figlio fa col genitore. Poi è venuta la colpa e l’uomo non ha più osato guardare Dio, non ha più saputo vedere e comprendere Iddio. E sempre meno lo sa. 

Ma Giovanni, il mio cugino Giovanni, era stato mondato dalla Colpa quando la Piena di Grazia s’era curvata amorosa ad abbracciare la già sterile ed allora feconda Elisabetta. Il fanciullino nel suo seno era balzato di giubilo, sentendo cadere la scaglia della colpa dalla sua anima come crosta che cade da una piaga che guarisce. Lo Spirito Santo, che aveva fatto di Maria la madre del Salvatore, iniziò la sua opera di salvazione, attraverso Maria, Vivo Ciborio della Salvezza Incarnata, su questo nascituro destinato ad essere a Me unito non tanto pel sangue, quanto per la missione che fece di noi come le labbra che formano la parola. Giovanni le labbra, Io la Parola. Egli il Precursore nell’Evangelo e nella sorte di martirio. Io, Colui che perfeziona della mia divina perfezione l’Evangelo iniziato da Giovanni ed il martirio per la difesa della Legge di Dio. 

Giovanni non aveva bisogno di nessun segno. Ma alla ottusità degli altri il segno era necessario. Su cosa avrebbe fondato Giovanni la sua asserzione, se non su una prova innegabile che gli occhi di tardi e le orecchie dei pesanti avessero percepita? 
Io pure non avevo bisogno di battesimo. Ma la sapienza del Signore aveva giudicato esser quello l’attimo e il modo dell’incontro. E traendo Giovanni dal suo speco nel deserto a me dalla mia casa, ci unì in quell’ora per aprire su Me il Cieli e farne scendere Se Stesso, Colomba Divina, su colui che avrebbe battezzato gli uomini con tal Colomba, e farne scendere l’annuncio, ancor più potente di quello angelico perché dal Padre mio: “Ecco il mio Figlio diletto col quale mi sono compiaciuto”. Perché gli uomini non avessero scuse o dubbi nel seguirmi e nel non seguirmi. 

Le manifestazioni del Cristo sono state molte. La prima, dopo la Nascita, fu quella dei Magi, la seconda nel tempio, la terza sulle rive del Giordano. Poi vennero le infinite altre che ti farò conoscere, poiché i miei miracoli sono manifestazioni della mia natura divina, sino alle ultime della Risurrezione e Ascensione al Cielo. 

La mia patria fu piena delle mie manifestazioni. Come seme gettato ai quattro punti cardinali, esse avvennero in ogni strato e luogo della vita: ai pastori, ai potenti, ai dotti, agli increduli, ai peccatori, ai sacerdoti, ai dominatori, ai bambini, ai soldati, agli ebrei, ai gentili. Anche ora esse si ripetono. Ma, come allora. il mondo non le accoglie. Anzi non accoglie le attuali e dimentica le passate. Ebbene, Io non desisto. Io mi ripeto per salvarvi. per portarvi alla fede in Me. 

Sai, Maria, quello che fai? Quello che faccio, anzi, nel mostrarti il Vangelo? Un tentativo più forte di portare gli uomini a Me. Tu lo hai desiderato con preghiere ardenti. Non mi limito più alla parola. Li stanca e li stacca. E’ una colpa, ma è così. Ricorro alla visione, e del mio Vangelo, e la spiego per renderla più chiara e attraente. 
A te do il conforto del vedere. A tutti do il modo di desiderare di conoscermi. E se ancora non servirà, e come crudeli bambini getteranno il dono senza capirne il valore, a te resterà il mio dono e ad essi il mio sdegno. Potrò ancora una volta fare l’antico rimprovero: “Abbiamo suonato e non avete danzato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”. 
Ma non importa. Lasciamo che essi, gli inconvertibili, accumulino sul loro capo i carboni ardenti, e volgiamoci alle pecorelle che cercano di conoscere il Pastore. Io son quello, e tu sei la verga che le conduci a Me.” 
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

sabato 2 novembre 2013

Domenica 3 novembre 2013, XXXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno C


Posted: 31 Oct 2013 04:30 PM PDT

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 19,1-10. Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo 

sabato 5 ottobre 2013

Desidero celebrare la tua gloria.




OTTOBRE
con Santa Faustina
Meditazioni

1. La misericordia creatrice. — O mio Dio, tutto ciò ch'è in me ti adori, mio creatore e mio Signore! Poiché tu sei la felicità in te stesso e non hai bisogno di noi per essere felice, fu la tua misericordia a chiamare all'esistenza le creature, comunicando ad esse qualche cosa dell'intima tua vita, che fa di te un Dio solo in tre Persone. Desidero glorificare la tua misericordia con ogni palpito del mio cuore, parlando della tua pura bontà alle anime e incoraggiandole ad aver fiducia in essa.

2. La misericordia redentrice. — Signore, tu ci doni la tua grazia unicamente perché sei misericordioso. Allorché l'uomo non seppe superare la sua prova, avresti potuto rigettarlo. Tuttavia ti commosse la naturale debolezza di questo composto d'anima e di corpo che noi siamo e promettesti di riparare di persona la perdita della nostra felicità. Dobbiamo unicamente all'abisso della tua misericordia, se non siamo puniti come meritiamo. Che la tua misericordia, Signore, sia adorata! Perfino gli angeli stupiscono per la magnanimità con cui la eserciti in favore degli uomini!

3. La misericordia che s'incarna. — Solo la tua misericordia, Signore, ch'è divina, può rimettere le colpe e, al tempo stesso, arricchire con la grazia la creatura perdonata. La misericordia ti spinse a scendere personalmente fra di noi. Ma, dove discenderai, Signore? Forse nel tempio di Salomone? O preferisci che ti venga edificato un nuovo tempio per poter manifestarti in esso? Ma, o Signore, che tempio prepararti, se la terra intera altro non è che «lo sgabello dei tuoi piedi»? Il tuo tempio sarà il grembo di una madre senza macchia: «Il Verbo di Dio si fece carne e pose la sua tenda fra di noi». Il Verbo di Dio in questo modo è l'incarnazione della sua stessa misericordia! Nessuno ora, Signore, ha motivo di temere nell'avvicinarsi a te. Sei Padre del tuo unigenito Figliolo e, grazie a lui, sei anche il Padre nostro. Sia gloria alla tua misericordia, la quale ti ha condotto fra di noi!

4. La misericordia nei santi Sacramenti. — Da quando, partendo anche come uomo verso il cielo, ci lasciasti te stesso nel Sacramento dell'altare, non vi è miseria che possa esaurire la tua misericordia. Qui si trova il tempio della tua pura bontà, qui l'umanità coglie il rimedio della propria debolezza. Tu, dopo essere spirato sulla croce, ci donasti la tua vita eterna nei santi Sacramenti aprendone nel tuo fianco squarciato la sorgente. Qui si rivela la tua misericordia onnipotente, di qui scorrono per noi tutte le grazie.

(5 ottobre : Festa liturgica di santa FAUSTINA Kowalska)
Facciamo nostro il suo desiderio ardente:

5. Desidero celebrare la tua gloria. — O Dio, che tanto generosamente dispensi la tua misericordia, quanto devi amare questa nostra umanità, in favore della quale prodighi te stesso senza posa! O mio Creatore e mio Signore, scorgo dovunque le tracce della tua onnipotenza e l'impronta della tua misericordia senza fine con cui circondi ogni creatura. Mio Creatore e Salvatore, desidero celebrare la tua gloria in nome di tutto ciò che tu hai creato. Voglio chiamare l'universo intero ad adorare la tua misericordia!

Dagli esercizi spirituali a Jòsefow
6. Preghiera. — Gesù, mio maestro, aiutami a entrare con il massimo fervore in questo periodo di deserto. Il tuo Spirito, o Dio, mi conduca alla profonda conoscenza di te e di me stessa, perché ti amerò nella misura della conoscenza che ho di te e disprezzerò me stessa nella misura della conoscenza cne ho di me. Mi abbandono, Signore, alla tua azione: la tua volontà si compia in me completamente.

7. Come ad un banchetto. — «Figlia mia, ti condurrò in questo ritiro come ad un banchetto. Accanto al mio cuore misericordioso, mediterai le grazie che ti ho fatto e avrai a compagna una profonda pace. Desidero che il tuo sguardo fissi di continuo la mia volontà e, ciò facendo, mi darai la gioia più grande. Non intraprenderai alcuna riforma di te stessa, perché già hai messo a mia disposizione la tua vita. Nessun sacrificio vale quanto questo». 

8. Irradiare la divinità. — O Dio, espongo il mio cuore all'azione della tua grazia, come un cristallo ai raggi del sole e ti prego di illuminare questo mio cuore con la tua immagine per quanto ciò è possibile in una semplice creatura. Ti prego anche di irradiare la tua divinità per mezzo mio, tu che dimori dentro di me.
Gesù mi fece sapere che devo pregare particolarmente per le suore, raccolte in ritiro assieme a me. Mentre pregavo, conobbi la lotta che stavano sostenendo certe anime e raddoppiai le preghiere.

9. Il cammino dell'anima. — So a che scopo sono stata creata. So che Dio è il mio fine ultimo. Nessuna creatura può sostituire il mio Creatore nel cammino della mia anima. In tutte le mie attività miro a lui solo.
Gesù, tu spesso ti degnasti di gettare in me i fondamenti della perfezione cristiana, e devo riconoscere che la mia cooperazione fu ben piccola al confronto. Nell'uso che ora faccio delle cose create, mi aiutasti tu o Signore. Il mio cuore è debole; la mia forza viene da te soltanto.

10. Ho cercato dei modelli. — Voglio vivere e morire come i santi, con gli occhi fissi su di te, o Gesù. Ho cercato dei modelli intorno a me senza trovarne uno che servisse a guidare la mia azione. Il mio progresso nella santità, in questo modo, ritardava. Dal momento in cui cominciai a fissare il mio sguardo su di te, o Cristo, che sei il mio modello, so con certezza che otterrò il successo malgrado la mia miseria, ho fiducia nella tua misericordia e tu saprai trarre una santa anche da me. Mi mancano le capacità, ma non la buona volontà. A dispetto di tutte le sconfitte, voglio lottare come hanno lottato i santi e voglio agire a loro somiglianza.

11. La lotta non avvilisce. — Gesù mio, malgrado le tue grazie e pur nobilitandosi, le mie tendenze naturali non scompaiono mai completamente. La mia vigilanza dev'essere continua. Devo combattere contro innumerevoli mancanze, sapendo in ogni caso che la lotta non avvilisce mai nessuno, mentre invece mi avviliscono la pigrizia e la paura. Quando si è di salute cagionevole, bisogna sopportare molte cose, perché chi è ammalato e non sta a letto non viene considerato infermo. Per vari motivi quindi si presentano le occasioni di sacrificarsi e, talvolta, si tratta di sacrifici molto grandi. Capisco però che, quando Dio esige un sacrificio, non è avaro del suo aiuto, ma lo dona in abbondanza. Gesù mio, ti domando che il mio sacrificio arda silenziosamente ma con assoluta pienezza d'amore davanti a te per implorare la tua misericordia a vantaggio delle anime.

12. Una vita nuova. — Il mio cuore si rinnova e incomincia una nuova vita fino da quaggiù, una vita d'amore di Dio. Non dimentico che sono la debolezza in persona, ma non dubito nemmeno per un istante che Dio m'aiuti mediante la sua grazia. Con un occhio guardo l'abisso della mia miseria e con l'altro l'abisso della divina misericordia. O Dio misericordioso, che mi permetti di vivere ancora, dammi la forza di cominciare una vita nuova, quella dello spirito, sulla quale la morte non ha potere.

13. Interrogherò l'amore. — Gesù, mio perfettissimo modello, avanzerò nella vita con gli occhi fissi su di te, seguendo le tue orme, sottomettendo la natura alla grazia in base alla tua volontà e in misura della luce che mi illumina, confidando unicamente nel tuo aiuto. Ogni volta che ho dei dubbi sulla condotta da tenere, interrogherò sempre l'amore ed esso mi darà il miglior consiglio. Mi rispose Gesù: «Fra le occasioni che la mia provvidenza ti manderà, stai bene attenta a non perderne nessuna. Quando però non riuscirai a coglierle, non turbarti, ma umiliati davanti a me e immergiti con tutta la tua fiducia nella mia misericordia. In questo modo, acquisterai di più di quanto avrai perduto, perché a un'anima umile i miei doni scendono con abbondanza ben maggiore di quanto essa medesima si aspetti».

14. Per mezzo mio. — O amore eterno, accendi dentro di me una luce nuova, una vita d'amore e di misericordia, sostienimi con la tua grazia, affinché io risponda degnamente alla tua chiamata e tu compia nelle anime, per mezzo mio, quello che tu stesso hai stabilito.

15. Trasformare il grigiore nella santità. — Sento di essere completamente satura di Dio. È con lui che percorro la vita quotidiana, grigia, penosa e faticosa. Confido in colui che, stando nel mio cuore, è occupato a trasformare ogni grigiore nella mia personale santità. Durante questi esercizi spirituali la mia anima matura nel profondo silenzio, accanto al tuo cuore misericordioso, o mio Gesù. Ai puri raggi del tuo amore, la mia anima mutò la propria asprezza, diventando un frutto dolce e ben maturo.

16. Frutti di misericordia. — Esco da questo ritiro trasformata. Grazie all'amore di Dio, la mia anima incomincia una vita nuova con serietà e con forza d'anima. Anche se esteriormente la mia esistenza non mostrerà dei cambiamenti, così che nessuno ci baderà, il puro amore guiderà ogni mia azione, producendo anche al di fuori frutti di misericordia.

17. Essere di vantaggio alla tua Chiesa. — Adesso sì, io posso essere completamente di vantaggio, o Signore, alla tua Chiesa. Lò sarò mediante una santità individuale, che a tutta la Chiesa trasmetterà la propria vita, dal momento che in Gesù formiamo tutti insieme un «corpo» solo. Ecco perché lavoro tutti i giorni, affinché il terreno del mio cuore produca in abbondanza buoni frutti. Anche se ciò non venisse mai scorto da occhio umano sulla terra, tuttavia un giorno apparirà che molte anime si sono nutrite e si nutriranno dei miei frutti.

18. Ringraziamento. — Questi bei giorni di permanenza da sola a solo con Gesù giungono al termine. Gesù mio, tu sai che fino dai primissimi miei anni desideravo di amarti con un amore così grande come non ti ha amato ancora mai nessuno. Oggi vorrei gridare al mondo intero: «Amate Dio, perché egli è buono, perché grande è la sua misericordia!». Il mio essere diventa così una fiamma di riconoscenza e di ringraziamento. I benefici di Dio, quasi fuoco ardente, mi ardono nell'anima, mentre le sofferenze e i dispiaceri funzionano da legna sopra il fuoco e lo alimentano; senza una simile legna si sarebbe spento. Perciò chiamo il cielo intero e tutta la terra a unirsi al mio ringraziamento.

19. Fedele a Dio. — Vedo don Michael Sopocko concentrare la sua mente nel lavoro per la causa del culto alla divina misericordia. Lo vedo esporre i desideri divini ai dignitari della Chiesa di Dio a consolazione delle anime. Sebbene per ora egli sia pieno d'amarezze, quasi la sua fatica non meritasse nessun altro premio, verrà un giorno in cui le cose cambieranno. Vedo la gioia, che Dio gli farà pregustare in piccola parte fin da questa terra. Mai avevo incontrato una fedeltà a Dio simile a quella, per la quale quest'anima si distingue.

20. Missione inarrestabile. — O Gesù mio, per quanto provi in me una grande spinta a lavorare per le anime, devo tuttavia ubbidire ai sacerdoti. Da sola, con la mia precipitosità potrei finire col guastar la tua opera. Gesù, tu mi riveli i tuoi segreti e vuoi che li trasmetta alle altre anime. Tra breve, s'aprirà per me la possibilità di entrare in azione. Nell'istante in cui il mio annientamento sembrerà totale, comincerà la mia missione inarrestabile. Gesù mi disse: «Conosci l'onnipotenza della grazia divina, e ciò ti basti!».

Dai tre giorni di ritiro a Pradnik
21. Introduzione. — Scrivo sotto la direzione di Gesù Maestro. Egli stesso mi comandò di fare questo ritiro e stabilì i giorni in cui dovevo svolgerlo. Fu Gesù a guidarmi personalmente in queste riflessioni.

22. 1º giorno: Tema della meditazione. — Figlia mia, prendi come tema di meditazione: chi è colui al quale il tuo cuore sta tanto intimamente unito?... Prima che io creassi il mondo ti amai di quell'amore che il tuo cuore oggi sperimenta e che mai non muterà per l'avvenire. Medita la vita divina che scorre nella Chiesa per la salvezza e la santificazione delle anime (cf. i due raggi dell'immagine!). Rifletti se da questi tesori di grazia e da queste manifestazioni del mio amore hai saputo cogliere i frutti che aspettavo.

23. 1º giorno. Lettura del Vangelo. — Oggi, leggi il 15º capitolo del Vangelo di San Giovanni. Desidero che tu lo legga molto lentamente.

24. 1º giorno. «Voglio istruirti sopra il combattimento spirituale». — Non confidare mai in te stessa, ma abbandonati alla mia piena volontà. Metti l'amor proprio all'ultimo posto, affinché non corrompa le tue azioni. Lascia che ciascuno agisca secondo i propri gusti. Dal canto tuo comportati secondo i miei desideri. Se avrai patito qualche dispiacere, fa' tutto il bene che puoi alla persona che te lo causò. E se verrai rimproverata, resta in silenzio. Non scoraggiarti mai, perché sarebbe verso di me un ingratitudine. Non esaminare con curiosità le vie per cui ti sto guidando. Quando ti senti stanca e l'avvilimento batte alla tua porta, fuggi via da te stessa e vieni a rifugiarti nel mio cuore. Non ritirarti dalla lotta: molte volte basta anche solo del coraggio per vincere le tentazioni in modo che non osino più assalirti in seguito. Lotta sempre con la convinzione che io sono con te. Non lasciarti guidare dai tuoi sentimenti, perché non sempre hai forze per padroneggiarli; tutto il merito sta nella tua volontà. Vedi che io non t'inganno con promesse di consolazione; al contrario, ti voglio preparare alla lotta. Ricorda che ti trovi in un'arena, dove dai spettacolo di te alla terra e al cielo.

25. 2º giorno. Tema della meditazione. — Medita oggi la mia passione dolorosa, contemplandola come se avvenisse proprio ora e fosse esclusivamente per te.

26. 2º giorno. Lettura del Vangelo. — Oggi, leggi il 19º capitolo del Vangelo di San Giovanni; ma leggilo senza superficialità, leggilo soprattutto con il cuore!

27. 2º giorno. «Voglio istruirti sul modo di salvare le anime con la preghiera e con il sacrificio». — Con la preghiera e con la sofferenza tu salverai più anime di quante non ne riesca a salvare un missionario che si preoccupi soltanto di catechizzare e predicare. Ma desidero vedere in te un sacrificio pieno d'amor vivo, perché soltanto l'amore ha potere su di me. Affinché il tuo sacrificio mi sia gradito, voglio trovare in esso purezza d'intenzione e umiltà. Ti dirò in che cosa consista questo olocausto della tua vita quotidiana per premunirti contro le illusioni, che facilmente vi si potrebbero insinuare. Accetterai tutte le sofferenze con amore, ma senza impressionarti se il tuo cuore ne sentirà naturalmente ripugnanza ed avversione. Tutta la forza di questo sacrificio viene dalla volontà, così che quegli stessi sentimenti di contrarietà, anziché impoverire ai miei occhi il sacrificio, ne aumentano il valore. Non tirarti indietro! La mia grazia mai non ti abbandona.

28. 3º giorno. Tema della meditazione. — Ecco il soggetto di questa tua meditazione: il tuo amore per il prossimo è governato dal mio amore? Preghi per i tuoi nemici? Desideri il bene di coloro che ti rattristano e t'offendono? Ricorda sempre che qualsiasi cosa buona tu fai ad una persona, la considero come fatta a me! Risponde suor Faustina: «Tu sai quali sforzi mi costò giunger a questo; se tu stesso non avessi acceso quell'amore dentro di me, io non sarei stata in grado di perseverare».

29. 3º giorno. Lettura del Vangelo. — Come lettura del Vangelo, prendi oggi il capitolo 21º del Vangelo di San Giovanni. Vivilo con il cuore, più che con la mente.

30. 3º giorno. «Impara che il mio cuore è la misericordia stessa». — Io sono la misericordia. Da questo oceano di misericordia, si diffondono sul mondo grazie senza numero. Nessuno viene a me, senza ripartirne confortato. Nella mia misericordia scompare ogni miseria (raggio bianco), e ogni grazia di redenzione e di santità (raggio rosso) scaturisce da questa sorgente. Figlia mia, desidero che la mia misericordia dimori nel tuo cuore e, attraverso di esso, si riversi sugli altri. Fa' in modo che chiunque t'avvicina impari da te a confidare nella mia misericordia, perché è soprattutto la fiducia che bramo trovare nelle anime. Prega più che puoi per i morenti; implora per essi una fiducia illimitata nella misericordia che perdona, poiché è di una simile fiducia che maggiormente hanno bisogno ed è proprio quella che hanno meno! Sappi che ci furono anime le quali, nel supremo istante, trovarono salvezza unicamente per la tua preghiera. Tu, che conosci l'infinito abisso della mia misericordia, approfittane per te e per gli infelici peccatori. Cadranno nel nulla cielo e terra, prima che la mia misericordia non stringa a sé quelli che in me confidano!

31. Conclusione. — Parla Maria: «Bambina mia, Dio vuole che io sia madre per te in modo speciale. Tu sei per me la figlia che io prescelsi a riprodurre in sé queste tre virtù che mi sono le più care: l'umiltà, la purezza d'intenzione, l'amore per Dio. Sappi che adesso è il tempo della misericordia. Annuncia alle anime questo infinito dono: se tu non parli, dovrai rispondere d'un grande numero di anime!».


giovedì 3 ottobre 2013

4 ottobre: SERAFICO PADRE SAN FRANCESCO D'ASSISI, Patrono d'Italia



4 OTTOBRE
SAN FRANCESCO D'ASSISI,  CONFESSORE


La conformazione a Cristo.
Nella lettera ai Romani l'Apostolo san Paolo ci dà la regola di ogni santità con le parole: "Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imagines Filii sui..." (Rom 8,29). Conformarci al divino modello, che si chiama Gesù.. È la conformità al Figlio di Dio, acquistata con la virtù, che fa i santi.

Celebriamo oggi un Santo, che fu copia ammirabile di Cristo Gesù, che il Sommo Pontefice Leone XIII chiama il più bello dei santi, che Papa Pio XI ci presenta come il santo che pare aver meglio compreso il Vangelo e conformata la vita al divino modello.
San Francesco infatti è un altro Cristo. Ha cercato Cristo, lo ha seguito, lo ha amato, lo ha dato agli altri, Cristo Gesù è tutta la sua vita. Non ci fermiamo sulle tradizioni graziose che vogliono che Francesco sia nato in una stalla, come Gesù, e su un poco di paglia; noi lo vediamo, giovane, arrestarsi improvvisamente in mezzo ai suoi sogni di piaceri e di feste, mentre pensa ad imprese cavalleresche, perché il Cristo di S. Damiano gli parla: "Francesco, che cosa vale di più? Servire il padrone o il servitore?". Francesco è affascinato da queste parole, comincia una vita nuova, apre il Vangelo e vi cerca Cristo cui consacrarsi interamente.
 
Amore del Vangelo.
Egli fa del Vangelo il suo nutrimento e, trovandovi una celeste soavità, esclama: "Ecco quello che da molto tempo cercavo!". Il Vangelo è suo sostegno, sua consolazione, rimedio a tutte le sofferenze, nelle prove non vuole altro conforto e un giorno dirà ai suoi frati: "Sono saturo di Vangelo, sono pieno di Vangelo". Il Vangelo diventa sua vita e quando vuole dare ai suoi frati una regola, scrive nelle prime pagine: "La regola e la vita dei Frati Minori è questa: osservare il santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo".
Povertà.
Ma il Vangelo è la storia dell'abbassamento del Figlio di Dio fino a noi e del suo amore per le nostre anime, è il Cristo povero, umile, piccolo, compassionevole e misericordioso, il Cristo Apostolo, il Cristo che ci ama e muore per noi. San Francesco, che lo ha scelto come regola di vita, lo vive alla lettera. Sull’esempio di Gesù, egli abbraccia la povertà e, davanti al Vescovo di Assisi si spoglia delle sue vesti, le restituisce al padre dicendo: "Adesso potrò veramente dire: Padre nostro, che sei nei cieli". E comincia la sua vita di povertà, povertà gioiosa e tutta piena di sole, non la povertà gelosa e afflitta, che troppo spesso vediamo nel mondo, povertà volontaria e amata. Va a tendere la sua mano delicata per le vie di Assisi ed è respinto come se fosse un pazzo, ma resta l'amante della povertà e, al momento della morte, è sua consolazione suprema essere stato fedele a "Madonna Povertà".
 
Umiltà.
Il Vangelo è Gesù Cristo umile e piccolo: parvus Dominus, il Grande piccolo Gesù, come lo chiama san Francesco. Egli medita questo insegnamento e si fa "l’umile Francesco", come lo chiamo l'autore dell'Imitazione. Si considera l'ultimo degli uomini, il più vile peccatore, e soffrire, essere disprezzato è per lui gioia perfetta e dà ai suoi figli il nome di Minori, cioè piccoli.
 
Misericordia.
Il Vangelo è Gesù Cristo compassionevole e misericordioso e, sul suo esempio, il cuore di Francesco è tutto pieno di misericordia. San Bonaventura, scrivendo la sua vita, ci dice: "La benignità, la bontà del nostro Salvatore Gesù Cristo è apparsa nel suo servo Francesco". Egli stesso, all'inizio del suo testamento, scrive: "Il Signore mi fece la grazia di cominciare a fare penitenza, perché quando ero nel peccato mi sembrava troppo amaro vedere dei lebbrosi, ma fui verso di loro misericordioso e quello che mi pareva amaro diventò per me dolcezza dell'anima e del corpo".
Francesco era misericordioso verso tutti i miseri e alla Tribuna del Parlamento italiano gli fu resa questa testimonianza: "Se san Francesco di Assisi non ha fondato istituzioni di carità, ha versato nel mondo tale una corrente di carità, che dopo sette secoli, nessuna opera di carità è stata fondata senza che egli ne sia stato ispiratore".
 
Apostolato.
Il Vangelo è Gesù Cristo apostolo. Egli è venuto perché gli uomini sentissero la parola di vita e con quale amore lascia cadere dal suo labbro le sue intenzioni divine! E Francesco, sulle orme di Cristo, si fa apostolo, traccia nell'aria il segno della Croce e manda i suoi discepoli ai quattro angoli del mondo. Egli ha capito bene le parole di Gesù: "Andate e insegnate a tutte le nazioni". Primo fra tutti i fondatori di Ordini moderni, manda i suoi figli nelle regioni infedeli e quando, dopo qualche mese, viene a sapere che cinque di essi hanno colto, nel Marocco, la palma del martirio, esclama con gioia: "Finalmente ho dei Vescovi!" I suoi vescovi erano i martiri. Dopo aver fondata l'opera sua, non sogna per sé che di offrire a Gesù la testimonianza del sangue e tre volte passa i mari, va a predicare Cristo fino alla presenza del Sultano infedele, ma Dio gli riserva un altro martirio per il giorno in cui gli manderà un Angelo a incidergli nelle sue carni le piaghe del divino Crocifisso.
 
Il dono di sé.
Il Vangelo è Gesù, che si dona e si immola e, come Gesù, Francesco si dona a sua volta. "Questo povero, piccolo uomo, dice san Bonaventura, non aveva che due cosa da offrire: il suo corpo e la sua anima". Dona a Dio il suo corpo con la penitenza e sappiamo come egli trattasse il suo corpo. Aveva diviso l'anno in nove quaresime successive, si contentava di pane secco e si rifiutava anche l'acqua necessaria alla sua sete, per non cedere alla sua sensualità. Era suo letto la terra nuda, suo cuscino un tronco di quercia e, tormentato spesso da malattie, ringraziava il Signore perché non lo risparmiava. Chiedeva a Dio di soffrire cento volte di più, se era sua volontà. Dava poi a Dio la sua anima con la preghiera e con lo zelo.
Ma san Francesco non è soltanto discepolo fedele di Cristo, perché copia la vita e le virtù del Maestro, ma è soprattutto il Santo dell'amore serafico. Egli è entrato nel Cuore di Gesù, ha compreso il Cuore di Gesù e gli rende amore per amore.
 
Amore dell’Eucaristia.
Con l'amore del Vangelo, un altro amore consuma il cuore di Francesco: l'amore dell'Eucaristia! Il mistero eucaristico era fatto apposta per  attirare la sua anima serafica! Un Dio disceso dal cielo per salvarci, fattosi carne in forma umana e morto sul Calvario come un delinquente, si abbassa ancora fino a prendere la forma di una piccola ostia, per unirsi a noi e farsi nostro cibo; un Dio, che, dopo la follia della Croce, giunge alla follia dell'Eucaristia e sta imprigionato nel tabernacolo, per attenderci e per riceverci, è un mistero ineffabile, che desta l'ammirazione delle anime amanti. Francesco, il grande amante del Vangelo, in cui trovava la parola vivente ed eterna di Gesù, il grande amante della Croce, in cui vede l'amore sacrificato, ama pure l'ostia dove è l'amore vivente, l'amore che si dona, l'amore che attira e trasforma le anime generose e pure! Per l'ostia egli corre a riparare i tabernacoli, per l'ostia va per le campagne a ripulire e ornare le chiese povere e abbandonate, per l'ostia dimentica la povertà e manda i frati a disporre sugli altari vasi d'oro e d'argento, per l'ostia si prostra lungo la via, quando vede spuntare la guglia di un campanile e passa ore davanti al tabernacolo, tremante per il freddo, in adorazione e in amore. Fa celebrare la Messa tutti i giorni e con fervore si comunica tutti i giorni.
In un'epoca in cui spesso il sacerdozio è avvilito, ricorda ai sacerdoti la loro grandezza. "Il vedo in essi il Figlio di Dio" e si mette in ginocchio davanti al sacerdote, e gli bacia le mani. Egli, il piccolo diacono, che si giudica indegno di salire l'altare, scrive a cardinali, a vescovi, a principi: "Vi prego, miei signori, baciando le vostre mani, fate in modo che il Corpo di Gesù sia trattato degnamente e da tutti debitamente rispettato". E Francesco prepara all'ostia anime adoratrici, circonda di anime vergini il tabernacolo con le Clarisse e ciborio, giglio, corona di spine diventano le armi di S. Damiano.
Vangelo, Croce, Eucaristia sono i grandi amori, che formano l'anima di Francesco, il segreto della sua azione nella Chiesa. Dopo aver cercato Gesù, dopo aver vissuto di Lui, dopo averlo amato, Francesco poteva attendere la morte, senza averne paura,. La grande Teresa d'Avila, mentre stava per morire esclamava: "È tempo di vederci, Gesù mio!". Francesco, nelle stese circostanze, si mette a cantare: "Voce mea ad Dominum clamavi, ad Dominum deprecatus sum. Chiamo il Signore con tutta la mia voce e prego il mio Signore". "Me exspectant iusti... I giusti mi attendono, essi vogliono essere testimoni della ricompensa che Dio mi darà" (Sal 140,1).
Quale incontro sarà quello dell'anima di Francesco con il Signore! Ricordiamo il quadro del Murillo, che ci presenta Cristo mentre stacca un braccio dalla croce e attirà a sé l'umile Francesco, per stringerlo al cuore. È questa la morte di Francesco. Con uno slancio sublime l'anima sua si getta tra le braccia di Dio e va a godere l'amore, che non ha fine.

VITA. - Francesco nacque ad Assisi nel 1182 e fin dalla giovinezza si mostrò caritatevole verso i poveri. Una malattia fu l'inizio di una vita di perfezione e risolvette di dare tutto quanto possedeva. Suo padre pretese la rinuncia all'eredità e Francesco rinunciò volentieri, spogliandosi tosto anche degli abiti che indossava. Fondò con alcuni compagni l'Ordine dei Frati Minori, che ebbe l'approvazione di Papa Innocenzo III. Francesco mandò i suoi religiosi a predicare dappertutto ed egli stesso, desideroso del martirio, partì per la Siria, ma avendo raccolto soltanto onori, tornò in Italia dove fondò presso la Chiesa di S. Damiano un Ordine di vergini, sotto la direzione di santa Chiara, e il Terz'Ordine, per dare anche alle persone viventi nel mondo un mezzo efficace di santificazione nella pratica delle virtù religiose. Nel 1224, mentre pregava sul monte Alvernia, gli apparve un serafino, che impresse nel suo corpo le piaghe di Crocifisso, in segno dell'amore che il santo nutriva per il Signore. Due anni dopo Francesco, molto ammalato, si fece portare alla chiesa di S. Maria degli Angeli e vi morì dopo aver esortato i suoi frati Minore ad amare la povertà, la pazienza e a difendere la fede della Chiesa Romana. Gregorio IX, che lo aveva conosciuto profondamente, lo iscrisse poco appresso nel catalogo del Santi.

Preghiera di san Francesco.
"Grande e magnifico Dio, mio Signore Gesù Cristo! Io ti supplico di darmi luce, di rischiarare le tenebre dell'anima mia. Dammi fede retta, speranza sicura, carità perfetta. Concedimi, o Signore, di conoscerti bene, per poter in tutte le cose agire nella tua luce secondo la tua volontà".

La Chiesa in rovina.
Così tu pregavi spesso e a lungo davanti al Crocifisso della vecchia chiesa di S. Damiano. E un giorno dal Crocifisso scese una voce che solo il tuo cuore poteva percepire e diceva: "Va', Francesco, ricostruisci la mia casa, che sta per crollare". E tu, tremante e felice insieme, rispondesti: "Andrò con gioia, o Signore, a fare quanto mi chiedi!".
La casa che stava per crollare era senza dubbio la vecchia e solitaria cappella di S. Damiano, ma il Signore pensava soprattutto alle rovine, accumulatesi nel corso degli ultimi secoli nella sua Chiesa.

L'Ordine dei Minori.
Il Papa, che lo aveva compreso, approvò l'Ordine dei Minori, che con il suo fervore, il suo amore per la povertà, lo zelo apostolico, non solo avrebbe riparato le rovine della Chiesa di Cristo, ma sarebbe andato a  costruire nuove cristianità nelle terre infedeli, col sangue dei migliori suoi figli.
Dalla gloria del cielo, dove il Signore ti concede ora così grande e gloriosa ricompensa, degnati, o san Francesco, di non dimenticare la Chiesa per cui non hai risparmiato fatiche.
Aiuta i tuoi figli, che proseguono l'opera tua nel mondo intero, e possano essi crescere in numero e in santità, prodigandosi sempre nell'insegnamento con la parola e con l'esempio.
Prega per tutto lo stato religioso, che acclama in te uno dei suoi Patriarchi illustri e tu, amico di san Domenico, mantieni tra le due famiglie quella fraternità, che non venne mai a mancare, conserva per l'Ordine Benedettino i sentimenti, che sono in questo giorno la tua gioia, stringendo ancora e legami, che il dono della Porziuncola ha annodato per l'eternità con i tuoi benefici (Porziuncola era una piccola proprietà dei Benedettini del Monte Subasio, ceduta a san Francesco, per essere la culla del suo Ordine).

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, Alba, 1959, p. 1138-1144

lunedì 30 settembre 2013

La parabola dei pescatori


Le parabole di Gesù
(013)

La parabola dei pescatori (239.5)

Gesù inizia a parlare:

"Dei pescatori uscirono al largo e gettarono nel mare la loro rete, e dopo il tempo dovuto la tirarono a bordo. Con molta fatica compivano così il lavoro per ordine di un padrone che li aveva incaricati di fornire di pesce prelibato la sua città, dicendo anche: <Però quei pesci che sono nocivi e scadenti non state neppure a trasportarli a terra. Ributtateli in mare. Altri pescatori li pescheranno, e poichè sono pescatori di un altro padrone li porteranno alla città dello stesso, perchè la si consuma ciò che è nocivo e che rende sempre più orrida la città del mio nemico. Nella mia: bella, luminosa, santa, non deve entrare nulla di malsano>.


Tirata perciò a bordo la rete i pescatori iniziarono il lavoro di cernita. I pesci erano molti, di diverso aspetto, grossezza e colore. 

Ve ne erano di bell'aspetto, ma con una carne piena di spine, dal cattivo sapore, dal grosso buzzo pieno di fanghiglia, di vermi, di erbe marce che aumentavano il sapore cattivo della carne del pesce. 
Altri invece erano di brutto aspetto, un muso che pareva il ceffo del delinquente o di un mostro da incubo; ma i pescatori sapevano che la loro carne è squisita. 
Altri, per essere insignificanti, passavano inavvertiti. 

I pescatori lavoravano, lavoravano. Le ceste erano colme di pesce squisito ormai, e nella rete erano i pesci insignificanti. <Ormai basta. Le ceste sono colme. Gettiamo tutto il resto a mare> dissero molti pescatori.

Ma uno, che poco aveva parlato, mentre gli altri avevano magnificato o deriso ogni pesce che capitava loro fra le mani, rimase a frugare nella rete e tra la minutaglia insignificante scoperse ancora due o tre pesci che mise al di sopra di tutti nelle ceste. <Che fai?> chiesero gli altri. <Le ceste sono complete, belle. Tu le sciupi mettendovi sopra per traverso quel povero pesce lì. Sembra che tu lo voglia celebrare come il più bello>.


<Lasciatemi fare. Io conosco questa razza di pesci e so che rendimento e che piacere danno>.


Questa è la parabola che finisce con la benedizione del padrone al pescatore paziente, esperto e silenzioso, che ha saputo discernere fra la massa i migliori pesci."

venerdì 27 settembre 2013

La dramma perduta


Le parabole di Gesù
(014)

La dramma perduta (241.7)

Gesù inizia a parlare:
"Una donna aveva dieci dramme nella sua borsa. Ma in un movimento la borsa cadde dal seno, aprendosi, e le monete ruzzolarono per terra. Ella le raccolse con l'aiuto delle vicine presenti e le contò. Erano nove. La decima era introvabile.
Dato che era prossima la sera e la luce mancava, la donna accese la lampada, la posò al suolo e presa una scopa si dette a scopare attentamente per vedere se era ruzzolata lontano dal luogo dove era caduta.
Ma la dramma non si trovava. Le amiche se ne andarono stanche di ricerche. La donna spostò allora il cassapanco, la scansia, il cofano pesante, smosse le anfore e gli orcioli posati nella nicchia del muro. Ma la dramma non si trovava.
Allora si pose carponi e cercò nel mucchio delle spazzature, messo contro la porta di casa, per vedere se la dramma era rotolata fuori di casa, mescolandosi agli avanzi delle verdure. E trovò infine la dramma tutta sporca, sepolta quasi dalle spazzature ricadute su di essa.
La donna giubilante la prese, la lavò, l'asciugò. Era più bella di prima, ora. E la mostrò alle vicine che ha chiamato di nuovo a gran voce, e che si erano ritirate dopo averla aiutata nelle prime ricerche dicendo: <Ecco! Vedete? Voi mi consigliavate di non faticare più. Ma io ho insistito e ho ritrovato la dramma perduta. Rallegratevi perciò con me che non ho avuto il dolore di perdere uno solo dei miei tesori>. Anche il Maestro vostro, e con Lui i suoi apostoli, fa come la donna della parabola..."


venerdì 5 luglio 2013

Domingo XIV Tiempo Ordinario, C: San Lucas 10,1-12.17-20. 7/7/2013



JESÚS MANDA A LOS 72 A ANUNCIARLO






JESÚS SE QUEDA EN EL JARDÍN DE MARÍA MAGDALENA CON 
LOS APÓSTOLES Y DISCÍPULOS

Terminada la comida Jesús dice a los pobres que se retiren, y Él se queda con los apóstoles y discípulos en el jardín de María Magdalena. Se van a sentar en sus límites, muy cerca de las aguas quietas del lago en el que navegan barcas en busca de pesca.
"Tendrán buena pesca" comenta Pedro que las está mirando.
"También tú tendrás una buena pesca, Simón de Jonás."
"¿Yo, Señor? ¿Cuándo? ¿Quieres decirme que vaya a pescar para la comida de mañana? Voy al punto..."
"No tenemos necesidad de comida en esta casa. La pesca que harás, será en lo futuro y en el campo espiritual. Y la mayor parte de estos serán contigo óptimos pescadores."
"¿No todos, Maestro?" pregunta Mateo.

REVELACIONES DE JESÚS 

LOS PODERES QUE TENDRÁN SUS SACERDOTES

NO SÓLO PODRÉIS ACONSEJAR, SINO QUE PODRÉIS ABSOLVER 
EN MI NOMBRE. PODRÉIS SOLTAR DE LAS CADENAS DEL 
PECADO Y PODRÉIS UNIR A DOS QUE SE AMAN, FORMANDO 
UNA SOLA CARNE. Y CUANTO HUBIEREIS HECHO SERÁ VÁLIDO 
ANTE LOS OJOS DE DIOS COMO SI DIOS MISMO LO HUBIESE 
HECHO. EN VERDAD OS DIGO: CUANTO LIGAREIS EN LA 
TIERRA, SERÁ LIGADO EN EL CIELO; CUANTO DESATAREIS EN 
LA TIERRA, SERÁ DESATADO EN EL CIELO.

"No todos. Los que perseveraren y llegaren a ser mis sacerdotes, tendrán una buena pesca."
"Conversiones, perdones, guías que lleven a Dios. ¡Oh! tantas cosas."
"Oye, Maestro. Hace poco dijiste que si alguien no escucha a su hermano ni siquiera ante la presencia de testigos, que vaya a pedir consejo a la sinagoga. Si he entendido bien lo que nos has dicho desde que nos conocemos, me parece que la sinagoga será reemplazada por la Iglesia, esa cosa que Tú fundarás.Entonces ¿a dónde iremos para aconsejar a los hermanos de cabeza dura?"
"Iréis a vosotros mismos, porque seréis mi Iglesia. Por esto los fieles vendrán a vosotros o por consejo que necesitan, o porque lo deben a otros. Os digo más. No sólo podréis aconsejar, sino que podréis absolver en mi nombre. Podréis soltar de las cadenas del pecado y podréis unir a dos que se aman, formando una sola carne. Y cuanto hubiereis hecho será válido ante los ojos de Dios como si Dios mismo lo hubiese hecho. En verdad os digo: cuanto ligareis en la tierra, será ligado en el cielo; cuanto desatareis en la tierra, será desatado en el cielo. Aun más. Yo os digo, para hacer comprender la potencia de mi Nombre, mi Padre se lo concederá.Porque la plegaria es una gran potencia, como lo es la unión fraternal, y grandísima, infinita potencia es mi Nombre y mi presencia entre vosotros. Y donde dos o tres estén reunidos en mi Nombre, allí estaré en medio de ellos, y rogaré por ellos, y el Padre no rechazará a quien ruegue conmigo. Muchos no obtienen porque ruegan solos, o por motivos ilícitos o por orgullo, o con pecado en el corazón. Purificaos el corazón para que pueda estar con vosotros, y luego rogad y seréis escuchados.
Pedro está pensativo. Jesús lo ve y le pregunta la razón. Pedro da la explicación: "Pienso que estamos llamados a un gran deber. Tengo miedo. Miedo de no saberlo hacer bien."
"En realidad, Simón de Jonás, o Santiago de Alfeo o Felipe, y así sucesivamente, no serían capaces de hacerlo bien. Pero el sacerdote Pedro, el sacerdote Santiago, el sacerdote Felipe, sabrán hacerlo bien, porque lo harán juntamente con la divina Sabiduría."

¿CUÁNTAS VECES DEBEMOS PERDONAR A LOS HERMANOS?

 NO TE DIGO SIETE, SINO SETENTA VECES SIETE.

"Y ¿cuántas veces debemos perdonar a los hermanos? ¿Cuántas, si pecan contra los sacerdotes? y ¿cuántas si pecan contra Dios? Porque si las cosas serán como ahora, claro que pecarán contra nosotros, teniendo en cuenta que pecan contra Ti muchas y repetidas veces ¿Siete o más, por ejemplo?"
"No te digo siete, sino setenta veces siete. Un número sin medida. Porque también el Padre de los cielos os perdonará muchas veces, un gran número de veces, a vosotros que deberíais ser perfectos. Y como Él hace con vosotros, de la misma manera debéis hacer, porque representaréis a Dios en la tierra. Os voy a decir una parábola que servirá a todos."
Jesús que estaba rodeado de solo los apóstoles, en un kiosco pequeño de bojes, se dirige a los discípulos que están respetuosamente juntos en un espacio libre que tiene una lagunita llena de aguas limpias. La sonrisa de Jesús es como la señal de una palabra. Mientras Él se dirige a ellos con su paso lento y largo con el que avanza bastante en pocos momentos, y sin apresurarse, todos ellos se alegran, y como niños alrededor de quien les hace felices, se agolpan a su alrededor. Una corona de caras atentas. Jesús se pone de espaldas contra un alto árbol y empieza a hablar.

PARÁBOLA DEL REY QUE QUISO PEDIR CUENTAS A SUS 
SIERVOS.

"Cuanto dije al pueblo antes, es más perfecto entre vosotros que sois mis elegidos. El apóstol Simón de Jonás me preguntó: "¿Cuántas veces debo perdonar? ¿A quién? ¿Por qué?" Le respondí en privado y ahora repito a todos mi respuesta en lo que es justo que desde ahora sepáis.
Oíd cuantas veces se debe perdonar, cómo y por qué. Es menester perdonar como Dios perdona. Si se peca mil veces, y se arrepiente otras tantas veces, mil veces perdona. Con tal de que vea que en el culpable no hay voluntad de pecar, ni que quiere buscar lo que le hace pecar, sino que más bien el pecado es sólo fruto de una debilidad humana. En el caso de persistencia voluntaria en el pecado no puede haber perdón para las culpas cometidas contra la Ley. Pero por más que estas culpas os produzcan dolor individualmente, perdonad. Perdonad siempre a quien os hace mal. Perdonad para ser perdonados porque también habéis ofendido a Dios y a los hermanos. El perdón abre el reino de los cielos tanto al perdonado como al que perdona. Es semejante a esto lo que sucedió entre un rey y sus siervos.
Un rey quiso pedir cuentas a sus siervos. Los llamó a uno por uno comenzando por los que estaban más en alto. Vino uno que le debía diez mil talentos. Este no tenía con qué pagar el anticipo que el rey le había prestado para construir casas y otras propiedades. En realidad no había por muchos motivos más o menos justos, usado con mucho cuidado el dinero recibido. El rey enojado de la haraganería y falta de palabra, mandó que fuese vendido él, su  mujer, sus hijos y todo cuanto poseía para que saldase su deuda. Pero el siervo se arrojó a los pies del rey y con gemidos y súplicas le decía: "No me hagas nada, ten un poco más de paciencia y te devolveré todo cuanto te debo, hasta el último centavo". El rey, compadecido por tanta aflicción -era un rey bueno- no sólo consintió en dejarlo libre, sino que después de haber sabido que entre las causas de su poco cuidado y de la falta de pago se contaban algunas enfermedades, le llegó a perdonar la deuda.
El súbdito se fue feliz. Pero, al salir de allí encontró en el camino a otro súbdito, un pobre súbdito al que le había prestado cien denarios tomados de los diez mil talentos que había recibido del rey. Persuadido del favor del rey, creyó que todo le era lícito y asiendo a aquel infeliz por la garganta le dijo: "Devuélveme al punto lo que me debes". Inútilmente el hombre en medio de lágrimas se inclinó a besarle los pies, diciendo: "Ten piedad de mí, pues tengo muchas desgracias. Ten todavía un poco de paciencia y te devolveré todo, hasta el último centavo". El siervo despiadado llamó a los soldados e hizo que llevasen a la prisión al infeliz para que le pagase, so pena de su libertad o aun de su vida.
Lo supieron amigos del desgraciado los cuales, todos afligidos, fueron a referirlo al rey. Este, al oír tal cosa, ordenó que le fuese llevado ante sí el servidor despiadado y mirándolo severamente le dijo: "Siervo inicuo, te ayudé primero para que fueses misericordioso, para que te hicieses una fortuna, después te ayudé todavía perdonándote la deuda porque me pedías tanto que te tuviese paciencia. Tú no tuviste piedad de uno igual a ti, mientras yo, el rey, te tuve tanta. ¿Por qué no obraste como se te trató a ti?" Y enojado lo entregó a los carceleros para que lo encerrasen hasta que hubiese pagado todo, diciendo: "Como no tuvo compasión de uno que le debía poco, mientras de mí, el rey, tuvo tanta, así no encontrará piedad en mí".
De igual modo se comportará mi Padre con vosotros si fueseis despiadados con vuestros hermanos; si vosotros, que recibisteis tanto de Dios, fuereis culpables más de lo que no lo es un infiel. Recordad que en vosotros existe la obligación más que en cualquier otro de no tener culpas. Recordad que Dios os anticipa un gran tesoro, pero quiere que le deis cuenta de él. Recordad que nadie como vosotros debe saber practicar el amor y perdón.

NO SEÁIS DE LOS SIERVOS QUE PARA VOSOTROS PEDÍS 
MUCHO, Y LUEGO NO DAIS NADA A QUIEN OS PIDE.

LA MIES ES MUCHA Y LOS OPERARIOS SERÁN SIEMPRE POCOS 
RESPECTO A LAS NECESIDADES. HABRÁ, PUES, TRABAJO PARA 
TODOS, Y NO SERÁN SUFICIENTES, POR ESTO OS RUEGO QUE 
SIN CELOS, PIDÁIS AL DUEÑO DE LA MIES QUE ENVÍE SIEMPRE 
NUEVOS OPERARIOS PARA SU COSECHA.

No seáis de los siervos que para vosotros pedís mucho, y luego no dais nada a quien os pide. Como os comportáis así seréis tratados. Y se os pedirá también cuenta de cómo obran los demás, que fueron arrastrados al bien o al mal por vuestro ejemplo. ¡Oh, si fuereis verdaderos santificadores, poseeréis una gloria muy grande en los cielos! Pero de igual modo, si fuereis unos pervertidores o aunque solo unos haraganes en santificar, seréis castigados con dureza.
Os lo repito una vez más. Si alguno de vosotros no se siente con ánimo de ser víctima de la propia misión, que se vaya, pero que no falte a ella. Y digo que no falte en las cosas que verdaderamente arruinan la propia formación y ajena. Y que sepa tener como amigo a Dios, teniendo siempre en el corazón perdón por los débiles. Así pues al que sepa perdonar, Dios le perdonará.
Nuestra estadía ha terminado. La fiesta de los Tabernáculos se acerca. A los que temprano hablé por separado, desde mañana irán precediéndome y anunciándome a la gente. Los que se quedan, no pierdan ánimos. A algunos los he detenido por motivos de prudencia, no por desprecio. Se quedarán conmigo y pronto los mandaré como mando a los setenta y dos primeros. La mies es mucha y los operarios serán siempre pocos respecto a las necesidades. Habrá, pues, trabajo para todos, y no serán suficientes, por esto os ruego que sin celos, pidáis al Dueño de la mies que envíe siempre nuevos operarios para su cosecha.

"¿Y CÓMO, PODRÉ CURAR EN TU NOMBRE?" 

CURAD SIEMPRE Y PRIMERO EL ESPÍRITU. 
PROMETED A LOS ENFERMOS EL REINO DE DIOS 
SI SUPIESEN CREER EN MÍ, Y VIENDO QUE EN 
ELLOS HAY FE, ORDENAD A LA ENFERMEDAD 
QUE SE VAYA, Y SE IRÁ.

Entre tanto id. Yo y los apóstoles terminamos en estos días vuestra instrucción en el trabajo que debéis hacer, repitiendo lo que dije antes de enviar a los doce. Uno de vosotros me preguntó: "¿Y cómo, podré curar en tu nombre?" Curad siempre y primero el espíritu. Prometed a los enfermos el reino de Dios si supiesen creer en Mí, y viendo que en ellos hay fe, ordenad a la enfermedad que se vaya, y se irá. Haced lo mismo con los enfermos del espíritu. Encended primeramente la fe. Dad con palabras seguras la esperanza. Yo añadiré en ellos la divina caridad, así como os la puse en el corazón después que creísteis en Mí y esperasteis en la misericordia. No tengáis miedo ni de los hombres ni del demonio. No os harán mal. Lo único que debéis temer son la sensualidad, la soberbia y la avaricia. Por ellas os podréis entregar a Satanás y a los hombres satanes, que también los hay.
Id, pues delante de Mí, por los caminos del Jordán. Llegados a Jerusalén idos a reunir con los pastores en el valle de Belén, y juntos con ellos venid a Mí en el lugar que se os diga, y juntos celebraremos la fiesta santa, regresando más fortalecidos que nunca a nuestro ministerio.
Id en paz. Os bendigo en el Santo Nombre del Señor."
V. 906-910
A. M. D. G. et B.V.M.