"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta
Domenica 27 Luglio 2014, XVII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 13,44-52.
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Traduzione liturgica della Bibbia
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Traduzione liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta : Volume 4 Capitolo 239 pagina 73.
1 Sono tutti riuniti nella vasta stanza superiore. Il temporale violento si è risolto in una pioggia persistente, che ora si fa lieve fin quasi a sospendere e ora infittisce con improvvisa furia. Il lago non è certo azzurro oggi, ma giallastro, con strie di spume nei momenti di vento e acquazzone, grigio plumbeo con spume bianche nelle soste dell’acquazzone. Le colline, tutte grondanti d’acqua, con le fronde ancora piegate da tanto che sono molli di pioggia, con qualche ramo che pende spezzato dal vento e molte foglie strappate dalla grandine, mostrano righe di ruscelli da ogni parte, acque giallognole che riversano nel lago foglie, sassi, terra rapita alle chine. La luce è rimasta offuscata, verdognola.
Nella stanza sono, sedute presso una finestra che guarda le colline, Maria con Marta e la Maddalena, più due altre donne che non so di preciso chi siano. Ma ho l’impressione che siano già conosciute da Gesù e Maria e dagli apostoli, perché sono a loro agio. Certo più della Maddalena, che sta ferma ferma, a capo chino, fra la Vergine e Marta.
Gli abiti riasciugati alla fiamma, spazzolati dal fango, sono stati rimessi. Ma dico male. È stato indossato dalla Vergine il suo di lana azzurro cupo. Ma la Maddalena ha una veste di imprestito, corta e stretta per lei alta e formosa, e cerca di riparare alle manchevolezze della veste stando avvolta nel mantello della sorella. Si è raccolta i capelli in due grosse trecce annodandosele sulla nuca in qualche modo, perché per sostenere quel peso ci vuole ben più delle poche forcine racimolate lì per lì. Infatti, dopo, io ho sempre visto che la Maddalena aiuta le forcine con un nastrino che le fa quasi un diadema sottile, perdendosi col suo colore paglia nell’oro dei capelli.
Nell’altro lato della stanza, seduti chi su sgabelli, chi sui davanzali delle finestre, sono Gesù con gli apostoli e il padrone di casa. Manca il servo di Marta. Pietro e gli altri pescatori studiano il tempo, facendo pronostici per il domani. Gesù ascolta, oppure risponde a questo e a quello.
«Ad averlo saputo, di questo, avrei detto a mia madre di venire. È bene che la donna sia messa subito a suo agio con le compagne» dice Giacomo di Zebedeo sbirciando verso le donne.
«Eh! Ad averlo saputo!…
2 Ma perché poi la mamma non è venuta con Maria?» chiede il Taddeo al fratello Giacomo.
«Non lo so. Me lo chiedo anche io».
«Non si sentirà male?».
«Maria lo avrebbe detto».
«Io glielo chiedo», e il Taddeo va dalle donne.
Si sente la voce limpida di Maria rispondere: «Sta bene. Sono stata io che le ho evitato uno strapazzo con questo caldo. Siamo scappate come due bambine, non è vero, Maria? Maria è venuta a sera oscura e all’alba siamo partite. Non ho che detto ad Alfeo: “Ecco la chiave. Tornerò presto. Dillo a Maria”. E sono venuta».
3«Torneremo insieme, Madre. Non appena il tempo sarà buono e Maria avrà una veste, noi andremo, tutti insieme, per la Galilea, accompagnando le sorelle fino alla via più sicura. Così saranno conosciute anche da Porfirea, da Susanna, dalle vostre mogli e figlie, Filippo e Bartolomeo».
È squisito quel dire: «saranno conosciute», per non dire: «Maria sarà conosciuta»! È forte, anche. E abbatte tutte le prevenzioni e restrizioni mentali degli apostoli verso la redenta. La impone, vincendo le riluttanze di loro, le vergogne di lei, tutto. Marta splende nel viso, Maria Maddalena avvampa e ha uno sguardo supplice, riconoscente, turbato, che so?… Maria Ss. ha il suo sorriso soave.
«Dove andremo per primo luogo, Maestro?».
«A Betsaida. Poi per Magdala, Tiberiade, Cana, a Nazaret. Di lì per Jafia e Semeron, andremo a Betlem di Galilea e poi a Sicaminon e a Cesarea…».
Gesù è interrotto da uno scoppio di pianto della Maddalena. Alza il capo, la guarda e poi riprende come nulla fosse: «A Cesarea troverete il vostro carro. Ho ordinato così al servo, e andrete a Betania. Ci rivedremo poi, ai Tabernacoli».
Maddalena si riprende presto e non risponde alle domande della sorella, ma esce dalla stanza ritirandosi forse in cucina per qualche tempo.
«Maria soffre, Gesù, nel sentire che deve venire in certe città. Bisogna capirla… Lo dico più per i discepoli che per Te, Maestro» dice umile ed affannata Marta.
«È vero, Marta. Ma così deve avvenire. Se ella non affronta subito il mondo e non strozza quell’orrendo aguzzino del rispetto umano, rimane paralizzata la sua eroica conversione. Subito e con noi».
4«Con noi nessuno le dirà nulla. Te lo assicuro, Marta, anche per tutti i compagni miei» promette Pietro.
«Ma certo! La circonderemo come una sorella. Così ha detto Maria che ella è, e così sarà per noi» conferma il Taddeo.
«E poi!… Siamo tutti peccatori e il mondo non ci ha risparmiato neppure noi. Comprendiamo perciò le sue lotte» dice lo Zelote.
«Io più di tutti la capisco. Nei posti dove peccammo è molto meritorio vivere. Le persone sanno chi siamo!… È una tortura. Ma è anche una giustizia e una gloria resistere lì. Appunto perché è palese in noi la potenza di Dio, noi siamo oggetto di conversioni anche senza usare le parole». Dice Matteo.
«Tu vedi, Marta, che tua sorella è compresa da tutti e amata da tutti. E lo sarà sempre di più. Lei diverrà un segno indicatore per tante anime colpevoli e pavide. È una grande forza anche per i buoni. Perché Maria, quando avrà frantumato le ultime catene della sua umanità, sarà un fuoco d’amore. Non ha che cambiato direzione all’esuberanza del suo sentimento. Ha riportato questa sua potente facoltà di amare in un piano soprannaturale. E ivi compierà prodigi. Ve lo assicuro. Ora è ancora turbata. Ma la vedrete giorno per giorno pacificarsi e irrobustirsi nella sua nuova vita. In casa di Simone ho detto: “Molto le è perdonato perché molto ella ama.” Ora vi dico che in verità tutto le sarà perdonato perché ella amerà con tutta la sua forza, la sua anima, il suo pensiero, il suo sangue, la sua carne, fino all’olocausto, il suo Dio».
«Lei beata che merita queste parole! Vorrei meritarle anche io» sospira Andrea.
«Tu? Ma tu le meriti già!
5 Vieni qui, mio pescatore. Ti voglio raccontare una parabola che pare pensata proprio per te».
«Maestro, attendi. Vado a prendere Maria. Desidera tanto sapere la tua dottrina!…».
Mentre Marta esce, gli altri dispongono i sedili in modo da fare un semicerchio intorno a quello di Gesù. Tornano le due sorelle e riprendono posto vicino a Maria Ss.
Gesù inizia a parlare:
«Dei pescatori uscirono al largo e gettarono nel mare la loro rete, e dopo il tempo dovuto la tirarono a bordo. Con molta fatica compivano così il loro lavoro per ordine di un padrone che li aveva incaricati di fornire di pesce prelibato la sua città, dicendo loro anche: “Però quei pesci che sono nocivi o scadenti non state neppure a trasportarli a terra. Ributtateli in mare. Altri pescatori li pescheranno e, poiché sono pescatori di un altro padrone, li porteranno alla città dello stesso, perché là si consuma ciò che è nocivo e che rende sempre più orrida la città del mio nemico. Nella mia, bella, luminosa, santa, non deve entrare nulla di malsano”.
Tirata perciò a bordo la rete, i pescatori iniziarono il lavoro di cernita. I pesci erano molti, di diverso aspetto, grossezza e colore. Ve ne erano di bell’aspetto, ma con una carne piena di spine, dal cattivo sapore, dal grosso buzzo pieno di fanghiglia, di vermi, di erbe marce che aumentavano il sapore cattivo della carne del pesce. Altri invece erano di brutto aspetto, un muso che pareva il ceffo del delinquente o di un mostro da incubo, ma i pescatori sapevano che la loro carne è squisita. Altri, per essere insignificanti, passavano inavvertiti. I pescatori lavoravano, lavoravano. Le ceste erano colme di pesce squisito ormai e nella rete erano i pesci insignificanti. “Ormai basta. Le ceste sono colme. Gettiamo tutto il resto a mare” dissero molti pescatori.
Ma uno, che poco aveva parlato, mentre gli altri avevano magnificato o deriso ogni pesce che capitava loro fra le mani, rimase a frugare nella rete e tra la minutaglia insignificante scoperse ancora due o tre pesci, che mise al di sopra di tutti nelle ceste. “Ma che fai?” chiesero gli altri. “Le ceste sono complete, belle. Tu le sciupi mettendovi sopra per traverso quel povero pesce lì. Sembra che tu lo voglia celebrare come il più bello”. “Lasciatemi fare. Io conosco questa razza di pesci e so che rendimento e che piacere danno”.
Questa è la parabola, che finisce con la benedizione del padrone al pescatore paziente, esperto e silenzioso, che ha saputo discernere fra la massa i migliori pesci.
6 Ora udite l’applicazione di essa.
Il padrone della città bella, luminosa e santa è il Signore. La città è il Regno dei Cieli. I pescatori, i miei apostoli. I pesci del mare, l’umanità nella quale è presente ogni categoria di persone. I pesci buoni, i santi.
Il padrone della città orrida è Satana. La città orrida, l’Inferno. I suoi pescatori, il mondo, la carne, le passioni malvagie incarnate nei servi di Satana sia spirituali, ossia demoni, sia umani, ossia uomini che sono i corruttori dei loro simili. I pesci cattivi, l’umanità non degna del Regno dei Cieli: i dannati.
Fra i pescatori delle anime per la Città di Dio ci saranno sempre quelli che emuleranno la capacità paziente del pescatore che sa perseverare nella ricerca, proprio negli strati dell’umanità, dove altri suoi compagni, più impazienti, hanno levato solo le bontà che appaiono tali a prima vista. E vi saranno purtroppo anche pescatori che, per essere troppo svagati e ciarlieri, mentre il lavoro di cernita esige attenzione e silenzio per udire le voci delle anime e le indicazioni soprannaturali, non vedranno pesci buoni e li perderanno. E vi saranno quelli che per troppa intransigenza respingono anche anime che non sono perfette nell’aspetto esteriore ma ottime per tutto il resto.
Che vi importa se uno dei pesci che catturate per Me mostra i segni di lotte passate, presenta mutilazioni prodotte da tante cause, se poi queste non ledono il suo spirito? Che vi importa se uno di questi, per liberarsi dal Nemico, si è ferito e si presenta con queste ferite, se il suo interno mostra la sua chiara volontà di voler essere di Dio? Anime provate, anime sicure. Più di quelle che sono come infanti salvaguardati dalle fasce, dalla cuna e dalla mamma, e che dormono sazi e buoni, o sorridono tranquilli, ma che però possono in seguito, con la ragione e l’età, e le vicende della vita che avanzano, dare dolorose sorprese di deviazioni morali.
7 Vi ricordo la parabola del figliuol prodigo. Altre ne udrete perché sempre Io mi studierò a infondervi un retto discernimento nel modo di vagliare le coscienze e di scegliere il modo con cui guidare le coscienze, che sono singole, ed ognuna, perciò, ha il suo speciale modo di sentire e di reagire alle tentazioni e agli insegnamenti.
Non crediate facile l’essere cernitore di animi. Tutt’altro. Ci vuole occhio spirituale tutto luminoso di luce divina, ci vuole intelletto infuso di divina sapienza, ci vuole possesso delle virtù in forma eroica, prima fra tutte la carità. Ci vuole capacità di concentrarsi nella meditazione, perché ogni anima è un testo oscuro che va letto e meditato. Ci vuole unione continua con Dio, dimenticando tutti gli interessi egoisti. Vivere per le anime e per Dio. Superare prevenzioni, risentimenti, antipatie. Essere dolci come padri e ferrei come guerrieri. Dolci per consigliare e rincuorare. Ferrei per dire: “Ciò non è lecito, e non lo farai”. Perché, pensatelo bene, molte anime saranno gettate negli stagni infernali. Ma non saranno solo anime di peccatori. Anche anime di pescatori evangelici vi saranno: quelle di coloro che avranno mancato al loro ministero, contribuendo alla perdita di molti spiriti.
Verrà il giorno - l’ultimo giorno della terra, il primo della Gerusalemme completata e eterna - in cui gli angeli, come i pescatori della parabola, separeranno i giusti dai malvagi, perché al comando inesorabile del Giudice i buoni passino al Cielo e i cattivi nel fuoco eterno. E allora sarà resa nota la verità circa i pescatori ed i pescati, cadranno le ipocrisie e apparirà il popolo di Dio quale è, coi suoi duci e i salvati dai duci. Vedremo allora che tanti, fra i più insignificanti all’esterno o i più malmenati all’esterno, sono gli splendori del Cielo, e che i pescatori quieti e pazienti sono quelli che più hanno fatto, splendendo ora di gemme per quanti sono i loro salvati.
La parabola è detta e spiegata».
8«E mio fratello?!… Oh! ma!…>> Pietro lo guarda, lo guarda… Poi guarda la Maddalena…
«No, Simone. In quella io non ci ho merito. Il Maestro solo ha fatto» dice schietto Andrea.
«Ma gli altri pescatori, quelli di Satana, prendono dunque gli avanzi?» chiede Filippo.
«Tentano di prendere i migliori, gli animi capaci di maggior prodigio di Grazia, ed usano degli stessi uomini per farlo, oltre che delle loro tentazioni. Ce ne sono tanti nel mondo che per un piatto di lenticchie rinunciano alla primogenitura!».
«Maestro, l’altro giorno Tu dicevi che molti sono quelli che si lasciano sedurre da cose del mondo. Sarebbero ancora quelli che pescano per Satana?» chiede Giacomo d’Alfeo.
«Si, fratello mio. In quella parabola l’uomo si lasciò sedurre dal molto denaro che poteva dare molto godimento, perdendo ogni diritto al Tesoro del Regno. Ma in verità vi dico che su cento uomini, solo un terzo sa resistere alla tentazione dell’oro o ad altre seduzioni, e di questo terzo solo la metà sa farlo in maniera eroica. Il mondo muore asfissiato per aggravarsi volontariamente dei lacci del peccato. Vale meglio essere spogli di tutto anziché avere ricchezze irrisorie e illusorie. Sappiate fare come i saggi gioiellieri, i quali, saputo che in un luogo è stata pescata una perla rarissima, non si preoccupano di trattenere tante piccole gioie nei loro forzieri, ma di tutto si liberano per acquistare quella perla meravigliosa».
«Ma allora perché Tu stesso metti delle differenze nelle missioni che dài alle persone che ti seguono, e dici che noi le missioni le dobbiamo tenere come dono di Dio? Allora bisognerebbe rinunciare anche a queste, perché anche queste sono briciole rispetto al Regno dei Cieli» dice Bartolomeo.
«Non briciole: mezzi sono. Briciole sarebbero, meglio ancora, sarebbero festuche di paglia sudicia, se divenissero scopo umano nella vita. Quelli che armeggiano per avere un posto a scopo di utile umano fanno di quel posto, anche se santo, una festuca di paglia sudicia. Ma fatene una ubbidiente accettazione, un gioioso dovere, un totale olocausto, e ne farete una perla rarissima. La missione è un olocausto, se compiuta senza riserva, è un martirio, è una gloria. Gronda lacrime, sudore, sangue. Ma forma corona di eterna regalità».
9«Tu sai proprio rispondere a tutto!».
«Ma mi avete capito? Comprendete ciò che Io dico con paragoni trovati dalle cose di ogni giorno, illuminate però da una luce soprannaturale che ne fa spiegazione a cose eterne?».
«Sì , Maestro».
«Ricordatevi allora il metodo per istruire le turbe. Perché questo è uno dei segreti degli scribi e dei rabbi: ricordare. In verità vi dico che ognuno di voi, istruito nella sapienza di possedere il Regno dei Cieli, è simile ad un padre di famiglia che trae fuori del suo tesoro ciò che serve alla famiglia, usando cose antiche o cose nuove, ma tutte per l’unico scopo di procurare il benessere ai propri figli. L’acqua è cessata. Lasciamo in pace le donne e andiamo dal vecchio Tobia che sta per aprire i suoi occhi spirituali sulle albe dell’al di là. La pace a voi, donne».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/