31 gennaio 1944
Dice Gesù:
«Il segno del Tau[114]: croce capitozzata come è giusto sia quella che segna i sudditi, i quali non possono portare baldacchino, al loro trono, col nome di re. Figli di Dio ma non “primogeniti del Padre”. Solo il Primogenito siede sul suo trono di re. Solo il Cristo, il cui trono terreno fu la Croce, porta in alto alla stessa, sull’asse che s’innalza oltre il capo, la sua gloriosa insegna[115]: “Gesù Cristo, Re dei Giudei”. I cristiani portano il segno di Cristo umilmente monco nella cima come si conviene a figli di stirpe regale ma non primogeniti del Padre.
In che consiste il segno del Tau? Dove è apposto? Oh! lasciate la materialità delle forme quando vi immergete nella conoscenza del mio regno che è tutto dello spirito!
Non sarà un segno materiale quello che vi renderà immuni dal verdetto compiuto dagli angeli. Esso sarà scritto, con caratteri invisibili ad occhio umano ma ben visibili ai miei angelici ministri, sui vostri spiriti, e saranno le vostre opere, ossia voi stessi, che avrete durante la vita inciso quel segno che vi fa degni d’esser salvati alla Vita. Età, posizione sociale, tutto sarà un nulla all’occhio dei miei angeli. Unico valore quel segno. Esso uguaglierà i re ai mendicanti, le donne agli uomini, i sacerdoti ai guerrieri. Ognuno lo porterà uguale, se nella rispettiva forma di vita avrà ugualmente servito Dio e ubbidito alla Legge, e uguale sarà il premio: vedere e godere Iddio eternamente, per tutti coloro che si presentano a Me con quel fulgido segno nel loro spirito.
Il solo esser tanto convinti della necessità, del dovere di dare a Dio ogni gloria e ogni ubbidienza, vi incide nell’anima quel segno santo che vi fa miei e che vi comunica una somiglianza soave con Me Salvatore, per cui voi, come Io, vi affliggete dei peccati degli uomini e per l’offesa che recano al Signore e per la morte spirituale che portano ai fratelli. La carità si accende, e dove è carità è salvezza.
Ezechiele dice d’aver udito il Signore ordinare all’uomo vestito di lino di prendere i carboni accesi che stavano fra i cherubini e di gettarli sulla città a punire i colpevoli, cominciando da quelli del santuario, perché l’occhio del Signore era stanco di vedere le opere dell’uomo, il quale crede di poter fare il male impunemente perché Dio glielo lascia fare e si illude che Dio non veda altro che l’ipocrito aspetto esteriore.
No. Con la potenza sua infinita Dio vi legge nel fondo dei cuori, o voi, ministri del santuario, o voi, potenti della Terra, o voi, coniugi che peccate, o voi, figli che contravvenite al quarto comandamento, o voi, professionisti che mentite, o voi, venditori che rubate, o voi tutti che disubbidite ai miei dieci comandamenti[116]. Inutile ogni velame. Come i vostri raggi X, di cui andate tanto fieri, molto più ancora, l’occhio di Dio vi fruga, vi penetra, vi trapassa, vi legge, vi sviscera per quello che realmente siete. Ricordatevelo.
Non è un’azione simbolica quella del fuoco preso fra i cherubini per punire.
In che mancate, mancando? Alla carità. Già ve l’ho spiegato[117] parlando del Purgatorio e dell’Inferno, di questi due veri che voi credete fole. Carità verso Dio, i primi tre comandamenti. Carità verso il prossimo, gli altri sette.
Oh! molte volte mi sentirete ritornare su questo argomento. Meglio se non ve ne fosse tanto bisogno! Vorrebbe dire che migliorate. Ma non migliorate. Precipitate, anzi, con velocità di meteorite, verso l’anticarità.
Le vostre azioni, anzi le vostre “maleazioni” verso la Carità pullulano sempre più numerose come fungaia nata sulla corruzione di un terreno. Io osservo questo germinare sempre più vasto e forte, questo prosperare di maleazioni sulle maleazioni già esistenti, come se da strato di putredine sorgesse altro strato sempre più venefico, e così via. È l’atmosfera di peccato e delitto, è il terreno di peccato e delitto, è lo strato di peccato e delitto in cui vivete, su cui vi posate, da cui sorgete, quello che alimenta della sua corruzione il nuovo più corrotto e sanguinario strato, terreno, atmosfera. È un moto perpetuo, è un caos rotante di male, simile a quello di certi microbi patogeni, i quali continuano a riprodursi senza soste e con sempre maggiore virulenza in un sangue inquinato.
Ora è giusto che siate puniti delle colpe contro la Carità col fuoco della Carità che avete respinta. Era Amore. Ora è Punizione. Non si spregia il dono di Dio. Voi l’avete spregiato. Il dono si muta in castigo. Dio vi ritira la Carità e vi lascia nella vostra anticarità. Dio vi getta, come saette, la Carità che avete sprezzata e vi punisce. Per chiamarvi ancora, se non in molti, ancora quelli che sono suscettibili a resipiscenza e a meditazione.
I cherubini, ossia il simbolo della Carità soprannaturale, custodiscono fra loro le braci della Carità. L’azione, che sembra unicamente simbolica, cela una verità reale.
Quando sarete evocati al grande Giudizio, coloro che vissero nella Carità non appariranno arsi dal fuoco punitivo. Già ardenti di loro, per il santo amore che li colmò, essi non avranno conosciuto il morso delle accese punizioni divine, ma solo il bacio divino che li farà più belli. Mentre coloro che furono carne, unicamente carne, porteranno sulla carne le cicatrici delle folgori divine, poiché la carne, essa sola, può esser segnata da tale cicatrice, non lo spirito che è fuoco vivente nel Fuoco del Signore.
A questo Giudizio, ai lati del Giudice che Io sono, saranno i miei quattro Evangelisti. Consumarono se stessi per portare la legge della Carità nei cuori, e oltre la morte continuarono la loro opera coi loro Vangeli, dai quali il mondo ha vita poiché conoscere il Cristo è avere in sé la Vita. Giusto dunque che Giovanni, Luca, Matteo e Marco siano meco quando sarete giudicati per avere o non avere vissuto il Vangelo. Io non sono un Dio geloso e avaro. Vi chiamo a condividere la mia gloria. Non dovrei dunque, a questi miei servi fedeli che vi divulgarono la mia Parola e la sottoscrissero col loro sangue e colle loro pene, dare la compartecipazione alla gloria del Giudizio?
Non nella vita, ma per la vita che avrete vissuta vi giudicherò “ai confini” di essa, ossia là dove la vita cesserà per mutarsi in eternità. Vi giudicherò tutti, dal primo all’ultimo, definitivamente, per quello che avrete fatto o non fatto di bene e, tu l’hai visto[118], nel risorgere sarete tutti uguali, povere ossa slegate, povero fumo che si ricondensa in carne, e delle quali cose siete tanto superbi ora, quasi che quelle ossa e quella carne fossero tal cosa da essere superiori a Dio.
Nulla siete come materia. Nulla. Solo il mio spirito infuso in voi vi fa qualcosa, e solo conservando in voi il mio spirito, divenuto in voi anima, meritate di esser rivestiti di quella luce imperitura che sarà veste alla vostra carne, fatta incorruttibile per l’eternità.
Vi giudicherò, e già fra voi, in voi, vi giudicherete, anche prima del mio apparire, perché allora vi vedrete. Morta la Terra della quale siete tanto avidi, e con essa tutti i sapori della Terra, uscirete dall’ebrietà di cui vi saziate e vedrete.
Oh! tremendo “vedere” per chi visse unicamente della Terra e delle sue menzogne! Oh! gaudioso “vedere” per chi oltre le voci della Terra “volle” ascoltare le voci del Cielo e rimase ad esse fedele.
Morti i primi, vivi i secondi, saranno oscurità o luce, a seconda della loro forma di vita, la quale è o con la Legge o contro la Legge per avere sostituito ad essa la legge umana o demoniaca, e andranno nell’abbraccio tremendo dell’Oscurità eterna o a quello beatifico della Luce trina, che arde in attesa di fondervi a Sé, o miei santi, o miei amatori, per tutta l’Eternità.»
[Segue, in data 1 e 2 febbraio, il capitolo 32 dell’opera L’EVANGELO]
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