CAPITOLO IV. - Ad te clamamus, exsules filii Hevae.
§ 1. - Quanto è pronta Maria ad aiutar chi l'invoca.
Poveri noi, ch'essendo figli dell'infelice Eva, e perciò rei con Dio della stessa sua colpa ed alla medesima pena condannati, andiamo raminghi per questa valle di lagrime, esuli dalla nostra patria, piangendo afflitti da tanti dolori nel corpo e nello spirito! Ma beato chi tra queste miserie spesso si volge alla consolatrice del mondo, al rifugio de' miseri, alla gran Madre di Dio, e divoto la chiama e la prega! Beatus homo qui audit me et [qui] vigilat ad fores meas quotidie (Prov. VIII, 34). Beato, dice Maria, chi ascolta i miei consigli, e non lascia di assistere continuamente d'accanto alle porte della mia misericordia, invocando la mia intercessione e soccorso!
La S. Chiesa ben ella insegna a noi suoi figli con quant'attenzione e confidenza dobbiamo fare continuo ricorso a questa nostr'amorosa protettrice, ordinando che 'l suo culto sia particolare per lei: che fra l'anno si celebrino tante feste in suo onore: che un giorno della settimana sia specialmente consagrato ad ossequio di Maria: che in ogni giorno nell'Officio divino tutti gli ecclesiastici e religiosi l'invochino da parte di
tutto il popolo cristiano, e che tre volte il dì tutti i fedeli a tocco di campana la salutino. Basterebbe a ciò intendere il veder solamente che in tutte le pubbliche calamità la S. Chiesa sempre vuole che si ricorra alla divina Madre con novene, con orazioni, con processioni e visite alle sue chiese ed immagini. Ciò va cercando Maria da noi, d'esser sempre invocata e richiesta, non già per mendicare da noi questi ossequi ed onori, che sono già troppo scarsi al suo merito, ma acciocché così, al crescer della nostra confidenza e divozione, possa maggiormente soccorrerci e consolarci: Ipsa tales quaerit, dice S. Bonaventura, qui ad eam devote et reverenter accedant; hos enim diligit, hos nutrit, hos in filios suscipit (P. 3, Stim. Div. Am., c. 16).1
Dice lo stesso S. Bonaventura (In Spec.) che di Maria fu figura la donna Ruth, che s'interpreta videns et festinans, poiché Maria vedendo le nostre miserie si affretta a soccorrerci colla sua misericordia: Videns enim nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.2 Al che soggiunge il Novarino che Maria, per desiderio di farci bene, non sa frapporre dimora; e non essendo ella avara custode delle sue grazie, come madre di misericordia non può trattenersi in diffondere subito che può ne' suoi servi i tesori della sua liberalità: Nescit nectere moras benefaciendi cupida, nec gratiarum avara custos est; tarda nescit molimina misericordiae mater, beneficentiae suae thesauros in suos effusura (Nov., Umbr. Virg., cap. 10, Exc. 73).3
Oh com'è pronta questa buona Madre ad aiutare chi l'invoca! Duo ubera tua, sicut duo hinnuli capreae (Cant. IV, 5). Spiegando questo passo Riccardo di S. Lorenzo dice che le mammelle di Maria son veloci a dar latte di misericordia a chi la dimanda, come son veloci i capretti: Compressione levissima angelicae salutationis larga stillabunt stillicidia.4 Ci assicura
il mentovato autore che la pietà di Maria si diffonde ad ognuno che la dimanda, ancorché non v'interponesse altra preghiera che una semplice Ave Maria. Perciò il Novarino attesta che la B. Vergine non solamente corre, ma vola a soccorrere chi l'invoca. Ella, dice l'autore, nell'usar misericordia non sa dissomigliarsi dall'uso di Dio: conforme il Signore vola subito a sollevare quei che gli dimandano aiuto, essendo troppo fedele in osservarci la promessa che ci ha fatta: Petite et accipietis; così Maria, quando è invocata, subito si fa pronta ad aiutar chi la prega: Alis utitur Deus, ut suis opituletur, statim advolat: alas sumit et Virgo in nostri auxilium advolatura (Nov., c. 10, Excurs. 73).5 E con ciò s'intende chi sia quella donna dell'Apocalisse, a cui dicesi essersi date due ali di aquila grande per volare al deserto: Et datae sunt mulieri alae duae aquilae magnae ut volaret in desertum (Apoc. XII, 14). Il Ribera spiega per queste ali l'amore con cui Maria volò sempre a Dio: Pennas habet aquilae, quia amore Dei volat.6 Ma il B. Amadeo dice a nostro proposito che queste ali
d'aquila significano la velocità con cui Maria, superando la velocità de' Serafini, soccorre sempre i suoi figli: Motu celerrimo Seraphim alas excedens, ubique suis ut mater occurrit (Hom. 8, de laud. Virg.).7
Perciò si legge nell'Evangelio di S. Luca che quando Maria andò a visitare S. Elisabetta ed a colmare di grazie tutta quella famiglia, ella non fu lenta, ma camminò con fretta per tutto quel viaggio: Exsurgens Maria abiit in montana cum festinatione (Luc. 2).8 Il che poi non si legge del ritorno che di là fece. Perciò anche dicesi ne' Sagri Cantici che le mani di Maria sono fatte al torno: Manus illius tornatiles (Cant. V, 14). Poiché, dice Riccardo di S. Lorenzo, siccome l'arte di lavorare al torno è la più facile e pronta, così Maria è più pronta di tutti gli altri santi ad aiutare i suoi divoti: Sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior est aliis sanctis (De laud. Virg., lib. 5).9 Ella ha sommo desiderio di consolar tutti, ed allorché appena si sente invocare, subito cortese accetta le preghiere e soccorre:
Omnes consolatur, et tenuiter invocata praesto adest (Blosius, in Can. vit. spir., c. 18).10 Con ragione dunque S. Bonaventura chiamava Maria la salute di chi l'invoca: O salus te invocantium;11 significando che per esser salvo basta invocar questa divina Madre, la quale, al dir di Riccardo di S. Lorenzo, si fa trovar sempre pronta ad aiutar chi la prega: Invenies semper paratam auxiliari.12 Poiché dice Bernardino da Busto: Plus vult illa facere tibi bonum, quam tu accipere concupiscas (Mar. 1, serm. 5, de Nom. Mar.):13 Più desidera la gran Signora fare a noi grazie, che noi non desideriamo di riceverle.
Né la moltitudine de' nostri peccati dee diminuirci la confidenza di esser esauditi da Maria, quando noi ricorriamo a' suoi piedi. Ella è madre della misericordia, e la misericordia non trova luogo, se non trova miseri da sollevare. Onde conforme una buona madre non sa sdegnare di dar rimedio ad un figlio infetto di scabbia, benché la cura sia molesta e nauseosa, così la nostra buona Madre non sa abbandonarci, quando a lei ricorriamo, benché sia grande la puzza de' nostri peccati, da' quali ella ha da sanarci. Il sentimento è di Riccardo di S. Lorenzo: Non enim Mater haec dedignatur peccatorem, sicut nec bona mater filium scabiosum. Quia propter hoc factam se recolit misericordiae genitricem. Ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum (De laud. Virg., lib. 4).14
E ciò appunto volle significare Maria, allorché si fe' vedere a S. Geltrude, che spandeva il suo manto per accogliere tutti
coloro che a lei ricorreano. Ed intese insieme allora la santa che tutti gli angeli attendono a difendere i divoti di Maria dalle infestazioni dell'inferno (Rev., lib. 4, cap. 49).15
È tanta la pietà che ha di noi questa buona Madre, e tanto è l'amore che ci porta, che non aspetta le nostre preghiere per soccorrerci: Praeoccupat, qui se concupiscunt, ut illis se prius ostendat (Sap. VI). Queste parole della Sapienza S. Anselmo l'applica a Maria, e dice ch'ella precorre ad aiutare coloro che desiderano la sua protezione.16 Col che dobbiamo intendere ch'ella c'impetra molte grazie da Dio prima che noi ne la preghiamo. Che perciò, dice Riccardo di S. Vittore
(In Cant., cap. 23), Maria vien chiamata luna, pulchra ut luna, perché non solo ella come la luna è veloce a correre in aiuto di chi l'invoca, velocitate praestat;17 ma di più è così amante del nostro bene, che ne' nostri bisogni anticipa le nostre suppliche, ed è più pronta la sua misericordia a sovvenirci, che noi ci moviamo ad invocarla: Velocius occurrit eius pietas, quam invocetur, et causas miserorum anticipat (Loc. cit.).18 E ciò nasce, soggiunge lo stesso Riccardo, dall'essere così ripieno di pietà il petto di Maria, che appena ella sa le nostre miserie, che subito diffonde il latte della sua misericordia, né può la benigna Regina intendere il bisogno di qualche anima e non soccorrerla: Adeo replentur ubera tua misericordia, ut alterius miseriae notitia tacta, lac fundant misericordiae. Nec possis miserias scire et non subvenire (Ricc., in Cant., cap. 23).19
E questa gran pietà che ha Maria delle nostre miserie, che la spinge a compatirci e sollevarci ancora quando noi non ne la preghiamo, ben ella ce la fece intendere sin dacché viveva in questa terra, nel fatto delle nozze di Cana, come sta scritto nel Vangelo di S. Luca20 al cap. 2. Vide allora questa Madre pietosa il rammarico di quei sposi che stavano afflitti per lo rossore di vedere mancato il vino nella mensa del convito, e senza punto esserne stata richiesta, mossa solamente dal suo cuore pietoso, che non sa mirare le altrui afflizioni e non compatirle, si fece a pregare il Figlio di consolarli, con esporgli solamente il bisogno di quella famiglia: Vinum non habent. Dopo di che il Figlio, per consolar quella gente e più per contentare il cuore compassionevole della Madre che lo desiderava, fece il miracolo già noto di trasmutare in vino l'acqua riposta in certi vasi. Or qui argomenta il Novarino e dice: Si tam prompta ad auxilium currit non quaesita, quid quaesita
praestitura est? (Cap. 10, Exc. 72):21 Se Maria anche non richiesta è così pronta a soccorrere ne' bisogni, quanto sarà più pronta a consolare chi l'invoca e la prega del suo aiuto?
E se mai alcun dubitasse di non essere soccorso da Maria a lei ricorrendo, così lo riprende Innocenzo III: Quis invocavit eam et non est auditus ab ipsa? (Serm. 2, de Ass. B.V.):22 E chi mai si è trovato ch'abbia cercato aiuto a questa dolce Signora, e Maria non l'abbia aiutato? Quis umquam, o Beata, esclama ancora il B. Eutichiano (In vita S. Theoph.), fideliter omnipotentem tuam rogavit opem, et fuit derelictus? Revera nullus umquam:23 Chi mai, o santa Vergine, è ricorso al vostro gran patrocinio, che può sollevare ogni miserabile e salvare i peccatori più perduti, e da voi è restato abbandonato? Revera nullus umquam. No che questo caso non è mai accaduto né mai accaderà. Io mi contento, diceva S. Bernardo, che non parli più né lodi la vostra misericordia, o Vergine santa, chi mai si trovasse avervi invocata ne' suoi bisogni e si ricordasse d'essere stato da voi non curato: Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, qui in necessitatibus te invocatam meminerit defuisse (S. Bern., Serm. 4, de Ass.).24
Più presto, dice il divoto Blosio, avverrà che si distruggano il cielo e la terra, che Maria manchi di soccorrere chi con buona intenzione la supplica del suo soccorso, e in lei confida: Citius caelum cum terra perierint, quam Maria aliquem serio se implorantem sua ope destituat (In Spec., cap. 12).25 E aggiunge
S. Anselmo, per accrescere la nostra confidenza, che allorché ricorriamo a questa divina Madre, non solo dobbiamo star sicuri della sua protezione, ma che alle volte saremo più presto esauditi e salvati col ricorrere a Maria invocando il suo santo nome, che invocando il nome di Gesù nostro Salvatore: Velociter nonnumquam est nostra salus, invocato nomine Mariae, quam invocato nomine Iesu (S. Ans., de Exc. V., c. 6).26 E ne adduce la ragione: Quia ad Christum tamquam iudicem pertinet etiam punire; ad Virginem tamquam patronam, nonnisi misereri. E vuol dire che noi troviamo più presto la salute ricorrendo alla Madre che al Figlio; non già forse perché Maria sia più potente del Figlio a salvarci, mentre sappiamo che Gesù è il nostro unico Salvatore, che unicamente co' meriti suoi ci ha ottenuta e ci ottiene la salute; ma perché noi ricorrendo a Gesù, e considerandolo anche come nostro giudice, a cui spetta ancora di castigare gl'ingrati, può esser che manchiamo della confidenza necessaria per essere esauditi; ma andando a Maria, che altro officio non ha che di compatirci come madre di misericordia, e di difenderci come nostra avvocata, la nostra confidenza par che sia più sicura e più grande: Multa petuntur a Deo et non obtinentur, multa petuntur a Maria et obtinentur; non quia potentior, sed quia Deus eam decrevit sic honorare (Nicephorus, ap. P. Pepe, Grandez. ecc.):27 Molte cose si domandano a Dio, e non si ottengono: si domandano a Maria, e si ottengono. Come va ciò? Risponde Niceforo che ciò succede, non già perché Maria sia più potente di Dio, ma perché Dio ha decretato di così onorare la sua Madre.
È dolce la promessa che su di ciò il medesimo Signore fece intendere a S. Brigida. Si legge nel libro I delle sue Rivelazioni al capo 50, che un giorno questa santa intese parlar Gesù colla Madre, e che le disse: Nulla erit petitio tua in me, quae non audiatur: Madre mia, cerca da me quanto vuoi, ch'io niente mai ti negherò di quanto dimanderai; e sappi, poi soggiunse, che tutti coloro che per amor tuo mi cercheranno qualche grazia, benché siano peccatori, purchè abbian essi volontà di emendarsi, io lor prometto di esaudirli: Et per te omnes
qui per te petunt misericordiam, cum voluntate se emendandi, gratiam habebunt.28 Lo stesso fu rivelato a S. Geltrude, allorché intese dire dallo stesso nostro Redentore a Maria, ch'egli per la sua onnipotenza le avea conceduto di usar misericordia a' peccatori che l'invocano, in qualsivoglia modo a lei fosse piaciuto: Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi propitiationem omnium peccatorum, qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi (Ap. Pepe, loc. cit.).29
Dica dunque ciascuno con gran confidenza, invocando questa Madre di misericordia, come le dicea invocandola S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum:30
Ricordatevi, o Signora pietosissima, non essersi inteso mai dacch'è stato il mondo, che alcuno sia stato da voi abbandonato. E perciò perdonatemi, se vi dico ch'io non voglio essere questo primo disgraziato, che ricorrendo a voi abbia da restare abbandonato da voi.
Esempio.
Ben esperimentò la forza di questa orazione S. Francesco di Sales, come si narra nella sua Vita (nel Libro 1, capo 4).31 Era il santo nell'età di diciassette anni in circa, e si trovava allora in Parigi, dove stava applicato agli studi, e insieme tutto dedito alla divozione ed al santo amore di Dio, che lo teneva in dolci delizie di paradiso; quando il Signore, per maggiormente provarlo e stringerlo al suo amore, permise che il demonio gli rappresentasse che quanto faceva era tutto perduto, mentr'egli era riprovato ne' divini decreti. L'oscurità e l'aridezza in cui Dio volle lasciarlo nello stesso tempo, poiché si trovava allora insensibile a tutti i pensieri più dolci della divina bontà, fecero che la tentazione avesse avuto più forza di affliggere il cuore del santo giovinetto, tantoché per tali timori e desolazioni perdé l'appetito, il sonno, il colore e l'allegrezza, in modo che facea compassione a tutti che l'osservavano.
Mentre durava questa orribile tempesta, non sapeva il santo concepire altri pensieri né proferire altre parole che di sconfidenza, e di dolore. «Dunque - dicea, come si riferisce nella sua Vita - io sarò privo della grazia del mio Dio, che per lo passato si è dimostrato a me così amabile e così soave? O amore, o bellezza, a cui io ho consagrati tutti i miei affetti, io non goderò più le vostre consolazioni? O Vergine Madre
di Dio, la più bella di tutte le figlie di Gerusalemme, non vi avrò dunque da vedere nel paradiso? Ah Signora, se io non ho da vedere la vostra bella faccia, non permettete almeno che v'abbia da bestemmiare e maledire nell'inferno.» Questi erano allora i teneri sentimenti di quel cuore afflitto e innamorato di Dio e della Vergine. Durò un mese la tentazione, ma finalmente il Signore si compiacque di liberarnelo per mezzo della Consolatrice del mondo Maria SS., a cui il santo avea già prima consagrata la sua verginità, e in cui dicea di aver collocate tutte le sue speranze.
Nel mentre una sera si ritirava a casa, entrò in una chiesa in cui vide una tavoletta appesa al muro; lesse e vi trovò la seguente orazione di S. Agostino: Memorare, piissima Maria, a saeculo non esse auditum, quemquam ad tua praesidia confugientem esse derelictum. Ivi prostrato davanti all'altare della divina Madre recitò con affetto questa orazione, le rinnovò il voto della sua verginità, promise di recitarle ogni giorno il rosario, e poi le soggiunse: «Regina mia, siatemi voi avvocata appresso del vostro Figlio a cui io non ho ardire di ricorrere. Madre mia, se io infelice nell'altro mondo non potrò amare il mio Signore, che conosco così degno d'essere amato, almeno impetratemi voi ch'io l'ami in questo mondo il più che posso. Questa è la grazia che vi dimando e da voi la spero.» Così pregò la Vergine, e poi tutto si abbandonò in braccio della divina misericordia, rassegnandosi intieramente alla volontà di Dio. Ma appena finita la preghiera, ecco in un subito dalla sua dolcissima Madre fu liberato dalla tentazione: subito ricuperò la pace interna, e con quella anche la sanità del corpo, ed indi seguitò a vivere divotissimo di Maria, le cui lodi e misericordie non cessò poi di pubblicare colle prediche e coi libri in tutta la sua vita.
Preghiera.
O Madre di Dio, o regina degli angeli, o speranza degli uomini, ascoltate chi vi chiama e a voi ricorre. Eccomi oggi prostrato a' vostri piedi, io misero schiavo dell'inferno mi dedico per vostro servo perpetuo, offerendomi a servirvi ed onorarvi quanto posso in tutta la mia vita. Vedo già che non vi onora la servitù d'uno schiavo così vile e ribaldo, come son io, avendo così offeso il vostro Figlio e mio Redentore Gesù. Ma se voi
accetterete un indegno per vostro servo, e colla vostra intercessione mutandolo ne lo renderete degno, questa medesima vostra misericordia vi darà quell'onore che non posso rendervi io miserabile. Accettatemi dunque, e non mi rifiutate, o Madre mia. Queste pecorelle perdute venne dal cielo in terra a cercare il Verbo Eterno, e per salvare queste egli si fece vostro figlio. E voi disprezzerete una pecorella che ricorre a voi per ritrovare Gesù? La spesa è già fatta per la mia salute: il mio Salvatore ha già sparso il suo sangue, che basta a salvare infiniti mondi. Resta solo che questo sangue s'applichi anche a me. E ciò a voi sta, Vergine benedetta; a voi sta, mi dice S. Bernardo, il dispensare i meriti di questo sangue a chi vi piace.32 A voi sta, vi dice anche S. Bonaventura, il salvare chi volete: Quem ipsa vis, salvus erit.33 Dunque, regina mia, aiutatemi: regina mia, salvatemi. A voi consegno oggi tutta l'anima mia: voi pensate a salvarla. O salute di chi v'invoca, termino collo stesso santo, o salus te invocantium, salvatemi voi.34
1 Stimulus amoris, pars 3, cap. 16. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom. et Lugd., VII, pag. 227, col. 1. - Vedi Appendice, 2.
2 «Ruth interpretatur videns vel festinans: et signat beatam Virginem, quae vere videns in contemplatione, et bene festinans fuit in actione. Videns etiam nostram miseriam est, et festinans ad impendendam suam misericordiam.» CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 5, inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., etc., VI, 437, col. 1. - Vedi Appendice, 2.
3 Aloysius NOVARINUS, Veronensis, Cler. Regularis, Electorum sacrorum lib. 4: Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 695. Venetiis, 1632, pag. 291, col. 1. - Sacrorum electorum tom. 2, Lugduni, 1633, pag. 199, col. 1.
4 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 24, ML 196-475: «Merito... misericordia eius cursui hinnulorum comparatur, per mundum currit, mundum irrigat et infundit. Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat... Haec autem sunt ubera tua, o Beata, id est pietas, quibus miseros lactas, dum misericordiam eis impetras.» - RICHARDUS A S. LAURENTIO, parlando delle labbra di Maria SS., dice (De laudibus B. M. V., lib. 1, cap. 7, n. 10): «Si iaculator esuriens ad plenam mensam divitis cantaverit, numquid ei cibus negabitur? Similiter, si quis... veniat ad mensam Matris Domini, toto corde et affectu dicens: Ave Maria, gratia etc., numquid ipsa largitas ei gratiam poterit denegare?... Ipsa enim (Maria) favus melleus est, cui dicitur Cant. IV, 11: Favus distillans labia tua. Qui si bene compressus fuerit tactu labiorum devote orantis, dulcedinem melleam facile distillabit. Ipsa vellus Gedeonis madefactum rore gratiarum, quod compressione levissima devotae salutationis et orationis, larga distillabit stillicidia super terram cordis humani.» Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, p. 31, col. 1; Parisiis, XXXVI, p. 55, col. 2.
5 «De Christo dictum est: Orietur vobis timentibus nomen meum sol iustitiae, et sanitas in pennis eius (Malach. IV, 2). Scilicet velocissimae auxilium ferens, adeo ut alas habere videatur, opem in necessitate positis et quacumque infirmitate oppressis laturus. Haec eadem ad Virginem transferri possunt: orta est nobis tamquam sol, non iustitiae sed misericordiae; et sanitas in pennis eius; ubi enim vocatur, statim advolat, ut vim auxiliatricem omnibus tribuat.» NOVARINUS, Umbra Virginea, cap. 15, Excursus 73, n. 692, ed. Veneta, pag. 290, col. 1, ed. Lugdun., pag. 198.
6 «Pennas ergo habet aquilae, quia non timore, sed amore Dei volat, et semper Deum intuetur, et conversatione in altum tollitur, neque persecutione deiicitur.» Franciscus RIBERA, S. I., In Apocalypsim, cap. 12, n. 35 (ed. Salmant., 1591, p. 191, col. 2; ed. Lugdun., 1593, p. 242). È da notarsi però che questo passo il Ribera lo vuole applicato unicamente alla Chiesa, non già a Maria SS., come lo ha esposto nei num. 21-23. Ma, Ioannes da SILVEYRA, Carm., In Apocalypsim XII, 1, qu. 12, n. 26. (Lugduni, II, 1700, pag. 15, col. 2) scrive: «Dico quod in hac muliere... non solum intelligitur Ecclesia, sed etiam sacratissima Virgo Maria.» E poi, qu. 75, n. 626, 627, pag. 106, col. 2, pag. 107, col. 1, spiega in che modo siano state date a Maria le due ali dell'Aquila grande; ed ivi, n. 626: «Datae sunt Virgini Mariae duae alae divinae gratiae, seu Spiritus Sancti, ut volaret in desertum, in sublimem et arduam perfectionem vitae.» - Si potrebbe addurre anche l'autorità di S. Agostino, se fossero sue le lezioni del secondo Notturno della Vigilia di Pentecoste, ove leggiamo (Lectio 5): «In Apocalypsi Ioannis Apostoli scriptum est hoc quod staret draco in conspectu mulieris, quae paritura erat, ut cum peperisset, natum eius comederet. Draconem diabolum esse, nullus vestrum ignorat: mulierem illam Virginem Mariam significasse... quae etiam ipsa figuram in se sanctae Ecclesiae demonstravit.» De symbolo ad Catechumenos sermo alius, seu lib. 4, cap. 1, n. 1, ML 40-661. Ma si sa che, di questo trattato (ML 40-627 et seq.), solo il primo libro è di S. Agostino.
7 «Motu ergo celerrimo senas seraphim alas extendens, nunc in fonte vitae fruitur amore Deitatis, nunc terras signis et virtutibus illustrans, ubique suis ut mater iucundissima et mirificentissima occurrit.» B. AMEDEUS (de Hauterive), Ord. Cist., episcopus Lausannensis (1145-1159), De Maria Virginea Matre homiliae octo, hom. 8. ML 188-1345.
8 Exsurgens autem Maria in diebus illis abiit in montana cum festinatione in civitatem Iuda. Luc. I, 39.
9 «De manibus sponsi dicit sponsa, et congrue potest intelligi de manibus Mariae, Cant. V, 14: Manus eius tornatiles... Tornatura ceteris artibus promptior est atque velocior, regulam iustitiae tenet et opus suum pulcherrime circumcidit. In eumdem modum omnia opera Christi vel Mariae circumcisa fuerunt, et licet cum quadam operandi promptitudine et celeritate fierent, numquam tamen a iustitiae regula deviarunt. Vel tornatiles dicuntur manus Mariae, quia sicut ars tornandi promptior est aliis artibus, sic Maria ad benefaciendum promptior omnibus sanctis.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 5, cap. 2, n. 48, inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugd., XX, 175, ed. Paris., XXXVI, 307.
10 «Omnes consolatur, omnibus sinum pietatis aperit, et vel tenuiter invocata, praesto adest.» Lud. BLOSIUS, Paradisus animae fidelis, pars 1 sive Canon vitae spiritualis, cap. 18, n. 3. Opera, Antverpiae, 1632, p. 18, col. 2.
11 Psalterium B. M. V., Hymnus instar Hymni Te Deum. Inter Opera S. Bonaventurae, Lugduni, 1668, VI, pag. 492 (erroneamente segnata 480), col. 2. - Vedi Appendice, 2.
12 «Qui de luce vigilaverit ad illam, non laborabit diu, vel in vacuum. Assidentem enim illam foribus suis inveniet semper paratam auxiliari et pulsantem ut intret.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 7, inter Opera S. Alberti Magni: ed. Lugd. XX, p. 34, 35 (dell'opera, non già di tutto il volume); ed. Paris., XXXVI, 61.
13 «Plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum, et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.» BERNARDINUS DE BUSTO (al. Bustis), Mariale, pars 2, De nativitate B. M. V., sermo 5, pars 7, Brixiae, 1588, pag. 185, col. 1.
14 «Non enim mater haec dedignatur peccatores, sicut nec bona mater filium scabiosum: quia propter peccatores factam se recolit misericordiae genitricem: ubi enim non est miseria, misericordia non habet locum.» RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 4, cap. 22, n. 1, inter Opera S. Alb. Magni, ed. Lugdun., XX, 138, col. 1, ed. Paris., XXXVI, 238, col. 1.
15 S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 48, editio Solesmensium O. S. B., pag. 431. - Vita della B. Vergine Gertrude (la stessa opera che il Legatus), Venezia, 1606, lib. 4, cap. 49, pag. 368, 369: «Attendendo poi (Geltrude) divotamente a quelle parole (nell'orazione della Messa in Vigilia Assumptionis B. M. V.): «ut sua nos defensione munitos, iucundos facias (suae interesse festivitati),» le pareva che la delicata Madre benignamente distendesse il suo mantello, come se quasi volesse ricevere tutti quelli che corressero a lei in difesa speciale; a cui venivano gli angeli santi, menandone con essi loro nella sembianza di belle fanciulle tutte quelle persone, che con alcuna particolare maniera di devozione o d'orazione s'erano divotamente apparecchiate a onorare quella santa festa; le quali riverentemente - siccome figliuole dinanzi alla sua madre - si posero a sedere dirimpetto a lei; e pareva che quivi d'ogni parte fossero sostenute dal servizio degli angeli, e difese dagli inganni dei maligni spiriti, con essere loro concessa abilità da potersi disporre a tutte le opere buone. Fu allora dato a conoscere a Gertruda che la protezione degli angeli era stata concessa a queste tali, mediante quelle parole della detta orazione, cioè: «Ut sua nos defensione munitos.» Perciocché, al comandare della Beatissima Vergine, degli angeli sono presti a guardare, e a difendere d'ogn'intorno tutti quelli che invocano il suo Santissimo Nome.»
16 Praeoccupat qui se concupiscunt, ut illis se prior ostendat. Sap. VI, 14. - CORNELIUS A LAPIDE, in l. c.: «Cum matris, non iudicis munere fungatur... velocior aliquando ad auxilium ferendum Virgo mater, quam eius Filius... videtur, ut D. Anselmus, lib. De Excellentia Virginis, cap. VII (leggi: VI) asserit: «Velocior est, etc...». - Questo libro De excellentia Virginis, inter Opera S. Anselmi, ML 159-558 et seq., non viene più attribuito a S. Anselmo, ma al suo discepolo ed amico, Eadmero. EADMERUS, Monachus Cantuariensis, op. cit., cap. 6 (versus finem), col. 570: «Velocior... est nonnumquam salus memorato nomine eius (Mariae) quam invocato nomine Domini Iesu... Non... quod ipsa maior aut potentior eo sit... Quare ergo...? Filius eius Dominus est et iudex omnium, discernens merita singulorum: dum igitur ipse a quovis suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen matris intercedunt ut exaudiatur. Hoc denique usus humanus quotidie probat, cum quis proposito amici sui nomine... impetrat quod simpliciter sua prece nequaquam impetrare valebat.» - Sarà opportuno ricordare qui i bei versi dell'ALIGHIERI, Divina Commedia, Paradiso 33, 16-18:
La tua benignità non pur soccorre
A chi dimanda, ma molte fiate
Liberamente al dimandar precorre.
17 Riccardo di S. Vittore non si serve del paragone della luna, ma solo di quello dei due teneri caprioli gemelli, come vedremo nella nota seguente. - RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 7, cap. 4, n. 2 (inter Opera S. Alb. Magni, Lugduni, 1651, XX, pag. 213, col. 1): «(Luna) citius quam alii planetae perficit cursum suum: et ipsa (Maria) facilius impetrat a Christo quam alii sancti.»
18 RICHARDUS S. VICTORIS, In Cantica, cap. 23, ML 196-475: «Hinnulorum velocitati comparatur, quia velocius occurrit eius pietas quam invocetur, et causas miserorum anticipat.» Quindi, egli dice a Maria: «Ad te... clamant ipsae miseriae... eo quod aures audiendi miserias habeas, et te has scire sit eas audire... Ubicumque fuerit miseria, tua et currit et succurrit misericordia.»
19 RICHARDUS S. VICTORIS, l. c.
20 Leggasi S. Giovanni, invece di S. Luca.
21 «Si tam prompta et cita ad auxilium ferendum currit non quaesita, quid quaesita praestatura (leggi: praestitura) est?» Aloysius NOVARINUS, Electorum Sacrorum pars 4, Umbra Virginea, cap. 15 Excursus 72, n. 688: Venetiis, 1632, pag. 287, col. 1.
22 «Qui ergo iacet in nocte culpae, respiciat lunam, deprecetur Mariam, ut ipsa per Filium cor eius ad compunctionem illustret. Quis enim de nocte invocavit eam, et non est exauditus ab ea?» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de Sanctis, Sermo 28, sermo 2 in Assumptione B. M. V. ML 217-584.
23 EUTYCHIANUS, ex Simeone Metaphraste, apud Surium, De probatis SS. historiis, die 4 februarii: Poenitentia et revocatio ad D. N. Iesum Christum, quae facta est a quodam oeconomo nomine Theophilo... Coloniae Agrippinae, 1576, I, 851.
24 «Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est, qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse.» S. BERNARDUS, In Assumptione B. M. V., sermo 4, De quatriduo Lazari et praeconio Virginis, n. 8. ML 183-428.
25 «...Citius caelum cum terra perierit, quam tu aliquem serio te implorantem tua ope destituas.» Lud. BLOSIUS, O. S. B., Consolatio pusillanimium, cap. 35: D. Henricus Suso docens ubi confugiendum sit ad Mariam... n. 4. Opera, Antverpiae, 1632, pag. 401, col. 1. - B. HENRICUS SUSO, O. P., Dialogus Sapientiae et ministri eius, cap. 16. Opera, Coloniae Agrippinae, 1588, pag. 98.
26 Inter Opera S. Anselmi, ML 159-570: EADMERUS, monachus Cantuariensis, De excellentia Virginis, cap. 6 (verso la fine). - Abbiamo riferito le sue parole nella nota 16, pag. 137.
27 Non abbiamo ritrovato queste parole di Niceforo, né nella MG, né presso il Pepe.
28 «Respondit Filius: «... Nulla erit petitio tua ad me, quae non exaudiatur, et per te, omnes qui petunt misericordiam cum voluntate emendandi, gratiam habebunt.» S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 1, cap. 50, Coloniae Agrippinae, 1632, pag. 62, col. 1.
29 «Ex omnipotentia mea, Mater, tibi concessi potestatem propitiandi peccatis omnium qui devote invocant tuae pietatis auxilium, qualicumque modo placeat tibi.» S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, ed. Monachorum Solesm. O. S. B., lib. 4, cap. 51, I, 457. - La Vita della B. Vergine Gertrude ridotta in cinque libri dal R. F. Gio. Lanspergio (traduzione Buondì, Venezia, 1606, cap. 53, pag. 390: «Appresso, nell'altra Antifona (nell'officio della festa della Natività di Maria SS., quale si celebrava nel Monastero di S. Geltrude) «Adest namque festivitas», a quelle parole «Ipsa intercedat pro peccatis nostris», parve che la Madre del Signore riverentemente presentasse al cospetto del suo Figliuolo una carta, nella quale erano scritte le medesime parole a lettere d'oro, a lei portata... dal servizio degli Angeli. A cui egli piacevolmente rispondeva: «Riverenda madre, con la mia infinita potenza ti ho conceduto potere di perdonare tutti i peccati, di quella maniera che a te più sia a grado, di tutti coloro che divotamente invocheranno l'aiuto della tua pietà.»
30 Neppure nei Sermoni indebitamente attribuiti a S. Agostino si ritrova traccia del Memorare. Certamente era in uso nel secolo XV, come vediamo dall'esempio del francescano Paolo Walther, il quale, nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, giunto alle porte di Mantova, vedendosi proibito l'ingresso in città per paura del contagio - perché era tempo di pestilenza - e vedendosi privo di ogni aiuto o conforto umano, recitò quella commovente orazione. Di questa fu insigne propagatore il Venerabile Sacerdote Claudio Bernard (+ 1641). Si può dire, col Vacandard (Vie de S. Bernard, II, ch. 21, § 2) che il Memorare altro non è che una parafrasi di queste parole di S. Bernardo: «Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est qui invocatam te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse (In Assumptione B. V. sermo 4, n. 8: ML 183-428);» e delle altre: «Iam te, Mater misericordiae, per ipsum sincerissimae tuae mentis affectum, tuis iacens provoluta pedibus Luna (Ecclesia) mediatricem sibi apud Solem iustitiae constitutam devotis supplicationibus interpellat (Sermo in Dom. infra Octav. Assumptionis, n. 15: ML 183-438.» In questo senso, può sicuramente attribuirsi a S. Bernardo il Memorare. Nei suoi Sermoni così largamente diffusi (Sermones de Sanctis, Sermo 34, De Nativ. B. V.), già scriveva il Discepolo (Herolt, O. P.): «Ex dictis S. Bernardi elicitur, quod numquam aliquis hominum, cuiuscumque status fuerit, qui devote et confidenter B. M. Virginem invocaverit, ab initio christianitatis usque hodie, non semper ei succurrerit.» - Il più antico documento finora conosciuto, che ci presenta quasi nella forma attuale il Memorare, è l'Antidotarius animae di Nicola SALICETO, Ord. Cist., «abbas B. Mariae de Pomerio», nel 1489: «Memorare, piissima, non esse auditum a saeculo, quemquam ad tua currentem praesidia aut tua petentem suffragia a te derelictum. Tali animatus confidentia, ad te, Virgo Maria, confugio, ad te curro, ad te venio, coram te gemens et tremens assisto. Noli, Virgo immaculata, a me peccatore faciem tuam abscondere, sed ad me clementer respice...» Presso E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, vol. 1, cap. 7, pag. 802, 803, Torino, 1933.
31 GALLIZIA, Vita, lib. 1, cap. 4. - HAMON, Vie, liv. 1, ch. 3.
32 «Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.
33 Inter Opera S. Bonav., ed. Lugdun., VI, 492 (numeratio erronea, 480), col. 1, Canticum instar illius Habacuc, III. - Vedi Appendice, 2.
34 Ibid., col. 2, Hymnus instar hymni Te Deum: «Tu salus te invocantium.»
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