martedì 25 gennaio 2022

Parliamo del MONTFORT



UN CARO SALUTO AGLI AMICI  DEL BLOG

CON SANTI AUGURI PER IL 2022 p.C.

*

CAPITOLO 12. IL MISSIONARIO

È deciso: men corro pel mondo!

Sono preso da umor vagabondo

Per salvare il mio povero prossimo [Cantiques: 2ème ed. pag. 353]

Finalmente poteva dar libero sfogo al santo umor vagabondo che gli urgeva

nell'anima da anni.

Missionario! La superficialità distratta della nostra vita di oggi ci ha fatto

perdere la nozione precisa di questo vocabolo. Per capirlo occorrerebbe una

ricostruzione storica: descrivere i tempi andati nei quali la macchina non aveva

ancora asservito l'uomo e l'uomo, dominando il mestiere, se ne staccava a

piacere per attendere alla cultura dello spirito e alla salvezza dell'anima.

Quando un missionario di tempra veramente apostolica entrava in una città o

in un villaggio, quasi tutta la vita civile prendeva un tono di riposo: le

occupazioni materiali si sospendevano o si riducevano al minimo, perché

ciascuno potesse attendere alle cose dell'anima in modo intensivo. E il

missionario non era solo il prete che parla, come oggi, per dieci o quindici

giorni mezz'ora la mattina e mezz'ora la sera dal pulpito della chiesa, più

qualche istruzione di categoria; era invece un prete o una schiera di preti che

prendeva in mano un paese o una città per restaurarvi la vita religiosa nel suo

triplice aspetto parrocchiale, familiare e individuale. Il lavoro durava a volte

mesi interi. Troviamo per esempio S. Giovanni Eudes che fa nella città di

Rennes una missione - per sei mesi consecutivi. I cristiani si mettevano a

disposizione del missionario: tante volte si partivano da casa la mattina per

tempo con un tozzo di pane e un po' di companatico e passavano l'intera

giornata con lui che predicava, confessava, insegnava cantici, organizzava

processioni spettacolose preparate con pazienti prove generali. 

Ci si spiega allora come alle volte invece della chiesa dovesse servire la piazza

o un prato alle adunanze della missione. Si comprende altresì come la missione

segnasse nella vita di un paese un avvenimento straordinario e come fosse

grave la fatica richiesta dal sacerdote che si dedicava a questo genere di lavoro

apostolico.

***

Luigi-Maria di Montfort scendeva nel campo missionario a 31 anni. L'avevano

preceduto in quel campo due intrepidi campioni, Michele Le Nobletz, del clero

secolare, e Giuliano Maunoir, gesuita; il loro nome risuonava ancora in

benedizione per le contrade della Bretagna.

Il Montfort riterrà il quadro generale di azione di questi due evangelizzatori, ma

vi infonderà uno spirito e una grandiosità tali, da dare un tono profondo ed

eroico di religiosità a quelle popolazioni e per la durata di secoli.

Al servizio delle missioni Luigi-Maria portava tutte le sue straordinarie capacità

di predicatore, di poeta, di artista, di santo. Ed ecco come si regolava quasi

sempre. Quindici giorni prima dell'apertura andava o mandava sul posto per

studiare l'ambiente e darvi una prima vigorosa. scaldata mobilitando preghiere

e parlando dell'importanza della missione.

Veramente a detta sua prima che si movesse lui c'era un altro che si metteva

in azione. «Quando mi accingo a dare una missione in qualche luogo il demonio

prende sempre le mosse innanzi a me». Il demonio servito da tanti accoliti in

carne ed ossa con tutto l'armamentario dei sette vizi capitali. «Ma quando

giungo io, continua il Montfort, sono sempre il più forte perché ho Maria e S.

Michele Arcangelo con me».

Giungeva nel paese al giorno fissato e quasi sempre in compagnia di altri

sacerdoti e religiosi, messisi volontariamente agli ordini di questo giovane

prete per la grande opera.

Lo accompagnava anche un robusto somaro carico delle armi del missionario:

qualche libro, foglietti a stampa di ricordi, e tutta una serie di stendardi vistosi,

da lui lavorati, e illustranti le verità della fede e i misteri del Rosario. Al primo

giungere della missione un Fratello coadiutore era mandato per le vie del paese

e per la campagna a battere un grosso tamburo e a cantare con tutta la forza

consentitagli dai polmoni, la strofetta:

All'erta, all'erta, all'erta!

La missione s'è aperta:

Tutti corriamo, amici,

Il Cielo a conquistar!

***

Come alloggio dei missionari il Montfort sceglieva una casa, quando offertagli

dalla carità e quando presa in affitto ed egli la chiamava «la Provvidenza».

Perché la Provvidenza doveva fornire il necessario non solo ai missionari, ma

anche a tutti i poveri del luogo durante la missione. Caratteristica questa delle

più commoventi dell'apostolato del nostro Santo e che metterà sotto gli occhi

attoniti del sudditi di Luigi XIV le più belle scene del ministero di Gesù.

Ascoltiamo un teste autorevole, il Sacerdote Des Bastières, uno dei più fedeli

compagni di fatica del Montfort.

«Tutte le missioni che ho avuto l'onore di fare con lui, e sono più di

quaranta, furono fatte a spese della Provvidenza, la quale lo ha sempre

rifornito con abbondanza di viveri, tanto che dopo averne ricavato il

necessario per sé e per i missionari, trovava ancora di che nutrire un

gran numero di poveri e vestirli. È vero che nei primi due o tre giorni

difettavamo di parecchie cose, ma non appena il Montfort aveva

dichiarato pubblicamente dal pulpito che lui e i missionari vivevano delle

elemosine dei fedeli e che essi davano gratuitamente le intenzioni di

tutte le loro Messe a quanti contribuivano al mantenimento, allora la

Provvidenza si dichiarava tanto apertamente in nostro favore che da ogni

parte ci arrivavano vettovaglie in modo sì abbondante che non solo

potevamo nutrirci noi, ma anche tutti i poveri della parrocchia e dei

dintorni. Spesso gli avanzi riempivano parecchie ceste, come avvenne nel

deserto, dopo la moltiplicazione dei pani. Ho visto talvolta avanzare fino

a cinquanta grossi pani dopo il pasto nostro e dei poveri i quali erano

sempre molto numerosi: ne ho contati fino a duecento al giorno in molte

parrocchie in cui ho fatto la missione». L'accenno alla moltiplicazione dei

pani fatto dal des Bastières dovette presentarglisi senza sforzo. «Due

cose, continua egli, mi hanno maggiormente colpito, sembrando mi

molto straordinarie: la prima che il Montfort ha fatto più di otto missioni,

nelle quali io l'ho accompagnato, in Parrocchie tanto povere, che i più

ricchi tra gli abitanti avevano appena un pezzo di pane per vivere.

Eppure erano questi i luoghi in cui la divina Provvidenza si manifestava

più liberale a nostro riguardo, poiché i missionari e i poveri erano trattati

meglio che altrove. La seconda cosa è che, essendo affidato d'ordinario a

me l'incarico di condurre i poveri al luogo in cui si dava loro da mangiare

e di servirli a tavola, mi è capitato cinque o sei volte di non aver neppure

un tozzo di pane da dar loro e non ve n'era neanche nella casa della

Provvidenza, alloggio dei missionari. Ne avvertii la prima volta il Montfort

ed egli non se ne mostrò affatto preoccupato: mi disse semplicemente di

condurli al posto solito, che la Provvidenza avrebbe provveduto ai loro

bisogni. Eseguii gli ordini senza sapere da dove ci potesse venire il pane. 

Sarebbe venuto dal Cielo? Tuttavia li feci sedere a tavola benché non

avessi nulla da mettervi sopra e mi trovavo tanto mortificato perché

c'erano quasi duecento persone presenti, venute apposta per aver il

piacere di vedere il pranzo di quei poveri ch'erano affamati. Nell'attesa

feci fare una piccola lettura, durante la quale mi recai nella casa della

Provvidenza e rimasi sbalordito nel trovarvi gran quantità di pani ed altre

provvigioni venute chissà da che parte. Le feci tosto portare ai nostri

poveri che ebbero quel giorno doppia razione.

Qualcosa di simile è capitato, per quel che so io, altre cinque o sei volte»

[GRANDET, o. c. pag. 286-289].

Aiutato tanto visibilmente dalla Provvidenza, «il più povero prete di Francia,

dice il Blain, faceva più elemosine del più ricco prebendato» (§ LXVII).

Privando a volte se stesso del necessario, come quando una buona signorina

gli mandò un sarto per prendere la misura e fargli una talare della quale aveva

proprio bisogno. Rispose: «Il mio corpo può fare a meno di una veste nuova,

ma i membri di Gesù Cristo non possono fare a meno di nutrimento». E fece

pregare quella caritatevole persona di mutar pensiero e di dargli il

corrispondente in denaro per i poveri [) Cfr. BESNARD, ms. c., I pagg. 162-

163].

Ma questo padre dei poveri non si contentava di far «distribuire ogni giorno la

minestra a tutti i poveri e provvederli dì abiti confezionati da alcune pie

persone durante il corso della missione» [GRANDET, o. c. pag. 356]. Ci teneva

a dare lui stesso a quei suoi prediletti segni di una stima e di una tenerezza

che giungeva «fino all'eccesso». «Non solamente, scrive il primo biografo, il

Grignion amava teneramente ed abbracciava i poveri come propri figli e fratelli,

ma li onorava e rispettava come signori e padroni. Quando ne incontrava

qualcuno per le strade, lo salutava, e parlandogli si teneva a capo scoperto.

Li baciava, lavava loro i piedi, li faceva sedere a tavola alla propria destra e

serviva loro quanto vi era di meglio. Beveva spesso nel loro bicchiere e

mangiava i loro rifiuti. Abbracciava quelli ch'erano i più schifosi e pieni di

ulceri. Quando non aveva poveri con sé, si alzava da tavola e diceva: «Vado a

cercare il buon Gesù». Non si stomacava mai per il puzzo né per la deformità

loro, e se talvolta essi si mostravano restii a mettersi a tavola in un posto più

onorevole del suo o degli altri missionari, presi dal timore di cagionar pena,

egli li incoraggiava a sedersi come fossero stati figli di casa.

Quando erano storpi e non potevano camminare, se li caricava sulle spalle»

[GRANDET, o. c. pag. 354]. E il primo biografo, a farci intendere come

realmente si trattasse di eccesso, coglie dalla penna del confessore del Santo,

il P. de Latour, un episodio che urta violentemente la nostra sensibilità e 

rappresenta un fuor di misura non solo per noi, ma, crediamo, anche per il

Montfort. «Trovò, scrive, un povero pieno di pidocchi e di ogni più ributtante

lordura, il quale non potendo sopportar più oltre il prurito di quegli insetti, si

era cavata la camicia e l'aveva buttata su di una siepe. Il Montfort ciò vedendo

andò subito a togliersi la sua propria camicia per darla a quel povero e si recò

prontamente a cercare quella di lui per indossarla così sporca com'era»

[GRANDET. o. c. pag. 457].

Fuor di misura, ripetiamo, anche per il Santo che, afferma il Besnard «egli si è

sempre attenuto alle leggi della decenza ecclesiastica» [BESNARD, ms. c. I,

16] e il Grandet, a sua volta, ci assicura che «non era mai sudicio» [GRANDET,

o. c. pag. 352].

Tutto per creare un'atmosfera infuocata di sacrificio e di carità, la più propria

alla fecondazione della divina semenza ch'egli andava spargendo, la parola del

Vangelo. 

Fa' o Madre che viviamo nella

grazia dello Spirito Santo

sabato 25 dicembre 2021

Lezione di Natale

 

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 215



25 dicembre 1943

   Nuovo dettato di Maria. Dice Maria:


   «La beatitudine dell’estasi natalizia è venuta meco come essenza di fiore chiusa nel vivo vaso del cuore per tutta la vita. Indescrivibile gioia. Umana e sovrumana. Perfetta.
   Quando il venir di ogni sera mi martellava nel cuore il doloroso memento: “Un giorno meno di attesa, un giorno più di vicinanza al Calvario”, e l’anima mia ne usciva ricoperta di pena come se un flutto di strazio l’avesse ricoperta, anticipata onda della marea che m’avrebbe inghiottita sul Golgota, io curvavo il mio spirito sul ricordo di quella beatitudine che era rimasto vivo nel cuore, così come uno si curva su una gola montana a riudire l’eco di un canto d’amore ed a vedere in lontananza la casa della sua gioia.


   È stata la mia forza nella vita. E lo è stata soprattutto nel­l’ora della mia morte mistica ai piedi della Croce. Per non giungere a dire a Dio - che ci puniva, io e il mio dolce Figlio, per i peccati di tutto un mondo - che troppo atroce era il castigo e che la sua mano di Giustiziere era troppo severa, io, attraverso il velo del più amaro pianto che donna abbia versato, ho dovuto affissare quel ricordo luminoso, beatifico, santo, il quale si alzava in quell’ora come visione di conforto dall’interno del cuore per dirmi quanto Dio m’avesse amata, si alzava per venirmi incontro non attendendo, poiché era gioia santa, che io lo cercassi, perché tutto quanto è santo è infuso da amore, e l’amore dà la sua vita anche alle cose che par che vita non hanno.


   Maria, occorre fare così quando Dio ci colpisce.
   Ricordare quando Dio ci ha dato la gioia, per poter dire anche fra lo strazio: “Grazie, mio Dio. Tu sei buono con me”.
   Non rifiutare il conforto del ricordo di un passato dono di Dio che sorge per confortarci nell’ora in cui il dolore ci piega, come steli percossi da una bufera, verso la disperazione, per non disperare della bontà di Dio.
   Procurare che le nostre gioie siano gioie di Dio, ossia non darci delle gioie umane, da noi volute e facilmente contrarie, come tutto quanto è frutto del nostro operare avulso da Dio, alla sua divina Legge e Volontà, ma attendere solo da Dio la gioia.
   Serbare il ricordo di esse anche a gioia passata, perché il ricordo che sprona al bene ed a benedire Iddio è ricordo non condannabile ma anzi consigliato e benedetto.
   Infondere della luce di quell’ora le tenebre dell’ora presente per farle sempre tanto luminose che ci bastino a vedere il santo Volto di Dio anche nella più buia notte.
   Temperare l’amaro del calice di quella goduta dolcezza per poterne sopportare il sapore e giungere a berlo sino all’ultima stilla.
   Sentire, poiché lo si è conservato come il più prezioso ricordo, la sensazione della carezza di Dio mentre le spine ci stringono la fronte.


   Ecco le sette beatitudini contrapposte alle sette spade. Te le dono per mia lezione di Natale (metti questa data) e, con te, le dono a tutti i miei prediletti.
   La mia carezza per benedizione a tutti.»


   Dice l’Eterno Spirito:


   «Io sono l’Amore. Non ho (o non uso)[734] voce mia propria perché la mia Voce è in tutto il creato ed oltre il creato. Come etere Io dilago per tutto quanto è, come fuoco accendo, come sangue circolo.
  

  Io sono in ogni parola del Cristo e fiorisco sulle labbra della Vergine. Io purifico e faccio luminosa la bocca dei profeti e dei santi. Io sono Colui che le cose ispirò prima che fossero, perché è il mio potere quello che come palpito dette moto al pensiero creativo dell’Eterno.
   Per il Cristo tutte le cose sono state fatte,[735] ma tutte le cose sono state fatte da Me-Amore, perché sono Io che con la mia segreta forza mossi il Creatore ad operare il prodigio.
  

       Io ero quando nulla era ed Io sarò quando rimarrà unicamente il Cielo.[736]


     Io sono l’ispiratore della creazione dell’uomo al quale fu donato il mondo[737] per sua delizia, il mondo in cui, dagli oceani alle stelle, dalle vette alpine agli steli, è il mio sigillo.
   

    Io sarò che porrò sulle labbra dell’ultimo uomo la suprema invocazione:[738] “Vieni, Signore Gesù!”.


   Io sono Quello che a placare il Padre infusi l’idea dell’Incarnazione e scesi, fuoco creatore, a farmi germe nelle viscere immacolate di Maria, e risalii fatto Carne sulla Croce e dalla Croce al Cielo per stringere in anello d’amore la nuova alleanza fra Dio e l’uomo, come in amplesso d’amore avevo stretto il Padre e il Figlio generando la Trinità.


   Io sono Colui che senza parole parla, ovunque ed in ogni dottrina che in Dio abbia origine, Colui che senza tocco apre occhi e orecchi ad udire il soprannaturale, Colui che senza comando vi trae dalla morte della vita alla Vita nella Vita che non conosce limite.


   Il Padre è su voi, il Figlio in voi, ma Io, Spirito, sono nel vostro spirito e vi santifico colla mia presenza.
   Cercatemi ovunque è amore, fede e sapienza. Datemi il vostro amore. La fusione dell’amore con l’Amore crea il Cristo in voi e vi riporta in seno al Padre.
   Ho parlato oggi che è l’avvento dell’Amore sulla Terra, la più alta mia manifestazione, quella da cui provengono redenzione e infusione pentecostale alla Terra.
   Il mio Fuoco dimori in voi e vi accenda, ricreandovi a Dio, in Dio e per Iddio, Signore eterno a cui, in Cielo e in Terra, ogni lode va data.»


   Nel ringraziamento della Comunione, mentre ad alta voce pregavo per tutti noi e intorno al mio letto erano Anna e Paola[739] (Marta era andata un momento verso la cucina) l’estasi mi ha presa. Ho visto Maria prendere il Bambino dal suo grembo, stringerselo sul cuore, baciarlo e ninnarlo.
   E questo sarebbe poco male. Il male è che ho visto Paola alzare gli occhi dal suo messale (perché, per quanto io leggessi e perciò avessi gli occhi bassi, pure vedevo il libro, la Vergine e gli astanti insieme) e guardarmi fisso, e vidi Marta accorrere e venirmi vicina a guardare anche lei.
   Cercando di dominarmi sono andata in fondo alla preghiera di Pio XII al Cuore immacolato di Maria e alle altre orazioni. Ma ebbi la sensazione di essere prossima a naufragare del tutto nella dolcezza beata dell’estasi, e pregavo Dio e Maria che mi aiutassero ad andare avanti e mi occultassero dagli altri in quel mio stato.
   Dopo venne gente, si fece colazione (latte e caffè) ecc. ecc.
   Finalmente, oltre un’ora dopo, chiesi a Paola: “Perché mi guardavi?”.
   E lei: “Perché ti ho vista cambiare nella voce e nel volto. La voce ti rideva e piangeva insieme e il viso ti si era trasformato”.
   E Marta: “Io ho sentito fin dalla cucina cambiare talmente tono che sono corsa credendo si sentisse male e l’ho vista tutta diversa”.
   “Diversa come?”.
   “Come fossi fuori di te”.
   Non ho negato, perché ancora le lacrime del “gioioso pianto”, come dice Maria, mi montavano dal cuore e sentivo la luce interna trasparire dal mio viso.


   Oh! Padre!... Dopo sono rimasta accesa e trasfigurata, abbellita per tutto il giorno.
   Mi pareva, nel prosieguo della visione che mi estasiava, vedere Maria alzarsi dal luogo dove sempre l’ho vista in questi giorni, in fondo al mio letto dal lato destro, e venire tenendo in braccio il Bambino vicino al mio capezzale. Vedevo distintamente la mossa di appoggiare la mano sinistra al suolo per far leva al corpo e il passo lievemente ondeggiante come è di solito quello di chi calza dei sandali. Quando fu presso a me, vidi il divino Piccino dormire placido e bello, appoggiato sul braccio destro e sul petto di Maria.
   Mi cadevano le lacrime... Poi Maria mi passò il braccio sinistro intorno alle spalle attirandomi a sé, di modo che io ero sotto il suo velo e sentivo la spalla sottile e il petto gentile contro il mio capo e il mio cuore, e sapevo che dall’altro lato era il mio Gesù ugualmente appoggiato alla Mamma.
   Sono stata molto così. Ma tuttora la vedo qui, al mio capezzale col Bambino in braccio. Come è bella, mite, pura, cara! E come è placido il riposo del Bambino! Un respiro di uccellino...
   Come è bello stare così! Che è il soffrire se ci dà queste gioie? Le ho voluto dire la gioia che dentro e fuori mi colma e mi abbella, perché è troppo bella perché la tenga per me sola.
   Io son felice. Unica cosa per cui sono tentata a fare un po’ di broncino alla Mamma e a Gesù è di aver permesso agli altri di vedere il mio trasfiguramento. Mah! Pazienza!...


[734] (o non uso) è stato inserito dalla scrittrice tra le righe autografe
.
[735] Per il Cristo tutte le cose sono state fatte, come è proclamato in Giovanni 1, 3Colossesi 1, 16Ebrei 1, 2.

[736] il Cielo dovrebbe qui significare non il regno dei Cieli ma la realtà oltremondana, che comprende il Paradiso e l’Inferno, i due (dei
 quattro regni dell’aldilà: Limbo, Purgatorio, Inferno, Paradiso) che, anche secondo gli scritti valtortiani, resteranno alla fine dei tempi.
[737] al quale fu donato il mondo, come si narra in Genesi 1, 26-30.

[738] la suprema invocazione, riportata in Apocalisse 22, 20.

[739] Anna e Paola, moglie e figlia di Giuseppe Belfanti (nota all’11 agosto). Marta è Marta Diciotti (nota al 3 giugno).





AMDG et DVM

Santità della Regola Francescana

1.

[COME IL BEATO FRANCESCO RISPOSE AI MINISTRI

CHE NON VOLEVANO ESSERE OBBLIGATI

A OSSERVARE LA REGOLA CHE STAVA FACENDO]

1677 [Il beato Francesco compose tre Regole: quella confermata, senza però la Bolla pontificia da papa

Innocenzo III; un'altra più breve, che andò smarrita; quella infine che papa Onorio III approvò con la Bolla,

e dalla quale molte cose furono soppresse a iniziativa dei ministri, contro il volere di Francesco.]

1678 Dopo che la seconda Regola composta dal beato Francesco andò perduta, egli con frate Leone

d'Assisi e frate Bonizo da Bologna salì sopra un monte, per comporre un'altra Regola che egli dettò ispirato

da Cristo. 

 Molti ministri si raccolsero allora intorno a frate Elia, vicario di Francesco, e gli dissero: « Siamo

venuti a sapere che questo fratello Francesco fa una nuova Regola, e abbiamo paura che la faccia troppo

rigorosa, così che non possiamo osservarla. Vogliamo quindi che tu vada su da lui e gli dica che non

intendiamo essere obbligati a quella Regola; se proprio vuole, la componga per sé, non per noi ».

 Rispose Elia che non voleva recarvisi, temendo la riprensione del beato Francesco. Insistendo quelli

perché ci andasse, rispose che non voleva andarci senza di loro. Ci andarono pertanto tutti insieme. Quando

furono nei pressi del luogo ove Francesco dimorava, frate Elia lo chiamò. Rispondendogli e vedendo il

gruppo dei ministri, Francesco domandò: « Cosa desiderano questi frati? ». E frate Elia: « Questi sono i

ministri, che avendo saputo che stai facendo una nuova Regola e temendo che sia troppo severa, dicono e

protestano che non vogliono sentirsi obbligati ad essa, e perciò tu la faccia per te, non per loro ».

 Francesco rivolse la faccia al cielo, e parlò a Cristo così: «Signore, non ti dicevo giustamente che non

mi avrebbero creduto? ». Allora tutti udirono nell'aria la voce di Cristo che rispondeva: «Francesco, nulla vi

è di tuo nella Regola, poiché tutto quello che vi sta è mio. E voglio che sia osservata alla lettera, alla lettera,

alla lettera, senza commenti, senza commenti, senza commenti! ». E soggiunse: « So bene quanto può la

fragilità umana e so in quale misura intendo aiutarli. Quelli dunque che non vogliono osservarla, escano

dall'Ordine ».

 Allora il beato Francesco si volse a quei frati e disse: « Avete udito? Avete udito? Volete che ve lo

faccia ripetere? ». I ministri, riconoscendo la propria colpa, si allontanarono spaventati e confusi. 

AMDG et DVM

venerdì 24 dicembre 2021

Come Papa Ratzinger ha detto sempre la Verità e perché aprirà un mondo nuovo

 



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Alla Vigilia di Natale, vogliamo darvi un messaggio di speranza: la quadratura del cerchio sulla nostra inchiesta che dura, ormai, da due anni. E che troverete riordinata in modo completo in fondo a questo articolo QUI.

Partendo da quegli errori di latino e da quella frase di papa Benedetto “il papa è uno” (senza specificare quale) QUI, abbiamo immerso le mani in un viluppo inestricabile di fatti, dichiarazioni, contraddizioni e diatribe canoniche su questa incomprensibile vicenda dei due papi. Piano piano, con la pazienza di un pescatore che si trovi a dipanare una lenza aggrovigliata, si è sciolto tutto. Noi non abbiamo fatto nulla, ma è come se il “tarlo logico” inconscio presente nella mente di ognuno di noi avesse lavorato, notte dopo notte, riorganizzando i fatti, ricomponendo, con il metodo di un restauratore, quel “mosaico” di cui parla Mons. Gaenswein QUI

La bella notizia è che il Vicario di Cristo, il vero papa Benedetto XVI non ha mai abbandonato il suo popolo. Anzi, sta per rivelare qualcosa di portata storica, "sta per aprire un mondo nuovo" come dice lui stesso.

Nel corso di questa inchiesta, ci è sembrato a volte come papa Benedetto avesse potuto ricorrere a dei “trucchi”, sebbene per legittima difesa, aggredito nel suo diritto di esercitare il suo pontificato.

MA IL PAPA NON HA MAI MENTITO.

Vediamo come ci è riuscito: nel 2013 ha candidamente dichiarato di rinunciare al ministeriuml’esercizio pratico del suo potere, senza rinunciare al munus, il titolo papale. Così ha lasciato “libera, vuota” la sede di San Pietro (non “vacante” come hanno tradotto) QUI lasciandola a disposizione degli usurpatori.

In tal modo è entrato de facto in sede impedita, secondo il Diritto canonico, a partire dalle ore 20.00 del 28 febbraio 2013. E infatti, poco prima, aveva candidamente specificato dal balcone di Castel Gandolfo che non sarebbe stato più “pontefice sommo” QUI - (e non “Sommo Pontefice” come hanno trascritto) - ovvero non sarebbe stato più il papa “al primo e più alto posto”, ma avrebbe condiviso una sorta di “ministero allargato”, composto – come ha spiegato Mons. Gaenswein - da un solo papa legittimo (lui) e da uno illegittimo (Francesco). QUI Altro che “collegialismo modernista”, come insinuano certi tradizionalisti…

Per questo, papa Ratzinger dice di non aver nulla a che vedere con Celestino V che abdicò e, scappando, fu imprigionato. Al contrario, Benedetto XVI non ha abdicato e non è scappato davanti ai lupi: si è autoimprigionato liberamente, con scelta libera e consapevole, in sede impedita, con un sacrificio di sé come quello compiuto da Cristo di cui è il Vicario.

Così, egli può scrivere in modo perfettamente coerente che, come lui, “nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio è stata un’eccezione”. QUI Non sbaglia: si riferisce a quel papa medievale che aveva perso il potere pratico restando papa, Benedetto VIII.

Non è un caso che Ratzinger porti il suo nome, come quello di San Benedetto, salvatore della cultura e dell’identità europea, e di Benedetto XVil papa inascoltato e incompreso di quella Grande Guerra che dilaniò la stessa Europa.

Bergoglio è quindi, inconsapevolmente - come antipapa usurpatore - un cooperatore della Verità, secondo il motto di Benedetto XVI: “cooperatores veritatis”. QUI

Con la rivelazione della sua illegittimità, si svelerà l’impostura della dittatura anticristica del relativismo di cui il Gruppo di San Gallo era l’alfiere QUI. Così, saranno “separati i credenti dai non credenti” e si compirà quella necessaria, escatologica intenzione del vero pontefice di “purificare l’intera Chiesa” come Benedetto dichiarò all’Herder Korrespondenz e al giornalista Seewald.

Chi lo sa, forse Bergoglio potrebbe pentirsi in tempo utile, confessando tutto e rinnegando i suoi progetti mondialisti, demolitori del Cattolicesimo, e la sua pseudospiritualità massonico-anticristica. QUI Oltre a salvarsi l’anima, passerebbe alla storia come il “Grande penitente”, quel “Giuda salvato” che lo ossessiona da decenni e che vuole a tutti i costi riconoscere nel becchino del capitello di Vezelay QUI. Bergoglio diverrebbe così un - tardivamente consapevole - cooperatore della Verità. Ma se non si inginocchia mai davanti al Santissimo, difficile che possa farlo ai piedi del Suo Vicario.

In ogni caso, Benedetto XVI che, pure, non gli ha mai giurato obbedienza, prega per lui e per il suo “episcopato”, che in tedesco si dice “Pontifikat”, dato che l’argentino è rimasto vescovo. Questo scrisse Benedetto al suo principale nemico, il super-modernista filomassone Hans Küng . QUI

Dunque, Benedetto XVI è davvero “il primo Papa emerito della storia”un titolo non canonico, dato che non esiste alcuna giurisprudenza in proposito, QUI ma è un titolo semplicemente qualificativo-fattuale: egli è emerito, da emereo, perché è l’unico degno, L’UNICO CHE HA DIRITTO di mantenere il titolo di papa, anche se ha dovuto rinunciare al potere pratico in quanto, per l’ingravescente aetate, non aveva più le forze di opporsi ai suoi nemici e al loro ammutinamento. Ha detto sempre la verità, come vediamo. 

Se San Giovanni Paolo II è stato detto Il Grande, Benedetto XVI passerà alla storia come il Papa Emerito, il Meritevole, l’Insigne, l’Eroe autosacrificatosi per vincere una guerra escatologica. Grazie a lui terminerà il Diluvio, il castigo, per la Chiesa e non solo. Forse così si spiegherebbe quel “de gloriae olivae”, la gloria dell’ulivo, che lo pseudo-San Malachia gli affibbiò come motto. Chissà. (Ora guardate i bergogliani come si serviranno di questa considerazione per attaccarci. Classic).

Così, mentre Benedetto XVI diceva semplicemente la verità, nel modo più candido e profondamente, intelligentemente ESATTO, i suoi nemici, dominati dalla brama di potere, hanno pensato superficialmente il contrario e si sono distrutti da soli, scismandosi dalla Chiesa e creando un antipapato. In effetti, si può dire che è stata una “burla divina”: il più grande scherzo di Carnevale della storia e Ratzinger scelse non a caso il Lunedì grasso per la DeclaratioQUI

Per sua stessa volontà, Benedetto XVI accettò il papato in modo irrevocabile, anche se il diritto canonico consente la rinuncia. Lo disse lui stesso: “La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi (la sua elezione n.d.r.) ero impegnato SEMPRE E PER SEMPRE dal Signore”QUI

Ci ha sempre detto la più pura verità, ma noi siamo stati ciechi e sordi.

Per questo, oggi Benedetto ha la talare bianca in quanto “era la veste più pratica”; per simboleggiare un papa impedito infatti non sono previsti “altri abiti”, ma egli oggi è comunque del tutto riconoscibile dato che veste “in modo diverso” da un papa normale.   QUI

Per questo motivo “il prossimo (vero) Sommo Pontefice”, scrive nella Declaratio, dovrà essere nominato da “coloro a cui compete”, cioè i veri cardinali nominati da lui e non dal papa illegittimo Francesco il quale, come dice Benedetto XVI, “ha SCELTO di vestirsi di bianco” non volendo accontentarsi della veste rossa da cardinale che gli spettava QUI.

Papa Ratzinger non può parlare più direttamente, perché la sua sede impedita non glielo consente e per questo motivo, quando gli abbiamo chiesto un’intervista, ci ha scritto che “pur con ogni buon intento di riceverci, proprio non è possibile” QUI corredando la lettera del suo stemma da papa regnante, al quale non ha mai rinunciato QUI. Ma c’è anche un motivo teologico, dato che Iddio parla nel silenzio e nella purezza delle intenzioni. Così, allo stesso modo, lui con il Codice Ratzinger parla sottovoce, QUI ma chiaramente e ci raccomanda di aspettare a giudicare il suo pontificato, che avrà portata millenaria e che aprirà "un nuovo mondo".

E’ ancora fra noi uno dei più giganteschi papi della storia della Chiesa: un genio della Fede che ci ha rivelato, con il sacrificio di se stesso, come la Verità sia piccola, semplice, nascosta eppure luminosa come un certo Bimbo nato in una grotta. Ci ha dimostrato come questa Verità si possa scoprire con la Logica, dal Logos, il Verbo che si è incarnato. Dio lo aveva fatto  "era cosa conveniente, perché era ragionevole". QUI E così lo ha fatto anche lui. 

Il suo gesto storico è però un messaggio pratico, una dimostrazione empirica rivolta anche ai laici, col rispetto che papa Benedetto ha sempre avuto per chi non crede: questa rivelazione parla infatti di una sorta di Spirito Logico della Verità, di una sorta di darwiniano “Tempo Galantuomo” che respira nella storia, insieme all’umanità.

Il finale ve lo abbiamo anticipato, dunque e, anche se questo piccolo articolo, su un piccolo blog, sarà ignorato o sbeffeggiato con la solita estenuante accusa di “complottismo” (termine coniato dalla CIA per emarginare gli increduli alla narrativa su JFK) niente potrà fermare l’avanzata della Verità.

Questo giorno in particolare ci ricorda come tutte le grandi cose abbiano sempre avuto piccoli inizi.

Buon Natale a tutti Voi e grazie per le vostre condivisioni e il vostro sostegno. E grazie a coloro che ci hanno mandato (a codiceratzinger@libero.it) suggerimenti utilissimi. 

AMDG et DVM