martedì 2 aprile 2019

AYUNO: Solo pan y agua ABSTINENCIA: No comer carnes rojas.



San Hugo  en el refectorio (Zurbarán)
La escena refleja un milagro acontecido a San Bruno, fundador de los cartujos, y a los seis primeros monjes de la Orden, quienes comían gracias a la generosidad de San Hugo, obispo de Grenoble.
Un domingo de  septuagésima, San Hugo  les envió carne, alimento al que no estaban acostumbrados, lo que provocó una discusión sobre la conveniencia de practicar el ayuno.
Mientras discutían quedaron sumidos en un profundo sueño  de 45 días, que duró toda la Cuaresma.
El miércoles Santo, San Hugo, que había estado ausente, fue a verlos y los sorprendió despertándose, comprobando que no tenían noción del tiempo transcurrido. Entonces miró a los platos y vio que la carne se convertía en ceniza, interpretándolo como aprobación divina del ayuno.


Se debe guardar abstinencia desde septuagésima y  ayuno durante toda la cuaresma exceptuando los días de fiesta o precepto, los cuales no obligan abstinencia y ayuno.
AYUNO: Solo  pan y agua
ABSTINENCIA: No comer carnes rojas.
Si se puede comer verduras, queso, leche, etc.
La abstinencia y el ayuno total  son de 24 horas.
También pueden ser de 06 horas o más o el tiempo que se desee.
EL AYUNO DEBE ESTAR UNIDO A LA ORACIÓN. SIN ORACIÓN EL AYUNO SE CONVIERTE EN DIETA, QUE POCO O NADA AYUDA A LA VIDA ESPIRITUAL.





Los cuatro últimos días del Tiempo de Septuagésima fueron declarados de ayuno por San Gregorio Magno, en el siglo VI, para completar con ellos el número cuarenta del ayuno cuaresmal. Por eso el miércoles de ceniza lleva en la liturgia el título oficial de caput jejunii (comienzo del ayuno), como el primer domingo de Cuaresma llevaba en los antiguos Sacramentarlos el de caput Quadragesimæ (comienzo de la Cuaresma). No es, pues, el miércoles de ceniza al principio de la Cuaresma, sino del ayuno cuaresmal.
Ya en el siglo IV, y mucho antes por lo tanto que San Gregorio eligiera el Miércoles de Ceniza para inaugurar los ayunos de Cuaresma, tenía este día un carácter penitencial; pues señalaba para los pecadores públicos el principio de la penitencia canónica, que debía terminar el Jueves Santo con la absolución de los mismos. Los penitentes se presentaban por la mañana en el templo para confesar sus pecados, y si éstos habían sido graves y públicos, recibían del penitenciario un hábito forrado con áspero cilicio (tela áspera) y cubierto de ceniza, con el que se retiraban a un monasterio de las afueras de la ciudad, para cumplir la penitencia cuadragesimal(1). Al desaparecer, hacia el siglo XI, la práctica de la penitencia pública, la imposición de la ceniza que hasta entonces sólo recaía sobre los penitentes, empezó a hacerse general para todos los fieles y convirtióse en el rito actual.
Por lo mismo que estos cuatro días no pertenecen propiamente a la liturgia de Cuaresma, se rigen como todos los anteriores por las rúbricas de la Septuagésima, si bien gozan del privilegio de la Misa “estacional” propia, con su correspondiente “oración sobre el pueblo”, de que luego hablaremos. Las Vísperas del sábado, como primeras de Cuaresma, tienen lugar antes del medio día.
Las oraciones colectas de todas estas misas insisten en la misma idea de encomendar a Dios los ayunos de los cristianos, para que éstos los observen devota y varonilmente, y Él los acepte en expiación de sus pecados.
La del sábado merece ser tenida en cuenta durante toda la Cuaresma, pues establece que “este solemne ayuno ha sido instituido con la saludable intención de curar los cuerpos y las almas”.
¡Adviértanlo bien los que temen desfallecer de debilidad si se atienen a la ley, hoy ya harto relajada, del ayuno eclesiástico
Tomado de: DOM ANDRÉS AZCÁRATE, O.S.B. ; La Flor de la Liturgia; Buenos Aires, Abadía San Benito, 6ta. Ed., 1951.

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Dominica II Passionis seu in Palmis ~

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Sermone di san Leone Papa
Sermone 11 sulla Passione del Signore
La solennità della passione del Signore, desiderata da noi, fratelli dilettissimi, e desiderabile al mondo intero è giunta, ed essa non ci permette di starcene silenziosi tra l'esultanza delle gioie spirituali (che spande in noi). Perché sebbene sia difficile di parlare spesso in maniera degna e giusta di tale solennità; tuttavia un vescovo non è libero di privare il popolo fedele del discorso che gli deve su questo gran mistero della divina misericordia: tanto più che. la stessa materia per ciò stesso ch'è ineffabile fornisce abbondantemente di che parlare; né possono mancare le parole dal momento che non se ne potrà dire mai abbastanza. 
La debolezza umana si riconosca dunque sopraffatta dalla gloria di Dio, e sempre incapace di spiegare le opere della sua misericordia. La nostra intelligenza faccia sforzi, il nostro spirito resti in forse, ci venga pur meno l'espressione: è bene per noi (vedere) come quel che di più alto possiamo avere della maestà del Signore, è ben poca cosa paragonata alla realtà.


Avendo detto il profeta: «Cercate il Signore, e siate forti, cercate sempre la sua faccia» Ps. 104,4, nessuno deve presumere d'aver trovato quello che cerca, affinché, cessando d' andare avanti, non rinunci ancora ad avvicinarsi. Fra tutte le opere di Dio, che l'ammirazione umana si sforza di contemplare, qual altra tocca tanto l'anima nostra, e sorpassa la portata della nostra intelligenza, quanto la passione del Salvatore? Il quale per sciogliere il genere umano dai lacci d'una mortifera prevaricazione, occultò la potenza della sua maestà al diavolo che incrudeliva, e non gli mostrò che l'infermità della nostra bassezza umana. Perché se questo crudele e superbo nemico avesse potuto conoscere il disegno della misericordia di Dio, avrebbe cercato piuttosto di addolcire gli animi dei Giudei, che accenderli d'un odio ingiusto, per non perdere, perseguitando la libertà di chi non gli doveva niente, i suoi diritti su tutti quelli che (per il peccato) erano diventati suoi schiavi.


Il diavolo fu dunque ingannato dalla sua malignità, fece soffrire al Figlio di Dio un supplizio ch'è divenuto il rimedio di tutti i figli degli uomini. Sparse il sangue innocente che doveva essere il prezzo della riconciliazione del mondo, e la (nostra) bevanda. Il Signore soffrì (il genere di morte) che s'era scelto, conforme al disegno della sua volontà. 
Permise a dei furiosi che mettessero su di lui l'empie lor mani: le quali, nel compiere un crimine enorme, han servito all'esecuzione dei disegni del Redentore. 
La tenerezza del suo amore era sì grande anche verso i suoi uccisori, che supplicando il Padre dalla croce, gli domandò non di vendicarlo, ma di perdonar loro.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


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Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 21:1-9
In quell'occasione: Come Gesù fu vicino a Gerusalemme, e arrivato a Betfage, presso il monte Oliveto, allora mandò due discepoli, dicendo loro. Eccetera.


Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Libr. 9 su Luca
È da notare che il Signore, abbandonati i Giudei, sale al tempio, egli che doveva abitare nei cuori dei Gentili. Perché il vero tempio è quello ove il Signore è adorato, non secondo la lettera, ma in ispirito. Il tempio di Dio è quello, che s'è stabilito non su una struttura di pietre, ma sulla connessione delle verità della fede. 
  Egli abbandona dunque quelli che l'odiano: e sceglie quelli che devono amarlo. Perciò andò al monte Oliveto, per piantare colla sua divina virtù queste giovani piante d'olivo che hanno per madre la celeste Gerusalemme. Su questo monte egli stesso è il celeste agricoltore: così che tutti quelli che sono piantati nella casa di Dio, possano dire, ciascuno: «Ma io son come un olivo fruttifero nella casa del Signore» Ps. 51,8.


E forse Cristo stesso è ancora questo monte. Chi altri infatti (fuori di lui) produrrebbe tale raccolto d'olive, non di quelle che si piegano sotto l'abbondanza dei loro frutti, ma di quelle (che mostrano la loro fecondità comunicando) ai Gentili la pienezza dello Spirito Santo? Esso è colui per cui ascendiamo, ed a cui ascendiamo. Esso è la porta, esso è la via; (la porta) che si apre, ed è lui che l'apre: a cui picchiano quelli che vogliono entrare, ed è lui che adorano quelli che hanno meritato d'entrare. 
 Egli era dunque in un villaggio, e c'era un asinello legato con un'asina: il quale non poteva essere sciolto che per ordine del Signore. La mano d'un Apostolo lo scioglie. Tali sono le azioni, tale è la vita, tale la grazia. Sii tale anche tu, onde possa sciogliere quelli che sono legati.

Consideriamo ora chi sono quelli che, dopo essere stati convinti di peccato, furono cacciati dal paradiso, e relegati in un villaggio. Ed osserva in qual maniera la vita richiama quelli che la morte aveva esiliati. 
Leggiamo in Matteo, ch'egli ordinò si sciogliesse un'asina e il suo puledro: affinché come l'uno e l'altro sesso era sta espulso dal paradiso nella persona dei nostri progenitori, così mostrasse col simbolo dei due animali ch'egli veniva a richiamare i due sessi.         L'asina dunque figurava Eva colpevole: e il puledro designava la generalità del popolo Gentile: e perciò egli siede sul puledro dell'asina. Giustamente è detto che nessuno l'aveva ancora cavalcato: perché nessuno, prima di Cristo, aveva chiamato i popoli della gentilità ad entrare nella Chiesa. In Marco difatti si ha: «Su cui ancora non è montato alcuno» (Marc.11,2.)


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


AMDG et DVM

La Madonna spiega a Don Stefano Gobbi La bestia simile a una pantera