domenica 4 ottobre 2015

VIENI SPIRITO SANTO






< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria ,
tua  Sposa amatissima >

sabato 3 ottobre 2015

SANCTI FRANCISCI, CONFESSORIS - Sancta Missa


    

PROPRIO DELLA S. MESSA
tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI

4 OTTOBRE
SANCTI FRANCISCI, CONFESSORIS
San Francesco Confessore
Patrono d'Italia

  
INTRÓITUS
Gal. 6, 14 - Mihi autem absit gloriári, nisi in Cruce Dómini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo. Ps. 141, 2 - Voce mea ad Dóminum clamávi: voce mea ad Dóminum deprecátus sum. Glória Patri… Gal. 6, 14 - Mihi autem absit gloriári…

Gal. 6, 14 - Quanto a me, ch’io mi guardi dal gloriarmi se non della croce di nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo è per me crocifisso ed io per il mondo. Sal. 141, 2 - Ad alta voce ho gridato al Signore: ad alta voce l’ho supplicato. Gloria al Padre… Gal. 6, 14 - Quanto a me, ch’io mi guardi dal gloriarmi …

ORÁTIO
Deus, qui Ecclésiam tuam, beáti Francisci méritis foetu novæ prolis amplíficas:tríbue nobis; ex ejus imitatióne,terréna despícere et coeléstium donórum semper participatióne gaudére. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. 
M. - Amen.

O Dio, che mercé il beato Francesco arricchisci la tua Chiesa di nuova famiglia religiosa, concedici di sprezzare, a sua imitazione, i beni terreni, e godere per sempre della partecipazione dei doni celesti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. 
M. - Amen.

EPISTOLA
Léctio Epístolæ B. Pauli Ap. ad Gálatas, 6, 14-18

Fratres: Mihi autem absit gloriári, nisi in Cruce Dómini nostri Jesu Christi: per quem mihi mundus crucifíxus est, et ego mundo. In Christo enim Jesu neque circumcísio áliquid valet neque præpútium, sed nova creatúra. Et quicúmque hanc régulam secúti fúerint, pax super i l l o s et misericórdia, et super Israël Dei. De cetero nemo mihi moléstus sit: ego enim stígmata Dómini Jesu in córporemeo porto. Grátia Dómini nostri Jesu Christi cum spíritu vestro, fratres. Amen. 
M. - Deo grátias. 

Fratelli, quanto a me, ch’io mi guardi dal gloriarmi se non della croce di nostro Signore Gesù Cristo, mediante la quale il mondo è per me crocifisso ed io per il mondo. La circoncisione, infatti,è nulla, e nulla il prepuzio. Ciò che conta è essere nuova creatura (in Cristo). A quanti seguiranno questa regola sia pace e misericordia su di loro, e sull’Israele di Dio (la Chiesa). D’ora innanzi nessuno mi procuri delle noie, perché io porto sul mio corpo i contrassegni di Gesù. La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia con voi, o fratelli. Amen 
M. - Deo grátias.

GRADUALE
Ps. 36, 30-31 - Os justi meditábitur sapiéntiam, et lingua ejus loquétur judícium. Lex Dei ejus in corde ipsíus: et non supplantabúntur gressus ejus.

Sal. 36, 30-31 - La bocca del giusto proferisce parole di saggezza, e la sua lingua parla secondo giustizia. La legge del suo Dio gli sta nel cuore: e nei suoi passi non tentenna.

ALLELÚIA
Allelúia, allelúia. Francíscus pauper et húmilis coelum dives ingréditur, hymnis coeléstibus honorátur. Allelúia.

Allelúia, allelúia. Francesco, povero ed umile, entra ricco nel cielo, accolto dagli inni celesti. Allelúia.

EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Matthǽum, 11, 25-30

In illo témpore: Respóndens Jesus, dixit: Confíteor tibi, Pater, Dómine coeli et terræ, quia abscondísti hæc a sapiéntibus et prudéntibus, et revelásti ea párvulis. Ita, Pater: quóniam sic fuit plácitum ante te. Omnia mihi trádita sunt a Patre meo. Et nemo novit Fílium nisi Pater: neque Patrem quis novit nisi Fílius, et cui volúerit Fílius reveláre. Veníte ad me, omnes, qui laborátis et oneráti estis, et ego refíciam vos. Tóllite jugum meum super vos, et díscite a me, quia mitis sum et húmilis corde: et inveniétis réquiem animábus vestris. Jugum enim meum suave est et onus meum leve. 
M. - Laus tibi Christe.

In quel tempo: Gesù prese a dire: Ti ringrazio, o Padre,Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Così è, o Padre, perché così a Te piacque. Tutto è stato dato a me dal Padre mio. E nessuno conosce il Figlio, fuori del Padre, né alcuno conosce il Padre, fuori del Figlio e fuori di quegli cui il Figlio lo avrà voluto rivelare. Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi, e imparate da me, perché sono mite e umile di cuore; e troverete riposo per le vostre ànime. Infatti il mio giogo è soave ed il mio peso leggero. 
M. - Laus tibi Christe.

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM
Ps. 88, 25 - Véritas mea et misericórdia mea cum ipso: et in nómine meo exaltábitur cornu ejus.

Sal. 88, 25 - La mia fedeltà e la mia misericordia sono con lui: e nel mio nome sarà esaltata la sua potenza.

SECRÉTA
Múnera tibi, Dómine, dicata sanctífica: et, intercedénte beáto Francísco, ab omni nos culpárum labe purífica. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. 
M. - Amen.

Santifica, o Signore, questi doni che a Te dedichiamo: e, per intercessione del beato Francesco, purificaci da ogni macchia di colpa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. 
M. Amen.

PREFAZIO COMUNE

COMMÚNIO
Luc. 12, 42 - Fidélis servus et prudens, quem constítuit dóminus super famíliam suam: ut det illis in témpore trítici mensúram.

Luca, 12, 42 - Ecco il servo fedele e prudente, che il padrone stabilì a capo sulla sua famiglia, per darle a tempo opportuno la misura di grano.

POSTCOMMÚNIO
Ecclésiam tuam, quǽsumus, Dómine, grátia coeléstis amplíficet: quam beáti Francísci Confessóris tui illumináre voluísti gloriósis méritis et exémplis. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. 
M. - Amen.

O Signore, Te ne preghiamo, la grazia celeste ampli la tua Chiesa, che hai voluto illuminare con i gloriosi meriti ed esempi del beato Francesco, tuo Confessore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. Amen.


AMDG et BVM

SAN FRANCESCO D'ASSISI CONFESSORE



4 OTTOBRE
SAN FRANCESCO D'ASSISI CONFESSORE
La conformazione a Cristo.
Nella lettera ai Romani l'Apostolo san Paolo ci dà la regola di ogni santità con le parole: "Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imagines Filii sui..." (Rom 8,29). Conformarci al divino modello, che si chiama Gesù.. È la conformità al Figlio di Dio, acquistata con la virtù, che fa i santi.
Celebriamo oggi un Santo, che fu copia ammirabile di Cristo Gesù, che il Sommo Pontefice Leone XIII chiama il più bello dei santi, che Papa Pio XI ci presenta come il santo che pare aver meglio compreso il Vangelo e conformata la vita al divino modello.
San Francesco infatti è un altro Cristo. Ha cercato Cristo, lo ha seguito, lo ha amato, lo ha dato agli altri, Cristo Gesù è tutta la sua vita. Non ci fermiamo sulle tradizioni graziose che vogliono che Francesco sia nato in una stalla, come Gesù, e su un poco di paglia; noi lo vediamo, giovane, arrestarsi improvvisamente in mezzo ai suoi sogni di piaceri e di feste, mentre pensa ad imprese cavalleresche, perché il Cristo di S. Damiano gli parla: "Francesco, che cosa vale di più? Servire il padrone o il servitore?". Francesco è affascinato da queste parole, comincia una vita nuova, apre il Vangelo e vi cerca Cristo cui consacrarsi interamente.

Amore del Vangelo.
Egli fa del Vangelo il suo nutrimento e, trovandovi una celeste soavità, esclama: "Ecco quello che da molto tempo cercavo!". Il Vangelo è suo sostegno, sua consolazione, rimedio a tutte le sofferenze, nelle prove non vuole altro conforto e un giorno dirà ai suoi frati: "Sono saturo di Vangelo, sono pieno di Vangelo". Il Vangelo diventa sua vita e quando vuole dare ai suoi frati una regola, scrive nelle prime pagine: "La regola e la vita dei Frati Minori è questa: osservare il santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo".
Povertà.
Ma il Vangelo è la storia dell'abbassamento del Figlio di Dio fino a noi e del suo amore per le nostre anime, è il Cristo povero, umile, piccolo, compassionevole e misericordioso, il Cristo Apostolo, il Cristo che ci ama e muore per noi. San Francesco, che lo ha scelto come regola di vita, lo vive alla lettera. Sull’esempio di Gesù, egli abbraccia la povertà e, davanti al Vescovo di Assisi si spoglia delle sue vesti, le restituisce al padre dicendo: "Adesso potrò veramente dire: Padre nostro, che sei nei cieli". E comincia la sua vita di povertà, povertà gioiosa e tutta piena di sole, non la povertà gelosa e afflitta, che troppo spesso vediamo nel mondo, povertà volontaria e amata. Va a tendere la sua mano delicata per le vie di Assisi ed è respinto come se fosse un pazzo, ma resta l'amante della povertà e, al momento della morte, è sua consolazione suprema essere stato fedele a "Madonna Povertà".

Umiltà.
Il Vangelo è Gesù Cristo umile e piccolo: parvus Dominus, il Grande piccolo Gesù, come lo chiama san Francesco. Egli medita questo insegnamento e si fa "l’umile Francesco", come lo chiamo l'autore dell'Imitazione. Si considera l'ultimo degli uomini, il più vile peccatore, e soffrire, essere disprezzato è per lui gioia perfetta e dà ai suoi figli il nome di Minori, cioè piccoli.

Misericordia.
Il Vangelo è Gesù Cristo compassionevole e misericordioso e, sul suo esempio, il cuore di Francesco è tutto pieno di misericordia. San Bonaventura, scrivendo la sua vita, ci dice: "La benignità, la bontà del nostro Salvatore Gesù Cristo è apparsa nel suo servo Francesco". Egli stesso, all'inizio del suo testamento, scrive: "Il Signore mi fece la grazia di cominciare a fare penitenza, perché quando ero nel peccato mi sembrava troppo amaro vedere dei lebbrosi, ma fui verso di loro misericordioso e quello che mi pareva amaro diventò per me dolcezza dell'anima e del corpo".
Francesco era misericordioso verso tutti i miseri e alla Tribuna del Parlamento italiano gli fu resa questa testimonianza: "Se san Francesco di Assisi non ha fondato istituzioni di carità, ha versato nel mondo tale una corrente di carità, che dopo sette secoli, nessuna opera di carità è stata fondata senza che egli ne sia stato ispiratore".

Apostolato.
Il Vangelo è Gesù Cristo apostolo. Egli è venuto perché gli uomini sentissero la parola di vita e con quale amore lascia cadere dal suo labbro le sue intenzioni divine! E Francesco, sulle orme di Cristo, si fa apostolo, traccia nell'aria il segno della Croce e manda i suoi discepoli ai quattro angoli del mondo. Egli ha capito bene le parole di Gesù: "Andate e insegnate a tutte le nazioni". Primo fra tutti i fondatori di Ordini moderni, manda i suoi figli nelle regioni infedeli e quando, dopo qualche mese, viene a sapere che cinque di essi hanno colto, nel Marocco, la palma del martirio, esclama con gioia: "Finalmente ho dei Vescovi!" I suoi vescovi erano i martiri. Dopo aver fondata l'opera sua, non sogna per sé che di offrire a Gesù la testimonianza del sangue e tre volte passa i mari, va a predicare Cristo fino alla presenza del Sultano infedele, ma Dio gli riserva un altro martirio per il giorno in cui gli manderà un Angelo a incidergli nelle sue carni le piaghe del divino Crocifisso.

Il dono di sé.
Il Vangelo è Gesù, che si dona e si immola e, come Gesù, Francesco si dona a sua volta. "Questo povero, piccolo uomo, dice san Bonaventura, non aveva che due cosa da offrire: il suo corpo e la sua anima". Dona a Dio il suo corpo con la penitenza e sappiamo come egli trattasse il suo corpo. Aveva diviso l'anno in nove quaresime successive, si contentava di pane secco e si rifiutava anche l'acqua necessaria alla sua sete, per non cedere alla sua sensualità. Era suo letto la terra nuda, suo cuscino un tronco di quercia e, tormentato spesso da malattie, ringraziava il Signore perché non lo risparmiava. Chiedeva a Dio di soffrire cento volte di più, se era sua volontà. Dava poi a Dio la sua anima con la preghiera e con lo zelo.
Ma san Francesco non è soltanto discepolo fedele di Cristo, perché copia la vita e le virtù del Maestro, ma è soprattutto il Santo dell'amore serafico. Egli è entrato nel Cuore di Gesù, ha compreso il Cuore di Gesù e gli rende amore per amore.

Amore dell’Eucaristia.
Con l'amore del Vangelo, un altro amore consuma il cuore di Francesco: l'amore dell'Eucaristia! Il mistero eucaristico era fatto apposta per  attirare la sua anima serafica! Un Dio disceso dal cielo per salvarci, fattosi carne in forma umana e morto sul Calvario come un delinquente, si abbassa ancora fino a prendere la forma di una piccola ostia, per unirsi a noi e farsi nostro cibo; un Dio, che, dopo la follia della Croce, giunge alla follia dell'Eucaristia e sta imprigionato nel tabernacolo, per attenderci e per riceverci, è un mistero ineffabile, che desta l'ammirazione delle anime amanti. Francesco, il grande amante del Vangelo, in cui trovava la parola vivente ed eterna di Gesù, il grande amante della Croce, in cui vede l'amore sacrificato, ama pure l'ostia dove è l'amore vivente, l'amore che si dona, l'amore che attira e trasforma le anime generose e pure! Per l'ostia egli corre a riparare i tabernacoli, per l'ostia va per le campagne a ripulire e ornare le chiese povere e abbandonate, per l'ostia dimentica la povertà e manda i frati a disporre sugli altari vasi d'oro e d'argento, per l'ostia si prostra lungo la via, quando vede spuntare la guglia di un campanile e passa ore davanti al tabernacolo, tremante per il freddo, in adorazione e in amore. Fa celebrare la Messa tutti i giorni e con fervore si comunica tutti i giorni.

In un'epoca in cui spesso il sacerdozio è avvilito, ricorda ai sacerdoti la loro grandezza. "Io vedo in essi il Figlio di Dio" e si mette in ginocchio davanti al sacerdote, e gli bacia le mani. Egli, il piccolo diacono, che si giudica indegno di salire l'altare, scrive a cardinali, a vescovi, a principi: "Vi prego, miei signori, baciando le vostre mani, fate in modo che il Corpo di Gesù sia trattato degnamente e da tutti debitamente rispettato". E Francesco prepara all'ostia anime adoratrici, circonda di anime vergini il tabernacolo con le Clarisse e ciborio, giglio, corona di spine diventano le armi di S. Damiano.


Vangelo, Croce, Eucaristia sono i grandi amori, che formano l'anima di Francesco, il segreto della sua azione nella Chiesa. Dopo aver cercato Gesù, dopo aver vissuto di Lui, dopo averlo amato, Francesco poteva attendere la morte, senza averne paura,. La grande Teresa d'Avila, mentre stava per morire esclamava: "È tempo di vederci, Gesù mio!". Francesco, nelle stese circostanze, si mette a cantare: "Voce mea ad Dominum clamavi, ad Dominum deprecatus sum. Chiamo il Signore con tutta la mia voce e prego il mio Signore". "Me exspectant iusti... I giusti mi attendono, essi vogliono essere testimoni della ricompensa che Dio mi darà" (Sal 140,1).


Quale incontro sarà quello dell'anima di Francesco con il Signore! Ricordiamo il quadro del Murillo, che ci presenta Cristo mentre stacca un braccio dalla croce e attira a sé l'umile Francesco, per stringerlo al cuore. È questa la morte di Francesco. Con uno slancio sublime l'anima sua si getta tra le braccia di Dio e va a godere l'amore, che non ha fine.

VITA. - Francesco nacque ad Assisi nel 1182 e fin dalla giovinezza si mostrò caritatevole verso i poveri. Una malattia fu l'inizio di una vita di perfezione e risolvette di dare tutto quanto possedeva.

Suo padre pretese la rinuncia all'eredità e Francesco rinunciò volentieri, spogliandosi tosto anche degli abiti che indossava. Fondò con alcuni compagni l'Ordine dei Frati Minori, che ebbe l'approvazione di Papa Innocenzo III.

Francesco mandò i suoi religiosi a predicare dappertutto ed egli stesso, desideroso del martirio, per tre volte partì per la Siria, ma avendo raccolto soltanto onori, tornò in Italia dove fondò presso la Chiesa di S. Damiano un Ordine di vergini, sotto la direzione di santa Chiara, e il Terz'Ordine Secolare, per dare anche alle persone viventi nel mondo un mezzo efficace di santificazione nella pratica delle virtù religiose.

Nel 1224, mentre pregava sul monte Alvernia, gli apparve un serafino, che impresse nel suo corpo le piaghe di Crocifisso, in segno dell'amore che il santo nutriva per il Signore.  Due anni dopo Francesco, molto ammalato, si fece portare alla chiesa di S. Maria degli Angeli e vi morì dopo aver esortato i suoi frati Minore ad amare la povertà, la pazienza e a difendere la fede della Chiesa Romana. Gregorio IX, che lo aveva conosciuto profondamente, lo iscrisse poco appresso nel catalogo del Santi.

Preghiera di san Francesco.
"Grande e magnifico Dio, mio Signore Gesù Cristo! 
Io ti supplico di darmi luce, di rischiarare le tenebre dell'anima mia. 
Dammi fede retta, speranza sicura, carità perfetta. 
Concedimi, o Signore, di conoscerti bene, 
per poter in tutte le cose agire nella tua luce secondo la tua volontà".

La Chiesa in rovina.
Così tu pregavi spesso e a lungo davanti al Crocifisso della vecchia chiesa di S. Damiano. E un giorno dal Crocifisso scese una voce che solo il tuo cuore poteva percepire e diceva: "Va', Francesco, ricostruisci la mia casa, che sta per crollare". E tu, tremante e felice insieme, rispondesti: "Andrò con gioia, o Signore, a fare quanto mi chiedi!".
La casa che stava per crollare era senza dubbio la vecchia e solitaria cappella di S. Damiano, ma il Signore pensava soprattutto alle rovine, accumulatesi nel corso degli ultimi secoli nella sua Chiesa.

L'Ordine dei Minori.
Il Papa, che lo aveva compreso, approvò l'Ordine dei Minori, che con il suo fervore, il suo amore per la povertà, lo zelo apostolico, non solo avrebbe riparato le rovine della Chiesa di Cristo, ma sarebbe andato a  costruire nuove cristianità nelle terre infedeli, col sangue dei migliori suoi figli.

Dalla gloria del cielo, dove il Signore ti concede ora così grande e gloriosa ricompensa, degnati, o san Francesco, di non dimenticare la Chiesa per cui non hai risparmiato fatiche.
Aiuta i tuoi figli, che proseguono l'opera tua nel mondo intero, e possano essi crescere in numero e in santità, prodigandosi sempre nell'insegnamento con la parola e con l'esempio.
Prega per tutto lo stato religioso, che acclama in te uno dei suoi Patriarchi illustri e tu, amico di san Domenico, mantieni tra le due famiglie quella fraternità, che non venne mai a mancare, conserva per l'Ordine Benedettino i sentimenti, che sono in questo giorno la tua gioia, stringendo ancora e legami, che il dono della Porziuncola ha annodato per l'eternità con i tuoi benefici (Porziuncola era una piccola proprietà dei Benedettini del Monte Subasio, ceduta a san Francesco, per essere la culla del suo Ordine).

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, Alba, 1959, p. 1138-1144

AMDG et BVM

OMELIA di Sua Santità PIO XI in onore di SANTA TERESA DEL BAMBIN GESU'


CELEBRAZIONE EUCARISTICA 
IN ONORE DI
SANTA TERESA DEL BAMBIN GESÙ

BENEDICTUS DEUS
OMELIA DI SUA SANTITÀ PIO XI
Domenica, 17 maggio 1925

Venerabili Fratelli, diletti Figli.

 « Sia benedetto Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione » [1], il quale, fra le tante sollecitudini dell’apostolico ufficio, Ci donò questa consolazione, cioè di ascrivere per prima all’albo dei Santi quella Vergine che pure per prima, dopo l’inizio del Pontificato, elevammo all’onore dei Beati. Si tratta di colei che si fece infante nello spirito: di quella infanzia che non è possibile separare dalla grandezza d’animo ma la cui gloria, secondo le stesse promesse di Gesù Cristo, è assolutamente degna di essere consacrata nella Gerusalemme celeste e presso la Chiesa militante.

Parimenti siamo grati a Dio in quanto oggi Ci è consentito, come Vicario del suo Unigenito, di ripetere e di inculcare a voi tutti, da questa Cattedra di verità e durante i solenni riti, un monito molto salutare del divino Maestro. Avendolo i discepoli interrogato chi ritenesse maggiore nel regno dei cieli, Egli, « chiamando un bambino, lo pose in mezzo a loro » e proferì quelle memorabili parole: « In verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli » [2].

Teresa, la nuova Santa, avendo vivamente assorbito questa dottrina evangelica, la tradusse nella pratica della vita quotidiana; anzi con la parola e con l’esempio insegnò alle novizie del suo monastero questa via dell’infanzia spirituale, e a tutti gli altri per mezzo dei suoi scritti: scritti che, diffusi in tutto il mondo, nessuno legge senza volerli rileggere più e più volte, con massima gioia dell’animo e con vantaggio. Infatti, questa candidissima fanciulla, che fiorì nell’orto chiuso del Carmelo, avendo aggiunto al proprio nome quello del Bambino Gesù, ne espresse al vivo in se stessa l’immagine; quindi si deve dire che chiunque venera Teresa, venera e loda il divino esempio, che ella ricopiò in sé.

Oggi pertanto speriamo che negli animi dei fedeli s’instauri un certo desiderio di praticare questa infanzia spirituale, la quale consiste in questo: che tutto ciò che il fanciullo pensa e fa per natura, anche noi lo pensiamo e lo facciamo per esercizio di virtù. Infatti, come i fanciulli, non macchiati da nessuna colpa e non impediti da nessuno sforzo di passione, riposano sicuri nel possesso della propria innocenza (e privi affatto di ogni inganno e doppiezza esprimono sinceramente i loro pensieri e agiscono rettamente mostrandosi esternamente quali di fatto sono), così Teresa apparve di natura angelica più che umana, e acquistò la semplicità del fanciullo, secondo le leggi della verità e della giustizia.

Poiché nella memoria della vergine di Lisieux erano ben impressi gl’inviti e le promesse dello Sposo divino: « Chi è piccolo venga a me [3]. Sarete portati sul seno e sarete vezzeggiati sulle ginocchia. Come la madre accarezza qualcuno, così io vi consolerò » [4], così Teresa, consapevole della propria fragilità, si affidò fiduciosa alla divina Provvidenza affinché, appoggiandosi unicamente sul suo aiuto, potesse raggiungere la perfetta santità della vita, pur attraverso asperrime difficoltà, avendo deciso di tendere ad essa con la totale e gioiosa abdicazione della propria volontà.

Non stupisce quindi che nella santa suora si sia realizzato quanto disse Cristo: « Chiunque si farà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli » [5]. Alla benevolenza divina piacque infatti arricchirla con il dono di una sapienza pressoché singolare. Avendo attinto largamente la vera dottrina della fede dall’istruzione del Catechismo, l’ascetica dall’aureo libro dell’Imitazione di Cristo e la mistica dai volumi del suo Padre Giovanni della Croce, alimentando inoltre la sua mente e il suo cuore nell’assidua lettura delle Sacre Scritture, lo Spirito di verità le comunicò e manifestò ciò che suole nascondere « ai sapienti ed ai prudenti » e rivelare « ai piccoli »; infatti, ella — secondo la testimonianza del Nostro Predecessore — fu dotata di tanta scienza delle cose celesti da indicare agli altri la via certa della salvezza. E da questa partecipazione così doviziosa della divina luce e della divina grazia divampò in Teresa un incendio così grande di carità che, portandola continuamente quasi fuori dal corpo, infine la consumò, tanto che, poco prima di lasciare la vita, poté candidamente dichiarare che « non aveva dato a Dio nient’altro che amore ». Risulta parimenti che per questa forza di ardente carità, nella giovane di Lisieux esistettero il proposito e l’impegno « di lavorare per amore di Gesù, unicamente per piacergli, per consolare il suo Sacratissimo Cuore e per promuovere la salvezza eterna delle anime, le quali poi amassero Cristo per sempre »: che ciò ella abbia cominciato a fare e ad ottenere appena giunse nella patria celeste si comprende facilmente da quella mistica pioggia di rose, che per divina concessione, come da viva aveva ingenuamente promesso, ha già sparso in terra e continua a spargere.

Perciò, Venerabili Fratelli e diletti Figli, vivamente desideriamo che tutti i cristiani si rendano degni di partecipare a questa larghissima effusione di grazie, patrocinata dalla piccola Teresa; ma molto più vivamente desideriamo che guardino a lei con diligenza per imitarla, comportandosi come fanciulli, perché, se non saranno tali, secondo quanto dice Cristo, verranno esclusi dal regno dei cieli. Se da tutti verrà percorsa questa via dell’infanzia spirituale, tutti vedranno quanto facilmente si potrà realizzare quella correzione della società umana che abbiamo proposto fin dagl’inizi del Nostro Pontificato e soprattutto indicendo il Giubileo Massimo.

Perciò facciamo Nostra quella preghiera con cui la nuova santa Teresa del Bambino Gesù, concluse la sua preziosa autobiografia: «Ti supplichiamo, o buon Gesù, di riguardare al grande numero delle piccole anime e di sceglierti sulla terra una legione di vittime, che siano degne della tua carità ». Così sia.


[1Ep. II ad Cor., I, 3.
[2Matth., XVIII, 2-3.
[3Prov., IX, 4.
[4Is., LXVI, 12-13.
[5Matth., XVIII, 4.


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AVE MARIA!

SANTA TERESA DEL BAMBINO GESÙ, VERGINE


3  OTTOBRE
SANTA TERESA DEL BAMBINO GESÙ, VERGINE

Teresa e l'Anno Liturgico.
"Che cosa potrei dire delle veglie invernali ai Buissonnets? Dopo la partita a dama, Maria o Paolina leggevano l'Anno Liturgico ... Durante la lettura io prendevo posto sulle ginocchia di Papà, il quale terminata la lettura, cantava con la sua bella voce melodiosi ritornelli, per addormentarmi. lo poggiavo allora la testa sul suo cuore ed egli mi cullava dolcemente ... ".

Sono passati appena 62 anni dall'entrata in cielo dell'amabile Santa ed eccola prendere il suo posto in questo stesso Anno Liturgico del quale ascoltava con delizia la lettura. È lecito pensare, senza temerarietà, che l'Anno Liturgico le abbia dato il senso profondo delle feste "che tanto amava", che le abbia fatto conoscere "i beati abitanti della città celeste ai quali chiese il loro amore moltiplicato, per amare il buon Dio", le abbia comunicato l'amore della Chiesa nel seno della quale "voleva essere l'amore", e, ancora "la fiducia audace di diventare una grande Santa".

La missione di Teresa.
Ogni giorno, sul Calendario liturgico, i Santi ci portano la loro testimonianza; ogni giorno Dio, per mezzo loro, ci fa ascoltare la sua voce, ci propone l'esempio della loro vita, ci richiama la loro missione. Teresa raccolse la testimonianza, ascoltò la voce e ora, conosciuta nel mondo intero, ci offre l'esempio della sua vita, per insegnarci a essere noi pure santi. La vita di santa Teresa del Bambino Gesù è caratterizzata dai meriti dell'infanzia spirituale. Il senso della sua missione fu precisato dalla santa stessa, poco prima della morte: "Sento che la mia missione incomincia: la mia missione è di fare amare il buon Dio come io l'amo ... di offrire la mia piccola vita per le anime, è la via dell'infanzia spirituale, il sentiero dell'abbandono completo. Voglio far conoscere i mezzi che mi servirono così bene e dire che una cosa sola bisogna fare quaggiù: gettare a Gesù i fiori dei piccoli sacrifici, ricevere i sacrifici come carezze ... ".

L'infanzia spirituale.
Che cosa vuol dire entrare nella via dell'infanzia spirituale? Vuoi dire avere i sentimenti dei bambini, comportarsi verso il Padre, che è nei cieli, come si comportano i bambini verso il loro padre terreno. Il Signore ha insistito tanto nel Vangelo sulla necessità di farsi come piccoli bambini, per entrare nel regno dei cieli. Onde dobbiamo concluderne "che il Maestro divino vuole chiaramente che i suoi discepoli vedano nell'infanzia spirituale la condizione necessaria per ottenere la vita eterna" (Discorso di Benedetto XV per la promulgazione del Decreto sulla eroicità delle virtù, 14 agosto 1921).
Molti forse pensano che ciò sia facilissimo, che sia un andare al cielo senza fatica, ma, in realtà, lo spirito di infanzia implica per l'orgoglio umano il più costoso sacrificio, perché è il rinnegamento

totale di se stessi. "Esclude, diceva Benedetto XV, il sentimento superbo di se stessi, la presunzione di pervenire ad un fine soprannaturale con mezzi umani, la fallace pretesa di bastare, nell'ora del pericolo e della tentazione, a se stessi. Suppone una fede viva nell'esistenza di Dio, un omaggio pratico alla sua potenza e alla sua misericordia, un ricorso fiducioso alla Provvidenza di Colui, che ci concede la grazia di evitare ogni male e di operare ogni bene" (ibid.).
Non convinciamoci che tale via sia facoltativa o almeno riservata alle anime che il peccato non ha mai macchiate, perché le parole del Signore sono precise e sono rivolte a tutti, senza eccezione: "Se non vi convertirete e non diventerete come piccoli fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. Chi deve ridiventare bambino se non colui che bambino non è più? Queste parole includono l'obbligo di impegnarsi per riconquistare i doni dell'infanzia e di tornare alla pratica delle virtù dell'infanzia spirituale" (ibid.).

L'umiltà.
Dio e la piccola Santa ci dànno oggi un altro insegnamento. Ci insegnano che se vi è una cosa più grande dell'azione e della potenza del genio, questa è "l'umiltà, la fedeltà al dovere del proprio stato, qualunque esso sia, in qualsiasi campo e grado della gerarchia umana Dio ci abbia posti e chiamati a lavorare, la disposizione a tutti i sacrifici, l'abbandono confidente nelle mani e nel cuore di Dio e, soprattutto, la carità vera, il vero amore di Dio, la vera tenerezza per Gesù Cristo, che ricambi la tenerezza di cui egli ci ha dato prova. È questa una via, che, senza permettere a tutti di raggiungere le altezze alle quali Dio condusse Teresa, è tuttavia possibile e facile per tutti" (Discorso di Pio XI per l'approvazione dei miracoli, 11 febbraio 1923).

La carità.
"In un tempo, continuava Pio XI, che ha per caratteristica il movimento, l'azione febbrile e senza risposo, si dimentica troppo quello che è la sostanza intima, il valore vero di qualsiasi azione e di ogni santità: la carità. Teresa è un cuore, un'anima teneramente infantile e, nello stesso tempo apostolica fino all'eroismo. È tutta piena, tutta vibrante di amore per Dio, di un amore tenero c forte, semplice e profondo, che le ispira trasporti di filiale abbandono e meravigliose gesta di Apostola e di Martire" (Discorso per la promulgazione del Decreto "di Tuto", 19 marzo 1923). 

La via che conduce all'amore, ci ripete Teresa, "è l'abbandono del piccolo bambino, che si addormenta senza paura in braccio al padre" (Storia di un'anima c. X). E aggiunge: "Oh! se le anime deboli e imperfette come la mia sentissero quello che io sento, non dispererebbero di raggiungere la vetta dell'Amore, perché Gesù non chiede azioni grandi, ma solo l'abbandono e la riconoscenza ... Io mi elevo a Dio con la confidenza e con l'amore, non per il fatto di essere stata preservata dal peccato mortale. Oh! io sento che, se anche avessi sulla coscienza tutti i delitti che si possono commettere, non perderei un briciolo della mia confidenza, ma andrei, col cuore spezzato per il pentimento, a gettarmi nelle braccia del mio Salvatore. Lo so che egli ama teneramente il figlio prodigo, ho udite le sue parole a santa Maddalena, alla donna adultera, alla Samaritana e nessuno potrebbe spaventarmi, perché io so quanto confidare nella sua misericordia. Io so che tutta la moltitudine delle offese si consumerebbe in un batter d'occhio, come una goccia d'acqua gettata sopra un braciere ardente" (ibid. c. IX e X).
"In verità, concludeva il Papa, il buon Dio ci dice molte cose per mezzo di lei, che fu la sua parola vivente, e la lezione più bella che ci dà, quella che riassume tutte le altre, è di piacere a Dio, di amare Dio, di piacergli e di amarlo facendo la sua volontà. Ciò può avvenire in mezzo al rumore del mondo, come nel silenzio del chiostro. È cosa indifferente essere ricco, avere molta intelligenza, disporre di grandi risorse di volontà e di spirito. La Santa ci ammonisce che ciò che conta davanti a Dio è ciò che ciascuno gli può offrire e che tutti possono presentarsi a Lui ricchi della pace del cuore, con l'anima piena di sentimenti sinceri, abbandonati alla sua adorabile volontà" (Discorso del 30 aprile 1923).

"Tutto il mondo mi amerà", diceva Teresa prima di morire. La profezia si è avverata e i pellegrini corrono a Lisieux e l'immagine della piccola carmelitana è dappertutto. La nostra divozione a santa Teresa però non sarà sincera se noi non ci sforzeremo di imitarla. "Dal profondo del chiostro, affascina oggi il mondo con la magica forza del suo esempio di santità che tutti possono e devono seguire, perché tutti devono entrare nella piccola via tutta purezza, semplicità di spirito e di cuore, amore irresistibile della bontà, della verità e della sincerità. Che cosa sarebbero la vita familiare e la vita sociale, se simile lezione fosse compresa da tutti! se tale semplicità di spirito e di cuore fosse alla base dei rapporti tra le nazioni! Come cambierebbe il mondo, se si tornasse a questa evangelica semplicità!" (Pio XI, Discorso ai pellegrini il 18 maggio 1925).

VlTA. - Teresa nacque ad Alençon il 3 gennaio 1873. Assistita fin dall'infanzia da grazie specialissime dello Spirito Santo, ebbe il desiderio di nulla rifiutare a Dio e di consacrarsi a Lui nella vita religiosa.

A nove anni fu affidata alle Benedettine di Lisieux per la sua istruzione e l'anno seguente una malattia misteriosa la fece molto soffrire, ma fu repentinamente guarita dal sorriso di una statua della Vergine delle Vittorie.

Tosto poté fare la prima Comunione, che operò, come lei dice, "la fusione tra lei e Gesù". Durante un viaggio a Roma, ebbe modo di chiedere a Leone XIII di entrare nel Carmelo a 15 anni e vi fu ammessa il 9 aprile 1888. Al Carmelo si sforzò di realizzare il desiderio del Signore: "Se volete essere perfetti, siate come bambini" e, nel suo desiderio di salvare anime, si offrì vittima di olocausto all'amore misericordioso. Il 30 settembre 1897, morì dicendo: "Mio Dio, io vi amo!".

Una moltitudine di grazie e di miracoli rivelò tosto la sua potenza presso Dio, mentre il suo libro: Storia di un'anima, fu diffuso nel mondo intero. Dietro insistenze di tutto il mondo cristiano, Pio XI beatificò l'umile carmelitana nel 1923, e due anni dopo la canonizzò e la dichiarò Patrona di tutte le Missioni, come san Francesco Saverio. Sua Santità Pio XII la dichiarò Patrona secondaria della Francia.

L'unica ambizione.

"Per amarti come tu mi ami, o mio Dio, mi è necessario prendere a prestito il tuo stesso amore e solo allora io trovo riposo". Anche noi, per amare il Signore e rivolgerei a te, per festeggiarti con la Chiesa, o santa Teresa del Bambino Gesù, sentiamo il bisogno di prendere a prestito le tue espressioni e il tuo amore.

Tu hai sempre desiderato di amare Dio, non hai desiderato altra gloria che questa. Il suo amore ti ha prevenuta fin dalla tua infanzia, è cresciuto con te, è diventato un abisso del quale noi non possiamo conoscere il fondo. Ricordati delle parole che Gesù ti fece un giorno capire dopo la Comunione: "Attirami, correremo insieme nella scia dei tuoi profumi" (Cant. 1, 3). Quando un'anima si è lasciata prendere dall'odore inebriante dei profumi divini, non sa correre sola, e trascina dietro di sé tutte le anime che ama. Tu ami tutte le anime e hai desiderato che le anime che si accosteranno alla tua "corrano spedite nella scia dei profumi del Diletto".

La vocazione dell'amore.

Madre delle anime, per la tua vocazione al Carmelo, hai sentito in te tutte le vocazioni: quella del guerriero, del sacerdote, dell'apostolo, del maestro, del martire. Non potendo seguirle tutte, hai "ricercato con ardore i doni più perfetti, una via più eccellente" (I Cor. 12, 31), quella della Carità. La carità ti fornì la chiave della vocazione e tu hai compreso che l'amore racchiude tutte le vocazioni,

che l'amore è tutto, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi, perché è eterno. Ti sei allora offerta vittima all'amore infinito, hai alleggerito il tuo cuore, rendendo a Gesù amore per amore.

I piccoli sacrifici.

Come l'amore si prova con le opere, en petite enfant, hai gettato fiori, tutti i fiori che avevi incontrato li hai sfogliati per il Signore e hai cantato, cantato sempre, e il tuo canto fu tanto più melodioso quanto le spine erano più lunghe e più pungenti. La Chiesa trionfante, raccogliendo le rose sfogliate, le ha riversate sulla Chiesa sofferente, per spegnere le fiamme, e sulla Chiesa militante, per darle la vittoria. Per molto tempo hai tenuto gli occhi fissi sull'Aquila divina, hai voluto essere affascinata dal suo sguardo, divenir preda del suo amore e una sera l'Aquila scese su di te, ti portò al focolare dell' Amore, per fare di te per sempre la vittima beata dell'Amore.

Ora, dal luogo della gloria e dell'amore, insegna a tutte le piccole anime la condiscendenza ineffabile del Salvatore. Insegna ad abbandonarsi con totale fiducia alla misericordia infinita. Fa' conoscere a noi i segreti di amore e dà l'amore della Chiesa "alla quale il più piccolo movimento di puro amore è più vantaggioso che tutte le altre opere riunite insieme" (San Giovanni della Croce). Ripeti infine a Gesù senza stancarti la tua ultima e sublime preghiera, che così spesso è già stata esaudita: "Ti supplico, o mio Diletto, di volgere il tuo sguardo divino sopra un grande numero di piccole anime, ti supplico di sceglierti in questo mondo una legione di piccole vittime degne del tuo amore!".



«Un’altra esperienza che feci (a Roma) riguarda i sacerdoti. 
Pregare per i peccatori mi rapiva, ma pregare per le anime dei preti che io credevo pure più del cristallo, mi pareva sorprendente! 
Per un mese ho vissuto con molti santi sacerdoti e ho visto che, se la loro dignità sublime li innalza al di sopra degli angeli, essi sono tuttavia uomini deboli e fragili 
Se dei santi preti che Gesù chiama nel Vangelo “il sale della terra” mostrano nella loro condotta che hanno un grande bisogno di preghiere, che dobbiamo dire dei tiepidi? 
Gesù non ha detto anche: “se il sale diviene scipito, con che cosa lo rafforzeremo?”. Oh, Madre! Com’è bella la vocazione che ha per scopo di conservare il sale destinato alle anime! È la vocazione del Carmelo, poiché il fine unico delle nostre preghiere e dei nostri sacrifici è d'essere apostoli degli apostoli, pregando per essi mentre evangelizzano le anime con le parole e soprattutto con gli esempi... Bisogna che mi fermi, se continuassi su questo argomento non finirei più!»
(Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo, Storia di un'anima)



da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1133-1138.



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