giovedì 20 marzo 2014

"Giuseppe è, nella storia, l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente" (Benedetto XVI, omelia 19 marzo 2009)

La figura di San Giuseppe nei testi di Benedetto XVI. Un omaggio a Joseph Ratzinger

In occasione della Festività di San Giuseppe e in omaggio a Benedetto XVI, nato Joseph, ho pensato di raccogliere questi testi che il Santo Padre ha dedicato allo Sposo della Vergine Maria.
Clicca sui link per gli interventi integrali.
Joseph-Benedetto, buon onomastico con qualche ora di anticipo...
Raffaella

"La grandezza di San Giuseppe, al pari di quella di Maria, risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena" (Benedetto XVI, Angelus 19 marzo 2006)

"Cari amici, domani celebreremo la festa solenne di san Giuseppe. Ringrazio di cuore tutti coloro che avranno per me un ricordo nella preghiera, nel giorno del mio onomastico. In particolare, vi chiedo di pregare per il viaggio apostolico in Messico e Cuba, che compirò a partire da venerdì prossimo. Affidiamolo all’intercessione della Beata Vergine Maria, tanto amata e venerata in questi due Paesi che mi accingo a visitare" (Benedetto XVI, Angelus 18 marzo 2012)

"Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci facciano entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia. Auguro a tutte le famiglie cristiane di vivere alla presenza di Dio con lo stesso amore e con la stessa gioia della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe" (Benedetto XVI, Angelus 30 dicembre 2012)

"Alla folla e ai suoi discepoli, Gesù dichiara: "Uno solo è il Padre vostro" (Mt 23,9). In effetti, non vi è altra paternità che quella di Dio Padre, l’unico Creatore "del mondo visibile ed invisibile". E’ stato dato però all’uomo, creato ad immagine di Dio, di partecipare all’unica paternità di Dio (cfr Ef 3,15). San Giuseppe manifesta ciò in maniera sorprendente, lui che è padre senza aver esercitato una paternità carnale. Non è il padre biologico di Gesù, del quale Dio solo è il Padre, e tuttavia egli esercita una paternità piena e intera. Essere padre è innanzitutto essere servitore della vita e della crescita. San Giuseppe ha dato prova, in questo senso, di una grande dedizione. Per Cristo ha conosciuto la persecuzione, l’esilio e la povertà che ne deriva. Ha dovuto stabilirsi in luogo diverso dal suo villaggio. La sua sola ricompensa fu quella di essere con Cristo. Questa disponibilità spiega le parole di san Paolo: "Servite il Signore che è Cristo!" (Col 3,24).Si tratta di non essere un servitore mediocre, ma di essere un servitore "fedele e saggio"" (Benedetto XVI,Primi Vespri della festa di San Giuseppe, 18 marzo 2009)

"San Giuseppe viene presentato come “uomo giusto” (Mt 1,19), fedele alla legge di Dio, disponibile a compiere la sua volontà. Per questo entra nel mistero dell’Incarnazione dopo che un angelo del Signore, apparsogli in sogno, gli annuncia: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Abbandonato il pensiero di ripudiare in segreto Maria, egli la prende con sé, perché ora i suoi occhi vedono in lei l’opera di Dio"(Benedetto XVI, Angelus 19 dicembre 2010)

"Lasciamoci "contagiare" dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l’ascolto della voce di Dio. In questo tempo di preparazione al Natale coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita" (Benedetto XVI, Angelus 18 dicembre 2005)

"San Giuseppe era giusto, era immerso nella Parola di Dio, scritta, trasmessa nella saggezza del suo popolo, e proprio in questo modo era preparato e chiamato a conoscere il Verbo Incarnato - il Verbo venuto tra noi come uomo -, e predestinato a custodire, a proteggere questo Verbo Incarnato; questa rimane la sua missione per sempre: custodire la Santa Chiesa e il Nostro Signore" (Benedetto XVI, Discorso 19 marzo 2011)

"Giuseppe è, nella storia, l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente" (Benedetto XVI, omelia 19 marzo 2009)


mercoledì 19 marzo 2014

Aglae a colloquio con il Salvatore.


200. Aglae a colloquio con il Salvatore. 

Gesù rientra solo nella casa dello Zelote. La sera sta scendendo, placida 
e serena dopo tanto sole. Gesù si affaccia alla porta della cucina, saluta e 
poi sale a meditare nella stanza superiore, già preparata per la cena. 
Non pare molto lieto, il Signore. Sospira spesso e passeggia avanti e 
indietro per lo stanzone, gettando ogni tanto uno sguardo sulla campagna 
circostante, che è visibile dalle molte porte di questa ampia stanza che fa 
da cubo sopra il piano terreno. Esce anche a passeggiare sulla terrazza, 
facendo il giro della casa, e si immobilizza sul lato posteriore a guardare 
Giovanni di Endor, che cortesemente attinge acqua ad un pozzo 
per offrirla alla indaffarata Salome. Guarda, scrolla il capo, sospira. 
La potenza del suo sguardo attira Giovanni, che si volge a guardare e che 
chiede: "Maestro, mi vuoi?" 
"No, ti guardavo solamente." 
"E' buono Giovanni. Mi aiuta" dice Salome. 
"Anche di questo aiuto Dio gliene darà compenso." 
Gesù, dopo queste parole, rientra nella stanza e si siede. E' tanto assorto che non 
avverte il brusio di molte voci e lo scalpiccio di molti passi entro il corridoio di 
entrata, e poi due pedate leggere che salgono la scaletta 
esterna e si avvicinano allo stanzone. Solo quando Maria lo chiama alza il capo. 
"Figlio, è giunta da Gerusalemme Susanna con la famiglia e mi ha subito 
accompagnato Aglae. La vuoi udire mentre siamo soli?" 
"Sì, Madre. Subito. E che non salga nessuno finché tutto è finito. Spero avere 
tutto finito prima del ritorno degli altri. Ma ti prego di vegliare acciò non ci siano 
curiosità indiscrete... in nessuno... e specie per Giuda di Simone." 
"Sorveglierò con cura..." 
Maria esce per tornare dopo poco tenendo per mano Aglae, non più 
infagottata nel suo mantellone grigio e nel suo velo calato sul davanti, non 
più con i sandali alti e complicati di fibbie e di strisce che aveva prima, 
ma resa in tutto simile ad una ebrea per i sandali piatti e bassi, semplicissimi 
come quelli di Maria, per la veste di un azzurro cupo sulla quale è drappeggiato 
il manto, e per il velo bianco messo come lo usano le donne ebree popolane, 
ossia semplicemente sul capo con un lembo gettato sulle spalle di modo che 
il viso ne è velato ma non totalmente. L'abito comune a quello di infinite altre 
donne, e l'essere in un gruppo di galilei, hanno risparmiato ad Aglae di essere 
riconosciuta. 
Entra a capo chino, divenendo di porpora ad ogni passo che fa, e credo 
che, se Maria non la tirasse dolcemente verso Gesù, si sarebbe inginocchiata 
sulla soglia. 
"Ecco, Figlio, colei che ti cerca da tanto tempo. Ascoltala" dice Maria quando 
è presso a Gesù e poi si ritira, abbassando le tende sulle porte spalancate e 
chiudendo quella che è più prossima alla scaletta. 
Aglae si libera del sacchetto che ha sulle spalle e poi si inginocchia ai piedi di 
Gesù con un grande scoppio di pianto. Scivola fino a terra e piange col capo 
appoggiato sulle braccia incrociate al suolo. 
"Non piangere così. Non è più tempo. Piangere dovevi quando eri in odio 
a Dio. Non ora che lo ami e ne sei amata." 
Ma Aglae continua a piangere... 
"Non credi che così è?" 
La voce si fa strada fra i singhiozzi: "Io lo amo, è vero, come so, come posso... 
Ma, per quanto io sappia e creda che Dio è Bontà, non posso osare di sperare 
di avere il suo amore. Ho troppo peccato... Lo avrò, forse, 
un giorno... Ma devo piangere tanto ancora... Per ora sono sola nel mio 
amore. Sono sola... Non è la disperata solitudine degli anni passati. E' una 
solitudine piena del desiderio di Dio, perciò non più disperata... ma così 
triste, così triste..." 
"Aglae, come male ancora conosci il Signore! Questo desiderio di Lui ti è 
prova che Dio risponde al tuo amore, che ti è amico, che ti chiama, che ti invita, 
che ti vuole. Dio è incapace di rimanere inerte davanti al desiderio della creatura, 
perché quel desiderio lo ha acceso Lui, Creatore e Signore di ogni creatura, in quel 
cuore. Lo ha acceso Lui perché ha amato di privilegiato amore l'anima 
che ora lo desidera. Il desiderio di Dio sempre precede il desiderio della creatura, 
perché Egli è il Perfettissimo e perciò il suo amore è ben più 
solerte e acceso dell'amore della creatura." 


"Ma come, come può Dio amare il mio fango?" 
"Non cercare di comprendere con la tua intelligenza. E' un abisso di misericordia, 
incomprensibile a mente umana. Ma là dove l'intelligenza dell'uomo non può 
comprendere, comprende invece l'intelligenza dell'amore, l'amore dello spirito. 
Questo comprende ed entra sicuro nel mistero che è Dio e nel mistero dei 
rapporti dell'anima con Dio. Entra, Io te lo dico. Entra poiché Dio lo vuole." 
"Oh! Salvatore mio! Ma allora io sono proprio perdonata? Amata proprio io 
sono? Lo devo credere?" 
"Ti ho mai mentito?" 
"Oh! no, Signore! Tutto quanto mi hai detto ad Ebron si è avverato. 
Tu mi hai salvata come è detto dal tuo Nome. Tu mi hai cercata, povera anima 
perduta. Tu mi hai dato la vita di quest'anima che io portavo in me 
morta. Tu mi hai detto che se ti avessi cercato ti avrei trovato. E fu vero. 
Tu mi hai detto che sei dovunque l'uomo ha bisogno di medico e di medicina. 
Ed è vero. Tutto, tutto quanto hai detto alla povera Aglae, da 
quelle parole del mattino di giugno, alle altre dell'Acqua Speciosa..." 
"Devi allora credere anche a queste." 
"Sì, credo! credo! Ma Tu dimmi: 'Io ti perdono!' " 
"Io ti perdono in nome di Dio e di Gesù." 
"Grazie... Ma ora... Ora che devo fare? Dimmi, Salvatore mio, che cosa 
devo fare per avere la Vita eterna? 
L'uomo si corrompe solo nel guardarmi... Io non posso vivere col tremito 
continuo di essere scoperta e circuita... In questo viaggio io tremavo ad ogni 
sguardo d'uomo... Io non voglio più peccare né far peccare. 
Dammi la via da seguire. Qual che sia la seguirò. Tu vedi che sono forte anche 
negli stenti... E anche se per troppo stento incontrassi la morte non ne ho paura. 
La chiamerò 'amica mia' perché mi leverà dai pericoli 
della terra, e per sempre. Parla, mio Salvatore." 
"Va' in luogo deserto." 
"Dove, Signore?" 
"Dove vuoi. Dove ti porterà il tuo spirito." 
"Sarà capace di tanto il mio spirito appena formato?" 
"Sì, perché Dio ti conduce." 
"E chi mi parlerà più di Dio?" 
"La tua anima risorta, per ora..." 
"Ti vedrò mai più?" 
"Mai più sulla terra. Ma fra poco ti avrò redenta del tutto e allora verrò al tuo 
spirito per prepararti all'ascesa a Dio." 
"Come avverrà la mia completa redenzione se non ti vedrò più? Come me 
la darai?" 
"Morendo per tutti i peccatori." 
"Oh! no! Tu no, morire!"  
"Per darvi la Vita devo darmi la morte. Sono venuto per questo in veste 
umana. Non piangere... Mi raggiungerai presto dove Io sarò dopo il sacrificio 
mio e tuo." 
"Mio, Signore? Io pure morrò per Te?" 
"Sì. Ma in altra maniera. Morirà per ora la tua carne e per volere della tua 
volontà. E' quasi un anno che sta morendo. Quando essa sarà tutta morta, 
Io ti chiamerò." 
"Avrò la forza di distruggere la mia carne colpevole?" 
"Nella solitudine dove sarai e dove Satana ti assalirà con livida violenza 
quanto più tu diverrai dei Cieli, troverai un mio apostolo già peccatore e poi redento." 
"Allora non il benedetto che mi parlava di Te? Egli è troppo onesto per essere 
stato peccatore." 
"Non quello. Un altro. Ti raggiungerà all'ora giusta. Ti dirà quanto ancora 
non puoi sapere. Va' in pace. La benedizione di Dio sia su di te." 

Aglae, che è sempre stata in ginocchio, si curva a baciare i piedi del Signore. 
Non osa di più. Poi afferra il suo sacco, lo capovolge. Ne cadono semplici vesti, 
un piccolo sacchetto che risuona e un'anfora di un delicato alabastro rosa. 
Aglae ripone le vesti, raccoglie il sacchetto e dice: "Questo per i tuoi poveri. 
E' il resto dei miei gioielli. Non ho serbato che delle monete per viatico durante
il viaggio... perché, se anche Tu non lo avessi detto, sarei 
andata in luogo remoto. E questo è per Te. Meno soave del profumo 
della tua santità. Ma è tutto quello che può dare di meglio la terra. E mi 
serviva per fare il peggio... Ecco. Dio mi conceda di odorare almeno come 
questo, al tuo cospetto, in Cielo" e stappa l'anfora dal tappo prezioso 
spargendone il contenuto al suolo. Un odore acuto di rose sale a ondate 
dai mattoni che si impregnano dell'essenza preziosa. 


Aglae ritira l'anfora vuota. "Per ricordo di quest'ora" dice, e poi si curva 
ancora a baciare i piedi di Gesù e si rialza, si ritira a ritroso, esce, chiude la 
porta... 
Si sente il suo passo allontanarsi verso la scala, la sua voce scambiare poche 
parole con Maria, e poi il rumore dei sandali che scendono la scala e poi 
più nulla. Di Aglae non resta che il sacchettino ai piedi di Gesù e l'aroma 
acutissimo per tutta la stanza. 
Gesù si alza... raccoglie il sacchetto e se lo pone in seno, va ad una 
apertura che guarda sulla via, sorride vedendo la donna sola che si allontana 
nel suo mantello ebraico verso Betlemme. Fa un gesto di benedizione 
e poi va sulla terrazza e chiama: "Mamma." 
Maria sale lesta la scala: "L'hai fatta felice, Figlio mio. E' andata, con 
fortezza e con pace." 
"Sì, Madre. Quando tornerà Andrea mandamelo per primo." 
Passa del tempo, poi si sentono le voci degli apostoli che ritornano... 
Accorre Andrea: "Maestro, mi vuoi?" 
"Sì, vieni qui. Nessuno lo saprà, ma per te è giustizia dirlo. Andrea, 
grazie in nome di Dio e di un'anima." 
"Grazie? Di che?" 
"Non senti questo profumo? E' il ricordo della Velata. E' venuta. E' salvata." 
Andrea diviene rosso come una fragola, scivola in ginocchio e non trova 
una parola... Infine dice: "Ora sono contento. Sia benedetto il Signore!" 
"Sì. Alzati. Non dire agli altri che è venuta." 
"Tacerò, Signore." 
"Vai pure. Ascolta, c'è ancora Giuda di Simone?" 
"Sì, ci ha voluto accompagnare... dicendo... tante menzogne. Perché fa 
così, Signore?" 
"Perché è un ragazzo viziato. Dimmi la verità: vi siete litigati?" 
"No. Mio fratello è troppo felice col suo bambino per avere voglia di farlo, 
e gli altri... lo sai... sono più prudenti. Ma certo, in cuor nostro, siamo 
tutti disgustati. Ma dopo cena torna via... Altri amici... dice lui. Oh! 
e sprezza le meretrici!..." 
"Sii buono, Andrea. Anche tu devi essere felice questa sera..." 
"Sì, Maestro. Ho anche io la mia invisibile ma dolce paternità. Vado." 
Ancora qualche tempo, poi salgono in gruppi gli apostoli col bambino e 
Giovanni di Endor. Li seguono le donne con le pietanze e i lumi. Ultimo 
viene Lazzaro con Simone. 
Appena entrano nella stanza esclamano: "Ah! ma veniva di qui!!!" e fiutano 
l'aria satura di profumo di rose, satura nonostante le porte spalancate. "Ma 
chi ha profumato così questa stanza? Marta forse?" chiedono in molti. 
"Mia sorella non si è mossa di casa, oggi, dopo le mense" risponde Lazzaro. 
"E chi allora? Qualche satrapo assiro?" scherza Pietro. 
"L'amore di una redenta" dice serio Gesù.
"Poteva risparmiarsi questo inutile sfoggio di redenzione e dare 
quanto ha speso per i poveri. Sono tanti e sanno che noi diamo. 
Io non ho più un picciolo" dice irritato l'Iscariota. "E dobbiamo comprare l'agnello, 
affittare la stanza per il Cenacolo e..." 
"Ma vi ho offerto tutto io..." dice Lazzaro. 
"Non è giusto. Perde il bello, il rito. La Legge dice: 'Prenderai l'agnello per 
te e la tua casa'. Non dice: "Accetterai l'agnello'." 
"Bartolomeo si volta di scatto, apre la bocca, ma poi la chiude. Pietro 
diviene cremisi nello sforzo di tacere. 
Ma lo Zelote, che è in casa sua, sente di poter parlare, e dice: "Queste sono 
sottigliezze rabbiniche... Ti prego di lasciarle perdere e di conservare, in cambio, 
rispetto al mio amico Lazzaro." 
"Bravo, Simone!" Pietro scoppia se non parla. "Bravo! Mi pare anche che ci si 
dimentichi un poco troppo che solo il Maestro ha diritto di insegnare...". Pietro 
dice quel 'ci si dimentichi' con uno sforzo eroico per non dire: 'che Giuda dimentica'. 
"E' vero... ma... sono nervoso, ecco. Scusa, Maestro." 
"Sì. E anche ti rispondo. La gratitudine è una grande virtù. Io sono grato a 
Lazzaro. Come quella redenta fu grata a Me. Io spargo su Lazzaro il profumo 
della mia benedizione, anche per quelli, fra i miei apostoli, che 
non lo sanno fare, Io, capo di voi tutti. La donna ha sparso ai miei piedi il 
profumo della sua gioia di salvata. Ha riconosciuto il Re, ed è venuta al Re, 
prima di molti altri sui quali il Re ha effuso molto più amore che 
non su lei. Lasciatela fare senza criticarla. Non potrà essere presente 
alla mia acclamazione, né alla mia unzione. La sua croce è già sulla sua spalla. 
Pietro, tu hai detto se era venuto un satrapo assiro. In verità ti 
dico che neppure l'incenso dei Magi, tanto puro e prezioso, era più soave di 
questo, più prezioso di questo. L'essenza è stemperata nel pianto, e per questo è 
così acuta: l'umiltà sostiene l'amore e lo rende perfetto. Sediamo a mensa, amici..." 
E con l'offerta del cibo cessa la visione. 

cap.200 pg 528.
http://www.potenzadellacroce.net/contenuti/materiali/Maria_Valtorta_-_Evangelo_completo.pdf

Incontro con la Maddalena sul lago e ...lezione ai discepoli presso Tiberiade



.....................Un gruppetto di piccole barche da diporto, quasi scialuppe, ma 
tutte ricche di baldacchini porpurei e di 
morbidi cuscini, taglia per traverso la strada alle barche dei pescatori. 
Suoni, risate, profumi passano con esse. Sono piene di belle donne e di 
gaudenti romani e palestinesi, ma più romani, o per lo meno non 
palestinesi, perché qualcuno deve essere greco; almeno così arguisco 
dalle parole di un giovane magro, snello, bruno come un'uliva quasi 
matura, tutto azzimato in una corta veste rossa, limitata da una pesante 
greca al fondo e tenuta alla vita da una cintura che è un capolavoro di orafo. 
Dice: «Ellade è bella! Ma neppur la olimpica mia patria ha questo azzurro e 
questi fiori. E, invero, non stupisce che le dee l'abbiano abbandonata per 
qui venire. Sfogliamo sulle dee, non più greche ma giudee, i fiori, le rose e 
gli omaggi… ». 
E sparge sulle donne della sua barca i petali di splendide rose, e altre ne 
getta nella barca vicina. Risponde un romano: 
«Sfoglia, sfoglia, greco! Ma Venere è con me. Io non sfoglio, io colgo le rose 
su questa bella bocca. È più dolce!». 
E si china a baciare, sulla bocca aperta al riso, Maria di Magdala, 
semisdraiata sui cuscini e col capo biondo in grembo al romano. Ormai 
le barchette sono proprio contro alle barche pesanti, e sia per imperizia dei 
vogatori, sia per giuoco di vento, per poco non cozzano. 

«State attenti, se vi preme la vita», urla Pietro inferocito mentre vira, 
dando un colpo di barra, per evitare il cozzo. Insulti di uomini e grida di 
spavento delle donne vanno da barca a barca. 
I romani insultano i galilei dicendo: «Scansatevi, cani d'ebrei che siete». 
Pietro e gli altri galilei non lasciano cadere l'insulto e Pietro specialmente, 
rosso come un galletto, ritto proprio sul bordo della barca che beccheggia 
fortemente, con le mani sui fianchi, risponde per le rime, non 
risparmiando né romani, né greci, né ebrei, né ebree. Anzi a queste 
dedica tutta una collana di appellativi onorifici che lascio nella penna. 
Il battibecco dura finché il groviglio di chiglie e di remi non si è dipanato, e 
ognuno va per la sua via. Gesù non ha mai cambiato posizione. 
È rimasto seduto, assente, senza sguardi né parole per le barche e i 
loro occupanti. Appoggiato su un gomito, ha continuato a guardare la 
sponda lontana come nulla accadesse. Gli viene gettato anche un fiore. 
Non so da chi, certo da una donna, perché sento una 
risatina femminile accompagnare l'atto. Ma Lui... niente. Il fiore lo colpisce 
quasi sul volto e casca sulle tavole, finendo sotto ai piedi del bollente Pietro. 



Quando le barchette stanno per allontanarsi, vedo che la Maddalena si 
alza in piedi e segue la traccia che le indica una compagna di vizio, ossia 
appunta i suoi occhi splendidi sul volto sereno e lontano di Gesù. Quanto 
lontano dal mondo quel volto… 
«Di', Simone!», interpella l'Iscariota. «Tu che sei giudeo come me, rispondi. 
Ma quella bellissima bionda in grembo al romano, quella che si è alzata 
in piedi poco fa, non è la sorella di Lazzaro di Betania?». 
«Non so nulla io», risponde asciutto Simon Cananeo. 
«Sono tornato fra i vivi da poco e quella donna è giovane...». 
«Non mi vorrai dire che tu non conosci Lazzaro di Betania, spero! 
So bene che gli sei amico e ci sei stato anche col Maestro». 
«E se ciò fosse?». 
«E posto che ciò è, dico io, tu devi conoscere anche la peccatrice che è 
sorella di Lazzaro. La conoscono anche le tombe! È dieci anni che fa 
parlare di sé. Ha incominciato ad esser leggera appena fu pubere. Ma da 
oltre quattro anni! Non puoi ignorare lo scandalo, anche se eri nella 
"valle dei morti". Ne parlò tutta Gerusalemme. E Lazzaro si è rinchiuso 
allora a Betania... Ha fatto bene, del resto. Nessuno avrebbe più 
messo piede nel suo splendido palazzo di Sionne, dove anche lei andava 
e veniva. Intendo dire: nessuno che fosse santo. In campagna... si sa!... 
E poi, ormai lei è da per tutto, fuorché a casa sua... Ora certo è a 
Magdala... Sarà in qualche nuovo amore... Non rispondi? Puoi smentirmi?». 
«Non smento. Taccio». 
«Allora è lei? Anche tu l'hai riconosciuta!». 
«L'ho vista bambina, e pura, allora. La rivedo ora... Ma la riconosco. 
Impudicamente ripete l'effigie della madre sua, una santa». 
«E allora perché quasi negavi che il tuo amico l'avesse per sorella?». 
«Le nostre piaghe, e quelle di coloro che amiamo, si cerca di tenerle 
coperte. Specie quando si è onesti». 
Giuda ride verde. «Dici bene, Simone. E tu sei un onesto», osserva Pietro. 
«E tu l'avevi riconosciuta? A Magdala, a vendere il tuo pesce, ci vai certo, 
e chissà quante volte l'hai vista!...». 
«Ragazzo, sappi che quando si ha le reni stanche di un onesto lavoro, le 
femmine non fanno più voglia. Si ama solo il letto onesto della nostra sposa». 
«Eh! ma la roba bella piace a tutti! Almeno, non foss'altro, si guarda». 
«Perché? Per dire: "Non è cibo per la tua mensa"? No, sai. Dal lago e 
dal mestiere ho imparato diverse cose, e una è questa: che pesce d'acqua 
dolce e di fondale non è fatto per acqua salsa e corso vorticoso». 
«Vuoi dire?». 
«Voglio dire che ognuno deve stare al suo posto, per non morire in malo modo». 
«Ti faceva morire la Maddalena?». 
«No. Ho cuoio duro. Ma... me lo dici: ti senti male tu, forse?». 
«Io? Oh! non l'ho neppur guardata!...». 
«Bugiardo! Scommetto che ti sei roso per non essere su questa prima 
barca e averla più vicina... Avresti sopportato anche me per esser più vicino... 
Tanto è vero quel che dico, che mi onori della tua parola, in 
grazia sua, dopo tanti giorni di silenzio». 
«Io? Ma se non sarei stato neppur visto! Guardava continuamente il Maestro, lei!». 
«Ah! Ah! Ah! e dice che non la guardava! Come hai fatto a vedere dove 
guardava, se non la guardavi?». 
Ridono tutti, meno Giuda, Gesù e lo Zelote, all'osservazione di Pietro. 

Gesù pone termine alla discussione, che ha mostrato di non udire, chiedendo a Pietro: 
«Quella è Tiberiade?». 
«Sì, Maestro. Ora faccio l'accostata». 
«Attendi. Puoi metterti in quel seno quieto? Vorrei parlare a voi soltanto». 
«Misuro il fondo e te lo so dire». E Pietro cala una lunga pertica e va lento 
verso riva. «Si può, Maestro. Vado ancora contro sponda?». 
«Il più che puoi. C'è ombra e solitudine. Mi piace». 
Pietro va fin sotto riva. La terra è lontana al massimo un quindici metri. 
«Ora toccherei». 
«Ferma. E voi venite accosto più che potete e udite». Gesù lascia il suo 
posto e viene a sedersi al centro della 
barca, su una panchetta che va da sponda a sponda. Di fronte ha l'altra barca, 
intorno gli altri della sua. 
«Udite. Vi parrà che Io mi astragga talora dai vostri discorsi e sia perciò 
un maestro infingardo che non sorveglia la propria scolaresca. Sappiate 
che l'anima mia non vi lascia un momento. 
Avete mai visto un medico che studia uno malato di un male ancora incerto 
e di contrastanti sintomi? Lo tiene d'occhio dopo averlo visitato, lo sorveglia e nel 
sonno e nella veglia, al mattino e alla sera, e nel silenzio e nel parlare, perché 
tutto può esser sintomo e guida a decifrare il morbo nascosto e ad indicare una 
cura. Lo stesso faccio Io con voi. Vi tengo con fili invisibili, ma sensibilissimi, 
che si innestano in Me e mi trasmettono le anche più lievi vibrazioni del vostro io. 
Vi lascio credere di esser liberi, perché vi palesiate 
sempre più per quello che siete, cosa che avviene quando uno scolaro, 
o un maniaco, si crede perso di vista dal sorvegliante. Voi siete un gruppo di 
persone, ma formate un nucleo, ossia una cosa sola. Perciò siete un 
complesso che si forma a ente e che va studiato nelle singole sue 
caratteristiche, più o meno buone, per formarlo, amalgamarlo, smussarlo, 
accrescerlo nei lati poliedrici e farne un unico "che" perfetto. 
Perciò Io vi studio. E studio su voi anche mentre voi dormite. 
Cosa siete voi? Cosa dovete divenire?.................
..............................................
http://www.potenzadellacroce.net/contenuti/materiali/Maria_Valtorta_-_Evangelo_completo.pdf Cap 98, Pag 257

JESÚS EN BETSAIDA PREDICA A LA GENTE:.... He venido para libertarlo del pecado y por lo tanto del espíritu. De las cadenas de una religión deformada, opresora... /Os digo una verdad que a mis enemigos parecerá blasfemia, pero vosotros sois mis amigos. Hablo especialmente a vosotros, mis discípulos y elegidos, y luego a todos quienes me escucháis. Os digo: los ángeles, espíritus puros perfectos, que viven en la luz de la Santísima Trinidad y en ella se gozan, reconocen que la perfección que tienen es inferior a la vuestra, ¡oh hombres, lejanos del Cielo! Son inferiores porque no tienen poder de sacrificarse, de sufrir para cooperar a la redención del hombre ¿ y qué os parece?

JESÚS EN BETSAIDA PREDICA 
A LA GENTE






Jesús está en Betsaida. Habla de pie en la barca que lo ha llevado hasta allí y que casi enclavada en la arena, está amarrada a una estaca de una piedra rudimentaria de moler. Mucha gente, sentada sobre la arena, en forma de círculo lo escucha. Jesús ya empezó su discurso.
"... por esto también comprendo que me amáis vosotros de Cafarnaum, vosotros que me habéis seguido, dejando los negocios, las comodidades para oír la palabra que os hace doctos. Sé muy bien, que más que descuido de negocios, lo que es merma en vuestra bolsa, os trae burlas y hasta daño social. Sé que Simón, Elí, Urías y Joaquín me son contrarios. Hoy lo son y mañana me serán enemigos. Y os digo, porque a nadie quiero engañar, ni a vosotros, mis leales amigos, que para dañarme a Mí, para causarme dolor, para vencerme al aislarme, ellos, los poderosos de Cafarnaum, emplearán todos los medios... insinuaciones como amenazas, burlas sin igual y calumnias.

QUIEN PERSEVERA, SE SALVARÁ;

El enemigo estará echando mano de todo para arrebatar almas al Mesías y convertirlas en su presa. Os digo: quien persevera, se salvará; pero también os digo: quien ama más a su vida y el bienestar, que a la salvación eterna, puede irse, dejarme, ocuparse de la vida insignificante y del transitorio bienestar. Yo no detengo a nadie.
El hombres debe de ser libre. He venido para libertarlo del pecado y por lo tanto del espíritu. De las cadenas de una religión deformada, opresora, que seca todos los ríos con cláusulas, palabras, preceptos, la palabra verdadera de Dios, que es neta, breve, luminosa, fácil, santa, perfecta. Mi venida es un cedazo delas conciencias. Recojo mi grano en la era, lo apaleo con la doctrina del sacrificio y lo cierno en el cedazo de su misma voluntad. La paja, la zahína, la algarrobilla, la cizaña... ligeras e inservibles caerán por su propio peso del mal y serán alimento de los pájaros, y en mi granero entrará sólo el grano selecto, puro, fuerte y bueno. El grano de los santos.

DURANTE LOS SIGLOS HABÍA HABIDO UN DESAFÍO 
ENTRE EL ETERNO Y SATANÁS...

Durante los siglos había habido un desafío entre el Eterno y Satanás, que enorgullecido por su primera victoria sobre el hombre, 
EL MALDITO DIJO A DIOS: 
"Tus creaturas para siempre serán mías. Ninguna cosa, ni el castigo, ni siquiera la Ley que les quieres dar, los hará capaces de ganarse el cielo, y este lugar tuyo del que me has arrojado; a mí, el único inteligente entre tus creaturas, quedará vacío, inútil, triste como todas las cosas inútiles."
Y EL ETERNO RESPONDIÓ AL MALDITO:
"Podrás hacer todavía esto mientras tu veneno sea el único que reine en el hombre. Mandaré yo a mi Verbo y su Palabra neutralizará el tuyo. El sanará los corazones, curará la locura con que los has satanizado y... ellos volverán a mi redil y el cielo se poblará. Lo he hecho para ellos. Tu rechinarás tus hórridos dientes con impotente rabia, allá en tu tétrico reino que es prisión y lugar maldito, y sobre ti los ángeles harán volver la piedra de Dios, la sellarán  contigo y los tuyos, tan sólo habrá tinieblas y odio, entre tanto que la Luz y el Amor, el canto y la beatitud, la libertad infinita, eterna, sublime pertenecerá a los mío"
Y MAMMÓN CON UNA RISA BURLONA DIJO:
"Y yo te juro por mi infierno que cuando llegue la hora vendré. Estaré junto a todos los evangelizadores, y veremos cuál de los dos es el vencedor."

LOS COMPETIDORES SOMOS DOS: YO Y ÉL. VOSOTROS 
ESTÁIS EN EL MEDIO

Así es Satanás os pone asechanzas para heriros. Y también Yo os rodeo por lo mismo. Los competidores somos dos: Yo y él. Vosotros estáis en el medio. El duelo del amor con el odio, de la sabiduría con la ignorancia, de la bondad con el mal, es por causa vuestra y alrededor vuestro. Yo me basto para apartar de vosotros los golpes del malvado. Me interpongo entre las armas de Satanás y vuestro ser, y acepto que se me hiera en lugar vuestro porque os amo. Pero los golpes en vuestro interior, esos debéis retirarlos con vuestra voluntad, viniendo a Mí, poniéndoos en mi camino que es Verdad y Vida. Quien no tenga ganas del Cielo, jamás lo tendrá. Quién no ha sido apto para ser discípulo del Mesías, será paja ligera que el viento del mundo arrastrará consigo. Quien es enemigo del Mesías, es semilla mala que renacerá en el reino satánico.

TENGO CONCIENCIA PURA DEL PECADO QUE SE ME CULPA, 
Y EN NOMBRE DE UN PECADO QUE NO EXISTE


Sé porque habéis venido vosotros de Cafarnaum. Tengo conciencia pura del pecado que se me culpa, y en nombre de un pecado que no existe; se murmura detrás de Mí, y se insinúa que oírme y seguirme es haceros cómplices con el pecador, hecho del que no tengo ningún cuidado en dar razón a estos de Betsaida. Entre vosotros, ciudadanos de Betsaida, hay personas de edad que no han olvidado, por diversas razones, a la Bella de Corozaim. Hay hombres que pecaron con ella, hay mujeres que por ella gimieron. Gimieron y -¡Oh! todavía no os lo había dicho: "Amáis a los que os causan mal"- gimieron y después se alegraron cuando supieron que la podredumbre había hecho presa de ella, que había salido fuera de sus entrañas impuras a lo exterior de su magnífico cuerpo. Esa corrupción era la figura de aquella mucho más dura que había roído su alma de adúltera, homicida y prostituta. Setenta veces siete adúltera con cualquier hombre que tuviera dinero. Homicida siete veces siete por sus concepciones bastarda; prostituta por el vicio y ni siquiera por necesidad. 
¡Oh, comprendo... esposas traicionadas! Comprendo vuestro júbilo cuando se os dijo: "Las carnes de la Bella huelen horrible y están deshechas, más que las de una carroña tirada en al zanja de un camino, y que es presa de cuervos y gusano". Pero os digo: sabed perdonar. Dios os ha vengado y luego Él ha perdonado. Perdonad también vosotras. Yo la he perdonado en nombre vuestro, porque sois buenas, ¡oh mujeres de Betsaida! que me saludáis con el grito: "Bendito el Cordero de Dios. ¡Bendito el que viene en el nombre del Señor!" ¡Sí! soy el Cordero, y como a tal me conocéis... ¡Sí!... vengo entre vosotras, Yo el Cordero y todas vosotras debéis de ser ovejas mansas. También las que llevaron hace tiempo un dolor lejano de esposas traicionadas, y que con instinto de fiera defendían su nido.No podría, Yo que soy el Cordero, permanecer entre vosotras si sois tigresas y hienas.

SE ME ACUSA DE HABER CURADO EN SÁBADO

LA SEGUNDA ES LA DE HABERME ACERCADO 
A UNA PROSTITUTA ...

El que ha venido en el nombre santísimo de Dios para recoger justos y pecadores para llevarlos al Cielo, fue también a ver la arrepentida y le dijo: "Queda limpia. Vete y expías". Esto lo hice en sábado, y de esto se me acusa. Acusación oficial. La segunda es la de haberme acercado a una prostituta, a una que lo fue y que entonces no era sino un alma que lloraba sobre sus pecados.

TRAEDME EL LIBRO DE LA ESCRITURA... NO 
ENCONTRARÉIS... DONDE SE PROHÍBA AL MÉDICO QUE CURE A 
UN ENFERMO... PORQUE ES SÁBADO.

Pues bien... Yo digo: Lo hice y lo haré. Traedme el Libro de la Escritura, escudriñadlo, estudiadlo, desentrañadlo. No encontraréis jamás un punto donde se prohíba al médico que cure a un enfermo, al levita que se ocupe del altar, y al sacerdote que no escuche a un fiel, tan sólo porque es sábado. Y Yo, si encontraseis ese punto y me lo mostraseis, os diría, golpeándome el pecho: "Señor, he pecado ante tu presencia y ante la de los hombres. No soy digno de perdón. Pero si eres compasivo con tu siervo, Te bendeciré hasta el último aliento de mi vida". Porque esa alma era una enferma. Y los enfermos son los que tienen necesidad de médico. Era un altar profanado, y tenía necesidad que un levita lo limpiase. Era una fiel que iba a llorar en el templo verdadero de Dios y tenía necesidad del sacerdote que la presentase. En verdad os digo que si no cumplo con mi deber y que si pierdo una sola alma de las que sienten el acicate de salvación, Dios Padre me pedirá cuenta de ella y me castigará por esa alma perdida.
Este es mi pecado según los poderosos de Cafarnaún. Podría haber esperado para el día siguiente al sábado para hacerlo. Sí. Pero ¿por qué retardar más de veinticuatro horas, a que un corazón contrito se ponga nuevamente en paz con Dios?... En aquel corazón había humildad verdadera, sinceridad clara, dolor perfecto. Lo leí en su corazón. La lepra todavía estaba sobre su cuerpo, pero su corazón estaba ya curado por el bálsamo de años de arrepentimiento, de lágrimas de expiación. Ese corazón no tenía necesidad, para acercarse a Dios, sin que su acercamiento viciase el aire santo que rodea a Dios, de otra cosa que de la que lo consagrase otra vez. Lo hice. Salió limpia del lago también en su cuerpo, pero mucho más limpia en su corazón. Cuántos, ¡oh!... ¡Cuántos entre los que entraron en las aguas del Jordán para obedecer la orden del precursor, no salieron de él limpios! 

NO HAY CULPA TAN GRANDE QUE NO PUEDA LAVARSE 

NO HAY PECADOR TAN GRANDE QUE NO PUEDA LEVANTAR SU 
CARA ESTROPEADA Y SONREÍR CON UNA ESPERANZA DE 
REDENCIÓN.

Porque su bautismo no era un acto voluntario, sentido, sincero de un espíritu que quisiese prepararse a mi llegada, sino tan sólo una forma para que aparentasen ser perfectos en santidad a los ojos del mundo. Y era por esto hipocresía y soberbia. Dos culpas que aumentaban el cúmulo de las que ya existían en sus corazones. El bautismo de Juan no era más que un símbolo que quería decir: "Limpiaos de la soberbia, humillándoos hasta confesaros pecadores, de la lujuria, lavándoos de su escoria". Es el alma la que se bautiza por voluntad vuestra, para estar limpia a la invitación de Dios. No hay culpa tan grande que no pueda lavarse primero con el arrepentimiento, después con la gracia a fin que la pueda lavar el salvador. No hay pecador tan grande que no pueda levantar su cara estropeada y sonreír con una esperanza de redención. Basta con que tal acto sea completo al renunciar a la culpa, heroico al resistir la tentación, sincero en la voluntad de renacer.

OS DIGO UNA VERDAD QUE A MIS ENEMIGOS 
PARECERÁ BLASFEMIA

LOS ÁNGELES... RECONOCEN QUE LA PERFECCIÓN 
QUE TIENEN ES INFERIOR A LA VUESTRA,...

Os digo una verdad que a mis enemigos parecerá blasfemia, pero vosotros sois mis amigos. Hablo especialmente a vosotros, mis discípulos y elegidos, y luego a todos quienes me escucháis. 
Os digo: los ángeles, espíritus puros perfectos, que viven en la luz de la Santísima Trinidad y en ella se gozan, reconocen que la perfección que tienen es inferior a la vuestra, ¡oh hombres, lejanos del Cielo!  
Son inferiores porque no tienen poder de sacrificarse, de sufrir para cooperar a la redención del hombre ¿ y qué os parece?  
Dios no toma un ángel para decirle: "Sé el Redentor del género humano", sino toma a su Hijo, y sabiendo que, por más que sea incalculable el sacrificio e infinito su poder, todavía falta -y es una muestra de bondad paternal que no quiere hacer diferencia entre el Hijo de su amor y los hijos de su poder- al conjunto de los méritos que se contrapondrán al de los pecados de cada momento que el género humano va acumulando, por esto no toma a los ángeles para completar la medida y no les dice: "Sufrid, sacrificaos, sed semejantes a mi Cordero. Sed corredentores..."  
¡Oh! Yo veo cohortes de ángeles que, dejando por un instante de rodear en éxtasis de adoración el Centro que es Dios trino, se arrodillan, vueltos a la tierra y dicen: "¡Benditos vosotros que podéis sufrir con el Mesías y por el Dios Eterno, que es nuestro y vuestro!"

LA DIGNIDAD MÁS ALTA DEL HOMBRE: LA DE SER 
CORREDENTORES

Muchos todavía no lograrán comprender esta grandeza. Está muy por alto del hombre. Pero cuando la Hostia fuere inmolada, cuando el Grano eterno resucitare para no morir más, después que le hubiesen tomado, golpeado y sepultado en las entrañas de la tierra, entonces verán al que ilumina e ilustra sobrenaturalmente los espíritus, aun los más retardados, pero que siguieron firmes al Mesías Redentor, y entonces comprenderéis que no he blasfemado, sino que os he anunciado la dignidad más alta del hombre: la de ser corredentores, aún cuando antes se era solo un pecador. Entre tanto preparaos para ello con pureza de corazón y de propósitos. Cuanto más puros seáis, tanto mejor comprenderéis. Y es porque la impureza, cualquiera que sea, es siempre humo que oscurece y apesanta la vista y la inteligencia.

SED PUROS
EMPEZAD POR LA VISTA: EL SENTIDO REY.

Sed puros. Empezad por el cuerpo para que lo seáis en el espíritu. Empezad por los cinco sentidos para pasar a las siete pasiones. Empezad por la vista,por el sentido que es rey y que abre el camino al hombre más voraz y complicada. Los ojos ven la carne de la mujer y desean la carne. Los ojos ven las riquezas de los ricos y desean el oro. Los ojos ven el poder del gobernante y desean el poder. Tened ojos tranquilos, honestos, morigerados y puros. Cuanto más puros sean vuestros ojos tanto más puro será vuestro corazón. Vigilad vuestros ojos, que siempre están ávidos de descubrir manzanas tentadoras. Sed castos en las miradas si queréis ser castos en el cuerpo. Si tuvieseis castidad en la carne, tendréis castidad en las riquezas y en el poder. Tendréis toda castidad y seréis amigos de Dios.

DIOS HA DEJADO EL MATRIMONIO PARA ELEVAROS...
PARA QUE A IMITACIÓN SUYA PROCREÉIS Y PARA QUE 
COOPERÉIS CON ÉL A POBLAR EL CIELO

HAY UN ESTADO MUCHO MÁS ALTO... UN ESTADO QUE FUE PERFECTO 
TODO EL TIEMPO DESDE EL NACIMIENTO HASTA LA MUERTE PORQUE 
NO EXCLUYE A LOS QUE NO SON YA VÍRGENES ... SINO QUE DESTRUYEN 
SU FECUNDIDAD ANIMAL PARA SER FECUNDOS TAN SOLO
 EN EL ESPÍRITU. 

ES EL EUNUQUISMO SIN IMPERFECCIÓN NATURAL, SIN MUTILACIÓN 
VIOLENTA O VOLUNTARIA... EL QUE NO IMPIDE ACERCARSE AL ALTAR, 
ANTES POR EL CONTRARIO... LE SERVIRÁ Y LO RODEARÁ... EL MÁS 
ALTO, EL QUE TIENE COMO INSTRUMENTO AMPUTADOR 
LA VOLUNTAD DE PERTENECER SOLO A DIOS ...

No tengáis miedo de que se os haga burla porque sois castos. Temed tan solo el ser enemigos de Dios. Oí un día decir: "El mundo se burlará de Ti como de un mentiroso y de eunuco si muestras no apetecer a la mujer". En verdad os digo que Dios ha dejado el matrimonio para elevaros a fin de que a imitación suya procreéis y para que cooperéis con él a poblar los Cielos. 
Pero hay un estado mucho más alto, ante el cual se inclinan los Ángeles porque ven su sublimidad sin poder imitarla. Un estado que fue perfecto todo el tiempo desde el nacimiento hasta la muerte porque no excluye a los que no son ya vírgenes sino que destruyen su fecundidad ya sea femenina o masculina anulando su virilidad animal para ser fecundos tan solo en el espíritu.  
Es el eunuquismo sin imperfección natural, sin mutilación violenta o voluntaria. El eunuquismo que no impide acercarse al altar, antes por el contrario, en los siglos que están por venir, le servirá y lo rodeará. El eunuquismo más alto, el que tiene como instrumento amputador, la voluntad de pertenecer solo a Dios y conservar para Él, casto el cuerpo y el corazón, para que brillen siempre con el esplendor que ama el Cordero.
He hablado al pueblo y a los elegidos de entre el pueblo. Ahora, antes de entrar a partir el pan y compartir la sal en la casa de Felipe, os bendigo a todos: a los buenos como premio, y a los pecadores para infundirles valor de acercarse al que vino a perdonar. La paz sea con vosotros."
Jesús desciende de la barca y pasa entre la multitud que se agolpa alrededor. En la esquina de una casa todavía está Mateo que ha escuchado desde allí al Maestro, pero no se atrevió a más. Llegado Jesús a ese punto, se detiene y como si bendijese a todos, bendice una vez más y mira a Mateo. Sigue el camino entre el grupo de los suyos, seguido del pueblo, y desaparece en una casa.
II. 580-586
A. M. D. G.