venerdì 29 aprile 2022

Per ricristianizzare l'Italia e il mondo di ora Gesù mi esaudisce e detta:

 




QUADERNETTI CAPITOLO 724


25 aprile 1948

   Ho nella notte pregato e sofferto e offerto il soffrire perché Gesù mi dettasse le cose dette i giorni scorsi. Temo di non saperle ripetere bene, e più ancora temo che dette da me, a voce, non siano credute come avvisi soprannaturali. Gesù mi esaudisce e detta
   «I nemici sono nell'ombra. Non vinti, anzi più attivi che mai per vendicarsi e nuocere. Può dirsi ora parte del significato della profezia di Isaia1 a Sobna, e dire che si faccia ciò che voglio, o ciò che è nella profezia avverrà senza fallo, un giorno più o meno prossimo, a seconda che i membri della mia Chiesa docente e militante, dal mio Vicario al laico di A. C., e al laico cattolico soltanto appartenente alla Chiesa,senza essere membro di alcuna Congregazione, Associazione e terz'Ordine, ma animato dalle tre teologali virtù e dalla "vita" che è nei Comandamenti e nel Vangelo, faranno secondo che Io voglio. 
   Gridare: "Gesù, salvaci che noi periamo2", quando la bufera già prende di traverso la barca di Pietro, può ottenere il miracolo una volta. Ma non si deve abusare della misericordia mia e attendere solo da Me soccorso, e nel momento che può esservi naufragio. Armate naviglio e naviganti mentre ne avete tempo e modo. 
   Tornate ai metodi catacombali, così come avevo detto al piccolo Giovanni dal 20 novembre 1943. Uscite dalla nicchia nella pietra. Uscitene per umilmente, faticosamente, caritativamente operare. Se non lo farete non vi servirà nicchia elevata, torre di diaspro, porfido e acciaio, a salvarvi, quando l'Anticristo, non combattuto con le armi di vittoria da voi e [non] vinto nel cuore di molti, soffierà il suo nemico vento, e coloro che meditano nel loro cuore di "lanciarti, o Pietro, come una palla in piazza larga e spaziosa e là farti morire3" la piazza: quella di S. Pietro, dall'alto della quale Tu, Vicario mio (perpetuo Vicario da Pietro all'ultimo dei Papi) parli e benedici, o sempre solo buono, solo Pastore d'amore anche in queste epoche di lupi d'orrore si muoveranno a farlo, capitanando i traviati, gli illusi, gli ignoranti, coloro che le demagogie, ma non esse soltanto, bensì e più ancora l'inerzia, l'indifferenza, lo stolto sdegno, l'inutile orgoglio, la viltà di un clero che non è più lucerna sul monte e sale atto a dar sapore agli animi, hanno scristianizzato. Lo faranno se voi dormirete. 
   E se lasciate che sia levato Cristo dal cuor degli uomini, chi vi subentrerà? L'Anticristo. Ciò è legge. E guai a voi per questo. 
   La valanga, una volta che si è formata e mossa, nulla la trattiene nella sua corsa fatale. Solo una potenza che la penetra e disgrega in piccole parti ne rende nullo Tessersi formata e messa in moto per distruggere. Siate, voi Sacerdoti, la potenza che penetra e rompe la valanga che si è formata e che, se inizia la sua marcia, vi stritolerà. Siatelo, voi cattolici al servizio della Chiesa e in cooperazione del Sacerdozio. Ma non siatelo come sin qui
   Siatelo, lo ripeto, come al tempo catacombale. Allora i Sacerdoti, gli stessi Papi, vivevano fra il popolo. E non solo fra il popolo cristiano. Anche fra i pagani vivevano, mescolati ad essi, guadagnandosi il pane nelle diverse occupazioni manuali o civiche, coronate, la sera, dalla Frazione del Pane, dall'Adunanza fra i fedeli. Erano nei palazzi imperiali, nelle dimore patrizie, come fra i tagliapietre, scaricatori, tessitori, gualchierai, follatori, coltivatori del popolo minuto, o fra i medici e i pedagoghi. E quelli che per nascita e censo non avevano necessità di lavoro, andavano ogni giorno in umili vesti a compiere le opere di misericordia nei quartieri più poveri. 
   E tutti predicavano con la parola, e più ancora con l'esempio, la mia dottrina. Né già predicavano      su un testo fisso, secondo le regole oratorie. Ma parlando semplicemente ad uno o più viandanti o compagni di lavoro, e tutto serviva a parlare di Me, insinuando dolcemente la conoscenza di Gesù Cristo e del Vangelo, con pazienza, con amore, con costanza. 
   Non li spaventava il disagio e non il pericolo. Persino nelle cavee dei Circhi, persino nelle carceri e tribunali, ossia nei luoghi dove potevano essere sbranati, come agnelli da lupi, dalla folla inferocita, penetravano a portare la Parola, i Sacramenti, le benedizioni ai cristiani prossimi al martirio, e a conquistare spiriti pagani al Cristo. 
   Non facevano della demagogia politica. E soprattutto non la facevano in momenti delicati di malcontenti popolari o di mutamenti di imperatori. Facevano della vita cristiana. Questa sola. E vera. E trascinavano sulla loro via, ossia sulla mia via. 
   In verità si può dire, come la sposa del Cantico, che i pagani correvano dietro a Me attirati dal buon odore di Cristo che i miei discepoli: veri altri Cristi, lasciavano dietro di essi, passando fra la corruzione e l'errore per scacciarli ed instaurare il Cristo. 
   Papi, Vescovi, preti, diaconi, suddiaconi, coadiuvati da cristiani, non consacrati, militi, matrone, senatori, operai, fanciulli, vergini, così cristianizzavano e cristianizzarono. 
   Per ricristianizzare l'Italia e il mondo di ora, dove vive e si afferma sempre più una dottrina che è peggiore delle false religioni pagane di allora e di quelle ancora più false di ora - perché è dottrina che fa dell'uomo un dio, abolendo ogni ossequio alla Divinità, sentita informemente ma sentita e venerata da pagani e idolatri di ogni tempo e luogo - bisogna vivere quella vita, la vera vita cristiana, così come si legge che era vissuta nei primi tempi cristiani. (Vedere negli Atti degli Apostoli e. 2° 
v. 42-45-46-47, e. 4° v. 32, e. 6° v. 2-3-4-7; e come appare dalle lettere apostoliche nelle quali risulta manifesto l'aiuto dei cristiani coadiutori agli Apostoli e discepoli evangelizzatori, e della vita condotta dal clero sparso fra il popolo: 2a ai Corinti c. 11 v. 27; S. Pietro 1a c. 4 v. 7-8-9, e. 5° v. 23; S. Giuda Taddeo v. 20-21-22-23, tanto per citare qualche punto. E leggete ancora gli atti dei martiri e santi...). 
   Prendete dunque nella milizia della Chiesa, nel Sacerdozio, in quel Sacerdozio che dovrebbe essere tutto santo, ossia eroico, disinteressato, umile, mortificato, puro, tutto pazienza e amore, onde impedire che la parola insidiosa dei nemici della Chiesa trovi conferma nel vostro modo di vivere e se ne scandalizzino i minimi del gregge e si separino dall'Ovile santo per seguire pastori infernali, prendete i più santi, volonterosi, eroici, disposti a tutte le rinunce, a tutti i sacrifici, e sinanche al martirio, e spargeteli, ignoti come gli elementi vitali che sono nell'aria - e l'occhio non li vede, ma se ne giovano le zolle, le piante, gli animali e l'uomo - spargeteli in questa terra d'Italia, a bonificare, poscia a colonizzare, ultimo a seminare a piene mani verità e giustizia. 
   A che cercate lontane terre di missione, se la vostra terra lo è? È detto: "Nessuno è profeta in patria". In verità vi dico che voi lo siete meno di tutti. Pastori orbi siete, perché non vedete ciò che vi circonda e il modo per circoscrivere il male. 
   Vi sembrano piagati dalla gran ferita solo gli idolatri, i pagani, e persino coloro che sono cristiani ma non cattolici, e correte a loro cercando di guarirli e farli "vivi" innestandoli al Corpo mistico. Ma qui, nella vostra patria, non ci sono soltanto dei membri recisi, dei pagani, degli idolatri. Ci sono i senza-Dio, gli anticristi, i satana. Non meditate che se essi aumentassero ancora colpirebbero duramente la Chiesa, il Papato, reciderebbero i nervi motori del gran Corpo Mistico coll'abbattere le Gerarchie, per disorganizzare, gettare paura e scompiglio, provocando una paralisi lunga, pericolosa, della quale ne risentirebbero tutte le membra viventi nel Corpo Mistico, o che attendono da esso vita? 
   Quanto ritardo alla redenzione dei pagani! E quante perdite fra i membri vivi, se ciò avvenisse! Io vedo... 
   Ho detto: bonificare, colonizzare, seminare. Chi bonifica non sta tranquillo in zone dove già la terra è pronta al seme, ma va dove le pietre, le piante, le acque hanno reso sterile, intricata, malsana la terra; e incanala, e sbarba, e brucia, e monda. Poi colonizza, ossia inizia la vita civile dove era zona selvaggia. Per ultimo sparge il seme, pianta, alleva, rende fertile, bella, sana, ricca la plaga prima deserta e pericolosa e il deserto si muta in regione abitata e civile.                       
   In verità molta parte di popolazione è simile a zona selvaggia. Cattiva, ma non sempre per tendenza d'animo. Odiatrice, ma non sempre per tendenza d'animo. Nemica, ma non sempre per tendenza d'animo. Novanta volte su cento lo è per ignoranza. Cattiva perché non conosce la Verità. Odiatrice perché non conosce la Carità. Nemica perché non conosce la Chiesa. 
   E non dico "Chiesa" per dire ciò che essa appare, nei suoi ministri, a troppi e in troppi casi. Sarebbe meglio allora che molte volte non la conoscesse. Dico che non conosce la Chiesa così come Io l'ho fondata, animata dal mio spirito: l'amore, la fratellanza, la paternità. 
   Oh! quella confessione dei pagani dei primi secoli, che non si ode più, o rarissimamente: "Vedete come si amano e come sono virtuosi! Vedete come ci amano!". Per questa constatazione di ciò che erano il clero e i cristiani dei primi secoli il mondo di allora divenne cristiano. Per una constatazione opposta il mondo di ora ritorna pagano, ateo o insatanassato. 
   Prendete i più santi fra voi e spargeteli: briciola di lievito in masse di farina; spargeteli: verità fra la menzogna; spargeteli: luce nelle tenebre create ad arte dai servi di Satana per ordine del loro re; spargeteli: amore là dove l'odio impera. 
   In tempi di eccezione mezzi di eccezione. Li avevo indicati al piccolo Giovanni dal 1943. Ho accennato ad essi, e nell'opera e in altri dettati anche recenti. Lo ripeto ora, non più consiglio ma comando. Molto vi è da innovare se volete salvare. 
   Non state ancorati, incrostati sulle consuetudini che si sono formate nei secoli, ma che non sono quelle che Io ho date ai miei Apostoli e discepoli, e che il Paraclito ha continuato a consigliare alla Chiesa nascente per aiutarne lo sviluppo. 
   Il mondo si evolve. Non in bene. Ma si evolve. Non può la Chiesa stare statica, ma deve, non già adattarsi alla mala evoluzione del mondo, trasformarsi per essere atta a fronteggiare la mala evoluzione del mondo e porvi riparo. Solo nel dogma e nella dottrina deve rimanere immutabile. Nei mezzi di esercitare il suoministero deve adeguarsi alle esigenze del tempo in cui si trova. 
   In tempi di turbamento e di azione anticristiana non è sufficiente più ciò che era sufficiente in tempi di fede, di pace, di reverenziale amore a Dio e alla sua Chiesa. Per questo Io dico a voi ciò che David disse a Achimelec4"I vasi dei miei servi sono puri; se il viaggio è profano, sarà santificato nei vasi" ossia: "Prendete dei miei servi santi, e anche se li irradierete in zone profane ciò che è sacro non sarà profanato, ma anzi verrà santificato ciò che verrà in contatto con ciò che è sacro, ossia col mio servo santo". 
   L'essenziale è che il popolo torni a Me. 
   È inutile cantare che Cristo regni, in adunate saltuarie che possono essere giudicate provocatorie. Cantate con la vostra vita e le vostre opere questo regno di Cristo, instauratelo, con paziente opera di maestri d'amore e di medici spirituali, fra gli ignoranti, i folli, i malati di spirito. Siate medici e maestri non solo per i buoni, ma per tutti. Così come Io lo fui. 



   Essere sacerdoti non deve costituire una singolarità che da onori e risparmia da ciò che è castigo dell'uomo: lavoro, fatica, povertà, fame. Io ebbi fame, ed ero Dio. Io ebbi fatica, povertà, lavoro, ed ero Dio. Io vissi nel pericolo, non lo schivai, ed ero Dio. 
   Prendete i più santi fra voi e spargeteli. E contemporaneamente, nel silenzio e nascondimento, una mistica armata li aiuti con la preghiera, la penitenza, il dolore: quella delle anime vittime: i Mosè5 sul monte mentre i Giosuè lottano al piano e vincono con la sola arma del Vangelo e di una vita veramente evangelica, lottano e vincono col e per il Vangelo. E fatelo senza indugio. Non sapete se lo potreste fare ancora fra qualche tempo. 
   Perché in questa terra di Martiri e Santi, dove è il cuore della Chiesa, non si fa ciò che in altre Nazioni già si fa, e con frutto, per amore di Dio e in difesa della Chiesa, della morale, della civiltà cristiana, che è sempre libertà e pace? 
   Volete tutto da Me? Tutto da Maria? Anche voi dovete volere il vostro bene e il bene del mondo tutto. Non vi facciano ebbri le temporanee vittorie. Preghino, soffrano ed offrano i Mosè sul monte per il Clero-missionario in Italia e per i cattolici coadiutori. Lavorino i Sacerdoti missionari in patria       propria e i cattolici coadiutori dei Sacerdoti missionari in patria propria, perché il Vangelo, la Chiesa, i Sacramenti siano antiveleno, vita, luce, verità, diffusi là dove non vanno, a quelli che a voi non vengono, o, se vengono, non capiscono, a quelli che sono peccatori, e anche anticristi, perché "non sanno". 
   Al giorno del giudizio Io, più che a costoro, a voi domanderò: "Perché mi avete lasciato perseguitare?".
   Perché, in verità, permettere, per tiepidezza o paura o superbia, che l'ignoranza di Me e della mia Verità viva, e si radichi l'errore, è perseguitarmi. Né più né meno di chi lo fa senza malizia, o perché incitato a farlo, o perché incapace di reagire all'incitamento perché privo della capacità di distinguere la verità dalla menzogna, essendo privo della conoscenza della Verità, tenuto nella ignoranza dai servi di Satana per averne delle armate di schiavi, delle masse supine, deliranti di odio, ebbre di false illusioni, ingannate da astute menzogne, da usare contro Cristo e la Chiesa docente e militante. 
   Non permettete oltre che questo avvenga. Andate, scendete, spargetevi fra queste turbe che muoiono, spiritualmente, di fame, e sbriciolate loro il pane della Verità. La mia Parola è verità e vita. Andate. Insegnate. Amate. 
   Ho detto che istruire gli ignoranti, ammonire i peccatori, perdonare le offese, sono opere di misericordia. Fatelo dove più ve ne è bisogno, dove più c'è da faticare, e da vincersi e vincere. 
   Ognuno prenda la sua croce e la porti e la innalzi, dopo aver lavorato e sofferto, sulle nuove posizioni riconquistate al Cristo, così come fanno i soldati per la gloria della propria patria. Il sacerdote è soldato di Cristo e la gloria del mio Regno nel mondo deve essere il suo scopo supremo. 
   Innalzate il mio segno nel cuore degli uomini e Satana fuggirà da loro. Questo e non altro vi salverà. Perché questo è arma spirituale e valida. Satana e i suoi servi sono vinti non dai partiti e dalle parole e atti umani, ma da ciò che è soprannaturale. 
   Fate ciò che Io dico ed Io sarò con voi. 
   Ma dirò con Paolo6"Badate di non resistere a Colui che parla, perché se non scamparono coloro che ricusarono di ascoltare chi parlava loro dalla Terra, molto meno scamperete voi se voltate le spalle a Chi parla dal Cielo"
   Questo, tutto questo era stato detto al mio strumento da molto tempo. Ma per la durezza di cuore di molti Io avevo ordinato la distruzione del dettato da darvi a tempo e luogo. Non tutto di quel dettato è ripetuto in questo. Molta parte resta nel cuore del mio strumento, perché non giungiate ad odiarlo. Altri, più atti di lui a reagire ai vostri giudizi, avranno le parti non dette. Ciò che ho detto basta. E l'ho detto ora che gli avvenimenti e le meditazioni su ciò che poteva accadervi vi hanno fatti più inclini ad ascoltare un consiglio di sapienza e carità divine». 

   A me dice altre cose, che non mi ordina di scrivere, e che ben volentieri non scrivo... 
   Già mi pesa non poco dover eseguire il comando di dare questo dettato a chi Gesù mi indica... e lo ringrazio con tutto il cuore di essersi limitato a ripetere, del tremendo dettato sulla profezia di Isaia a Sobna, solo il v. 18 «per il tempo attuale», dice Gesù, lasciando nel segreto del mio spirito le altre parti «per tempi più lontani ma che verranno», sempre come dice Gesù. 
   Portare in noi una dolorosissima conoscenza è un grande peso doloroso. Poterla dire darebbe forse un sollievo personale. Ma dico «forse». Perché, come ha giudicato il Signore, «sarebbe certo più facile che me ne venisse una corona di tribolazione, non volendo gli uomini accettare che ben difficilmente la verità su cose che non sono di gloria per loro». Perciò: sia benedetto il Signore per aver scelto altre voci (viventi o da venire?) per dire le altre parti.

 1 Is 22, 15-25

 

  2 Mt  8,25

 

  3 Is 22, 18

 

  4 1 Sam 21, 6 (volg. 1 Re 21,5)

   

5 Es 17, 9-13

   6 Eb 12, 25








QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 181


20 novembre 1943

   Dice Gesù:
   «Troppe volte “non rivolgete gli sguardi”[595] a Colui che è la vostra Provvidenza. Mettete le frange, spesso inutili, ad una cosa e poi vi dite: “Questa cosa l’abbiamo fatta noi”.
   No. Non ne siete gli autori, anzi spesso ne siete i distruttori perché neutralizzate i frutti che da una opera vengono, quando non distruggete l’opera stessa con le vostre mani e le vostre menti distruttrici.
   Dio vi dà tanto, vi dà tutto quanto vi è utile e necessario per la carne ed il sangue, e per la mente e lo spirito. Voi a questo tutto, specie a quel tutto che è volto alla mente e allo spirito, scavate un “lago”. Oh! sì! Un lago. Ma è lago in cui le acque limpide di Dio stagnano e si corrompono perché messe al contatto di tante altre cose e scoperte a tutte le invasioni.
   Così del sapere, moltiplicato a dismisura ma non elevato verso Dio, avete fatto un pericolo per voi, così della religione che avete voluto infronzolire di tante inutilità, analizzare con lente umana, profanare volendola spiegare senza riferimento a Dio, avvilire rendendola formula e non forma di vita.
   È sempre lo stesso rimprovero che vi devo fare. Vi siete creduti pari o anche superiori a Dio. E siete caduti in opere non da figli di Dio ma unicamente da animali ragionevoli, i superragionevoli della Terra, ma umanamente ragionevoli. Ed è già molto quando siete ragionevoli e vi rispettate al punto di dirvi: “Vediamo di agire pensando al domani”. Il più delle volte pensate unicamente all’oggi e a fare dell’oggi una baldoria per la vostra carne superamata da voi.
   Neppure quando siete fra i tormenti di un castigo uscite da questa vostra euforia malsana. Ma, anzi, tanto più volete godere e vivere da bruti solo intenti a saziare fame e senso. E fra un godimento e l’altro irridete Dio nel quale più non credete, salvo poi imprecarlo o implorarlo nel momento che soffrite. E perché? Cosa vi attendete? Non è così che si ottiene aiuto da Dio. Io sono per chi è onesto e fedele. Anche se debole, lo perdono e soccorro. Non sono per gli schernitori e i rinnegatori che sanno prendersi la loro parte e dare ai miei figli solo dolore e tormento.
   E tu[596], primo fra i miei figli, fortifica il tuo cuore appoggiando la bocca alla mistica fonte del mio petto squarciato. Come sei il mio araldo, e più che araldo il mio Vicario sulla Terra, colui che rappresenta l’Agnello, e dell’Agnello hai cuore e parola, così sarai un novello Cristo nel dolore e nella sorte.
   Quanto dolore è già nel calice che si avvicina! E non ti giova l’averne già tanto bevuto e l’esser vissuto da giusto! Non ti giova perché il dolore lo riempie sempre più quanto più tu ne bevi, perché esso dolore è distillato e munto dalla Forza a noi nemica, la quale non potendo mordere il Cristo morde le carni delle sue creature. E quale creatura più creatura mia di te, che sei mite e giusto, che sei evangelico come il mio Giovanni?
   Come il Prediletto,[597] affissati nel Cielo fino a farti rapire dal­l’ardore della contemplazione, perché l’ora del dolore è sempre più vicina ed hai bisogno di esser saturo di contemplazione per poter subire la passione senza piegare.
   Rimani “Luce del mondo”[598] in mia vece, anche se le tenebre ti monteranno addosso per schiacciarti. Anche cadendo tieni alzata la mia Croce che è Luce. Anche morendo fa’ udire la Voce che parla dal Cielo attraverso te, mio Servo esemplare.
   Hai pianto e non è giovato che tu conoscessi il segreto di Fatima. Le tue cure al mondo si sono rivolte contro di te come quelle che si usano ad un ossesso. Ma non importa. Mia Madre è con te ed Io con Lei.
   Noi siamo presso le grandi “voci” e le piccole “voci” che parlano in nome mio e che consumano se stessi perché la Voce del Cristo suoni ancora in questa Terra brulicante di demoni. Siate benedetti, grandi e piccoli portatori della Parola. Noi vinceremo contro Satana. Io ve lo dico. E nell’ora della vittoria la mia stessa Luce sarà la vostra luce che vi farà splendenti come nuovi soli.»
   Oh! Padre, che dolci sensazioni ieri e oggi.
   Ieri mattina ho avuto le carezze di Maria Ss. Proprio carezze, non modi di dire. Lavoravo e pensavo. Naturalmente al Cielo. Mi dicevo che verrà bene il giorno in cui sarò lassù non più orfana, sola e amata così più o meno bene come sono ora. Ho avuto sul capo, sulle gote, le carezze della Madonnina. Le lacrime, pensando a come sono ora senza parenti, mi cadevano sul lavoro e invocavo un conforto, e il conforto è venuto sotto forma di carezze. Non è la mano forte e grande di Gesù e il suo attirarmi da amico, per non dire da innamorato. È stata una carezza morbida, lieve, materna, di una mano piccolina e leggera. Sulla testa e sulle gote. Un tocco inconfondibile e il cui ricordo è la mia delizia.
   Questa mattina poi, verso l’alba, mentre ero nel dormiveglia e pregavo - il rosario dicevo - ho detto: “Oh! Mammina di Gesù, che posso fare per te?”. E Lei mi ha detto: “Amami”. Basta. Non ha detto altro. Ma come lo ha detto! È la prima volta che odo la parola della Madonna santa. È tutt’oggi che penso a quel­l’“Amami”, detto così dolce come fosse di una mamma curva sul letto della figlia e che le sussurra fra i capelli, fra un bacio e l’altro, il suo più caro desiderio di madre.
   C’è voluta la Madonna a farmi gustare questo che non ho mai avuto nella mia vita di figlia!... Quello che provo non è descrivibile altro che con una parola: “Estasi!”.

[595] non rivolgete gli sguardi, come è detto in Isaia 22, 11. L’annotazione della scrittrice accanto alla data rimanda a Isaia 22, 11.14.18.
[596] tu è riferito al Papa, come si comprende dalle parole che seguono.
[597] Come il Prediletto, in Apocalisse 4, 2.
[598] Luce del mondo, come in Matteo 5, 14Giovanni 8, 12.

   AMDG et DVM

mercoledì 27 aprile 2022

Benedetto XVI, al monastero Mater Ecclesiae, nei giardini vaticani.

 

MERCOLEDÌ 27 APRILE 2022

Vaticano
Il Cardinale Dziwisz visita il papa emerito Benedetto XVI

(R.C., a cura Redazione "Il sismografo") Il cardinale polacco Stanislaw Dziwisz, segretario e più stretto collaboratore di s. Giovanni Paolo II, ha visitato questa mattina il papa emerito Benedetto XVI, al monastero Mater Ecclesiae, nei giardini vaticani. Ne ha dato notizia il porporato stesso in una intervista all'agenzia polacca KAI. Il cardinale Dziwisz era accompagnato dal cardinale Stanislaw Rylko insieme al quale in precedenza aveva celebrato la Messa presso la tomba del Papa polacco nella Basilica Vaticana, nell'ottavo anniversario della sua canonizzazione.
Il card. Dziwisz ha raccontato all'agenzia KAI di quanto Benedetto XVI fosse ancora arguto "di mente e di cuore" e di quanto si è dimostrato attento e interessato soprattutto quando si è parlato di Cracovia, città che tanto gli piace e che ha visitato molte volte. I due cardinali polacchi hanno detto al Papa emerito che in Polonia si torna regolarmente al suo insegnamento che tutt'ora viene molto apprezzato.
I cardinali Dziwisz e Rylko si trovano attualmente in Vaticano in occasione della riunione del Consiglio della Fondazione Giovanni Paolo II che inizia giovedì.
Secondo il suo sito web, la Fondazione Giovanni Paolo II è stata istituita con decreto papale del 16 ottobre 1981. È un’istituzione ecclesiastica, un’organizzazione non profit che mira a promuovere le iniziative di carattere educativo, scientifico, culturale, religioso e caritativo legate al pontificato di papa Giovanni Paolo II. La sua attività è caratterizzata da un servizio alla nazione polacca, alle altre nazioni e alla Santa Sede.
L’autorità suprema della Fondazione è dell’arcivescovo emerito di Cracovia, cardinale Stanisław Dziwisz. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione è il cardinale Stanislaw Ryłko.

(foto: Arcivescovado di Cracovia - Facebook)

lunedì 25 aprile 2022

San Francesco d'Assisi: "Cantico delle Creature"

 


San Francesco d'Assisi: "Cantico delle Creature"

Introduzione

 

Il Cantico delle creature (nota anche come Laudes creaturarum o Cantico di frate Sole) di San Francesco d’Assisi (1181-1226) è considerato uno dei documenti più importanti della nostra tradizione letteraria, tanto da essere considerato - se non il primo testo artistico in volgare - di certo il punto di partenza per una storia della nostra letteratura 1. Il Cantico è strutturato come una lode a Dio per la bellezza del creato, e mescola elementi della tradizione dell’Antico Testamento con espressioni linguistiche tipiche del volgare popolare del tempo.


Secondo l’agiografia tradizionale il testo, dettato da Francesco ad un frate, è l’esito di una visione di pace e serenità dopo una notte di sofferenze per un’infermità agli occhi, presso la chiesa di San Damiano ad Assisi, anche se altre interpretazioni attestano il monastero di San Fabiano presso Rieti; la data di composizione sarebbe il 1224, due anni prima della morte di Francesco. In origine, il testo era accompagnato da musica, di mano del santo, oggi perduta.

 

Analisi

 

Il Cantico come preghiera di lode

 

L’analisi del Cantico deve partire da un punto fondamentale: il testo ha innanzitutto un valore performativo 2, cioè quello di lodare Dio, come esplicitamente detto nell’incipit dei vv. 1-2 (“Altissimu, onnipotente, bon Signore, | tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione”). Come tipico di ogni preghiera, abbiamo allora un destinatario del messaggio (che è ovviamente Dio, invocato costantemente con il vocativo “mi’ Signore”), una richiesta di preghiera (che, in questo caso, si risolve nella pura e disinteressata lode dell’Altissimo, scandita dall’invito a tutti a lodare Dio con la formula iterativa “Laudato si’”), un emittente del messaggio (che è ovviamente sia il singolo poeta sia la comunità dei fedeli, che si auspica si associno allo lode per guadagnarsi la beatitudine eterna).

A questa finalità concorre il metro - modellato sulla prosa ritmica, e fatto di rime ed assonanze - del testo, la sua elaborazione letteraria e stilistica, l’accompagnamento musicale.

 

Lo stile del Cantico e l’uso del volgare

 

Il Cantico rientra per sue caratteristiche nella tradizione della lauda e trova molti modelli di confronto nella poesia religiosa duecentesca, tra cui si possono citare gli esempi di Gioacchino da Fiore (1130ca - 1202), Jacopo da Varazze (1228-1298) e Jacopone da Todi (1223ca - 1306) 3. L’andamento del testo privilegia uno stile semplice e comunicativo, in accordo con le finalità del Cantico, ma ciò non priva il componimento di alcuni accorgimenti retorici ben studiati che contribuiscono all’efficacia del messaggio di “lode” e alla sua elaborazione letteraria.

Rilevante è innanzitutto la scelta dei modelli da parte di Francesco: il frate, consapevole della penetrazione dei Salmi nella cultura del suo tempo (anche a livello popolare), si ispira al Salmo 148 per la sua celebrazione del mondo di Natura creato dal Signore:

Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell’alto dei cieli.
Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.
Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
Lodatelo, cieli dei cieli,
voi, acque al di sopra dei cieli.
[...] Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti, abissi,
fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che esegue la sua parola,
monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e voi tutti, cedri,
voi, bestie e animali domestici,
rettili e uccelli alati. [...]

La sintassi del testo preferisce così un andamento paratattico, costruito per coordinazione, ripetizione e accumulo delle sequenze giustapposte di ogni lassa. Il discorso poetico passa così dalla lode iniziale a Dio alle bellezze del creato (secondo la sequenza dei vv. 5-22: sole, luna, vento, acqua, fuoco, terra), fino alla celebrazione della morte (v. 27), vista come viatico alla vita eterna. Se da un lato questo procedimento sembra avvicinare il Cantico ad un’orazione salmodiante (si veda ad esempio la ripresa in anafora di “Laudato si’, mi’ Signore”), dall’altro Francesco conferisce al proprio testo un andamento ritmicamente scandito anche ricorrendo agli effetti della prosa ritmica medievale 4. A ciò s’aggiungono le scelte che innalzano e nobilitano il dettato del testo: oltre agli echi dai testi sacri, si possono citare i frequentissimi latinismi (“laude”, v. 2; “mentovare”, v. 4; “tucte”, v. 5; “spetialmente”, v. 6; “significatione”, v. 9; “clarite er pretiose”, v. 11; “aere”, v. 13; “infirmitate”, v. 24; “tue sanctissime voluntati”, v. 30) e la ripresa in volgare di alcuni nessi sintattici tipici del latino, come il “ka” con valore di quoniam, “poiché” al v. 26 e al v. 31, oppure la costruzione con dignus e infinito (v. 3).

Ma ciò che costituisce la novità e il valore letterario del Cantico è la scelta deliberata di Francesco di utilizzare il volgare dell’area umbra, secondo una finalità ben precisa 5: celebrare Dio e la Natura con la lingua più “naturale” e spontanea di ogni uomo, come se il canto di lode coinvolgesse allo stesso modo tutte gli uomini e tutte le creature.

 

Le questioni interpretative

 

La religiosità e la spiritualità del Cantico è quella che traspare anche dalle fonti documentarie (la Vita prima di Tommaso da Celano, i Fioretti di San Francesco, la Legenda Maior di Bonaventura di Bagnoregio) e dalle rappresentazioni iconografiche 6 sulla vita del santo: una fede semplice e partecipata, basata sulla predicazione appassionata e sulla riscoperta della sfera materiale e corporale. La bellezza della Natura diventa così, per Francesco, il tramite per tessere un inno di lode a Dio creatore, secondo un procedimento che non prende spunto tanto dalla riflessione filosofica quanto dalla contemplazione estatica della realtà circostante. Si spiega anche così l’abbondanza dell’aggettivazione, a gruppi di due, tre o addiritttura quattro termini (“bellu e radiante”, v. 8; “clarite et preziose et belle”, v. 11; “multo utile et humile et pretiosa et casta”, v. 16), che traducono sulla pagina l’entusiasmo sincero del frate. La Natura vitale è insomma la vera protagonista del canto: Francesco passa in rassegna i quattro elementi naturali (Aria, Acqua, Terra, Fuoco) e chiama esplicitamente “frate” (v. 6) e “sora” (v. 10) il Sole e la Luna.

Questa scelta si riflette anche sul piano strutturale e semantico: molti critici hanno infatti discusso sul significato da attribuire alla preposizione “per” (e in second’ordine, alla congiunzione “cum”), quando essa introduce i motivi della lode del poeta. Tra le ipotesi più convincenti, c’è proprio quella che ipotizza il valore causale: la meraviglia di fronte alla bellezza del mondo è ciò che giustifica il Cantico delle creature.

Metro: prosa ritmica in 33 versi raggruppati in 12 strofe, che variano da due a cinque versi, con rime ed assonanze 7.

  1. Altissimu, onnipotente, bon 8 Signore,
  2. tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione 9.
  3. Ad te solo, Altissimu, se konfano 10
  4. et nullu homo ène dignu te mentovare 11.
  5. Laudato sie, mi’ Signore, cum 12 tucte le tue creature,
  6. spetialmente messor lo frate sole,
  7. lo qual è iorno, et allumini 13 noi per lui.
  8. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
  9. de te, Altissimu, porta significatione.
  10. Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle;
  11. in celu l’ài formate clarite 14 et pretiose et belle.
  12. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
  13. et per aere 15 et nubilo et sereno et onne tempo,
  14. per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
  15. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’acqua,
  16. la quale è multo utile e humile et pretiosa e casta 16.
  17. Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
  18. per lu quale enallumeni la nocte:
  19. ed ellu è bello e iocundo e robustoso 17 et forte.
  20. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
  21. la quale ne sustenta e governa,
  22. et produce diversi fructi 18 con coloriti flori et herba.
  23. Laudato si’ 19, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
  24. e sostengo infirmitate et tribulatione.
  25. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
  26. ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
  27. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
  28. da la quale nullu homo vivente pò skappare 20:
  29. guai a*cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
  30. beati quilli ke se trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
  31. ka la morte secunda 21 no ‘l farrà male.
  32. Laudate e benedicite mi’ Signore et rengratiate
  33. et serviateli cum grande humilitate 22.


  1.  





1 Questa ad esempio è la scelta dell’importante critico Gianfranco Contini nella sua Letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni, 1970.

2 In linguistica, si definisce “perfomativo” un enunciato che non descrive un’azione o invita a fare qualcosa, ma che coincide con l’azione stessa che esso annuncia.

3 Di Jacopone, fa parte del genere il componimento Donna de Paradiso.

4 In particolare, è stato rintracciato nel Cantico francescano l’influsso dello stilus Isidorianus, ispirato al retore Isidoro di Siviglia (560ca. - 636) e composto di effetti di rima o di assonanza a chiusura di ciascun periodo.

5 Tra le particolarità del volgare del Cantico: la terminazione delle parole in - u alternata a quella in - o, l’uso del suono “k”, l’uso delle forma verbali “se konfano” e “serviateli”.

6 Basti pensare al ciclo delle Storie di San Francesco attribuito a Giotto, e ad una scena come la Predica agli uccelli.

7 Ad ispirarsi a questo modello sarà Gabriele D’Annunzio nella sua Sera fiesolana.

8 Il Cantico delle creature si apre, secondo le convenzioni degli inni di lode, con gli attributi riferiti a Dio Onnipotente, destinatario del componimento. La serie di aggettivi ricorda alcuni passi biblici (ad esempio, Ecclesiastico, 1, 8).

9 Si noti la serie di quattro termini che compongono la lode del frate a Dio: è un tratto tipico dello stile biblico e delle preghiere liturgiche.

10 se konfano: nel predicato verbale si nota la scelta della “k” per rendere sulla pagina il suono della - c - velare (come in: “cane”); si nota anche più avanti, ad esempio al v. 23 (“ke”), al v. 26 (“ka”) e al v. 28 (“skappare”). È un tratto del volgare dell’Italia centrale del XIII secolo.

11 mentovare: il verbo deriva probabilmente dal francese antico mentevoir, che si modella a sua volta sull’espressione latina mente habere, “tenere in mente, nominare”.

12 cum: su questa congiunzione (come sul “per” ai vv. 10, 12,15,17, 20) si gioca buona parte dell’interpretazione del Cantico; in una prima ipotesi, potrebbe indicare un complemento di compagnia (la “lode” a Dio si unisce a quella del Creato) oppure un complemento di strumento (la bellezza del Creato diventa esso stesso strumento di lode all’Altissimo).

13 et allumini: si noti l’anacoluto in questo verso, che crea un brusco cambio di soggetto tra i due periodi. È un fenomeno tipico del parlato popolare.

14 clarite: l’aggettivo è un latinismo da clarus, -a - um.

15 aere: il termine - dal latino aer, aeris - indica il tempo meteorologico, sia esso sereno o “nubilo” o con “onne tempo”. Il canto di lode di Francesco celebra quindi la grandezza di Dio in tutti gli aspetti dl mondo naturale, che contribuiscono al “sustentamento” delle sue creature (v. 14) delle sue .

16 Nella lode, la realtà naturale è sempre personificata con trasporto e partecipazione: l’acqua non solo è “sorella” dell’uomo, ma assume anche caratteri umani e spirituali.

17 robustoso: l’aggettivo, che sottolinea la vitalità del fuoco, è composto con il suffisso espressivo -oso.

18 diversi fructi: si sente qui l’influsso del latino, sia nella grafia del sostantivo sia nella scelta dell’aggettivo, che proviene dal verbo divertere, “separare, essere diverso da”. È insomma un altro modo per celebrare la ricchezza e la bellezza del mondo terreno.

19 Inizia qui la seconda sezione del Cantico, dove Francesco non canta più le lodi della Natura ma si concentra sulla Morte, intesa come una parte complementare (e quindi naturale) del ciclo vitale, come detto anche al v. 27.

20 pò skappare: il verbo, utilizzato anche al giorno d’oggi, ha origine dialettale e popolare, ed al tempo di Francesco era assai diffuso nelle regioni dell’Italia centrale.

21 la morte secunda: si tratta della morte definitiva per il credente, ovvero la dannazione eterna, cui si può sfuggire solo vivendo in grazia di Dio.

22 Gli ultimi due versi del Cantico si chiudono con un’esortazione rivolta ai destinatari e agli ascoltatori della preghiera.

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Cantico delle Creature: il testo

Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e ’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che ’l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
Beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate

Cantico delle Creature: commento e analisi

Il Cantico delle Creature è una lode a Dio, al suo operato, alla vita stessa. La natura, che viene qui descritta con amore e gratitudine, riflette l’immagine del Creatore. La lode di San Francesco non ha a che fare con le speculazioni filosofiche, ma è a carattere estatico, che segue un percorso attuato per gradi e strutturato come una vera e propria azione liturgica. Questa azione prevede tre identità:

  • Un locutore: l’officiante del rito
  • Un messaggio: l’esaltazione e la lode a Dio
  • Un destinatario: Dio stesso.

Un forte senso di fratellanza è percepibile tra l’uomo e tutti gli elementi e le creature dell’universo. In un atteggiamento di umiltà e riconoscenza, Francesco d’Assisi rende grazie al Signore per tutto il Creato, senza tralasciare le creature viventi, gli elementi naturali e i fenomeni meteorologici. Il cantico si conclude con la celebrazione della morte come liberazione dalla vita terrena.

Il testo è composto in volgare umbro del XIII secolo, ma al suo interno ritroviamo alcuni influssi toscani e francesi e anche diversi latinismi. Il testo mescola elementi della tradizione dell’Antico Testamento (in particolare il salmo 1148 e il cantico dei tre fanciulli nella fornace nel Libri di Daniele) con espressioni linguistiche tipiche del volgare popolare del tempo.
Come i testi biblici citati, il Cantico si apre con la lode a Dio e termina con una chiusura esortativa, e si divide in cinque elementi, che progressivamente abbracciano tutta la realtà cosmica concepita:

  • Lode assoluta di Dio: la lode è strutturata in terne di appellativi ("altissimo, onnipotente, bon Signore"), omaggi ("tue so’ le laude, la gloria et l’onore") e azioni ("benediciate, rengraziate e serviateli"). L’insistenza sul numero 3 come simbolo della Trinità divina è ribadita dal totale dei versi (33).
  • Firmamento (Sole, Luna e stelle)
  • Elementi: il vento (connesso alla distruzione ma anche simbolo del fiato di Dio), l’acqua (mezzo di purificazione), il fuoco (fonte di luce e calore e simbolo dello Spirito Santo), la terra (madre che nutre le sue creature).
  • Uomo: l’uomo è peccatore dolente; non a caso nella sezione a lui dedicata fanno la sua comparsa i termini “perdonano”, “infermità”, “tribolazioni”, “guai”, “peccati”.
  • Morte: la morte stessa è sorella dell’uomo. Nessuno può evitarla, ma anch’essa è in realtà positiva e benevola, perché coincide con la liberazione dalla vita terrena.

Forse non tutti sanno che il Cantico delle creature era stato composto in origine con un accompagnamento musicale, che però è andato perduto. Il metro del cantico è modellato sulla prosa ritmica ed è composto da rime ed assonanze.

Ecco la parafrasi del testo

Altissimo, Onnipotente Buon Signore, tue sono le lodi, la gloria, l’onore e ogni benedizione.
A te solo, Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionare il tuo nome.
Lodato sii, che tu sia lodato, o mio Signore, insieme a tutte le creature, specialmente il fratello sole, la luce del giorno, tu ci illumini tramite lui. Il sole è bello, radioso, e splendendo simboleggia la tua importanza, o Altissimo, Sommo Signore.
Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai create, lucenti, preziose e belle.
Lodato sii, o mio Signore, per fratello vento, per l’aria, per il cielo; quello nuvoloso e quello sereno, rendo grazie per ogni tempo tramite il quale mantieni in vita le tue creature.
Che tu sia lodato, mio Signore, per sorella acqua, la quale è tanto utile e umile, preziosa e pura.
Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, tramite il quale illumini la notte. Il fuoco è bello, giocondo, vigoroso e forte.
Lodato sii, mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci nutre e ci mantiene: produce frutti colorati, fiori ed erba.
Lodato sii, o mio Signore, per coloro che perdonano in nome del tuo amore e sopportano infermità e sofferenze.
Beati quelli che sopporteranno tutto questo con serenità, perché saranno ricompensati da te, o Altissimo.
Lodato sii mio Signore per la morte del corpo, dalla quale nessun essere umano può fuggire, guai a quelli che moriranno nel peccato mortale.
Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. La seconda morte, non farà loro alcun male.
Lodate e benedite il mio Signore, rendete grazie e servitelo con grande umiltà.


AMDG et DVM