domenica 11 agosto 2024

La mente umana è fatta per riconoscere Dio in qualunque tempo, anche nel nostro...

Per capire il discorso di Ratisbona bisogna rileggere quello di Parigi

Appunti sulle due lezioni di Benedetto XVI al mondo della cultura e della scienza sul rapporto tra ragione umana e Dio. Quello al Collège des Bernardins compie quello più celebre tenuto in Germania

Benedetto XVI Francia
Benedetto XVI davanti a Notre Dame, a Parigi, durante il suo viaggio apostolico del settembre 200

I due discorsi più rivolti al mondo della cultura del defunto Papa emerito Benedetto XVI sono stati quelli di Ratisbona (2006) e di Parigi (2008). Si tratta di due lezioni sul rapporto tra fede e ragione e, di conseguenza, tra la Chiesa e le culture del mondo. I due discorsi collimano sulla tesi centrale ma non sono uguali e quello di Parigi, al Collège des Bernardins, è più interessante dell’altro, rimasto più celebre. Vorrei spiegare perché.

Il discorso di Ratisbona

Nella lezione tenuta in Germania, Benedetto XVI vuole spiegare la tradizionale dottrina agostiniana e tomista che Dio è legato alla ragionevolezza e coincide con il bene, il bello e il vero. Dio non può volere qualcosa di diverso dal bene e dal ragionevole. Questo è l’assunto centrale, sostenuto contro ogni religione che considera Dio come del tutto incomprensibile dalla ragione umana e contro le medesime dottrine cristiane che pensano che Dio potrebbe volere anche qualcosa di totalmente diverso da ciò che noi possiamo capire come bene. Tutto questo viene confermato anche a Parigi dove, di fronte ai rappresentanti della cultura, B-XVI spiega che il desiderio di Dio include l’amore per la parola, cioè per la ragione e la comprensione umana.


A Ratisbona, però, BXVI illustra anche un quadro della situazione culturale attuale, opponendo il pensiero razionalista degli ultimi secoli a un pensiero più aperto alla categoria del Mistero. È un percorso tradizionale del pensiero cattolico, che tuttavia risente anche dell’idealismo ottocentesco e quindi in certi punti sembra porre una gerarchia di pensieri per cui le discipline umanistiche, la filosofia e la teologia in particolare, sarebbero più fondamentali e importanti di quelle scientifiche. Come se le prime si occupassero del “perché” della realtà e le altre del “come”. E con il rischio costante della implicita condanna del pensiero tecnico, derivato da quello scientifico, condanna che resterebbe un po’ contraddittoria con i mezzi e le ricerche attuali che servono anche alla vita della Chiesa.

Narcisismo e individualismo, marchio del nostro tempo

Non così a Parigi. In modo molto più interessante, lì B-XVI ricorda che il pensiero include anche il corpo, come ben si apprende dalle pratiche dei monasteri medievali – in particolare da quella del canto – che il lavoro è santificato nel cristianesimo a differenza che nelle culture antiche, che non c’è lettura vera delle Scritture senza interpretazione e che interpretazione vuol dire libertà e non uniformità ma anche che libertà è sempre legame con il vero e non arbitrio.


In modo ancora più interessante, spiega che il genio non è mai individuale e che dunque non c’è mai mai vera cultura senza comunità e senza comunione. Infine, chiarisce che il cristianesimo è una proposta universale alla ragione e dunque deve essere annunciato, senza che ciò comporti alcuna propaganda, e che, seppur vagamente, la mente umana è fatta per riconoscere Dio in qualunque tempo, anche nel nostro, al di là di tutte le analisi sociologiche e le genealogie filosofiche.

Insomma, posto l’assunto centrale del rapporto necessario tra la ragione umana e Dio, a Parigi Benedetto XVI presenta delle tracce di soluzione che a Ratisbona non propone. La valorizzazione di una visione unitaria di corpo e mente è profondamente consentanea allo sviluppo attuale della scienza e della filosofia; attraverso il concetto di lavoro, inteso cristianamente, si può recuperare anche tutto il sapere tecnico; la visione del pensiero come gesto comunitario si oppone al narcisismo e all’individualismo agonistici che sono il marchio del nostro tempo, e che hanno sostituito quel nichilismo di fine secolo scorso che, peraltro, con perfetta comprensione dei tempi, non compare mai nei due discorsi di Benedetto. 



AVE 

NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2008/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20080912_parigi-cultura.html

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html


sabato 10 agosto 2024

LA GLORIFICAZIONE DI MARIA "DIVINA" CON L'ASSUNZIONE AL CIELO IN ANIMA E CORPO




PIO XII
SERVO DEI SERVI DI DIO
A PERENNE MEMORIA

COSTITUZIONE APOSTOLICA

" MUNIFICENTISSIMUS DEUS " (1)

LA GLORIFICAZIONE DI MARIA
CON L'ASSUNZIONE AL CIELO
IN ANIMA E CORPO

 

Il munificentissimo Dio, che tutto può e le cui disposizioni di provvidenza sono fatte di sapienza e d'amore, nei suoi imperscrutabili disegni contempera nella vita dei popoli e in quella dei singoli uomini dolori e gioie, affinché per vie diverse e in diverse maniere tutto cooperi in bene per coloro che lo amano (cf. Rm 8, 28).

Il Nostro pontificato, come anche l'età presente, è assillato da tante cure, preoccupazioni e angosce, per le presenti gravissime calamità e l'aberrazione di molti dalla verità e dalla virtù; ma Ci è di grande conforto vedere che, mentre la fede cattolica si manifesta pubblicamente più attiva, si accende ogni giorno più la devozione verso la vergine Madre di Dio, e quasi dovunque è stimolo e auspicio di una vita migliore e più santa. Per cui, mentre la santissima Vergine compie amorosissimamente l'ufficio di madre verso i redenti dal sangue di Cristo, la mente e il cuore dei figli sono stimolati con maggiore impegno a una più amorosa contemplazione dei suoi privilegi.

Dio, infatti, che da tutta l'eternità guarda Maria vergine, con particolare pienissima compiacenza, «quando venne la pienezza del tempo» (Gal 4, 4), attuò il disegno della sua provvidenza in tal modo che risplendessero in perfetta armonia i privilegi e le prerogative che con somma liberalità ha riversato su di lei. Che se questa somma liberalità e piena armonia di grazie dalla chiesa furono sempre riconosciute e sempre meglio penetrate nel corso dei secoli, nel nostro tempo è stato posto senza dubbio in maggior luce il privilegio della corporea assunzione al cielo della vergine Madre di Dio Maria.

Questo privilegio risplendette di nuovo fulgore fin da quando il nostro predecessore Pio IX, d'immortale memoria, definì solennemente il dogma dell'immacolata concezione dell'augusta Madre di Dio. Questi due privilegi infatti sono strettamente connessi tra loro. Cristo con la sua morte ha vinto il peccato e la morte, e sull'uno e sull'altra riporta vittoria in virtù di Cristo chi è stato rigenerato soprannaturalmente col battesimo. Ma per legge generale Dio non vuole concedere ai giusti il pieno effetto di questa vittoria sulla morte se non quando sarà giunta la fine dei tempi. Perciò anche i corpi dei giusti dopo la morte si dissolvono, e soltanto nell'ultimo giorno si ricongiungeranno ciascuno con la propria anima gloriosa.

Ma da questa legge generale Dio volle esente la beata vergine Maria. Ella per privilegio del tutto singolare ha vinto il peccato con la sua concezione immacolata; perciò non fu soggetta alla legge di restare nella corruzione del sepolcro, né dovette attendere la redenzione del suo corpo solo alla fine del mondo. 

Plebiscito unanime

Per questo, quando fu solennemente definito che la vergine Madre di Dio Maria fu immune della macchia ereditaria fin dalla sua concezione, i fedeli furono pervasi da una più viva speranza che quanto prima sarebbe stato definito dal supremo magistero della chiesa anche il dogma della corporea assunzione al cielo di Maria vergine.

Infatti...  https://www.vatican.va/content/pius-xii/it/apost_constitutions/documents/hf_p-xii_apc_19501101_munificentissimus-deus.html


AMDG et DVM

“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: O Jesu vivens in Maria! - «O Gesù, che vivi in Mar...

“Maria Giglio della Trinità”: Domini Sacrarium, Nobile Triclinium et Complementum SS. Trinitatis!: O Jesu vivens in Maria! - «O Gesù, che vivi in Mar...: O Iesu vivens in Maria Jean-Jacques Olier , fondatore del Seminario di Saint-Sulpice, è una delle figure più coinvolgenti della p...

SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE

 



L’ODIO NON E’ UNA FORZA


 CREATIVA:


LO E’ SOLO L’AMORE


AMDG et D.V.MARIAE


mercoledì 7 agosto 2024

FESTA DI DIO PADRE

 


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https://www.familiemariens.info/html/it/pdf/2020-61-63-Messaggio.pdf

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DISEGNO DI MISERICORDIA

Le veglie e il Rosario del Padre, devozioni da scoprire

Nel giorno richiesto da Dio Padre per la celebrazione di una festa liturgica in Suo onore, scopriamo due devozioni nate a seguito della diffusione delle rivelazioni celesti (autentiche) a suor Eugenia Ravasio. Le veglie notturne, sull’esempio di Gesù. E il Rosario del Padre, che si compone di cinque misteri, in cui si contemplano altrettanti passaggi nella storia della salvezza.

Ecclesia 07_08_2021

Abbiamo già parlato sulla Bussola delle rivelazioni celesti ricevute nel 1932 da suor Eugenia Ravasio e riconosciute autentiche dalla Chiesa, nella persona del vescovo di Grenoble Alexandre Caillot, a seguito di un’inchiesta approfondita, durata ben dieci anni. Si tratta di una teofania straordinaria, in cui Dio Padre ha chiesto di diffondere il Suo messaggio affinché tutti gli uomini conoscano l’amore con cui sono amati dall’eternità e scelgano la salvezza. In particolare, la Prima Persona della Santissima Trinità ha chiesto di istituire una festa liturgica in Suo onore per il 7 agosto oppure per la prima domenica di questo stesso mese (vedi qui).

Tale festa, la cui opportunità è stata sottolineata da diversi teologi, è tuttora assente nel calendario universale della Chiesa, ma l’esperienza di altre feste originate da rivelazioni celesti e il sensus fidei fanno sperare che si tratti solo di una questione di tempo, di costanza nella preghiera. La diffusione del messaggio del Padre - pur tra ostacoli e contingenze di varia natura - continua infatti ad essere sorgente di grazie per molti, che approfondiscono o abbracciano per la prima volta la fede. Sono sorte anche alcune belle devozioni, che aiutano a nutrire ciò che in definitiva corrisponde al «sia fatta la tua volontà» che recitiamo con il Padre Nostro.

Dal 1980, anno dell’incontro tra suor Eugenia e il padre cappuccino Andrea D’Ascanio (†2021), si tengono mensilmente in varie città italiane e straniere delle veglie notturne con l’intenzione che il Padre sia conosciuto, amato e onorato da tutti i Suoi figli, secondo il messaggio centrale nelle rivelazioni alla religiosa originaria di San Gervasio d’Adda. Le veglie si svolgono dalla sera del giorno 6 alla mattina del 7 di ogni mese, dalle ore 21 alle 6, e vanno fatte possibilmente con l’esposizione solenne del Santissimo Sacramento e la celebrazione di due Sante Messe, una notturna (alle 23), l’altra mattutina (alle 5).

La scelta dell’orario notturno, tipico di ogni veglia, si ispira al contenuto dei Vangeli dove si vede più volte Gesù ritirarsi in preghiera, spesso di notte, come nel Getsemani, per rimanere saldo nella volontà del Padre. A questa necessità, che il Figlio divino ha trasmesso prima nei lunghi anni di vita nascosta poi durante la Sua attività pubblica, si può ricondurre la Sua intera missione in terra. Nell’udienza generale del 24 agosto 1988, san Giovanni Paolo II ricordava: «Di fatto tutta la vita di Gesù di Nazaret era, come più volte abbiamo fatto notare, rivolta al Padre. Ciò appare già nella risposta data ai genitori dal dodicenne Gesù in occasione del ritrovamento nel tempio: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49)». Dopo aver richiamato un passaggio del dialogo di Gesù con la Samaritana (Gv 4, 23), papa Wojtyla spiegava che «i “veri adoratori” sono anzitutto coloro che imitano Cristo in ciò che fa». E per imitarlo non si può prescindere dal coltivare un rapporto di filiale abbandono nelle braccia del Padre.

Tornando alle veglie, la scelta dell’intervallo di tempo tra il 6 e il 7 di ogni mese è spiegata anche, dai propagatori della devozione, con la necessità che «gli uomini ricordino che il 7° giorno è sacro, e torni ad essere il Dies Domini, il giorno del Signore». La notte di preghiera prevede la recita dell’intero Rosario, prima quello tradizionale, poi quello del Padre, che gode dell’approvazione rilasciata il 23 novembre 1988 dall’arcivescovo di Foggia, Giuseppe Casale. Nessuna idea di sostituire una devozione con l’altra, dunque: «Dobbiamo invece, dopo aver recitato l’intero Rosario mariano, chiedere alla Mamma di recitare con noi il Rosario del Padre».

Il Rosario del Padre si compone di cinque misteri, fondati su altrettanti passi biblici e che consentono di meditare su cinque tappe fondamentali nella storia della salvezza. Li riportiamo, come nella forma con approvazione ecclesiastica.

- “Nel primo mistero si contempla il trionfo del Padre nel giardino dell’Eden quando, dopo il peccato di Adamo ed Eva, promette la venuta del Salvatore”.

- “Nel secondo mistero si contempla il trionfo del Padre al momento del “Fiat” di Maria durante l’Annunciazione”.

- “Nel terzo mistero si contempla il trionfo del Padre nell’orto del Getsemani quando dona tutta la sua potenza al Figlio”.

- “Nel quarto mistero si contempla il trionfo del Padre al momento di ogni giudizio particolare”.

- “Nel quinto mistero si contempla il trionfo del Padre al momento del giudizio universale”.

Per chi non l’avesse mai recitato, oggi, 7 agosto, è certamente l’ideale per iniziare. Per ogni mistero si recitano un’Ave Maria, dieci Pater, il Gloria, la giaculatoria “Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono”, e l’Angelo di Dio. Alla fine dei misteri, si recitano il Salve Regina, le preghiere per il Papa, le litanie del Padre (vedi qui), e un’orazione scritta da Charles de Foucauld. Questa:

Padre mio,

io mi abbandono a Te,

fa’ di me ciò che ti piace;

qualunque cosa tu faccia di me

ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la tua volontà si compia in me

e in tutte le tue creature;

non desidero niente altro, mio Dio.

Rimetto la mia anima nelle tue mani,

te la dono, mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore,

perché ti amo.

Ed è per me un’esigenza d’amore il donarmi,

il rimettermi nelle tue mani, senza misura,

con una confidenza infinita

perché Tu sei il Padre mio.