venerdì 13 maggio 2022

CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA, OGGI 13 MAGGIO 2022

 Madonna di Fatima



CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO della B.V. MARIA di FATIMA


Vergine Santa, Madre di Gesù e Madre nostra, che sei apparsa a Fatima ai tre pastorelli per recare al mondo un messaggio di pace e di salvezza, io mi impegno ad accogliere questo tuo messaggio.

Mi consacro oggi al tuo Cuore Immacolato, per appartenere così più perfettamente a Gesù. Aiutami a vivere fedelmente la mia consacrazione con una vita tutta spesa nell'amore di Dio e dei fratelli, sull'esempio della tua vita.

In particolare Ti offro le preghiere, le azioni, i sacrifici della giornata, in riparazione dei peccati miei e degli altri, con l'impegno di compiere il mio dovere quotidiano secondo la volontà del Signore.

Ti prometto di recitare ogni giorno il Santo Rosario, contemplando i misteri della vita di Gesù, intrecciati ai misteri della tua vita.

Voglio vivere sempre da vero figlio tuo e cooperare perchè tutti Ti conoscano e amino come Madre di Gesù, vero Dio e unico nostro Salvatore. Così sia. Ave Maria Cuore Immacolato di Maria, prega per noi.


SUPPLICA ALLA MADONNA DI FATIMA


per il 13 Maggio e il 13 Ottobre ore 12


Madonna di Fatima


O Vergine Immacolata, in questo giorno solennissimo, e in quest'ora memoranda, in cui apparendo per l'ultima volta nelle vicinanze di Fatima a tre innocenti pastorelli, vi dichiaraste per la Madonna del Rosario e diceste d'essere venuta appositamente dal cielo per esortare i cristiani a cambiar vita, a far penitenza dei peccati e a recitare ogni giorno il S. Rosario, noi animati dalla vostra bontà veniamo a rinnovarVi le nostre promesse, a protestarVi la nostra fedeltà e ad umiliarVi le nostre suppliche. Volgete, o Madre amatissima, su di noi il vostro sguardo materno ed esauditeci. Ave Maria

1 O Madre nostra, nel vostro Messaggio ci avete prevenuti: «Una propaganda empia diffonderà nel mondo i suoi errori, suscitando guerre e persecuzione alla Chiesa. Molti buoni saranno martirizzati. Il S. Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno annientate». Tutto purtroppo si va tristamente verificando. La S. Chiesa, nonostante le immense effusioni di carità sulle miserie accumulate dalle guerre e dall'odio, viene combattuta, oltraggiata, coperta di scherno, impedita nella sua divina missione. I fedeli con parole mendaci, ingannati e travolti nell'errore dai senza Dio. O Madre tenerissima, pietà di tanti mali, date forza alla S. Sposa del vostro Divin Figliolo, che prega, combatte e spera. Confortate il S. Padre; sostenete i perseguitati per la giustizia, date coraggio ai tribolati, aiutate i Sacerdoti nel loro ministero, suscitate anime d'Apostoli; rendete fedeli e costanti tutti i battezzati; richiamate gli erranti; umiliate i nemici della Chiesa; conservate i fervorosi, rianimate i tiepidi, convertite gli infedeli. Salve Regina

2 O Madre benigna, se l'umanità si è allontanata da Dio, se errori colpevoli e perversioni morali col disprezzo dei divini diritti e l'empia lotta contro il S. Nome, hanno provocato la Divina Giustizia, noi non siamo senza colpa. La nostra vita cristiana non è ordinata secondo gli insegnamenti della Fede del Vangelo. Troppa vanità, troppa ricerca del piacere, troppa dimenticanza dei nostri eterni destini, troppo attaccamento a ciò che passa, troppi peccati, hanno giustamente fatto gravare su di noi il pesante flagello di Dio. Diradate, o Madre, le tenebre del nostro intelletto, corroborate le nostre fiacche volontà, illuminateci, convertiteci e salvateci.

E pietà vi prenda anche delle nostre miserie, dei nostri dolori e dei nostri disagi per la vita quotidiana. O Madre buona, non guardate i nostri demeriti, ma la materna vostra bontà e venite in nostro soccorso. Otteneteci il perdono dei nostri peccati e dateci il pane per noi e le nostre famiglie: pane e lavoro, pane e tranquillità per i nostri focolari, pane e pace imploriamo dal vostro Cuore materno. Salve Regina

3 Si ripercuote nell'anima nostra il gemito del Vostro Cuore Materno: «Bisogna che si emendino, che domandino perdono dei peccati, che non offendano più Nostro Signore, che è già tanto offeso. Sì, è il peccato, causa di tante rovine. è il peccato che rende infelici i popoli e le famiglie, che semina di spine e di lacrime il sentiero della vita. O Madre buona, noi qui ai vostri piedi ne facciamo una promessa solenne e fervorosa. Ci pentiamo delle nostre colpe e siamo confusi nel terrore dei mali meritati in vita e nell'eternità. E invochiamo la grazia della S. Perseveranza nel buon proposito. Custoditeci nel vostro Cuore Immacolato per non cadere in tentazione. è questo il rimedio di salvezza che ci avete indicato. «Il Signore per salvare i peccatori, vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato».

Dunque al Vostro Cuore Immacolato Dio ha affidato la salvezza del nostro secolo. E noi in questo Cuore Immacolato ci rifugiamo; e vogliamo che tutti i nostri fratelli erranti e tutti gli uomini vi trovino asilo e salvezza. Sì, o Vergine Santa, trionfate nei nostri cuori e fateci degni di cooperare ai trionfi del vostro Cuore Immacolato nel mondo. Salve Regina

4 Permetteteci, o Vergine Madre di Dio, che noi rinnoviamo in questo momento la nostra Consacrazione e quella delle nostre famiglie. Sebbene tanto deboli noi promettiamo che lavoreremo, con l'aiuto Vostro, affinché tutti si consacrino al vostro Cuore Immacolato, che specialmente... (Trani) nostra diventi tutta un trionfo con la Comunione riparatrice nei primi sabati, con la consacrazione delle famiglie dei cittadini, con il Santuario, che dovrà sempre ricordarci le materne tenerezze della vostra Apparizione a Fatima.

E rinnovate su di noi e su questi nostri desideri e voti, quella materna Benedizione che ascendendo verso il Cielo, donaste al mondo.



mercoledì 11 maggio 2022

Le eresie di Giuda Iscariota e le rinunce di Giovanni

 


CCCLVI. Verso Gadara. Le eresie di Giuda Iscariota e le rinunce di Giovanni che vuole solo amare.

   10 dicembre 1945.

   356.1Gesù è già nell’Oltre-Giordano. E da quello che comprendo è, questa che si vede in alto di una collina tutta verde, la città di Gadara, e anche è la prima città che toccano dopo essere sbarcati sulla sponda sud-orientale del lago di Galilea, perché lì sono sbarcati, lasciando di scendere a Ippo dove erano stati preceduti dalle barche portanti gli ostili a Gesù. Penso siano sbarcati perciò proprio di fronte a Tarichea, allo sbocco del Giordano dal lago.
   «Tu la sai la via più breve per andare a Gadara, non è vero?
   Te la ricordi?», chiede Gesù.
   «E come! Quando saremo alle sorgenti calde sul Yarmoc non avremo che seguire la via», risponde Pietro.
   «E le sorgenti dove le trovi?», chiede Tommaso.
   «Oh! basta avere naso per trovarle. Puzzano qualche miglio avanti di esserci!», esclama Pietro arricciando con disgusto il naso.
   «Non sapevo che tu soffrivi di dolori…», osserva Giuda Iscariota.
   «Dolori io? E quando mai?».
   «Eh! sei così pratico delle sorgenti calde sul Yarmoc che ci devi essere stato».
   «Mai avuto bisogno di sorgenti, io, per stare bene! I veleni dalle ossa mi sono usciti colle sudate dell’onesto lavoro… e del resto, avendo più lavorato che goduto, dei veleni ne sono entrati pochi, sempre pochi in me…» «Questa è per me, non è vero? Già! Io sono colpevole di tutte le cose!…», dice inquieto Giuda.
   «Ma chi ti ha morso? Tu chiedi, io rispondo, a te come avrei risposto al Maestro o a un compagno. E credo che nessuno di loro, neppure Matteo che… è stato un gaudente, se ne sarebbe avuto a male».
   «Ebbene, io me ne ho a male!».
   «Non ti sapevo così delicato. Ma della supposta insinuazione te ne chiedo scusa. Per amore del Maestro, sai? Del Maestro che ha già tante afflizioni dagli estranei senza avere bisogno di averne altre da noi. Guardalo, invece di correre dietro alle tue sensibilità, e vedrai che ha bisogno di pace e di amore».
   Gesù non parla. Guarda soltanto Pietro e gli sorride riconoscente.

   356.2Giuda non risponde in merito all’osservazione giusta di Pietro. È chiuso e inquieto. Vuole mostrarsi cortese, ma la stizza, il malumore, la delusione che ha in cuore gli trapelano dallo sguardo, dalla voce, dall’espressione e persino dall’andatura prepotente, che fa un grande sbatacchio di suole come per sfogarsi, percuotendo con ira il suolo per dare uno sfogo a tutto quello che gli bolle dentro.
   Ma si sforza a parere calmo e a voler fare il cortese, non ci riesce, ma tenta… Chiede a Pietro: «E allora come conosci questi luoghi? Forse ci sei stato per tua moglie?».
   «No, ci sono passato quando nell’etamin siamo venuti in Auranite col Maestro. Io ho accompagnato la Madre e le discepole sino alle terre di Cusa. E perciò, venendo da Bozra, sono passato di qui», risponde sinceramente e prudentemente Pietro.
   «Tu solo eri?», chiede ironico Giuda.
   «Perché? Credi che io non valga da solo molti, quando è il caso di valere e c’è un lavoro di fiducia da fare e lo si fa con amore, per di più?».
   «Oh! quanta superbia! Vorrei averti visto!».
   «Avresti visto un uomo serio che accompagnava delle donne sante».
   «Ma eri proprio solo?», chiede con vero atto da inquisitore Giuda.
   «Ero coi fratelli del Signore».
   «Ah! ecco! Cominciano le ammissioni!».
   «E cominciano a tirarmi i nervi! Si può sapere che hai?».
   «È vero. È una vergogna», dice il Taddeo.
   «Ed è ora di finirla», rincara Giacomo di Zebedeo.
   «Non ti è lecito schernire Simone», rimprovera Bartolomeo.
   «Che, te lo dovresti ricordare, è il capo di noi tutti», termina lo Zelote.
   Gesù non parla.
   «Oh! io non schernisco nessuno, non ho proprio nulla. Solo mi piace stuzzicarlo un po’…».
   «Non è vero! Tu menti! Tu fai domande astute perché vuoi arrivare a stabilire qualcosa. Il subdolo crede tutti subdoli. Qui non ci sono segreti. C’eravamo tutti, abbiamo fatto tutti la stessa cosa: quella ordinata dal Maestro. E non c’è altro. Lo capisci?», grida proprio irato l’altro Giuda.
   «Silenzio. Siete pari a femmine litigiose. Avete tutti torto. E mi vergogno di voi», dice severo Gesù.

   356.3Si fa un silenzio fondo mentre vanno verso la città sulla collina.
   Rompe il silenzio Tommaso dicendo: «Che cattivo odore!».
   «Sono le sorgenti. Quello è lo Yarmoc e quelle costruzioni le terme dei romani. Oltre quelle è una bella via tutta lastricata che va a Gadara. I romani vogliono viaggiare bene. Bella è Gadara!», dice Pietro.
   «Sarà anche più bella perché qui non ci troveremo certi…
   esseri, in abbondanza almeno», brontola fra i denti Matteo.
   Passano il ponte sul fiume fra acri odori di acque solforose. Rasentano le terme, passano fra i veicoli romani, prendono una bella via, pavimentata a larghi lastroni, che conduce alla città in cima alla collina, bella fra la sua cinta di mura.
   Giovanni si fa presso al Maestro: «È vero che dove sono quelle acque lì è stato in antico precipitato nelle viscere del suolo un dannato? Mia madre ce lo diceva da piccini, per farci capire che non si deve peccare, se no l’inferno si apre sotto i piedi del maledetto da Dio e lo inghiotte. E poi, per ricordo e ammonizione, restano delle fessure dalle quali esce odore, calore e acque d’inferno. Io avrei paura a bagnarmi in esse…».
   «Di che, fanciullo? Non ne saresti corrotto. Più facile è essere corrotti da quegli uomini che hanno dentro l’inferno e ne emanano fetore e veleni. Ma si corrompono solo quelli che hanno già tendenza a farlo da loro».
   «Ne potrei essere corrotto io?».
   «No. Anche tu fossi in una turba di demoni, no».
   «Perché? Cosa ha di diverso dagli altri, lui?», chiede subito Giuda di Keriot.
   «Ha che è puro in tutti i modi, e perciò vede Dio», risponde Gesù. E Giuda ride malignamente.
   Giovanni torna a chiedere: «Allora non sono bocche dell’inferno quelle sorgenti?».
   «No. Sono all’opposto cose buone messe dal Creatore per i suoi figli. L’inferno non è chiuso nella Terra. È sulla Terra, Giovanni. Nel cuore degli uomini. E oltre si completa».

   356.4«Ma c’è proprio l’inferno?», chiede l’Iscariota.
   «Ma che dici?», gli chiedono i compagni scandalizzati.
   «Dico: c’è proprio? Io, e non sono solo, non ci credo».
   «Pagano!», urlano con orrore.
   «No. Israelita. Siamo in molti a non credere certe fole, in Israele».
   «Ma allora come fai a credere al Paradiso?», «E alla giustizia di Dio?», «Dove metti i peccatori?», «Come spieghi Satana?», urlano in tanti.
   «Dico quello che penso. Mi è stato rimproverato di essere un mentitore poco fa. Io dimostro che sono sincero anche se questo vi scandalizza di me e mi rende odioso agli occhi vostri. Del resto non sono solo in Israele, da quando Israele si è progredito nel sapere col contatto degli ellenisti e dei romani, che crede così. Né il Maestro, l’unico del quale rispetto il giudizio, può rimproverare né me né Israele, Lui che protegge ed è palesemente amico di greci e romani… Io parto da questo concetto filosofico. Se tutto è controllato da Dio, tutto ciò che facciamo è per sua volontà, e perciò ci deve premiare tutti a un modo perché non siamo che automi mossi da Lui. Noi siamo esseri privi di volontà. Lo dice anche il Maestro: “La volontà dell’Altissimo. La volontà del Padre”. Ecco l’unica Volontà. Ed è tanto infinita che schiaccia e annulla la volontà limitata delle creature. Perciò tanto il bene che il male, che sembra che noi facciamo, lo fa Dio, perché ce lo impone. Perciò non ci punirà del male e sarà così esercitata la sua giustizia, perché le nostre colpe non sono volontarie ma imposte da chi vuole che le facciamo perché bene e male siano sulla Terra. Chi è cattivo è il mezzo espiativo dei meno cattivi. E per sé soffre di non poter essere considerato buono, e così espia la sua parte di colpa. Gesù l’ha detto. L’inferno è sulla Terra e nel cuore degli uomini. Satana io non lo sento. Non c’è. Lo credevo un tempo. Ma da qualche tempo sono sicuro che tutto è fola. E credere così è giungere alla pace».
   Giuda sciorina queste… teorie con una sicumera talmente formidabile che gli altri restano senza fiato…

   356.5Gesù tace. E Giuda lo stuzzica: «Non ho ragione, Maestro?».
   «No». Il “no” è così secco che pare uno scoppio.
   «Eppure io… Satana non lo sento e non ammetto il libero arbitrio, il Male. E tutti i sadducei sono con me, e con me sono molti altri, d’Israele o meno. No. Satana non c’è».
   Gesù lo guarda. Uno sguardo che è così complesso che non si può analizzare. È da giudice e da medico, da addolorato, da sbalordito… c’è tutto…
   Giuda, ormai lanciato, termina: «Sarà perché sono meglio degli altri, più perfetto, che ho superato il terrore degli uomini per Satana».
   E Gesù zitto. E lui stuzzica: «Ma parla! Perché io non ne ho terrore?». Gesù tace. «Non rispondi, Maestro? Perché? Hai paura?».
   «No. Sono la Carità. E la Carità trattiene il suo giudizio fino a che non è obbligata a darlo… Lasciami e ritirati», dice in ultimo, perché Giuda cerca di abbracciarlo, e termina in un soffio, stretto per forza fra le braccia del bestemmiatore: «Mi fai ribrezzo! Satana non lo vedi e senti perché è tutt’uno con te. Va’ via, demonio!».
   Giuda, sfrontato, lo bacia e ride, come se il Maestro gli avesse detto in segreto qualche lode.
   Torna dagli altri, che si sono fermati esterrefatti, e dice:
   «Vedete? Io so aprire il cuore al Maestro. E lo faccio felice perché gli mostro la mia confidenza e ne ho lezione. Voi invece!… Mai osate parlare. Perché siete dei superbi. Oh! io sarò quello che saprà più di tutti di Lui. E potrò parlare…».

   356.6Sono raggiunte le porte della città. Vi entrano tutti insieme perché Gesù li ha attesi. Ma mentre passano l’androne Gesù ordina: «I miei fratelli e Simone vadano avanti ad adunare la gente».
   «Perché non io, Maestro? Non mi dài più delle missioni? Non sono più necessarie ora? Me ne hai date due di seguito, e lunghe dei mesi…».
   «E te ne sei lamentato dicendo che volevo allontanarti. Ora ti lamenti perché ti tengo vicino?».
   Giuda non sa che rispondere e tace. Va avanti con Tommaso, lo Zelote, Giacomo di Zebedeo e Andrea. Gesù si ferma per lasciare passare Filippo, Bartolomeo, Matteo e Giovanni, come volesse stare solo. Lo lasciano fare.
   Ma l’amoroso cuore di Giovanni, che ha avuto più volte un luccicare di lacrime negli occhi durante le dispute e le bestemmie di Giuda, fa voltare dopo poco l’apostolo, in tempo per vedere che Gesù, credendosi inosservato nella vietta solitaria e cupa per i continui archivolti che la coprono, si porta le mani alla fronte con un gesto di dolore, curvandosi come chi soffre tanto. Lascia in asso i compagni, il biondo Giovanni, e torna dal Maestro suo: «Che hai, Signor mio? Soffri di nuovo tanto, come quando ti ritrovammo ad Aczib? Oh! mio Signore!».
   «Nulla, Giovanni, nulla! Aiutami tu, col tuo amore. E taci con gli altri. Prega per Giuda».
   «Sì, Maestro. È molto infelice, non è vero? È nelle tenebre e non sa di esserci. Crede di avere raggiunto la pace… È pace la sua?».
   «È molto infelice», dice Gesù accasciato.
   «Non ti accasciare così, Maestro. Pensa a quanti peccatori, induriti nel peccato, sono tornati buoni. Così farà Giuda. Oh! Tu lo salverai certo! Questa notte la passerò in orazione per questo. Dirò al Padre di fare di me uno che sa solo amare, non voglio più che questo. Sognavo di dare la vita per Te o di fare brillare la tua potenza attraverso alle mie opere. Ora non più di questo. Rinuncio a tutto, scelgo la vita più umile e comune e chiedo al Padre di dare tutto il mio a Giuda… per farlo contento… e perché così si volga alla santità… Signore… io dovrei dirti delle cose… Io credo sapere perché Giuda è così».
   «Vieni questa notte. Pregheremo insieme e parleremo».
   «E il Padre mi ascolterà? Accetterà il mio sacrificio?».
   «Il Padre ti benedirà. Ma ne soffrirai…».
   «Oh! no! Basta che veda Te contento… e che Giuda… e che Giuda…».
   «Sì, Giovanni.

   356.7Guarda, ci chiamano. Corriamo».
   La vietta diviene una bella via. La via diviene arteria ornata di portici e fontane. E si orna di piazze l’una più bella dell’altra. Si incrocia con un’altra arteria uguale, e certo nel fondo è un anfiteatro. E malati diversi sono già radunati in un angolo dei portici in attesa del Salvatore.
   Pietro viene incontro a Gesù: «Hanno conservato la fede in ciò che dicemmo di Te in etamin. Sono venuti subito».
   «Ed Io subito premierò la loro fede. Andiamo».
   E va, nel tramonto avanzato che tinge di rosso i marmi, a sanare coloro che lo attendono con fede.







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LA CORONA ANGELICA DI DIO E DI MARIA, ROSA MISTICA.

 

LA CORONA ANGELICA DI DIO E DI MARIA, ROSA MISTICA.


LA CORONA ANGELICA 

DI DIO E DI MARIA, ROSA MISTICA

- Questa corona è composta da 49 grani, suddivisi in 7 gruppi separati (Si può usare anche un rosario dell'Addolorata o dello Spirito Santo) -

FARE IL SEGNO DI CROCE +

"O Dio vieni a salvarmi con i tuoi angeli,

Signore vieni presto in mio aiuto".

(Sulla Croce, che è all'inizio della Corona)

  1. Io Credo in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra
  2. e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio e nostro Signore,
  3. il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
  4. patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto
  5. discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte;
  6. salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre Onnipotente
  7. di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
  8. Credo nello Spirito Santo,
  9. la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei Santi,
  10. la remissione dei peccati,
  11. la resurrezione della carne,
  12. la vita eterna. Amen

Padre Nostro...

Ave Maria - per ottenere più Fede.

Ave Maria - per ottenere più Speranza.

Ave Maria - per ottenere più Carità.

Sul grano del Pater noster:

Primo mistero

<< O Santo Arcangelo MICHELE"Chi è come Dio?"

guidaci nell'umiltà per combattere il demone della superbia,

affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù eucaristico, 

umile e mite di cuore, per appartenere alla sua dinastia regale.  Amen.>>

* Sui 7 grani ripetere:

<< O MARIARegina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

Secondo mistero (Sul grano del Pater noster):

<<O Santo Arcangelo GABRIELE, "Potenza di Dio"

insegnaci a dare con generosità per combattere il demone

dell'avidità, affinché noi diventiamo a somiglianza di

Gesù, donatore di vita eterna, per appartenere 

alla sua dinastia regale. Amen.>>

<< O MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

Terzo mistero:

<<O Santo Arcangelo RAFFAELE, "Medicina di Dio",

guariscici da tutte le malattie e da tutti i peccati di impurità 

per combattere il demone della lussuria, affinché noi

diventiamo a somiglianza di Gesù, santo e puro di cuore,

per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.>>

Sui sette grani bianchi (ripetere 7 volte):

<< O MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>


Quarto mistero:

<<O Santo Arcangelo URIELE, "Fuoco di Dio", insegnaci

ad essere pazienti per combattere il demone dell'ira, 

affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, agnello paziente, 

per appartenere alla sua dinastia regale. Amen.>>

<< MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

Quinto mistero:

Quinto mistero

<< O Santo Arcangelo GEUDIELE, "Lode a Dio", guidaci

nell' accettare i decreti divini per combattere il démone

dell'invidia, affinché noi diventiamo a somiglianza di

Gesù, esecutore perfetto dei decreti del Padre,

per appartenere alla sua dinastia regale. Amen. > >

<< O MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

Sesto mistero:

<< O Santo Arcangelo SEALTIELE, "Preghiera a Dio"

insegnaci ad essere temperanti per combattere il demone

della gola, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, 

perfetto in ogni azione, per appartenere alla sua dinastia regale.  Amen. >>

<< O MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

Settimo mistero:

<< O Santo Arcangelo BARACHIELE, "Benedizione di Dio",

guidaci nello zelo per il Signore, per combattere il

demone dell' accidia, affinché noi diventiamo a somiglianza di Gesù, 

impegnato nel fare la volontà del Padre,

per appartenere alla sua dinastia regale. Amen. >>

<< O MARIA, Regina degli Angeli, intercedi per noi presso il Signore, 

per preparare la Sua Venuta Maestosa con i Suoi figli devoti, 

segnati dal sigillo regale dello Spirito Santo, tuo Sposo divino. Amen.>>

 OREMUS:

<< O SIGNORE ONNIPOTENTE

che Ti manifesti umilmente nella Santa Eucaristia

per intercessione di Maria Santissima

Rosa Mistica e dei Tuoi sette Arcangeli che giorno e notte

Ti lodano presso il Tuo Trono Santo - Ti preghiamo concedici le 

Tue sette sante virtù cristiane per essere fortificati

nell' anima con l'unzione regale, di modo che possiamo

sconfiggere tutte le cause dei nostri mali e garantirci

sempre la Tua Divina Provvidenza ora e sempre.  Amen. >>

FARE IL SEGNO DI CROCE +

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https://devozioni.altervista.org/testi/rosari/maria_ss/2_foglietti_ritagliabili_-_corona_dei_sette_arcangeli_tascabile_.pdf

AVE MARIA!

SANTI APOSTOLI FILIPPO e GIACOMO

 Ss. Philippi et Jacobi Apostolorum ~ II. classis

Tempora: Feria Quarta infra Hebdomadam III post Octavam Paschæ

Filippo nato a Betsaida, è uno dei dodici Apostoli, che primi furono chiamati da. Cristo Signore: da lui Natanaele apprese ch'era venuto il Messia promesso nella legge, e fu condotto al Signore. Con quanta famigliarità Cristo trattasse con lui, lo dimostra chiaramente il fatto, che i Gentili desiderando di vedere il Salvatore, si rivolsero a Filippo; e il Signore volendo nutrire nella solitudine una moltitudine di persone, parlò così a Filippo: « Dove compreremo il pane, perché questi mangino?» Joann.6,5. Egli, ricevuto lo Spirito Santo, andò nella Scizia, che gli era toccata, per predicarvi il Vangelo, e convertì alla fede cristiana quasi tutta quella gente. Infine, giunto a Gerapoli nella Frigia, vi fu legato alla croce per il nome di Cristo e lapidato il 1° Maggio. Il suo corpo sepolto prima ivi stesso dai Cristiani, fu poi trasportato a Roma e deposto nella basilica dei dodici Apostoli insieme col corpo di san Giacomo Apostolo.


Giacomo, fratello del Signore, soprannominato il Giusto, fin dai primi anni non bevve mai vino, si astenne dalla carne, non si tagliò mai i capelli, né fece uso di profumi né di bagni. A lui solo era permesso di entrare nel Santo dei santi. Egli portava vesti di lino: e l'assiduità nel pregare gli aveva fatto divenire i ginocchi duri come la pelle d'un cammello. Dopo l'ascensione di Cristo, gli Apostoli lo crearono vescovo di Gerusalemme; ed a lui il Principe degli Apostoli mandò un messo per annunziargli che un Angelo l'aveva liberato dal carcere. Essendo sorta nel concilio di Gerusalemme controversia sulla legge e la circoncisione, Giacomo, seguendo l'opinione di Pietro, fece un discorso ai fratelli per provare la vocazione dei Gentili, e disse doversi scrivere ai fratelli assenti, di non imporre ai Gentili il giogo della legge Mosaica. Di lui parla pure l'Apostolo ai Galati: «Non vidi nessun altro degli Apostoli, all'infuori di Giacomo fratello del Signore» Gal. 1,19.

Era tanta poi la santità della vita di Giacomo, che gli uomini gareggiavano nel toccare il lembo della sua veste. Giunto all'età di 96 anni, dopo aver governato santissimamente quella Chiesa per 30 anni, predicando intrepidamente il Cristo Figlio di Dio, prima fu assalito con pietre, poi condotto sulla parte più alta del Tempio, donde venne precipitato. Rimasto mezzo morto e colle gambe spezzate, alzava le mani al cielo e pregava Dio per la loro salute con queste parole: «Signore,. perdonali, perché non sanno quel che si fanno». Luc. 23,34. Mentre faceva questa preghiera, gli fu spaccata la testa con un colpo di bastone, e rese l'anima a Dio l'anno settimo di Nerone, e fu sepolto presso il Tempio stesso dov'era stato precipitato, Egli ha scritto una lettera, ch'è una delle sette (Lettere) cattoliche.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

V. O Signore, esaudisci la mia preghiera.
R. E il mio grido giunga fino a Te.
Preghiamo
O Dio, che ci rallegri coll'annuale solennità dei tuoi Apostoli Filippo e Giacomo: concedi, che, come godiamo dei loro meriti, così ne seguiamo gli esempi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.

AMDG et DVM

domenica 8 maggio 2022

Giovanni e le colpe di Giuda Iscariota. I farisei e la questione del divorzio.

 


CCCLVII. Giovanni e le colpe di Giuda Iscariota. I farisei e la questione del divorzio.

   11 dicembre 1945.

   357.1Le magnifiche stelle di una serena notte di marzo splendono nel cielo d’Oriente, così larghe e vivide che sembra che il firmamento si sia abbassato come un baldacchino sulla terrazza della casa che ha accolto Gesù. Una casa molto alta, e messa in uno dei punti più alti della città, di modo che l’orizzonte infinito si apre davanti e intorno a chi guarda da ogni parte. E se la terra si annulla nella oscurità della notte non ancora allietata dalla luna, che è nella fase decrescente, il cielo splende nelle sue mille e mille luci. È veramente la rivincita del firmamento, che espone vittoriosamente le sue aiuole d’astri, le sue praterie di Galatea, i suoi giganti planetari, i suoi boschi di costellazioni contro le effimere vegetazioni della terra che, anche se secolari, sono sempre di un’ora rispetto a queste che sono da quando il Creatore fece il firmamento. E perdendosi a guardare lassù, passeggiando lo sguardo per i viali splendenti dove sono piante le stelle, pare di percepire le voci, i canti di quelle selve di splendori, di quell’enorme organo della più sublime delle cattedrali, nel quale mi piace immaginare facciano da mantici e registri i venti delle corse astrali e voci le stelle lanciate nelle loro traiettorie. Tanto più pare di percepirlo perché il silenzio notturno di Gadara dormente è assoluto. Non canta una fonte, non canta un uccello. Il mondo dorme, e dormono le creature. Dormono gli uomini, meno innocenti delle altre creature, i loro sonni, più o meno quieti, nelle case buie.

   357.2Ma dalla porta della stanza che sbocca sulla terrazza inferiore, perché ve ne è una superiore sulla stanza più alta, sbuca un’ombra alta, appena visibile nella notte per il biancore del viso e delle mani sulla veste oscura, ed è seguita da un’altra più bassa. Camminano in punta di piedi per non destare quelli che forse dormono nella stanza sottostante, e in punta di piedi salgono la scaletta esterna che porta all’ultima terrazza. Poi si prendono per mano e vanno così a sedersi su una panca che corre lungo il parapetto molto alto che cinge la terrazza. La panchetta bassa e il parapetto alto fanno sì che ogni cosa dispaia dai loro occhi. Anche ci fosse la più chiara luna in cielo, scendente ad illuminare il mondo, per essi sarebbe un nulla. Perché la città è nascosta tutta, e con essa le ombre più oscure, nello scuro della notte, dei monti vicini. Solo il cielo si mostra a loro con le sue costellazioni di primavera e le magnifiche stelle di Orione: di Rigel e Beteigeuze, di Aldebaran, del Perseo, e Andromeda e Cassiopea e le Pleiadi unite come sorelle. E Venere zaffirea e diamantata, e Marte di pallido rubino, e il topazio di Giove, sono i re del popolo astrale e palpitano, palpitano come salutando il Signore, affrettando i loro palpiti di luce per la Luce del mondo.
   Gesù alza il capo a guardarle, appoggiandolo contro il muretto alto, e Giovanni lo imita perdendosi a guardare lassù dove si può ignorare il mondo… Poi Gesù dice: «Ed ora che ci siamo detersi nelle stelle, preghiamo».
   Si alza in piedi e Giovanni lo imita. Una lunga preghiera, silenziosa, pressante, tutt’anima, le braccia aperte a croce, il viso alzato, volto a oriente dove si annuncia un primo lucore di luna. E poi il Pater detto insieme, lentamente, non una, ma tre volte, e sempre con un aumento di insistenza nel chiedere, che è chiaramente denunciato nella voce. Una supplica che separa l’anima dalla carne, lanciandola sulle vie dell’infinito, tanto è ardente.
   Poi silenzio. Si siedono dove erano prima, mentre la luna inalba sempre più la terra dormiente.

   357.3Gesù passa un braccio sulle spalle di Giovanni e se lo attira a Sé dicendo: «Dimmi dunque ciò che senti di dovermi dire. Quali sono le cose che il mio Giovanni ha intuite, con l’aiuto della luce spirituale, nell’anima tenebrosa del compagno?».
   «Maestro… io sono pentito di averti detto questo. Farò due peccati…».
   «Perché?».
   «Perché ti darò dolore svelandoti anche quello che non sai e… perché… Maestro, è peccato dire il male che vediamo in un altro? Sì, non è vero? E allora come posso dire questo, ledendo la carità?!…». Giovanni è angosciato.
   Gesù dà luce alla sua anima: «Ascolta, Giovanni. Per te è da più il Maestro o il condiscepolo?».
   «Il Maestro, Signore. Tu sei il più».
   «E che sono Io per te?».
   «Il Principio e la Fine. Sei il Tutto».
   «Credi tu che Io, essendo Tutto, sappia anche tutto ciò che è?».
   «Sì, Signore. Per questo è in me un grande contrasto. Perché penso che Tu sai e soffri. E perché ricordo che mi hai detto un giorno che talora Tu sei l’Uomo, solo l’Uomo, e perciò il Padre ti fa conoscere ciò che è essere uomo, che deve guidarsi secondo ragione. E penso anche che Dio, per pietà di Te, potrebbe occultarti queste brutte verità…».
   «Attieniti a questo pensiero, Giovanni. E parla. Con confidenza. Confidare, a chi ti è “Tutto”, ciò che sai, non è peccato. Perché il “Tutto” non si scandalizza né mormora né mancherà di carità, neppure col pensiero, verso l’infelice. Sarebbe peccato se tu dicessi quello che sai a chi non può essere tutto amore, ai compagni, ad esempio, che farebbero mormorazioni ed anche assalirebbero il colpevole senza misericordia, nuocendo a lui e a loro stessi. Perché bisogna avere misericordia, una misericordia sempre tanto più grande quanto più abbiamo di fronte una povera anima malata di tutti i mali. Un medico, un pietoso infermiere, oppure una madre, se il male di uno malato è poco, poco si impressionano e poco lottano per guarirlo. Ma se il figlio oppure l’uomo è molto malato, in pericolo di vita, già cancrena e paralisi, come lottano, vincendo ripugnanze e fatiche, per guarirlo! Non è così?».
   «Così è, Maestro», dice Giovanni, che ha preso la sua posa abituale del braccio allacciato al collo del Maestro e il capo appoggiato sulla spalla di Lui.
   «Ebbene, non tutti sanno avere misericordia per le anime malate. Perciò si deve essere prudenti nel rendere noti i loro mali, acciò il mondo non le fugga e non nuoccia loro col disprezzo. Un malato che si vede schernito si incupisce e si peggiora. Ma se invece è curato con ilare speranza può guarire, perché l’ilarità fiduciosa dell’assistente entra in lui e aiuta l’opera del farmaco. Ma tu sai che Io sono Misericordia e che non mortificherò Giuda. Parla dunque senza scrupoli. Non sei una spia. Sei un figlio che confida al padre, con amoroso affanno, il male scoperto nel fratello, perché il padre lo curi. Suvvia…».

   357.4Giovanni sospira forte, poi curva ancora di più il capo, lasciandolo scivolare sul petto di Gesù, e dice: «Come è penoso parlare di cose putride!… Signore… Giuda è un impuro… e mi tenta a impurità. Che egli mi schernisca non me ne importa. Ma mi duole che egli venga a Te sozzo dei suoi amori. Da quando è tornato mi ha tentato più volte. Quando il caso ci lascia soli — ed egli lo provoca in tutti i modi — egli non fa che parlare di donne… ed io ne ho il disgusto che avrei essendo immerso in fetide materie che tentassero filtrarmi in bocca…».
   «Ma ne sei turbato nel profondo?».
   «Turbato come? L’anima mia freme. La ragione grida contro queste tentazioni… Io non voglio essere corrotto…».
   «Ma la tua carne che fa?».
   «Si raggriccia di ribrezzo».
   «Questo solo?».
   «Questo, Maestro, e piango allora perché mi pare che Giuda non potrebbe recare maggior offesa a chi si è consacrato a Dio. Dimmi: ciò farà lesione alla mia offerta?».
   «No. Non più di una manata di fango gettata su una lastra di diamante. Non incide la lastra, non la penetra. Basta una coppa d’acqua pura gettata sopra essa per nettarla. Ed è più bella di prima».
   «Detergimi allora».
   «La tua carità ti deterge e il tuo angelo. Nulla resta su te.
   Sei un altare pulito sul quale scende Iddio.

   357.5E che altro fa Giuda?».
   «Signore, egli… Oh! Signore!». La testa di Giovanni scivola più in basso ancora.
   «Che?».
   «Egli… Non è vero che siano soldi suoi quelli che ti dà per i poveri. Sono i soldi dei poveri che egli ruba per sé, per essere lodato di generosità non vera. Tu lo hai inferocito perché nel ritorno dal Tabor gli hai levato tutti i denari. E a me ha detto: “Ci sono spioni fra noi”. Io ho detto: “Spioni di che? Rubi tu forse?”. “No”, mi ha risposto, “ma però uso previdenza e faccio due borse. Qualcuno lo ha detto al Maestro e Lui mi ha imposto di dare tutto, così forte lo ha imposto che fui come legato a farlo”. Ma non è vero, Signore, che faccia ciò per previdenza. Lo fa per avere denaro. Ne potrei deporre con la quasi certezza di dire il vero».
   «Quasi certezza! Questo dubbio, sì, che è lieve colpa. Non puoi accusarlo di essere ladro se non ne sei assolutamente certo. Le azioni degli uomini hanno talora brutto aspetto, ma sono buone».
   «È vero, Maestro. Non lo accuserò più neppure col pensiero.
   Ma però che abbia due borse, e quella che dice sua e che ti dà sia ancora tua e lo faccia per essere lodato, è vero. E io questo non lo farei. Sento che non è bene farlo».
   «Hai ragione.

   357.6Che altro devi dire?».
   Giovanni alza un viso spaventato, apre la bocca per parlare e poi la chiude e scivola in ginocchio nascondendo il viso fra la veste di Gesù, che gli mette una mano sui capelli.
   «Su, dunque! Potresti aver visto male. Io ti aiuterò a vedere bene. Mi devi anche dire ciò che tu pensi sulle probabili cause del peccare di Giuda».
   «Signore, Giuda si sente senza la forza che vorrebbe per fare i miracoli… Tu lo sai che ci ha sembre ambito… Ti ricordi di Endor? E invece… è quello che ne fa meno. Da quando è tornato, poi, non riesce più a nulla… e nella notte se ne lamenta anche in sogno, come fosse un incubo e… Maestro, Maestro mio!».
   «Su. Parla. Fino in fondo».
   «E impreca… e fa della magia. Questa non è menzogna e non è dubbio. L’ho visto io. Mi sceglie per compagno perché dormo sodo. Perché dormivo sodo, anzi. Ora, lo confesso, lo sorveglio, e il mio sonno è meno profondo perché appena si muove io lo sento… Ho fatto male forse. Ma ho finto di dormire per vedere ciò che faceva. E per due volte l’ho visto e sentito fare cose brutte. Io non mi intendo di magia. Ma quella è tale».
   «Solo?».
   «No e sì. A Tiberiade io l’ho seguito. È andato in una casa.
   Ho chiesto dopo chi ci sta. Uno che fa negromanzia con altri. E quando Giuda è uscito, quasi a mattina, dalle parole dette ho capito che si conoscono e sono in tanti… e non tutti stranieri. Chiede al demonio la forza che Tu non gli dài. È per questo che io sacrifico la mia al Padre perché la passi a lui, e lui non sia più peccatore».
   «Dovresti dargli la tua anima. Ma questo né il Padre né Io lo permetteremmo…».

   357.7Un lungo silenzio. Poi Gesù dice con voce stanca: «Andiamo, Giovanni. Scendiamo. Riposeremo in attesa dell’alba».
   «Sei più triste di prima, Signore! Ho fatto male a parlare!».
   «No. Io sapevo già. Ma tu almeno sei più sollevato… e ciò è quello che conta».
   «Signore, devo sfuggirlo?».
   «No. Non temere. Satana non nuoce ai Giovanni. Li terrorizza, ma non può levare loro la grazia che Dio continuamente fa loro. Vieni. A mattina parlerò e poi andremo a Pella. Occorre fare presto, perché il fiume è già gonfio per le nevi che sciolgono e per le acque degli scorsi giorni. Presto sarà in piena, molto più che la luna cerchiata predice piogge abbondanti…».
   Scendono e scompaiono nella stanza inferiore alla terrazza.

   357.8È mattina. Una mattina di marzo. Perciò schiarite e nuvole si alternano nel cielo. Ma le nuvole soverchiano le schiarite, tendendo ad impossessarsi del cielo. Un’aria calda soffia a respiri sincopati e fa pesante l’aria, velandola di una polvere venuta forse dalle zone dell’altipiano.
   «Se non muta vento, questa è acqua!», sentenzia Pietro uscendo dalla casa con gli altri.
   Ultimo esce Gesù, che si accomiata dalle padrone di casa, mentre il padrone si unisce a Lui. Si dirigono verso una piazza.
   Dopo pochi passi li ferma un graduato romano che è insieme a dei militi. «Sei Tu Gesù di Nazaret?».
   «Lo sono».
   «Che fai?».
   «Parlo alle turbe».
   «Dove?».
   «In piazza».
   «Parole sediziose?».
   «No. Precetti di virtù».
   «Bada! Non mentire. Roma ne ha basta di falsi dèi».
   «Vieni tu pure. Vedrai che non mento».
   L’uomo che ha ospitato Gesù sente il dovere di interloquire:
   «Ma da quando tante domande a un rabbi?».
   «Denunzia di uomo sedizioso».
   «Sedizioso? Lui? Ma tu prendi abbaglio, Mario Severo! Questo è l’uomo più mite della Terra. Te lo dico io».
   Il graduato si stringe nelle spalle e risponde: «Meglio per Lui. Ma così ebbe denunzia il centurione. Vada pure. È avvisato». E si volta tutto di un pezzo, andandosene coi subalterni.
   «Ma chi può essere stato? Io non capisco!», dicono in diversi.
   Gesù risponde: «Lasciate di capire. Non serve. Andiamo mentre molti sono sulla piazza. Poi partiremo anche di qui».

   357.9La piazza deve essere una piazza piuttosto commerciale.
   Non è un mercato ma poco meno, perché cinta di fondachi in cui sono depositi di merce di ogni genere. E la gente si affolla in essi. Perciò vi è molta gente sulla piazza e qualcuno ammicca a Gesù e presto un cerchio di gente è intorno al «Nazareno». Un cerchio composto di ogni genere e classe e nazione. Chi c’è per venerazione, chi per curiosità.
   Gesù fa cenno di parlare.
   «Udiamolo!», dice un romano che esce da un magazzino.
   «Non ci sarà da sentire una lamentazione?», gli risponde un suo simile.
   «Non lo credere, Costanzo. È meno indigesto di uno dei soliti retori nostri».
   «A chi mi ascolta, pace! È detto nell’Esdra, nella preghiera[105] di Esdra: “E che diremo ora, o Dio nostro, dopo le cose avvenute? Che, se abbiamo abbandonato i tuoi comandamenti da Te intimati a mezzo dei tuoi servi…”».
   «Fermati, Tu che parli. Il soggetto te lo diamo noi», urla un pugno di farisei che si fanno largo fra la gente. Quasi subito riappare la scorta armata e si ferma all’angolo più vicino. I farisei sono ora di fronte a Gesù. «Sei Tu il Galileo? Gesù di Nazaret sei?».
   «Lo sono!».
   «Lode a Dio che ti abbiamo trovato!». Veramente hanno certi ceffi così astiosi che non mostrano di essere in gioia per l’incontro…
   Il più vecchio parla: «Ti seguiamo da molti giorni, arrivando sempre dopo che Tu sei partito».
   «Perché mi seguite?».
   «Perché sei il Maestro e vogliamo essere ammaestrati in un punto oscuro della Legge».
   «Non vi sono punti oscuri nella Legge di Dio».
   «In essa no. Ma, eh! eh!… Ma sulla Legge sono venute le “sovrapposizioni”, come Tu dici, eh! eh!… e hanno fatto oscurità».
   «Penombre, al massimo. E basta volgere l’intelletto a Dio per distruggere esse pure».
   «Non tutti lo sanno fare. Noi, per esempio, rimaniamo in penombra. Tu sei il Rabbi, eh! eh! Aiutaci dunque».

   357.10«Che volete sapere?».
   «Volevamo sapere se è lecito all’uomo ripudiare per un motivo qualsiasi la propria moglie. È una cosa che spesso avviene, ed ogni volta crea molto rumore là dove avviene. Si rivolgono a noi per sapere se è lecito. E noi, a seconda del caso, rispondiamo».
   «Approvando l’avvenuto nel novanta per cento dei casi. E il dieci per cento che resta disapprovato è nella categoria dei poveri o dei nemici vostri».
   «Come lo sai?».
   «Perché così avviene in tutte le cose umane. E unisco nella categoria la terza classe, quella che, se fosse lecito il divorzio, più ne avrebbe diritto, perché quella dei veri casi penosi, quali una lebbra incurabile, oppure una condanna a vita, o malattie innominabili…».
   «Allora per Te non è mai lecito?».
   «Né per Me, né per l’Altissimo, né per nessuno che sia di animo retto. Non avete letto che il Creatore, nel principio dei giorni, creò l’uomo e la donna? E li creò maschio e femmina; e non aveva bisogno di farlo, ché, se avesse voluto, avrebbe potuto, per il re della creazione, fatto a sua immagine e somiglianza, creare altro modo di procreazione, e ugualmente buono sarebbe stato, pur essendo dissimile da ogni altro naturale. E disse: “Così per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la moglie e i due saranno una sola carne”. Dunque Dio li congiunse in una sola unità. Non sono dunque più “due” ma “una” sola carne. Ciò che Dio ha congiunto, perché vide che “è buona cosa”, l’uomo non lo divida, perché, se così avvenisse, cosa non più buona sarebbe».

   357.11«Ma perché allora Mosè disse: “Se un uomo ha preso una donna con sé, ma essa non ha trovato grazia ai suoi occhi per qualcosa di turpe, egli scriverà un libello di ripudio, glielo consegnerà in mano e la manderà via di casa sua”?».
   «Lo disse per la durezza del vostro cuore. Per evitare, con un ordine, dei disordini troppo gravi. Per questo vi permise di ripudiare le mogli. Ma dal principio non fu così. Perché la donna è da più della bestia, la quale è, a seconda del capriccio del padrone o delle libere circostanze di natura, sottoposta a questo o a quel maschio, carne senz’anima che si accoppia per riprodurre. Le vostre mogli hanno un’anima come voi l’avete, e non è giusto che voi la calpestiate senza sentirne compassione. Ché se è detto nella condanna: “Tu sarai sottoposta alla potestà del marito ed egli ti dominerà”, ciò deve avvenire secondo giustizia e non con prepotenza che lede i diritti dell’anima libera e degna di rispetto. Voi, ripudiando, come lecito non vi è, portate offesa all’anima della vostra compagna, alla carne gemella che alla vostra si è unita, al tutto che è la donna che avete sposata esigendo la sua onestà, mentre, o spergiuri, andate ad essa disonesti, menomati, talora corrotti, e continuate ad esserlo, cogliendo ogni occasione per poterla colpire e dare maggior campo alla libidine insaziabile che è in voi. Prostitutori delle mogli vostre! Per nessun motivo potete separarvi dalla donna che vi è congiunta secondo la Legge e la Benedizione. Solo nel caso che la grazia vi tocchi, e comprendiate che la donna non è un possesso ma un’anima, e perciò ha diritti uguali ai vostri di essere riconosciuta parte dell’uomo e non suo oggetto di piacere, e solo nel caso che sia tanto duro il vostro cuore da non sapere elevarla a moglie, dopo averla goduta come una prostituta, solo nel caso di levare questo scandalo di due che convivono senza benedizione di Dio sulla loro unione, voi potete rimandarla. Perché allora la vostra non è unione ma fornicazione, e sovente senza onore di figli, perché disciolti contro natura o allontanati come vergogna. In nessun altro caso. In nessun altro. Perché se figli illegittimi avete dalla vostra concubina, avete il dovere di porre fine allo scandalo sposandola, se liberi siete. Non contemplo il caso dell’adulterio consumato ai danni della moglie ignara. Per quello sono sante le pietre della lapidazione e le fiamme dello sceol. Ma per chi rimanda la propria moglie legittima perché di essa è sazio e ne prende un’altra, non c’è che una sentenza: costui è adultero. E adultero è chi prende la ripudiata, perché se l’uomo si è arrogato il diritto di separare ciò che Dio ha congiunto, l’unione matrimoniale continua, agli occhi di Dio, e maledetto è chi passa a seconda moglie senza essere vedovo. E maledetto è chi riprende la donna prima sua e poi, rimandatala per ripudio e abbandonatala alle paure della vita, onde essa cede a nuove nozze per il suo pane, la riprende se resta vedova del secondo marito. Perché, anche che vedova sia, ella fu adultera per colpa vostra, e voi raddoppiereste il suo adulterio. Avete compreso, o farisei che mi tentate?».
   Questi se ne vanno scornati, senza rispondere.

   357.12«Severo è l’uomo. Se fosse a Roma vedrebbe però che il fango ribolle ancor più fetente», dice un romano.
   Anche alcuni di Gadara brontolano: «Dura cosa essere uomini, se bisogna essere casti così!…».
   E alcuni più forte: «Se tale è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, meglio stare senza nozze».
   E questa ragione ripetono anche gli apostoli mentre ripigliano la via verso la campagna, dopo aver lasciato quelli di Gadara. Lo dice Giuda con scherno. Lo dice Giacomo di Zebedeo con rispetto e riflessione; e Gesù risponde all’uno e all’altro:
   «Non tutti capiscono questo, né lo capiscono bene. Alcuni infatti preferiscono il celibato per essere liberi di secondare i vizi. Altri per evitare di poter peccare essendo mariti non buoni. Ma solo alcuni, ai quali è concesso, comprendono la bellezza di essere scevri di sensualità e di anche onesta fame di donna. E sono i più santi, i più liberi, i più angelici sulla Terra. Parlo di coloro che si fanno eunuchi per il Regno di Dio. Ci sono negli uomini quelli che nascono tali. Altri che tali vengono fatti. I primi sono mostruosità che devono suscitare compassione, i secondi abusi che vanno repressi. Ma c’è infine la terza categoria: di eunuchi volontari che, senza usarsi violenza, e perciò con doppio merito, sanno aderire alla richiesta di Dio e vivono da angeli perché l’abbandonato altare della Terra abbia ancora fiori e incensi per il Signore. Costoro negano alla parte inferiore soddisfacimento per crescere la parte superiore, onde fiorisca in Cielo nelle aiuole più prossime al trono del Re. E in verità vi dico che non sono dei mutilati, ma sono degli esseri dotati di ciò che manca ai più fra gli uomini. Non oggetto perciò di stolto scherno, ma anzi di grande venerazione. Comprenda ciò chi deve, e rispetti, se può».
   Gli ammogliati fra gli apostoli bisbigliano fra loro.
   «Che avete?», chiede Gesù.
   «E noi? Noi non sapevamo questo e abbiamo preso donna. Ma ci piacerebbe essere come Tu dici…», dice per tutti Bartolomeo.
   «Né vi è interdetto farlo d’ora in poi. Vivete in continenza, vedendo nella compagna la sorella, e grande merito ne avrete agli occhi di Dio. Ma affrettate il passo. Per essere a Pella prima della pioggia».

[105] preghiera, che è in: Esdra 9, 6-15. La parte ripresa inizia al versetto 10.