domenica 1 maggio 2022

NOTIZIE PREZIOSE SU CORNELIO A LAPIDE

 

NOTIZIA SU

CORNELIO A LAPIDE

Originario di Bucold,villaggio dello statoe delladiocesi di Liegi, Cornelio Alapide,o

Cornelis Van denSteen,nacqueil 1566,datamemorabileperquei paesi:poichéil Duca

d’Alba prendevail governo delleFiandree dell’Olanda,cheGuglielmo il Taciturnosi

preparavaa ribellarecontroFilippo II di Spagna.Bucold,patriadi Cornelio,e Lovanio,luogo

di sua dimorafin presso all’etàdi cinquant’anni,sorgono su l’orlo di quelleterrebassee

paludosedove la casad’Orantes’innalzò il modestoseggio di Statolder,chefu peressa il

primo passo altronod’Inghilterra:il chevuol direchela soglia del suo domicilio fu spesso

calpestatadal viavai dellemilizie spagnuole,dei cavalieri alemanni,deiriformatie dei

cattolici in armi.Ricordiamoquestiavvenimenti,non perchéCornelio vi abbiaavutoparte,

ma perchéinfluirono sui suoi pensieri,su le sue decisioni, su,lasua vitae formanoin una

parolail fondo sul qualespiccapurae severala sua figura.

Non conosciamonulla dell’infanziadi Cornelio Alapide,solo sappiamo cheentrògiovane

nellaCompagnia di Gesù la qualegloriosamenteadempiva la missioneaffidataledaDio e

contavatrale sue file il floredellacristianità(1).Il giovanenovizio erapiccolissimo di

statura(2) e di così graciletemperamento,cheil suo stomaconon ressea digerirele vivande

usatedagli altri suoi compagni, sebbene,perausterità,non abbiamai consentitoa cambiarle.

Egli sentivasi portatoalritiro edal silenzio,e si eraquindifissatopernormadi vita

quell’adagio dellasapienzaantica- Vivi ignorato- e parendogli chel’Ordinea cui avevadato

il nome,gli porgerebbeuna specied’asilo in cui viversenenascostoe oscuro ripetevacon

Giobbe:Io morrò nel mio piccolo nido.- In nidulo meomoriar.- Ma Dio disponeva

altrimenti,poichésebbeneCornelio sia mortoin seno allaCompagniadi Gesù,la sua vita

perònon fu,in massimaparte,quellad’un uccellettonel suo nido perdutotrail profondo

silenzio o i misteriosi mormoni del bosco.Cornelio erauno di quegli uomini cheDio sceglie

neitempidi tempestae di lottaperfarnegli alfieri dell’esercitodei Santi.Cuore puro,anima

pienadi caritàe dì umiltà,corpo spiritualizzatodallequotidianesofferenze,glienefornivano

senzadubbio un titolopresso un Duce coronatodi spine;mantenendolonel distaccodalle

coseterrene,portandoloa praticarela rassegnazionee la pazienza,gli meritaronosempredi

meglio in meglio i lumi dello Spirito Santo.Non vediamonoi d’altrondechespesso la

Provvidenzascegliea bei disegno strumentideboli e spregevoli perchési vedachiaramente

chesono da lei adoperati? Essa dunquechiamò il quasi nano,l’infermiccio Cornelio non

solamentea prenderpartealleapostolicheimpresedì quell’Ordinereligioso il quale

sostenevail più fiero impetodellamischia,ma ancoraa rendereallaChiesa servigi affatto

speciali,non dipendentidalla,vitamonastica,quelli cioèdi scrittoree di dottore.E questa

vocazionesi palesò assai di buon’ora.

Il Protestantesimosi eramesso a manomettereil testodelleSacreCarte:qua le snaturava,là

ne stralciavalibri interie scalzava con ciò dallefondamentala tradizionecattolica.Cornelio

Alapidesi sentìrapireda entusiasmoperlo studio dell’ebraicoe dei commentatori.A 28 anni

eraprofessoredi lingua sacrae di SantaScritturaal collegio di Lovanio; diciannoveanni

dopo pubblicavaperobbedienzaammirabili Commentari sulle Epistoledi S. Paolo,e

prendevaun postodistintotragli esegeticattolici;alla sua mortelasciò dieci enormi volumi

in-folio a duecolonne,dì lavori su l’anticoe sul nuovo Testamento.

Per comprenderel’estensionee misurareil valored’un’operadi tantaimportanza,giova

conosceresottoqualeaspettoCornelio Alapideabbiaconsideratola Sacra Scrittura.Egli

medesimocelo indicanei prolegomenida lui posti in fronteai suoi Commentari sul

Pentateuco,e di cui ci sia permesso compendiarequalchepagina.

L’universo è un libro ch’esponeciò ch’èDio; esso è statoformatosul tipo della sferaincreata

e si può chiamarespecchio dellecosedivine:imperfettotuttaviaqual è,non vi offrepunto

un’esattae chiaraimmaginedellaDivinità,ma soltantodelleormedietrole qualiriescefacile

ravvisarla.Inoltre,il libro dellanaturanon ci ammaestrané delleveritàdell’ordine

soprannaturale,nédi ciò checonduceal Cielo della SantaTrinitàedalla felicitàeterna,

oggettodi tuttii desideridell’uomoe in vitae al puntodi morte.Per ciò la bontàinfinitadel

Creatoreha stimatoconvenientedarci un altrolibro chenon è l’universo,libro in cui l’uomo

trovassenon già una mutaimmaginedellaDivinità,ma carattericheparlasseroai suoi occhi,

suoni cherimbombasseroai suoi orecchi,insegnamentichearrivasseroalla sua animae vi

producesseroideevive e chiaredellecosedivine;libro finalmenteda cui apprendessea

conoscereDio e se medesimo,non meno chegli spiriti celesti,la creazione,le regoledi

condottada osservarsi e ì mezzi pergiungerealla felicità.

Questolibro è la SantaScritturala qualecomprende,sia in germe,sia spiegatamente,ogni

scienza,ogni regola,ogni nozione.E, infatti,tuttociò cheesiste,appartieneo all’ordine

naturale,o al soprannaturalechepuò anchedirsi l’ordinedellagrazia,o al divino che

racchiudel’essenzae gli attributidi Dio. Le scienzefisichee la filosofia naturaleci fanno

conoscereil primo.La dottrinarivelata,cioèla fedee la teologiaquaggiù nel mondo,poi

lassù nel Cielo la visionedi Dio, checostituiscela felicitàdegli Angeli e dei Santi,ci fanno

conoscereil secondoe il terzo.Ora chela Sacra Scritturanon solo c’insegni le verità

dell’ordinenaturale,ma chesia anchenecessariaa farceleconoscereperfettamentenon ne

può dubitarechi osservi con S. Tommaso comela filosofia non dimostriquesteveritàse non

a pochepersone,dopo lunghissimo tempoe con mescolanzadi vari errori.

Quali raggi di luceviva dardeggiano su Dio, sui suoi attributi,sull’immortalitàdell’anima,su

la libertàdell’uomo,su le penee su le ricompensefuture,gl’insegnamentidellaScrittura!Poi

con chesicurezzae fermezzanon procedenello sviluppo di tuttequestequestioni! Le stesse

scienzenaturali sono da leirimessesu la buonavia quandone traviano.

Dove trovare,intornola creazionee l’originedel mondo,cognizioni cosi sicurecomequelle

checi sono datedall’Ecclesiaste,daGIOBBE e dallaGenesi? E non sono forsei libri storici

dellaBibbia,quelli cheracchiudono la storiaprimitiva di tuttii popoli e danno la sola

S. Gerolamo,S. Agostino,dottori sommi,non hanno un pensieroil qualegià non si trovi,

almenoin germe,nella Scrittura.Anzi San Gregorio Magno non si peritavadi asserire,chevi

sono nei Libri Santi dei misterii quali non furono rivelatiagli uomini e chesolo gli Angioli

conoscono.

Di qui neseguecheè quasi infinitanel suo oggettoe difficilissima ad acquistarsila scienza

dellaScritturaa cagionedellasua profondità.

Se si guardaalledifficoltàd’interpretazione,si trovaquestadifferenzatrai Libri Sacri e i

profani,chementrein questi ciascunafrasenon presentaquasi mai più cheun senso,in quelli

se nehanno persino quattro.Il senso letteralecheè quello cheimmediatamenterisultadalle

paroleo daifattinarrati;l’allegorico chesi trovaquandoquelleparoleo queifatticelanouna

profeziariguardanteGesù Cristo o la Chiesa;il tropologico,quandoessecontengonoun

insegnamentocheriguardai costumi;l’anagogico,quandoespongono,comein enigma,

qualcheveritào qualcherivelazionerelativaalla vitaavvenire.

Si avvertaancorache,primadi darsi seriamenteallo studio della Scritturae dei suoi grandi

interpreti,i Padri dellaChiesa,bisogna conosceregli idiotismi del grecoe dell’ebraico,

linguenellequalifurono primitivamentescrittii Libri Sacri.

Cornelio si slanciò coraggioso e corsetuttala via.Continuò la compilazionedei suoi

Commentariin mezzo alletrepidevicendedelleguerrereligiosechedesolavano il Brabante

edi possessi spagnuoli delleFiandre:in mezzo allecontroversiechemettevanoa rumoreil

campomedesimodei cattolici,comene fa fedel’insegnamentodi Baio all’universitàdi

Lovanio,e non ostantele fatichedella cattedrae quelledel ministeroecclesiastico,comela

confessionee la predicazione.


La protezionedi Dio vegliava in modo particolaresopradi lui,lo sostenne,lo fortificò,lo

preservò da grandi pericoli edanchedallamorte.Ed ecco in qualeoccorrenza.

Sorgeva in Aspracollina,poco lungi da Lovanio,una cappelladedicataallaVergine,celebre

permolti miracoli ivi avvenuti.Il dì 8 settembredel 1604,Cornelio vi si erarecatoper

ascoltarele confessioni dei divoti di Maria soliti ad accorrervi in folla,perannunziareloro la

paroladi Dio e peroffrireil santosacrificio,quando ad un trattocomparveuna squadradi

cavalleriaolandese,avanzatasicon tantasegretezzae rapidità,chei .cattolicifurono tutticolti

alla sprovveduta.Orrendafu la stragee il sacro edifìzio fu messo a fuoco.AppenaCornelio si

riebbedallo sbigottimento,corsealtabernacolo,ne tolseil Sacramentoe lo portòcon sé

temendochevenissedagli ereticiprofanato.Ma in un momentofu circondatoda nemici dai

quali permiracolo potéscampare.

Leggendo questoraccontonon ci sembraquasi d’assisteread una di quellescenedi sangue

dellequali parecchidei nostri villaggi furono testimoni nei giorni del Terrore? Come un

nuovo Ercole,il Protestantesimopreludevada bambino allecarneficine,a cui dovevapoi

metteremano da vecchio, sottonomeedabitodiverso da quello dellasua giovinezza.Del

resto,Ercole edil Protestantesimo,non sono in fin dei contiuna medesimaapparizione

dell’anticoavversario del genereumano il qualesi facevaadoraresottole sembianzedi

quello e dogmatizzavaperboccadi questo?

Dopo la pubblicazionedei suoi Commentari su le Letteredi San Paolo,e mentresi disponeva

a pubblicarequelli sul Pentateuco,Cornelio fu chiamatoa Roma dalGeneraledella

Compagniadi Gesù,il PadreAcquaviva,il quale,onorandolo sopraogni altromembro

dell’Ordine,gli affidavala cattedradi Sacra Scritturaal Collegio romano.Gli applausi che

perlunghi anni ivi riscosseeranospineperun cuorecosi umilecomeil suo: ad ogni

espressionedi stimachegli fosse indirizzata,chinava il capo e diceva:" In veritàe coscienza

io sono il più stupido degli uomini: perchéda quarantaanni studio i Libri Santi,da trentain

quanon mi applico ad altro,eppurenon li comprendocheassai imperfettamente(3) ".

Verso l’anno 1620 la cagionevolesua sanitàsoccombevaal peso dellacarica,si chedovette

ritirarsi dall’insegnamentoe restringersi alla redazionedei suoi Commentari.La Provvidenza

si serviva di questomezzo perdargli quellatranquillitàe quellavitadì solitudinetanto

necessario allo scrittorecheha da consultaremolti volumi e lunghericercheda fare.Egli

medesimoci ha tracciatoil quadrodei suoi pensieri e del suo statodurantequest’ultimo

periododellasua vita." Io fuggo,dice,il fracasso degli appartamentidei grandi e cerco il

silenzio edil ritiro che,senzariuscirmi inutili,mi sono puresì cari.Vivo in compagniadei

Padri dellaChiesa edho trovatoa Roma l’asilo sacro di Betlemme,cheS. Gerolamo andò

cercandocon tantaansia sino in fondo alla Palestina.Da giovaneho fattoil servizio di Marta,

avanzatonegli anni adempioe mi dilettodell’uffizio di Maria.Penso alla brevitàdellavita,

sto alla presenzadi Dio e mi vo preparandoall’eternitàches’avanza.Le mie consolazioni

stannotuttenellamia collettachefu semprepermeun’amicafedele;io la preferisco a tuttala

terrae mi ha l’ariad’un Paradiso terrestre.Allievo dellesantemuseaspiro al Cielo,mi riposo

nella contemplazione,nella letturae nellacomposizionecheè nello stesso tempoun lavoro.

Mi applico a riceverele inspirazioni divine,a meditaree celebraregli oracoli eterni.Seduto

ai piedi di Cristo,ricevo con raccoglimentodallasua boccale paroledi vita,perfarlepoi

intendereagli altri(4)".

Composti a Lovanio,i primi lavori di Cornelio,chesono i Commentari su le Letteredi S.

Paolo e sul Pentateuco,eranostatida lui dedicatii primi a MattiaHovio, Arcivescovo di

Malines,i secondi a P.H. Vanderburch,Arcivescovo di Cambrai e principedel sacro impero,

ambedue,ma specialmentequest’ultimo,strettamentea lui uniti da un reciproco affettoe dal

gusto peri medesimi studi.A Roma Cornelio si tennein tantaritiratezza,checredettepotersi

esimeredal dedicarea personadi questomondo le sueOpere.I Commentari sui Profeti,dei

quali un volumecomparvenel 1622 (5),l’altronel 1625 (6),portanola dedicaa Dio edalla

SS. Trinità;quelli sugli Atti degli Apostoli, su le Epistolecanonichee l’Apocalisse(7) non

hanno dedica:quelli su l’Ecclesiastico (8) sono posti sottoil patrocinio di Gesù Cristo e

quelli sui libri di Salomone(9) si presentanooffertiallaVergine,Madre dellaSapienza

eterna." Ricevete,dice,o Vergine saggia e benedetta,questiCommentari su la sapienzadel

più saggio fra i mortali.Essi a Voi appartengono,perchéla sapienzadeveritornarea Chi la

concede,perquel mediatoremedesimo chel’ha messaal mondo ".

L’Alapidenon lascia intantodi volgerequalchevoltalo sguardo al Belgio; gli rincrescevadi

non avernepotutobagnareil suolo col suo sangue,perchédesideravala corona,del martirio.

" O Profetidel Signore!esclamanellaprefazionedei suoi Commentari sui quattroProfeti

maggiori,o Profetidel Signore,chemi avetedatodi parteciparealla coronavostradi Profeta

e di Dottore,deh!fatech’io divenga ancoravostro compagno nel martirio e chesuggelli col

sanguemio la veritàchemi avetetrasmesso.Allora il mio insegnamentosaràcompitoe

perfetto,quandoavràquestaimpronta.Molti anni ho speso nello spiegaree commentarele

vostreparole:vi ho fattoparlaree profetarein una lingua moderna,edho anch’io in certo

qual modo con voi profetizzato;non altromi restase non chemi otteniatedal Padredei lumi,

cheè ad un tempo,il Padredellemisericordie,la mercededel Profeta,cheè il martirio ".

Cornelio Van denSteen,ci piacerebberispondergli,martirevuol diretestimonio:or dunque

non avetevoi ricevutola graziadi essereil testimonio delladivinitàe dellapotenzadi Gesù

Cristo con la professionedeitrevotireligiosi,col modo con cui avetesopportatola malferma

salute,col coraggio e la perseveranzacon cui avetecondottoa terminei vostri lavori intorno

ai Libri Santi? Se non aveteversatoil sangueperil Salvatore,avetelogorato,perla gloria del

suo nome,le forzedel vostro corpo e consumatole sorgentidellavostravita.Per altraparte,

il martirio è testimonianzala qualenon durachequalcheora,al più qualchegiorno;non

vieneresase non alla presenzadi alcunepersonee spesso avvienechese ne fa appenacenno

nella storia;mentrela testimonianzadegli scrittieccellentidurasecoli interi,si producein

facciaall’universo e si rinnova a ogni letturachese nefa.Oh! non ultimo è il postocheavete

occupatotrai servi di Dio. Ma chi oseràdareconfortoad un’animaalla qualenon restapiù

altrocheun solo sacrifìzio da farea colui cheamae chesi vedenegatodi farlo?

Cornelio Alapidecessavadi viverein Roma,il 12 marzo 1637,in etàdi oltresettant’anni

(10),lasciandomanoscrittidei Commentari sui Vangeli e sulla massimapartedei libri storici

dell’Antico Testamento.

Il Collegio Romano dedicò i Commentari sui Vangeli al principeCardinaleFrancesco

Barberini,cancellieredellaSantaRomanaChiesa,nipotedi PapaUrbano Vili e suo legatoin

Franciaedin Ispagna.In capo a quel volumesi leggono questeparole:" Il professoredi cui

deploriamola perdita,ha sviluppatomoltissimemassimeriguardantii costumi,ma noi

possiamo attestarech’egli medesimopraticòtuttequellechepotevanoriguardarlo;di maniera

chese si volessefarela storiadellasua vita,basterebberiprodurrele regoledi condottada lui

fissatenei suoi Commentari.Quando dunquevi cadràsott’occhi il ritrattod’un personaggio

amico dellasolitudinee dellacontemplazione,fatecontodi avereinnanzi quello di Cornelio

Alapide".

Dettatisenzaseguirel’ordinescritturalee in diversitempi,i Commentaridell’Alapidesi

estendonotuttaviasu tuttainterala Bibbia,eccettoil Libro di GIOBBE edi Salmi intorno ai

quali egli non lasciò cheappuntiincompletinon.mai pubblicati.

Abbiamo già accennatosottoqualeaspettoil dottoGesuitaconsiderassela Sacra Scritturaed

abbiamocon ciò datoun’ideaesattadell’Operada lui compiuta;ora aggiungiamo chenon

solo esponein modo chiaroe preciso i diversi sensi deltestosacro,ma inoltremetteaccanto

a questapartecheformala basedi tuttoil Commentario,il riassuntodelladottrinadei grandi

teologiriguardotuttii puntipiù importantidel dogmae della,morale,numerosissimee

svariatissimecitazioni di Padri,di autoriasceticie anchedi filosofi e,poetipagani e

finalmentedei brani dellastoriaecclesiasticae profanae dellevitedei Santi.Egli abbraccia

in unaparolain quasituttala sua ampiezzala verascienza,cioèla scienzadi Dio, dell’uomo

e del mondo,osservatial lumedellarivelazione,il qualesolo gettasui misteridi quaggiù una

lucesufficiente.

Cornelio Alapideci sembranon solo il miglioree il più compiutotrala numerosaschieradei

Commentatoriusciti dalla scuola cattolicadel secoloXVI, ma forseil primo,almenonel

genereda lui adottato,cheè eccellente.Egli è l’unico checi abbiadatoun corso quasi intero

di Sacra Scritturacommentatae sviluppatasu le traccee dietrogli stupendilavori dei Padri e

dellaglossa di tuttala tradizione.Per noi è un disegno dellaProvvidenzach’egli abbia

passatotrent’annidella sua cameradi scrittoresui posti avanzatidellacristianitàe l’abbiapoi

chiusa in Roma,perchécosi ebbecampodi benconoscerela lottachesi stavacombattendo,e

fu in grado di serbarenei suoi Commentarila purezzad’insegnamentodellamadree maestra

di tuttele Chiese.

L’esserepoi venutopiù tardi,gli giovò a schivarealcuni di quegli scogli nei quali avevano

rottoi suoi antecessori,il regno assolutodi Aristoteleaveva fattoil suo tempoe la scoperta

dellastampaandavaproducendoi suoi risultati.Dalla falangedei dotticriticifioriti sulla fine

del secoloXVI e sul principio delXVII, eranovenutealla lucecorretteedizioni della

maggior partedei Padri,ma soprattuttodi S. Agostino:i materiali importantidi cui Cornelio

potevadisporreeranoabbastanzapuri e,se si eccettual’attribuirech’egli fa,a certiDottori

dellaChiesa,testicheprobabilmenteappartengonoad altri;se si eccettuanoalcuneteorie

scientificheoggidì ripudiatee allusioni a fattidi storianaturalerilegatitrale fiabe,non gli si

può forseaddebitarealtrodifettochequello di ripetersiqualchevolta,di non attenersiad un

ordinerigoroso e di non averlavoratotuttee singole le partidellasuaOperanella stessa

maniera.Noi crediamoche,senzaaverel’ariadi fareun panegirico,ci sia permessodi far

osservarecomeCornelio Alapidenon diedeal suo lavoro l’ultimamano e ched’altrondele

imperfezioni additateeranoquasi inevitabili.La Sacra Scritturaesprimesoventela medesima

veritàin termini pressappocoidentici;comepotevanofarei Commentatoriad evitareogni

ripetizione?

In secondoluogo,la mancanzadi ordinein Cornelio non è taleda produrrel’incoerenzae la

confusione;aiutaanzi ad evitareuna uniformitàd’andamentochestancherebbeil lettoree

toglierebbeall’insegnamentodel maestroqualchecosa di quellanaturalezzatantocara,

quandonon passi i limiti,nelleOperedi mole.

In terzoluogo,qualunqueCommentatoreil qualenon airestringea presentareil senso del

testo,ricavadai Padri e dagli Autori ecclesiasticila massimapartedellespiegazioni che

v’innesta.Ora costoronon hanno già commentatotuttii versetti,e nemmenotuttii libri della

Sacra Scrittura,ma si attennerofii più importanti,avutoriguardoalla dottrina,alfrequente

uso cheneoccorrevanella liturgia od ai bisogni dei popoli cheloro toccavaistruire.Per

questoi libri storici,eccettola Genesi,i Vangeli e gli Atti apostolici,furono lasciati

generalmenteda parte.I libri morali dell’Antico Testamento,ancorchéfrequentementecitati,

non venneroperòmairiuniti in un corno da formaretrattaticompleti.Finalmentequei

medesimi chesono statipiù ampiamentee più generalmentespiegati.lo furono da dottori

differentidi genio e con diverso sviluppo.

Così, peresempio,pertenerciai principali,S. Gerolamo,S. Agostino,S. Cirillo

d’Alessandriaci hanno lasciatolavori egregi sui Profeti:i Santi Basilio.Ambrosio,Giovanni

Crisostomo,e sopratuttil’illustrevescovo d’Ippona.hanno illustratoi misteridellaGenesi:

avestidueultimi e S. Tommaso d’Aquino ci hanno datoil prodottodi lunghi e mirabili studi

su S. Matteo,S. Giovanni,gli Atti apostolici e le Epistoledi San Paolo.Tutti conoscono la

stupendaparafrasi di San Gregorio su Giobbe.S. Gregorio Nisseno e S. Bernardospiegarono

il Cantico dE’ Cantici.La maggior partedei Padri,ma particolarmentei Santi Basilio,

Ambrogio e Agostino,scrisseropagineinarrivabili intorno ai Salmi.Donde ne seguecheper

quantasia la scienza,l’ingegno,il gusto dell’esegeta.non potràmaifarechei Commentari

alquantoampi intornoai libri dellaSacra Scritturada noi indicati,non risultino assai

superiori a quelli chesvolgono i libri di cui i principi dellascienzacristiananon si

occuparonodì proposito.

Cornelio Alapidenon potésottrarsi alla legge generale,ecco tuttoquello chegli si può

addebitare;la sua vastaerudizioneperòlo portòin grado di lottarecontrodi essae di non

subirnechein parteil giogo.I suoi Commentari sui libri morali dell’Antico Testamento,

quelli soprattuttochespiegano l’Ecclesiastico,non lasciano quasi nulla a desiderare;

consideratipoi nel loro complesso,dal Pentateucoall’Apocalisse,offrono la minierapiù ricca

chepernoi si conoscain fattod’erudizionesacra(11).

Del restola cristianitàgli ha reso pienagiustiziae pocheOperecompletedei Padri della

Chiesa ebberotanteristampequantene contanoquelledel dottoprofessoredel Collegio

romano.Nel corso di ventunoanni,i Commentari sulle Letteredi S. Paolo,considerati,è

vero,comeil migliorlavoro uscitodalla sua penna,furono ristampaticinquevoltenella sola

Anversa.

Tra le provincedellaChiesa non v’è chela Franciala qualesullo scorcio delXVII e pertutto

il XVIII secolo si è mostrataseverae,diciamopure,ingiustaverso Cornelio Alapide.Moreri,

RiccardoSimon,Dom Chardon,Elia Dupin,ecc.l’hanno l’un dopo l’altro,qual più qual

meno,bistrattato.Ma questonon devepiù farestupirenessuno,perchési sa chela Francia,

cheha energicamentee gloriosamentecombattutogli errori dellaRiforma,si è poi lasciataun

poco travolgeredallo spiritodel Protestantesimoin tuttociò chesi riferiscealla vita

dell’anima.In vecedi un razionalismo dogmatico,essavide nasceree serpeggiareuna specie

di razionalismo morale:moltissimi non compreserobenele relazioni dell’uomo con Dio e

l’azionedi Dio sull’uomo.Un ventoglacialesoffiò sul loro cuoree purtropponeavvizzì

quellameravigliosa fioritura,pienadi attrattivee di profumi,chesi chiamapietàcattolica.Il

Cielo fu foggiatodi bronzo:al soprannaturalesi diedelo sfratto,o poco meno,dalla vitadegli

uomini e dellastoria,moderna:quello chesi chiamaval’eccesso della confidenzain Dio,fu

severamentebiasimatoe il cultodellaVergine benedettafu confinatoin un’angustacerchia.

Come mai avrebberopotutoincontrarfavorei Commentaridi Cornelio, spirantila pietàe lo

spiritodi altregenerazioni? (12).Dom Chardon,autorenon sospettodi eresia,li trattacosì

alla carlona,dicendoli compilazioni informi,riboccantidi storielle,di leggende,d’inezie.

Ai nostri giorni la Biografia universaledi Michaud si è dimostratapiù giusta.Essa da a

Cornelio il nomedi oratoreeloquente,altrettantoprofondonella filosofia e teologia,quanto

versatonellastoria.Che differenzatral’un giudizio e l’altro!Non avremmoaccennatoa

questadiversitàdi accoglienzacheebbeCornelio Alapide,se il secolo nostronon dovesse

essere,secondol’espressionedi un giovanee dottoecclesiastico(13),il secolo delle

riparazioni,e se Cornelio non ne avessediritto.

Le principali edizioni,di tuttal’Operadel gesuitadi Bucold,una,e non ultima,delleglorie

dellaCompagnia di Gesù,così fecondadi sapienti scrittori,sono quelled’Anversa,10 volumi

in-folio: 1618-1642; di Venezia,1711; di Lione,1732; quellae questain 16 volumi in-folio.

In questosecolo la casaPelagauddi Lione cen’hadatoun’edizionein 20 volumi in-4.;

un’altraè statafattaa Malta,una purea Napoli; e l’ultimacheconosciamoè quelladi

Milano.



https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2017/12/FIGURA-DI-SAN-PAOLO-C-A-Lapide.pdf




NOTE

(1) Pochi ai giorni nostri si fanno un’ideadellapremuracon cui la gioventùcattolicaaccorse

sottoil vessillo di Sant’Ignazio di Loiola percombattereil Protestantesimo.Ce nedà un

cennola dedicadelleOperepostumedi Cornelio Alapide.Ivi Nuzio d’Anversa,editoredi

Cornelio,ci notificacom’egli avessenellaCompagnia un figlio e sei nipoti,figli di tresue

sorelle,

(2) Uno del biografi di Cornelio ci ha tramandatoa questopropositoil seguenteaneddoto:"

Chiamatoun di a predicaredavantial Papa,Cornelio cominciò standoin ginocchio;il

ponteficegli ordinò di alzarsi edegli obbedì,ma anchelevatoin piedi egli comparivadi

personacosi piccolo cheSua Santitàcredettech’egli non avessecangiatopositurae gli ripeté

il suo invito.Cornelio compreseil motivo di questonuovo ordine,e modestamentedisse:-

BeatissimePater,Ipse fecitnos etnon ipsi nos.- " Beatissimo Padre,èDio checi ha fattie

non siamo noi " (LECUY, Biografieuniverselle).

(3) ALLEGAMBE, De Scriptoribus SocietatisJesu.

(4) Vedi la dedicadei commentarisui Profetimaggiori.

(5) In quatuorproph.maiores comment.

(6) In duodecimproph.minores comment.

(7) 1627.

(8) 1634.

(9) In Prov. Salom.comment.1625.- In Ecclesiasten.Cantica,Sapientia,comment.1638.

(10) La famiglia Van denSteennon è ancoraestinta,duraanzi moltonumerosa.Un membro

di essa,il conteVan denSteendi Iehai,ministroplenipotenziariodel Belgio presso la Santa

Sede,è mortoa Roma alquantianni addietro:il suo corpo riposanella real chiesadi S.

Giuliano dei Belgi.

(11) Qui vienea propositoun fattoparticolaredellacui autenticitàci rendiamogaranti.

L’abated’un monasterofrancesecompi intentavaun giorno il Generaledi un Ordineed

esprimevagli la meraviglia e lo stuporechein lui avevadestatola scienzae la vasta

erudizionedi cui avevadatosaggio sia nel discorsi, sia negli scritti suoi:"Eh sì, chevoi,

aggiungeva,aveteconsumatomolti anni nello studio del Padri dellaChiesa ". - " Troppo

onorevoi m’attribuite,risposeil modestoedeloquentereligioso;del padrilo conosco ben

poco più di quello chene ho trovatoin Cornelio Alapide,e tuttala mia scienzasì riducealla

conoscenzadelleOperedi quel grandeCommentatore".

(12) È inutilefar osservarecomela severacensura,chequi giustamentefa alla sua patriail

compilatorefrancese,non è applicabileall’Italia,néperla fortunachev’incontraronoi

commentaridell’Alapide,né peri motivi chedeterminaronotal sfortunain Francia (N. del

Traduttoreitaliano).

(13) L’abateDarbois (poi Arcivescovo di Parisi),nellaprefazionealla traduzionedelleOpere

di S. Dionigi Areopagita.



LUCA SIGNORELLI: Il Giudizio Universale

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Il Giudizio Universale di Luca Signorelli. Apocalisse in scene

"Giudizio Universale" di Luca Signorelli."Dannati all'inferno" o "Chiamata all'Inferno"

Uno dei temi letterari maggiormente raffigurati nella storia dell’arte, una delle opere più amate e studiate, un’opera che resterà per sempre immortale è la Divina Commedia. Ogni artista nella sua composizione ha scelto di mettere in luce un particolare episodio, chi d’amore, chi di gioia, chi di dolore, chi di condanna, chi di approvazione e perdono divino. Il ciclo “Giudizio Universale” di Luca Signorelli, invece, rappresenta il tema in una versione più personale, quasi soggettiva, riprendendo la narrazione della “Divina Commedia” di Dante.

Il “Giudizio Universale” di Luca Signorelli. Una Divina Commedia ad Orvieto

Tra il 1499 e il 1503, il pittore si occupò della decorazione del Duomo di Orvieto, realizzando così il suo capolavoro: il “Giudizio Universale” di Luca Signorelli nella Cappella di San Brizio su temi apocalittici e dell’oltretomba con riferimento al poema dantesco. In precedenza era stato già raffigurato Dante Alighieri in diverse pose e motivi, in particolare si ricorda quello di Botticelli, ritratto nel passaggio da un girone ad un altro e totalmente immerso nel cammino tanto arduo della selva oscura. Luca Signorelli, invece, nel tratteggiare il sommo poeta ad Orvieto, lo coglie nello studio, immerso nei testi e colto dall’estro letterario. 

Tra i peccatori. La “Chiamata all’Inferno” e i “Dannati all’Inferno”

Nel “Giudizio Universale” di Luca Signorelli ad Orvieto sono raffigurate varie scene del poema, considerate alla stregua di una visione quasi profetica di ciò che aspetterà all’uomo, del suo destino. Quasi un monito, un’occasione per comprendere la propria sorte funesta e indirizzarsi al bene, cambiando così il proprio fato. I primi gironi dell’Inferno, la scena della “Chiamata all’Inferno”, sono raffigurati sinteticamente con un gruppo di ignavi che rincorrono una bandiera, il traghettatore delle anime Caronte che è pronto a compiere il suo dovere e Minosse mentre giudica e condanna i peccatori esaminati. Tutti sono rappresentati in un’unica scena, in un unico ambiente al di sotto della raffigurazione della Giustizia Divina, simboleggiata dai due angeli armati con la spada.

La raffigurazione infernale prosegue con la scena dei “Dannati all’Inferno”: un esercito di diavoli tormenta i peccatori in una mischia, o ancora, i dannati sono presi in volo da diavoli con ali. Al di sopra gli Arcangeli, muniti di armatura, sorvegliano la scena con pacatezza e autorità. In una raffigurazione teatrale, quasi coreografica, prendono vita le illustrazioni del poema, ricche di gesti, movimenti, luci e pose ardite con corpi sapientemente modellati. Gli abili disegni dimostrano la bravura e la conoscenza anatomica di Signorelli, che esalta la plasticità e il dinamismo del corpo umano. Il nudo viene sottolineato da ardite composizioni, mai sperimentate fino a questo momento. In Signorelli l’intenzione maggiore è quella di spaventare i fedeli, di ammonirli a lasciare cattive vie e abitudini e affidarsi alla Fede divina.

L’ammonimento: la “Risurrezione della carne”

Il fine di ammonire è sempre presente nel “Giudizio Universale” di Luca Signorelli, con toni più pacati, ma utili a ricordare la giusta via da seguire. In particolare il riquadro della “Resurrezione della carne” ricorda un momento specifico del filone apocalittico dantesco . Al di sotto di due angeli con tromba e muniti di bandiera crociata, circondati da angeli in monocromo e nastri svolazzanti, i corpi ritornano alla vita. Questa volta non escono dagli avelli, ma da un terreno bianco. Gli scheletri riprendono corpi e muscoli per tornare a vivere. I due Angeli hanno alle loro spalle una decorazione come di cera d’api.

Per il pittore, come per il poeta Dante, la conoscenza vuol dire seguire principi morali ben specifici, evidente grazie ad un linguaggio artistico specifico e molto convincente. Il monito di mettere in guardia i fedeli è costante, dall’Inferno al Purgatorio, dai dannati agli Eletti che ammirano gli Angeli. Il pittore vuol guidare in un vero e proprio esame di coscienza che permetta di salvarsi prima che avvenga l’irreparabile.

Il “Giudizio Universale” di Luca Signorelli. L’ascensione con “Salita al Paradiso” e “Beati in Paradiso”

Di fianco alla scena della “Chiamata all’Inferno” – la scena con dannati e con Caronte e Minosse pronti al loro lavoro – si può notare una raffigurazione della “Salita al Paradiso. Una semplice finestra separa le due scene in cui gli uomini sono divisi tra chi dovrà essere giudicato e punito, condannato al giudizio di Minosse, e chi verrà salvato. Gli Angeli musicanti sono pronti ad accompagnare gli uomini che hanno meritato questo premio indicandogli la strada. Il clima è disteso, pieno di gioia, colorato. Tutto rimanda alla pace divina che aspetta gli uomini giusti.

La scena dei “Beati in Paradiso” o “Scena degli Eletti” ricorda di seguire giusti precetti. Al centro della scena due angeli spargono rose e altri fiori sui beati sottostanti. Guardano in su, estasiati dallo spettacolo che si svolge nel registro superiore con gli Angeli musicanti. Qui, 9 angeli sono impegnati in un concerto con diversi strumenti musicali, raffigurati in modo dettagliato e veritiero. Vi sono sia angeli in volo sia altri angeli seduti su di una nuvola, quasi dura come fosse una sedia o un arredo.

Anche nelle scene del Paradiso Luca Signorelli dà prova del messaggio che vuole mandare: una progressione di emozioni, uno sguardo approfondito sui gironi, con diversi sentimenti che tormentano o allietano l’animo per mostrare in fine il premio finale. Anche nelle due ultime scene analizzate, il pittore continua a mostrare la sua bravura nella composizione anatomica, nonostante i corpi non siano presi dal dolore, un dolore così forte che li fa contorcere, come avviene nell’Inferno. Sono corpi distesi, calmi e quieti, ma comunque veri, anatomicamente perfetti.

Cappella di San Brizio. 

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sabato 30 aprile 2022

Santa Caterina da Siena: Carta 37. A fray Nicolás de Ghida


SANTA CATALINA DE SIENA

LAS DOS CELDAS DEL MONJE1


Carta 37. A fray Nicolás de Ghida2, de la Orden del Monte Oliveto3

En nombre de Jesucristo crucificado y de la dulce María.

Queridísimo hijo en Cristo, el dulce Jesús. Yo, Catalina, sierva y

esclava de los siervos de Jesucristo, os escribo en su preciosa sangre con el

deseo de veros morador de la celda del conocimiento de vos y de la bondad

de Dios en vos.

Esa celda es una morada que la persona lleva consigo a donde quiera

que vaya. En ella se adquieren las verdaderas y reales virtudes, y

singularmente la humildad y la ardentísima caridad. Como consecuencia del

conocimiento de nosotros mismos, el alma se humilla reconociendo su

imperfección y que por sí misma no existe, pues comprende haber recibido

de Dios su existencia. Por eso reconoce también la bondad de Dios en ella.

A esa bondad le atribuye su existencia y todos los dones que a la existencia

se han añadido. De este modo adquiere una verdadera y perfecta caridad,

amando con todo el corazón, con todo el afecto y con toda su alma4

. Porque

ama, concibe rechazo a los sentidos egoístas y, por el rechazo al mal que hay

en sí misma, se encuentra contenta con que Dios quiera y sepa corregirla del

modo que desee a causa de los pecados.

Pronto se convierte en paciente de toda tribulación que sobrevenga,

interior o exterior. Por eso, si tiene malos pensamientos, los sufre de buen

grado, considerándose indigna de la paz y quietud de espíritu que tienen otros

servidores de Dios, y se juzga digna de todo sufrimiento e indigna del fruto

que a él sigue.

¿De dónde viene esto?: del santo conocimiento de sí misma. Se



1 Texto transcrito por fray Julián de Cos a partir de la traducción realizada por fray José

Salvador y Conde en la obra: Epistolario de Santa Catalina de Siena. Espíritu y doctrina,

2 vols., San Esteban, Salamanca 1982.

2 Nicolás de Ghida: buen médico, discípulo de Catalina, ingresó en la Orden de Monte

Oliveto, destinado en Cervaia (cartas: 35, 37, 87).

3 Monte Oliveto era una Orden de importancia en tiempo de santa Catalina. Fue fundada

en Ancona y se extendió por la Toscana y por toda Italia. El fundador, el beato Bernardo

Tolomei, murió con 80 religiosos durante la peste de 1348. Santa Catalina tuvo mucha

relación espiritual con los olivetanos (Cartas: 8, 32, 33, 36, 37, 76, 84, 172, 203, 208).

4 Cf. Dt 6,5.


2

conoce, conoce a Dios y a su bondad actuando en ella, y por eso lo ama.

¿En qué se deleita el alma [del monje]?: en sufrir sin culpa por Cristo

crucificado. No se cuida de las persecuciones del mundo ni de las

difamaciones de las personas. Su gozo se basa en sobrellevar los defectos del

prójimo. Busca de veras soportar los trabajos de la Orden [en la que se ha

consagrado a Dios] y [prefiere] morir antes que transgredir la obediencia.

[El alma del buen monje] es siempre sumisa, no sólo al superior sino

también al menor [de los hermanos]. No presume de sí misma, creyéndose

algo. Por eso se somete a cualquiera por causa de Cristo crucificado, no en

lo que se refiere a los placeres o pecados, sino con humildad, por razón de la

virtud5

. Huye del trato con la sociedad y con los laicos, del recuerdo de los

parientes –no sólo de su trato–, como de serpientes venenosas. Ama la celda

y se deleita en las salmodias con humilde y continua oración. De la celda ha

hecho un Cielo. Prefiere estar en ella con sufrimientos y ataques del

demonio, a vivir fuera de ella en paz y quietud.

¿De dónde [le viene al alma del monje] tal conocimiento y deseo? Lo

ha obtenido y adquirido en la celda del conocimiento de sí, porque si antes

no hubiera tenido esta morada en la celda del espíritu, no habría tenido el

deseo ni amaría la celda material. Pero como vio y conoció por sí misma los

peligros de andar y estar fuera de la celda, por eso la ama. En verdad, el

monje fuera de la celda muere como el pez fuera del agua. ¡Qué peligroso es

para un monje andar vagando [ociosamente]!

¡Cuántas columnas hemos visto venirse abajo por andar y estar fuera

de la celda, a no ser en los momentos precisos y regulados! Cuando la

obediencia o una verdadera necesidad de caridad se lo mandare, entonces no

recibirá perjuicio alguno –a no ser por ligereza de corazón y por caridad

liviana que tiene a su prójimo, detalles que obligan al monje ignorante a estar

fuera de ella por engaño del demonio–. [En cambio] el buen monje no

considera que la caridad debe primeramente orientarla hacia sí mismo, en el

sentido de que no debe cometer mal alguno ni cosa que impida la perfección,

por un beneficio que se pueda hacer al prójimo.

¿Por qué estar fuera de la celda es tan dañino? Porque antes de salir de

la celda material ha abandonado la espiritual del conocimiento de sí. Si no lo

hubiera hecho, habría conocido su fragilidad, cosa que le llevaría a no salir,

sino a quedarse dentro de su celda.

¿Sabéis [cuál es] el fruto de andar fuera?: es fruto de muerte, porque

el espíritu se recrea en el trato con las personas abandonando el de los

5 Cf. Ef 5,21.


3

ángeles; se vacía de santos pensamientos acerca de Dios y se ocupa en las

criaturas; a causa de distintos y malos pensamientos, disminuye su solicitud

y devoción al Oficio [divino] y se enfrían los deseos del alma. Con eso abre

las puertas de sus sentidos, a saber: la vista para ver lo que no debe, los oídos

para escuchar lo que no tiene relación con la voluntad de Dios y la salvación

de las almas, y la lengua para decir palabras ociosas, olvidándose de hablar

de Dios. Con ello, [el monje] se hace daño y se lo hace al prójimo, privándole

de su oración, porque en el tiempo en que debe orar por él, anda de una parte

para otra; y le priva también del buen ejemplo. La lengua no sería capaz de

explicar los males que de ello se siguen. Y ocurrirá, si no tiene cuidado, que

poco a poco se irá deslizando de modo que abandonará el redil de la Orden.

En cambio, si conoce el peligro, se refugia en la celda y en ella llena

su espíritu abrazándose a la cruz [que Dios le ha dado, meditando] en la

compañía de los santos Doctores [de la Iglesia], que con luz sobrenatural,

como ebrios, hablaban de la generosa bondad de Dios y de la vida de los que

se enamoraban de las virtudes, alimentándose de la honra de Dios y de la

salvación de las almas, sentados a la mesa de la santísima Cruz, sufriendo

hasta la muerte con verdadera perseverancia. Así pues, se deleita con esta

compañía y, cuando la obediencia le manda salir, le parece duro y,

hallándose fuera, permanece dentro con el deseo.

Permaneciendo dentro de la celda, [el buen monje] se alimenta

[espiritualmente] de la sangre de Cristo y se une con el sumo y eterno Bien

con sentimiento de amor. No huye ni rehúsa el padecimiento sino que, como

verdadero caballero, está en la celda como en el campo de batalla:

defendiéndose de los enemigos con el cuchillo del rechazo y del amor, y con

el escudo de la santísima fe. Nunca vuelve la vista atrás6

sino que persevera

con la esperanza y con la luz de la fe, hasta que por esa perseverancia recibe

la corona de la gloria.


Adquiere la riqueza de las virtudes, pero no las

compra en otra tienda que no sea el conocimiento de sí mismo y de la bondad

de Dios [manifestada] en sí. Por ese conocimiento se hace morador de las

[dos] celdas –la espiritual y la material–, pues de otro modo nunca lo habría

conseguido.

Por lo cual, considerando yo que no existe otro camino, dije que

deseaba veros morador de la celda del conocimiento de vos y de la bondad

de Dios manifestada en vos.

Sabed que fuera de la celda nunca lo adquiriréis. Por eso quiero que

volváis sobre vos mismo con rigor, permaneciendo dentro de la celda, y que

6 Cf. Lc 9,62.

7 Cf. 1Tes 2,19.


4


experimentéis fastidio fuera de ella, a no ser que la salida os la imponga la

obediencia o la extrema necesidad. Que la salida al mundo os parezca como

ir al fuego; y veneno el trato con los laicos. Huid vos a vuestro interior y no

queráis ser cruel con vuestra alma.

Queridísimo hijo: no quiero que sigamos durmiendo, sino que

despertemos8

al conocimiento de nosotros mismos, donde encontraremos la

sangre del humilde e inmaculado Cordero.

No digo más. Permaneced en el santo y dulce amor a Dios.

Encomendadme al prior y a los otros [hermanos] vivamente.

Jesús dulce, Jesús amor.





8 Cf. Rm 13,11


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E' la conclusione del discorso sulla santa Messa fatto da san Vincenzo Ferreri prima del 1419

 << 30. – La 30ma opera che Gesù Cristo realizzò in questo mondo fu quando apparve alla sua gloriosa Madre e agli Apostoli e li benedisse insieme ai cristiani uomini e donne. E perciò disse il beato Luca: Elevate le sue mani, li benedisse … e fu portato verso il cielo (Lc. 24, 50-51). Allora diceva la Vergine Maria, (interiormente) piangendo: “O Figlio mio, non vengo con Te? Mi lasci qui tra i giudei?”. Allo stesso modo gli Apostoli piangevano dicendo: “Signore, quando ti vedremo di nuovo e quando ritornerai?”. E allora, ecco qui che Cristo dette la benedizione e salì al cielo, donde era uscito.

      E questo si ripresenta nella Messa, quando il sacerdote data la benedizione, ritorna nella sacrestia donde era uscito.


      Ecco qui come tutta la vita di Cristo sta ripresentata nella Messa. E perciò il tema dice: Fate quello che Egli vi dirà  (Gv. 2, 5). Cioè, ripresentare nella Messa tutta la vita di Cristo e non soltanto la Passione. Pertanto, buona gente [nel manoscritto: bona gent], Fate questo in mio ricordo (Lc. 22, 19 e 1 Cor. 11, 23).  Cioè, che voi chierici [devotamente celebrerete la vita di Cristo e voi laici] devotamente udendo e non parlando nella messa, né avvicinandovi all’altare, bensì pregando in silenzio, perché così non disturberete chi vi sta vicino. Per questo la Vergine Maria  lo diceva: Fate quello che Egli vi dirà (Gv. 2, 5), che è il tema.

      Alcuni questo non l’incontrano nella Bibbia, però a me sembra che con tutto questo concordano altre autorità: Ascoltate il giudizio del padre, figli amati, e operate così per essere salvi (Sir. 3, 2). Voi cristiani che siete “figli amati, ascoltate il giudizio del padre”, ossia la Messa e “perché siate salvi”. Questa autorità chiama “giudizio(precetto, comando) la Messa, perché ne abbiate grande riverenza, tanto i sacerdoti che dovete andare alla celebrazione di questo sacramento infiammati d’amore, e tanto le genti del popolo che devono con gran riverenza, ascoltare, non parlando né avvicinandosi all’altare.
      Questo è il sermone predicato.
      Rendiamo grazie a Dio.>>

https://www.dominicos.org/estudio/recurso/san-vicente-ferrer-de-la-vida-de-cristo-representa/

Da:http://biblioteca.campusdominicano.org/vitachristi.pdf                  


AMDG et B.V.M. 

https://gerardoms.blogspot.com/2022/04/e-le-festa-di-san-vincenzo-ferreri.html