"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
venerdì 17 dicembre 2021
PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé
lunedì 13 dicembre 2021
PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé
domenica 12 dicembre 2021
Solennità della B.V.M. di Guadalupe, "La Perfetta" - OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Solennità della B.V.M. di Guadalupe, Santa Messa per l'America Latina e i Caraibi, 12 dicembre 2011 - Benedetto XVI
CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER IL BICENTENARIO DELL'INDIPENDENZA DEI PAESI DELL'AMERICA LATINA E DEI CARAIBI
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Solennità della B.V.M. di Guadalupe, Basilica Vaticana Lunedì, 12 dicembre 2011
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Cari fratelli e sorelle,
«La terra ha dato il suo frutto» (Sal 67, 7). In questa immagine del salmo che abbiamo ascoltato, nella quale s’invitano tutti i popoli e le nazioni a lodare con gioia il Signore che ci salva, i Padri della Chiesa hanno saputo riconoscere la Vergine Maria e Cristo, suo Figlio: «La terra è santa Maria, la quale viene dalla nostra terra, dal nostro lignaggio, da questa creta, da questo fango, da Adamo [...]. La terra ha dato il suo frutto: prima produsse un fiore [...]; poi questo fiore si trasformò in frutto, affinché potessimo mangiarlo, affinché mangiassimo la sua carne. Volete sapere qual è questo frutto? Ė il Vergine che procede dalla Vergine; il Signore, dalla schiava; Dio, dall’uomo; il Figlio, dalla Madre; il frutto, dalla terra» (San Girolamo, Breviarum in Psalm. 66; PL 26, 1010-1011). Anche noi oggi, esultando per il frutto di questa terra diciamo «Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti» (Sal 67, 4). Proclamiamo il dono della redenzione ottenuta da Cristo e in Cristo riconosciamo il suo potere e la sua maestà divina.
Animato da questi sentimenti, saluto con affetto fraterno i signori cardinali e vescovi che ci accompagnano, le diverse rappresentanze diplomatiche, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, come pure i gruppi di fedeli riuniti in questa Basilica di San Pietro per celebrare con gioia la solennità di Nostra Signora di Guadalupe, Madre e Stella dell’Evangelizzazione in America.
Tengo presenti anche tutti coloro che si uniscono spiritualmente e che pregano Dio con noi nei diversi Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, molti dei quali in questo tempo festeggiano il Bicentenario della loro indipendenza, e che, al di là degli aspetti storici, sociali e politici degli eventi, rinnovano all’Altissimo la loro gratitudine per il grande dono della fede ricevuta, una fede che annuncia il Mistero redentore della morte e della resurrezione di Gesù Cristo, affinché tutti i popoli della terra in Lui abbiano vita. Il Successore di Pietro non poteva lasciar passare questa ricorrenza senza tener presente la gioia della Chiesa per i copiosi doni che Dio nella sua infinità bontà ha elargito in questi anni a queste amatissime nazioni, che dal più profondo invocano Maria Santissima.
La venerata immagine della Morenita del Tepeyac, dal volto dolce e sereno, impressa sul mantello dell’indio san Juan Diego, si presenta come «la sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio per il quale si vive» (De la lectura del Oficio. Nicán Mopohua, 12 ed., Città del Messico, df, 1971, 3-19). Ricorda la «donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta» (Ap 12, 1-2) e indica la presenza del Salvatore alla sua popolazione indigena e meticcia. Ci conduce sempre al suo divino Figlio, il quale si rivela come fondamento della dignità di tutti gli esseri umani, come un amore più forte delle forze del male e della morte, essendo anche fonte di gioia, fiducia filiale, consolazione e speranza.
Il Magnificat, che proclamiamo nel Vangelo, è «il cantico della Madre di Dio e quello della Chiesa, cantico della Figlia di Sion e del nuovo Popolo di Dio, cantico di ringraziamento per la pienezza di grazie elargite nell’Economia della salvezza, cantico dei “poveri”, la cui speranza si realizza mediante il compimento delle promesse fatte “ai nostri padri”» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2619). In un gesto di riconoscenza al suo Signore e di umiltà della sua serva, la Vergine Maria leva a Dio la lode per tutto quello che Egli ha fatto a favore del suo popolo, Israele. Dio è Colui che merita tutto l’onore e la gloria, l’Onnipotente che fa meraviglie per la sua fedele servitrice e che oggi continua a mostrare il suo amore per tutti gli uomini, in particolare per quanti affrontano dure prove.
«Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino» (Zc 9, 9), abbiamo ascoltato nella prima lettura. Dall’incarnazione del Verbo, il Mistero divino si rivela nell’evento di Gesù Cristo, che è contemporaneo a ogni persona umana in qualsiasi tempo e luogo per mezzo della Chiesa, della quale Maria è Madre e modello. Per questo, noi oggi possiamo continuare a lodare Dio per le meraviglie che ha compiuto nella vita dei popoli latinoamericani e del mondo intero, manifestando la sua presenza nel Figlio e nell’effusione del suo Spirito come novità di vita personale e comunitaria. Dio ha nascosto queste cose «ai sapienti e agli intelligenti», facendole conoscere ai piccoli, agli umili, ai puri di cuore (cfr. Mt 11, 25).
Con il suo «sì» alla chiamata di Dio, la Vergine Maria manifesta fra gli uomini l’amore divino. In tal senso, con semplicità e cuore di madre, continua a indicare l’unica Luce e l’unica Verità: suo Figlio Gesù Cristo, che è «la risposta definitiva alla domanda sul senso della vita, agli interrogativi fondamentali che assillano anche oggi tanti uomini e donne del Continente americano» (Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in America, n. 10). Allo stesso modo, Lei «con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, n. 62).
Al momento attuale, mentre si commemora in diversi luoghi dell’America Latina il Bicentenario della loro indipendenza, il cammino dell’integrazione in questo amato continente prosegue, e contemporaneamente si avverte il suo nuovo protagonismo emergente a livello mondiale. In queste circostanze è importante che i suoi diversi popoli salvaguardino il loro ricco tesoro di fede e il loro dinamismo storico-culturale, mostrandosi sempre difensori della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, e promotori della pace; devono altresì tutelare la famiglia nella sua autentica natura e missione, intensificando allo stesso tempo una vasto e capillare lavoro educativo che prepari rettamente le persone e le renda consapevoli delle proprie capacità, di modo che affrontino in modo degno e responsabile il loro destino. Sono chiamati anche a promuovere sempre più iniziative adeguate e programmi concreti che propizino la riconciliazione e la fraternità, incrementino la solidarietà e la tutela dell’ambiente, intensifichino gli sforzi per superare la miseria, l’analfabetismo e la corruzione e per sradicare ogni ingiustizia, violenza, criminalità, insicurezza civile, narcotraffico ed estorsione.
Mentre la Chiesa si preparava a ricordare il quinto centenario della plantatio della Croce di Cristo nella buona terra del continente americano, il beato Giovanni Paolo II formulò sul suo suolo, per la prima volta, il programma di un’evangelizzazione nuova, nuova «nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione» (cfr. Discorso all’Assemblea del Celam, 9 marzo 1983, III; AAS 75, 1983, 778). A partire dalla mia responsabilità di confermare nella fede, anch’io desidero incoraggiare lo zelo apostolico che attualmente anima e pretende la «missione continentale», promossa ad Aparecida, affinché «la fede cristiana si radichi più profondamente nel cuore delle persone e dei popoli latinoamericani come evento fondante e incontro vivificante con Cristo» (V Conferenza Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi, Documento conclusivo, n. 13). Così si moltiplicheranno gli autentici discepoli e missionari del Signore e si rinnoverà la vocazione dell’America Latina e dei Caraibi alla speranza. Che la luce di Dio risplenda, quindi, sempre più sul volto di ognuno dei figli di questa amata terra e che la sua grazia redentrice orienti le loro decisioni, affinché continuino a progredire senza perdersi d’animo nella costruzione di una società fondata sullo sviluppo del bene, sul trionfo dell’amore e sulla diffusione della giustizia. Con questi vivi propositi, e sostenuto dall’aiuto della provvidenza divina, ho intenzione d’intraprendere un viaggio apostolico prima della santa Pasqua in Messico e a Cuba, per proclamare lì la Parola di Cristo e per rafforzare la convinzione che questo è un tempo prezioso per evangelizzare con fede vigorosa, speranza viva e carità ardente.
Affido tutti questi propositi all’amorevole mediazione di Santa Maria di Guadalupe, nostra Madre del cielo, come pure gli attuali destini delle nazioni latinoamericane e caraibiche e il cammino che stanno percorrendo verso un domani migliore. Invoco inoltre su di esse l’intercessione di tanti santi e beati che lo Spirito ha suscitato in tutta la storia di questo continente, offrendo modelli eroici di virtù cristiane nella diversità delle condizioni di vita e di ambienti sociali, affinché il loro esempio favorisca sempre più una nuova evangelizzazione sotto lo sguardo di Cristo, Salvatore dell’uomo e forza della sua vita. Amen.
Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.
ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Sabato, 8 dicembre 2012
[Video]
Cari fratelli e sorelle!
E’ sempre una gioia speciale radunarci qui, in Piazza di Spagna, nella festa di Maria Immacolata. Ritrovarci insieme – romani, pellegrini e visitatori – ai piedi della statua della nostra Madre spirituale, ci fa sentire uniti nel segno della fede. Mi piace sottolinearlo in questo Anno della fede che tutta la Chiesa sta vivendo. Vi saluto con grande affetto e vorrei condividere con voi alcuni semplici pensieri, suggeriti dal Vangelo di questa solennità: il Vangelo dell’Annunciazione.
Anzitutto, ci colpisce sempre, e ci fa riflettere, il fatto che quel momento decisivo per il destino dell’umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio. L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. E’ un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio.
Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora. Quell’attivismo che ci rende incapaci di fermarci, di stare tranquilli, di ascoltare il silenzio in cui il Signore fa sentire la sua voce discreta. Maria, quel giorno in cui ricevette l’annuncio dell’Angelo, era tutta raccolta e al tempo stesso aperta all’ascolto di Dio. In lei non c’è ostacolo, non c’è schermo, non c’è nulla che la separi da Dio. Questo è il significato del suo essere senza peccato originale: la sua relazione con Dio è libera da qualsiasi pur minima incrinatura; non c’è separazione, non c’è ombra di egoismo, ma una perfetta sintonia: il suo piccolo cuore umano è perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio. Ecco, cari fratelli, venire qui, presso questo monumento a Maria, nel centro di Roma, ci ricorda prima di tutto che la voce di Dio non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione; il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali. E’ lì che Maria ci invita a scendere e a sintonizzarci con l’azione di Dio.
C’è una seconda cosa, ancora più importante, che l’Immacolata ci dice quando veniamo qui, ed è che la salvezza del mondo non è opera dell’uomo – della scienza, della tecnica, dell’ideologia – ma viene dalla Grazia. Che significa questa parola? Grazia vuol dire l’Amore nella sua purezza e bellezza, è Dio stesso così come si è rivelato nella storia salvifica narrata nella Bibbia e compiutamente in Gesù Cristo. Maria è chiamata la «piena di grazia» (Lc 1,28) e con questa sua identità ci ricorda il primato di Dio nella nostra vita e nella storia del mondo, ci ricorda che la potenza d’amore di Dio è più forte del male, può colmare i vuoti che l’egoismo provoca nella storia delle persone, delle famiglie, delle nazioni e del mondo. Questi vuoti possono diventare degli inferni, dove la vita umana viene come tirata verso il basso e verso il nulla, perde di senso e di luce. I falsi rimedi che il mondo propone per riempire questi vuoti – emblematica è la droga – in realtà allargano la voragine. Solo l’amore può salvare da questa caduta, ma non un amore qualsiasi: un amore che abbia in sé la purezza della Grazia - di Dio che trasforma e rinnova - e che così possa immettere nei polmoni intossicati nuovo ossigeno, aria pulita, nuova energia di vita. Maria ci dice che, per quanto l’uomo possa cadere in basso, non è mai troppo in basso per Dio, il quale è disceso fino agli inferi; per quanto il nostro cuore sia sviato, Dio è sempre «più grande del nostro cuore» (1 Gv 3,20). Il soffio mite della Grazia può disperdere le nubi più nere, può rendere la vita bella e ricca di significato anche nelle situazioni più disumane.
E da qui deriva la terza cosa che ci dice Maria Immacolata: ci parla della gioia, quella gioia autentica che si diffonde nel cuore liberato dal peccato. Il peccato porta con sé una tristezza negativa, che induce a chiudersi in se stessi. La Grazia porta la vera gioia, che non dipende dal possesso delle cose ma è radicata nell’intimo, nel profondo della persona, e che nulla e nessuno possono togliere. Il Cristianesimo è essenzialmente un «evangelo», una «lieta notizia», mentre alcuni pensano che sia un ostacolo alla gioia, perché vedono in esso un insieme di divieti e di regole. In realtà, il Cristianesimo è l’annuncio della vittoria della Grazia sul peccato, della vita sulla morte. E se comporta delle rinunce e una disciplina della mente, del cuore e del comportamento è proprio perché nell’uomo c’è la radice velenosa dell’egoismo, che fa male a se stessi e agli altri. Bisogna dunque imparare a dire no alla voce dell’egoismo e a dire sì a quella dell’amore autentico. La gioia di Maria è piena, perché nel suo cuore non c’è ombra di peccato. Questa gioia coincide con la presenza di Gesù nella sua vita: Gesù concepito e portato in grembo, poi bambino affidato alle sue cure materne, quindi adolescente e giovane e uomo maturo; Gesù visto partire da casa, seguito a distanza con fede fino alla Croce e alla Risurrezione: Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.
In questo tempo di Avvento, Maria Immacolata ci insegni ad ascoltare la voce di Dio che parla nel silenzio; ad accogliere la sua Grazia, che ci libera dal peccato e da ogni egoismo; per gustare così la vera gioia. Maria, piena di grazia, prega per noi!giovedì 9 dicembre 2021
Vittorio Messori e Papa Benedetto XVI e... Andrea CIONCI
Vittorio Messori: non rivelerò mai cosa mi ha detto papa Ratzinger. Sappiate che è tenuto all'oscuro
Parla il più grande giornalista cattolico
09 dicembre 2021
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Come abbiamo già detto, questa sul golpe antipapale subìto da Benedetto XVI è la prima, straordinaria “inchiesta partecipata” della storia del giornalismo. Cominciano a essere davvero tanti gli input, le segnalazioni, le informazioni, i documenti giunti da semplici lettori, buoni cattolici che non accettano di vedere distrutta la loro fede e la loro Chiesa sotto l’agenda globalista, senza fare niente. A questo proposito, chiunque abbia suggerimenti o informazioni può scrivere a codiceratzinger@libero.it : esamineremo con cura tutto il materiale pervenuto, verificandolo attentamente.
Il sig. Alessandro Quatela ci ha inviato ieri la registrazione completa, effettuata da uno spettatore, di un incontro pubblico avvenuto nel giugno 2016 presso il Centro Francescano Rosetum di Milano. Protagonista, il più autorevole e famoso dei giornalisti cattolici, Vittorio Messori, che presentava il suo ultimo libro “Ipotesi su Maria”. QUI troverete la registrazione ufficiale dell’evento da cui però è stata tagliata la parte finale, con le domande del pubblico, durante la quale lo scrittore torinese ha rilasciato dichiarazioni sconvolgenti che solo ora trovano una collocazione ben precisa. Mettiamo a disposizione dei colleghi interessati il materiale e intanto riportiamo le esatte parole di Vittorio Messori:
“In settembre ebbi un incontro privato con il “papa emerito”, come ha voluto essere chiamato. Con Ratzinger era nata un’amicizia davvero forte con quel libro “Rapporto sulla fede” (1984) che facemmo assieme. Lui, con la sua tipica generosità, ha voluto ripagarmi con la sua amicizia tanto che, a volte, andavamo a cenare insieme in una trattoria a Trastevere. Questo rapporto personale è andato avanti, ma da quell’11 febbraio 2013 (data delle presunte dimissioni n.d.r.) non mi sono fatto più vivo perché volevo rispettare il suo ritiro. E’ stato il suo segretario (Mons. Gaenswein n.d.r.) che mi ha telefonato dicendo: “Sua Santità sarebbe lieto di rivederLa in nome dei vecchi trascorsi, venga a trovarlo nel suo ritiro, però resta inteso che Sua Santità la aspetta come amico e non come giornalista. Il vostro sarà un incontro privato e quindi non ci saranno cose pubbliche da propalare”.
Io mi sono attenuto rigorosamente a questo anche se, certo, da vecchio giornalista, se avessi detto al Corriere alcune delle cose che Ratzinger mi ha detto, beh … avrei riempito le cronache per parecchio tempo. Però mi sono violentato, e nessuno, neanche con le tenaglie, mi tirerà mai fuori quello che Ratzinger mi ha davvero detto. La sola cosa che ho potuto dire - che però è significativa - è che quando Ratzinger mi ha chiesto il mio parere sulla situazione attuale della Chiesa, io gli ho espresso, con sincerità, questo clima di perplessità (per usare un eufemismo), di inquieta curiosità su come andrà a finire, di fronte a certi esperimenti. Comunque, gli ho detto come la pensavo ed è abbastanza significativo come, dopo avermi ascoltato, lui abbia aperto le mani, alzato gli occhi al cielo e abbia detto: “Io posso solo pregare”. Sappiate però che a lui arrivano soltanto le notizie che decidono gli altri. Ho scoperto, ad esempio, che lui riceve soltanto due giornali: il Corriere della Sera e la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Cioè, quando vengono a dire: “…ma c’è Ratzinger che è entusiasta del suo successore!”, non vedo di cosa potrebbe essere entusiasta, o indignato, visto che a lui le notizie non arrivano. Lui non vede la tv, non ascolta la radio, gli arriva solo il Corriere che è schierato pro-papa (Bergoglio n.d.r.). PAPA RATZINGER È COMPLETAMENTE DISINFORMATO. Comunque, chi vivrà vedrà”.
Anche se siamo immersi in una realtà distopica, riuscite per un attimo a rendervi conto? Un papa, sebbene “emerito”, che riceve soltanto due giornali ed è completamente disinformato. Normale, no? Soprattutto, i giornalisti amici che vengono a visitarlo non devono pubblicare nulla, mentre possono farlo i giornalisti pro-“papa Francesco” come Massimo Franco, del bergoglianissimo Corriere della Sera. Il più grande giornalista cattolico che dice: “Non mi toglierete nemmeno con le pinze quello che Ratzinger mi ha detto, altrimenti avrei riempito le cronache per settimane”.
Ora, cerchiamo di essere onesti: vogliamo dire che anche Vittorio Messori è un complottista?
Avete capito perché diciamo la pura verità scrivendo ogni giorno che il vero papa è solo Benedetto XVI, e si trova in una situazione di SEDE IMPEDITA?
Come ripetiamo per l’ennesima volta, egli, l’11 febbraio 2013 ha pronunciato una Declaratio che solo a chi era in malafede e voleva toglierlo di mezzo poteva sembrare una rinuncia. Infatti, nonostante le manipolazioni operate sulle traduzioni, la Declaratio come rinuncia è canonicamente invalida e implosiva, mentre è del tutto coerente come dichiarazione - non giuridica - di auto-esilio in Sede impedita (canone 412). Per questo “il papa è uno solo”, come ripete Benedetto XVI da otto anni, senza mai specificare quale, e per questo ci invia tutti i messaggi nell’ormai noto “Codice Ratzinger” QUI che configurano esattamente, costantemente questa situazione canonica grazie alla quale il vescovo Bergoglio si è autoscismato ed è divenuto un antipapa usurpatore. Troverete tutta l’inchiesta riordinata dall’inizio, per capitoli, in fondo a questo articolo QUI .
Ora, lo diciamo con affettuosa premura agli altri colleghi e ai membri del clero che continuano a evitare accuratamente queste macroscopiche, inaudite evidenze canoniche, indiziarie, teologiche, storiche, documentali, testimoniali, rifiutandosi perfino di discuterle: quanto pensate che si possa tenere ancora in piedi la favoletta dell’abdicazione, “del vecchio papa retrogrado che, troppo vecchio e con un piede nella fossa (da otto anni), accetta di farsi da parte per lasciare spazio al buon papa Francesco, misericordioso e rivoluzionario”? La storia insegna che, darwinianamente, le imposture non resistono al tempo, ed è nella logica del Piano B QUI che si arrivi senz’altro a un momento rivelatore. Allora, molte carriere saranno combuste in un lampo.
Per giunta, in un’epoca come questa dove tutto è controllato, ripreso, registrato, trascritto e a portata di click, è del tutto folle e anacronistico ritenere che si possa mantenere un qualsiasi segreto, a maggior ragione uno del genere, peraltro con un’inchiesta in corso, conosciutissima, portata avanti su Libero e ByoBlu, alla quale possono potenzialmente partecipare migliaia di lettori in tutto il mondo.
Ricordate cosa disse qualcuno: “Se quelli taceranno, grideranno le pietre”.
AVE MARIA PURISSIMA!