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domenica 12 dicembre 2021

Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.

 


ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Sabato, 8 dicembre 2012

[Video]
 

Cari fratelli e sorelle!

E’ sempre una gioia speciale radunarci qui, in Piazza di Spagna, nella festa di Maria Immacolata. Ritrovarci insieme – romani, pellegrini e visitatori – ai piedi della statua della nostra Madre spirituale, ci fa sentire uniti nel segno della fede. Mi piace sottolinearlo in questo Anno della fede che tutta la Chiesa sta vivendo. Vi saluto con grande affetto e vorrei condividere con voi alcuni semplici pensieri, suggeriti dal Vangelo di questa solennità: il Vangelo dell’Annunciazione.



Anzitutto, ci colpisce sempre, e ci fa riflettere, il fatto che quel momento decisivo per il destino dell’umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio. L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. E’ un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio. 

Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora. Quell’attivismo che ci rende incapaci di fermarci, di stare tranquilli, di ascoltare il silenzio in cui il Signore fa sentire la sua voce discreta. Maria, quel giorno in cui ricevette l’annuncio dell’Angelo, era tutta raccolta e al tempo stesso aperta all’ascolto di Dio. In lei non c’è ostacolo, non c’è schermo, non c’è nulla che la separi da Dio. Questo è il significato del suo essere senza peccato originale: la sua relazione con Dio è libera da qualsiasi pur minima incrinatura; non c’è separazione, non c’è ombra di egoismo, ma una perfetta sintonia: il suo piccolo cuore umano è perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio. Ecco, cari fratelli, venire qui, presso questo monumento a Maria, nel centro di Roma, ci ricorda prima di tutto che la voce di Dio non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione; il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali. E’ lì che Maria ci invita a scendere e a sintonizzarci con l’azione di Dio.

C’è una seconda cosa, ancora più importante, che l’Immacolata ci dice quando veniamo qui, ed è che la salvezza del mondo non è opera dell’uomo – della scienza, della tecnica, dell’ideologia – ma viene dalla Grazia. Che significa questa parola? Grazia vuol dire l’Amore nella sua purezza e bellezza, è Dio stesso così come si è rivelato nella storia salvifica narrata nella Bibbia e compiutamente in Gesù Cristo. Maria è chiamata la «piena di grazia» (Lc 1,28) e con questa sua identità ci ricorda il primato di Dio nella nostra vita e nella storia del mondo, ci ricorda che la potenza d’amore di Dio è più forte del male, può colmare i vuoti che l’egoismo provoca nella storia delle persone, delle famiglie, delle nazioni e del mondo. Questi vuoti possono diventare degli inferni, dove la vita umana viene come tirata verso il basso e verso il nulla, perde di senso e di luce. I falsi rimedi che il mondo propone per riempire questi vuoti – emblematica è la droga – in realtà allargano la voragine. Solo l’amore può salvare da questa caduta, ma non un amore qualsiasi: un amore che abbia in sé la purezza della Grazia - di Dio che trasforma e rinnova - e che così possa immettere nei polmoni intossicati nuovo ossigeno, aria pulita, nuova energia di vita. Maria ci dice che, per quanto l’uomo possa cadere in basso, non è mai troppo in basso per Dio, il quale è disceso fino agli inferi; per quanto il nostro cuore sia sviato, Dio è sempre «più grande del nostro cuore» (1 Gv 3,20). Il soffio mite della Grazia può disperdere le nubi più nere, può rendere la vita bella e ricca di significato anche nelle situazioni più disumane.

E da qui deriva la terza cosa che ci dice Maria Immacolata: ci parla della gioia, quella gioia autentica che si diffonde nel cuore liberato dal peccato. Il peccato porta con sé una tristezza negativa, che induce a chiudersi in se stessi. La Grazia porta la vera gioia, che non dipende dal possesso delle cose ma è radicata nell’intimo, nel profondo della persona, e che nulla e nessuno possono togliere. Il Cristianesimo è essenzialmente un «evangelo», una «lieta notizia», mentre alcuni pensano che sia un ostacolo alla gioia, perché vedono in esso un insieme di divieti e di regole. In realtà, il Cristianesimo è l’annuncio della vittoria della Grazia sul peccato, della vita sulla morte. E se comporta delle rinunce e una disciplina della mente, del cuore e del comportamento è proprio perché nell’uomo c’è la radice velenosa dell’egoismo, che fa male a se stessi e agli altri. Bisogna dunque imparare a dire no alla voce dell’egoismo e a dire sì a quella dell’amore autentico. La gioia di Maria è piena, perché nel suo cuore non c’è ombra di peccato. Questa gioia coincide con la presenza di Gesù nella sua vita: Gesù concepito e portato in grembo, poi bambino affidato alle sue cure materne, quindi adolescente e giovane e uomo maturo; Gesù visto partire da casa, seguito a distanza con fede fino alla Croce e alla Risurrezione: Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.

In questo tempo di Avvento, Maria Immacolata ci insegni ad ascoltare la voce di Dio che parla nel silenzio; ad accogliere la sua Grazia, che ci libera dal peccato e da ogni egoismo; per gustare così la vera gioia. Maria, piena di grazia, prega per noi!

AMDG et DVM

lunedì 9 marzo 2020

ECCO L'IMMACOLATA

“L’Immacolata” 

di padre Gabriele Roschini



Padre Gabriele Roschini (1900-1977), sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, fu uno dei maggiori mariologi del secolo XX. Tenuto in gran conto da Pio XII, fu Consultore del Sant’Offizio e della Congregazione dei Riti. Attivissimo nella proclamazione dommatica della Assunzione, fu ferventissimo sostenitore delle verità mariane della Mediazione e Corredenzione e della loro definizione dogmatica al Vaticano II. ... Produsse all’incirca 900 opere, tutte caratterizzate da un impianto concisamente tomista, fra le quali hanno particolare rilievo la Mariologia in 4 volumi (1948) e il Dizionario di Mariologia (1961). Tra il 1946 al 1947 tenne per la Radio Vaticana una serie di dotte e al tempo stesso piacevoli Conferenze Mariane.Questa conferenza sull’Immacolata che proponiamo alla meditazione dei nostri lettori fu trasmessa la sera del 6 dicembre 1946. Buona Lettura!

Una donna completamente investita dai raggi del sole, anzi tutta «rivestita di sole» (quale fu veduta dal «rapito in Patmo Evangelista»): ecco l’Immacolata! … Se è vero che la luce è opposta alle tenebre; se è vero che nell’ordine spirituale – come insegna l’Angelico – la grazia è luce e le tenebre sono peccato, dev’essere anche vero che Colei la quale ci si presenta tutta investita dalla luce della grazia, ci presenti del tutto come del tutto immune dalle tenebre della colpa, ossia Immacolata.

Immacolata! Non si pensa e non si può pensare in modo diverso Colei dal seno della quale, come dal seno dell’alba, sorse il sole di giustizia, Gesù. Non si pensa e non si può pensare in modo diverso Colei che è il Cielo sopra la terra, Colei che doveva essere «la degna abitazione di Dio», l’arbitra dei destini del mondo, il capolavoro della potenza, della sapienza e della bontà Divina. E tale – Immacolata – l’ha concepita sempre la più genuina tradizione cristiana, costantemente suffragata dal pio senso dei fedeli, che superò, non di rado, l’intuizione, o meglio, il ragionamento dei più grandi Teologi.

Ci è fisicamente impossibile percorrere, attraverso i venti secoli cristiani, le varie testimonianze relative al dogma dell’Immacolata. Non voglio tuttavia passare sotto silenzio due testimonianze davvero singolari e – diciamolo pure – poco conosciute: quella di Maometto e quella di Lutero, di cui ricorre quest’anno l’infausto centenario della sua morte [l’eretico Sassone morì il 18 febbraio 1546, ndr].

Maometto e Lutero: i due più fanatici capovolgitori dei più sacri valori religiosi e morali, non hanno trovato difficoltà a chinare il capo superbo dinnanzi all’Immacolata. Singolare omaggio di fede – si tratta di un mistero in senso stretto – da parte di due traviati e traviatori di enormi masse popolari. Segni evidente che è quasi impossibile pensare alla Vergine Madre di Dio senza immaginarsela tutta pura, tutta candida, tutta bella: in una parola Immacolata. È lo stesso buon senso che lo reclama. Così è avvenuto in Maometto e in Lutero.

Nelle Sure o Capitoli III, IV, V, XIX, XX, e XXXIII del suo Corano Maometto (571-632) attribuisce a Maria, con qualche alterazione, quegli stessi privilegi di maternità divina, di verginità e di santità che le vengono attribuiti dal cristianesimo. Né diverso è il suo atteggiamento nei riguardi dell’Immacolata Concezione.
Nella Sura III, egli mette sulle labbra di Anna, Madre di Maria, queste parole: «Io l’ho chiamata Maria, e a te (o Signore) io raccomando essa e la sua posterità; perché tu la preservi da Satana il Lapidato». In queste parole, non pochi dottori Moslemi, interpreti del Corano, vedono indicata la preservazione di Maria dalla colpa originale.

Così il celebre commentatore turco Cottada scrive: «Ogni uomo che nasce da Adamo è ferito nel fianco pel tocco di Satana, quando egli viene nel mondo, all’infuori di Gesù e di sua Madre; poiché Iddio pose fra loro e Satana un velo, di modo che il toccamento di Satana si affermò nel velo e non giunse fino ad essi in nessuna parte. Oltre di che fu a noi raccontato che né l’uno né l’altra commise mai alcun peccato, come invece fanno gli altri figlioli di Adamo». In termini equivalenti si esprimono Gelal, Ahmed, Abuhercira, Naui ed altri dottori Moslemi. La testimonianza resa da Maometto all’Immacolata è tra le più antiche, ed è tratta di peso dalla tradizione cristiana del secolo VI.

Lutero è ancora più esplicito di Maometto. Nel 1516 egli credeva fermamente all’Immacolato Concepimento di Maria. «Ella – diceva – è la sola goccia d’acqua (Stilla Maris) veramente pura nel vasto oceano della massa perditionis». E ne indicava la ragione dicendo: «Era al sommo conveniente e giusto che la persona della Santa Vergine fosse preservata dal peccato originale. Non doveva forse Essa dare a Cristo la carne che avrebbe trionfato di ogni peccato?» (Verke, Weimar, t. I, p. 107). Nel 1517 riteneva ancora una tale verità (Werke, Erlange, t. 15, p. 38). 
Dopo il 1528, in una nuova edizione del suo Discorso sopra l’Immacolata Concezione, fece togliere il passo relativo all’Immacolata, poiché «Maria – diceva – è nata da parenti peccatori e nel peccato come tutti noi» (l. c. f. VI, p. 433). Ciò nonostante, nelle Enarrationes seu postillae Martini Lutheri maiores, stampate a Basilea precisamente quattro secoli fa, nel 1546 (l’anno stesso della morte di Lutero) il buon senso ebbe di nuovo il sopravvento e a pagina 375 si legge: «L’Angelo Gabriele diceva a Maria: “Tu sei benedetta fra le donne”. Orbene, egli non avrebbe potuto dire “tu sei benedetta”, se per qualche istante fosse stata soggetta alla maledizione. D’altra parte era conveniente, era giusto che fosse preservata dal peccato originale Colei nel cui seno doveva incarnarsi Cristo per espiare i peccati di tutti. Beato infatti propriamente si dice colui che è fornito del dono della grazia divina, cioè, che è senza peccato».
Il giornale l’Espérance di Nancy , ci fa sapere che nel 1855, allorché i Protestanti si sollevarono contro il nuovo dogma definito da Pio IX, i cattolici della Germania e della Francia per ridurli al silenzio si appellarono al suddetto testo di Lutero. Sono queste – direbbe Tertulliano – «testimonianze dell’anima naturalmente cristiana» e aggiungiamo noi, di conseguenza, «naturalmente mariana».
L’Immacolata è un astro di prima grandezza acceso dalla mano stessa di Dio sul mistico orizzonte dell’umanità, non solo per adornarlo, ma anche per illuminarlo e salvarlo.
      Mi tornano alla mente i robusti versi di Giovanni Papini all’Immacolata: «Tu che calpesti il serpente e la morte – cambia del mondo la faccia e la sorte!». L’Immacolata ha tutta la forza per farlo.
Ed infatti quale e quanta pioggia di luce candida e fecondatrice Ella fa discendere sull’individuo e sulla società!
L’Immacolata diffonde nuova candida luce sull’individuo facendogli sempre meglio conoscere qual è il suo vero male, la radice di tutti gli altri mali che han desolato e che vanno ancora desolando la terra: il peccato. L’ineffabile odio di Dio per il peccato, fonte di tutti gli altri mali, è tale – come osserva Pio X nell’Enciclica “Ad diem illum” – da sentirsi spinto a far sì che la sua futura Madre del suo divin Figlio non solo fosse esente da qualsiasi colpa attuale come anche da quella che tutti i figli di Adamo, per funesta eredità, contraggono per necessità di natura. 
Era più che conveniente infatti che il torrente limaccioso del peccato originale, il quale ha invaso e continua ad invadere tutta la terra, deviasse, per improvviso cenno della destra di Dio, davanti a quella elettissima pianta che avrebbe dovuto produrre il mirabile frutto risanatore dell’inferma umanità. Cosa singolare, eccezionale. Ma che cosa non è singolare, eccezionale in Maria? … Non è essa, per dirla con Pio IX nella Bolla “Ineffabilis”, l’ineffabile prodigio di Dio, anzi il vertice di tutti i prodigi, nel triplice ordine della natura, della grazia e della gloria? … Cosa degna di tutta la nostra riflessione: Dio non ha voluto preservare la Madre sua dalla povertà, dall’umiliazione, dal dolore più straziante. L’ha preservata invece dalla colpa. In tal mondo Egli ha voluto far comprendere all’uomo che la colpa è un male incomparabile più grande di qualsiasi altro male. Ma se il peccato è l’unico vero male, fonte di tutti i mali, la grazia è l’unico vero bene, fonte di tutti i beni.
Iddio infatti non ha voluto concedere alla sua dilettissima Madre né ricchezze, né gioie, né onori terreni. Le ha dato, invece, fin dal primo istante della sua esistenza, la grazia, anzi la pienezza della grazia. In tal modo Egli ha voluto far comprendere all’uomo che la grazia è un bene incomparabilmente più prezioso di qualsiasi altro bene. Fuga dal peccato e ricerca della grazia sono i due grandi ammaestramenti dell’Immacolata all’individuo. Ecco la candida luce ch’Ella fa piovere così abbondantemente sulla sua mente e sul suo cuore. Ad Essa – all’Immacolata – più che Dante a Beatrice, deve rivolgere lo sguardo ogni cristiano per elevarsi e trasformarsi.
L’Immacolata inoltre ha fatto e continua a far piovere la sua candida luce sopra la società civile. Le frenetiche convulsioni alle quali è in preda la società da due secoli, affondano le loro radici in qual naturalismo che, dopo aver innalzato l’uomo oltre le stelle, l’ha sprofondato negli abissi. L’uomo-angelo, ossia l’uomo naturalmente buono di Rousseau; l’uomo-bestia, ossia l’uomo naturalmente cattivo di Machiavelli, sono due miti, due opposte mostruose creazioni sorte dal naturalismo negatore dell’ordine soprannaturale, vale a dire, della elevazione dell’uomo al fine soprannaturale (la visione di Dio a faccia a faccia) mediante la grazia santificante, della perdita di questa grazia santificante, della perdita di questa grazia santificante a causa del peccato dei nostri progenitori e della trasmissione di questo peccato a tutti i loro naturali discendenti, eccezion fatta per la Vergine alla quale venne applicata preventivamente la redenzione di Cristo.
Orbene, il dogma dell’Immacolata proclamato dal Pontefice Romano in un epoca di pieno naturalismo ha in se stesso la forza per soppiantare questo mostruoso errore che sta alla base di tutte le deviazione delle società moderne. L’Immacolata infatti ci dice che esiste un peccato originale che ha inquinato la nostra natura e che esiste una redenzione ordinata a risanare le ferite dell’umanità prodotte dal peccato. Colpa e Redenzione. 
Col primo dogma l’uomo viene a conoscere intimamente se stesso; col secondo invece viene a conoscere intimamente Cristo. 
Col primo viene a trovare una piena ed esauriente spiegazione del tremendo mistero del dolore che dal primo peccato in poi non ha cessato di torturare, per punirlo, tutto il genere umano; col secondo viene invece a vedere la mirabile fecondità del dolore divinizzato, in un certo senso, nell’adorabile persona di Cristo e da Lui stesso elevato a strumento di redenzione e di vita. 
Col primo l’uomo viene a comprendere il doloroso perché di quella lotta continua che sperimenta in se stesso fra l’appetito sensitivo e l’appetito razionale, tra il male che ci abbassa e il bene che ci eleva, lotta che si riflette anche fuori di lui suscitando odi, dissensi, guerre, distruzioni; col secondo invece l’uomo impara che la forza per riuscire vincitori nella lotta tremenda che sconvolge individui e nazioni ci può venire solo da Colui che si è fatto nostro Redentore, dalla grazia che Egli ci ha riconquistato e che diffonde sulle anime attraverso quei sette canali da Lui istruiti. 
Tutto questo ha insegnato e insegna alla sconvolta società moderna il radioso dogma della Immacolata. Il giorno in cui essa comprenderà queste sublimi e pratiche lezioni coinciderà col giorno della sua resurrezione e della sua salvezza.
https://www.radiospada.org/2018/12/limmacolata-di-padre-gabriele-roschini/
a cura di Giuliano Zoroddu
AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 9 dicembre 2018

Maria Ss. dice: "Io ti esalto perché Tu mi hai protetta".


Immacolata Concezione e seconda domenica d'Avvento

8 dicembre 1946  Immacolata Concezione di Maria

   Introito: Salmo 30 (29) 2; Isaia 61, 10.
   Orazione: O Dio, che con l'immacolata Concezione della Vergine preparasti una degna dimora al tuo Figlio, fa', te ne preghiamo, che, come in previsione della morte dello stesso tuo Figliuolo la rendesti immune da ogni macchia, così, per intercessione di Lei, ci conceda di venire a Te purificati.
   Lettura: Proverbi 8, 22-35.
   Graduale: Giuditta 13, 18 (volgata 13, 23); 15, 9 (volgata 15, 10); Cantico dei cantici 4, 7.
   Tratto: Giuditta 15, 9 (15, 10); Salmo 87 (86), 1-3.5; Cantico dei cantici 4, 7.
   Vangelo: Luca 1, 26-28.
   Offertorio: Luca 1, 28.
   Segreta: Accogli, o Signore, l'ostia di salute che ti offriamo nella solennità dell'immacolata Concezione della beata Vergine Maria e fa' che, come cantiamo lei immune da ogni macchia perché prevenuta dalla grazia, così per sua intercessione siamo liberati da ogni colpa.
   Comunione: Cose gloriose sono dette di te, o Maria: perché grandi cose ha compiuto in te colui che è potente.
   Dopocomunione: I sacramenti che abbiamo ricevuti guariscano in noi, o Signore Dio nostro, le ferite di quella colpa dalla quale in modo singolare hai preservato l'immacolata Concezione della beata Maria.
  

   Seconda domenica d'Avvento
   Introito: Salmo 80 (79), 2; Isaia 30, 30.
   Orazione: Eccita, o Signore, i nostri cuori a preparare le vie del tuo Unigenito, affinché per la sua venuta meritiamo di servirti con anima purificata.
   Epistola: Romani 15, 4-13.
   Graduale: Salmo 50 (49), 2-3.5; 122 (121), 1.
   Vangelo: Matteo 11, 2-10.
   Offertorio: Salmo 85 (84), 7-8.
   Segreta: Làsciati placare, te ne preghiamo o Signore, dalle nostre umili suppliche e dalle nostre offerte e, siccome non abbiamo alcun sostegno di meriti, soccorrici coi tuoi aiuti.
   Comunione: Baruc 4, 36; 5, 5.
   Dopocomunione: Saziati dal cibo del nutrimento spirituale, ti supplichiamo umilmente, o Signore, ad insegnarci, con la partecipazione di questo mistero, il disprezzo delle cose terrene e l'amore delle celesti.
  

   Dice Azaria:
   «Meditiamo cantando le glorie di Maria Ss. La S. Messa di questa festività è tutta un inno alla potenza di Dio e alla gloria di Maria. Mettiamoci, per ben comprenderla questa liturgia di luce e fuoco, nei sentimenti della Regina e Maestra di ogni creatura che ami il Signore.
   Regina e Maestra! Degli uomini. Ma anche degli angeli. Vi sono misteri che voi non sapete, che non ci è concesso di svelare completamente. Ma sollevarne un velo è concesso perché qualche anima molto amata ne goda. Ed io lo sollevo per te. Un lembo di velo. Dall'ostacolo rimosso ti si concederà di affissare lo sguardo spirituale sull'infinita Luce che è il Cielo, e nella Luce meglio comprenderai. Guarda, ascolta e sii beata.
   Quando il peccato di Lucifero sconvolse l'ordine del Paradiso e travolse nel disordine gli spiriti meno fedeli, un grande orrore ci percosse tutti, quasi che qualcosa si fosse lacerato, si fosse distrutto, e senza speranza di vederlo risorgere più. In realtà ciò era. Si era distrutta quella completa carità che prima era sola esistente lassù, ed era crollata in una voragine dalla quale uscivano fetori d'Inferno.
   Si era distrutta l'assoluta carità degli angeli, ed era sorto l'Odio. Sbigottiti, come lo si può essere in Cielo, noi, i fedeli al Signore, piangemmo per il dolore di Dio e per il corruccio suo. Piangemmo sulla manomessa pace del Paradiso, sull'ordine violato, sulla fragilità degli spiriti. Non ci sentimmo più sicuri di essere impeccabili, perché fatti di puro spirito. Lucifero e i suoi uguali ci avevano provato che anche l'angelo può peccare e divenire demonio. Sentimmo che la superbia poteva, era latente, e poteva svilupparsi in noi. Tememmo che nessuno, fuorché Dio, potesse resistere ad essa se Lucifero aveva ad essa ceduto. Tremammo per queste forze oscure che non pensavamo potessero invaderci, che potrei dire: ignoravamo che esistessero, e che brutalmente ci si disvelavano. Abbattuti, ci chiedevamo, con palpiti di luce: "Ma dunque l'esser così puri non serve? Chi mai allora darà a Dio l'amore che Egli esige e merita, se anche noi siamo soggetti a peccare?".
   Ecco allora che, alzando il nostro contemplare dall'abisso e dalla desolazione alla Divinità, e fissando il suo Splendore, con un timore sino allora ignorato, contemplammo la seconda Rivelazione del Pensiero Eterno. E se per la conoscenza della prima venne il Disordine creato dai superbi che non vollero adorare la Parola Divina, per la conoscenza della seconda tornò in noi la pace che si era turbata.
   Vedemmo Maria nel Pensiero eterno. Vederla e possedere quella sapienza che è conforto, sicurezza e pace, fu una sola cosa. Salutammo la futura nostra Regina con il canto della nostra Luce, e la contemplammo nelle sue perfezioni gratuite e volontarie. Oh! bellezza di quell'attimo in cui a conforto dei suoi angeli l'Eterno presentò ad essi la gemma del suo Amore e della sua Potenza! E la vedemmo umile tanto da riparare da sé sola ogni superbia di creatura.
   Ci fu maestra da allora nel non fare dei doni uno strumento di rovina. Non la sua corporea effige, ma la sua spiritualità ci parlò senza parola, e da ogni pensiero di superbia fummo preservati per aver contemplata per un attimo, nel Pensiero di Dio, l'Umilissima. Per secoli e secoli operammo nella soavità di quella fulgida rivelazione. Per secoli e secoli, per l'eternità, gioimmo e gioiamo e gioiremo del possedere Colei che avevamo spiritualmente contemplata. La Gioia di Dio è la nostra gioia e noi ci teniamo nella sua Luce per essere di essa compenetrati e per dare gioia e gloria a Colui che ci ha creati.
   Ora dunque ripieni dei suoi stessi palpiti meditiamo la Liturgia che parla di Lei.
   "Con gioia". Carattere della vera umiltà è la vera gioia che nessuna cosa turba.
   Chi è umile in modo relativo ha sempre un motivo di turbamento anche nei suoi più schietti trionfi. Il vero e completo umile, invece, non ha turbamento di sorta. Quale che sia il dono o il trionfo che lo riveste di speciale veste, egli è gioioso e non teme, perché sa e riconosce che quanto lo fa diverso dai più non è cosa che egli si è fatta con mezzi umani, ma è cosa che viene da altre sfere e che nessuno gli può rapire. La contempla e considera come vestimento di gran valore che gli è stato dato per portarlo un tempo e che deve essere usato con quella cura che si ha per ciò che non è nostro e va reso senza lesioni a chi lo ha donato.
   Sa anche che questo rivestimento regale, non chiesto per avidità di apparire, gli è stato dato da una Sapienza infinita che ha giudicato bene di darlo. Non c'è dunque affanno per ottenerlo o per conservarlo. L'umile che è veramente tale non brama cose straordinarie e non si turba se chi ha dato leva. Dice: "Tutto è bene perché la Sapienza così vuole". Perciò l'umile è sempre nella gioia. Perché non brama, perché non è avaro di ciò che gli viene dato, perché non si sente menomato se gli vien tolto.
   Maria Ss. ebbe questa gioia. Dal suo nascere al suo assurgere la ebbe sulla Terra, anche fra le lacrime del suo lungo Calvario di madre del Cristo, anche sotto il mare di strazio del Calvario di suo Figlio. Ebbe, nel suo dolore che non fu simile a nessun altro, la gioia esultante di fare, sino al sacrificio totale, ciò che Dio voleva, ciò che Dio le aveva significato di pretendere da Lei da quando l'aveva rivestita con le vesti della salvezza e coperta col manto di giustizia come sposa ornata di gioielli.
   Misura quale caduta sarebbe stata quella di Maria se, avendo avuto la Concezione Immacolata, la giustizia, e ogni altro gioiello divino, avesse calpestato ogni cosa per seguire la voce dell'eterno Corruttore? Ne misuri la profondità? Non ci sarebbe più stata redenzione per gli uomini, non più Cielo per gli uomini, non più possesso di Dio per gli uomini. Maria vi ha dato tutto questo perché con la vera gioia degli umili ha portato le sue vesti di Beneamata dall'Eterno e ha cantato le lodi di Lui, di Lui solo, pur fra i singhiozzi e le desolazioni della Passione.
   Ha esultato! Che profonda parola! Ha sempre esultato magnificando con lo spirito il suo Signore, anche quando la sua umanità conosceva lo scherno di tutto un popolo, ed era sommersa e torchiata dal suo dolore e dal dolore della sua Creatura. Ha esultato pensando che quel suo dolore, quel dolore del suo Gesù, dava gloria a Dio salvando uomini a Dio.
   Sopra i gemiti della Madre, sopra i suoi lamenti di Donna, cantava la gioia del suo spirito di Corredentrice. Cantava con la sommissione a quell'ora, con la speranza nelle parole della Sapienza, con l'amore che benediceva Dio di averla trafitta.
   La lunga passione di Maria ha completato Maria, unendo alle grandi cose che Dio in Lei aveva fatte, le grandi cose che Ella sapeva fare per il Signore. Veramente mentre le sue viscere di Madre gridavano lo strazio della sua tortura, il suo spirito fedele cantava: "Io ti esalto, o Signore, perché mi hai protetta e non hai permesso che i miei nemici potessero rallegrarsi a mio riguardo".
   Vedi che umiltà? Chiunque altro avrebbe detto: "Sono contento di aver saputo rimanere fedele anche nella prova. Sono contento di aver fatto la Volontà di Dio". Non sono queste parole di peccato. Ma un filo di orgoglio è ancora in esse. "Io sono contento perché ho fatto". L'io della creatura che si sente autore unico del bene compiuto. Maria Ss. dice: "Io ti esalto perché Tu mi hai protetta". Dà a Dio il merito di averla tenuta santa in quelle ore di lotta.
   Dio aveva preparata una degna dimora al suo Verbo. Ma Maria ha saputo serbare quella dimora degna di Dio, che in Lei doveva incarnarsi. Imitatela, o creature. In misura minore, come si conviene a voi, che non dovete concepire il Cristo, ma per quanto vi è necessario a portare il Cristo in voi, Dio vi dà i mezzi ed i doni atti a fare di voi dei templi e altari. Imitate Maria, sapendo serbare la dimora del vostro cuore degna del Santo che chiede di entrare in voi per godere di voi e vivere fra i figli degli uomini, da Lui amati senza misura.
   E se non avete saputo imitarla, e la vostra dimora è ormai una dimora profanata o smantellata dai troppi che l'hanno abitata, ricostruitela in Maria, che è l'amabile e instancabile Madre che genera i figli al Signore, perché attraverso a Maria si va alla Vita, e perciò chi è languente o morto, e non osa alzare gli occhi al Signore, può tornare vivo e gradevole all'Eterno se entra nel Seno, nel Cuore che hanno dato al mondo il Salvatore.
   Il Signore Gesù ti ha spiegato1 la luce del capitolo sapienziale. Io non mi permetto di parlare dove Egli ha parlato. Ma a conferma del mio dire ti faccio notare le parole che la Sapienza applica a Maria: "La mia delizia è stare coi figli degli uomini". Con questi figli, che le sono costati tanto pianto. Ma è delle vere madri piangere e amare, e amare per quanto si è pianto, amare tanto da portare all'amore, piangere tanto da convertire i perversi. Perché troverebbe delizia a stare fra gli uomini questa Benedetta la cui dimora è ab eterno il Cielo, questa Benedetta che ebbe ad abitazione il Seno meraviglioso di Dio, e che fu abitazione a Dio, questa Benedetta il cui Popolo è quello degli Angeli e dei beati, se non per ricostruire i poveri cuori che il mondo e Satana, che la carne e le passioni hanno devastato? Perché troverebbe delizia, se non perché stando fra voi vi ripartorisce a Dio?
   Sentitela cantare nella sua luce di perla: "Beati quelli che battono le mie vie". Le vie di Maria finiscono nel Cuore di Dio. "Ascoltate i miei consigli per diventare saggi, non li ricusate". Una Madre, e santa quale Ella è, non può che dare parole di vita. Ma considerate quanto, nella già piena di Grazia, e perciò di Sapienza, avrà lasciato la Parola portata per nove mesi nel seno, e sul seno per tanti anni. Sul seno nell'infanzia e puerizia, e nella morte, nel Cuore purissimo per 33 anni. Mai è stato inerte Dio-Figlio per la sua amabile Madre. Mai, Egli che non è mai inattivo neppur coi colpevoli uomini. Perciò tutta la Sapienza si è fusa con tutta la Purezza, e Maria non può che parlare con la parola di Dio, con quella parola che il Cristo ha detto Vita di chi l'ascolta. Canta Maria, Lei che sa ciò che è in Lei: "Beato l'uomo che mi ascolta e veglia alla mia porta e attende all'ingresso della mia casa". Abitacolo di Dio, Ella sa che chi in Lei entra trova Dio. Ossia, così come Ella canta: "Chi troverà Lei avrà trovato la Vita e riceverà dal Signore la salute".
   Veramente chi vive in Lei ha salute, vita, sapienza, gloria, letizia e onore perché Ella è tutto questo, avendo le sue radici in Dio stesso, fondata come è sul monte di Dio per esserne il Tempio, amata più di ogni altra creatura dal Signore Altissimo, dovendo Essa in eterno essere la Madre dell'Uomo.
  Oh! parola poco meditata, meno ancora compresa, nella quale è compendiata tutta la figura di Maria. Cosa è Maria? È la Riparatrice. Ella annulla Eva. Ella riporta le cose sconvolte al punto dove erano quando le sconvolse il Serpente maligno ed Eva imprudente. L'angelo la saluta: "Ave". Si dice che Ave è il capovolgimento di Eva. Ma Ave è ancora un'eco che ricorda il Nome Ss. di Dio, così come lo ricorda ancor più vivamente, e come te l'ho spiegato2, il nome del Verbo: Jeoscué.
   Nel tetragramma sacro che i figli del Popolo di Dio avevano formato per pronunciare nel segreto tempio dello spirito l'irripetibile Nome, già è "Ave". Il principio della parola con cui Dio mandò a far della Tutta Bella la Santa Madre e Corredentrice. Ave: quasi che, come realmente avvenne, Egli, annunciandosi col suo Nome, entrasse a farsi carne in un seno, nell'Unico Seno che poteva contenere l'Unico.
   Ave, Maria, Madre dell'Uomo come Eva, più di Eva, che hai riportato l'uomo, attraverso all'Uomo, alla sua Patria, alla sua eredità, alla sua figliolanza, alla sua Gioia.
   Ave, Maria, Seno di santità in cui è rideposto il seme della Specie, perché l'eterno Abramo abbia i figli di cui l'invidia satanica lo aveva fatto sterile.
   Ave, Maria, Madre Deipara del Primogenito eterno, Madre pietosa dell'Umanità, lavata nel tuo pianto e nel Sangue che è tuo sangue.
   Ave, Maria, Perla del Cielo, Luce di Stella, Bellezza soave, Pace di Dio.
   Ave, Maria piena di Grazia in cui è il Signore, mai divisa da Lui che in Te prende le sue delizie e i suoi riposi.
  Ave, Maria, Donna benedetta fra tutte le donne, amore vivente, fatta dall'Amore sposa all'Amore, Madre dell'Amore.
   In Te purezza, in Te pace, in Te sapienza, in Te ubbidienza, in Te umiltà, in Te perfette le tre e le quattro virtù...
   Maria, il Cielo delira d'amore nel contemplare Maria. Il suo canto aumenta sino a note incomparabili. Nessun mortale, per santo che sia, può comprendere cosa sia per tutto il Cielo Maria.
   Tutte le cose sono state fatte per il Verbo. Ma anche tutte le opere più grandi sono state fatte dall'Amore Eterno in Maria e per Maria. Perché Colui che è potente l'ha amata senza limite, e l'ama. E la Potenza di Dio sta nelle sue mani di Giglio purissimo per essere sparsa su chi a Lei ricorre.
  Ave! Ave! Ave! Maria!...».
   Messa seconda Domenica d'Avvento.
   «Ave Maria, attraverso la quale il Signore viene a salvare le nazioni e a far intendere la gloria sua nella letizia del Salvatore concesso al mondo.
   La liturgia della S. Messa della seconda domenica di Avvento si affianca molto bene alla liturgia della S. Messa propria dell'Immacolata Concezione, perché è ancora per Maria che il Salvatore viene a salvare i popoli e ad essere l'Agnello che è pastore, e Pastore buono, venuto a guidare i giusti nei pascoli del Signore. I giusti, ombreggiati in Giuseppe, mite e giusto come pecorella ubbidiente ad ogni comando dell'Eterno, Supremo Pastore dei popoli.

   Ed è ancora per Maria che i poveri e deboli uomini riescono ad ottenere i mezzi di salute e le ricchezze eterne. Giovanni precorse il Cristo preparandogli le vie. Maria precorre il Cristo preparandogli la via nei vostri cuori. Aprite il cuore a Maria, mettete il vostro spirito nelle sue materne mani perché essa lo prepari alla Divina venuta. Imitate Maria in questo tempo di Avvento, e sarete pronti a ricevere il Natale ed i suoi frutti soprannaturali in modo degno dell'elogio angelico.

   Paolo dice che tutto quanto è stato scritto per farvi sapienti nel Signore, è stato scritto perché si conservi la speranza. Quale speranza? Quella delle promesse divine. Ma le promesse, che sono certe - e perciò bisogna, più ancor che sperare: credere, assolutamente credere che si compiranno - avranno compimento se voi saprete perseverare e operare con pazienza e con la forza che viene dalle consolazioni, di cui è ripiena la Scrittura, nelle diverse contingenze della vita.
   Perché questa vita è lotta continua, sempre nuova, piena di incognite e di sorprese, lotta che stancherebbe anche un eroe, se questo non fosse sorretto da qualcosa più che terreno. Questo qualcosa è Dio e la sua Legge, e le sue promesse, è la certezza della vita futura, la fede certa che l'Uomo che si è immolato per voi non poteva che essere che Dio, perché nessuno, che non sia stato Cristo, ha mai saputo vivere e morire come Egli visse e morì. Queste le cose che alimentano le forze di voi, lottatori al presente, vincitori domani. Queste le certezze e consolazioni che il Dio della pazienza e delle consolazioni vi infonde perché sappiate lottare con Cristo e per il Cristo, giungendo alla gloria che per il Cristo potete avere.
   E con la fede e la speranza ecco, nelle parole di Paolo, ancora ricordata la carità, senza la quale ogni altra cosa è vana. Anche la vita di più austera virtù sarebbe vana se non fosse congiunta alla carità. Colui che praticasse le più austere penitenze, che fosse temperante, onesto, continente, che credesse in Dio, che sperasse in Lui, che fosse osservante dei Comandi e Precetti, ma che non amasse il suo prossimo, mortificherebbe le sue virtù in modo tale da espiare ben lungamente il suo peccato di egoismo.

   Santo l'amore a Dio, santa l'ubbidienza ai precetti, santa la temperanza e buona l'onestà. Ma se non vi è amore al prossimo, non è tutto ciò come un albero troppo mortificato che resta solo duro tronco, senza rami né foglie, senza fiori né frutti, inutile al viandante accaldato che cerca l'ombrìa o il riparo dall'acquazzone, inutile allo sconfortato che dalla vista dei suoi fiori trae quasi una parola di speranza per l'avvenire, inutile all'affamato che non può sostenere le languenti forze con il frutto colto ai suoi rami e sentire che c'è un Dio che veglia sui bisogni dei figli, inutile persino all'uccello che invano cerca un rifugio contro il tronco spoglio? Veramente la rigida virtù che è priva di amore è una triste visione di tronco poderoso, ma brullo e destinato a morire. È egoismo ancora. È ancora fariseismo. È un paganesimo che si sostituisce al vero culto. Perché la vera Religione si appoggia sulle due colonne dei due amori di Dio e di prossimo, e tutto l'edificio è precario se sostenuto da una sola colonna, disarmonico sempre.

   La Legge è di amare Dio e di amarsi fra fratelli, accogliendosi gli uni gli altri, sorreggendosi, istruendosi, compatendosi come Cristo fece.
   Tu, piccola voce, vedi come Cristo amasse i circoncisi, perché loro diritto di essere amati essendo del Popolo della promessa, e gli incirconcisi, come era suo diritto di amarli, essendo il popolo nuovo del Re dei re. Tanto li ha amati che i primi ne fecero un ingiusto capo di accusa contro di Lui, così come ora i "circoncisi" di ora, quelli che per essere, o per credersi d'essere gli eletti fra le nazioni, delle pagine che rivelano l'impareggiabile amore del Maestro divino per i Gentili se ne fanno scandalo e oggetto di negazione.
   Non comprendevano i rabbi di allora, e non comprendono i rabbi di ora, la suprema carità che vede negli uomini tanti fratelli e che li ama, se sono santi e del popolo di Dio perché tali; e li ama, se non sono santi, per farli tali.

   Io ti dico però con Paolo che questi ultimi, dei tempi d'ora, superano nell'amore che rendono all'amore quelli che si credono i perfetti. Sempre così, ora come 20 secoli fa. I sapienti insapienti, ossia quelli che sanno la lettera ma non lo spirito di essa, non sanno comprendere, e credere, e accettare che Gesù Cristo, il Salvatore, è venuto, e viene, più per i Gentili che per i suoi, più per le pecore senza pastore, o per quelle inselvatichite, o anche ferite e rognose, che per le 99 pecorelle già in salvo nel suo Ovile.
   Gesù Cristo è stato, è, e sarà, Colui che è Salute per tutti quelli che lo sanno cercare o desiderare.
   Or dunque senza differenza per quelli che sono del gregge e per quelli che non lo sono, sappiate amare, soffrire, operare, pensando che 20 secoli or sono il Cielo si è aperto per concedere non a Betlem o a Nazaret o a Gerusalemme o all'intera Palestina, all'ancor più vasto Israele disseminato per il mondo, il Salvatore e Maestro, ma per darlo a tutti gli uomini.

   Questo è lo spirito di preparazione alla venuta del Cristo, suprema carità di Dio: uno spirito di amore universale perché tutti gli uomini vadano al Regno di Dio, alla casa del Padre.
   A te, poi, spetta un compito d'amore più grande ancora, e tu sai perché e per chi. Ma non ti sconforti la grandezza dell'amore che ti si chiede. Tanto è quello che hai ricevuto. Sii dunque generosa nel dare. Nel dare in tutti i modi. Sino alla consumazione totale. Sii eroica. Sei vittima. Sii eroica. Il tempo passa e la pace viene. Sii eroica. Dopo, tutto ti parrà così poco rispetto a ciò che avrai.
   Alza il tuo spirito! Guarda la gioia che ti viene dal tuo Dio, guarda il tuo Dio che è la tua gioia, e che viene a te per confortarti.
   Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».

1 ti ha spiegato, in vari punti dell'opera L'Evangelo come mi è stato rivelato, cominciando dai capitoli 1, 5 e 6 nel 
 1°.
 2 te l'ho spiegato, nella lezione sulla Messa della festa di Cristo Re. Il tetragramma, che significa "quattro lettere", era 
il non pronunciabile nome ebraico di Dio formato di quattro consonanti: Jhwh.
 AMDG et DVM