giovedì 9 dicembre 2021

Orazioni alla divina Madre

 


GlOVEDÌ - Orazione a Maria SS. per ottenere il paradiso.

<< O Regina del paradiso, che sedete sopra tutt'i cori degli angeli la più vicina a Dio, da questa valle di miserie io vi saluto misero peccatore e vi prego a girare verso di me que' vostri occhi pietosi, che dove mirano spargono grazie. Guardate, o Maria, in quanti pericoli ora mi trovo ed ho da trovarmi sino che vivo in questa terra, di perder l'anima, il paradiso e Dio. In voi, Signora, io ho collocate tutte le mie speranze. Io v'amo e sospiro di venire presto a vedervi e lodarvi in paradiso.6 

Ah Maria, quando sarà quel giorno che mi vedrò già salvo a' piedi vostri, e mirerò la Madre del mio Signore e la madre mia che tanto s'è impegnata per salvarmi! Quando bacerò quella mano che tante volte m'ha liberato dall'inferno, e tante grazie m'ha dispensate, quando per le mie colpe io meritava che fossi odiato ed abbandonato da tutti? 

Signora, io vi sono stato molto ingrato nella mia vita; ma se vengo in paradiso, non vi sarò più ingrato; colà v'amerò quanto posso ogni momento per tutta l'eternità, e compenserò la mia sconoscenza con benedirvi e ringraziarvi per sempre. 

Io sommamente ringrazio Iddio che mi dà una tal confidenza nel sangue di Gesù Cristo ed in voi, che voi m'abbiate a salvare, voi m'abbiate a liberare da' peccati, ad impetrar luce e forza7 di eseguire la divina volontà e finalmente a condurmi al porto del paradiso. Tanto hanno sperato i vostri servi, e niuno è restato ingannato. No, che non resterò ingannato neppur io. O Maria, non ci vuol altro; voi m'avete da salvare. Pregate il vostro figlio Gesù, come lo prego ancor io per li meriti della sua Passione, a conservare in me e sempre più accrescere questa confidenza,8 e sarò salvo. >>

AVE MARIA!


6 Nell'ediz. Del 1751 manca: «a vedervi.»

7 In Via della salute: «ed impetrate luce e forza.»



8 In Via della salute: «confidenza in voi.»


Tutto ... parla di Dio, lo mostra nella sua possanza divina.

 


LEZIONI SULL'EPISTOLA DI 

PAOLO AI ROMANI 

LEZIONE IV


RM-1 20-22

7 gennaio 1948


   Dice l’Autore Ss.:
  «Quelli che soffocano la verità di Dio nell’ingiustizia, dividendosi nelle due male classi dei negatori che dicono: “Non credo in Dio perché non lo vedo”, e dei demolitori, dei pazzi, che vorrebbero demolire Dio e, non potendolo fare, sgretolano con una fatica immane e inutile il monumento della testimonianza di Dio e - lavora, lavora, lavora - non fanno che farne cadere la polvere e le muffe e farlo così più bello e splendente - perché, giocando così a carte scoperte, non fanno che suscitare sante reazioni negli uomini retti - queste due categorie di disgraziati che si precludono pace sulla Terra e pace oltre la Terra, sono, oltre a tutto, dei mentitori, o confessano di essere degli stolti privi di ragione. Perché non è possibile all’uomo negare Iddio. Sol che l’uomo consideri se stesso - la armonica formazione della sua natura nella quale, senza urti o dissonanze, l’animale e lo spirituale si intersecano, formando un tutto meraviglioso - sol che consideri questo, l’uomo non può negare l’esistenza di Dio dicendo: “Non ci credo, perché Dio non lo vedo”.


   Parlare di avvilenti discendenze non serve per giustificare il prodigio spontaneo dell’uomo intelligente. L’evoluzione non potrebbe mai dare a una bestia la perfezione umana visibile. Parlando di quelli che non ammettono lo spirituale, non parlo che di perfezione umana materiale e perciò visibile. Ma anche questa sola è sufficiente a negare l’evoluzione della bestia a uomo e a testimoniare della creazione divina.


   Dio è visibile “nelle sue invisibili perfezioni, la sua eterna possanza e la sua divinità”, all’intelligenza dell’uomo intelligente, “per mezzo delle cose create”. 


Tutto - dalla goccia di brina al sole, dal mare ai vulcani, dal verme all’uomo, dalle muffe arboree alle sequoie gigantesche, dalla luce alle tenebre - parla di Dio, lo mostra nella sua possanza divina. Perciò ho detto che coloro che negano Dio, visibile in tutte le cose, sono mentitori o confessano di essere stolti. Ma stolti, no, non sono.


   Sono asserviti alla Menzogna, alla Superbia, all’Odio. Questo solo sono. Perché veramente conoscono che Dio è, ma lo negano, lo ripudiano, tentano schernirlo in luogo di lodarlo e glorificarlo, e lo odiano in luogo di avere riconoscenza per le provvidenze infinite che Egli ha per loro, benché essi non le meritano.


   Se Dio non fosse Dio, ossia Colui che è al disopra dell’astio e della vendetta, se Dio fosse simile a loro, forseché darebbe loro aria, luce, sole, cibo? Non si obbietti: “Lo dà per i buoni, e per questo ne godono tutti. Non può fare morire i buoni per levare ai malvagi aria, luce, sole, cibo”. E chi lo potrebbe impedire? Tutto è possibile a Dio. Ma Egli è Colui che fa piovere i raggi del sole sui buoni e sui cattivi per carezzare i buoni e ammonire i cattivi, dando loro tempo a convertirsi. Perché Dio è paziente, e la sua vendetta è il perdono dato 70 volte 7 e 700 volte 7. Sinché c’è vita nell’uomo, Egli è longanime. Poi giudica, e inappellabile è il suo giudizio.


   L’ultima parola è la sua, ed è tale che anche il più pertinacemente delirante degli uomini uscirà dal suo vaneggiamento bestemmiatore, e sbigottito, come colui che vien tratto fuor da buia carcere alla gran luce, folgorato dalla Luce divinissima, rientrerà in sé gridando: “Maledizione al mio superbo pensiero! Ho negato la Verità ed Essa mi colpisce in eterno. Ho adorato ciò che non era e ho negato ciò che è. Potevo avere il premio incorruttibile che viene dalla fusione coll’Incorruttibile perfetto. Ho preferito la Corruzione molteplice e, eterno ma corrotto, in eterno affonderò in essa”.»


AMDG et DVM

mercoledì 8 dicembre 2021

LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI --- LEZIONE III --- MARIA: L’estrema misericordia che il nostro Amore ha pensata per voi.

 


LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI 

LEZIONE III


RM-1 18-18

6 gennaio 1948


   Dice l’Autore Ss.:
   
«Nella lezione avanti questa ho invitato a difendere l’Idea religiosa per avere salvezza e pace, perché quando un popolo cade in “empietà e ingiustizia” - e la più grande empietà, la più grande ingiustizia, è offendere Dio, deridere la Religione, attaccarla, spegnerla nelle menti, disubbidirla scientemente, premeditatamente, in tutti i suoi comandi - allora l’ira di Dio si manifesta dal Cielo.
   Non occorrono folgori perché sia manifesta. Non cataclismi. Non diluvi. Ma basta che Dio vi abbandoni a voi stessi perché vi diate da voi stessi la morte, l’angoscia, la disperazione. L’ira di Dio, più che manifestarsi con castighi, la vera, immutabile ira, si manifesterà coll’abbandonarvi a voi stessi. Quelle che voi chiamate ira di Dio - le guerre, i mezzi atroci di distruzione, i cataclismi, le pestilenze - ancora non sono ira senza mutazione, ira assoluta. Sono rimproveri e richiami di Padre, offeso, ma ancora premuroso di dare soccorso e perdono ai figli colpevoli.
  *** Ma quando ogni “empietà e ingiustizia” sarà nel cuore dei 99/100 dell’umanità, quando empietà e ingiustizia mentale o ma­teriale avrà invaso ogni classe sociale, e financo l’abominio sarà penetrato nella casa di Dio - l’abominio della desolazione di cui parla il profeta, e lo conferma il Verbo, né ancora avete dato il giusto significato alla parola “desolazione” di cui è detto che sarà segno della fine, e lo sarà - allora Dio non vi riprenderà più con paterni castighi - che purtroppo, è vero, salvano pochi, ma perché i più già sono servi di Satana - ma vi lascerà a voi stessi. Si ritirerà. Non farà più atto. Sino al momento in cui un baleno del suo Volere ordinerà ai suoi angeli di aprire i sette si­gilli, di suonare le quattro trombe, di liberare l’aquila dei tre guai, e poi - orrore - sarà dato fiato alla quinta tromba, e il Giuda dei tempi ultimi aprirà il pozzo d’abisso per farne uscire ciò che l’uomo avrà desiderato più di Dio.  ***



   Quando? Quando? Già siete in quest’ora o state per entrarvi? Temete. Ve lo chiedete... Ma non vi pentite. Non vi sarà detto il quando. Esso è scritto nel cuore dei presenti profeti, “ma è sigillato quel che hanno detto i sette tuoni ad essi, ed essi non lo diranno”.
   E allora, come astro pacifico sull’orrore e terrore delle onde in tempesta - tutta la Terra sommossa come mare in tempesta e tutti gli uomini naufraganti come in mare in tempesta, meno i servi di Dio raccolti sulla barca di Pietro, fedeli al Nauta santo - e allora verrà l’aurora della Stella del Mare, precorritrice al sorgere, all’apparire ultimo della Stella del Mattino.
   

     Nella sua seconda, ultima venuta, l’Agnello di Dio, il Redentore, il Santo dei santi, avrà per precursore non il penitente del deserto, salato dalle macerazioni, e salante i peccatori per guarirli dalle pesantezze e farli agili ad accogliere il Signore, ma avrà per precursore l’Angelo nostro, Colei che, pur avendo carne, fu Serafino, Colei in cui abbiamo fatto Dimora - né più dolce e più degna non potevamo averla - l’Arca dilettissima[3] di puro oro che ancor ci contiene così come è da Noi contenuta, e che trasvolerà nei cieli, raggiando il suo amore per preparare al Re dei re la strada profumata e regale e per preparare - per generare e partorire, in un’ultima maternità - quanti più germi di viventi sono, e vorranno essere, partoriti al Signore.
   Guardate là, all’oriente dei tempi... Già sulle tenebre che coprono, sempre più folte e maledette, la Terra, si delinea un albore che più dolce non v’è. Esso è il tempo di Maria che sorge. L’estrema misericordia che il nostro Amore ha pensata per voi.
   

Grande sarà la lunghezza del suo cammino. Contrastata dal suo eterno nemico, che, per essere vinto, non è meno ostinato a crucciarla e combatterla. Egli ottunde gli intelletti degli uomini per non far loro conoscere Maria. Spegne le fedi in Lei. Crea nebbie. Getta fango. Ma la Stella del Mare è troppo alta sulle onde inquinate. Trascorrerà, né il fango sporcherà l’orlo della sua veste. Scenderà solo, ratta come un Arcangelo, a scrivere, presso il segno del Tau, la sua sigla sulla fronte dei fedeli, dei salvati al Regno eterno. E fortezza e pace entrerà nei loro spiriti sotto il tocco della mano di Lei, Madre della Vita, Sorgente della Salute.
   Benedite Iddio che ha concesso alla Stella purissima di iniziare il suo cammino per attrarvi a Dio con la dolcezza del suo amore, Salvatrice pietosa, estrema, compensante gli spiriti buoni del sempre più profondo allontanarsi di Dio, disgustato dalle colpe degli uomini.
   Non vi sembri ingiusto questo ritiro di Dio. Si legge nei Maccabei che, quando con Antioco Epifane la corruzione entrò in Israele, ed Israele si allontanò dalla Legge per essersi asserviti molti capi d’Israele, “figli di iniquità”, alle “nazioni vicine”, sino al punto da far loro i perversi costumi delle stesse “vendendosi per fare il male”, il santuario restò desolato come un deserto, le feste solenni si cambiarono in lutti, i sabati in obbrobrio e la sua gloria fu annientata. Non solo, ma fu accettato “il culto degli idoli”. E ciò provocò la persecuzione dei pochi rimasti fedeli, e morte, rovina, violenza, dolore, divennero retaggio del popolo che aveva suscitato l’ira del Signore. Fate i confronti. Meditate. Scegliete.
   Una nuova volta Gesù vi dice ciò che disse agli ultimi Tabernacoli: “Ancora per poco sono con voi... e poi me ne andrò. E allora mi cercherete ma non mi troverete”.
   Sì, o dormienti. Parlo a voi più che ai nemici aperti. A voi che, se vi svegliaste, potreste far difesa all’Idea e al vostro bene. A voi che dormite mentre gli altri lavorano, e vi cullate nella illusione che Dio vi sia servo, che Gesù vi sia servo, e servo stolto, che dopo esser stato trascurato, non cercato, non seguito, sino a farlo persuaso di andarsene, data l’inutilità del suo rimanere fra voi, possa esser pronto e prono al vostro bisogno quando sarete per essere sommersi e finalmente, ma non per tutti in tempo, vi desterete.
   Cercate il Salvatore mentre ancora è fra voi, prima che l’odio lo mandi fuor dai vostri confini... in Efraim, fra popoli sorgenti alla luce mentre voi sprofondate fra le tenebre. Fra le tenebre che “soffocano la verità, non facendola vedere, alzando il muro delle tiepidezze, dei quietismi là dove non alzano quello delle empietà e ingiustizie”[4]


[3] l’Arca dilettissima… La frase sarà chiarita nella 14ª lezione.


[4] La citazione tra virgolette è un ampliamento di Romani 1,18, che è il tema della lezione.


 Vi sono compresi i quietismi,



 che sono gli atteggiamenti di indifferenza e di apatia, dovuti al concetto che l’infinita misericordia di Dio perdona anche



 senza la volontà di pentimento da parte dell’uomo. Più volte condannati nelle lezioni, i “quietisti” sono delineati


 particolarmente nelle lezioni 11ª e 18ª.




AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 7 dicembre 2021

Quando un popolo cade in “empietà e ingiustizia” -......- allora l’ira di Dio si manifesta dal Cielo.

 

RM-1 18-18

6 gennaio 1948


   Dice l’Autore Ss.:
   «Nella lezione avanti questa ho invitato a difendere l’Idea religiosa per avere salvezza e pace, perché quando un popolo cade in “empietà e ingiustizia” - e la più grande empietà, la più grande ingiustizia, è offendere Dio, deridere la Religione, attaccarla, spegnerla nelle menti, disubbidirla scientemente, premeditatamente, in tutti i suoi comandi - allora l’ira di Dio si manifesta dal Cielo.


   Non occorrono folgori perché sia manifesta. Non cataclismi. Non diluvi. Ma basta che Dio vi abbandoni a voi stessi perché vi diate da voi stessi la morte, l’angoscia, la disperazione. L’ira di Dio, più che manifestarsi con castighi, la vera, immutabile ira, si manifesterà coll’abbandonarvi a voi stessi. Quelle che voi chiamate ira di Dio - le guerre, i mezzi atroci di distruzione, i cataclismi, le pestilenze - ancora non sono ira senza mutazione, ira assoluta. Sono rimproveri e richiami di Padre, offeso, ma ancora premuroso di dare soccorso e perdono ai figli colpevoli.
   Ma quando ogni “empietà e ingiustizia” sarà nel cuore dei 99/100 dell’umanità, quando empietà e ingiustizia mentale o ma­teriale avrà invaso ogni classe sociale, e financo l’abominio sarà penetrato nella casa di Dio - l’abominio della desolazione di cui parla il profeta, e lo conferma il Verbo, né ancora avete dato il giusto significato alla parola “desolazione” di cui è detto che sarà segno della fine, e lo sarà - allora Dio non vi riprenderà più con paterni castighi - che purtroppo, è vero, salvano pochi, ma perché i più già sono servi di Satana - ma vi lascerà a voi stessi. Si ritirerà. Non farà più atto. Sino al momento in cui un baleno del suo Volere ordinerà ai suoi angeli di aprire i sette si­gilli, di suonare le quattro trombe, di liberare l’aquila dei tre guai, e poi - orrore - sarà dato fiato alla quinta tromba, e il Giuda dei tempi ultimi aprirà il pozzo d’abisso per farne uscire ciò che l’uomo avrà desiderato più di Dio.


AVE MARIA PURISSIMA!

Lezioni d'oro SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI

LEZIONI SULL'EPISTOLA DI 

PAOLO AI ROMANI

Lezione II

4 gennaio 1948


   Dice l’Autore Ss.:
 «“Il giusto vive di fede”. Riportando queste parole l’Apostolo, un tempo orgoglioso della propria scienza rabbinica, si fa “fanciullo”, ossia umile e semplice, e confessa, anzi professa: “Io non mi vergogno del Vangelo, virtù di Dio a salvezza d’ogni credente... In esso infatti si manifesta la giustizia di Dio che vien dalla fede e tende alla fede”.


   Un tempo ci fu, per Paolo, in cui, ancor più che vergognarsi di credere in proprio nel Vangelo, si vergognava del Vangelo come di un obbrobrio gettato fra le ispirate parole, o le dotte parole della sapienza di Israele. E per cancellare quell’obbrobrio, scritto nelle menti dei seguaci del Nazareno, perseguitava gli stessi spegnendo, in uno, parole evangeliche e vita, credendo di vincere. Ma la Parola eterna, quella che nessuna forza umana o diabolica può far tacere, lo atterrò sulla via di Damasco, chiedendogli: “Perché mi perseguiti?”.


   Coloro che opprimono le piccole voci, coloro che opprimono quelli che parlano in nome di Dio, e che essi, i dotti di ora, sanno come erano chiamati nell’Antico Testamento, e sanno quale sia la loro missione - perché essi sono, e sempre saranno, fino alla fine del tempo, come araldi di Dio fra le turbe cieche - molto dovrebbero meditare e imparare da quel “mi perseguiti”, e temere di perseguitare il Verbo, e tremare di farlo.


   Nello strumento di Dio vive Dio. Vive non nella maniera comune, ma in maniera straordinaria. La personalità umana non è più che il velo che custodisce il Santo dei Santi operante, poiché Dio non è mai inerte sul suo trono, oltre il velo.


   Quando le feroci schiere dei Caldei, vinti gli Israeliti nella città capitale, non paghe ancora, arsero la casa di Dio e asportarono le ricchezze e le santità del Tempio; quando le potenti legioni romane distrussero per sempre, secondo la profezia di Gesù Cristo, il Tempio sul Moria, contro chi, veramente, si avventarono? Contro l’edificio, il sacerdozio, gli utensili del Tempio, o contro l’immateriale Ente che, nella mente degli Israeliti, lo empiva di Sé ?


   Dico “nella mente degli Israeliti” perché dall’ora di nona di quel Parasceve, che è abisso di Misericordia e abisso di Delitto, lo Spirito di Dio aveva abbandonato il Santo dei Santi, e vuota era, anche nelle ore dell’incenso, la gloria del Tabernacolo. Ma l’Idea era ancora. Ed era tutto per Israele quell’Idea.


   Contro chi perseguitò il nemico? Contro uomini e pietre, o contro l’Idea? Contro l’Idea. Per colpire il popolo, colpì l’Idea. Distrusse. Disperse.


   Oh! miseri, miseri uomini superficiali che, anche se cattolici praticanti, così tiepidi siete per l’Idea, per il Cristianesimo, per la Chiesa, che sono l’Idea che è forza, potenza, coesione, vittoria, salvezza contro le armate umane ed extraumane dei servi del Dragone, meditate questa grande lezione che viene dagli èvi: quando l’inerzia, il peccato, o il consentimento a dottrine sataniche, permettono che i nemici di Dio e degli spiriti assalgano, distruggano, disperdano l’Idea unica, santa, vera, eterna - Dio - in ciò che lo predica e lo rappresenta, tutto, dico tutto viene disperso e distrutto, anche ciò che non vorreste lo fosse: il vostro personale egoistico bene, la fortuna familiare, la quiete, la famiglia stessa talora.


   Sorgete, o cristiani. Un giorno, a Gesù che dormiva, fu gridato: “Svegliati, o Maestro, ché noi periamo”. Ma ora è Dio che vi grida: “Svegliatevi, o cristiani, perché se non vi svegliate voi perirete. La burrasca vi è sopra. Al vecchio Israele era detto: “Alle tue tende, o Israele” per radunarlo a difesa della religione e della patria. A voi Io grido: “Ai tuoi tabernacoli, o popolo cristiano. Alla tua fede! Al tuo Signore Gesù Cristo! Alla Vincitrice che vince Satana! Sorgi! Riaccendi il lume e il fuoco della fede e della carità, svesti le vesti troppo carnali che ti fanno ottuso e pigro, e rivestiti di giustizia”.


   Tu, tu solo ti devi salvare. Nella tua volontà è la tua vittoria. Dio ti osserva, ma non ti salva più, per sua propria volontà. Tante volte lo ha fatto, e tu, della vittoria della salvezza, ti sei fatto gradino per scendere nelle tenebre, nel gelo, nel vizio. L’ho detto all’inizio del lavoro del piccolo Giovanni[2]. Avete riso, deriso o imprecato alla piccola voce che vi ripeteva le mie parole. Ma molte, perché divine, hanno già avuto compimento.


   Non ridete, non deridete, non imprecate per queste. Accoglietele. Difendete voi stessi, le vostre famiglie, la vostra quiete, il vostro benessere, difendendo l’Idea divina, la Chiesa, la Fede. Satana e i suoi servi cercano colpire l’Idea: la Chiesa, la Fede, ossia il cuore, il sangue, il respiro che mantengono viva la stessa vita vostra. Dolorosa, sì. Faticosa, sì. Ma se trionfasse Satana in un mondo senza più Dio, tre volte guai a voi.


   Non sapete! Non alzo il velo su quell’orrore che già è in atto e rinserra le file per sferrare l’attacco. Vi addito l’alto: il Cielo, Dio; vi addito il cuore della Cristianità: Roma vaticana; vi addito il tabernacolo. Difendeteli per essere difesi. E meditate bene le mie parole.


   E non siate, singolarmente, simili a coloro che si accingono a perseguitare Dio nell’Idea di Lui, nella Chiesa Romana, nella Fede, col perseguitare Gesù Cristo nelle sue piccole voci. Non perseguitate Gesù Cristo, dico. Perché Lui, a voi che opprimete i suoi strumenti, dice, con la sua divina, giusta sincerità: “Perché mi perseguiti?”.


   Sì. Voi, Lui perseguitate in questi ai quali non date pace. Sì. Voi, Lui perseguitate in questi, perché negate che in essi il Verbo parli, parli lo Spirito Santo che sempre è autore di ogni insegnamento divino.


   Imitate Paolo nel suo secondo tempo di vita mortale, posto che lo sapete imitare quando è ancor Saulo di Tarso, della tribù di Beniamino, fariseo e persecutore dei cristiani. E non vergognatevi di apprendere, voi, i novelli rabbi, cose di fede e sapienza sinora da voi ignorate, di apprenderle da una piccola voce.


   Rispetto al ricco, potente e imponente Gamaliele, simile a un re per fasto e per cortigiani, vivente libro della sapienza di Israele, il mite Maestro di Nazaret doveva apparire ben spregevole a Saulo di Tarso che ne conosceva la condizione sociale, il metodo di insegnamento e la maniera di vita... Ma quando gli caddero le scaglie del fariseismo, non dalle pupille degli occhi ma dello spirito, e con decenne applicazione penetrò nella sapienza del Vangelo “virtù di Dio a salvezza di ogni credente”, Paolo riconobbe che nel Vangelo “si manifesta la giustizia che vien dalla fede e tende alla fede”.


   Questa giustizia, resa luminosa, comprensibile dalla bontà della stessa Parola di Dio, che ha pietà di voi, si manifesta nel dono che la piccola voce vi ha dato in nostro Nome.


   I giusti amano. L’amore è luce. La luce permette di riconoscere. I giusti credono. Hanno una viva sete di sempre più credere. Comprendono che la conoscenza è grandissimo aiuto a credere. Sentono che il credere è vita perché è carità. E la carità è vita perché è Dio, il Vivente, accolto in loro, e loro accolti in Dio.


   Ed ecco che, per lunga via, abbiamo raggiunto la prima proposizione del dettato d’oggi: “Il giusto vive di fede”. E più il giusto ha cuor di fanciullo, più sa vivere di fede. Per questo il Maestro divino ha detto: “Se non divenite simili a fanciulli non entrerete nel Regno dei Cieli”. Il fanciullo sa credere. E per questo suo saper credere conosce Dio e merita di possederlo e goderlo eternamente, anche se muore prima di esser dotto quale voi siete.


   Veramente il molto sapere difficilmente è salvezza. Non fosse che perché “a chi più è stato dato più viene richiesto”, e “a chi si è impadronito di tesori difficilmente non viene assalto di ladroni”. Ma questo antico proverbio non lo conoscevate ancora né sapete di quali ladroni Io parlo. Voi, che dotti siete, cercate di conoscerli. Conoscendoli potrete difendervi dalla morte che essi sono armati a darvi.


   Ma i “piccoli fanciulli” non hanno questi pericoli. Essi sanno “vivere di fede”. Semplicemente. Essi confidano nel Signore, ed è detto che chi confida nel Signore comprende la verità. Perciò essi comprendono, anche senza scientificamente sapere. Comprendono: per la carità viva in loro, e perché hanno a mae­stri la Carità e il loro angelico custode.»



[2] piccolo Giovanni è il più frequente dei nomi dati a Maria Valtorta, che per spiritualità e missione viene accostata al


 grande Giovanni, apostolo ed evangelista. L’inizio del lavoro del piccolo Giovanni può essere considerato il “dettato” del


 23 aprile 1943, venerdì santo, riportato nel volume I quaderni del 1943.