lunedì 19 luglio 2021

RESPICE STELLAM, VOCA MARIAM

 



§ 2. - Quanta dee essere più grande la nostra confidenza in Maria per esser ella la nostra madre.

Non a caso, né in vano i divoti di Maria la chiamano madre, e par che non sappiano invocarla con altro nome, e non si saziano di sempre chiamarla madre; madre sì, perché veramente ella è la madre nostra, non già carnale, ma spirituale delle nostre anime e della nostra salute.


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Il peccato, allorché privò le anime nostre della divina grazia, le venne a privare anche di vita. Ond'essendo elle restate miserabilmente morte, venne Gesù nostro Redentore, con eccesso di misericordia e d'amore, a ricuperarci colla sua morte in croce questa vita perduta, come egli stesso dichiarò: Veni, ut vitam habeant, et abundantius habeant (Io. X, 10). Abundantius, perché dicono i Teologi che apportò a noi più bene Gesù Cristo colla sua Redenzione, che non fu il danno che ci recò Adamo col suo peccato. Sicch'egli riconciliandoci con Dio si fe' padre dell'anime nella nuova legge di grazia, secondo fu già predetto dal profeta Isaia: Pater futuri saeculi, princeps pacis (Is. c. IX, [6]). - Ma se Gesù delle anime nostre fu il padre, Maria fu la madre; poiché dandoci ella Gesù, diede a noi la vera vita; ed offerendo poi sul Calvario la vita del Figlio per la nostra salute, venne allora a partorirci alla vita della divina grazia.

In due tempi dunque Maria, come ci fan sapere i santi Padri, divenne nostra madre spirituale; e primieramente quando meritò concepire nel suo seno verginale il Figlio di Dio, secondo dice il B. Alberto Magno.1 E più distintamente S. Bernardino da Siena ci avvisa, che allorché la santissima Vergine all'annunziazione dell'Angelo diede il consenso, che il Verbo Eterno da lei aspettava per farsi suo Figlio, dice il santo, che in dare ella questo consenso, sin d'allora domandò a Dio con affetto immenso la nostra salute; e che talmente si pose a procurare la nostra salvazione, che sin d'allora ci portò nel suo seno come amorosissima madre: Virgo per hunc consensum in incarnatione Filii, omnium salutem vigorosissime expetiit et procuravit; et omnium salvationi per hunc consensum se dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam


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verissima mater filios suos (Tr. de B.V., serm. 6).2 - Dice S. Luca al cap. 2, parlando della nascita del nostro Salvatore, che Maria partorì il suo primogenito: Peperit filium suum primogenitum. Dunque, dice un autore, se asserisce il Vangelista che allora la Vergine partorì il primogenito, si dee supporre che appresso ebbe altri figli? Si primogenitus, ergo alii filii secuti sunt secundogeniti? Ma lo stesso autore soggiunge: S'è di fede che Maria non ebbe altri figli carnali fuor di Gesù, dunque dovette avere altri figli spirituali, e questi siamo tutti noi: Carnales nullos habet B. Virgo praeter Christum; ergo spirituales habeat necesse est.3 Questo stesso rivelò il Signore a S. Geltrude che, leggendo un giorno il suddetto passo dell'Evangelio, era rimasta confusa, non sapendo intendere com'essendo Maria madre solamente di Gesù Cristo, potesse dirsi che questi fu il suo primogenito. E Dio le spiegò che Gesù fu il suo primogenito secondo la carne, ma gli uomini furono i figli secondogeniti secondo lo spirito.4

E con ciò s'intende quel che si dice di Maria ne' Sacri Cantici: Venter tuus sicut acervus tritici vallatus liliis (Cant. VII, [2]). Spiega S. Ambrogio, e dice che benché nell'utero purissimo di Maria fu un solo granello di frumento, il quale fu Gesù Cristo, nulladimeno si dice mucchio di grano, perché in


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quel sol granello vi erano tutti gli eletti, de' quali Maria anche doveva esser madre: Unum granum frumenti fuit in utero Virginis, Christus Dominus, et tamen acervus tritici dicitur; quia granum hoc virtute omnes electos continet, ut ipse sit primogenitus in multis fratribus (S. Ambr., de Instit. Virg.).5 Onde scrisse Guglielmo abbate: In illo uno fructu, in uno Salvatore omnium Iesu, plurimos Maria peperit ad salutem. Pariendo vitam, multos peperit ad vitam (In Cant. IV, 13).6 Maria partorendo Gesù, ch'è il nostro Salvatore e la nostra vita, partorì tutti noi alla salute ed alla vita.

Il secondo tempo poi, in cui Maria ci generò alla grazia, fu quando sul Calvario offerì all'Eterno Padre, con tanto dolore del suo cuore, la vita del suo diletto Figlio per la nostra salute. Onde attesta S. Agostino che allora, avendo ella cooperato col suo amore, acciocché i fedeli nascessero alla vita della grazia, divenne parimente con ciò madre spirituale di tutti noi, che siamo membri del nostro capo Gesù Cristo: Illa spiritu mater est membrorum Salvatoris, quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur (De Virg., c. 6).7 Ciò appunto significa quel che si dice della Vergine beata ne' Sacri Cantici: Posuit me custodem in vineis; vineam meam non custodivi (Cant. I, 5). Maria per salvare l'anime nostre si contentò di sagrificar colla morte la vita del suo Figlio: così commenta Guglielmo: Ut multas animas salvas faceret, animam suam


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morti exposuit.8 E chi mai era l'anima di Maria, se non il suo Gesù, il qual era la sua vita e tutto il suo amore? Che perciò le annunziò S. Simeone che un giorno l'anima sua benedetta doveva essere trapassata da una spada troppo dolorosa: Et tuam ipsius animam doloris gladius pertransibit (Luc. II, 35).9 Come fu appunto la lancia, che trapassò il costato di Gesù, ch'era l'anima di Maria. E d'allora ella co' suoi dolori ci partorì alla vita eterna; sicché tutti noi possiamo chiamarci figli dei dolori di Maria. Quest'amorosissima nostra madre fu sempre e tutta unita alla divina volontà, onde riflette S. Bonaventura che vedendo essa l'amore dell'Eterno Padre verso degli uomini, che voleva morto il suo Figlio per la nostra salute, e l'amore del Figlio in voler morire per noi; per conformarsi a questo eccessivo amore del Padre e del Figlio verso il genere umano, ancora con tutta la sua volontà offerì e consentì che il suo Figlio morisse, acciocché noi fossimo salvi: Nullo modo dubitandum est, quia Mariae animus voluit etiam tradere Filium suum pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis fieret Patri et Filio (S. Bon.).10

È vero che nel morire per la Redenzione del genere umano Gesù volle esser solo: Torcular calcavi solus (Is. LXIII, 3); ma vedendo egli il gran desiderio di Maria d'impiegarsi ella ancora nella salute degli uomini, dispose ch'ella col sacrificio e coll'offerta della vita di esso stesso Gesù, cooperasse alla nostra salute, e così divenisse madre dell'anime nostre. E ciò significò il nostro Salvatore, allorché prima di spirare, mirando dalla croce la madre e 'l discepolo S. Giovanni che gli stavano accanto, prima disse a Maria: Ecce filius tuus (Io. c. XIX, [26]), come le dicesse: Ecco l'uomo che, dall'offerta che tu fai della


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mia vita per sua salute, già nasce alla grazia. E poi rivolto al discepolo: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua.11 Colle quali parole, dice S. Bernardino da Siena che allora Maria fu fatta madre non solo di S. Giovanni, ma di tutti gli uomini, per cagione dell'amore che ella ebbe per essi: In Ioanne intelligimus omnes, quorum B. Virgo per dilectionem facta est mater (To. 1, serm. 55).12 Che perciò riflette il Silveira che lo stesso S. Giovanni, nel notar questo fatto nel suo Vangelo, scrisse: Deinde dicit discipulo: Ecce mater tua (Io. XIX). Notisi che Gesù Cristo non già disse ciò a Giovanni, ma al discepolo, per significare che 'l Salvatore assegnò per madre Maria comunemente a tutti coloro, ch'essendo Cristiani hanno il nome di suoi discepoli: Ioannes est nomen particulare, discipulus commune, ut denotetur quod Maria omnibus detur in matrem.13

Ego sum mater pulchrae dilectionis (Prov. XXIV):14 Io sono la madre del bello amore, dice Maria, perché il suo amore, come dice un autore (Paciucch., de B.V.), che rende belle l'anime nostre agli occhi di Dio, fa che qual madre amorosa ella ci riceva per figli: Quia tota est amor erga nos, quos in filios recepit.15 E qual madre ama i suoi figli ed attende al loro bene quanto voi, dolcissima nostra regina, amate noi e procurate i nostri avanzi? Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bona nostra procuras, quam mater carnalis? dice S. Bonaventura.16


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O beati quelli che vivono sotto la protezione d'una Madre così amorosa e così potente! Il profeta Davide, benché allora non ancor fosse nata Maria, pure cercava a Dio la salute con dedicarsi figlio di Maria, e pregava: Salvum fac filium ancillae tuae (Ps. LXXXV, [16]). Cuius ancillae? dice S. Agostino: quae ait, ecce ancilla Domini (In Ps. 85).17 E chi mai, dice il cardinal Bellarmino, avrà l'ardire di strappar questi figli dal seno di Maria, dopo che essi ivi saran ricorsi a salvarsi da' nemici? Qual furia d'inferno o di passione potrà vincerli, se pongono la lor confidenza nel patrocinio di questa gran Madre? Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! quis detrahere audebit de sinu eius? quae nos tentatio aut turbatio superare poterit confidentes in patrocinio Matris Dei et nostrae? (Bell., de 7 verb.).18 - Si narra della balena, che quando vede i suoi figli in pericolo o per le tempeste o per li cacciatori, ella apre la bocca e li ricetta nel seno.19 Così appunto dice il Novarino: Fidelium piissima mater, furente tentationum tempestate, materno affectu eos velut intra viscera propria receptos protegit, donec in beatum portum reponat (V. c. XIV, exc. 81).20


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La nostra Madre, quando vede i suoi figli in maggior pericolo per la tempesta che infuria delle tentazioni, che fa? allora ella li nasconde con amore come dentro le proprie viscere, ivi li protegge, e non lascia di custodirli sintanto che non li colloca nel sicuro porto del paradiso. - O Madre amantissima, o Madre pietosissima, siate sempre benedetta, e sia sempre benedetto quel Dio che vi ha data a noi per madre e per sicuro rifugio in tutti i pericoli di questa vita.

Rivelò la stessa Vergine a S. Brigida (L. IV, c. 138) che conforme una madre, se vedesse il figlio fra le spade de' nemici, farebbe ogni sforzo per salvarlo; ita ego facio et faciam omnibus peccatoribus misericordiam meam petentibus:21 così, disse, io fo e farò coi figli miei, quantunque peccatori, sempreché essi ricorrono a me per essere soccorsi. Ecco dunque come in ogni battaglia coll'inferno vinceremo sempre e vinceremo sicuramente, con ricorrere alla Madre di Dio e madre nostra, dicendo e replicando sempre: Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix: sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix. - Oh quante vittorie hanno riportate dell'inferno i fedeli col ricorrere a Maria con questa breve ma potentissima orazione! Quella gran Serva di Dio, Suor Maria Crocifissa benedettina, così sempre vinceva i demoni.22

State dunque allegramente, o voi che siete figli di Maria; sappiate ch'ella accetta per suoi figli tutti coloro che lo vogliono essere: allegramente; che timore avete di perdervi, quando questa Madre vi difende e vi protegge? Dic, anima mea, cum magna fiducia: Exultabo et laetabor, quia quidquid


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iudicabitur de me, pendet ex sententia fratris et matris meae.23 Così dice S. Bonaventura che deve animarsi e dire chi ama questa buona Madre e confida nella sua protezione: Che temi, anima mia? No, che la causa della tua eterna salute non si perderà, stando la sentenza in mano di Gesù, che è tuo fratello, e di Maria, che è tua madre. E sullo stesso pensiero esclama per allegrezza e ci anima S. Anselmo, dicendo: O beata fiducia, o tutum refugium, Mater Dei est mater mea! Qua certitudine igitur debemus sperare, quoniam salus de boni fratris et piae matris pendet arbitrio? (In depr. ad V.).24 - Ecco dunque la Madre nostra che ci chiama e ci fa sentire: Si quis est parvulus, veniat ad me (Sap. IX).25 I bambini tengono sempre in bocca il nome della madre, ed in ogni spavento che hanno, subito si sentono alzar la voce e dire: Madre, Madre! - Ah Maria dolcissima, ah madre amorosissima, questo è quello appunto che voi desiderate, che noi fatti bambini chiamiamo sempre voi ne' nostri pericoli, e ricorriamo sempre a voi, perché ci volete aiutare e salvare, come avete salvati tutti i figli che sono a voi ricorsi.

Esempio.

Si narra nell'Istoria delle fondazioni fatte dalla Compagnia di Gesù nel regno di Napoli (Lib. V, c. 7) d'un nobil giovane scozzese, chiamato Guglielmo Elfinstonio.26 Questi era parente


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del re Giacomo:27 nato egli nell'eresia seguiva quella falsa setta; ma illuminato dalla luce divina che gliene andava scoprendo gli errori, venne in Francia, dove coll'aiuto d'un buon padre gesuita anche scozzese, e più coll'intercessione della Beata Vergine, conobbe al fine la verità, abiurò l'eresia e si fece cattolico. Passò poi in Roma, dove un suo amico trovandolo un giorno molto afflitto e piangente, e richiedendolo della cagione, rispose che nella notte gli era comparsa la madre dannata, e gli avea detto: Figlio, buon per te, che sei entrato nella vera Chiesa; io, perché morta nell'eresia, già son perduta. Indi s'infervorò maggiormente nella divozione a Maria, eleggendola per sua unica madre, e da lei gli fu ispirato il pensiero di farsi religioso, e ne fe' voto. Ma perché stava infermo, venne in Napoli per guarirsi col mutar aria; ma in Napoli volle il Signore che morisse e morisse religioso; poiché infermatosi a morte poco dopo del suo arrivo, egli colle preghiere e colle lagrime impetrò già da' superiori che l'accettassero: onde alla presenza del Sacramento, quando si comunicò per viatico, egli fece i voti e fu dichiarato della Compagnia.

Dopo ciò egli inteneriva tutti cogli affetti, co' quali ringraziava la sua madre Maria di averlo strappato dall'eresia e condottolo a morire nella vera Chiesa e nella casa di Dio in mezzo a' religiosi suoi fratelli. Perciò esclamava: Oh come in mezzo a tanti angeli è glorioso il morire! Esortato che cercasse di riposare, rispondeva: Ah, che non è tempo di riposare or che già si accosta il fine della mia vita! Prima poi di morire disse agli astanti: Fratelli, non vedete voi qui gli angeli del cielo che mi assistono? Ed avendolo inteso un di que' religiosi susurrare fra' denti alcune parole, gli domandò che dicesse? E rispose che l'Angelo custode gli avea rivelato che brevissimo tempo dovea egli star in purgatorio, e che subito sarebbe passato al paradiso. Quindi tornò a' colloqui colla sua dolce madre Maria; e replicando madre, madre, come appunto


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un bambino che si abbandona nelle braccia della madre a riposare, placidamente spirò. E poco appresso seppe per rivelazione un divoto religioso ch'egli era già in paradiso.

Preghiera.

O Madre mia santissima, com'è possibile che avendo io una madre così santa, io abbia da essere così iniquo? una madre che tutta arde d'amore verso Dio, io abbia da amare le creature? una madre così ricca di virtù, io abbia da essere così povero? Ah Madre mia amabilissima, è vero, io non merito d'esser più vostro figlio, perché troppo me ne son renduto indegno colla mia mala vita. Mi contento che mi accettiate per vostro servo; e per essere ammesso fra vostri più vili servi, che voi avete, son pronto a rinunciare a tutti i regni della terra. Si, mi contento; ma con tutto ciò non mi proibite il potervi chiamare la madre mia.

Questo nome tutto mi consola, m'intenerisce, e mi ricorda l'obbligo che ho d'amarvi. Questo nome mi anima a confidare assai in voi. Quando più mi atterriscono i miei peccati e la divina giustizia, mi sento tutto confortare in pensare che voi siete la madre mia. Permettetemi dunque ch'io vi dica: Madre mia, madre mia amabilissima. Così vi chiamo e così voglio chiamarvi.

Voi dopo Dio avete da essere sempre la mia speranza, il mio rifugio e 'l mio amore in questa valle di lagrime. Così spero morire, consegnando in quell'ultimo momento l'anima mia nelle vostre sante mani, e dicendo: Madre mia, madre mia Maria, aiutatemi, abbiate pietà di me. Amen.




1 «Item Isaias ultimo (LXVI, 8): Numquid terra una die aut parietur gens simul? Constat autem quod non quaerit de terra secundum litteram, quia stulta esset quaestio; ergo intelligitur de terra secundum figuram: sed terra secundum figuram est beatissima Virgo: ergo ipsa pariet simul omnem gentem. Ergo ipsa est mater omnium hominum. (In contrarium, 3)... Unum hominem genuit, in quo omnes regeneravit... In uno nobis genuit quidquid ad hanc vitam vel futuram necessarium nobis fuit. (Ad haec dicimus respondendo)» S. ALBERTUS MAGNUS, Quaestiones super Missus, qu. 145. Opera, Lugduni, XX, 98; Parisiis, XXXVII, 205.

2 «Per hunc enim consensum, omnium electorum salutem viscerosissime expetiit et procreavit, et omnium saluti et eorum salvationi per hunc consensum se singularissime dedicavit, ita ut ex tunc omnes in suis visceribus baiularet, tamquam verissima mater filios suos.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Immaculatae V.M., Sermo VIII, De consensu virginali II, art. 2, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, 103; 1591, I, 510.

3 «In contrarium obiicitur (cioè obiscientibus, ossia respondetur obiectis) quod sit mater omnium; nam Luc. II, 7; Peperit filium suum primogenitum. Ergo habuit secundo genitum, et constat quod non corporaliter: ergo spiritualiter. Sed generatio spiritualis una est omnium: ergo ipsa est mater omnium spiritualiter.» S. ALBERTUS MAGNUS, qu. 145 super Missus: come sopra, nota 1.

4 «Hinc inter «Gloria in excelsis», dum cantaretur: «primogenitus Maria Filius», ista (Gertrudis) retractavit quod Dominus magis congrue diceretur «unigenitus» quam «primogenitus», eo quod intemerata Virgo genuerit nullum alium quam illum unicum quem de Spiritu Sancto meruit concipere. Unde beata Virgo blanda serenitate ipsi respondit dicens: «Nequaquam unigenitus, sed congruentissime dicitur primogenitus meus dulcissimus Iesus, quem primo clauso utero procreavi, et post ipsum, imo per ipsum, vos omnes ipsi in fratres et mihi in filios maternae caritatis visceribus praeoptando generavi.» S. GERTRUDIS MAGNA, Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 3, ed. Bened. Solesm., pag. 301. Vita (che è la stessa opera che il Legatus), ediz. italiana Lanspergio-Buondì, Venezia, 1720, lib. 4., cap. 3, pag. 150.

5 «In quo Virginis utero simul acervus tritici, et lilii fioris gratia germinabat: quoniam et granum tritici generabat, et lilium. Granum tritici secundum quod scriptum est: Amen, amen dico vobis, nisi granum tritici cadens in terram mortuum fuerit, ipsum solum manet (Io. XII, 24). Sed quia de uno grano tritici acervus est factus, completum est illud propheticum: Et convalles abundabunt frumento (Ps. LXIV, 14), quia granum illud mortuum, plurimum fructum attulit.» S. AMBROSIUS, De institutione virginis, cap. 14. ML 16-327.

6 «Eo ipso quod mater est capitis, multorum membrorum mater est. Mater Christi mater est membrorum Christi; quia caput et corpus unus est Christus, corporaliter caput pariendo, spiritualiter membra peperit.» GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis; apud Del Rio, in Cant. IV, 13: Ingolstadii, 1604, pag. 221, § 4. - Il commentario di questo Guglielmo, e quello pure di «Guillelmus Alvernus, Parisiensis episcopus», son rimasti inediti. Per il primo, il Del Rio si servì del Ms. del Collegio dei Gesuiti di Lovanio. L'altro è conservato nel Queen's College, Cambridge.

7 «Mater quidem spiritu, non capitis nostri... sed plane mater membrorum eius, quod nos sumus; quia cooperata est caritate, ut fideles in Ecclesia nascerentur, quae illius capitis membra sunt.» S. AUGUSTINUS, Liber de sancta virginitate, cap. 6, n. 6. ML 40-399.

8 «Ut multas animas salvas faceret, animam suam suique Filii morti exposuit.» GUGLIELMUS PARVUS, Abbas Neobrigensis, Commentarius in cant. (inedito). Apud Del Rio, Comment. in Cant., cap. 1, sect. 1: Ingolstadii, 1604, p. 51.

9 Et tuam ipsius animam pertransibit gladius. Luc. II, 35.

10 «Nullo tamen modo est dubitandum, quin virilis eius animus et ratio constantissima vellet etiam Unigenitum tradere pro salute generis humani, ut Mater per omnia conformis esset Patri. Et in hoc miro modo debet laudari et amari, quod placuit ei ut Unigenitus suus pro salute generis humani offerretur.» Opera S. BONAVENTURAE, I, ad Claras Aquas, 1882, pag. 861; in I Sententiarum, dist. 48, Dubia circa litteram Magistri, IV. - Opera, ed. Rom., etc., III, 390: in I Sent., dist. 48, qu. 2. - Gli egregi editori di Quaracchi (I, 859, nota 7) fanno osservare che quelle parole, nelle antiche edizioni, non stanno al proprio posto.

11 Io. XIX, 27.

12 «Mystice igitur intelligemus in Ioanne omnes animas electorum, quorum per dilectionem Beata Virgo facta est mater.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Quadragesimale de christiana religione, Sermo 51, De Passione Domini, Pars principalis secunda, art. 1, cap. 3, Editio Veneta 1745, I, 257; 1591, I, 440.

13 «Ioannes est nomen particulare unius particularis personae, at vero discipulus nomen est commune; nam omnes qui eo tempore Christo adhaerebant, discipuli vocabantur. Utitur ergo hic nomine communi omnibus, ut denotetur quod ipsa Virgo Maria dabatur omnibus in matrem.» SYLVEIRA, In textum Evangelicum, lib. 8, c. 17, qu. 14, n. 91.

14 Eccli. XXIV, 24.

15 «Speciosissimi amoris matrem Virgo se nuncupat: Ego mater pulchrae dilectionis, et timoris, et agnitionis, et sanctae spei. (Eccli. XXIV, 24)... In primis se dilectionis esse matrem merito gloriatur, quia tota est amor erga nos, quos recepit in filios.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae: in Ps. 86, Excitatio 22, n. 5. Venetiis, 1720, pag. 127.

16 «Nonne plus sine comparatione nos diligis, ac bonum nostrum procuras amplius, quam mater carnalis?» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdun. VII. 232. – Vedi Appendice, 2.

17 «Et salvum fac filium ancillae tuae. Dominus filius ancillae. Cuius ancillae? Cui nasciturus quando nuntiatus est, respondit et ait: Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum (Luc. I, 38).» S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. 85, sermo, n. 22. ML 37-1097.

18 «Quam bene nobis erit sub praesidio tantae matris! Quis nos detrahere audebit de sinu eius? Quae nos tentatio, quae tribulatio, superare poterit, confidentes in patrocinio Matris Dei, et nostrae?» S. ROBERTUS BELLARMINUS, De septem verbis Domini in cruce prolatis, lib. 1, cap. 12. Opera, VII, 1617, cum supplemento, 1619, Coloniae Agrippinae, col. 1714. - Opera, Neapoli, 1862, VI, 414.

19 «Balena faucibus filios abscondit, si quando maiorem belluam fugere eos contigerit.» PACIUCHELLI, Excitatio 22, in Ps. 86, n. 3, pag. 126, (ex Philostrato in Vita Apollonii Tyanensis). - PHILOSTRATUS, Vita Apollonii Tyanensis, lib. 2, XIV, 4 (Firmin-Didot, 1878, pag. 33): «Balaena faucium latebris catulos abscondit, ubi maius quam quod propulsare possit imminet periculum.» Anche naturalisti moderni, più attendibili che Filostrato, hanno notato l'amore della balena per i figli ed il suo ardore a difenderli e proteggerli: occorrendo, li mette a riparo sotto la pinna, né li abbandona finché vivono.

20 «Cuius (Mariae) sunt illa verba Eccli. XXIV, 8: In fluctibus maris ambulavi, ut scilicet mortales a submersione eriperet et super undas ad portum duceret.» NOVARINUS, Umbra virginea, Excursus 121, n. 1142. - N. 1143: «Et licet in caelum Virgo ascenderet, nos tamen in hoc mari non deserit, manum fluctuantibus porrigit, ut ad patriae littus tandem ducat.» Che poi Maria riceva in qualche modo nel suo seno i figli tentati, od anche caduti in peccato, lo dice Novarino, Excursus 93, n. 835, in questo modo: «Verus Elias Dominus Iesus... vitae spiraculo eos mortuos afflat, qui in matris gremio iacent, qui Mariae precibus et meritis iuvantur. Cum tibi mors imminet, aut iam te invasit, vide ne extra maternum cadas sinum, ne a Virginis patrocinio abeas... Qui in sinu matris iacet, ad vitam revocabitur... Exceperat Virgo suo sinu latronem, qui in vitiis iam mortuus erat; sed verus Elias in suum extulit cubiculum, ut aeternum viveret: Hodie, inquit, mecum eris in paradiso (Luc. XXIII, 43). In sinu tantae Matris iacens, diu a vita abesse non poterat.»

21 «Sum voluntaria ipsum peccatorem in meam defensionem accipere: sicut caritativa mater, dum videret filium nudum ab inimicis acutos gladios habentibus sibi occurrentem. Nonne tunc ipsa opponeret se periculis viriliter, ut filium suum de manibus inimicorum suorum liberaret et eriperet, et in sinu suo gaudenter conservaret? Ita facio et faciam ego omnibus peccatoribus, misericordiam meam a Filio meo petentibus.» S. BIRGITTAE, Revelationes, lib. 4, cap. 138.

22 Colla recita del Sub tuum, le monache compagne di Suor Maria Crocifissa della Concezione ottengono che siano istantaneamente guariti i suoi occhi, gravemente offesi dal demonio. - Colla recita pure del Sub tuum, viene essa stessa preparata a combattere e vincere gran moltitudine di demoni. TURANO, Vita, 1709, lib. 2, cap. 8, pag. 130; cap. 11, pag. 148.

23 «Dic igitur, o anima, magnam in ipsam habens fiduciam: «O Domina, si tuus Filius per te factus est frater meus, nonne tu per ipsum facta es mater mea? Exultabo igitur et laetabor in te (Ps. IX, 3), quia quidquid iudicabitur de me, pendet ex sententia matris et fratris mei.» Haec Anselmus.» S. BONAVENTURA, Soliloquium de quatuor mentalibus exercitiis, cap. 1, § 3, n. 23. Opera, ad Claras Aquas, VIII, 1898, pag. 37. - Ed. Rom., Mogunt., Lugd., cap. 1, VII, pag. 109, col. 2.

24 «O beata fiducia! o tutum refugium! Mater Dei est mater nostra; mater eius in quo solo speramus, et quem solum timemus, est mater nostra; mater, inquam, eius qui solus salvat, solut damnat, est mater nostra... Ergo iudex noster est frater noster; Salvator mundi est frater noster; denique Deus noster est factus per Mariam frater noster. Qua igitur certitudine debemus sperare, qua consolatione possumus timere, quorum sive salus, sive damnatio, de boni fratris et de piae matris pendent arbitrio! Quo etiam affectu hunc fratrem et hanc matrem amare debemus?» S. ANSELMUS, Orationes, Oratio 52 (al. 51). ML 158-937.

25 Prov. IX, 4.

26 SCHINOSI, Istoria della Compagnia di Gesù appartenente al regno di Napoli. Parte prima, lib. 5, cap. 7, anno 1584. Tutto quel capitolo è consacrato alla memoria di quel piissimo giovane, il quale, nato nel 1563, morì ai 16 di aprile 1584, nel Collegio de' Gesuiti di Napoli, due anni incirca prima che S. Luigi Gonzaga venisse ad imbalsamare quella casa col profumo delle sue angeliche virtù, accompagnato da un altro Elfinstonio, per nome Giorgio: se della stessa parentela, non sappiamo.

27 Giacomo VI di Scozia, I d'Inghilterra; nato nel 1566, incoronato re di Scozia nel 1567, re d'Inghilterra nel 1603, come successore della regina Elisabetta, in virtù del testamento di Enrico VIII; morì nel 1625.

sabato 17 luglio 2021

S. Schemmajim e S. Alphareth

 IV  CORO

D O M I N A Z I O N I

IV Coro1 ottobre
ex 3 ottobre
Angelo del giubilo sponsaleSanta Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux)

S. Schemmajim

L’amore canta oggi in tutti gli angoli ed estremità, l’ardente e l’appagato, il geloso e il tranquillo, l’appassionato ed il sobrio, ma è sempre l’amore eterno del Creatore in armonia con il rispondente amore dell’umanità.

Un meraviglioso angelo sta davanti al trono dell’Altissimo, egli sembra un cielo mattutino, risuona come un tocco di campana o di organo. Egli è:

S. Schemmajim,

l’angelo del giubilo sponsale, dal coro della dominazioni delle alte potenze. Egli è qua in segno di pace e conciliazione di Dio con gli uomini. Egli ha le braccia dispiegate, alfine di far affluire in tutti il giubilo di Dio innamorato sulla terra, affinché si desti dal suo sonno: “Venite, miei diletti, è giunto il tempo!”

Così, come il suo nome raffigura: “Fusione del fuoco di Dio con l’acqua della vita”, così è anche nel suo aspetto e nel suo compito. Il fuoco di Dio brucia via tutto ciò che non aggrada alla divinità, quando si abbassa verso l’umanità. L’acqua della vita la offre invece la Madre, per guarire tutte le ferite, e lei la offre in alto alla divinità. Così è S. Schemmajim come il vincitore, che sa dominare tutto ciò che è terreno e lo pone nelle mani della Madre. Lei, la Sposa eterna, la corona e ornamento eterno dell’eterna divinità creato più bello, lei si rispecchia nuovamente in questo angelo che è in grado con i tasti del suo flauto di intonare giubili verso l’alto, che si convengono proprio solo per questo segreto divino, che è la Sposa di Dio.

S. Schemmajim, l’angelo della risposta innamorata di Dio, e S. Alphareth, il principe della risposta, sono inoltre i portatori dell’arcobaleno. L’arcobaleno sopra Maria significa la via della grazia di Dio verso gli uomini come segno dell’alleanza di Dio nell’amore su Maria. Così passano le grazie tutte su Maria, così vanno sopra il giubilo sponsale all’ingiù verso la terra e si innalzano nella loro risposta fino a questa altezza in S. Alphareth, che di nuovo le pone nelle mani della sua Regina. Infatti lei è la sola risposta valida della creazione al creatore, la mediatrice di tutte le grazie, essa stessa è l’arcobaleno della pace, che Dio ha messo su di noi peccatori.

Poiché S. Schemmajim è un angelo di Maria, così sono messi sopra di lui il velo e il profumo del segreto dell’amore di Dio. Non si può però immaginare, che tutti coloro che S. Schemmajim ha in qualche modo assistito, ora rimangano raggianti incessantemente nel giubilo sponsale fino alla morte. Dio nasconde il suo segreto sotto il mantello della ancella del Signore, la Madonna della Strada. Lui aggrava l’anima nell’aridità tutto il giorno, nella più amara povertà, nella mortificazione e nell’oscurità. Solo nella notte dei sensi può per un istante presentire la splendente sorte e l’interiore legame con il Signore e con sua Madre. Ora la conduce S. Schemmajim nell’obbedienza e nella fede, ciecamente e incondizionatamente, ma là, alle porte dell’eternità, lo attende con la corona sponsale del Signore.

Preghiera: Tu santo angelo del nascosto, così indicibile giubilo, per poter essere ancella, prendi il mio povero balbettare e fallo risuonare assieme al tuo flauto, col tuo giubilo, con la tua adorazione, affinché il Signore sia lodato anche tramite la più povera, misera creatura, quale io sono. Amen.

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IV CoroVigilia dell'Ascensione
Angelo del giubilo sponsale 

S. Schemmajim

Sicuramente è oggi ancora un giorno di pentimento, ma già il giubilo degli angeli risuona nella celebrazione della Santa Messa: Domani, domani entra il Signore nella sua gloria! Domani sale di nuovo sul suo trono, che deteneva dall’eternità!

Per questo sta qui oggi S. Schemmajim, l'angelo del giubilo sponsale. Noi non lo abbiamo compreso in questo modo, quando il Signore camminava sulla terra; noi lo avremmo preferito con noi per sempre, così come egli viveva come un uomo in mezzo a noi. Ma non ha detto egli stesso: “Se non me ne vado, il Consolatore non verrà da voi. È bene, che arrivi il Consolatore”.

Come un arcobaleno della pace brilla l’arco di grazia, che S. Schemmajim regge, fin  giù sulla terra, dove al centro della comunità, la Chiesa, la creazione, sta S. Alphareth che, come risposta all’arco di luce portato da S. Schemmajim, ampiamente proclama: «Così dice il Signore: “Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, affinché il tuo Figlio ti glorifichi.”»

S. Schemmajim fu inviato dal Padre per far rotolare via la pietra la mattina di Pasqua, è ora inviato per attendere il Signore. Giubilante risuona il sua canto “Salve, o domani!”

L'Angelus con il Papa PIO XII

 


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AMDG et DVM

AVE MARIA!

LE GLORIE DI MARIA: Regina, Mater misericordiae



 CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.

§ 1. - Quanta dee esser la nostra confidenza in Maria, per esser ella regina della misericordia.

Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re de' regi, con giusta ragione la S. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio é re, dice sant'Atanasio (Serm. de Deip.), giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina: Si ipse rex est qui natus est de Virgine, mater quae eum genuit, regina et domina proprie ac vere censetur.1 Sin da che Maria, soggiunge S. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super creaturas (Tom. II, s. 51).2 Se la carne di Maria, discorre S. Arnoldo abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la madre? Neque a dominatione Filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la madre e 'l Figlio,


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ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum matre non tam communem iudico, quam eamdem (S. Arn., de Laud. Virg.).3

E se Gesù è re dell'universo, dell'universo ancora è regina Maria. Regina constituta, totum iure possidet Filii regnum (Ruperto abbate).4 Sicché, dice S. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacche gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine: Tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive angeli, sive homines, et omnia quae sunt in caelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae (To. II, cap. 61).5 Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui, fiducialiter age tamquam regina, mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas:6 Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure ad arbitrio de' beni del tuo Figlio, mentr'essendo madre e sposa del re del mondo, si dee a te, come regina, il regno e 'l dominio sopra tutte le creature.

Regina dunque è Maria; ma sappia ognuno, per comun consolazione, ch'ella è una regina tutta dolce, clemente, ed inclinata


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al bene di noi miserabili. Perciò la santa Chiesa vuole che noi la salutiamo in questa orazione e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di regina, come considera il B. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'imperatrice, che significa severità e rigore.7 La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris.8 Sicché dove i tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Ond'è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare ch'essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.

Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia; ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si dee. Non così Maria, la quale, benché regina, nulladimeno non è regina della giustizia, intenta al castigo de' malfattori, ma regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole che espressamente la chiamiamo regina della misericordia. Considerando il gran cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davide: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12), dice che, consistendo il regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso: il regno della giustizia se l'ha riserbato per sé, e 'l regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae


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pars Matri regnanti (Pars III, tr. 4, sup. Magn.).9 E lo conferma S. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo che la S. Vergine, allorché concepì nel seno il divin Verbo e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la regina della misericordia, e restando Gesù Cristo re della giustizia: Quando Filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit regina misericordiae, ut Christus est rex iustitiae.10

L'Eterno Padre costituì Gesù Cristo re di giustizia, e perciò lo fe' giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis (Ps. LXXI, 2). Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete dato al vostro Figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti matri regis.11 Onde S. Bonaventura ben volta il


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suddetto passo di Davide con dire: Deus, iudicium tuum regi da, et misericordiam tuam Matri eius.12 Così parimente l'arcivescovo di Praga Ernesto dice che l'Eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne iudicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri.13 Che perciò predisse lo stesso profeta Davide che Dio stesso, per così dire, consacrò Maria per regina di misericordia ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus... oleo laetitiae (Ps. XLIV, [8]). Acciocché tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice S. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (S. Bon., in Spec., cap. 7).14

Ed a tal proposito quanto bene si applica dal B. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria.15 Si legge nel libro d'Ester al cap. IV che, regnando Assuero, usci ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocché si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di fare quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo, e le mandò a dire ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Iudaeis (Esth. IV, 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora


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possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis hominibus: Non pensate, Signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere la regina del mondo solo per provvedere al vostro bene, ma acciocché ancora voi, fatta sì grande, possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.

Assuero, allorché vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore che cosa fosse ella venuta a cercargli: Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, ... dona mihi... populum meum pro quo obsecro.16 Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando che si rivocasse la sentenza.

Or se Assuero accordò ad Ester, perché l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorch'ella lo prega per li miseri peccatori che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex: Mio re e Dio, se mai ho trovato grazia appresso di voi - ma ben sa la divina Madre essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme - dona mihi popolum meum, pro quo obsecro. Se mai mi ami, gli dice, donami, Signore, questi peccatori per cui ti supplico. È possibile che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua eius (Prov. XXXI, [26]). Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria.

Domanda S. Bernardo, perché la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perché noi crediamo ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; si che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abyssum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat,


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cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia praestat (S. Bern., in Salve Reg.).17

Ma forse poi possiamo noi temere che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perché lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran regina? No, dice S. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori, che vogliono emendarsi e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (Lib. I, ep. 47).18 - I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza. Ma che timore, dice S. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa regina della misericordia, poich'ella niente dà a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam (Super Sign. Magn.).19 Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia


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per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.

Narra Svetonio di Tito imperatore che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava; anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che 'l principe non doveva mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli.20 Tito così diceva; ma in fatti poi spesso forse o mentiva o mancava alle promesse. Ma la nostra regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega: Ita benigna est, dice Lud. Blosio (l. IV, c. 12), ut neminem tristem redire sinat.21 - Ma come, le parla S. Bernardo, voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o regina misericordiae (In Salv. Reg.).22 Voi siete la regina della


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misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me che di tutti gli altri. Abbiate dunque pietà di noi, o regina della misericordia, e pensate a salvarci.

Né ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga S. Gregorio Nicomediense, che non potete aiutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perché voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam (Or. de exitu B.V.):23 Niente resiste alla vostra potenza, poiché il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et Filius in ea exsultans, quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire che sebbene Maria ha un infinito obbligo al Figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi che anche il Figlio è molto obbligato a questa Madre per avergli dato l'essere umano; onde Gesù, quasi per ricompensare quanto dee a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.

Quanta dunque dee esser la nostra confidenza in questa Regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro


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è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poiché ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demoni di quel che altrimenti sarebbe: Ego regina caeli, ego mater misericordiae: ego iustorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quamdiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur.24 Niuno poi, soggiunse, purché non sia stato affatto maledetto - cioè s'intende colla finale e irrevocabil maledizione che si dà a' dannati - niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abiectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam.25 Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso gli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi concluse dicendo: Ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit:26 Perciò sarà misero e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti e tanto desidero di aiutare i peccatori, misero non ricorre e si danna.

Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo


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che Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV).27 E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto abbate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacché la loro salute sarà la corona vostra; corona ben degna e propria d'una regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup., Vid. l. 3, in Cant.).28

E a tal proposito leggasi il seguente esempio.

Esempio..

Narrasi nella Vita di Suor Caterina di S. Agostino che nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e


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ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantoché discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti e senza sacramenti, e perciò fu sepolta in campagna come bestia. E Suor Caterina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata.

Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà? E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò Suor Caterina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi voltai alla Madre di Dio, e le dissi: Signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete aiutare, abbiate pietà di me. La S. Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha ottenuta la grazia che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te.

Suor Caterina subito le fe' celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio, Caterina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.29


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Preghiera.

O Madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita regina della misericordia, acciocché possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo.

Vedo bene che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevuto dal Signore. Ma voi che siete la regina della misericordia non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?

O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la regina dell'universo, siete ancora la regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocché


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voi disponiate di me come vi piace. Onde vi dico con S. Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas.30 Reggetemi voi, regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poiché troppo salutevoli per me saranno i castighi che mi verranno dalle vostre mani.

Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac.31 Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono.

E se per lo passato vi ho servito male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi mia amabilissima regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'aiuto vostro. Amen, amen.




1 Siquidem is ipse qui ex Virgine natus est, rex est, et ipse Dominus Deus. Eiusque gratia, quae ipsum genuit, Regina, Domina et Deipara proprie ac vere praedicatur.» Sermo in Annuntiationem Deiparae, n. 13. MG 28-935, 938. Inter Opera S. Athanasii. Non è di S. Atanasio, ma di autore non anteriore a Nestorio ed ai Monoteliti. Autore però non ignobile: Baronio (Epist. apologetica, MG 28-917) non rifuggirebbe dall'attribuire questo Sermone S. Cirillo Alessandrino, o a un dotto e santo Patriarca di Antiochia, Anastasio.

2 «Haec autem Virgo in illo glorioso consensu, meruit... primatum orbis, dominium mundi super omnes creaturas, sceptrum regni...» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 3. Opera, IV, Venetiis, 1745.

3 «Nec a dominatione vel potentia filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una caritas, et ex quo dictum est ei: Dominus tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem non recipit, nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen ultra scindi non potest, et filii gloriam cum matre non tam communem iudico quam eamdem.» ARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in diocesi Carnotensi, Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1729.

4 «Ubicumque enim praedicatum fuerit illud de dilecto dictum: Minuisti eum paulo minus ab angelis, gloria et honore coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum (Ps. VIII, 6, 7), praedicabitur et de te, quod sis, o dilecta, et mater huius coronati, ac proinde regina caelorum, totum iure possidens Filii regnum.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, In Cantica, lib. 3. ML 168-891.

5 «Tot enim creaturae serviunt gloriosae Virgini Mariae, quot serviunt Trinitati. Omnes nempe creaturae... sive spirituales, ut Angeli, sive rationales, ut homines, sive corporales, ut corpora caelestia vel elementa, et omnia quae sunt in caelo et in terra, sive damnati, sive beati, quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., cap. 6. Opera, IV, Venetiis, 1745.

6 « In omnibus requiem quaesivi... Vox est Mariae... Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui; fiducialiter age tamquam regina, mater Regis et sponsa. Requiem quaerebas, sed amplioris gloriae est quod tibi debetur, regnum et potestas.» GUERRICUS, Abbas Igniacensis, In Assumptione B. Mariae, Sermo 3, n. 3. ML 185-195.

7 «Propriissimum nomen quod beatissimae Virgini secundum suam dignitatem summam debetur, est regina misericordiae et plus proprie quam imperatrix; hoc enim nomen magis est nomen timoris et rigoris: regina autem plus est nomen providentiae et aequitatis: unde etiam credo nusquam Deum in Biblia expresse nominari imperatorem, sed regem: hoc enim nomen est maiestatis.» S. ALBERTUS MAGNUS, O. P., Mariale, sive quaestiones super Evangelium Missus est, etc., qu. 162, Contra hoc opponitur, n. 11. Opera, Lugduni, 1651, XX, 114.

8 Hoc reges habent - Magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies, - Prodesse miseris, supplices fido lare - Protegere. SENECA, Medea, actus 2, scaena 2, vers. 222-225.



9 «Magnificata est ita hodie (in beatitudine qua nunc fruitur in caelo) beata Virgo, ut Regina caeli, imo et mundi iure vocetur, habens praeeminentiam et virtutem influxivam super omnes. Principatum habet dimidii regni Dei, si sic dici potest, sub typo Esther et Assueri. Regnum quippe Dei consistit in potestate et misericordia. Semel locutus est Deus, duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12). Potestate Domino remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Christi Matri, sponsaeque regnanti. Hinc, ab Ecclesia tota, Regina misericordiae salutatur.» IO. GERSON, Collectorium super Magnificat, tractatus 4. Opera, Antwerpiae, 1706, IV, col. 286. Ed. Paris. 1606, pars III, col. 753; ed. Argent. 1514 et Colon. 1518, tract. 4, num. 83, O.

10 Le ultime parole del testo citato sono: «...cuius Filius est rex iustitiae.» - Questi Commentarii non possono dirsi di S. Tommaso, quantunque Bellarmino, con pochi autori, ne difenda l'autenticità. Vennero compresi, con altre opere parimenti men che dubbie, nel vol. XVIII (aggiunto ai 17 dell'edizione Romana di Pio V, Roma, 1570.) dell'ediz. di Anversa, 1612. Possevino (Apparatus sacer, v. Thomas Aquinas), con Sisto Senense, li attribuisce a «Thomas Anglicus, O. P., Cardinalis, + 1305», e crede che la somiglianza dei nomi, essendo facile il passaggio da «Thomas Anglicus» a «Thomas Angelicus», abbia favorito l'errore: si aggiunga la forma scolastica di detti Commentarii. Dello stesso parere, sulla non autenticità dell'opera, è Fabricius (Bibliotheca mediae et infimae latinitatis, v. Thomas Aquinas). Gli editori Romani non ignoravano l'esistenza di questi Commentari (come pure delle opere contenute nel vol. XVIII di Anversa), già pubblicati, a Parigi, a Lione, ad Anversa, dal 1543 in poi: a bella posta, «prudenti consilio», li hanno esclusi dalla loro edizione, quantunque vi abbiano inserito, per la loro notorietà, alcuni opuscoli da essi stessi giudicati o dubbi, o addirittura spurii ed indegni di S. Tommaso.

11 «Confugimus autem primo ad Beatissimam Virginem caelorum reginam, cui rex regum, Pater caelestis, dimidium regni dedit... Sic Pater caelestis, cum habeat iustitiam et misericordiam tamquam potiora regni sui bona: iustitia sibi retenta, misericordiam Matri Virgini concessit.» Gabriel BIEL, Sacri Canonis Missae lucidissima expositio: lectio 80 (de excrescentia orationis dominicae). Brixiae, 1576, pag. 799.

12 Psalterium B. M. V., Ps. 71. Inter Opera S. Bonaventurae; ed. Rom., Moguntina, et Lugdunen., VI, 484. - Vedi Appendice, 2.

13 ARNESTUS (Arnestus a Pardubix, primo Arcivescovo di Praga, 1343-1364), Mariale, c. 122. - Il manoscritto, nella Biblioteca dell'Università di Praga, col titolo: Psalterium de laudibus S. Mariae, viene indebitamente chiamato: Mariale Arnesti, Archiepiscopi Pragensis. Il manoscritto è dell'anno 1385.

14 «Consideremus, carissimi, quod Maria plena est unctione misericordiae, plena oleo pietatis.» CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 441, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

15 Biblia Mariana, Liber Esther, n. 5, 6. Inter Opera S. Alberti Magni, tom. XX, in fine. Lugduni, 1651.

16 Esther, VII, 2, 3.

17 «Etiam in hoc convenienter vocatur «Regina misericordiae», quod divinae pietatis abyssum cui vult, et quando vult, ac quomodo vult, creditur aperire, ut quivis enormis peccator non pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii sui suffragia praestat». In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, num. 3. ML 184-1063, inter Opera S. Bernardi. - L'autore non è S. Bernardo; è un pio Benedettino; se poi sia Cluniacense o Cisterciense, non si sa: di ambedue gli Ordini è vero quel che vien detto nel n. 1, col. 1060: «Dulce canticum... quater in anno Ordo noster devotissime concinit». Quel che si aggiunge nello stesso numero, col. 1061: «compositum a sanctis», non pregiudica all'opinione, qualunque essa sia, che si abbia sull'autore dell'Antifona, giacché questa parola «a sanctis» deve o può intendersi nel medesimo senso largo, in cui l'autore intende immediatamente dopo dei suoi confratelli: «digne frequentabitur etiam a sanctis». Tutto al più, si può dire che questo passo sia favorevole a chi pensasse che la piissima Antifona non sia stata composta, tutta intera, da uno solo, ma da varie persone. Finalmente, è certo che questi Sermoni non siano anteriori a S. Bernardo, le cui parole, cavate dal sermone 16 in Cantica, vengono riferite esattamente nel sermone 3, num. 4; quindi non si possono attribuire, come vollero alcuni, a Bernardo di Toledo, il quale visse e morì nel secolo XI. Da tutto l'assieme, sembrerebbe risultare che questi sermoni siano piuttosto di un pio Cisterciense, di poco posteriore a San Bernardo, e forse suo discepolo.



18 «Hoc tamen procul dubio teneas, quia quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices.» S. GREGORIUS MAGNUS, Registrum, Epistola 47, ad comitissam Mathildem. ML 148-328.

19 «Quid ad Mariam accedere trepidet,» etc., come nel testo. S. BERNARDUS, Dominica infra Octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XII, 1: «Signum magnum...» ML 133-430.

20 «Natura autem benevolentissimus (Titus), quum ex instituto Tiberii omnes dehinc Caesares beneficia a superioribus concessa Principibus aliter rata non haberent quam si eadem iisdem et ipsi dedissent, primus praeterita omnia uno confirmavit edicto, nec a se peti passus est. In ceteris vero desideriis hominum, obstinatissime tenuit ne quem sine spe dimitteret. Quin et admonentibus domesticis, quasi plura polliceretur quam praestare posset: «Non oportere, ait, quemquam a sermone Principis tristem discedere.» Atque etiam recordatus quondam super coenam quod nihil cuiquam toto die praestitisset, memorabilem illam meritoque laudatam vocem edidit: «Amici, diem perdidi.» SUETONIUS, Duodecim Caesares, Titus, n. VIII.

21 «Ecquis tam immanis uspiam peccator est, qui tot flagitiis sese obstrinxerit quot ullus umquam, qui non idem tui reminiscens, (o praestantissima Regina caelorum,) animum et spem bonam conceperit? Tu plane es unica singularis et fidelissima peccatorum consolatrix.» Ludovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Consolatio pusillanimium, cap. 35 (ex Susone), n. 3. - Più espressamente: LANSPERGIUS, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12: «Adeo feci (ego Christus) eam (Mariam) mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinat.» Opera, tom. 4, Opusculorum tom. 1. - Sembra evidente che l'intento di S. Alfonso sia di citare il Lanspergio; ciò apparisce, oltreché dall'identità delle parole, dalla nota: l. 4. c. 12, il che, dati i molti sbagli tipografici incorsi nelle note, facilmente si legge: t. (tomo) 4, c. (canone) 12. Il santo medesimo al cap. III, § 1, nota 24, pag. 113, riporta questo testo sotto il nome del Lanspergio.

22 «Cum plenus sim miseria a vertice usque ad pedum plantas, et putrefactus: fetorem gravem et horrorem quomodo dignaberis regere, tam nobilis creatura? Quia tu es Regina misericordiae, et qui sunt misericordiae subditi, nisi miseri? Multum es sollicita de miseris; hos in tuos filios adoptasti, hos regere, Domina, voluisti.» - Meditatio in Salve Regina, n. 1: inter Opera S. Bernardi, ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

23 «Ne, rogo, multa nostra peccata, immensam tuae miserationis vim superent... Quanta enim libet multitudine delicta increverint, facile dissolventur, dum tantum ipsa velis. Nihil enim resistit tuae potentiae, nihil repugnat tuae virtuti: cedunt omnia iussioni tuae; universa morem gerunt praecipienti; imperanti omnia serviunt... Placet (Filio tuo) petitio; intercessio delectat; non recusat implere: quippe suam ipse, tuam existimat gloriam; eaque tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor implet.» GEORGIUS NICOMEDIENSIS, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439. - In vece di Gregorio, si deve leggere Giorgio. Anche presso l'eruditissimo Possevino, per manifesa svista di copista, venne chiamato Giorgio, e poi Gregorio: il che trasse parecchi in errore. Santo poi non è, quantunque l'abbiano «canonizzato» il Marracci e il Kaiser; né merita questo titolo - malgrado i suoi pregi di oratore, e specialmente di egregio panegirista di Maria - se non altro, a causa dell'appoggio dato da lui allo scismatico patriarca Fozio. Contrariamente all'intitolazione erronea di MG 100-1327, visse fino all'anno 880 incirca.

24 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10 (a principio).

25 «Nullus ita alienatus est a Deo, nisi omnino fuerit maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiam.» La stessa opera, l. c., immediatamente dopo il testo surriferito.

26 «Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae. Vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem. Ideo miser erit qui ad misericordiam, cum possit, non accedit.» La stessa opera, lib. 2, cap. 23 (poco dopo il principio).

27 Cant. IV, 8. - Il testo ebraico può tradursi così: «Veni de Libano, veni de loco circumspectus, de vertice Amana, de cacumine Sanir et Hermon, de habitaculis leonum montibusque pardorum.» Dalla sommità del monte, guardando intorno a sé, la Sposa si vede circondata di cime, ove sono i covili delle belve. Invitata da Cristo a lasciar la dimora terrestre per andarsene con lui nella patria, la Sposa e Madre Maria considera la terra come una regione asprissima, sparsa di alti monti, abitati da belve. Queste rappresentano i peccatori, i quali, coi loro vizi, si rendono simili alle bestie. Ma convertiti e salvati per intercessione di Maria, saranno, a questa Madre di misericordia, per tutti i secoli, una preziosa e risplendente corona.

28 «Ipsa eadem regna, et cubilia leonum et montes dico pardorum, quia videlicet reges regnorum, reges Babyloniorum et Persarum atque Medorum, reges et consules sive imperatores Romanorum, quid nisi leones et pardi dicendi sunt, qui tot bellis, tot caedibus orbem terrarum laceraverunt? De talium leonum cubilibus taliumque pardorum montibus tu, amica mea, coronaberis. Quomodo? Videlicet credent in me, fructum ventris tui, et eorum credentium salus corona tua erit. Ita coronaberis, ut et in caelis regina sanctorum et in terris regina sis regnorum... Reges atque imperatores coronis suis te coronabunt, palatia sua nomini meo sacrabunt, honori tuo dedicabunt, ut desinant esse quod fuerant, montes pardorum, cubilia leonum.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, (Deutz, coenobii, O. S. B., ad Rhenum, iuxta Coloniam Agrippinam), + 1135: In Cantica, lib. 3. ML 168-890, 891.

29 Suor Caterina di S. Agostino (Caterina di Lonocré), nata in Bayeux, morta (1688) nel Canadà, allora detto Nuova-Francia, ove fece le prime fondazioni del suo Ordine della Misericordia. Ebbe molte grazie soprannaturali. È celebre specialmente per l'aiuto che diede a molte anime del purgatorio. Di questa Maria così parla Suor Caterina: «Era una giovane morta dodici anni prima... Essa non avrebbe mai ottenuto il perdono de' suoi peccati, enormi di numero e di gravezza, senza un soccorso straordinario della Vergine Santissima. Più di 20 anni prima della sua morte, non era ricorsa né a Dio, né alla Vergine, né ai Santi. Aveva lasciati i sacramenti, ogni rispetto per le cose sacre, e s'era tutta ingolfata nel vizio. Ma quello che la salvò, fu che, essendo vicina alla morte e riflettendo al nome di Maria che portava, si rivolse alla Madre di Dio, e le disse: «Ah! Vergine Santissima, io sono indegna di portare il vostro nome; ma io vi prego, non soffrite ch'io sia dannata. Ve ne supplico, in riguardo di questo Nome.»... Ella le ottenne un atto di contrizione, col quale morì... I dodici anni ch'era stata nel purgatorio l'erano paruti come milioni d'anni, perché le sue pene erano all'eccesso. M'aggiunse che da pochi giorni erano cessate, ma che Dio l'aveva condannata a rimanervi, finché qualcuno avesse pregato... per lei; che allora era libera, e andava a godere delle misericordie di Dio... La pregai che, quando fosse in paradiso, ringraziasse per me la SS. Trinità e la SS. Vergine, offerendomi loro per tutto ciò che volevano, che si ricordasse di me, ch'era peccatora, com'ella era stata. Mi disse: «Me ne ricorderò,» e nell'andarsene mi disse: «Addio, addio, mia Madre,» aggiungendo quelle parole di S. Paolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei! quam incomprehensibilia sunt iudicia eius et investigabiles viae eius!» RAGUENEAU, S. I., Vita, versione italiana del P. Poggi, lib. 4, cap. 3, pag. 267. Napoli, 1752.

30 «Sub tuo regimine, Domina, volo de cetero militare, et me totaliter tuae dominationi committo, ut me plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas, quia sum mihi ipsi contrarius nimis.» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen., VII, 231. - Vedi Appendice, 2.

31
 Ps. CXVIII, 94.

AVE MARIA PURISSIMA!