mercoledì 17 marzo 2021

"Chi crede non è mai solo": l'omelia di inizio Pontificato di Benedetto XVI"








 CHI CREDE NON E' MAI SOLO


AMDG et DVM

UNA STORIA SEMPLICE, e altro

 

La confessione é il piú forte degli esorcismi, 

Padre Amorth.










AMDG et DVM

Una visione (1969) sul futuro dell’uomo e della Chiesa.

 IL FUTURO DELLA CHIESA – E con questo siamo arrivati al nostro oggi e ad uno sguardo sul domani. Il futuro della Chiesa può venire e anche oggi verrà solo dalla forza di coloro, che hanno profonde radici e vivono con una pienezza pura della loro fede. Esso non verrà da coloro che prescrivono soltanto ricette. Esso non verrà da coloro che di volta in volta si adeguano al momento che passa. Esso non verrà da coloro che criticano ...

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soltanto gli altri, ma che ritengono se stessi una misura infallibile. E neppure verrà da coloro che scelgono solo il cammino più comodo, che evitano la passione della fede e che dichiarano falso e sorpassato, tirannia e legalismo tutto ciò che impone sacrifici all’uomo e lo obbliga ad abbandonare se stesso. Diciamo questo in forma positiva: anche questa volta, come sempre, il futuro della Chiesa verrà fuori dai nuovi santi. E dunque da uomini, la cui capacità di percezione va al di là delle frasi e proprio per questo sono moderni. Da uomini, che sanno vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. L’altruismo, che rende libero l’uomo, si acquista solo nella pazienza delle piccole rinunce quotidiane a se stessi. In questa passione quotidiana, che sola permette all’uomo di sperimentare quanto il suo io lo leghi, in questa passione quotidiana e solo in essa l’uomo progressivamente si apre. Egli vede solo nella misura in cui ha amato e sofferto. Se oggi ci è difficile percepire ancora Dio, questo dipende dal fatto che ci è diventato troppo facile evitare noi stessi e fuggire davanti alla profondità della nostra esistenza nello stordimento di una qualsiasi comodità. Se è vero che si vede bene solo con il cuore come siamo ciechi noi tutti!

Che cosa significa questo per la nostra questione? Significa che le grandi parole di quelli che ci profetizzano una Chiesa senza Dio e senza fede, sono vuota chiacchiera. Una chiesa , che celebra il culto dell’azione in “preghiere” politiche, non ci serve. E’ del tutto superflua. E per questo tramonterà da sé. Rimaniamo la Chiesa di Gesù Cristo, la chiesa, che crede in Dio che si è fatto uomo  e che ci promette la vita oltre la morte. Parimenti il prete, che sia soltanto un funzionario sociale, può essere sostituito da psicoterapeuti e da altri specialisti. Ma sarà ancora necessario il prete, che non è specialista, che non tiene se stesso fuori gioco, quando per ragioni d’ufficio dà consigli, ma che in nome di Dio si mette a disposizione degli uomini e per essi è nella loro tristezza, nella loro gioia, nella loro speranza e nella loro angoscia.

Procediamo oltre. Anche questa volta dalla crisi di oggi verrà fuori domani una chiesa, che avrà perduto molto. Essa diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici, che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione. Essa come piccola comunità solleciterà molto più fortemente l’iniziativa dei suoi singoli membri. Certame4nte essa conoscerà  anche nuove forme di ministero e ordinerà sacerdoti dei cristiani provati, che esercitano una professione: in molte delle comunità più piccole e in gruppi sociali omogenei la cura d’anime sarà normalmente esercitata in questo modo. Ma accanto a queste forme sarà indispensabile la figura principale del prete, che esercita il ministero come lo ha fatto finora. Ma, nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio unitrino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Essa riconoscerà di nuovo nella fede e nella preghiera il suo proprio centro e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.

Sarà una chiesa interiorizzata, che non mena vanto del suo mandato politico e non flirta né con la sinistra né con la destra. Esso farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione le costerà anche talune buone forze. La renderà povera, la farà diventare una chiesa dei piccoli. Il processo sarà tanto più difficile, in quanto dovrà essere segregata da una parte una mentalità da setta, dall’altra un tronfio arbitrio. Si può prevedere che tutto questo richiederà del tempo. Il processo sarà lungo e faticoso, proprio come fu molto lungo il cammino che portò dai falsi estremismi alla vigilia della rivoluzione francese, quando anche per i vescovi era diventato di moda mettere in ridicolo dei dogmi e forse lasciare persino intendere che non si riteneva sicura neppure l’esistenza di Dio, fino al rinnovamento del XIX secolo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini infatti saranno indicibilmente solitari in un mondo totalmente pianificato. Essi sperimenteranno, quando Dio sarà per loro interamente sparito, la loro totale e spaventosa povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo. Come una speranza, che li riguarda, come una risposta a domande, ch’essi da sempre di nascosto si sono poste. A me sembra certo che si stanno preparando per la chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la chiesa del culto politico, che ha già fatto fallimento con Gobel, ma la chiesa della fede. Certo essa non sarà mai più la forza dominante della società, nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria, che ad essi dà vita e speranza oltre la morte.

 

Joseph Ratzinger, 1969, Fede e Futuro

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Ad una settimana dal clamoroso annuncio [11.2.2013] di Benedetto XVI affiora un suo significativo pronunciamento

La profezia dimenticata di Ratzinger sul futuro della chiesa
Una Chiesa ridimensionata, con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte dei luoghi di culto costruiti nei secoli. Una Chiesa cattolica di minoranza, poco influente nella scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a “ripartire dalle origini”.

Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.


La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona.

Come teologo si era trovato isolato, dopo aver rotto con gli amici “progressisti” Küng, Schillebeeckx e Rahner sull’interpretazione del Concilio. E’ in quel periodo che si consolidano per lui nuove amicizie con i teologi Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, con i quali darà vita a una rivista, “Communio”, che diventa presto la palestra per alcuni giovani sacerdoti “ratzingeriani” oggi cardinali, tutti indicati come possibili successori di Benedetto XVI: Angelo Scola, Christoph Schönborn e Marc Ouellet.

In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati tempo fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.


Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti.


Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.

Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.


Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.


Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”. 

lunedì 15 marzo 2021

S. Eliazim

 


VI Coro15 marzo
Principe della graziaSan Clemente Maria Hofbauer

S. Eliazim

Come un fiore di luce, luminoso, tenero e chiaro, sta oggi il nostro intercessore davanti al trono di Dio

S. Eliazim,

il principe della grazia. Egli è simile ad un seme di grano - immagine della manna, che è necessaria per l’umanità sul suo cammino attraverso il deserto dei nostri tempi, se non vuole morire di fame e non vada smarrita la sua forza che viene da Dio e si riversa in Dio.

Egli è di una tenerezza pura, chiusa in sé stesso - immagine dell’ostia, dell’offerta totale, pozzo di grazie. In lui si rispecchia l’agnello senza colpa, il sacerdozio puro, l’essere bambino santificato davanti a Dio. Lui pone il suo capo verso Dio come un fiore, in modo tale che il suo volto è immerso dalla luce dell’amore di Dio - immagine di Maria. Sembra che egli sia totalmente esposto, come una sfida al mondo materialistico, all’intero regno satanico. Avvolto in un ampio mantello porge al Signore nelle sue due mani il Cuore di Maria, che attira a sé con una potenza irresistibile tutto l’amore e la misericordia di Dio e lo fa affluire in fiumi di grazia sopra la Santa Chiesa e sopra tutta l’umanità.

Una cosa è per noi incomprensibile: S. Eliazim sta nella parte del coro dei principi sigillati. Come può essere che la grazia di Dio sia o divenga sigillata? Troviamo la conferma leggendo il Vangelo: Quando il Signore ci parla del giudizio universale (Mt. 24, 37-44), allora lui ci ricorda i giorni di Noè: l’umanità continuerebbe a vivere nei peccati e, se S. Eliazim non fosse un eterno bambino di Dio, - fino a quando c’è Dio, c’è anche la grazia - la grazia di Dio si estinguerebbe. Così diviene però un seme di grano che i buoni accolgono in loro fino a quel giorno, nel quale Dio inizierà la divisione per il giudizio finale. Egli ci dice: ‘‘Ci saranno due su un campo: l’uno verrà preso (colui che porta in sé la grazia), l’altro sarà lasciato’’. Quando inizieranno i giorni dell’ira di Dio e saranno sciolti i sigilli di tutti gli angeli, allora i principati sigillati smetteranno la loro attività ed attenderanno i comandi di Dio. Nulla nella creazione resterà poi costruito, tutto cadrà in rovina. E la grazia di Dio rimarrà nei cuori di coloro che l’hanno accolta nei giorni della prova e nella professione di fedeltà. Coloro però che non hanno preso coscienza (Ap. 16,9,1) non possono aspettarsi la grazia. Chi ha trascurato il tempo della chiamata di grazia, deve prendere coscienza che l’amore di Dio si muterà in giustizia ed ognuno avrà il frutto che ha seminato. Già adesso il maligno combatte aspramente quest’angelo della grazia. Per causa sua Satana desiderebbe avvenisse il primo suono delle trombe per il giudizio, poiché allora S. Eliazim rimetterà il suo compito nelle mani della sua Regina e solo lei potrà allora poi intercedere per un mite giudizio.

Preghiera: Tu Regina di tutti gli angeli, tu mediatrice di tutte le grazie, non scordarti di noi, quando saremo davanti al giudizio di Dio! Aiutaci, affinché la grazia inabiti sempre nel nostro cuore e che tramite essa possiamo sperimentare la tenerezza di Dio! Amen.

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VI Coro18a domenica dopo Pentecoste
Principe della grazia 

S. Eliazim

Il principe della grazia è probabilmente uno più belli spiriti celesti che Dio ci ha mai posto innanzi agli occhi, ma anche uno degli angeli più combattuti da parte dei demoni. Come S. Aralim Enneth è il più debole fra tutti i troni, così tiene lui, il più mite di tutti i principi sigillati, un fiore luminoso, come una sfida del paradiso verso l’inferno. Il suo compito è difficile: si trova ai piedi della sua Regina e dirige i flussi di grazia in direzione degli occhi di sua madre, delle mani di sua madre. E poiché è principe, amministratore, così egli può trasmettere anche molte grazie in paesi ancora nelle tenebre alle persone in ricerca, alle anime che lottano, sebbene il loro proprio popolo per la sonnolenza, per la stanchezza e per l’indifferenza non ricerca i tesori della grazia. Sempre la grazia troverà cuori pronti tramite la forza inestinguibile del Sangue di Gesù in croce fluito sulla terra.

“Fratelli, ringrazio tutto il tempo il mio Dio per la grazia di Dio, che ci è stata data in Cristo Gesù. Per mezzo di lui voi siete divenuti ricchi in ogni cosa, in ogni parola e ogni conoscenza ... in modo che non vi manchi anche nessuna grazia”. (Epistola)

 
Testo in lingua originale
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Canta MARIAM! - Salmi 99/106




PSALMUS  99.

Iubilate Dominae Nostrae, homines terrae:

servite Illi in laetitia et iucunditate.


In toto animo vestro accedite ad Illam:

et in omni virtute vestra conservate vias Eius.


Investigate Illam, et manifestabitur vobis:

estote mundi corde, et apprehendetis Eam.


Quibus auxiliata fueris, Domina, erit refrigerium pacis:

et a quibus averteris vultum Tuum, non erit spes ad salutem.

 

Recordare nostri, Domina, et non apprehendent nos mala:

succurre nobis in fine, et inveniemus vitam aeternam.

Gloria Patri, etc.

 

PSALMUS  100.

Misericordiam et iudicium cantabo Tibi, Domina:

psallam Tibi in exultatione cordis, cum laetificaveris animam meam.

 

Laudabo nomen Tuum et gloriam:

et praestabis refrigerium animae meae.

 

Zelatus sum amorem Tuum et honorem:

ideo defendas causam meam ante Iudicem saeculorum.

 

Allectus sum gratia et bonitate Tua:

oro, ne frauder a spe et confidentia bona.

 

Conforta animam meam in novissimis:

et in carne ista fac me conspicere Salvatorem.

Gloria Patri, etc.


PSALMUS  102.

Benedic, anima mea, Matri Iesu Christi:

et omnia praecordia mea, glorificate nomen Eius.

 

Ne obliviscaris beneficia Eius:

nec gratiam et consolatus Illius.

 

Gratia Eius peccata relaxantur:

et misericordia Eius aegritudines reparantur.

 

Benedicite Ei, omnes virtutes coelorum:

glorificate Eam, chori Apostolorum et Prophetarum.

 

Benedicite, mare et insulae gentium:

hymnum dicite Ei, coeli et habitatores eorum.

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS  103.

Benedic, anima mea, Virgini Mariae:

honor et magnificentia Eius in perpetuum.

 

Formositatem et pulchritudinem induisti:

amicta es, Domina, fulgenti vestimento.

 

De te procedit peccatorum medela:

et pacis disciplina, ac fervor charitatis.

 

Imple nos servos Tuos virtutibus sanctis:

et ira Dei non appropinquet nobis.

 

Iucunditatem aeternam da servitoribus tuis:

et noli eos oblivisci in certamine mortis.

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS  104.

Confitemini Dominae nostrae, et invocate nomen Eius:

cantate Ei gloriose, narrantes virtutes Eius.

 

Laudate et exaltate Eam, Virgines filiae Sion:

quia desponsabit vobis Regem angelorum.

 

Honorate Reginam plenam omni gratia:

et contemplamini cum reverentia sanctissimum vultum Eius.

 

Salus sempiterna in manu Tua, Domina:

qui Te digne honorificaverint, suscipient illam.

 

Clementia Tua non deficiet a saeculis aeternis:

et misericordia Tua a generatione in generationem.

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS  105.

Confitemini Dominae nostrae, quoniam bonum est:

per cunctas tribus terrae enarrate misericordias Ejus.

Longe est ab impiis conversatio Ejus:

a via Altissimi non declinavit pes Ejus.


Fons irrigantis gratiae procedit de ore Illius:

et emanatio virginalis sanctificans animas castas.


Spes de gloria paradisi in corde Illius:

quae devoto animo honorificaverit Illam.

 

Miserere nostri, fulgentissima Regina coeli:

et praesta consolationem de gloria Tua.

Gloria Patri, etc. 



PSALMUS  106.

Confitemini Domino, quoniam bonum:

confitemini Matri eius, quoniam in saeculum misericordia Eius.


Innocentiam et viam prudentiae ostende nobis, Domina:

et viam intelligentiae indica servis Tuis.


Timor Dei illustrat inellectum:

et amor Tuum exhilarat illum.


Beatus vir, cuius eloquium est Tibi gratum:

illius ossa impinguabuntur adipe et pinguedine.


Eloquium Tuum sustentat animam imbecillem:

et labia Tua esurientem animum refocillant.

Gloria Patri, etc.



AMDG et DVM