venerdì 20 novembre 2020

UN FILM VISTO NELLE SALE CINENATOGRAFICHE DEL PASSATO MILLENNIO: esattamente nel 1947



VITA E SCRITTI DI 

SAN VINCENZO DE’ PAOLI

Tempo fa ho ripreso "casualmente" in mano (la Provvidenza...) un libro che avevo letto

attentamente, meditato, sottolineato, gustato, parecchi anni fa: l'ho trovato, oggi, entusiasmante.

Ne ho proposto alcuni frammenti ad alcune persone, persino ad una comunità di venti suore

Adoratrici: è sempre stato, per me, per chi mi ascoltava, una gioia intensa dello spirito.

Ho voluto perciò cercare il modo di donarlo a tanti. Trascrivere su computer i passi più belli di

questo libro ormai introvabile in commercio: è stato per me "meditare", stare in compagnia di

Dio.... ad una tastiera di scrittura. A Te, Spirito Santo, chiedo un aiuto particolarissimo: fa' che ne

scaturiscano frutti abbondanti per tutti, a gloria della SS.Trinità

don Ambrogio

Il libro usato è:

Marcelle Auclair

LA PAROLA A SAN VINCENZO DE' PAOLI

ed. Citt… Nuova (1971)

Mi accorgo che non sarà cosa semplice. Ma chiedo anche a S.Vincenzo che mi assista e mi

guidi. Infatti sento la necessità di premettere almeno qualche breve accenno alla sua vita, affinchè

i suoi insegnamenti possano ottenere il massimo profitto.

Ma.... solo una paginetta? E come faranno i lettori che non conoscono tutte le vicende della

sua vita a capire, quando ricorreranno nomi di persone, di Istituzioni, di personaggi storici?

Sono dunque nella necessità di iniziare a scrivere una Vita di S. Vincenzo: condenserò le

notizie tratte dalla "BIBLIOTECA SANCTORUM": Enciclopedia in tredici volumi sui Santi. 

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VITA DI SAN VINCENZO DE' PAOLI

San Vincenzo non è un santo morto cent'anni fa, come don Bosco (ricordate che don Bosco

morì nel 1888), ma non è nemmeno uno vissuto al tempo dei "Padri della Chiesa" (nei primi

settecento anni di cristianesimo).

San Vincenzo, o meglio, Vincenzo, nacque il 24 aprile 1581.

Egli nacque nel villaggio di Pouy, presso Dax, nella regione delle Lande, in quella magnifica

terra di Francia che ha donato alla Chiesa ed all'umanità così tanti capolavori di santità.

Il suo cognome, con quella particella De' non indica affatto origini nobili: Vincenzo infatti fu

contadino, e fino a quindici anni lavorò duramente i campi.

A quell'età decise per il sacerdozio. E dopo cinque anni di studi fu ordinato sacerdote: la sua

brillante intelligenza lo aveva portato all'ordinazione sacerdotale all'età giovanissima di soli 19

anni!

Gli successe poi un'avventura, chiamiamola così, straordinaria e sconcertante ad un tempo:

durante un trasporto per mare, venne fatto prigioniero da pirati turchi, con altri passeggeri della

nave. Condotto a Tunisi e venduto successivamente a tre diversi padroni, recuperò la sua libertà

dopo due anni, fuggendo con una piccola imbarcazione attraverso il Mediterraneo, in compagnia

del suo ultimo padrone, un rinnegato da lui convertito. La straordinarietà di questi avvenimenti

ha fatto sorgere negli storici qualche dubbio sul tali fatti: ma la maggior parte degli studiosi è del

parere di ritenerli veritieri, anche perchè Vincenzo stesso ne parla in alcune lettere.

Inizia poi una vita straordinariamente intensa e feconda di mille e mille successi di

apostolato: fondò Istituti di preti, di Suore, fu istitutore e cappellano presso famiglie nobili e

potentissime, fu consigliere diretto della regina nel Consiglio degli affari ecclesiastici, forte

oppositore dell'eresia del Giansenismo; fu anche cappellano-capo dei forzati imbarcati sulle

galere; contribuì con i suoi sacerdoti collaboratori a liberare non meno di milleduecento cristiani

schiavi dei turchi; assistette i trovatelli.

Ma vediamo di ripercorrere in maniera un pochino più ampia (pur senza scrivere un libro!)

questa vita così intensa e bella.


A) Le "Serve dei poveri" e le " Dame della Carità"

Vincenzo era parroco da appena un mese, quando vennero a riferirgli che in una famiglia del

vicinato tutti erano caduti ammalati, e non c'era nessuno che li assistesse. L'appello che

immediatamente rivolse ai parrocchiani raccolse una risposta generosissima, ma Vincenzo fece

questa considerazione: "Oggi questi poveretti avranno più del necessario; ma tra qualche giorno

essi saranno nuovamente nel bisogno". Decise quindi di "organizzare" queste generose risposte:

nacque così una confraternita di pie persone che si impegnarono ad assistere a turno tutti gli

ammalati bisognosi della parrocchia. Chiamò questa confraternita con il nome di "Carità", e le

associate furono chiamate "Serve dei poveri". Mandato a fare il sacerdote predicatore nelle

campagne, anche lì fondò delle "Carità". In seguito fondò anche confraternite maschili: ma non

ebbe lo stesso successo. La sua idea sarà ripresa duecento anni più tardi da Emanuele Bailly, nel

1833 a Parigi: riunì inizialmente sette giovani universitari, tra cui Federico Ozanam, l'anima del

gruppo. Risorsero così le "Carità" maschili con le "Conferenze di S.Vincenzo De Paoli".

Queste "Carità" femminili, a Parigi e nelle grandi città cambiarono il nome da "Serve dei 

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poveri" in "Dame della Carità". L'associazione cittadina più importante fu senza dubbio quella

detta dell'Hotel-Dieu (Ospedale): questa straordinaria "Carità" contò centinaia di associate della

più alta nobiltà parigina, tra cui la futura regina di Polonia.

Ancora oggi la Compagnia delle Dame di Carità, con le sezioni più recenti delle "Damine" e

delle "Piccole amiche dei poveri", è in piena attività. Le associate raggiungono il numero di

seicentomila e lavorano in ogni parte del mondo.


B) I Preti della Missione

Il 25 gennaio 1617 Vincenzo tenne una fecondissima predicazione a Folleville: Iddio diede

tanta benedizione alle sue parole, che non bastarono i confessori. Vincenzo, visto il frutto

abbondante e la scarsità di clero, si aggregò alcuni zelanti sacerdoti ed incominciò a predicare di

villaggio in villaggio. Essi diedero inizio ad una Congregazione Religiosa i cui membri, dalla loro

prima Casa-Madre S.Lazzaro, si chiamarono "Lazzaristi".

C) Le Figlie della Carità

In origine erano ragazze di campagna, desiderose di consacrarsi al servizio dei poveri, che

Vincenzo assegnava alle "Carità" cittadine, dove le Dame trovavano più difficoltà ad esercitare

personalmente le opere di misericordia. Il nome "Figlie della Carità" fu quindi il nome più semplice

e più naturale che potesse dare loro il popolo.

Vincenzo non volle che le Figlie della Carità fossero religiose. "Voi avete per monastero -

diceva loro - solo le case degli ammalati e quella della superiora; per cella una camera d'affitto,

per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città, per clausura l'obbedienza, per

grata il timor di Dio, per velo la santa modestia!". Ancora oggi i loro voti sono privati ed annuali.

Le opere fiorirono tra le mani di questi angeli della Carità. Dopo i poveri vennero i malati degli

ospedali, i trovatelli, gli orfani, i forzati, i vecchi, i feriti sui campi di battaglia: in una parola, ogni

sorta di miserie fu accolta dalla carità di questa comunità.


D) A favore del clero

E' comprensibile che attorno ad una personalità di tale santità e di tante capacità umane tutti

gli spiriti più alti tendessero a raggrupparsi. Così fu anche per i sacerdoti. Attorno a Vincenzo

quindi si riunirono, per incontri formativi settimanali, fervorosi ecclesiastici: sia per "fare i loro

esercizi", sia per aggiornarsi nella dottrina che dovevano poi insegnare al popolo loro affidato:

ecco l'origine delle "Conferenze del martedì" cui si aggregarono oltre duecentocinquanta sacerdoti,

alcuni dei quali divennero poi famosi sia per santità che per gli incarichi ricevuti. Ma Vincenzo

curò anche la formazione del clero: e diversi dei suoi sacerdoti furono chiamati a guidare i

Seminari in parecchie Diocesi. Addirittura fu chiamato, Vincenzo, dalla stessa regina, Anna

d'Austria, a far parte del "Consiglio di coscienza", o Congregazione degli affari ecclesiastici. Questo

Consiglio si occupava specialmente della scelta dei vescovi e della attribuzione dei "benefici", o

rendite ecclesiastiche; (tra parentesi notiamo la felice situazione della Chiesa ai nostri giorni, in

cui nella scelta dei vescovi non entrano più i poteri degli stati, ma esclusivamente persone di

Chiesa).

Vincenzo fu anche molto attivo nel contrastare e combattere il Giansenismo: un movimento

sorto nella Chiesa cattolica che proponeva un estremo rigorismo sia nella vita spirituale personale

sia nella comunità, tanto da cadere in varie esagerazioni e durezze a livello spirituale e morale. 

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Un altro campo in cui Vincenzo primeggiò fu nella Predicazione. In questo campo egli adottò

un metodo tanto semplice quanto efficace; una volta scelto l'argomento da predicare, egli lo

sviluppava secondo questi passaggi: prima ne spiegava la natura, poi sviluppava i motivi per cui

andava vissuto, ed infine accennava ai mezzi opportuni per tradurlo in pratica. Questo metodo,

molto semplice e popolare, riscosse un immenso successo: tanto più che normalmente gli altri

predicatori usavano espressioni molto ampollose e lontane dalla sensibilità del popolo.


E) Ed infine....

Vincenzo svolse un'opera bellissima presso i galeotti. Egli aveva potuto penetrare nelle

prigioni di Parigi mentre svolgeva il suo ruolo di cappellano presso una nobile e potente casata: i

Gondi. Fu colpito tremendamente dallo stato miserevole in cui versavano i forzati che attendevano

di essere imbarcati sulle galere del re come rematori. Egli divenne subito il loro confortatore e

difensore. Il bene da lui operato nelle prigioni fu conosciuto a corte, ed il re Luigi XIII creò

apposta per lui una nuova carica: quella di Cappellano-Capo delle galere, rendendo così più

efficaci i suoi interventi in favore di questi miseri.

Della sua opera di liberatore dei cristiani fatti schiavi dai turchi s'è già detto. Una parola

invece sulla sua opera di soccorritore dei trovatelli. La società ipocrita del tempo li chiamava con

disprezzo "i figli del peccato": Vincenzo li raccolse e li affidò alle cure delle Figlie della Carità … ed

al portafogli delle Dame. Secondo una indicazione del santo, nel 1657, nella sola città di Parigi le

associazioni vincenziane assistevano 395 trovatelli! Per questo alcune volte Vincenzo è raffigurato

nei quadri mentre tiene in braccio un bimbo trovato sulla via.

Vincenzo dedicò il suo cuore e la sua inventiva di carità anche ad assistere le popolazioni

provate dalla Guerra dei Trent'anni: a Parigi organizzò dei centri di raccolta di soccorsi in denaro

ed in natura, che i suoi missionari e le sue suore portavano poi a destinazione. L'opera delle

minestre sfamò fino a cinquemila persone in una sola parrocchia!

Considerato tutto questo.... non è quindi strano che il giorno 12 maggio 1885 il papa Leone

XIII, accogliendo il desiderio espresso da numerosi vescovi, dichiarò Vincenzo patrono universale

di tutte le opere di carità, che in qualsiasi modo si riferissero a lui.


Alla conoscenza di S. Vincenzo ha contribuito, anni fa, un bel film (oggi quasi introvabile)

realizzato in Francia nel 1947 dal titolo "Monsieur Vincent". FILM:

"Monsieur Vincent " (1947) - Trailer | vídeos - FilmAffinity

www.filmaffinity.com  Il film raggiunge un alto livello

artistico, sotto la regia di Maurice Cloche e con il noto attore Pierre Fresnay che interpreta

ottimamente il nostro, grazie anche agli efficaci dialoghi cui aveva messo mano anche il celebre

drammaturgo Jean Anouilh. L'interpretazione di Pierre Fresnay è stata premiata nel 1947 a

Venezia, mentre nel 1948 la pellicola ottenne l'Oscar per il miglior film straniero.

Bisogna aggiungere che il volto di Vincenzo è noto anche in filatelia. Molti stati hanno

così voluto onorare il benefattore dell'umanità sofferente.


Gli stessi rivoluzionari avevano innalzato a Vincenzo un busto nel Pantheon di Parigi: oggi

però tale busto si trova nella parrocchia di Clichy, ove il santo era stato parroco. Anche il suo

villaggio natale porta il suo nome: Berceau de Saint Vincent De Paul.

Così resta conclusa la presentazione di questo gigante della Santità: forse essa è stata

troppo lunga per essere una semplice introduzione alle sue parole - che restano lo scopo

principale di queste pagine - e, nello stesso tempo, troppo breve per la fame di chi cerca di più.

O, forse, va bene così. Se vorrai, potrai metterti alla ricerca della sua vita scritta più

ampiamente. Intanto vorrei offrirti una selezione, spero sostanziosa anche per mole, delle sue

parole: vi scoprirai un maestro splendido. Sempre amorevole.

S.Vincenzo, ottieni anche a noi di partecipare del tuo carisma di carità e di imitare la tua splendida 

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personalità. AMEN.

LA PAROLA ....... A SAN VINCENZO DE' PAOLI

Come anticipato, vogliamo dare la parola direttamente a "Monsieur Vincent": dal libro citato

di Marcelle Auclair sono tratti i brani qui riportati.

1.

(Da due anni nessuno ha più sue notizie. Una lettera da lui scritta da Avignone nel 1607 al

Sig. De Comet, presso cui prestava servizio come istitutore ecclesiastico....)

"Signore, voi che conoscete bene le mie cose, avete forse saputo che trovai un testamento in

mio favore lasciatomi da una buona vecchia signora di Tolosa. Per incassarlo partii per quella città

e poi per Marsiglia. Per il ritorno mi imbarcai per Narbona, con l'idea di risparmiare tempo. Ma

quando fummo per mare, tre brigantini turchi che costeggiavano lungo il golfo del Leone ci

attaccarono con tale violenza da uccidere alcuni dei nostri e ferirne altri. Io stesso ricevetti un

colpo di spada, che mi farà da orologio per tutto il resto della mia vita. Fummo costretti ad

arrenderci. Ci incatenarono, dopo averci sommariamente medicati. Infine fecero rotta per

Barberia, tana e spelonca di furfanti; là ci misero in vendita, dopo un sommario processo verbale

sulla nostra cattura, secondo cui noi saremmo stati prelevati da una nave spagnola.

La procedura della nostra vendita è breve a dirsi: ci spogliarono dei nostri abiti, dettero a

ciascuno un paio di brache, una giubba di lino con un berretto e ci portarono in su e in giù per la

città di Tunisi, con la catena al collo. Poi ci misero in mostra in piazza, ed i mercanti si

avvicinarono per guardarci, come si fa di solito quando si compra un cavallo od un bue: ci

facevano aprire la bocca per controllare la dentatura, ci palpavano i fianchi e studiavano

attentamente le nostre ferite. Ad un certo momento ci fecero camminare al passo, trottare, e poi

correre; poi ci fecero portare dei pesi e persino lottare per saggiare la forza di ciascuno, ed altre

brutalità del genere.

Fui venduto ad un pescatore, che fu costretto ben presto a disfarsi di me, poichè‚ ero proprio

negato per il lavoro di mare. Mi vendette quindi ad un vecchio medico alchimista. Gli ero molto

simpatico e mi parlava spesso dell'alchimia, e più ancora della sua fede, alla quale faceva ogni

sforzo per attirarmi, promettendomi in cambio molte ricchezze e tutta la sua scienza chimica.

Dio manteneva viva in me ogni giorno la fiducia della mia liberazione per le costanti preghiere

che rivolgevo alla Vergine Maria, per la cui intercessione credo di essere stato salvato.

Rimasi alle dipendenze di questo vecchio per quasi un anno. Poi morì, lasciandomi in eredità

ad un suo nipote, che subito mi rivendette ad un apostata. Lavorai per lui in montagna, in una

zona desertica e calda. Una delle sue tre mogli prese a benvolermi, e divenne lei la causa della

riconversione di suo marito, e della mia liberazione. Ella infatti, curiosa com'era di conoscere il

nostro modo di vivere, veniva a trovarmi mentre lavoravo nei campi, e voleva che io cantassi le

lodi di Dio. Cantai i salmi, la Salve Regina e molti altri canti. In ciò ella trovava tanto piacere che

c'è da restare stupiti. Fin che giunse a rimproverare il marito per aver abbandonato la religione

cristiana, da lei ritenuta vera, perchè io le avevo detto alcune cose su Dio e per alcuni inni di lode

che avevo cantato in sua presenza. Alla fine salpammo tutti con una piccola barca ed il 28 giugno

sbarcammo ad Aigues-Mortes. Dopo arrivammo ad Avignone, dove il Vice-legato accolse

pubblicamente l'apostata, con le lacrime agli occhi."

2.

" C'è un membro della Compagnia che, accusato di aver derubato un compagno, e 

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pubblicamente definito come ladro - benchè‚ non fosse vero - tuttavia non ha mai voluto

giustificarsi. Un giorno, vedendosi così ingiustamente accusato, pensava tra sè e sè: "Non ti

discolpi? Ciò di cui ti accusano non è vero!". "Oh! no, rispose, rivolgendo il suo pensiero a Dio,

bisogna che io sopporti pazientemente questo oltraggio". E così fece. Che cosa accadde in

seguito? Sei mesi dopo, il vero ladro, che era andato a vivere cento leghe lontano da qui,

riconobbe la sua colpa e scrisse chiedendo perdono. Ecco, Dio, talvolta, vuol provare alcune

persone e perciò permette che succedano simili fatti."

(Vincenzo non dice proprio tutto: sta parlando di se stesso e del suo compaesano il giudice di Sore:

l'accusa riguardava la somma di quattrocento scudi. Il ladro era un garzone venuto in casa per una

commissione. Sotto le ingiurie, Vincenzo chinò la testa e disse con mitezza: "Dio sa la verità").

3.

"Quando uno ha patito dentro di sè‚ pene e tribolazioni, diventa più sensibile a quelle degli

altri. Coloro che hanno sofferto la perdita dei beni, della salute e dell'onore, sono più adatti a

consolare le persone che si trovano nelle medesime situazioni dolorose, più adatti di coloro che

non hanno mai avuto esperienze simili...".

(E' bene, per trarre il massimo frutto da questi scritti di santi, leggere a piccole dosi.... meditare.... ed

attualizzare per noi stessi.)

4.

(Parlando di un grande personaggio, vescovo, cardinale, fondatore di una spiritualità che influenzò

moltissimo generazioni e generazioni di preti, Mons De Brulle, Vincenzo scrive queste semplicissime e,

proprio per questo bellissime, osservazioni utilissime anche per noi, ogni giorno)

"Questo gran servitore di Dio aveva l'abitudine di dire che era bene mantenersi sempre in

basso, che i posti più umili erano i più sicuri e che c'era qualcosa di non buono nelle condizioni

elevate e di prestigio: per questo i santi avevano sempre rifuggito ogni dignità e nostro Signore,

per convincerci col suo esempio oltre che con la sua parola, aveva detto, parlando di se stesso,

che era venuto al mondo per servire e non per essere servito. Dio non ci ha mandato per

ottenere cariche ed uffici onorevoli‚ per parlare ed agire con pompa ed autorità, ma per servire ed

evangelizzare i poveri".

5.

(Ascoltiamo come Vincenzo descrive il lavoro fatto sul proprio carattere da una grande dama della

società, presso cui era cappellano e confessore)

"La signora generalessa delle galere (la Signora Gondi) era soggetta ad una grande

irascibilità; non appena si accorgeva però di una sua impazienza, ella si inginocchiava davanti alla

sua cameriera e le domandava perdono....

Ella riusciva a sopportare tutti, chiunque fossero. Non c'era persona per cui non riuscisse a

trovare delle scuse, allegando a volte l'umana debolezza, a volte l'inganno del demonio,

l'impulsività del carattere, l'irritabilità …

Ella non soltanto non diceva mai male di nessuno, ma non trovava nulla a ridire e trovava

tutto bene... Aveva la pratica di non parlare mai male degli assenti. Al contrario, ne

difendeva la causa e distoglieva ogni discorso che tendesse alla maldicenza, con saggia

accortezza".

6. La prima confraternita della Carità

"Una domenica, mentre mi preparavo per celebrare la santa Messa, mi portarono la notizia 

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che in una casa sperduta in mezzo ai campi, tutte le persone erano cadute malate, non ce n'era

una che potesse assistere le altre, e tutte si trovavano in uno stato di grave bisogno. La notizia mi

colpì profondamente al cuore.

Non mancai di raccomandare il caso durante la predica con tutto il mio affetto, e Dio fece sì di

toccare il cuore di tutti quelli che mi ascoltavano. Dopo pranzo facemmo una riunione presso una

buona signorina della città, per vedere quali soccorsi potessimo prestare, e ciascuno si dichiarò

disposto ad andare a trovare quei poveri infelici e consolarli con parole ed aiuti, secondo le proprie

possibilità. Dopo i vespri, scelsi un parrocchiano, uomo di campagna, ed insieme ci

incamminammo per andare a visitarli. Lungo la strada incontrammo alcune donne che ci

precedevano e, proseguendo ancora, alcune altre che ritornavano. Era d'estate, durante il periodo

della grande calura, e quelle brave donne, per riposarsi, si fermavano lungo i bordi della strada.

Alla fine, figlie mie, ne incontrammo tante di persone che voi avreste detto trattarsi di una

processione.

Appena arrivato, visitai i malati ed andai a prendere il Santo Sacramento per quelli che erano

più abbattuti. Dopo averli dunque confessati e comunicati, si trattò di vedere come provvedere

alle loro necessità. Proposi a quelle brave persone che la carità aveva condotto fin là, che si

scegliessero ciascuno una giornata per andare ad accudire non soltanto quelle persone, ma anche

quelle che sarebbero venute in seguito. Fu questo il primo luogo dove fu fondata la Carità".

(La visita dei poveri e dei malati a domicilio venne fuori così organizzata ... dalla necessità. Per tre mesi

Vincenzo lasciò che le cose seguissero il corso naturale che avevano preso, e quando tutti gli ingranaggi gli

parvero sufficientemente collaudati a contatto con la vita quotidiana, domandò ed ottenne l'approvazione dal

Vescovo di Lione.

E pensare che, dopo quattro mesi dal suo arrivo in parrocchia .... Vincenzo dovette trasferirsi!

Quattro soli mesi ..... Quando una persona è strumento nelle mani di Dio....)

(Ed ora ecco di seguito la REGOLA: ogni suo particolare è un miracolo di tenerezza)

7. Carità femminile di Chatillon-les Dombes

La priora accoglierà nelle cure della confraternita i malati veramente poveri e non quelli che

dispongono di mezzi di sostentamento..... Quando ne avrà accolto qualcuno, avvertirà la sorella

che sarà di servizio quel giorno, e questa andrà a visitarlo subito. La prima cosa che dovrà fare è

di vedere se abbia bisogno di una camicia bianca, affinchè, se ne avesse bisogno, gliene porti una

della confraternita, insieme con i lenzuoli bianche, se ne occorressero.. Fatto ciò, lo farà

confessare perchè possa ricevere l'indomani la comunione, poichè è nel proposito di questa

confraternita che quanti vogliano essere assistiti si confessino e si comunichino. Prima di tutto gli

porterà un'immagine del crocifisso, che sistemerà in un punto in cui possa essere vista dal malato,

affinchè rivolgendo talvolta gli occhi da quella parte, egli possa considerare che cosa il Figlio di

Dio ha sofferto per lui. Porterà inoltre quelle suppellettili che gli possano essere necessarie, come

un vassoio, una bacinella, una scodella, un piattino ed un cucchiaio e, subito dopo, informerà la

sorella che sarà di servizio l'indomani di preoccuparsi di far pulire e mettere in ordine la casa del

malato in attesa di ricevere la comunione, e di fargli giungere il vitto....

La sorella che avrà il turno di giorno, avendo prelevato dalla tesoreria quello che sarà

necessario per il sostentamento dei poveri di quel giorno, preparerà il pranzo e lo porterà ai

malati. Avvicinandosi loro li saluterà con gioia e carità, accomoderà il vassoio sul letto, vi

sistemerà sopra una tovaglia, una scodella, un cucchiaio e del pane, farà lavare le mani agli

ammalati e farà recitare il Benedicite, verserà la minestra nella scodella e metterà la carne in un

piatto, accomodando ogni cosa sul sopradetto vassoio, poi inviterà con tutta la carità il malato a

mangiare, per l'amore di Gesù e della sua santa Madre.

Farà tutto con amore, come se stesse trattando il proprio figlio, o piuttosto Dio stesso, che 

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reputa fatto a se stesso il bene che lei compie ai poveri. Gli rivolgerà qualche parola del Signore;

se si accorge che è molto triste, cercherà di rincuorarlo, gli affetterà la carne, gli verserà da bere,

e dopo di averlo avviato a mangiare in tal modo, se c'è qualcuno che gli stia vicino lo lascerà per

andare a trovare un altro povero che tratterà allo stesso modo, ricordandosi che bisogna

cominciare sempre con l'ammalato che ha qualcuno che gli fa compagnia, e finire con quelli che

son soli, in modo di potersi trattenere presso di loro un po' più a lungo. Poi, la sera, ritornerà per

portare loro la cena con la stessa maniera ordinata di prima.

Ogni malato avrà quanto pane gli è necessario, con un quarto di libbra di montone o di manzo

bollito per il pranzo e la medesima quantità di arrosto per la cena, eccettuate le domeniche e le

feste, in cui si potrà dar loro qualche pollo bollito per il pranzo, e mettere della carne tritata nella

minestra della sera due o tre volte la settimana. I malati sfebbrati avranno mezzo litro di vino al

giorno, metà a pranzo e metà a cena.

Il venerdì, il sabato e gli altri giorni di astinenza, riceveranno due uova con la minestra e un

pezzo di burro per il pranzo, e altrettanto per la cena, preparando le uova come loro desiderano.

Se si troverà del pesce a prezzo ragionevole, si darà loro soltanto a pranzo..."

E poichè lo scopo di questa istituzione non è soltanto quello di assistere i poveri

corporalmente, ma anche spiritualmente, le sopraddette serve dei poveri metteranno ogni cura e

studieranno di disporre a meglio vivere i malati che si giudica possano guarire, e a ben morire

quelli che stessero per morire...".

8.

(Tra le molte conversioni, Vincenzo racconta la storia assai colorita del conte de Rougement)

Ho conosciuto un gentiluomo di Bresse, il signor de Rougement, un vero uomo di mondo: era

un pezzo di uomo ben fatto, che si era trovato spesso in pericolo per aver dovuto assistere altri

gentiluomini che avevano qualche contesa per le mani, o per aver lui stesso sfidato a duello quelli

che avevano qualcosa da ridire con lui. Me l'ha detto lui: "Non si può immaginare quante persone

io abbia sfidato, ferito, ucciso...". Conoscendo il male n cui si trovava, risolse di cambiar vita

(Vincenzo si guarda bene dal dire chi lo abbia spinto a ciò...), e così fece. Dopo questo

cambiamento fece tali progressi da chiedere al vescovo di Lione il permesso di tenere il SS.

Sacramento nella sua cappella... Mi mise al corrente delle pratiche della sua devozione e del suo

distacco dalla creature: "Sono sicuro che, se non sono attaccato a niente, potrò giungere a Dio,

che è il mio unico scopo".

Un giorno, viaggiando a cavallo, cominciò ad esaminarsi per vedere se fosse attaccato a

qualcosa. Facendo dunque questa sua meditazione, si chiedeva: "Sono attaccato al mio Dio o a

qualche altra cosa?" (perché esistono anche gli attaccamenti spirituali...). "Sono attaccato al mio

castello?" - No. - Ma se il fuoco scoppiasse improvviso dal di dentro e lo distruggesse tutto, non

proverei alcun dispiacere? - Non credo. - Se Dio permettesse una tale evenienza, mi

conformerei alla sua santa volontà, nel pensiero che il Signore non aveva nè castello nè casa per

sè. E al mio cappello che mi preserva dal sole e dalla pioggia, non sono forse troppo attaccato?

Non amo troppo la signora contessa, o qualche altra creatura? Non sono attaccato ai miei beni e

alle mie rendite?"

Dopo queste interrogazioni, riconobbe che nessuna di queste cose lo toccava minimamente.

Ma i suoi occhi caddero sulla sua spada; e pensando al servizio che questa gli aveva reso in

parecchie occasioni pericolose, sentì un certo attaccamento per essa e si accorse che avrebbe

sofferto a disfarsene. La natura infatti gli gridava dentro: "Una spada che mi ha tante volte

salvato la vita! Bisogna proprio che io la conservi!". Ecco dunque che cosa gli suggeriva

l'attaccamento: "Guardati bene dal disfartene! Che faresti se fossi sorpreso ed attaccato senza

avere di che difenderti?". L'angelo buono gli sussurrò nel cuore, mentre rivolgeva questi pensieri

nella sua mente: "E bravo, hai più fiducia in questa tua spada che in Dio; hai più fede in un pezzo

di ferro che nella Provvidenza di Dio. Chi ti ha dato il mezzo di uscir fuori da quei precipizi in cui tu 

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eri caduto? Non è stato forse il pensiero che Dio ha avuto per te? E tu attribuisci tutto ciò alla tua

spada?".

Viene preso dal rimorso di coscienza che si impossessa di lui, lo fa rientrare in sè e gli fa

esclamare: "Sei un bel miserabile! Ah, mio Dio, perdonatemi le mie infedeltà".

E, nello stesso istante, scende dal cavallo e spezza quella spada contro una roccia, per non

aver proprio alcun attaccamento. Ma subito provò quel sovrappiù che le anime generose ricevendo

quando si liberano da ciò che non piace a Dio; provò infatti nell'anima una così grande

consolazione in quello stesso momento in cui infranse la sua spada, come non aveva mai provato

prima.

9.

(Dopo solo quattro mesi di permanenza in parrocchia, deve lasciarla, perchè chiamato altrove

dai suoi superiori; ma sono quattro mesi che contano per l'eternità: l'origine della Società di

S.Vincenzo è là. Il saluto di Vincenzo non è un arrivederci, ma un addio.)

Quando la Provvidenza m'ha condotto a Chatillon, credevo mio dovere di non lasciarvi mai;

ma poichè pare che Essa ordini altrimenti, rispettiamola, voi ed io, e seguiamole sue sante

decisioni.

Da lontano, come da vicino, vi sarò sempre presente nelle mie preghiere. Da parte vostra,

non dimenticatevi di questo miserabile peccatore....

10. (Vincenzo espone il suo metodo di preghiera, ispirato a quello del santo Vescovo di

Ginevra Francesco di Sales)

E' vero che in tutte le comunità si trovano parecchie persone, che sono spesso le migliori, che

non riescono ad applicarsi nella meditazione per la quale occorrono immaginazione e

ragionamento; ma il caro Vescovo di Ginevra ha insegnato ai suoi religiosi un altro tipo di

preghiera, che possono fare anche i malati: di tenersi cioè con dolcezza davanti a Dio,

mostrandogli i nostri bisogni, senza alcun'altra applicazione spirituale. Come fa un povero che

denuda le sue piaghe e così commuove con maggior forza i passanti ad aiutarlo, più che se si

rompesse la testa a persuaderli delle sue necessità. Si fa dunque una buona preghiera

mantenendosi in tal modo alla presenza di Dio, senza alcuno sforzo di pensiero di volontà.

 ..... Mi ricordo di un pensiero del Vescovo di Ginevra, parole divine e degne di un sì grande

uomo: "Non vorrei andare a Dio, se non è Dio a venire da me!". Parole da meditare. 



L'Apocalisse è un libro di rivelazione, sì. Anzi esso conclude la grande Rivelazione. Ma è anche un libro profetico.

 


QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 691


'Su l'Apocalisse di S. Giovanni Apostolo. Settembre-ottobre 1950. I Quaderno' (Parte II)

                        L'Apocalisse 

   Cap. II

   L'Apocalisse è un libro di rivelazione, sì. Anzi esso conclude la grande Rivelazione. Ma è anche un libro profetico.
   Rivelazione e profezia vengono ambe da Dio. Perché solo Dio li ispira. Solo Dio li può ispirare perché solo Egli sa la Verità essendo la Verità, e conosce gli eventi futuri perché è l'Eterno, l'Onnisciente, l'Onnipotente.


   La profezia è come una proiezione di fatti futuri, visti da Dio solo, e illuminati a coloro che vivono nelle nebbie del loro temporaneo presente. Per far capire ai grandi analfabeti della religione — e sono tanti, tanti anche fra coloro che limitano l'esser cattolici al ricevere i Sacramenti, all'ubbidire al precetto festivo, al prender parte alle processioni, all'andare, sì, anche questo, alle prediche, ma che non sanno rispondere, se vengono interrogati, a tante cose, al significato di certe parole, e una è la parola "profezia e profeti" e l'altra è quella di "apostolo", e altre ancora, e confondono quanto è cosa buona, cosa di luce, con cosa non buona, non fatta di luce, perché non sanno — per far capire a questi analfabeti della religione cosa è la rivelazione e cosa è la profezia, così come altrove, a spiegare l'Unità e Trinità di Dio, si è portato il paragone delle tre facce di un poliedro, altrettanto ora si porti il paragone, e forse capiranno, di una proiezione su fatti reali, ma avvenuti in un altro luogo e in un tempo antecedente, o di una proiezione di fatti che certo verranno, ma ancora non sono, e una sola Mente li sa, una sola Pupilla li vede, una sola Parola li può illustrare.


   L'uomo, nei secoli, ha fatto molte invenzioni e scoperte, alcune buone, alcune cattive, altre che avrebbero potuto esser buone, perché potevano esser mezzo di formazione, di istruzione, e anche di elevazione, e che invece si sono fatte non buone perché hanno servito ad eccitare i bassi appetiti della parte inferiore, a corrompere l'intelletto, a ledere l'anima per conseguenza. Una di queste cose, che avrebbero potuto esser buone e che si son fatte non buone, avendo servito ad illustrare il vizio, il delitto, il peccato, è la cine­matografia; un'altra, la stampa. Ma a rendere la nostra idea serve la prima. La cinematografia, coi suoi film, può illustrare fatti e perso­ne del passato. Più o meno storicamente bene, perché l'uomo rara­mente fa bene ciò che fa, e più raramente ancora fa secondo la veri­tà delle cose. Ma, ad ogni modo, a mezzo di questa invenzione, è pos­sibile mostrare ai viventi persone, avvenimenti, usi e costumi di se­coli e anche di millenni passati. Il film scorre e l'uomo vede.


   Dio prende un uomo – profeta o ispirato da Lui, certo da Lui eletto a quello scopo – e agli occhi o alle orecchie spirituali dello stesso illumina o dice eventi passati di cui si è, o per scorrere di secoli o per alterazione involontaria facile a sorgere nella rivelazione verbale, o per alterazione volontaria causata da scismi religiosi, da eresie, da indagine scientifica disgiunta da sapienza religiosa, alterata la verità. Oppure illumina e rivela fatti futuri che nel suo eterno Presente solo Egli conosce. Ed essi vedono, ed essi sentono, come se un film sonoro venisse girato per loro. E Dio li incarica di manifestare quanto Egli rivela loro, di farsi sua mano e sua bocca per scrivere o per dire quanto Dio si è compiaciuto di rivelare.


   Questo paragone — anche Gesù si serviva di paragoni per far capire le sue lezioni ai suoi seguaci — farà capire a molti cosa è la profezia e che sono i profeti, cosa è l'ispirato o il veggente e come, quando essi non dicano cose inammissibili con la Fede e la Grande Rivelazione, occorra credere ad essi, che manifestano quanto è bene sapere per procedere su sentieri sicuri.


   A taluni le profezie sembrano cose non solo incomprensibili perché troppo oscure, ma cose sorpassate, parlando di fatti ormai già avvenuti da secoli. Sì. Molte cose dette in esse sono accadute e non si ripeteranno. Ma molte si ripeteranno, come già si sono ripetute ogni qualvolta l'umanità ritorna nella condizione per cui la profezia fu data. Così, mentre non si ripeterà l'incarnazione del Verbo e la fondazione della Chiesa, essendo che la Chiesa, fondata da Gesù suo Pontefice e Capo eterno, non può perire per sua divina promessa e quindi non può esservi necessità di fondarne una nuova, altrettanto è vero che si ripeteranno, come già si ripeterono, le punizioni permesse da Dio in conseguenza dell'abominio entrato nel luogo sacro e delle ingiustizie umane. E per molte altre cose così sarà.


   L'umanità, avendo cicli alterni di giustizia e di ingiustizia, di fede reale e di fede soltanto esteriore — "la lettera e non lo spirito della fede" — o addirittura di non fede per i cinque decimi della popolazione mondiale, ha pure cicli alterni di castighi e di perdoni, già patiti e ottenuti, senza che ciò la faccia più buona. E le profezie, per esser date da chi vide "il Tempo" senza limiti nel tempo, in molti punti servono ad esser luce e guida, voce di verità, consiglio di misericordia per ogni tempo.


   L'Apocalisse, profezia dell'Apostolo della Luce e della Carità, illumina, e lo fa per la Carità, i tempi, ogni tempo, sino al tempo ultimo. Diciannove secoli sono passati da quando Giovanni ebbe la rivelazione detta "l'Apocalisse", il cui tempo di compimento, solo misurandolo rispetto all'eternità, poteva dirsi "vicino". Ma se il tempo d'attesa, misurato al tempo terrestre, è stato ed è lungo, per quanto si riferisce allo stato delle sette chiese è attuale ora come lo era allora.


   Giovanni, vedendo le sette chiese di allora, le sette luci più o meno luminose di allora, non solo quelle ha viste, ma le altre chiese che si sarebbero formate nei secoli, così come ha antevisto ciò che è accaduto e ciò che dovrà accadere, e in Terra, e in Cielo, e negli inferi.


   Ha visto. Le luci di santità. Le ombre di ingiustizia. Il crescere della spiritualità. Il crescere dell'umanità, anzi della materialità. Il fiammeggiare della carità e della sapienza nutrita da essa, fiammeggiare elevantesi al Cielo. E il fumare nebbioso della scienza priva di sapienza, strisciante a terra, quando l'uomo tenta di spiegare se stesso e tante altre cose del creato col suo solo sapere. Il fumare nauseabondo delle lussurie dell'io, di tutte le lussurie. Il fumare colpevole degli egoismi e delle ferocie. Fumo, fumo, nulla più che fumo, e fumo nocivo, che striscia a terra, che si insinua, che sporca, che avvelena, che uccide. Uccide le cose più "buone" nel senso che Dio dà a questa parola, e che noi diremmo: le cose più "belle". Le tre e le quattro virtù, i rapporti sociali, le coscienze, gli intelletti, la pace familiare… Tutte cose che il fumo, che è dove non è fiammeggiare di carità, uccide, avvelena, sporca e penetra. Il formarsi del mondo nuovo: del mondo di Gesù, del suo Regno. E il formarsi di un mondo nuovo nel nuovo: del mondo dell'anticristo, del regno suo.


   I trionfi del cristianesimo. Le sconfitte del cristianesimo. La mirabile unità dell'Ovile di Cristo. La separazione ribelle di parti del Gregge. Tutto ha visto Giovanni. E gli pareva immediato il compiersi di tutto, tanto era vivo il suo vedere. Ma no! Secoli e secoli dovevano passare prima che tutto fosse compiuto del visto dal veggente di Patmos. Ma tutto si compirà come è detto, come in parte, e in tempi diversi, s'è già compiuto, pur senza toccare la compiutezza delle cose non buone anteviste da Giovanni.


   Cosa umana, cosa difficilmente perfetta, e ancor più difficilmente non ripetuta. L'appartenenza al Popolo di Dio non ha impedito agli ebrei di ricadere più volte negli stessi peccati. L'esempio di Adamo, dei castighi divini, i cui mezzi furono il diluvio, la dispersione dei popoli dopo la superbia di Babele, la distruzione di Sodoma e Gomorra, l'oppressione d'Egitto, non impedirono al popolo di peccare. La misericordia di Dio che li liberò dall'oppressione del Faraone e volle dar loro una patria e una legge elette, non indusse gli uomini a non peccare per riconoscenza a Dio. E peccarono durante lo stesso viaggio verso la Terra Promessa, mentre Dio li copriva, da vero Padre, dei suoi doni.


   L'uomo è sempre l'uomo. Nell'antica e nella nuova religione entrambe divine. Appartenga all'antica o alla nuova chiesa. "Voi mi cercate non solo perché avete veduto che Io faccio miracoli, ma anche perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati". Sempre così l'umanità. Viene attirata dalle cose esterne e prodigiose, da quello che forma cosa nuova, o godimento anche materiale, da speranze e promesse umane che si pensa poter raggiungere, più che dalle cose interne, soprannaturali, certe, non meno, anzi molto più prodigiose, molto più gaudiose, molto più sicure, e soprattutto molto più durature, perché eterne.
   Giuda è il prototipo perfetto di quanti vengono sedotti dai prodigi materiali e dalle speranze di onori umani, atti a saziare la cupidigia intellettuale o degli occhi. Prototipo perfetto e inconvertibile.


 Però anche gli altri apostoli e discepoli non furono vergini da questa debolezza umana, in loro non completa, e della quale sempre più si spogliarono sino ad esserne così staccati da saper tutto sopportare di quanto è umiliazione e persecuzione, sino a sapersi spogliare della stessa vita per ottenere la Vita eterna. E confermati nella Fede, nella Speranza e nella Carità, confermati nella Grazia e nella Sapienza, e nella Pietà, Forza, santo Timor di Dio, in tutti i doni del Paraclito, divennero altrettanti "maestri" e "fondatori" non di una nuova dottrina e di nuove chiese, perché una è la dottrina e una la Chiesa perfette, ma "della dottrina e della Chiesa" tra nuove genti e in nuove regioni.


   Sono passati 20 secoli, apostoli nuovi si sono succeduti ai primi apostoli, nuove chiese ad altre chiese, in sempre nuove plaghe della Terra. Il lavoro apostolico non ha interruzioni né soste, anche se, per colpa degli uomini, pur procedendo, regredisce in vastità di dominio, e non solo in questo. Continuazione di lavoro, propagazione del Vangelo, dilatazione del Corpo Mistico: verità innegabili, conseguenze logiche, dato che Gesù alimenta la sua Chiesa, la guida, la sprona, e Gesù è eterno, è potente, è santo. La sua Santità scende e circola in tutto il Corpo, la sua Potenza dà forze misteriose ai suoi servi, la sua Eternità impedisce che la Chiesa muoia.

(continua) https://www.blogger.com/blog/post/edit/798684905496408660/407820248720086962



AMDG et DVM

martedì 17 novembre 2020

VITA E SCRITTI DI SAN VINCENZO DE' PAOLI. PERCHE' RITORNI NEL MONDO LA CARITA'

 VITA E SCRITTI DI 

SAN VINCENZO DE’ PAOLI

Tempo fa ho ripreso "casualmente" in mano (la Provvidenza...) un libro che avevo letto

attentamente, meditato, sottolineato, gustato, parecchi anni fa: l'ho trovato, oggi, entusiasmante.

Ne ho proposto alcuni frammenti ad alcune persone, persino ad una comunità di venti suore

Adoratrici: è sempre stato, per me, per chi mi ascoltava, una gioia intensa dello spirito.

Ho voluto perciò cercare il modo di donarlo a tanti. Trascrivere su computer i passi più belli di

questo libro ormai introvabile in commercio: è stato per me "meditare", stare in compagnia di

Dio.... ad una tastiera di scrittura. A Te, Spirito Santo, chiedo un aiuto particolarissimo: fa' che ne

scaturiscano frutti abbondanti per tutti, a gloria della SS.Trinità

don Ambrogio

Il libro usato è:

Marcelle Auclair

LA PAROLA A SAN VINCENZO DE' PAOLI

ed. Citt… Nuova (1971) 

FILM:

"Monsieur Vincent " (1947) - Trailer | vídeos - FilmAffinity

www.filmaffinity.com


Mi accorgo che non sarà cosa semplice. Ma chiedo anche a S.Vincenzo che mi assista e mi

guidi. Infatti sento la necessità di premettere almeno qualche breve accenno alla sua vita, affinchè

i suoi insegnamenti possano ottenere il massimo profitto.

Ma.... solo una paginetta? E come faranno i lettori che non conoscono tutte le vicende della

sua vita a capire, quando ricorreranno nomi di persone, di Istituzioni, di personaggi storici?

Sono dunque nella necessità di iniziare a scrivere una Vita di S. Vincenzo: condenserò le

notizie tratte dalla "BIBLIOTECA SANCTORUM": Enciclopedia in tredici volumi sui Santi. 

2

VITA DI SAN VINCENZO DE' PAOLI

San Vincenzo non è un santo morto cent'anni fa, come don Bosco (ricordate che don Bosco

morì nel 1888), ma non è nemmeno uno vissuto al tempo dei "Padri della Chiesa" (nei primi

settecento anni di cristianesimo).

San Vincenzo, o meglio, Vincenzo, nacque il 24 aprile 1581.

Egli nacque nel villaggio di Pouy, presso Dax, nella regione delle Lande, in quella magnifica

terra di Francia che ha donato alla Chiesa ed all'umanità così tanti capolavori di santità.

Il suo cognome, con quella particella De' non indica affatto origini nobili: Vincenzo infatti fu

contadino, e fino a quindici anni lavorò duramente i campi.

A quell'età decise per il sacerdozio. E dopo cinque anni di studi fu ordinato sacerdote: la sua

brillante intelligenza lo aveva portato all'ordinazione sacerdotale all'età giovanissima di soli 19

anni!

Gli successe poi un'avventura, chiamiamola così, straordinaria e sconcertante ad un tempo:

durante un trasporto per mare, venne fatto prigioniero da pirati turchi, con altri passeggeri della

nave. Condotto a Tunisi e venduto successivamente a tre diversi padroni, recuperò la sua libertà

dopo due anni, fuggendo con una piccola imbarcazione attraverso il Mediterraneo, in compagnia

del suo ultimo padrone, un rinnegato da lui convertito. La straordinarietà di questi avvenimenti

ha fatto sorgere negli storici qualche dubbio sul tali fatti: ma la maggior parte degli studiosi è del

parere di ritenerli veritieri, anche perchè Vincenzo stesso ne parla in alcune lettere.

Inizia poi una vita straordinariamente intensa e feconda di mille e mille successi di

apostolato: fondò Istituti di preti, di Suore, fu istitutore e cappellano presso famiglie nobili e

potentissime, fu consigliere diretto della regina nel Consiglio degli affari ecclesiastici, forte

oppositore dell'eresia del Giansenismo; fu anche cappellano-capo dei forzati imbarcati sulle

galere; contribuì con i suoi sacerdoti collaboratori a liberare non meno di milleduecento cristiani

schiavi dei turchi; assistette i trovatelli.

Ma vediamo di ripercorrere in maniera un pochino più ampia (pur senza scrivere un libro!)

questa vita così intensa e bella.

A) Le "Serve dei poveri" e le " Dame della Carità"

Vincenzo era parroco da appena un mese, quando vennero a riferirgli che in una famiglia del

vicinato tutti erano caduti ammalati, e non c'era nessuno che li assistesse. L'appello che

immediatamente rivolse ai parrocchiani raccolse una risposta generosissima, ma Vincenzo fece

questa considerazione: "Oggi questi poveretti avranno più del necessario; ma tra qualche giorno

essi saranno nuovamente nel bisogno". Decise quindi di "organizzare" queste generose risposte:

nacque così una confraternita di pie persone che si impegnarono ad assistere a turno tutti gli

ammalati bisognosi della parrocchia. Chiamò questa confraternita con il nome di "Carità", e le

associate furono chiamate "Serve dei poveri". Mandato a fare il sacerdote predicatore nelle

campagne, anche lì fondò delle "Carità". In seguito fondò anche confraternite maschili: ma non

ebbe lo stesso successo. La sua idea sarà ripresa duecento anni più tardi da Emanuele Bailly, nel

1833 a Parigi: riunì inizialmente sette giovani universitari, tra cui Federico Ozanam, l'anima del

gruppo. Risorsero così le "Carità" maschili con le "Conferenze di S.Vincenzo De Paoli".

Queste "Carità" femminili, a Parigi e nelle grandi città cambiarono il nome da "Serve dei 

3

poveri" in "Dame della Carità". L'associazione cittadina più importante fu senza dubbio quella

detta dell'Hotel-Dieu (Ospedale): questa straordinaria "Carità" contò centinaia di associate della

più alta nobiltà parigina, tra cui la futura regina di Polonia.

Ancora oggi la Compagnia delle Dame di Carità, con le sezioni più recenti delle "Damine" e

delle "Piccole amiche dei poveri", è in piena attività. Le associate raggiungono il numero di

seicentomila e lavorano in ogni parte del mondo.

B) I Preti della Missione

Il 25 gennaio 1617 Vincenzo tenne una fecondissima predicazione a Folleville: Iddio diede

tanta benedizione alle sue parole, che non bastarono i confessori. Vincenzo, visto il frutto

abbondante e la scarsità di clero, si aggregò alcuni zelanti sacerdoti ed incominciò a predicare di

villaggio in villaggio. Essi diedero inizio ad una Congregazione Religiosa i cui membri, dalla loro

prima Casa-Madre S.Lazzaro, si chiamarono "Lazzaristi".

C) Le Figlie della Carità

In origine erano ragazze di campagna, desiderose di consacrarsi al servizio dei poveri, che

Vincenzo assegnava alle "Carità" cittadine, dove le Dame trovavano più difficoltà ad esercitare

personalmente le opere di misericordia. Il nome "Figlie della Carità" fu quindi il nome più semplice

e più naturale che potesse dare loro il popolo.

Vincenzo non volle che le Figlie della Carità fossero religiose. "Voi avete per monastero -

diceva loro - solo le case degli ammalati e quella della superiora; per cella una camera d'affitto,

per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città, per clausura l'obbedienza, per

grata il timor di Dio, per velo la santa modestia!". Ancora oggi i loro voti sono privati ed annuali.

Le opere fiorirono tra le mani di questi angeli della Carità. Dopo i poveri vennero i malati degli

ospedali, i trovatelli, gli orfani, i forzati, i vecchi, i feriti sui campi di battaglia: in una parola, ogni

sorta di miserie fu accolta dalla carità di questa comunità.

D) A favore del clero

E' comprensibile che attorno ad una personalità di tale santità e di tante capacità umane tutti

gli spiriti più alti tendessero a raggrupparsi. Così fu anche per i sacerdoti. Attorno a Vincenzo

quindi si riunirono, per incontri formativi settimanali, fervorosi ecclesiastici: sia per "fare i loro

esercizi", sia per aggiornarsi nella dottrina che dovevano poi insegnare al popolo loro affidato:

ecco l'origine delle "Conferenze del martedì" cui si aggregarono oltre duecentocinquanta sacerdoti,

alcuni dei quali divennero poi famosi sia per santità che per gli incarichi ricevuti. Ma Vincenzo

curò anche la formazione del clero: e diversi dei suoi sacerdoti furono chiamati a guidare i

Seminari in parecchie Diocesi. Addirittura fu chiamato, Vincenzo, dalla stessa regina, Anna

d'Austria, a far parte del "Consiglio di coscienza", o Congregazione degli affari ecclesiastici. Questo

Consiglio si occupava specialmente della scelta dei vescovi e della attribuzione dei "benefici", o

rendite ecclesiastiche; (tra parentesi notiamo la felice situazione della Chiesa ai nostri giorni, in

cui nella scelta dei vescovi non entrano più i poteri degli stati, ma esclusivamente persone di

Chiesa).

Vincenzo fu anche molto attivo nel contrastare e combattere il Giansenismo: un movimento

sorto nella Chiesa cattolica che proponeva un estremo rigorismo sia nella vita spirituale personale

sia nella comunità, tanto da cadere in varie esagerazioni e durezze a livello spirituale e morale. 

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Un altro campo in cui Vincenzo primeggiò fu nella Predicazione. In questo campo egli adottò

un metodo tanto semplice quanto efficace; una volta scelto l'argomento da predicare, egli lo

sviluppava secondo questi passaggi: prima ne spiegava la natura, poi sviluppava i motivi per cui

andava vissuto, ed infine accennava ai mezzi opportuni per tradurlo in pratica. Questo metodo,

molto semplice e popolare, riscosse un immenso successo: tanto più che normalmente gli altri

predicatori usavano espressioni molto ampollose e lontane dalla sensibilità del popolo.

E) Ed infine....

Vincenzo svolse un'opera bellissima presso i galeotti. Egli aveva potuto penetrare nelle

prigioni di Parigi mentre svolgeva il suo ruolo di cappellano presso una nobile e potente casata: i

Gondi. Fu colpito tremendamente dallo stato miserevole in cui versavano i forzati che attendevano

di essere imbarcati sulle galere del re come rematori. Egli divenne subito il loro confortatore e

difensore. Il bene da lui operato nelle prigioni fu conosciuto a corte, ed il re Luigi XIII creò

apposta per lui una nuova carica: quella di Cappellano-Capo delle galere, rendendo così più

efficaci i suoi interventi in favore di questi miseri.

Della sua opera di liberatore dei cristiani fatti schiavi dai turchi s'è già detto. Una parola

invece sulla sua opera di soccorritore dei trovatelli. La società ipocrita del tempo li chiamava con

disprezzo "i figli del peccato": Vincenzo li raccolse e li affidò alle cure delle Figlie della Carità … ed

al portafogli delle Dame. Secondo una indicazione del santo, nel 1657, nella sola città di Parigi le

associazioni vincenziane assistevano 395 trovatelli! Per questo alcune volte Vincenzo è raffigurato

nei quadri mentre tiene in braccio un bimbo trovato sulla via.

Vincenzo dedicò il suo cuore e la sua inventiva di carità anche ad assistere le popolazioni

provate dalla Guerra dei Trent'anni: a Parigi organizzò dei centri di raccolta di soccorsi in denaro

ed in natura, che i suoi missionari e le sue suore portavano poi a destinazione. L'opera delle

minestre sfamò fino a cinquemila persone in una sola parrocchia!

Considerato tutto questo.... non è quindi strano che il giorno 12 maggio 1885 il papa Leone

XIII, accogliendo il desiderio espresso da numerosi vescovi, dichiarò Vincenzo patrono universale

di tutte le opere di carità, che in qualsiasi modo si riferissero a lui.

Alla conoscenza di S. Vincenzo ha contribuito, anni fa, un bel film (oggi quasi introvabile)

realizzato in Francia nel 1947 dal titolo "Monsieur Vincent". Il film raggiunge un alto livello

artistico, sotto la regia di Maurice Cloche e con il noto attore Pierre Fresnay che interpreta

ottimamente il nostro, grazie anche agli efficaci dialoghi cui aveva messo mano anche il celebre

drammaturgo Jean Anouilh. L'interpretazione di Pierre Fresnay è stata premiata nel 1947 a

Venezia, mentre nel 1948 la pellicola ottenne l'Oscar per il miglior film straniero.

Bisogna aggiungere che il volto di Vincenzo è noto anche in filatelia. Molti stati hanno

così voluto onorare il benefattore dell'umanità sofferente.

Gli stessi rivoluzionari avevano innalzato a Vincenzo un busto nel Pantheon di Parigi: oggi

però tale busto si trova nella parrocchia di Clichy, ove il santo era stato parroco. Anche il suo

villaggio natale porta il suo nome: Berceau de Saint Vincent De Paul.

Così resta conclusa la presentazione di questo gigante della Santità: forse essa è stata

troppo lunga per essere una semplice introduzione alle sue parole - che restano lo scopo

principale di queste pagine - e, nello stesso tempo, troppo breve per la fame di chi cerca di più.

O, forse, va bene così. Se vorrai, potrai metterti alla ricerca della sua vita scritta più

ampiamente. Intanto vorrei offrirti una selezione, spero sostanziosa anche per mole, delle sue

parole: vi scoprirai un maestro splendido. Sempre amorevole.

S.Vincenzo, ottieni anche a noi di partecipare del tuo carisma di carità e di imitare la tua splendida 

5

personalità. AMEN.

LA PAROLA ....... A SAN VINCENZO DE' PAOLI

Come anticipato, vogliamo dare la parola direttamente a "Monsieur Vincent": dal libro citato

di Marcelle Auclair sono tratti i brani qui riportati.

1.

(Da due anni nessuno ha più sue notizie. Una lettera da lui scritta da Avignone nel 1607 al

Sig. De Comet, presso cui prestava servizio come istitutore ecclesiastico....)

"Signore, voi che conoscete bene le mie cose, avete forse saputo che trovai un testamento in

mio favore lasciatomi da una buona vecchia signora di Tolosa. Per incassarlo partii per quella città

e poi per Marsiglia. Per il ritorno mi imbarcai per Narbona, con l'idea di risparmiare tempo. Ma

quando fummo per mare, tre brigantini turchi che costeggiavano lungo il golfo del Leone ci

attaccarono con tale violenza da uccidere alcuni dei nostri e ferirne altri. Io stesso ricevetti un

colpo di spada, che mi farà da orologio per tutto il resto della mia vita. Fummo costretti ad

arrenderci. Ci incatenarono, dopo averci sommariamente medicati. Infine fecero rotta per

Barberia, tana e spelonca di furfanti; là ci misero in vendita, dopo un sommario processo verbale

sulla nostra cattura, secondo cui noi saremmo stati prelevati da una nave spagnola.

La procedura della nostra vendita è breve a dirsi: ci spogliarono dei nostri abiti, dettero a

ciascuno un paio di brache, una giubba di lino con un berretto e ci portarono in su e in giù per la

città di Tunisi, con la catena al collo. Poi ci misero in mostra in piazza, ed i mercanti si

avvicinarono per guardarci, come si fa di solito quando si compra un cavallo od un bue: ci

facevano aprire la bocca per controllare la dentatura, ci palpavano i fianchi e studiavano

attentamente le nostre ferite. Ad un certo momento ci fecero camminare al passo, trottare, e poi

correre; poi ci fecero portare dei pesi e persino lottare per saggiare la forza di ciascuno, ed altre

brutalità del genere.

Fui venduto ad un pescatore, che fu costretto ben presto a disfarsi di me, poichè‚ ero proprio

negato per il lavoro di mare. Mi vendette quindi ad un vecchio medico alchimista. Gli ero molto

simpatico e mi parlava spesso dell'alchimia, e più ancora della sua fede, alla quale faceva ogni

sforzo per attirarmi, promettendomi in cambio molte ricchezze e tutta la sua scienza chimica.

Dio manteneva viva in me ogni giorno la fiducia della mia liberazione per le costanti preghiere

che rivolgevo alla Vergine Maria, per la cui intercessione credo di essere stato salvato.

Rimasi alle dipendenze di questo vecchio per quasi un anno. Poi morì, lasciandomi in eredità

ad un suo nipote, che subito mi rivendette ad un apostata. Lavorai per lui in montagna, in una

zona desertica e calda. Una delle sue tre mogli prese a benvolermi, e divenne lei la causa della

riconversione di suo marito, e della mia liberazione. Ella infatti, curiosa com'era di conoscere il

nostro modo di vivere, veniva a trovarmi mentre lavoravo nei campi, e voleva che io cantassi le

lodi di Dio. Cantai i salmi, la Salve Regina e molti altri canti. In ciò ella trovava tanto piacere che

c'è da restare stupiti. Fin che giunse a rimproverare il marito per aver abbandonato la religione

cristiana, da lei ritenuta vera, perchè io le avevo detto alcune cose su Dio e per alcuni inni di lode

che avevo cantato in sua presenza. Alla fine salpammo tutti con una piccola barca ed il 28 giugno

sbarcammo ad Aigues-Mortes. Dopo arrivammo ad Avignone, dove il Vice-legato accolse

pubblicamente l'apostata, con le lacrime agli occhi."

2.

" C'è un membro della Compagnia che, accusato di aver derubato un compagno, e 

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pubblicamente definito come ladro - benchè‚ non fosse vero - tuttavia non ha mai voluto

giustificarsi. Un giorno, vedendosi così ingiustamente accusato, pensava tra sè e sè: "Non ti

discolpi? Ciò di cui ti accusano non è vero!". "Oh! no, rispose, rivolgendo il suo pensiero a Dio,

bisogna che io sopporti pazientemente questo oltraggio". E così fece. Che cosa accadde in

seguito? Sei mesi dopo, il vero ladro, che era andato a vivere cento leghe lontano da qui,

riconobbe la sua colpa e scrisse chiedendo perdono. Ecco, Dio, talvolta, vuol provare alcune

persone e perciò permette che succedano simili fatti."

(Vincenzo non dice proprio tutto: sta parlando di se stesso e del suo compaesano il giudice di Sore:

l'accusa riguardava la somma di quattrocento scudi. Il ladro era un garzone venuto in casa per una

commissione. Sotto le ingiurie, Vincenzo chinò la testa e disse con mitezza: "Dio sa la verità").

3.

"Quando uno ha patito dentro di sè‚ pene e tribolazioni, diventa più sensibile a quelle degli

altri. Coloro che hanno sofferto la perdita dei beni, della salute e dell'onore, sono più adatti a

consolare le persone che si trovano nelle medesime situazioni dolorose, più adatti di coloro che

non hanno mai avuto esperienze simili...".

(E' bene, per trarre il massimo frutto da questi scritti di santi, leggere a piccole dosi.... meditare.... ed

attualizzare per noi stessi.)

4.

(Parlando di un grande personaggio, vescovo, cardinale, fondatore di una spiritualità che influenzò

moltissimo generazioni e generazioni di preti, Mons De Brulle, Vincenzo scrive queste semplicissime e,

proprio per questo bellissime, osservazioni utilissime anche per noi, ogni giorno)

"Questo gran servitore di Dio aveva l'abitudine di dire che era bene mantenersi sempre in

basso, che i posti più umili erano i più sicuri e che c'era qualcosa di non buono nelle condizioni

elevate e di prestigio: per questo i santi avevano sempre rifuggito ogni dignità e nostro Signore,

per convincerci col suo esempio oltre che con la sua parola, aveva detto, parlando di se stesso,

che era venuto al mondo per servire e non per essere servito. Dio non ci ha mandato per

ottenere cariche ed uffici onorevoli‚ per parlare ed agire con pompa ed autorità, ma per servire ed

evangelizzare i poveri".

5.

(Ascoltiamo come Vincenzo descrive il lavoro fatto sul proprio carattere da una grande dama della

società, presso cui era cappellano e confessore)

"La signora generalessa delle galere (la Signora Gondi) era soggetta ad una grande

irascibilità; non appena si accorgeva però di una sua impazienza, ella si inginocchiava davanti alla

sua cameriera e le domandava perdono....

Ella riusciva a sopportare tutti, chiunque fossero. Non c'era persona per cui non riuscisse a

trovare delle scuse, allegando a volte l'umana debolezza, a volte l'inganno del demonio,

l'impulsività del carattere, l'irritabilità …

Ella non soltanto non diceva mai male di nessuno, ma non trovava nulla a ridire e trovava

tutto bene... Aveva la pratica di non parlare mai male degli assenti. Al contrario, ne

difendeva la causa e distoglieva ogni discorso che tendesse alla maldicenza, con saggia

accortezza".

6. La prima confraternita della Carità

"Una domenica, mentre mi preparavo per celebrare la santa Messa, mi portarono la notizia 

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che in una casa sperduta in mezzo ai campi, tutte le persone erano cadute malate, non ce n'era

una che potesse assistere le altre, e tutte si trovavano in uno stato di grave bisogno. La notizia mi

colpì profondamente al cuore.

Non mancai di raccomandare il caso durante la predica con tutto il mio affetto, e Dio fece sì di

toccare il cuore di tutti quelli che mi ascoltavano. Dopo pranzo facemmo una riunione presso una

buona signorina della città, per vedere quali soccorsi potessimo prestare, e ciascuno si dichiarò

disposto ad andare a trovare quei poveri infelici e consolarli con parole ed aiuti, secondo le proprie

possibilità. Dopo i vespri, scelsi un parrocchiano, uomo di campagna, ed insieme ci

incamminammo per andare a visitarli. Lungo la strada incontrammo alcune donne che ci

precedevano e, proseguendo ancora, alcune altre che ritornavano. Era d'estate, durante il periodo

della grande calura, e quelle brave donne, per riposarsi, si fermavano lungo i bordi della strada.

Alla fine, figlie mie, ne incontrammo tante di persone che voi avreste detto trattarsi di una

processione.

Appena arrivato, visitai i malati ed andai a prendere il Santo Sacramento per quelli che erano

più abbattuti. Dopo averli dunque confessati e comunicati, si trattò di vedere come provvedere

alle loro necessità. Proposi a quelle brave persone che la carità aveva condotto fin là, che si

scegliessero ciascuno una giornata per andare ad accudire non soltanto quelle persone, ma anche

quelle che sarebbero venute in seguito. Fu questo il primo luogo dove fu fondata la Carità".

(La visita dei poveri e dei malati a domicilio venne fuori così organizzata ... dalla necessità. Per tre mesi

Vincenzo lasciò che le cose seguissero il corso naturale che avevano preso, e quando tutti gli ingranaggi gli

parvero sufficientemente collaudati a contatto con la vita quotidiana, domandò ed ottenne l'approvazione dal

Vescovo di Lione.

E pensare che, dopo quattro mesi dal suo arrivo in parrocchia .... Vincenzo dovette trasferirsi!

Quattro soli mesi ..... Quando una persona è strumento nelle mani di Dio....)

(Ed ora ecco di seguito la REGOLA: ogni suo particolare è un miracolo di tenerezza)

7. Carità femminile di Chatillon-les Dombes

La priora accoglierà nelle cure della confraternita i malati veramente poveri e non quelli che

dispongono di mezzi di sostentamento..... Quando ne avrà accolto qualcuno, avvertirà la sorella

che sarà di servizio quel giorno, e questa andrà a visitarlo subito. La prima cosa che dovrà fare è

di vedere se abbia bisogno di una camicia bianca, affinchè, se ne avesse bisogno, gliene porti una

della confraternita, insieme con i lenzuoli bianche, se ne occorressero.. Fatto ciò, lo farà

confessare perchè possa ricevere l'indomani la comunione, poichè è nel proposito di questa

confraternita che quanti vogliano essere assistiti si confessino e si comunichino. Prima di tutto gli

porterà un'immagine del crocifisso, che sistemerà in un punto in cui possa essere vista dal malato,

affinchè rivolgendo talvolta gli occhi da quella parte, egli possa considerare che cosa il Figlio di

Dio ha sofferto per lui. Porterà inoltre quelle suppellettili che gli possano essere necessarie, come

un vassoio, una bacinella, una scodella, un piattino ed un cucchiaio e, subito dopo, informerà la

sorella che sarà di servizio l'indomani di preoccuparsi di far pulire e mettere in ordine la casa del

malato in attesa di ricevere la comunione, e di fargli giungere il vitto....

La sorella che avrà il turno di giorno, avendo prelevato dalla tesoreria quello che sarà

necessario per il sostentamento dei poveri di quel giorno, preparerà il pranzo e lo porterà ai

malati. Avvicinandosi loro li saluterà con gioia e carità, accomoderà il vassoio sul letto, vi

sistemerà sopra una tovaglia, una scodella, un cucchiaio e del pane, farà lavare le mani agli

ammalati e farà recitare il Benedicite, verserà la minestra nella scodella e metterà la carne in un

piatto, accomodando ogni cosa sul sopradetto vassoio, poi inviterà con tutta la carità il malato a

mangiare, per l'amore di Gesù e della sua santa Madre.

Farà tutto con amore, come se stesse trattando il proprio figlio, o piuttosto Dio stesso, che 

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reputa fatto a se stesso il bene che lei compie ai poveri. Gli rivolgerà qualche parola del Signore;

se si accorge che è molto triste, cercherà di rincuorarlo, gli affetterà la carne, gli verserà da bere,

e dopo di averlo avviato a mangiare in tal modo, se c'è qualcuno che gli stia vicino lo lascerà per

andare a trovare un altro povero che tratterà allo stesso modo, ricordandosi che bisogna

cominciare sempre con l'ammalato che ha qualcuno che gli fa compagnia, e finire con quelli che

son soli, in modo di potersi trattenere presso di loro un po' più a lungo. Poi, la sera, ritornerà per

portare loro la cena con la stessa maniera ordinata di prima.

Ogni malato avrà quanto pane gli è necessario, con un quarto di libbra di montone o di manzo

bollito per il pranzo e la medesima quantità di arrosto per la cena, eccettuate le domeniche e le

feste, in cui si potrà dar loro qualche pollo bollito per il pranzo, e mettere della carne tritata nella

minestra della sera due o tre volte la settimana. I malati sfebbrati avranno mezzo litro di vino al

giorno, metà a pranzo e metà a cena.

Il venerdì, il sabato e gli altri giorni di astinenza, riceveranno due uova con la minestra e un

pezzo di burro per il pranzo, e altrettanto per la cena, preparando le uova come loro desiderano.

Se si troverà del pesce a prezzo ragionevole, si darà loro soltanto a pranzo..."

E poichè lo scopo di questa istituzione non è soltanto quello di assistere i poveri

corporalmente, ma anche spiritualmente, le sopraddette serve dei poveri metteranno ogni cura e

studieranno di disporre a meglio vivere i malati che si giudica possano guarire, e a ben morire

quelli che stessero per morire...".

8.

(Tra le molte conversioni, Vincenzo racconta la storia assai colorita del conte de Rougement)

Ho conosciuto un gentiluomo di Bresse, il signor de Rougement, un vero uomo di mondo: era

un pezzo di uomo ben fatto, che si era trovato spesso in pericolo per aver dovuto assistere altri

gentiluomini che avevano qualche contesa per le mani, o per aver lui stesso sfidato a duello quelli

che avevano qualcosa da ridire con lui. Me l'ha detto lui: "Non si può immaginare quante persone

io abbia sfidato, ferito, ucciso...". Conoscendo il male n cui si trovava, risolse di cambiar vita

(Vincenzo si guarda bene dal dire chi lo abbia spinto a ciò...), e così fece. Dopo questo

cambiamento fece tali progressi da chiedere al vescovo di Lione il permesso di tenere il SS.

Sacramento nella sua cappella... Mi mise al corrente delle pratiche della sua devozione e del suo

distacco dalla creature: "Sono sicuro che, se non sono attaccato a niente, potrò giungere a Dio,

che è il mio unico scopo".

Un giorno, viaggiando a cavallo, cominciò ad esaminarsi per vedere se fosse attaccato a

qualcosa. Facendo dunque questa sua meditazione, si chiedeva: "Sono attaccato al mio Dio o a

qualche altra cosa?" (perché esistono anche gli attaccamenti spirituali...). "Sono attaccato al mio

castello?" - No. - Ma se il fuoco scoppiasse improvviso dal di dentro e lo distruggesse tutto, non

proverei alcun dispiacere? - Non credo. - Se Dio permettesse una tale evenienza, mi

conformerei alla sua santa volontà, nel pensiero che il Signore non aveva nè castello nè casa per

sè. E al mio cappello che mi preserva dal sole e dalla pioggia, non sono forse troppo attaccato?

Non amo troppo la signora contessa, o qualche altra creatura? Non sono attaccato ai miei beni e

alle mie rendite?"

Dopo queste interrogazioni, riconobbe che nessuna di queste cose lo toccava minimamente.

Ma i suoi occhi caddero sulla sua spada; e pensando al servizio che questa gli aveva reso in

parecchie occasioni pericolose, sentì un certo attaccamento per essa e si accorse che avrebbe

sofferto a disfarsene. La natura infatti gli gridava dentro: "Una spada che mi ha tante volte

salvato la vita! Bisogna proprio che io la conservi!". Ecco dunque che cosa gli suggeriva

l'attaccamento: "Guardati bene dal disfartene! Che faresti se fossi sorpreso ed attaccato senza

avere di che difenderti?". L'angelo buono gli sussurrò nel cuore, mentre rivolgeva questi pensieri

nella sua mente: "E bravo, hai più fiducia in questa tua spada che in Dio; hai più fede in un pezzo

di ferro che nella Provvidenza di Dio. Chi ti ha dato il mezzo di uscir fuori da quei precipizi in cui tu 

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eri caduto? Non è stato forse il pensiero che Dio ha avuto per te? E tu attribuisci tutto ciò alla tua

spada?".

Viene preso dal rimorso di coscienza che si impossessa di lui, lo fa rientrare in sè e gli fa

esclamare: "Sei un bel miserabile! Ah, mio Dio, perdonatemi le mie infedeltà".

E, nello stesso istante, scende dal cavallo e spezza quella spada contro una roccia, per non

aver proprio alcun attaccamento. Ma subito provò quel sovrappiù che le anime generose ricevendo

quando si liberano da ciò che non piace a Dio; provò infatti nell'anima una così grande

consolazione in quello stesso momento in cui infranse la sua spada, come non aveva mai provato

prima.

9.

(Dopo solo quattro mesi di permanenza in parrocchia, deve lasciarla, perchè chiamato altrove

dai suoi superiori; ma sono quattro mesi che contano per l'eternità: l'origine della Società di

S.Vincenzo è là. Il saluto di Vincenzo non è un arrivederci, ma un addio.)

Quando la Provvidenza m'ha condotto a Chatillon, credevo mio dovere di non lasciarvi mai;

ma poichè pare che Essa ordini altrimenti, rispettiamola, voi ed io, e seguiamole sue sante

decisioni.

Da lontano, come da vicino, vi sarò sempre presente nelle mie preghiere. Da parte vostra,

non dimenticatevi di questo miserabile peccatore....

10. (Vincenzo espone il suo metodo di preghiera, ispirato a quello del santo Vescovo di

Ginevra Francesco di Sales)

E' vero che in tutte le comunità si trovano parecchie persone, che sono spesso le migliori, che

non riescono ad applicarsi nella meditazione per la quale occorrono immaginazione e

ragionamento; ma il caro Vescovo di Ginevra ha insegnato ai suoi religiosi un altro tipo di

preghiera, che possono fare anche i malati: di tenersi cioè con dolcezza davanti a Dio,

mostrandogli i nostri bisogni, senza alcun'altra applicazione spirituale. Come fa un povero che

denuda le sue piaghe e così commuove con maggior forza i passanti ad aiutarlo, più che se si

rompesse la testa a persuaderli delle sue necessità. Si fa dunque una buona preghiera

mantenendosi in tal modo alla presenza di Dio, senza alcuno sforzo di pensiero di volontà.

 ..... Mi ricordo di un pensiero del Vescovo di Ginevra, parole divine e degne di un sì grande

uomo: "Non vorrei andare a Dio, se non è Dio a venire da me!". Parole da meditare. 


*** http://www.ambrogiovilla.it/wp-content/uploads/2014/02/S.VINCENZO-DE-PAOLI.pdf


AMDG et DVM