mercoledì 14 ottobre 2020

Manteniamoci dunque fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al santo Vangelo di colui che si è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: "Padre, glorifìca il tuo nome" (Gv 17,6-26) e: "Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio tuo glorifichi te" (Gv 17,24)



[58] 10 Guardiamoci bene dall'essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine 11 secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: "Il seme e la parola di Dio 12 Quello che cadde lungo la strada e fu calpestato sono coloro che ascoltano la parola di Dio e non la comprendono; 13 e subito viene il diavolo e porta via quello che è stato seminato nei loro cuori, perché non credano e siano salvati. 14 Quello poi che cadde nei luoghi sassosi, sono coloro che appena ascoltano la parola, subito la ricevono con gioia; 15 ma quando sopraggiunge una tribolazione o una persecuzione a causa della parola, ne restano immediatamente scandalizzati; anche questi non hanno radice in sé, sono incostanti, perché credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno. 16 Quello che cadde tra le spine, sono coloro che ascoltano la parola, ma le cure di questo mondo e la seduzione delle ricchezze e gli altri affetti disordinati entrano nel loro animo e soffocano la parola, sicché rimangono infruttuosi. 17 Infine il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza" (Mt 13,19-23: Mc 4,15-20; Lc 8,11-15).
[59] 18 E perciò noi frati, così come dice il Signore, "lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti" (Mt 8, 22).
19 E guardiamoci bene dalla malizia e dall'astuzia di Satana, il quale vuole che l'uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio; 20 e, circuendo il cuore dell'uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, mira a togliere e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell'uomo, attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi, così come dice il Signore: 21 "Quando lo spirito immondo è uscito da un uomo va per luoghi aridi e senz'acqua in cerca di riposo e non la trova; e allora dice: 22 Tornerò nella mia casa da cui sono uscito. 23 E quando vi arriva, la trova vuota, spazzata e adorna. 24 Allora egli se ne va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, poi entrano e vi prendono dimora, sicché l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima (Mt 12, 43-45; Lc 11,24-26).
[60] 25 Perciò, tutti noi frati, stiamo bene in guardia, perché, sotto pretesto di ricompensa, di opera da fare e di un aiuto non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore.
26 Ma, nella santa carità, che è Dio (1Gv 4,16), prego tutti i frati, sia i ministri che gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messa da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, amare, adorare e onorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose.
[61] 27 E sempre costruiamo in noi una casa (Cfr. Gv 14,23) e una dimora permanente a Lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, e che dice: "Vigilate dunque e pregate in ogni tempo, affinché possiate sfuggire tutti i mali che accadranno e stare davanti al Figlio dell'uomo (Lc 21,36). 28 E quando vi mettete a pregare, dite: Padre nostro che sei nei cieli (Mc 11,25; Mt 6,9). 29 E adoriamolo con cuore puro, poiché bisogna sempre pregare senza stancarsi mai (Lc 18,1); 30 infatti il Padre cerca tali adoratori. 31 Dio è spirito, e bisogna che quelli che lo adorano, lo adorino in spirito e verità" (Gv 4,23 e 24). 32 E a lui ricorriamo come al pastore e al vescovo delle anime nostre (1Pt 2,25), il quale dice: "lo sono il buon Pastore, che pascolo le mie pecore e do la mia vita per le mie pecore" (Cfr. Gv 10,11 e 15). 33 "Voi siete tutti fratelli. 34 Non vogliate chiamare nessuno padre vostro sulla terra, perché uno solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli. 35 Né fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro maestro, che è nei cieli, [Cristo]" (Mt 23,8-10). 36 "Se rimarrete in me e rimarranno in voi le mie parole, domanderete quel che vorrete e vi sarà fatto (Gv 15,7). 37 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, ci sono io in mezzo a loro (Mt 18,20). 38 Ecco, io sono con voi fino alla fine dei secoli (Mt 28,20). 39 Le parole che vi ho detto sono spirito e vita (Gv 6,64). 40 lo sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).
[62] 41 Manteniamoci dunque fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al santo Vangelo di colui che si è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: "Padre, glorifìca il tuo nome" (Gv 17,6-26) e: "Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio tuo glorifichi te" (Gv 17,24). 42 "Padre, ho manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, perché le parole che tu hai dato a me, io le diedi loro; ed essi le hanno accolte e hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato. 43 Io prego per loro; non prego per il mondo, 44 ma per quelli che mi hai dato, perché sono tuoi, e tutto ciò che è mio è tuo. 45 Padre santo, custodisci nel Nome tuo coloro che mi hai dato, affinché siano una cosa sola come noi. 46 Questo io dico nel mondo, affinché abbiano la gioia in se stessi. 47 Io ho comunicato loro la tua parola, e il mondo li ha odiati perché non sono del mondo, come non sono del mondo io. 48 Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li guardi dal male. 49 Rendili gloriosi nella verità. 50 La tua parola è verità. 51 Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo. 52 E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificali nella verità. 53 Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola, affinché siano perfetti nell'unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. 54 Ed io renderò noto a loro il tuo Nome, affinché l'amore col quale tu hai amato me sia in loro ed io in loro.
55 Padre, quelli che mi hai dato, voglio che dove io sono siano anch'essi con me, perché contemplino la tua gloria nel tuo regno". Amen.

AMDG et DVM

FILOCALIA



FILOCALIA 

28. Le operazioni del monaco sono: 

la libertà dalle agitazioni della carne; 

il travaglio del fisico per raggiungere la regione della preghiera; 

il ricordo mai interrotto di Dio nel cuore.


29. La preghiera É una cosa, e la contemplazione É un'altra, benchÉ la preghiera e la contemplazione si generino a vicenda. 

La preghiera É il seme, la contemplazione il raccolto: quando il mietitore contempla ammirato l'ineffabile visione delle belle spighe cresciute dai piccoli spogli chicchi che ha seminato.


30. Il Salvatore incominciò la redenzione col digiuno. Similmente tutti quelli che lo seguono, pongono su questo fondamento il principio della loro pugna, il digiuno É l'armatura allestita da Dio. Chi lo trascura non eviterà la sconfitta : Se Colui che fece la legge digiunò, chi É sottoposto alla legge, potrà esimersi dal digiunare ? 

Per questo la stirpe umana non conobbe vittoria prima del digiuno, e lo spirito del male non fu mai sopraffatto dalla nostra natura; fu l'arma del digiuno a privare Satana di ogni vigore fin da principio. 

Il Signore Gesù fu il condottiero e il primo esempio di questa vittoria, che pose la prima corona di vittoria sopra il capo del genere umano. Lo spirito del male quando vede che uno di noi possiede tale arma, subito É preso da spavento e ricorda come il Salvatore lo sconfisse nel deserto, e la sua forza si consuma su quest'armatura dataci dal nostro condottiero. Chi veste l'armatura del digiuno É sempre acceso di zelo. Mediante il digiuno l'uomo rimane saldo, senza tentennamenti di mente, durante l'assalto delle violente passioni.

AMDG et DVM

martedì 13 ottobre 2020

La Montanara

 






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AMDG et DVM

IN PREPARAZIONE ALLA FESTA DEL 16 ottobre: PURITATIS B. MARIAE VIRGINIS

 


MISSAE PRO ALIQUIBUS LOCIS

Die 16 Octobris

PURITATIS B. MARIAE VIRGINIS


Introitus Sedulius

SALVE, sancta parens, eníxa puérpera Regem: qui caelum terrámque regit in saécula saeculórum. Ps. 44, 2 Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri.


Oratio


DA, quaésumus, omnípotens aetérne Deus: ut puríssimae Vírginis Maríae integérrimam Virginitátem festíva celebritáte venerántes, ejus intercessióne, puritátem mentis et córporis consequámur. Per Dóminum.


Léctio libri Sapiéntiae.

Cant. 2, 10-14


EN diléctus meus lóquitur mihi: Surge, própera, amíca mea, colúmba mea, formósa mea, et veni. Jam enim hiems tránsiit, imber ábiit, et recéssit. Flores apparuérunt in terra nostra, tempus putatiónis advénit: vox túrturis audíta est in terra nostra: ficus prótulit grossos suos: víneae floréntes dedérunt odórem suum. Surge, amíca mea, speciósa mea, et veni: colúmba mea in foramínibus petrae, in cavérna macériae, osténde mihi fáciem tuam, sonet vox tua in áuribus meis: vox enim tua dulcis, et fácies tua decóra.


Graduale Cant. 2, 2 et 16 Sicut lílium inter spinas, sic amíca mea inter fílias. V/. Diléctus meus mihi, et ego illi, qui páscitur inter lília.
Allelúja, allelúja. V/. Cant. 6, 9 Quae est ista, quae progréditur quasi auróra consúrgens, pulchra ut luna, elécta ut sol, terríbilis ut castrórum ácies ordináta ? Allelúja.



Post Septuagesimam, omissis Allelúja et Versu sequenti, dicitur

Tractus Judith 13, 23 Benedícta es tu, Virgo María, a Dómino Deo excélso, prae ómnibus muliéribus super terram. V/. Ibid. 15, 10 Tu glória Jerúsalem, tu laetítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri. V/. Cant. 4, 7 Tota pulchra es, María: et mácula originális non est in te.

Tempore autem Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:


Allelúja, allelúja. V/. Judith 15, 10 Tu glória Jerúsalem, tu laetítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri. Allelúja. V/. Cant. 4, 7 Tota pulchra es, María: et mácula originális non est in te. Allelúja.



+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.

Luc. 1, 26-35


IN illo témpore: Missus est Angelus Gábriel a Deo in civitátem Galilaéae, cui nomen Názareth, ad Vírginem desponsátam viro, cui nomen erat Joseph, de domo David, et nomen Vírginis María. Et ingréssus Angelus ad eam, dixit: Ave, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Quae cum audísset, turbáta est in sermóne ejus, et cogitábat qualis esset ista salutátio. Et ait Angelus ei: Ne tímeas, María, invenísti enim grátiam apud Deum: ecce concípies in útero, et páries fílium, et vocábis nomen ejus Jesum. Hic erit magnus, et Fílius Altíssimi vocábitur, et dabit illi Dóminus Deus sedem David patris ejus: et regnábit in domo Jacob in aetérnum, et regni ejus non erit finis. Dixit autem María ad Angelum: Quómodo fiet istud, quóniam virum non cognósco ? Et respóndens Angelus, dixit ei: Spíritus Sanctus supervéniet in te, et virtus Altíssimi obumbrábit tibi.


Credo.


Offertorium Post partum, Virgo, invioláta permansísti: Dei Génitrix, intercéde pro nobis.


Secreta


UNIGÉNITI tui, Dómine, nobis succúrrat humánitas: ut, qui natus de Vírgine, matris integritátem non mínuit, sed sacrávit ; in Puritátis ejus solémniis, nostris nos piáculis éxuens, oblatiónem nostram tibi fáciat accéptam Jesus Christus Dóminus noster: Qui tecum vivit.


Praefatio de beata Maria Virgine Et te in Festivitáte.


Communio Benedícta et venerábilis es, Virgo María, quae sine tactu pudóris invénta es mater Salvatóris.


Postcommunio


SUMPTIS, Dómine, salútis nostrae subsídiis: da, quaésumus, puríssimae Vírginis Maríae patrocíniis nos ubíque prótegi ; in cujus veneratióne haec tuae obtúlimus majestáti. Per Dóminum.


epistola: commento,  vedi Antonio Martini: https://books.googleusercontent.com/books/content?req=AKW5QaeaUF8wJH4JaHgla5vVbkAOtzhuTuGomjrHgxNtNwiFDrDvvQipmRerOqUkHSAw3ePdq1CEkOopPTWm66cqTVXrZP275v22F3dGHSTyiKkSrVI3ZygpqUeFZS0ZBTaIAAZAOJOBNO_3ZcZJ2NgfQ1AtJBy53AdZFoqykwBEcW3UEfy6MoXQ0Q8QNh5B9RSwPC05GVCUPXZELJaAzAa5NZvMwhYYpWRGhNmkHavMstGOt4KFx4UskBBkpsclZQrLOZLNHlONfx2OGD33yWgDiGDgYZel7Q
vangelo:

Missale Romanum 1957 - MATRIS MISERICORDIAE

NUESTRA SEÑORA DEL ROSARIO



NUESTRA SEÑORA DEL ROSARIO 
 DÍA 7 DE OCTUBRE 

 Por P. Juan Croisset, S.J. 

Había más de un siglo que los turcos mahometanos tenían llena de terror á toda la Cristiandad por una continuada serie de victorias que les permitía Dios, ya para castigar los pecados de los cristianos, ya para volver á excitar en sus fríos corazones la medio apagada fe. El año de 1521 se apoderó Solimán II de la plaza de Belgrado; el de 1522 se hizo dueño de la isla de Rodas ; y, pensando ya únicamente en dilatar sus conquistas hasta donde se extendía su ambición, entró en Hungría el año de 1526, ganó la batalla de Mohaes, apoderóse de Budapesth, de Gran y de algunas otras plazas, penetró hasta Viena de Austria, tomó y saqueó á Tauris, y por medio de sus generales rindió con las armas otras provincias de Europa. Su hijo y sucesor Selim II conquistó la isla de Chipre el año de 1571; puso en el mar la más numerosa y la más formidable armada que había visto aquel monstruo sobre sus espaldas, lisonjeándose de hacerse dueño con ella no menos que de toda la Italia. Atónita una gran parte de la Cristiandad, consideró que dependía su fortuna de la dudosa suerte de una batalla. Era muy inferior la armada naval de los cristianos á la de los turcos, y no podía prometerse la victoria sino precisamente con la asistencia del Cielo. Consiguiéronla por, intercesión de la santísima Virgen María ; bajo cuya protección había puesto la armada el Santo Pontífice San Pío V. Dióse esta memorable batalla, la más célebre que los cristianos habían ganado en el mar, el día 7 de Octubre del año de 1571.

 2 Estaban los turcos ancorados en Lepanto, cuando tuvieron aviso de que los cristianos, saliendo del puerto de Corfú, venían á echarse á velas tendidas sobre ellos. Tenían tan bajo concepto de la armada cristiana, que nunca creyeron tuviese atrevimiento á presentarles el combate. Sabían á punto fijo el número de navíos de que se componía; pero ignoraban que venían á pelear bajo la protección de la Santísima Virgen, en quien, después de Dios, tenían colocada toda su confianza; y por eso quedaron extrañamente sorprendidos cuando fueron informados de que la armada naval de los cristianos había ganado ya la altura de la isla de Cefalonia. Acostumbrados los turcos después de tanto tiempo á vencer y derrotar á los cristianos, celebraron su intrépida cercanía como presagio seguro de una completa victoria. Superiores en tropas y en navíos, levantaron áncoras para cerrarles el paso, con ánimo de cortarlos y de envolverlos de manera que ni uno solo escapase para llevar la noticia de su rota. Apenas se dejó ver la armada otomana, mandada por Alí-Bajá, cuando la armada cristiana, que con título de generalísimo mandabael Sr. D. Juan de Austria, hermano natural de Felipe II, rey de España, juntamente con Marco Antonio Colona, general de la escuadra pontificia, levantando un esforzado grito, invocó la intercesión de la Santísima Virgen, su Soberana protectora.

Halláronse á tiro de cañón las dos armadas el día 7 de Octubre de 1571, y se hizo tan terrible fuego de una y otra parte, que por largo espacio de tiempo quedó el aire obscurecido con la densidad del humo. Tres horas había durado ya el obstinado combate con empeñado valor, y con casi igual ventaja de unos y otros combatientes, cuando los cristianos, más confiados en la protección del Cielo que en los esfuerzos de su corazón y de su brazo, observaron que los turcos comenzaban á ceder, y que se iban retirando hacia la costa. Redoblando entonces su

 3 confianza y su ardimiento nuestros generales, hicieron nuevo fuego sobre la capitana turca, mataron á Alí Bajá, abordaron su galera y arrancaron el estandarte. Mandó á este tiempo D. Juan de Austria que todos gritasen victoria, y ya desde entonces, dejando de ser combate, comenzó á ser horrible carnicería en los infelices turcos, que se dejaban degollar sin resistencia. Treinta mil hombres perdieron éstos en aquella célebre batalla, una de las, más sangrientas para ellos que jamás habían conocido desde la fundación del imperio otomano. Hicieron los cristianos cinco mil prisioneros, entre los cuales fueron dos hijos de Alí, y se hicieron dueños de ciento y treinta galeras turcas; más de otras noventa perecieron, ó dando á la costa, ó yéndose á fondo, o consumidas por el fuego : cobraron libertad por esta insigne victoria casi veinte mil esclavos de galera cristianos, y en la armada de éstos faltó tan poca gente, que todo el orbe reconoció visiblemente la asistencia del Cielo y aclamó el portentoso milagro. Tuvo revelación de la victoria el Santo Pontífice Pío V en el mismo punto que fueron derrotados los turcos, tan firmemente persuadido á que habia sido efecto de la particular protección de la Santísima Virgen, que instituyó esta fiesta con el nombre de Nuestra Señora de la Victoria, como lo anuncia el Martirologio Romano por estos términos: El mismo día, 7 de Octubre, la Conmemoración de Nuestra Señora de la Victoria, fiesta que instituyó el santo Papa Pío V en, acción de gracias por la gloriosa victoria que en este día consiguieron los cristianos de los turcos en una batalla naval, por la particular protección de la Santísima Virgen. Para empeñar más particularmente la poderosa protección de esta Señora á favor de las armas cristianas en ocasión tan peligrosa, se había valido el santo pontífice de la devoción del Santo Rosario, tan del

 4 agrado de la Soberana Reina, y ya entonces muy antigua en la Iglesia de Dios; y por eso mandó que la fiesta de Nuestra Señora de la Victoria fuese al mismo tiempo la solemnidad del Santísimo Rosario. No menos convencido el papa Gregorio XIII de que la batalla de Lepanto ganada contra los turcos se debía á esta célebre devoción, ordenó, en reconocimiento á la Santísima Virgen, que perpetuamente se celebrase la solemnidad del Rosario el primer domingo de Octubre en todas las iglesias donde se erigiese esta devotísima cofradía. Clemente XI, uno de los pontífices que gobernaron la Iglesia de Dios con mayor celo, con mayor prudencia y con mayor dignidad, noticioso de la victoria que las tropas del Emperador consiguieron de los turcos el día de Nuestra Señora de las Nieves, 5 de Agosto de 1716, cerca de Salankemen, conocida con el nombre de la batalla de Selim, mandó desde luego cantar una Misa solemne en Santa María la Mayor en acción de gracias de tan insigne beneficio; al que inmediatamente se siguió otro en nada inferior al primero, cual fué haber levantado él sitio de Corfú en el día de la Octava de la Asunción, 22 del mismo mes y año. Agradecido el piadoso Pontífice á esta doble protección, después de haber publicado una indulgencia plenaria en Santa María de la Victoria, y enviados los estandartes que se tomaron á los turcos á Santa María la Mayor y á Loreto, mandó que la fiesta del Rosario, limitada hasta entonces á las iglesias de los Padres dominicos y á aquellas donde hubiese cofradía de esta advocación, en adelante fuese fiesta solemne de precepto para toda la Iglesia universal en el primer domingo de Octubre (ahora 7 de octubre). Es bien sabido que este método de orar se debe al gran Santo Domingo, que estableció esta admirable devoción en consecuencia de una visión con que le favoreció la Santísima Virgen el año 1208, al mismo

 5 tiempo que estaba predicando contra los errores de los albigenses. Hallábase un día el Santo en fervorosa oración dentro de la capilla de Nuestra Señora de la Provilla, y, apareciéndosele la Madre de misericordia, le dijo: Que habiendo sido la salutación angélica como el principio de la Redención del género humano, era razón que lo fuese también de la conversión de los herejes y de la victoria contra los infieles; que, por tanto, predicando la devoción del Rosario, que se compone de ciento y cincuenta Avemarías, como el Salterio de ciento cincuenta salmos, experimentaría milagrosos sucesos en sus trabajos, y una continuada serie de victorias contra la herejía. Obedeció Santo Domingo el soberano precepto; y en lugar de detenerse, como lo había hecho hasta entonces, en disputas, y en controversias, que por lo regular son de poco fruto, no hizo en adelante otra cosa que predicar las grandezas y excelencias de la Madre de Dios, explicando á los pueblos el mérito, las utilidades y el método práctico del Santísimo Rosario. Luego se palpó la excelencia de esta admirable devoción; siendo la mayor prueba de su maravillosa eficacia la conversión de más de cien mil herejes, y la mudanza: de vida de un prodigioso número de pecadores, atraídos á la verdadera penitencia, y arrancados de sus inveteradas costumbres. Esta fué hablando en propiedad, la verdadera época de la devoción del Santísimo Rosario y de su famosa cofradía, tan célebre en todo el mundo cristiano, autorizada por tantos Sumos Pontífices con tantos, y tan singulares privilegios, y considerada ya como dichosa señal de predestinación respecto de todos sus cofrades. A la verdad, ¿qué devoción puede haber más grata á los ojos de Dios, ni qué oración más eficaz para merecer la protección de la Santísima Virgen? El Padrenuestro ó la oración dominical, que en ella se repite tantas veces, nos la enseñó el mismo Jesucristo; la salutación angélica, que se reza ciento y cincuenta, se compone de las mismas

 6 palabras del Ángel, y de las que pronunció Santa Isabel cuando la Virgen la visitó; la oración que la acompaña es oración de la Iglesia. Compónese el Rosario entero de quince dieces de Avemarías y de quince Padrenuestros. Los cinco primeros son de los cinco misterios gozosos, los cinco segundos de los dolorosos, y los cinco terceros de los gloriosos, que fueron de tanto consuelo para la santísima Virgen (ahora también hay los misterios Luminosos). Los misterios gozosos son la Anunciación, la Visitación, el Nacimiento de Cristo, la Purificación, y el Niño Jesús perdido y hallado en el templo en medio de los doctores. Los misterios dolorosos son la Oración del Huerto, el Paso de los azotes, la Coronación de espinas, la Cruz á cuestas, y Crucifixión del Salvador en el monte Calvario. Los misterios gloriosos son la Resurrección y aparición á su santísima Madre, su Ascensión, la Venida del Espíritu Santo, la Triunfante ascensión de María en cuerpo y alma á los Cielos, y su Coronación en la Gloria. Bien se puede asegurar que entre todos los cultos que se tributan á la Iglesia en la Madre de Dios, uno de los que más la honran es la devoción del Rosario. Es cierto que para la Santísima Virgen no hubo cosa más gloriosa que la embajada del ángel cuando la vino á anunciar que había de ser Madre de Dios; por consiguiente, siempre que se la repite esta salutación parece que en cierta manera se ejercita el empleo y la comisión del Ángel; y lo que no tiene duda es que, por decirlo así, se la trae á la memoria la insuperable honra que recibió en aquella divina elección, por lo que parece que ninguna devoción la puede ser más agradable. Ayúdanse recíprocamente la oración y la meditación, dice San Bernardo, siendo la oración como una resplandeciente hacha que comunica luz y ardor á la meditación. Todo esto se halla unido en el Rosario, y por eso sin duda dijo el bienaventurado Alano de Rupe que el Rosario era la más insigne y como la reina de todas las

 7 devociones. (in Compl. Psalt. Mar.) Por lo mismo se aplica con razón al Rosario lo que San Juan Crisóstomo dice de la oración frecuente y muchas veces repetida. Esta oración es un escudo contra todos los golpes del enemigo, un tesoro infinito, un fondo inagotable de riquezas espirituales. No se puede dudar que entre todas las oraciones vocales con que honra la Iglesia á la Santísima Virgen, una de las más santas y de las más agradables á Dios es el Rosario, por componerse de las dos oraciones más sagradas que hay, conviene á saber: de la oración dominical y de la salutación angélica, acompañándose al mismo tiempo con muchas meditaciones sobre la vida y muerte del Salvador y de su santísima Madre. Todo es misterioso en el Rosario; hasta el mismo número de ciento y cincuenta Avemarías, por el cual se llama también el Salterio de la Virgen. Los herejes de todos los siglos, tan enemigos de la Madre como del Hijo, blasfemaron muchas veces contra esta devoción; pero, particularmente los de estos últimos tiempos, se desenfrenaron furiosamente contra el Rosario. Como fué tan funesta á los albigenses esta devoción, precisamente había de ser objeto del odio y de las imprecaciones de sus infelices descendientes, los que no han omitido medio alguno para desacreditarla;' pero todos sus esfuerzos no han servido más que para aumentar el número de sus cofrades y de sus devotos. Ninguna cofradía de la Virgen es más célebre que ésta, ninguna más provechosa á los fieles, ninguna más autorizada por la Iglesia. Doce ó trece pontífices la han franqueado con piadosa profusión los tesoros espirituales de que son depositarios; los reyes y los pueblos se han apresurado con ansiosa devoción á alistarse en ella. Pero ¿qué victorias se han conseguido contra los enemigos de la fe, qué reforma de costumbres, qué ejemplar edificación no se ha visto en todos los estados desde que se extendió en el mundo esta sólida



 8 devoción? Aun en vida de su santo, fundador y restaurador la vió propagada con maravilloso fruto en España, en Francia, en Alemania, en Polonia, en Rusia, en Moscovía y hasta en las islas del Archipiélago. Pero muchos mayores progresos hizo á esfuerzos de los herederos del celo y de las virtudes del gran patriarca Santo Domingo. El Beato Alano de Rupe predicó el Rosario en todos los países septentrionales con tal feliz suceso, que florecía en todo el Universo el culto y la devoción de la santísima Virgen, fundándose en todas las ciudades de la Cristiandad la cofradía del Rosario; lo que obligó al Papa Sixto V (ver en mi sitio web Constitución Apostólica “Effraenatam” contra el aborto por este Papa de feliz memoria) á enriquecerla aún con mayores gracias y privilegios que sus predecesores, como se ve en la Bula expedida el año de 1586, tan honrosa y de una espiritual utilidad para todos los cofrades. El título de Nuestra Señora de la Victoria es más antiguo que la batalla de Lepanto. Desde la tierna edad de la Iglesia experimentaron los cristianos la especial protección de la santísima Virgen contra las armas de los enemigos de la fe, y por esta especial protección se la comenzó á apellidar Nuestra Señora de la Victoria. En el famoso sitio de Rodas, tan gloriosamente defendido el año de 1480 por los caballeros de San Juan de Jerusalén, hoy caballeros de Malta, siendo gran maestre el célebre Pedro Aubuson, contra todas las fuerzas del imperio otomano en tiempo de Mahometo II, terror de todo el mundo cristiano; después que los caballeros obligaron á los turcos á levantar el sitio, muchos desertores que se pasaron al campo de los caballeros cuando sus victoriosas tropas volvían á entraren la plaza, refirieron que en el calor del combate habían visto los turcos en la región del aire una cruz de oro rodeada de una resplandeciente luz, y al mismo tiempo 9 una hermosísima señora, cuyo traje era más blanco que la misma nieve, con una lanza en la mano derecha y en el brazo siniestro una rodela, acompañada de un hombre serio y severo vestido de pieles de camello, seguidos ambos de una tropa de jóvenes guerreros, todos armados con espadas de fuego; visión, añadieron ellos, que llenó de terror á los infieles tanto, que cuando se desplegó el estandarte de la religión de Malta, en que estaban pintadas las imágenes de la Virgen y de San Juan Bautista, muchos turcos cayeron muertos en tierra sin haber recibido herida ni golpe del enemigo. Luego que el gran maestre se vió enteramente curado de sus heridas, hizo voto de erigir una suntuosa iglesia con la advocación de Nuestra Señora de la Victoria, en cuya magnífica obra se trabajó inmediatamente que se repararon las fortificaciones de la plaza.