Poco prima del Natale del 1859, forse presentendo che era vicino il momento della sua dipartita da questa vita, il Vescovo di Filadelfia andò a far visita al superiore del convento redentorista di San Pietro, dove lui stesso aveva vissuto. Mentre attendeva il suo arrivo, intavolò una conversazione con un frate laico. All’improvviso, fece una pausa e gli chiese:
— Fra Cristoforo, lei cosa sceglierebbe: una morte repentina o morire di una lunga malattia?
— Preferirei morire a causa di una malattia, per prepararmi meglio per l’eternità – rispose quello.
Gentilmente, rifletté il santo Vescovo: “Un cristiano, soprattutto un religioso, deve essere sempre preparato a una buona morte, e se viene improvvisamente, questo non mancherà di avere i suoi vantaggi: eviterà per noi e per coloro che ci assistono molte tentazioni di impazienza e, inoltre, lascerà molto meno tempo al diavolo per infastidirci. In ogni caso, comunque, la forma di morte che Dio ci manda sarà la migliore per noi”.1
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“Chiunque voglia servire Dio, troverà molto lavoro in America”, scrisse il Santo a suo fratello, che viveva in Boemia, per attirarlo a sé |
Pochi giorni dopo, il 4 gennaio 1860, ricevette Don Sourin, un suo antico segretario, che era venuto per fargli gli auguri di un santo e felice Anno Nuovo. Il suo brutto aspetto durante il colloquio portò il sacerdote a offrirsi di andare in cerca di un dottore. Il prelato, tuttavia, lo rassicurò: “Non si preoccupi, domani starò bene!”2
Infatti, la mattina successiva sembrava più animato. Tuttavia, subito dopo la colazione non fu in grado di riconoscere un confratello, Don Urbanczek, che era venuto a fargli visita. Costui espresse la sua sorpresa nel vedere i suoi occhi quasi vitrei, ma egli replicò che sarebbe stato sufficiente uscire e camminare un po’ per strada per sentirsi meglio. Il suo temperamento indomito parlava più forte del terribile malessere che sentiva!
A metà pomeriggio uscì per prendere provvedimenti su una questione diocesana. Furono i suoi ultimi passi in questa valle di lacrime: percorsi pochi isolati, stramazzava in mezzo alla strada. Solleciti passanti lo condussero rapidamente nella casa più vicina, mentre ancora respirava. Chiamata urgentemente la cattedrale, Don Quinn le portò gli olii santi. Tuttavia, la sua ora era suonata nell’orologio divino: a quarantotto anni, consegnava la sua anima a Dio.
Questo fu San Giovanni Nepomuceno Neumann, di cui Mons. Francis Kenrick, suo predecessore nella Diocesi di Filadelfia, scrisse: “Un tale vescovo doveva davvero morire camminando per strada, con l’anima aperta in ogni ora e in ogni momento, per il suo Signore e Dio”.3
Purezza e serietà fin dall’infanzia
Le sue origini sono molto lontane dagli Stati Uniti, dove condusse una vita missionaria. Era nato a Prachatits, nelle fertili vallate della Boemia sud-occidentale, ora Repubblica Ceca, il 28 marzo 1811. Era un Venerdì Santo, che preannunciava forse il suo motto episcopale: “Passio Christi conforta me – Passione di Cristo, confortami”.4
Nel fonte battesimale ricevette il nome del patrono del paese: Giovanni Nepomuceno. Filippo Neumann, suo padre, tedesco di Obemburg, in Baviera, e sua madre, Agnese Lebisch, diedero a lui e ai suoi cinque fratelli un’accurata educazione cristiana. Quattro dei figli della coppia si consacrarono a Dio nella vita religiosa.
A dodici anni Giovanni andò a studiare a Budweis, distinguendosi per la sua serietà e risoluzione a diventare sempre più gradito a Dio. Così preservò la sua innocenza battesimale, senza lasciarsi influenzare dalle cattive influenze esercitate da certi compagni.
In così tenera età già si sforzava di mortificare i sensi, vincendo la sua fragile costituzione. Desideroso di avanzare nella pratica della virtù, trattava i compagni con bontà fraterna e approfittava di tutte le occasioni per prestare loro piccoli servizi. Sebbene partecipasse a momenti di divertimento con gli amici, non frequentò mai balli o teatri, né giocò per denaro.
Ingresso al seminario
Dotato di enorme facilità nell’apprendimento delle lingue, studiò in questo periodo l’italiano e il francese, il suo preferito, aggiungendoli al tedesco e al ceco, lingue paterna e materna e al latino appreso a scuola. Terminate le lettere classiche, frequentò Filosofia con i padri cistercensi, ottenendo eccellenti risultati e distinguendosi per la sua esemplare applicazione e condotta irreprensibile.
Nutriva un’enorme venerazione per il sacerdozio, nonostante se ne considerasse indegno: “L’idea di essere sacerdote mi sembrava allora molto sublime; io la ritenevo molto superiore alle mie forze”.5 Nell’Eucaristia, tuttavia, trovò la forza per chiedere la sua ammissione nel seminario di Budweis, essendo uno dei classificati per i venti posti vacanti esistenti, disputato da ottanta candidati.
Quando conobbe la Fondazione Leopoldinese, che aveva lo scopo di promuovere l’attività missionaria in America e di aiutare gli emigranti che partivano in massa per il Nuovo Mondo decise di partire per gli Stati Uniti una volta ordinato sacerdote, sapendo dell’urgente bisogno di ministri per evangelizzare quelle terre. Per questo, si impegnò nella sua preparazione imparando l’inglese, che praticava nelle conversazioni con operai anglofoni di una fabbrica.
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Scene della vita del Santo rappresentate sulle vetrate del Santuario Nazionale di San Giovanni Neumann a Filadelfia (USA) |
Visione sublime del sacerdozio
Da Budweis Giovanni si diresse a Praga al fine di completare gli studi nel seminario arciepiscopale, pentendosi del trasferimento… Il professore di Teologia Dogmatica “era più contro il Papa, che a suo favore”, scrive il Santo nel suo diario; quello di Teologia Morale “era troppo filosofico per essere compreso da chi lo ascoltava”; e su quello di Teologia Pastorale commenta: “Dovevo farmi violenza anche per ascoltarlo, per l’assurdo modo in cui trattava i temi che riuscivo a capire; e meno ancora potevo accettare le sue opinioni che consideravo eterodosse”.6
In materia di Teologia Morale, preferì orientarsi con le opere di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nei cui insegnamenti precisi e sicuri trovò tranquillità per la sua delicata coscienza.
Il giovane Giovanni Nepomuceno desiderava essere un sacerdote tutto votato alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime, e desiderava che anche tutti i suoi compagni di seminario lo fossero. Tuttavia, in una nota fatta nel suo diario, alcuni anni dopo, si vide obbligato a deplorare l’atteggiamento di questi: “Molti hanno poca fede, ad altri manca lo zelo con cui Cristo ha vivificato e stimolato gli Apostoli a passare per ogni tipo di prove e difficoltà”.7
Vincendo ostacoli insuperabili
Nel 1835 Neumann era pronto a ricevere il sacramento dell’Ordine, ma… accadde qualcosa di incomprensibile ai nostri giorni: siccome c’erano troppi sacerdoti nella diocesi, il Vescovo aveva deciso di rinviare le ordinazioni a tempo indeterminato!
Desideroso di percorrere quanto prima le vie del sacerdozio, scrisse a numerosi prelati e fece visita personalmente ad alcuni, esponendo loro la sua situazione. Nessuno di loro aveva bisogno di sacerdoti nelle rispettive diocesi… Solo dopo aver molto pregato e offerto sacrifici riuscì a procurarsi una buona lettera di raccomandazione per Mons. Giovanni Dubois, Vescovo di New York. Allora, pur senza mezzi finanziari e con notevoli lacune nella sua documentazione, si abbandonò alla Divina Provvidenza e nel 1836 partì per gli Stati Uniti.
In terre americane, Don Giovanni Raffeiner, vicario-generale per gli emigranti tedeschi, lo presentò a Mons. Dubois. Questi lo ricevette come un dono del Cielo, poiché non disponeva di sufficienti sacerdoti che si dedicassero a una diocesi di enorme estensione.
Dopo un breve periodo di preparazione, Giovanni Neumann fu ordinato nella Cattedrale di San Patrizio, il 25 giugno 1836. Dal suo giovane cuore traboccò questa preghiera, anch’essa registrata nel suo diario: “O mio Gesù, ecco che mi hai dato il potere di offrirTi al mio Dio. È molto per me. Tutto è opera tua, Signore!”8
Missionario negli Stati Uniti
Trascorsi soltanto quattro giorni fu destinato a una parrocchia a Buffalo. Sulla strada, si fermò a Rochester per incontrare migliaia di tedeschi cattolici che vivevano lì come pecore senza pastore. Arrivato a destinazione, incontrò Don Giovanni Prost, un sacerdote redentorista la cui amicizia sarà decisiva quando stabilirà il corso della sua vita.
Con la disinvoltura di chi parla fluentemente sei lingue, iniziò il suo proficuo ministero sacerdotale negli Stati Uniti, rivolto soprattutto alle aree di forte immigrazione tedesca, nelle quali affrontò numerose ostilità di persone contrarie alla Religione.
Per alcuni anni svolse un’intensa attività nelle vastità del territorio americano. A un certo punto, però, Don Prost lo avvertì del pericolo di lavorare da solo, ricordandogli le sagge parole dell’Ecclesiaste: “Væ soli! – Guai all’uomo solo!” (4, 10). Per questo ricevette con enorme gioia la compagnia di suo fratello Venceslao, venuto dalla Boemia per rispondere all’appello che gli aveva fatto in una lettera: “Chi vuole servire Dio, troverà molto lavoro in America”.9
Figlio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
L’ardente impegno missionario di Don Neumann erose la sua salute, costringendolo a prendere alcuni giorni di riposo. In questo periodo rifletté sulla possibilità di chiedere di essere ammesso con i Redentoristi, che gli avrebbe permesso di partecipare al carisma di S. Alfonso Maria de’ Liguori e gli avrebbe portato l’immenso vantaggio di vivere sotto l’obbedienza di un superiore.
Deciso, infatti, ad abbracciare la vita religiosa, fece la richiesta attraverso Don Prost, ricevendo una risposta immediata e positiva. Le ragioni della sua tardiva vocazione sono così descritte da lui: “Per quattro anni mi sono sforzato di portare le mie comunità al fervore che ho osservato nella comunità redentorista di Rochester, e non ci sono riuscito. Questo fu il motivo, insieme al desiderio naturale, o meglio, soprannaturale di vivere in una congregazione di sacerdoti, per non procedere abbandonato a me stesso fra i tanti pericoli del mondo”.10
Nella Congregazione del Santissimo Redentore, che a quel tempo contava pochissimi membri in America, Don Neumann trovò nello spirito del fondatore la via verso la tanto desiderata santità. Raccomandava di rifiutare le vocazioni mediocri o semplicemente discutibili: “‘Pochi e santi’, diceva ai suoi missionari”.11 Suo fratello Venceslao lo seguì, facendosi frate laico redentorista.
Nel governo dei redentoristi
Non passò molto tempo e fu nominato superiore dei Redentoristi di Pittsburgh. Persuaso che i religiosi attirano a sé la grazia divina attraverso l’osservanza radicale delle regole del loro istituto, riflesso dello spirito del fondatore, cercava di essere eccellente in questa materia e lo esigeva anche dai suoi subordinati.
Non si sbagliava, infatti, come osserva il celebre P. Philipon, “l’osservanza – assolutamente fedele– di una regola religiosa, approvata dalla sapienza della Chiesa, basterebbe per indirizzare le anime alle vette più elevate della santità. Di qui dirà Papa Giovanni XXII: ‘Datemi un domenicano che osservi fedelmente la sua regola e le sue costituzioni e, anche senza miracoli, lo canonizzerò’”.12
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Mentre riceve la vocazione di andare a evangelizzare in America, mentre fa visita a famiglie povere, con le prime Suore della Misericordia che sono arrivate nella sua diocesi |
Come superiore, non richiedeva ai suoi sottoposti nulla che egli stesso non fosse pronto a praticare. Se c’era qualcosa di spiacevole o difficile da fare, era affar suo; se fosse stato facile o onorevole, lo lasciava ai suoi compagni.
Nominato superiore provinciale della congregazione negli Stati Uniti, si impegnò con enorme dedizione, sebbene la sua salute cominciasse a mostrare preoccupanti segnali di declino. La congregazione aveva allora solo trenta membri, pochissimi per coprire un così vasto campo di missione. Tuttavia, durante il periodo che rimase in carica, furono fondate nel paese dieci nuove case.
Elevato alla sede episcopale di Filadelfia
Avendo trascorso alcuni anni come provinciale, la Santa Sede decise di affidargli il governo della diocesi di Filadelfia. Per evitare che la sua umiltà lo inducesse a rifiutare la pienezza del sacerdozio, il Beato Pio IX gli ordinò di sottomettersi senza esitazione alla volontà divina.
Gli otto anni di dedizione di Mons. Giovanni Neumann nell’esercizio dei doveri episcopali furono una costante testimonianza del suo zelo per la gloria di Dio, così come del suo spirito di preghiera, umiltà e disinteresse.
Le continue visite agli angoli più diversi della diocesi lo fanno ricordare come un buon pastore e un sollecito missionario. Trascorreva di solito tre giorni in ogni posto. Predicava, ascoltava le Confessioni, iscriveva candidati nelle confraternite religiose e s’impegnava a rendere permanenti i frutti della sua visita pastorale. La sua anima pia e virtuosa illuminava così tutti gli angoli del territorio diocesano.
Pieno di tenerezza e di paterna benevolenza verso i membri del clero diocesano, dimostrava un grande impegno per la santificazione di tutti e riceveva da loro un sincero affetto. Le conferenze e i sinodi che promosse nella diocesi rivelano il grande valore delle sue conoscenze dottrinali. Scrisse numerosi articoli su riviste, pubblicò due catechismi e una Storia della Bibbia per gli studenti.
È anche considerato il fondatore delle scuole cattoliche negli Stati Uniti, destinate ad assicurare la perseveranza delle nuove generazioni nella Fede e nella virtù. Consigliato dal Papa stesso, fondò l’Istituto delle Suore del Terzo Ordine di San Francesco per prendersi cura di queste scuole. Costruì più di ottanta chiese, fondò numerose istituzioni religiose e introdusse la devozione delle Quaranta Ore di Adorazione Eucaristica, per incoraggiare la fede e la pietà del popolo.
Profondamente devoto della Madonna, ricevette un invito formale da Pio IX alla solenne promulgazione del dogma dell’Immacolata Concezione, e con grande giubilo si diresse a Roma. Prima di partire, rese pubblica una lettera pastorale, nella quale ogni parola, piena di unzione, manifestava i suoi filiali sentimenti riguardo alla Madre di Dio.
Combatté la buona battaglia
Il fatto che un così fedele pastore sia stato strappato prematuramente e repentinamente da questa vita, come abbiamo visto all’inizio di queste righe, può sembrare una tragedia agli occhi degli uomini. Dio, tuttavia, nei suoi insondabili disegni sa qual è il momento in cui ognuno di noi deve comparire davanti a Lui, come Supremo Giudice.
Mons. Giovanni Neumann aveva combattuto la buona battaglia nel corso di tutta la sua vita. Era pronto per ricevere “la corona della giustizia” (II Tim 4, 8) di cui parla San Paolo, la “ricompensa troppo grande” (Gen 15, 1) promessa da Dio ad Abramo. Si presentò, dunque, davanti all’Altissimo con una gioia comparabile a quella dei servi buoni e fedeli della parabola dei talenti (cfr. Mt 25, 14-23).
Sentendo che il Signore li chiama, “vanno veloci incontro a lui, perché si rendono conto che è giunta la fine delle pene, fatiche e sforzi. Accorrono subito e senza alcun timore. Che cosa avrebbero da temere da un signore che hanno sempre amato e per il quale hanno sempre lavorato?”13 (Rivista Araldi del Vangelo, Gennaio/2018, n. 176, p. 32- 35)
Pubblicato 2018/01/26
1 BERGER, CSsR, John A. Life of Right Rev. John N. Neumann, D.D., of the Congregation of the Most Holy Redeemer. Fourth Bishop of Philadelphia. New YorkCincinnati-St. Louis: Benziger Brothers, 1884, p.429. 2 SOUZA, CSsR, Aloísio Teixeira de. Vida de São João Neumann. Um migrante a caminho do Céu. Aparecida: Santuário, 1987, p.109. 3 Idem, p.110. 4 BERGER, op. cit., p.432. 5 SOUZA, op. cit., p.17. 6 BERGER, op. cit., p.45. 7 Idem, p.85. 8 SOUZA, op. cit., p.43. 9 Idem, p.55. 10 Idem, p.59-60. 11 TELLERÍA, CSsR, Raimundo. San Afonso María de Ligorio. Fundador, Obispo y Doctor. Madrid: El Perpetuo Socorro, 1950, t.I, p.486. 12 PHILIPON, OP, Marie-Michel. Doutrina espiritual de Elisabete da Trindade, c.VIII, n.3. 2.ed. São Paulo: Paulus, 1988, p.203. 13 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Una via sicura per la salvezza eterna. In: L’inedito sui Vangeli. Città del Vaticano-São Paulo: LEV; Lumen Sapientiæ, 2013, vol.II, p.462.
AMDG et DVM