venerdì 2 agosto 2019

La chiesa di Santa Maria degli Angeli della Porziuncola, luogo della nascita dell’Ordine dei Frati Minori, continua fino ad oggi ad essere un centro di gravità per ogni genuino incontro tra l’uomo e Dio



L’INDULGENZA DELLA PORZIUNCOLA

Nel Luglio 1216 giunse a Perugia, dove si trovava la curia papale, Jacques de
Vitry-sur-Seine, parroco di Argenteuil e canonico di Oignies, nella diocesi di Namur, nel
Belgio. Era stato consigliere spirituale di una delle donne mistiche del medioevo, Marie
d’Oginies, che aveva dato un forte contributo allo sviluppo del movimento delle Beguins,
o Beghine, nella Flandria.

Jacques, o Giacomo, da Vitry, era stato scelto da Innocenzo III
come vescovo della città principale del Regno Latino crociato di Gerusalemme, e cioè,
Sainte Jean d’Acre, sul littorale mediterraneo della Palestina. Lui era, di fatto, un forte
sostenitore del progetto di Innocenzo III di indire una nuova crociata durante il Concilio
Lateranense IV, e per questo motivo era anche un grande predicatore della crociata.
     Quando arrivò a Perugia, tuttavia, trovò che Innocenzo III era appena morto il 16
Luglio 1216. Aveva fatto una sosta nella città di Milano, che egli descrive come “un vero
covo di eretici”. A Perugia dovette incontrare la decadenza della curia romana che lo
angosciò molto.
     Nella sua prima lettera che ci è pervenuta, scritta ai suoi amici da
Genova nel 1216, prima di salpare per l’Oriente, egli scrive:

<<Partito di qui (Milano), arrivai a Perugia. Trovai papa Innocenzo morto, ma non
ancora sepolto. Nella notte i ladri avevano spogliato la sua salma di tutte le vesti
preziose, lasciando il suo corpo quasi nudo e già in putrefazione nella chiesa. Io poi
entrai nella chiesa e conobbi con piena fede quanto sia breve la gloria ingannatrice di
questo mondo. Il giorno dopo i funerali, i cardinali elessero Onorio (il cardinale Cencio
Savelli, eletto il 18 Luglio 1216), uomo di età avanzata e pio, semplice e molto mite, che
aveva distribuito ai poveri quasi tutto il suo patrimonio. La domenica dopo l’elezione, fu
consacrato Sommo Pontefice >> (FF 2202).

Dopo la sua consacrazione episcopale, il 31 Luglio 1216, Giacomo da Vitry parte
per Acri. Ma nella stessa Lettera scritta da Genova, troviamo il primo riferimento da
parte di un non-francescano, come fu il Vitry, all’esistenza dell’Ordine dei Frati Minori,
con cui egli venne in contatto nel suo soggiorno in Umbria.

<<Ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande
consolazione: delle persone, d’ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni
proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori e sorelle
minori e sono tenuti in grande considerazione dal Papa e dai cardinali.

Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva ... Durante il giorno
entrano nelle città e nei paesi, adoperandosi attivamente per guadagnare altri al
Signore; la notte ritornano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla
contemplazione.

Le donne invece dimorano insieme in alcuni ospizi non lontani dalle città, e non
accettano alcuna donazione, ma vivono col lavoro delle proprie mani.
Gli uomini di questa religione convengono una volta l’anno nel luogo stabilito,
per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme, ricavando da questi incontri notevoli
benefici. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano
delle leggi sante, che sottopongono al Papa per l’approvazione. Dopo di che, si
separano per tutto l’anno disperdendosi per la Lombardia, la Toscana, le Puglie e la
Sicilia  >> (FF 2205-2208).

63

Questa Lettera offre degli indizi preziosissimi riguardo all’inizio dell’Ordine,
come viene visto da una persona che non appareteneva all’Ordine. In questo, appunto,
sta il suo alto valore. Jacques parla di fratres minores e di sorores minores. Il nome dato
al ramo femminile è certamente originale, e viene coniato dal Vitry stesso, siccome le
Clarisse non si conoscevano con questo nome. Ma c’è già il segno distintivo della
comune chiamata evangelica sia dei Frati Minori come anche delle Povere Dame.

Vitry vede la vita dei seguaci di Francesco modellata su quella della primitiva comunità
cristiana di Gerusalemme nel Libro degli Atti. In questo dettaglio pure si dimostra un
“estraneo” alla realtà evangelica di Francesco, che si basava piuttosto sulla apostolica
vivendi forma di Cristo e degli apostoli. Fa vedere l’alternarsi dell’attività dei frati tra
eremo e città, tra preghiera e apostolato. Parla delle Povere Dame e delle loro piccole
hospitia, o monasteri, come quello di San Damiano, che monasteri nel senso classico del
termine certamente non erano. Ma nota anche che non accettavano proprietà e che
vivevano dal lavoro delle proprie mani. Riguardo ai frati Jacques de Vitry è il primo
testimone extra-francescano che parla dei capitoli generali che si tennero alla Porziuncola
una vola all’anno, e di cui parleremo nel prossimo capitolo.

Jacques de Vitry non nomina Francesco in questa lettera. Forse non lo aveva
ancora incontrato. Ma lo nominerà in altri documenti, iniziando dalla Lettera che scrive
da Damiata, in Egitto, nel 1220, durante la quinta crociata. In Egitto Jacques de Vitry
incontra Francesco e lo conosce. Ma di questo parleremo più avanti, nel capitolo
riguardo al viaggio di Francesco in Oriente.

L’anno 1216 viene anche indicato come il momento in cui Francesco ottiene dal
Papa Onorio III l’Indulgenza della Porziuncola. Si deve dire già in partenza che le Fonti
Francescane del secolo 13 pare che dicano  nulla riguardo a questa indulgenza e
alle circostanze che avrebbero indotto Francesco a chiederla al Papa. Molti studiosi
avevano, nel passato, relegato questa storia nel rango delle pie leggende. Tuttavia,
studiosi come Paul Sabatier, che ricordiamolo, era protestante, non si dimostra scettico, e
addirittura arriva a inserire un capitolo intero riguardo alla vicenda della indulgenza nella
sua Vie de Saint François d’Assise.

I documenti che maggiormente parlano della vicenda
dell’Indulgenza della Porziuncola sono Il Diploma di Teobaldo, vescovo di Assisi, del 10
agosto 1310, e il Trattato sulla Indulgenza della Porziuncola, di frate Francesco di
Bartolo di Assisi (prima del 1334). Documenti piuttosto tardivi, ma che la storia
riconosce come sostanzialmente autentici, non soltanto per una prova storica
dell’Indulgenza, ma anche come un ritratto sociale e religioso dell’Umbria del secolo 13.
Non si deve certamente negare il loro forte tono polemico, dato che furono redatte anche
come risposta ai detrattori della stessa Indulgenza. Qui diamo un sunto del racconto
tratto dal Diploma di Teobaldo (Fonti Francescane 2706/10-11).

***<<  Stando il beato Francesco presso Santa Maria della Porziuncola, il Signore
durante la notte gli rivelò che si portasse dal sommo pontefice, il signor Onorio, che
temporaneamente si trovava a Perugia, per impetrare l’indulgenza per la stessa chiesa di
Santa Maria della Porziuncola, appena da lui restaurata. Egli, alzatosi di mattino,
chiamò frate Masseo da Marignano ... e si presentò davanti al detto signor Onorio, e
disse: “Padre santo, ho appena finito di restaurare per voi una chiesa a onore della
Vergine madre di Cristo. Supplico vostra santità che l’arricchiate di un’indulgenza senza
offerte di denaro”. Egli rispose: “Non è conveniente fare questo perché chi richiede
un’indulgenza, bisogna che la meriti dando una mano. Ma dimmi di quanti anni la vuoi 
e quanta indulgenza vi debba concedere”.

 E santo Francesco replicò: “Santo Padre, la
sua santità voglia dare non anni, ma anime”. Ed il signor papa riprese: “In che modo
vuoi anime?” Il beato Francesco replicò: “Santo padre, voglio, se piace a sua santità,
che quanti verranno in questa chiesa confessati, pentiti e, come è conveniente, assolti dal
sacerdote, vengano liberati dalla pena e dalla colpa in cielo e in terra, dal giorno del
battesimo fino al giorno e all’ora della loro entrata nella suddetta chiesa”. Il signor
papa aggiunse: “È molto ciò che chiedi, Francesco; e non è consuetudine della Curia
romana concedere simile indulgenza”. Allora il beato Francesco rispose: “Signore, non
chiedo questo da parte mia, ma da parte di colui che mi ha mandato, il Signore Gesù
Cristo”. A questo punto il signor papa all’istante concluse dicendo tre volte: “Mi piace
che tu abbia questa indulgenza”.

I signori cardinali presenti replicarono: “Badate, signore, che se concedete a
costui una tale Indulgenza, farete scomparire l’Indulgenza della Terra Santa e ridurrete
a nulla l’indulgenza degli apostoli Pietro e Paolo, che non sarà tenuta in nessun conto”.
Rispose il signor papa: “Gliela abbiamo data e concessa, non possiamo, né è
conveniente annullare ciò che è stato fatto, ma la modificheremo in modo tale che la sua
validità si estenda solo per una giornata”.

Allora chiamò santo Francesco e gli disse: “Ecco che d’ora in poi concediamo
che ognuno che verrà ed entrerà nella predetta chiesa confessato per bene e contrito,
venga assolto dalla pena e dalla colpa, e vogliamo che questo valga ogni anno per un
giorno solo, dai primi vespri inclusa la notte fino ai vespri del giorno successivo”.
    Mentre il beato Francesco, fatto l’inchino, usciva dal palazzo, il papa, vedendolo
allontanarsi, chiamandolo disse: “O sempliciotto, dove vai? Che documento porti di tale
indulgenza?” E il beato Francesco rispose: “Per me è sufficiente la vostra parola. Se è
opera di Dio, tocca a lui renderla manifesta. Non voglio nessun altro documento di essa,
ma la carta sia solo la beata Vergine Maria, il notaio sia Gesù Cristo e gli angeli siano
testimoni”.

Con quanta solennità poi fu resa pubblica l’Indulgenza, nell’occasione della
consacrazione della stessa chiesa da parte di sette vescovi, non intendiamo scrivere se
non soltanto quello che Pietro Zalfani, presente a detta consacrazione affermò davanti a
frate Angelo ministro provinciale, a frate Bonifacio, frate Guido, frate Bartolo da
Perugia e ad altri frati del convento della Porziuncola. Riferì che egli era presente alla
consacrazione di quella chiesa, che fu celebrata il 2 agosto, ed aveva ascoltato il beato
Francesco mentre predicava alla presenza di quei vescovi; che egli aveva in mano una
‘cedola’ e diceva: “Io vi voglio mandare tutti in paradiso, e vi annuncio una Indulgenza,
che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti
coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e
pentiti, abbiano l’indulgenza di tutti i loro peccati”.  >>***

L’episodio della Indulgenza della Porziuncola è oggiogiorno oggetto di studi seri
e nessuno dubita della sua autenticità, anche se le fonti che ce lo tramandano sono scarse.
Quello che colpisce è certamente l’animo aperto di Francesco che vede nella chiesetta
della Porziuncola un luogo privilegiato di perdono e di riconciliazione. Non a caso che la
chiesa di Santa Maria degli Angeli della Porziuncola, luogo della nascita dell’Ordine dei
Frati Minori, continua fino ad oggi ad essere un centro di gravità per ogni genuino
incontro tra l’uomo e Dio, instaurando un rapporto di reciproco amore e perdono che sta
al centro del carisma di Francesco d’Assisi.


SALVE, SANCTE PATER: 
PATRIAE LUX!
FORMA MINORUM!
VIRTUTIS SPECULUM!
RECTI VIA!
REGULA MORUM!
Carnis ab exilio 
duc nos ad regna polorum!


IL SEGRETO DI MARIA ( 5 )


Risultati immagini per nostra signora di guadalupe

D) PRATICHE INTERIORI DELLA SANTA SCHIAVITU' : SUO SPIRITO E SUOI FRUTTI

1. La sua formula "unica" di attività spirituale e il suo spirito

La formula

43. Ho detto, poi, che questa devozione consiste nel fare tutte le proprie azioni con Maria, in Maria, per mezzo di Maria e per Maria.

Lo spirito di dipendenza interiore da Gesù e da Maria. -

Prendere questo spirito e perseverarvi

44. Non basta essersi dato una volta a Maria, in qualità di schiavo; nemmeno basta ripetere ciò tutti
i mesi, tutte le settimane: sarebbe questa una devozione troppo passeggera e non potrebbe innalzare
l'anima a quella santità a cui può elevarla. 
Non vi è certo grande difficoltà ad iscriversi in una
confraternita, e neanche ad abbracciare questa devozione, e a recitare ogni giorno qualche preghiera
vocale, come essa prescrive: la grande difficoltà è di entrare nello spirito di questa devozione, che è
di rendere un'anima interiormente dipendente e schiava della Santissima Vergine e di Gesù per
mezzo di Lei. 
Ho trovato molte persone che, esternamente si sono poste con mirabile ardore in
questa schiavitù; poche invece ne ho trovate che ne abbiano preso lo spirito, e, meno ancora che vi
abbiano perseverato.


2. - Le quattro direttive della formula

Operare con Maria

45. 1) - La pratica essenziale di questa devozione consiste nel fare tutte le proprie azioni con Maria,
cioè nel prendere la Santissima Vergine come modello perfetto di tutto ciò che si deve fare.
Condizioni preliminari: rinuncia e unione di intenzione che consegna l'anima all'azione di Maria

46. Prima dunque di dare inizio a qualsiasi cosa, è necessario rinunciare a se stessi e ai propri
progetti per quanto eccellenti; bisogna annientarsi davanti a Dio riconoscendosi incapaci da se stessi
di alcun bene soprannaturale e di qualsiasi azione utile alla salvezza; bisogna ricorrere alla
Santissima Vergine e unirsi a Lei e alle sue intenzioni, benché sconosciute; bisogna unirsi per
mezzo di Maria alle intenzioni di Gesù Cristo, mettersi, cioè come uno strumento nelle mani di Lei,
affinché Ella faccia in noi, di noi e per noi, come le sembrerà meglio, alla maggior gloria di suo
Figlio e, per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo, alla maggior gloria del Padre; di modo che non si
compiano atti di vita interiore ed operazioni spirituali se non dipendentemente da Lei.


Operare in Maria

47. 2) - Bisogna fare ogni cosa in Maria; bisogna cioè abituarsi, a poco a poco, a raccogliersi in se
stessi, per formarvi una piccola idea od immagine spirituale di Maria. 
Ella sarà per l'anima l'Oratorio per potervi fare tutte le sue preghiere a Dio, senza timore di essere respinta; la Torre di Davide dove mettersi al sicuro contro tutti i suoi nemici; la Lampada accesa per illuminare tutto il suo interiore e infiammarlo di amore divino; il sacro Tabernacolo per vedere Dio con Lei; Maria, finalmente sarà per quest'anima il suo unico Tutto presso Dio e il suo rifugio universale.
 Se prega, pregherà in Maria; se riceve Gesù nella Santa Comunione, lo deporrà in Maria perché vi si
compiaccia; se opera, opererà pure in Maria, e dappertutto e in tutto farà atti di rinuncia di se stessa.


Operare per mezzo di Maria

48. 3) - Non bisogna mai andare a Nostro Signore se non per mezzo di Maria, per mezzo della sua
intercessione e del suo credito presso di Lui, non trovandosi mai soli nel pregarlo.


Operare per Maria

49. 4) - Infine, tutte le azioni devono essere fatte per Maria: divenuti, cioè, schiavi di questa augusta
Sovrana, non si lavori più che per Lei, per il Suo profitto e alla Sua gloria come fine prossimo, alla
gloria di Dio come fine ultimo. Si deve rinunciare, in tutto quello che si fa, all'amor proprio, che
impercettibilmente si prende quasi sempre come fine, e ripetere spesso dal profondo del cuore: "O
Mia cara Madre, per Te vado qua e là, faccio questa o quella cosa, soffro questa pena o questa
ingiuria!".


3) Tre avvenimenti importanti che riguardano lo spirito della Santa Schiavitù
Non credere cosa più perfetta l'andare direttamente a Gesù senza passare da Maria


50. Bada di non credere, o anima predestinata, che sia cosa più perfetta andare direttamente a Gesù,
direttamente a Dio con la tua opera e la tua intenzione: la tua opera, la tua intenzione sarebbero di
poco valore; se invece ci vai per mezzo di Maria, allora è l'operazione di Maria in te, e quindi essa
sarà sublime e degnissima di Dio.


Non farsi violenza per "sentire e gustare" -L'"Amen" dell'anima

51. Stai anche attento a non farti violenza per sentire e gustare ciò che dici o che fai: ma dì tutto e
fa' tutto in quella pura fede che Maria ebbe quaggiù, e che Ella con il tempo ti comunicherà. Lascia,
o povera piccola schiava, lascia alla tua Sovrana la chiara visione di Dio, i trasporti, le gioie, i
piaceri, le ricchezze, e prendi per te soltanto la fede pura, piena di svogliatezze, di distrazioni, di
noie, di aridità; e dille: "Amen, Così sia, a tutto quello che Tu, mia Padrona, fai in Cielo: per ora è
ciò che posso fare di meglio".

Non inquietarsi se non si gode tanto presto della presenza di Maria

52. Guardati inoltre dall'affliggerti se non godi così presto della dolce presenza della Vergine nel
tuo intimo. Questa grazia non è concessa a tutti; e quando Dio, nella sua grande misericordia, ne
favorisce un'anima, questa può benissimo perderla se non è fedele a raccogliersi spesso; qualora
però ti cogliesse tanta sciagura, ritorna dolcemente alla tua Sovrana e chiedile umilmente perdono.

4. Frutti meravigliosi di questa pratica interiore della Santa Schiavitù

Li insegnerà soprattutto l'esperienza

53. L'esperienza ti farà conoscere infinitamente più di quanto io ti dico, e tu troverai, qualora sia
fedele al poco che ti ho insegnato, tante ricchezze e tante grazie nella pratica di questa devozione,
che ne resterai meravigliata e la tua anima ne sarà colma di gioia.


Bisogna dunque procurare, con una pratica fedele, di avere in sé l'anima e lo spirito di Maria

54. Lavoriamo quindi, anima cara, e per mezzo di questa devozione fedelmente praticata, facciamo
in modo che l'anima di Maria sia in noi per glorificare il Signore, lo spirito di Maria sia in noi per
rallegrarsi in Dio, suo Salvatore. 
Sono queste le parole di Sant'Ambrogio: "Sia in ciascuno di noi l'anima di Maria per proclamare la grandezza del Signore, sia in ciascuno di noi lo spirito di Maria per gioire in Dio Salvatore". 
E non crediamo che vi sia stata più gloria e più felicità a dimorare nel seno di Abramo, chiamato Paradiso, che nel seno di Maria, perché Dio vi pose il suo trono. Così dice il dotto abate Guerrico: "Non credere che il Paradiso, raffigurato dal seno di Abramo, sia più felice del grembo di Maria, nel quale il Signore ha posto il suo trono".


La Santa Schiavitù stabilisce soprattutto la vita di Maria nella nostra anima

55. Questa devozione, fedelmente praticata, produce nell'anima effetti innumerevoli. Il principale -
vero dono dell'anima - è quello di stabilirvi la vita di Maria, in modo che non è più l'anima che vive,
ma la Vergine che vive in lei, poiché l'anima di Maria diviene, per così dire, la sua anima. Ora,
quando per una grazia ineffabile, ma vera, la divina Maria è Regina in un'anima, quali meraviglie
non vi opera! Siccome Ella è l'artefice delle grandi meraviglie, specialmente nel nostro intimo,
perciò vi lavora in segreto, all'insaputa dell'anima stessa, la quale se ne avesse conoscenza,
guasterebbe la bellezza delle sue opere.


Maria fa sì che, di continuo, la nostra anima viva in Gesù, e Gesù viva nella nostra anima

56. E nello stesso modo, siccome Ella è dappertutto la Vergine feconda, così porta in tutto l'intimo
dove si trova, la purezza del cuore e del corpo, la rettitudine delle intenzioni, la fecondità delle
buone opere.
Non credere anima cara, che Maria, la più feconda di tutte le creature, tanto che giunse a produrre
un Dio, rimanga oziosa in un'anima fedele. Ella farà vivere incessantemente quest'anima per Gesù, e
Gesù in lei: "Figli miei, per voi io soffro di nuovo i dolori del parto, finché non sarà chiaro che
Cristo è in mezzo a voi" (Gal. 4, 19), e se Gesù Cristo è così veramente frutto di Maria per ogni
anima in particolare, come lo è per tutti quanti in generale, è certo che in modo specialissimo Egli è
frutto di Maria e suo capolavoro nell'anima dove Lei risiede.


Maria diventa ogni cosa per la nostra anima presso Gesù

57. Infine, Maria, per quest'anima diviene ogni cosa presso Gesù Cristo: Ella ne illumina lo spirito
con la sua pura fede, le approfondisce il cuore con la sua umiltà, glielo dilata ed infiamma con la
sua carità, glielo purifica con la sua purezza, glielo nobilita ed arricchisce con la sua maternità
Ma per che motivo insistere? Solo l'esperienza può rivelarci queste meraviglie di Maria, meraviglie
incredibili alle persone dotte ed orgogliose, anzi al comune dei devoti e devote.

5. La santa schiavitù alla fine dei tempi
Per mezzo di Maria il Regno di Gesù arriverà alla fine dei tempi

58. Poiché per mezzo di Maria Santissima Dio venne la prima volta al mondo, nell'umiliazione e
nell'annientamento, non potrebbe pur dirsi altresì per mezzo di Maria Santissima, che Egli verrà
un'altra volta, come l'attende tutta la Chiesa, per regnare dovunque e per giudicare i vivi e i morti?
   Ma chi può sapere come e quando ciò avverrà? So bene però che Dio, i cui pensieri distano dai
nostri più che non disti il cielo dalla terra, verrà nel tempo e nel modo meno atteso dagli uomini,
anche i più dotti e i più versati nella Sacra Scrittura, che a questo riguardo è molto oscura.
Per mezzo della Santa Schiavitù, praticata dai suoi grandi santi, Maria farà che arrivi il regno
definitivo di Gesù

59. Allo stesso modo, si deve credere che verso la fine dei tempi, e più presto forse che non si pensi,
Dio susciterà grandi uomini ripieni dello Spirito Santo e di quello di Maria, per mezzo dei quali
Ella, questa divina Sovrana, opererà nel mondo grandi meraviglie per distruggervi il peccato e
stabilire il Regno di Gesù Cristo, suo Figlio, sulle rovine di quello del mondo corrotto; e che per
mezzo di questa devozione alla Vergine, di cui non so dare che una traccia, e ben pallida anche
questa, a causa della mia pochezza, quei santi personaggi verranno a capo di tutto.



giovedì 1 agosto 2019

IL SEGRETO DI MARIA (4)



C) ECCELLENZA DELLA SANTA SCHIAVITU': 
PERCHE' FA PASSARE TUTTA LA
NOSTRA VITA SPIRITUALE PER MARIA, LA MEDIATRICE



Passare per Maria è imitare le tre Persone divine

35. Quanta luce dovrei avere per esporre a dovere l'eccellenza di questa devozione! Dirò soltanto
rapidamente:
1) - Darci così a Gesù per mezzo dì Maria è imitare Dio Padre, il quale ci ha dato il suo Figlio solo
per mezzo di Maria, e solo per mezzo di Lei ci comunica le sue grazie. E' imitare Dio Figlio, il
quale è venuto a noi solo per mezzo di Maria, e, avendoci dato l'esempio affinché facessimo come
Egli ha fatto, ci ha sollecitati ad andare a Lui per lo stesso mezzo con cui Egli è venuto a noi, cioè
Maria. E' imitare lo Spirito Santo, il quale soltanto per mezzo di Maria ci elargisce le sue grazie e i
suoi doni. Non è forse giusto, - dice San Bernardo-, che la grazia ritorni al suo Autore dallo stesso
canale per il quale è venuta a noi?



E' onorare Gesù

36. 2) - Andare a Gesù per mezzo di Maria è onorare veramente Nostro Signore Gesù Cristo, perché
è riconoscere che non siamo degni di accostarci direttamente da noi stessi alla sua infinita santità, a
causa dei nostri peccati, e insieme che abbiamo bisogno di Maria, sua santa Madre, perché sia
nostra Avvocata e nostra Mediatrice presso di Lui, che è nostro Mediatore. E' nello stesso tempo
accostarci a Lui come a Mediatore nostro ed a nostro Fratello, ed umiliarci davanti a Lui come
davanti al nostro Dio ed il nostro Giudice: in una parola, è praticare l'umiltà che rapisce sempre il
cuore di Dio.



E' il mezzo di purificare e di abbellire le nostre buone azioni

37. 3) - Consacrarci così a Gesù per mezzo di Maria, è mettere nelle mani di Maria le nostre buone
opere, le quali, benché sembrino buone, sono spesso macchiate e indegne degli sguardi e del
compiacimento di quel Dio, davanti al quale le stelle stesse non sono pure. Preghiamo questa buona
Madre e Padrona affinché, avendo accettato il nostro misero dono, lo purifichi, lo santifichi, lo
nobiliti e l'abbellisca in modo da renderlo degno di Dio. 

Davanti a Dio, il Padre di famiglia, tutti i
frutti della nostra anima hanno meno valore per attirarci la sua amicizia e la sua grazia, di quanto
non ne avrebbe davanti al re la mela bacata di un povero contadino, colono di Sua Maestà, per
pagare il proprio affitto. Che cosa farebbe il meschino, se fosse intelligente e sapesse di essere ben
voluto dalla regina? Non metterebbe forse la sua mela nelle mani di lei? e questa, sia per bontà
verso il povero contadino, sia per rispetto verso il re, non toglierebbe forse dalla mela quello che vi
fosse di difettoso e di guasto, mettendola poi sopra un vassoio d'oro, ornato di fiori? E il re potrebbe
non accettarla, anche con gioia, dalle mani della regina, che vuole così bene a quel contadino? 
Se
vuoi offrire qualche piccolo dono a Dio, - dice San Bernardo mettilo nelle mani di Maria, a meno
che non t'importi di essere respinto.


Perché senza Maria le nostre azioni valgono ben poco

38. Dio mio! com'è poca cosa quello che facciamo! Ma mettiamolo in mano a Maria con questa
devozione; e quando ci saremo dati interamente a Maria, tanto quanto è possibile, spogliandoci di
tutto in suo onore, Ella sarà infinitamente più generosa verso di noi, poiché "per un uovo ci darà un
bove" comunicandosi a noi con tutti i suoi meriti e tutte le sue virtù, mettendo i nostri meschini doni
nel piatto d'oro della sua carità, rivestendoci, come Rebecca fece con Giacobbe, dei begli abiti del
suo Primogenito ed unico Figlio, Gesù Cristo, cioè dei meriti di Lui, che Ella tiene a sua
disposizione; e così, dopo esserci, spogliati di tutto per onorarla quali suoi domestici e suoi schiavi,
avremo doppia veste: "Tutti i suoi familiari hanno doppia veste": vesti, ornamenti, profumi, meriti e
virtù di Gesù e di Maria nell'anima di uno schiavo di Gesù e di Maria, spoglio di se stesso e fedele
nel suo spogliamento.


E' esercitare meravigliosamente la carità verso il prossimo

39. 4) - Darsi così alla Santissima Vergine è praticare nel suo più alto grado possibile la carità verso
il prossimo; poiché è dare a Maria tutto ciò che si ha di più caro, affinché ne disponga a suo
piacimento a favore dei vivi e dei morti.

E' il mezzo di conservare e di aumentare la grazia di Dio in noi

40. 5) - Con questa devozione si mettono al sicuro le proprie grazie, i propri meriti e le proprie
virtù, facendone depositaria Maria e dicendole:

"Ecco, mia cara Signora, ciò che, per grazia di tuo Figlio, ho potuto fare di bene; tienitelo, perché
purtroppo, a causa della mia debolezza ed incostanza, a causa del numero stragrande e della malizia
dei miei nemici, insorgenti contro di me giorno e notte, io non mi sento capace di conservarlo. Si
vedono, ahimè! tutti i giorni cadere nel fango cedri del Libano, e diventare uccelli notturni aquile
che si innalzavano fino al sole; io vedo altresì mille giusti cadere alla mia sinistra e diecimila alla
mia destra. Ma Tu, o mia potente e grandissima Principessa, sorreggimi, perché non cada;
custodisci ogni mio bene, perché non mi sia rubato. a Te affido in deposito tutto quanto posseggo.
so bene chi sei, perciò tutto mi abbandono a te. Tu sei fedele a Dio ed agli uomini, non lascerai
quindi perire nulla di quanto ti ho affidato; Tu sei potente, e nulla può nuocerti, né rapirti ciò che
tieni nella tua mano".

"Se la segui non ti smarrisci, se la preghi non disperi, se pensi a lei non sbagli.
Sostenuto da lei non cadi, protetto da lei non temi, guidato da lei non ti stanchi,
con la sua benevolenza giungerai ... " (San Bernardo, inter flores, cap. 135; De Maria Virgine, pag. 2150).

Ed altrove aggiunge: "Maria trattiene il Figlio perché non colpisca, il diavolo perché non nuoccia, le
virtù perché non fuggano, i meriti perché non spariscano, le grazie perché non vengano meno".
Parole di San Bernardo, che esprimono in sostanza quanto ho detto. Se anche ci fosse solamente
questo motivo per invogliarmi a questa devozione, che mi offre il mezzo sicuro di conservarmi anzi
di crescere nella grazia di Dio, io non dovrei spirare per essa che fuoco e fiamme.
É la vera liberazione della nostra anima

41. 6) - Questa devozione rende un'anima veramente libera della libertà dei figli di Dio. Siccome
noi, per amore di Maria, ci riduciamo volontariamente in schiavitù, questa cara Padrona, per
riconoscenza, allarga e dilata il nostro cuore e ci fa camminare a passi da gigante nella via dei
comandamenti del Signore. 
Ella scaccia la noia, la tristezza e lo scrupolo. Nostro Signore stesso
fece conoscere alla Madre Agnese di Langeac, morta in concetto di santità, questa devozione, quale
sicuro mezzo per uscire dalle grandi pene e perplessità in cui si trovava: "Fatti schiava di mia Madre
e mettiti la catenella", - le disse; Agnese acconsentì e nel momento stesso ogni pena scomparve.
E' seguire il consiglio della Chiesa e l'esempio dei Santi

42. Per autorizzare questa devozione, bisognerebbe ricordare tutte le Bolle e le Indulgenze
accordate dai Papi, le Pastorali dei Vescovi, le Confraternite fondate in suo onore, l'esempio di
parecchi Santi e di grandi personaggi che l'hanno praticata; ma tutto questo lo lascio da parte.

TOTUS TUUS , MARIA!

QUI: i retroscena della storia recente, meglio: Il disegno dell'amore misericordioso.


1 gennaio 1979. 
Festa della Maternità divina di Maria Santissima.

Il disegno dell'amore misericordioso.

«Figli prediletti, sono accanto a voi all'inizio di questo nuovo anno. Abbiate fiducia nel mio
Cuore Immacolato.

Nel mio Cuore è racchiuso il disegno dell'amore misericordioso di mio Figlio Gesù, che vuole
ricondurre il mondo al Padre per la perfetta glorificazione di Dio.

Il mondo non è perduto, anche se ora cammina sulle strade della perdizione e della sua stessa
distruzione. Attraverso una prova, che Io vi ho più volte preannunciato, sarà alla fine salvato
con un atto dell'amore misericordioso di Gesù, che vi ha affidati all'azione della vostra
Mamma Celeste.

Ancora i peccati ricoprono la terra; odio e violenza esplodono da ogni parte; i più grandi delitti
gridano ogni giorno vendetta al cospetto di Dio.

Iniziate un anno in cui da tutti sarà particolarmente avvertita la potente mano di Dio, che si
piegherà sul mondo per soccorrerlo con la forza irresistibile del suo amore misericordioso.
Per questo, figli miei, vi attendono avvenimenti che voi non potete immaginare.

Ma vi sono anche le preghiere dei buoni, i dolori degli innocenti, le sofferenze nascoste di
molti, le lacrime e le implorazioni di numerose vittime sparse in ogni parte del mondo. Per
mezzo di esse ho affrettato i tempi del mio straordinario intervento.

La Chiesa, mia figlia prediletta, esce ora da una grande prova, perché la battaglia tra Me e il
mio Avversario si è svolta anche al suo vertice. Satana ha tentato di introdursi fino a
minacciare la pietra su cui è fondata la Chiesa, ma l'ho a lui impedito. Proprio mentre Satana si
illudeva di vincere, dopo che Dio aveva accolto il sacrificio di Papa Paolo VI e di Giovanni Paolo
I, da Dio ho ottenuto alla Chiesa il Papa da Me preparato e formato.

Egli si è consacrato al mio Cuore Immacolato e mi ha solennemente affidato la Chiesa di cui
sono Madre e Regina.

Nella persona e nell'opera del Santo Padre Giovanni Paolo II, Io rifletto la mia grande Luce,
che diventerà tanto più forte, quanto più la tenebra avvolgerà ogni cosa.

Sacerdoti e fedeli consacrati al mio Cuore Immacolato, figli che da ogni parte del mondo ho
raccolto nella mia schiera per la grande battaglia che ci attende: unitevi tutti attorno al Papa
e sarete rivestiti della mia stessa forza e della mia luce meravigliosa.

Amatelo, pregate per Lui, ascoltatelo. Ubbiditelo in tutto, anche nel portare l'abito
ecclesiastico, secondo il desiderio del mio Cuore ed il suo volere che vi ha già manifestato.

Offritemi il dolore che provate se, per questo, sarete talvolta derisi dai vostri stessi
confratelli.

Anche alla Chiesa, che ha nel Papa la sua guida sicura, sarà abbreviato il tempo della
purificazione, secondo il mio disegno di amore.

Questa perciò è la vostra ora; l'ora degli apostoli del mio Cuore Immacolato.

Diffondete con coraggio il Vangelo di Gesù, 
difendete la Verità, 
amate la Chiesa; 
aiutate tutti a fuggire il peccato e a vivere nella grazia e nell'amore di Dio.

Pregate, soffrite, riparate.

State entrando nel periodo conclusivo della purificazione e il tempo non sia da voi misurato,
perché è ormai ordinato secondo un disegno di amore che siete chiamati a vedere presto in
tutto il suo splendore».



AMDG et DVM

IL "perdono" di Assisi


IL PERDONO DI ASSISI
L’
INDULGENZA RIGUARDA LA PENA NON L’ASSOLUZIONE DEI PECCATI… specialmente se non confessati e non intenzionati a rigettarli.
(Papa Onorio III)

Chi è il vero san Francesco? in cosa è l’immagine per antonomasia dell’ortodossia portata allo zelo estremo?
Il vero san Francesco, oggi, a mio parere, lo ritroviamo nel “Perdono di Assisi” dove ritengo sia racchiuso tutto il suo essere e il suo pensiero.
Illuminante, in tal senso, è l’opuscolo che nel 2005 Benedetto XVI ha dedicato proprio a questo “Perdono d’ Assisi”, riproponendo, per altro, la sua stessa esperienza.
Voglio mandarvi tutti in Paradiso”: in questa affermazione si trova il vero san Francesco, con tutto quello che, naturalmente, comporta perché in Paradiso non si va se non per la via stretta dell’ortodossia dei Comandamenti – tutti: nessuno è escluso – che è la via “ordinaria”. Non ci si va senza penitenza, non ci si va se non si è “poveri” bisognosi del Perdono, della misericordia di Dio…
Possiamo citare brevemente il passo dalle Fonti:
(FF 3391-3397): «Insieme ai vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, Francesco disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in paradiso!”». Poco prima, il santo si era recato dal papa Onorio III, che in quei giorni si trovava a Perugia, per chiedergli il privilegio dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che in stato di grazia, nel giorno del 2 agosto, avrebbero visitato questa chiesetta, dove egli viveva in povertà, aveva accolto s. Chiara, fondato l’Ordine dei Minori per poi inviarli nel mondo come messaggeri di pace. Alla domanda del Papa: «Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?», il santo rispose: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: «Come, non vuoi nessun documento?». E Francesco: «Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento; questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni».
Per lucrare l’indulgenza occorre essere in “stato di grazia”: più chiaro di così non si può! Nessuno sconto al peccato. L’indulgenza riguarda infatti la pena, non l’assoluzione dei peccati senza essersi confessati e senza essersi convertiti.

BENEDETTO XVI: QUELLA PREGHIERA CHE SAPEVO CERTAMENTE ESAUDITA
Arrivando ad Assisi da sud, nella piana si incontra la maestosa Basilica di Santa Maria degli Angeli, ma quel che cerchiamo, lo troviamo al centro della Basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco, che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di riparo e di orientamento. Al tempo di san Francesco il territorio circostante era coperto di boschi, paludoso e disabitato.
Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, la chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà. Lo stato di abbandono in cui si trovava dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell’Ordine dei Frati Minori, all’inizio pensato come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.
La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il Vangelo. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.
La Porziuncola – lo abbiamo visto – è anzitutto un luogo, ma grazie a Francesco d’Assisi è divenuto una realtà dello spirito e della fede, che proprio qui si fa sensibile e diventa un luogo concreto in cui possiamo entrare, ma grazie al quale possiamo anche accedere alla storia della fede e alla sua forza sempre efficace. Che poi la Porziuncola non ci ricordi solo grandi storie di conversione del passato, non rappresenti solo una semplice idea, ma riesca ancora ad accostarci al legame vivente di penitenza e di grazia, ciò dipende dal cosiddetto “Perdono d’Assisi”, che più propriamente dovremmo chiamare “Perdono della Porziuncola”. Qual è il suo vero significato? Secondo una tradizione che sicuramente risale almeno alla fine del secolo XIII, Francesco nel luglio del 1216 avrebbe fatto visita nella vicina Perugia al papa Onorio III, subito dopo la sua elezione, e gli avrebbe sottoposto una richiesta inusuale: chiese al pontefice di concedere l’Indulgenza plenaria per tutta la loro vita precedente a tutti coloro che si fossero recati nella chiesetta della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza dei propri peccati.
Il cristiano di oggi si chiederà che cosa possa significare un tale Perdono.
Al tempo di san Francesco come forma principale di penitenza imposta dalla Chiesa, in stretto rapporto con il Perdono dei peccati, era invalso l’uso di intraprendere un grande pellegrinaggio, a Santiago, a Roma e, soprattutto a Gerusalemme. Il lungo, pericoloso e difficile viaggio a Gerusalemme poteva davvero diventare per molti pellegrini un viaggio interiore; tuttavia un aspetto molto concreto era anche il fatto che in Terra Santa le offerte che esso portava con sé erano divenute la fonte più importante per il mantenimento della Chiesa locale. In proposito non si dovrebbe storcere troppo facilmente il naso: in tal modo la penitenza acquistava anche una valenza sociale.
Se dunque – come vuole la tradizione – Francesco aveva avanzato la richiesta che tutto questo potesse essere ottenuto con la visita orante al santo luogo della Porziuncola, ciò era legato davvero a qualcosa di nuovo: una Indulgenza, che doveva cambiare l’intera prassi penitenziale. Si può senz’altro comprendere che i cardinali fossero scontenti della concessione di questo privilegio da parte del papa e temessero per il sostentamento economico della Terra Santa, tanto che il Perdono della Porziuncola fu inizialmente ridotto a un solo giorno all’anno, quello della dedicazione della Chiesa, il 2 agosto.
A questo punto, però, ci si domanda se il papa potesse far questo così semplicemente. Può un papa dispensare da un processo esistenziale, quale era quello previsto dalla grande prassi penitenziale della Chiesa? Ovviamente, no. Quel che è un’esigenza interiore dell’esistenza umana, non può essere reso superfluo mediante un atto giuridico. Ma non si trattava affatto di questo. Francesco, che aveva scoperto i poveri e la povertà, nella sua richiesta era spinto dalla sollecitudine per quelle persone a cui mancavano i mezzi o le forze per un pellegrinaggio in Terra Santa; coloro che non potevano dare nulla, se non la loro fede, la loro preghiera, la loro disponibilità a vivere secondo il Vangelo la propria condizione di povertà. In questo senso l’Indulgenza della Porziuncola e la penitenza di coloro che sono tribolati, che la vita stessa carica già di una penitenza sufficiente. Senza dubbio a ciò si legava anche un’interiorizzazione del concetto stesso di penitenza, sebbene non mancasse certamente la necessaria espressione sensibile dal momento che implicava comunque il pellegrinaggio al semplice e umile luogo della Porziuncola, che allo stesso tempo doveva essere un incontro con la radicalità del Vangelo, come Francesco l’aveva appresa proprio in quel posto.
Dopo la concessione di questa particolare Indulgenza si arrivò ben presto a un passo ulteriore. Proprio le persone umili e di fede semplice finirono per chiedersi: perché solo per me stesso? Non posso forse comunicare anche ad altri quel che mi è stato dato in ambito spirituale, come avviene in ambito materiale? Il pensiero si rivolgeva soprattutto alle povere anime, a coloro che nella vita erano stati loro vicini, che li avevano preceduti nell’altro mondo e il cui destino non poteva essere loro indifferente. Si sapeva degli errori e delle debolezze delle persone che erano state care o dalle quali si erano forse ricevuti anche dei dispiaceri. Perché non ci si poteva preoccupare di loro? Perché non cercare di fare loro del bene anche al di là della tomba, di accorrere in loro aiuto, laddove possibile, nel difficile viaggio delle anime? “Se viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore”, dice Paolo (Rm 14,8). Questo significa: il vero limite non è più la morte, ma l’appartenere o il non appartenere al Signore. Se gli apparteniamo, allora siamo vicini gli uni agli altri per mezzo di lui e in lui. Per questo – era la conseguenza logica – c’è un amore che va al di là dei limiti della morte.
Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del Perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’Indulgenza, era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti.
Nel corso del tempo, tuttavia, a tutto questo si aggiunse un’altra idea: nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni “tesoro della Chiesa” o “meriti” dei santi.
Chiedere l’Indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione. La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
Così la Porziuncola e l’Indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? Ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?
L’Indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza.
L’Indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto e grazia.

 
Racconta il papa Benedetto XVI, in un passo molto significativo perchè parla anche di se stesso:
Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. 

Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti
…”

e ancora:
Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. 
È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi. 
Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione. 

La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri. 

Così la Porziuncola e l’indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati? 

L’indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza. L’indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia”.

Da: Joseph Ratzinger “Il Perdono di Assisi” Ed. Porziuncola 2005

*********

PERDONO DI ASSISI – come rendere fruttuosa l’Indulgenza
(Per sé o per i defunti)
Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell’Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l’indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE:
1 – Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l’indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
2 – Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
3 – Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
4 – Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un’“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
5 – Disposizione d’animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.

Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
SALVE SANCTE PATER