giovedì 7 marzo 2019

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Curcuma e miele: proprietà e benefici di un'accoppiata vincente!
di Giuliani Alba
Pubblicato il 30 gennaio 2018


Curcuma e miele sono due alleati eccezionali per combattere i mali di stagione, e non solo! Scopri insieme a noi tutte le loro proprietà e benefici, trova la ricetta giusta per te e scopri se può aiutarti anche a dimagrire senza controindicazioni

Curcuma e miele sono due ingredienti naturali dalle incredibili proprietà. Assunti assieme, moltiplicano i loro benefici e offrono un'efficacia curativa davvero sorprendente. Le loro qualità antinfiammatorie, analgesiche e antiossidanti possono aiutarci a rafforzare le nostre difese immunitarie.

Se il miele lo conosciamo bene perché fa parte della nostra tradizione culinaria (quale nonna non ne ha fatto mangiare un cucchiaio al nipotino per curare il mal di gola?), la curcuma è entrata nella nostra alimentazione solo da poco tempo e, date le sue qualità, non possiamo già più farne a meno!

Scopriamo assieme quali sono le proprietà e i benefici di curcuma e miele, un'accoppiata davvero vincente! Vediamo insieme come consumarla, se è utile per dimagrire e quali sono le eventuali controindicazioni. Ma prima, ecco qualche altro super-cibo contro il raffreddore:

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La curcuma contiene un ingrediente attivo detto curcumina: è lei a donare alla curcuma il suo colore, così caratteristico. La curcumina ha ottime qualità antinfiammatorie e analgesiche: è perfetta contro dolori e infiammazioni. Ha inoltre la capacità di bloccare i radicali liberi che potrebbero provocare malattie come il cancro. I suoi benefici vanno quindi dal combattere vari tipi di agenti patogeni all'alleviare i dolori muscolari, dal rafforzare il sistema immunitario a proteggere il fegato, dal combattere l'artrite al prevenire la formazione di tumori.

Il miele, poi, non è certo meno benefico (oltre a essere buonissimo!): ha proprietà antisettiche, calmanti, lassative, antibatteriche e diuretiche. Ha la capacità di alleviare i sintomi di influenza e raffreddore, rafforzare il sistema immunitario, regolare la flora intestinale, prevenire le infezioni e aiutare l'apparato digerente.

Consumati insieme, curcuma e miele diventano un fortissimo antinfiammatorio, utilissimo contro le infiammazioni delle vie respiratorie e della gola in particolare (non a caso, è consigliato per la tosse). Il miele ha la capacità di ammorbidire le mucose, mentre la curcuma spegne l'infiammazione. Allo stesso tempo, rafforzano le difese del nostro corpo e lo aiutano a difendersi da ogni genere di microrganismo. Funzionano, insomma, come un antibiotico naturale! E, allo stesso tempo, non danno problemi alla flora intestinale, anzi... favoriscono un corretto funzionamento dell'apparato digerente.

Curcuma e miele: scopri la ricetta giusta per te
Come consumare curcuma e miele? La ricetta base è un semplice composto costituito dai due ingredienti. Per realizzarlo basteranno un cucchiaio di curcuma e 100 grammi di miele, possibilmente biologico. Dopo averli mescolati per bene, vanno conservati in frigo in un contenitore di vetro con coperchio. Il tocco in più? Un pizzico si pepe, qualche goccia d'olio o di latte: serviranno per aiutare il corpo a metabolizzare meglio la curcuma.

Questo composto andrebbe assunto con regolarità: mezzo cucchiaio ogni ora il primo giorno, ogni due ore il secondo giorno, ogni tre ore il terzo. Si tratterebbe di un vero e proprio trattamento medico per il quale, anche se del tutto naturale, è sempre meglio chiedere un consulto al proprio dottore.

Per poter gustare questo mix con più leggerezza, prova a prepararti una bella bevanda calda e scioglici dentro un cucchiaino del tuo composto: puoi aggiungerlo al tè, a un infuso, nel latte o nella semplice acqua calda. Darai così un mix di sapore (e di salute) alla tua bevanda. Abbinamenti particolarmente indicati sono quelli con il limone, lo zenzero e la cannella: tutti ingredienti naturali dai poteri altrettanto antinfiammatori e benefici.

Se acquisti della curcuma fresca (ad esempio in un negozio biologico) puoi utilizzarla assieme al miele per preparare un frullato oppure un centrifugato, aggiungendo altra frutta di stagione e magari del latte di mandorle. Una vera bontà.


Curcuma e miele sono utili per dimagrire?
Un composto a base di curcuma e miele non è specificamente indicato per dimagrire, ma può essere utile a questo fine grazie alle proprietà dimagranti dei suoi ingredienti.

La curcuma, infatti, agisce sulle cellule adipose, spingendo l'organismo a utilizzare i grassi accumulati. Aiuta inoltre il fegato a metabolizzare meglio carboidrati e zuccheri. Non solo: svolge un'importante attività depurativa e aumenta il senso di sazietà. Inoltre combatte il gonfiore addominale e aiuta a ritrovare la pancia piatta, favorendo i processi digestivi.
Anche il miele ha l'importante funzione di stimolare e attivare il metabolismo, favorendo lo smaltimento dei grassi: possiede inoltre il 22% in meno di calorie dello zucchero ed è più facile da assimilare.

Ci sono controindicazioni per il consumo di curcuma e miele?
Curcuma e miele sono un rimedio naturale senza particolari controindicazioni, salvo per chi soffre di malattie della bile. La curcuma, infatti, causa una contrazione della cistifellea e può essere pericolosa. Nel caso di malattie epatiche, inoltre, è sempre meglio chiedere al proprio medico di riferimento. Per quanto riguarda il miele, invece, è sconsigliato a chi soffre di diabete.

Scopri subito altri super-cibi utilissimi per rafforzare il sistema immunitario, proprio come curcuma e miele:

Guarda anche : Cibi che rafforzano le difese immunitarie: i 10 alimenti top per affrontare l'inverno

Libro di Preghiere

San Tommaso d'Aquino, Doctor Angelicus



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Il beatissimo Tommaso, l'insigne ornamento del mondo cristiano e il luminare della Chiesa, nacque da Landolfo conte d'Aquino e da Teodora di Napoli, di nobil lignaggio, e ancor bambino diede un segno della tenera devozione che avrebbe poi portato alla Madre di Dio. Avendo trovata una carta su cui era scritta la salutazione Angelica, la ritenne stretta in mano, nonostante gli sforzi della nutrice, e quando la madre gliela strappò a forza, la reclamò con pianti e con gesti e, appena riavutala, la inghiottì. All'età di cinque anni, fu affidato alle cure dei monaci Benedettini di Monte Cassino. Di là mandato a Napoli per gli studi, appena adolescente entrò nell'ordine dei frati Predicatori. Ma e la madre e i fratelli restandone fortemente sdegnati, è mandato a Parigi. Per via i fratelli se ne Impadroniscono colla forza e lo conducono nel castello di san Giovanni d'Arce: dove vessato in più modi per fargli cambiar risoluzione, gl'introdussero finanche una donna per scuotere la sua costanza, ma egli la mise in fuga con un tizzone. Tosto il beato giovane, inginocchiatosi in preghiera davanti all'immagine della croce ed essendosi addormentato, gli parve di sentire in sogno degli Angeli stringergli le reni; e da quel tempo in poi fu esente da ogni senso di libidine. Persuase le sorelle, ch'erano venute nel castello per smuoverlo dal pio disegno, a liberarsi dalle cure del secolo e a consacrarsi agli esercizi d'una vita celeste.

Fatto uscire dal castello per una finestra, è ricondotto a Napoli; donde fra Giovanni Teutonico, maestro generale dell'ordine dei Predicatori lo conduce prima a Roma e poi a Parigi, dove studiò filosofia e teologia sotto Alberto Magno. A venticinque anni è dichiarato maestro, e spiega pubblicamente col più gran successo gli scritti dei filosofi e teologi. Non si mise mai a studiare o a comporre, se non dopo aver pregato. Nei passi difficili della sacra Scrittura, alla preghiera aggiungeva il digiuno. Anzi soleva dire al suo confratello Reginaldo, che quanto sapeva averlo acquistato non tanto col suo studio o lavoro, quanto averlo appreso per ispirazione divina. Pregando con più ardore a Napoli davanti all' immagine del Crocifisso, udì questa voce: Hai scritto bene di me, Tommaso; qual ricompensa ne vuoi avere? Ed egli a lui: Non altra, Signore, che te stesso. Leggeva assiduamente le Collazioni dei Padri; e non c'era genere di scrittore che egli non avesse studiato con diligenza. I suoi scritti e per il numero, e per la varietà, e per la facilità onde vi sono spiegate le cose difficili sono sì eccellenti, che la sua dottrina fecondissima, esente da ogni errore e meravigliosamente d'accordo colle verità rivelate, è efficacissima a combattere vittoriosamente gli errori d'ogni tempo.

Chiamato a Roma dal somme Pontefice Urbano IV, compose dietro suo ordine l'Ufficio ecclesiastico che si recita nella solennità del Corpus Domini: ma ricusò gli onori che gli offrì ed anche l'arcivescovado di Napoli propostogli da Clemente IV. Non cessava d'annunziare la parola di Dio; e nel farlo durante l'ottava di Pasqua nella basilica di san Pietro, una donna toccando il lembo della sua veste, rimase libera dalla perdita di sangue. Mandato dal beato Gregario X al concilio di Lione, cadde malato nel monastero di Fossanova, dove, infermo, commentò il Cantico dei cantici. E là morì cinquantenne, l'anno della salute 1274, il 7 di Marzo. Dei miracoli lo resero illustre anche dopo morte; e dopo essere stati approvati, Giovanni XXII l'iscrisse nell'albo dei Santi nell'anno 1323, e più tardi il suo corpo fu trasportato a Tolosa per ordine del beato Urbano V. Paragonato ai santi spiriti angelici non meno per l'innocenza che per l'ingegno, ottenne giustamente il titolo di Dottore Angelico, confermatogli dall'autorità di san Pio V. Leone poi XIII, accogliendo favorevolmente le suppliche e i voti di quasi tutti i vescovi dell'orbe cattolico, per combattere soprattutto la peste di tanti sistemi filosofici che si allontanano dalla verità, per il progresso delle scienze e la comune utilità del genere umano, con decreto della sacra Congregazione dei Riti, lo dichiarò e stabili mediante lettere apostoliche celeste patrono di tutte le scuole cattoliche.
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V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.
AMDG et DVM

UNA VITA CON MARIA VALTORTA - PDF

UNA VITA CON MARIA VALTORTA - PDF: UNA VITA CON MARIA VALTORTA Si tratta di un prezioso volume di testimonianze che la Provvidenza divina ha voluto per contrastare le infinite malignità, in gran parte di origine clericale, che si sono accanite,

mercoledì 6 marzo 2019

Le due regole... e l'elemosina

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Come comportarsi con chi chiede l'elemosina?

Parole chiave: risponde il teologo (228), povertà (68), carità (572)
05/11/2008 di Archivio Notizie

Da tempo, durante i miei spostamenti quotidiani da una parte all'altra della città, mi imbatto sempre più di frequente in mendicanti, barboni e zingari che chiedono l'elemosina per strada. E questo è un fatto che si pone non solo per chi cammina a piedi ma anche per chi, in auto, si ferma al semaforo. Sono sempre le stesse facce, sempre le stesse persone che oramai si sono stanziate nelle nostre città «spartendosi» le diverse zone. Dinanzi a chi chiede, anche con insistenza, denaro, la prima reazione è quella del fastidio e dell'indifferenza. Ma mi domando quale in questi casi dovrebbe essere l'atteggiamento corretto da tenere almeno per una persona che si professa cristiana. Esistono delle «regole» nei confronti della carità e dell'elemosina?
Lettera firmata

Risponde don Leonardo Salutati, docente di Teologia Morale
Le due regole che il Signore Gesù ci ha espressamente indicato come fondamentali e dalle quali dipende tutto sono semplici da ricordare: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,37-40).

Se poi vogliamo andare un po' più a fondo troviamo altre indicazioni chiare nei vangeli. L'evangelista Luca ci riporta un insegnamento di Gesù che dice: «Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 6,31-35).

A queste parole si potrà obiettare che però la domanda della lettrice parla di elemosina e non di prestito. Immediatamente di seguito però, Luca riporta un altro insegnamento che ci può ulteriormente aiutare: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,36-38).

Sono parole che richiedono di essere meditate per fare proprio lo spirito con cui Gesù camminava per le strade degli uomini incontrando anche lui i mendicanti, i barboni e gli zingari del suo tempo, verso i quali non poteva non provare quella compassione che è richiesta per entrare nel suo regno e che consiste nel saper accogliere gli affamati, gli assetati, i bisognosi di ospitalità, i nudi da rivestire, gli ammalati e i carcerati (cf. Mt 25,31-46). È tuttavia vero che saper accogliere non significa essere investiti della responsabilità di risolvere i problemi di tutti quelli che incontriamo, non è umanamente possibile, e questo ci scarica dagli eventuali sensi di colpa, però è altrettanto vero che l'incontro con un cristiano dovrebbe lasciare sempre qualcosa di positivo, perché il discepolo di Gesù è chiamato ad imitare il Maestro che non lasciava mai indifferenti coloro che incontrava. Con questo si intende dire che il cristiano non è obbligato a dare sempre qualcosa a chi chiede.

I Padri della Chiesa a tal proposito esortano affinché: «la tua elemosina si bagni di sudore nella tua mano, finché tu non abbia ponderato bene a chi dare», ammonendo che: «se alcuno, infatti, riceve per bisogno è senza colpa; ma se prende senza aver bisogno dovrà rendere conto perché ha preso e a che scopo» (Didachè, SC 248, 1978, 146-147). Tuttavia sempre, in quanto cristiani, dovremmo saper essere accoglienti con un sorriso, con una parola che non giudica e che sa trasmettere pace, valutando cosa lo Spirito Santo ci richiede in quel momento. Madre Teresa di Calcutta e con lei tutta la grande schiera dei santi della carità, ci possono essere di esempio, di ispirazione e, soprattutto, possono intercedere per noi affinché impariamo in ogni occasione a rendere ragione della speranza che è in noi con dolcezza e rispetto (cf. 1Pt 3,15).

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