mercoledì 11 aprile 2018

Approfittate di istruirvi e agire ragionevolmente


17 aprile 2012
“Quel giorno tanto atteso”

Noi siamo collegati gli uni agli altri.

Siamo una catena vivente ma incompleta, perché vi è ancora tanto disaccordo tra di noi.
Voi siete i vasi comunicanti della terra  ─  ci dice il Signore  ─ Affinché nulla possa mancare né agli uni né agli altri, DIO ha messo nel cuore di ogni figlio il modo di poter uscire da qualsiasi situazione della vita: è la compassione.

Nella vita c’è “l’altro”, l’amico che possiede ciò che manca a te. E se egli non sa condividere, guai a lui! Perché il sovrappiù di quanto ha, spetta a te, per i tuoi bisogni primari. E’ DIO che dona!
La comunicazione con DIO è una informazione generale, quando non è confidenziale. Essa deve essere trasmessa subito, dappertutto: è la Santa Verità di DIO per tutti.

Perché la vita di questo Mondo si va indebolendo?
Perché siete voi che lo fate morire di sfinimento e di mancanza di rispetto.
Non accumulate per il domani. Ad ogni giorno basta la sua pena.
Gli uccelli non hanno granaio, eppure non manca loro il nutrimento.
Siate generosi, come Gesù Cristo vi ha insegnato. Condividete il troppo o meglio ancora: condividete il poco, perché è quel poco che diventa “la moltiplicazione dei pani del Signore”.
Prima di fare provviste in vista di una eventuale carestia, nessuno pensi di salvare solo se stesso. Questo è impossibile a un vero figlio del Signore.
Provate a farlo! Rimarrete delusi!

Voi sarete salvati gli uni per gli altri,
e vi ritroverete tutti uniti sulla Terra … il Giorno in cui
DIO vi chiamerà a vivere con LUI nel Suo Regno della Terra!

In questo giorno, DIO vi informa che avete bisogno di riprendere le lezioni del Signore che insegna a tutti, piccoli e grandi, in che modo possiamo ancora salvare la Terra e i suoi figli.

Il Signore, che è AMORE e compassione, chiede a tutte le sue “voci” che Lo ascoltano, di avvertire coloro che dormono ancora sui loro progetti di morte, di smetterla di elevare “la Torre di Babele”. Con essa si cerca di superare DIO modificando le Sue Leggi con altre leggi infami, costruite dall’orgoglio insensato degli uomini che agiscono unicamente per il loro profitto, seminando la paura e la collera, l’odio e il disprezzo contro DIO e i suoi figli che lo seguono.

DIO ci avverte che non dobbiamo più attribuire a Lui tutte la catastrofi che si accumulano sulla Terra, dovute ai mari, all’aria, al fuoco.

E’ l’Uomo che non rispetta più la volontà di DIO né le sue opere e la vita delle sue creature; è solo l’Uomo responsabile della ribellione degli elementi che ciecamente si scatenano contro gli uomini.

Se l’Umanità accusa DIO di punirla mediante gli elementi scatenati contro di essa, rifletta a sua volta e riconosca che è l’Uomo l’unico responsabile.

Con il suo disordine, diventa carnefice di se stesso, e si condanna alla morte.
E’ il suo egoismo che lo porta a rifiutare il pane ai poveri, a custodire gelosamente il suo denaro bene al sicuro nella sua Banca. E’ il rifiuto del povero, del malato, del bimbo nascituro, della vecchiaia che si annuncia “lunga, inutile e pesante”.

Tutto questo è da eliminare presto e bene!  dicono gli uomini tra di loro.
Quest’uomo che giudica e punisce chi osa disturbarlo nel suo piccolo programma personale di vita, si mette al posto di DIO, e giudica DIO!

E’ allora che tutto si ritorce contro di lui, contro l’Uomo che diventa un insieme, una “massa di Umanità insolente” che accusa DIO di tutti i disastri che avvengono sulla Terra.
Non è forse Gesù che comandò alle onde in tempesta di calmarsi, quando la barca era scossa violentemente e i suoi apostoli temevano il peggio?

Gli uomini continuano a uccidersi tra loro. Si puniscono inquinando tutto, l’aria, l’acqua, la terra. L’Uomo si distrugge da solo; e ogni giorno accusa il suo Creatore, il suo DIO che solo può salvarlo.
E DIO VIENE A SALVARLO!
Oggi l’Uomo è in attesa, nella “stazione della Terra”.

Attende di essere chiamato per entrare nella “Grande Purificazione” delle anime che devono raggiungere la “Nuova Terra”, quel Paradiso perduto a causa di una cattiva scelta dell’uomo  ADAMO.

L’attesa che vivete dove vi trovate presentemente, in quel tale luogo, su questa stessa Terra è la prova che dovete sostenere al fine di definire il luogo che sceglierete in piena conoscenza.

Tutto vi sarà svelato in “quella situazione”, in quell’attesa che vi aiuterà a “vedervi così come siete”, con i gradi d’intelligenza che avrete acquisito, soprattutto sulla via (percorsa) con DIO.
Voi siete già nell’Avanti-Regno: e già state vivendo la vostra spiritualità.

Approfittate dunque di istruirvi e agire ragionevolmente, perché è proprio qui che si prepara la VERA Partenza, per proseguire il cammino che “l’Uomo Nuovo” dovrà percorrere fino a raggiungere il Regno di DIO.

Questo nuovo tratto di strada è ancora una scelta libera per l’uomo che non ha ancora realizzato il suo cambiamento, ed è in cerca della “sua via”.
L’Uomo è ancora carnale, continua ad aprire porta dopo porta, fino a trovare il suo luogo di predilezione e scegliere il Tempo in cui si deciderà ad andare verso DIO, che lo rivestirà della sua spiritualità, che è “l’abito di DIO”.

Tutto avviene spiritualmente. Dovunque ci troviamo, senza muoversi, le situazioni delle anime cambiano!
Tu non hai alcun merito. DIO ha scelto da sempre “i suoi araldi” per annunciare la Buona Novella. E tu hai detto “Sì” a DIO.

Ecco il Regno di DIO che dovete annunciare. E’ arrivato il tempo in cui “La Vergine e il Figlio” sono in cammino per venire a incontrare coloro ai quali hanno promesso assistenza, al fine di proseguire sulla via che voi avete scelto per guidare coloro che DIO vi ha fatto conoscere e che aspettano il vostro arrivo.
Sono Io che preparo tutto per l’incontro di quelli che devono seguirvi.

Comincia a dire loro di prepararsi.
“Tu lo sai benissimo che sono Io che ti chiamo! Non portate niente con voi.
Preparateli a somigliare a tutti quei bambini che sanno amare, perdonare, condividere. Senza alcun rancore, siano pronti a donare tutto e a donare se stessi.

Figlia mia, il Tempo non cammina più. Il Tempo corre!
Il vostro DIO che riunisce le sue pecore. Amen!




martedì 10 aprile 2018

Occorre gettare la maschera e dire le cose come stanno.


EDUCARE, NON TRADURRE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XI n° 4 - Aprile 2018

  La Chiesa nei secoli si è preoccupata di spiegare e non di tradurre. E “tradurre” non è spiegare, anzi a volte è sinonimo di “abbandonare”.

  Va di moda da troppi anni, dentro la Chiesa Cattolica, un mea culpaincomprensibile, che nel cinquecentenario dell'eresia protestante è diventato addirittura un mea culpa assordante: la Chiesa ha trascurato la Sacra Scrittura, Lutero ce ne ha ricordato l'importanza, oggi la Chiesa ha rimesso al centro la Bibbia.

  Come si fa a dire che la Chiesa ha trascurato la Sacra Scrittura? Come si fa a negare il lavoro di secoli per commentarla e spiegarla; come si fa a censurare tutto il lavoro educativo svolto dal magistero di secoli a partire dai Padri della Chiesa? E dire che i Padri hanno sempre commentato la Sacra Scrittura in abbondanza, anzi quasi esclusivamente.

  Ma allora perché questo ripetitivo e miope mea culpa?

  Semplicemente perché si è generalmente frainteso lo “spiegare” con il “tradurre”, e questo in casa cattolica!

  Tutto questo ha una logica in casa protestante: se ciascuno deve diventare interprete delle Scritture secondo l'ispirazione interiore che dal Cielo discende su di lui, è sufficiente tradurre in lingua comprensibile i testi sacri. Peccato che nemmeno Lutero e gli altri capi protestanti seguirono quello che dicevano di sostenere, visto che violentemente resero pubblica tutta la loro falsa teologia di interpretazione dei testi biblici: Lutero e gli altri sostituirono la loro interpretazione, la loro dottrina, alla dottrina del magistero della Chiesa di 1500 anni. I protestanti seguono così non la Bibbia, ma la dottrina dei loro tristi fondatori.

  Ma in casa cattolica questo non viene più detto, anzi viene nascosto sotto una falsante valorizzazione della Bibbia... l'inganno protestante ha colpito, ha colpito i cervelli!

  La Chiesa ha il dovere, il compito di spiegare e non di tradurre: deve educare tenendo insieme tutta la Rivelazione, tutta la Bibbia evitando scelte riduttive; deve tenerla insieme tutta mentre ne comunica la chiave interpretativa che è Gesù Cristo. Deve trasmetterla tutta senza i tagli e le censure che ne pratica ogni eresia di ieri e di oggi.
  La Chiesa deve educare trasmettendo tutta la dottrina che ha nel Messale romano il vertice della sua sintetica purezza.

  Invece in questi tristi anni molti nella Chiesa hanno pensato di rinnovarsi semplicemente traducendo, pensando che facilitando l'approccio immediato sorgesse per i fedeli una più ampia comprensione del Cristianesimo.
  Niente di più falso e ingannevole!

  Il facilitare con il tradurre è diventato tra noi banalizzazione. Si è rinunciato al compito grave di trasmettere tutto e insieme. Tutto Cristo, in tutta la Rivelazione, in tutta la Scrittura e in tutta la Dottrina.

  L'esito è sotto gli occhi di tutti: una ignoranza abissale del cristianesimo da parte dei cattolici romani. Una ignoranza spaventosa su tutti i punti essenziali: la Trinità, la divinità di Gesù Cristo, le due nature in Cristo, la vita di Grazia, la dottrina sui Sacramenti, la resurrezione della carne... cosa resta del Cristianesimo in mezzo ai cattolici? Tutto è spaventosamente ridotto ad una vaga religiosità naturale che abbraccia ogni possibilità immorale.
  Eh sì, si è tradotto e si è abbandonati a se stessi i fedeli.

  Questo lo capimmo subito con la questione della Messa: tradotta fu banalizzata e ora i cattolici non sanno più cosa sia, compresi troppi preti!

  Come al solito su tutto questo regna un silenzio assordante: dove sono tutti i sociologi cattolici, preti e non, pronti a valutare l'impatto delle riforme sulla vita dei fedeli? Perché non rilevano questo cataclisma che sta facendo scomparire il cattolicesimo in casa cattolica?

  Stupido o complice che sia, questo silenzio è inaccettabile, occorre gettare la maschera e dire le cose come stanno.

  I Protestanti con la scusa di tradurre, liberando dall'insopportabile latino i cristiani, hanno di fatto cambiato la dottrina: erano ancora fortunati loro perché, combattendo la retta fede cattolica ricca di dottrina, erano obbligati a sviluppare una dottrina contraria – dicevano di lasciare alla privata interpretazione la Bibbia, in verità hanno indottrinato protestanticamente.

  In casa cattolica invece si è portato oggi ad estreme conseguenze l'inganno protestante: grazie al modernismo che ha svuotato i dogmi e quindi la dottrina, si predica un'adesione a Cristo senza contenuti: una vaga religiosità dove dietro parole ancora cattoliche passa proprio tutto e il contrario di tutto. Ognuno la pensa come vuole e i preti – i pochi ancora rimasti – devono benedire.

  Con la scusa del dialogo con i fratelli separati si sono rotti i bastioni di difesa e ciò che il protestantesimo aveva tristemente solo iniziato, da noi il Modernismo ha definitivamente compiuto: lo svuotamento del Cristianesimo, guscio vuoto senza la rivelazione divina.

  Per questo diciamo con convinzione: preoccupiamoci di educare, di insegnare, e non di tradurre.
Anzi, proprio la difficoltà di accostamento ai testi, si tratti della Messa o della Bibbia, obbligherà pastori e fedeli a mettersi nella giusta prospettiva, quella di insegnare e comprendere nella sua vera globalità.

  Ai sacerdoti il grave compito di introdurre a tutto il Cristianesimo, senza accontentarsi di intrattenere semplicemente i fedeli su qualche aspetto.

  Ai fedeli il dovere di lasciarsi educare a tutta la dottrina cristiana, fin nelle sue conseguenze più pratiche.

  La mania di tradurre ha inaugurato la stagione della banalizzazione, e questa chiesa che ha scelto di intrattenere è già morta.

  Occorre che sussista sempre la Chiesa madre, che educa i suoi figli sperando contro ogni speranza.
+AVE MARIA... sis mecum semper
protege et sanctifica omnia quae faciam
et Amen+

PAPA GIOVANNI PAOLO II


Papa Giovanni Paolo II 
(in latinoIoannes Paulus PP. II, in polaccoJan Paweł II, nato Karol Józef Wojtyła[?·info]Wadowice18 maggio 1920 – Città del Vaticano2 aprile 2005
è stato il 264º papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma, 6º sovrano dello Stato della Città del Vaticano, accanto agli altri titoli connessi al suo ufficio.
Fu eletto papa il 16 ottobre 1978. In seguito alla causa di beatificazione, il 1º maggio 2011 è stato proclamato beato dal suo immediato successore Benedetto XVI e viene festeggiato annualmente nel giorno del suo insediamento, il 22 ottobre; nella storia della Chiesa, non accadeva da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore[4]
Primo papa non italiano dopo 455 anni, cioè dai tempi di Adriano VI (1522-1523), è stato inoltre il primo pontefice polacco nella storia e il primo proveniente da un Paese di lingua slava. Il suo pontificato è durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni ed è stato il terzo pontificato più lungo della storia (dopo quello di Pio IX e quello tradizionalmente attribuito a Pietro apostolo).
Giovanni Paolo II intraprese sin dal principio del suo pontificato una vigorosa azione politica e diplomatica contro il comunismo e l'oppressione politica, ed è considerato uno degli artefici del crollo dei sistemi del socialismo reale, già controllati dall'ex Unione Sovietica. Combatté la teologia della liberazione, intervenendo ripetutamente in occasione di avvicinamenti di alcuni esponenti del clero verso soggetti politici dell'area marxista. Stigmatizzò inoltre il capitalismo e il consumismo sfrenati, considerati antitetici alla ricerca della giustizia sociale, causa d'ingiustificata sperequazione fra i popoli e lesivi della dignità dell'uomo. Il suo pontificato fu fortemente conservatore; nel campo della morale si oppose fermamente all'aborto e all'eutanasia e confermò l'approccio tradizionale della Chiesa sulla sessualità umana, sul celibato ecclesiastico e sul sacerdozio femminile.
I suoi 104 viaggi in tutto il mondo videro la partecipazione di enormi folle (tra le più grandi mai riunite per eventi a carattere religioso). Con questi viaggi apostolici, Giovanni Paolo II coprì una distanza molto maggiore di quella coperta da tutti gli altri papi messi assieme. Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione delle Giornate mondiali della gioventù) fu da alcuni interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell'ecumenismo
Sul piano dei rapporti con l'Italia, i viaggi sottolinearono l'intenzione di separare l'aspetto politico da quello religioso, come il pontefice stesso tenne a sottolineare, due anni dopo la revisione del Patti Lateranensi, nel 1986, a Forlì, ricordando che il precedente papa a visitare quella città era stato Pio IX, in veste anche di capo di Stato: "Da allora, la situazione politica è profondamente mutata, ed è stata come tale ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa".
Papa Wojtyła beatificò e canonizzò, anche se è difficile provarlo poiché i documenti relativi a molte delle prime canonizzazioni sono incompleti, mancanti o poco accurati, molte più persone di ogni altro pontefice, grazie anche all'abolizione, da parte sua, dell'ufficio di Promotor Fidei (Promotore della Fede, noto anche come avvocato del Diavolo), rendendo così più scorrevole tale processo: le persone da lui beatificate furono 1338 e quelle canonizzate 482[6], mentre i predecessori nell'arco dei quattro secoli precedenti avevano proclamato soltanto 300 santi.
Fu detto "l'atleta di Dio"[7] per le sue varie passioni sportive: praticò scinuotocanottaggiocalcio[8] e fu amante della montagna[9], continuando a praticare sport finché la salute glielo permise.


L'ANIMA E' IMMORTALE

domenica 1 aprile 2018

Benedetto XVI: l’anima è immortale, perché l’uomo in modo singolare sta nella memoria e nell’amore di Dio



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Buona Pasqua a tutti ancora e sempre, carissimi Amici!  Per liberarsi da alcune suggestioni diaboliche diffuse recentemente da alcuni giornali riviviamo la solennità della Veglia Pasquale dell'aprile 2007.
Il testo dell'omelia del Santo Padre è consultabile qui.

In questo video vediamo anche i riti iniziali della Veglia: la preparazione del Cero pasquale e la Solenne Processione fino all'altare maggiore della Basilica Vaticana.


VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Sabato Santo, 7 aprile 2007

Cari fratelli e sorelle!

Dai tempi più antichi la liturgia del giorno di Pasqua comincia con le parole: Resurrexi et adhuc tecum sum – sono risorto e sono sempre con te; tu hai posto su di me la tua mano. 
La liturgia vi vede la prima parola del Figlio rivolta al Padre dopo la risurrezione, dopo il ritorno dalla notte della morte nel mondo dei viventi. La mano del Padre lo ha sorretto anche in questa notte, e così Egli ha potuto rialzarsi, risorgere.
La parola è tratta dal Salmo 138 e lì ha inizialmente un significato diverso. Questo Salmo è un canto di meraviglia per l’onnipotenza e l’onnipresenza di Dio, un canto di fiducia in quel Dio che non ci lascia mai cadere dalle sue mani. 
E le sue mani sono mani buone. L’orante immagina un viaggio attraverso tutte le dimensioni dell’universo – che cosa gli accadrà? “Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra…», nemmeno le tenebre per te sono oscure … per te le tenebre sono come luce” (Sal 138 [139],8-12).

Nel giorno di Pasqua la Chiesa ci dice: Gesù Cristo ha compiuto per noi questo viaggio attraverso le dimensioni dell’universo. Nella Lettera agli Efesini leggiamo che Egli è disceso nelle regioni più basse della terra e che Colui che è disceso è il medesimo che è anche asceso al di sopra di tutti i cieli per riempire l’universo (cfr 4,9s). Così la visione del Salmo è diventata realtà. Nell’oscurità impenetrabile della morte Egli è entrato come luce – la notte divenne luminosa come il giorno, e le tenebre divennero luce. 
Perciò la Chiesa giustamente può considerare la parola di ringraziamento e di fiducia come parola del Risorto rivolta al Padre: “Sì, ho fatto il viaggio fin nelle profondità estreme della terra, nell’abisso della morte e ho portato la luce; e ora sono risorto e sono per sempre afferrato dalle tue mani”. Ma questa parola del Risorto al Padre è diventata anche una parola che il Signore rivolge a noi: “Sono risorto e ora sono sempre con te”, dice a ciascuno di noi. La mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani. Sono presente perfino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là ti aspetto io e trasformo per te le tenebre in luce.

Questa parola del Salmo, letta come colloquio del Risorto con noi, è allo stesso tempo una spiegazione di ciò che succede nel Battesimo. Il Battesimo, infatti, è più di un lavacro, di una purificazione. È più dell’assunzione in una comunità. È una nuova nascita. Un nuovo inizio della vita. Il passo della Lettera ai Romani, che abbiamo appena ascoltato, dice con parole misteriose che nel Battesimo siamo stati “innestati” nella somiglianza con la morte di Cristo. 

Nel Battesimo ci doniamo a Cristo – Egli ci assume in sé, affinché poi non viviamo più per noi stessi, ma grazie a Lui, con Lui e in Lui; affinché viviamo con Lui e così per gli altri. Nel Battesimo abbandoniamo noi stessi, deponiamo la nostra vita nelle sue mani, così da poter dire con san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Se in questo modo ci doniamo, accettando una specie di morte del nostro io, allora ciò significa anche che il confine tra morte e vita diventa permeabile. Al di qua come al di là della morte siamo con Cristo e per questo, da quel momento in avanti, la morte non è più un vero confine. 
Paolo ce lo dice in modo molto chiaro nella sua Lettera ai Filippesi: “Per me il vivere è Cristo. Se posso essere presso di Lui (cioè se muoio) è un guadagno. Ma se rimango in questa vita, posso ancora portare frutto. Così sono messo alle strette tra queste due cose: essere sciolto – cioè essere giustiziato – ed essere con Cristo, sarebbe assai meglio; ma rimanere in questa vita è più necessario per voi” (cfr 1,21ss). Di qua e di là del confine della morte egli è con Cristo – non esiste più una vera differenza. Sì, è vero: “Alle spalle e di fronte tu mi circondi. Sempre sono nelle tue mani”. Ai Romani Paolo ha scritto: “Nessuno … vive per se stesso e nessuno muore per se stesso … sia che viviamo, sia che moriamo, siamo … del Signore” (Rm 14,7s).

Cari battezzandi, è questa la novità del Battesimo: la nostra vita appartiene a Cristo, non più a noi stessi. Ma proprio per questo non siamo soli neppure nella morte, ma siamo con Lui che vive sempre. Nel Battesimo, insieme con Cristo, abbiamo già fatto il viaggio cosmico fin nelle profondità della morte. Accompagnati da Lui, anzi, accolti da Lui nel suo amore, siamo liberi dalla paura. Egli ci avvolge e ci porta, ovunque andiamo – Egli che è la Vita stessa.
Ritorniamo ancora alla notte del Sabato Santo. 

Nel Credo professiamo circa il cammino di Cristo: “Discese agli inferi”. Che cosa accadde allora? Poiché non conosciamo il mondo della morte, possiamo figurarci questo processo del superamento della morte solo mediante immagini che rimangono sempre poco adatte. Con tutta la loro insufficienza, tuttavia, esse ci aiutano a capire qualcosa del mistero. La liturgia applica alla discesa di Gesù nella notte della morte la parola del Salmo 23 [24]: “Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche!” La porta della morte è chiusa, nessuno può tornare indietro da lì. Non c’è una chiave per questa porta ferrea. Cristo, però, ne possiede la chiave. 

La sua Croce spalanca le porte della morte, le porte irrevocabili. Esse ora non sono più invalicabili. La sua Croce, la radicalità del suo amore è la chiave che apre questa porta. L’amore di Colui che, essendo Dio, si è fatto uomo per poter morire – questo amore ha la forza per aprire la porta. Questo amore è più forte della morte. Le icone pasquali della Chiesa orientale mostrano come Cristo entra nel mondo dei morti. Il suo vestito è luce, perché Dio è luce. “La notte è chiara come il giorno, le tenebre sono come luce” (cfr Sal 138 [139],12). 

Gesù che entra nel mondo dei morti porta le stimmate: le sue ferite, i suoi patimenti sono diventati potenza, sono amore che vince la morte. Egli incontra Adamo e tutti gli uomini che aspettano nella notte della morte. Alla loro vista si crede addirittura di udire la preghiera di Giona: “Dal profondo degli inferi ho gridato, e tu hai ascoltato la mia voce” (Gio 2,3). Il Figlio di Dio nell’incarnazione si è fatto una cosa sola con l’essere umano – con Adamo. Ma solo in quel momento, in cui compie l’atto estremo dell’amore discendendo nella notte della morte, Egli porta a compimento il cammino dell’incarnazione. 

Mediante il suo morire Egli prende per mano Adamo, tutti gli uomini in attesa e li porta alla luce.
Ora, tuttavia, si può domandare: Ma che cosa significa questa immagine? Quale novità è lì realmente accaduta per mezzo di Cristo? L’anima dell’uomo, appunto, è di per sé immortale fin dalla creazione – che cosa di nuovo ha portato Cristo? Sì, l’anima è immortale, perché l’uomo in modo singolare sta nella memoria e nell’amore di Dio, anche dopo la sua caduta. Ma la sua forza non basta per elevarsi verso Dio. Non abbiamo ali che potrebbero portarci fino a tale altezza. 
E tuttavia, nient’altro può appagare l’uomo eternamente, se non l’essere con Dio. Un’eternità senza questa unione con Dio sarebbe una condanna. L’uomo non riesce a giungere in alto, ma anela verso l’alto: “Dal profondo grido a te…” Solo il Cristo risorto può portarci su fino all’unione con Dio, fin dove le nostre forze non possono arrivare. Egli prende davvero la pecora smarrita sulle sue spalle e la porta a casa. Aggrappati al suo Corpo noi viviamo, e in comunione con il suo Corpo giungiamo fino al cuore di Dio. E solo così è vinta la morte, siamo liberi e la nostra vita è speranza.

È questo il giubilo della Veglia Pasquale: noi siamo liberi. Mediante la risurrezione di Gesù l’amore si è rivelato più forte della morte, più forte del male. L’amore Lo ha fatto discendere ed è al contempo la forza nella quale Egli ascende. 

La forza per mezzo della quale ci porta con sé. Uniti col suo amore, portati sulle ali dell’amore, come persone che amano scendiamo insieme con Lui nelle tenebre del mondo, sapendo che proprio così saliamo anche con Lui. Preghiamo quindi in questa notte: Signore, dimostra anche oggi che l’amore è più forte dell’odio. Che è più forte della morte. Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro che aspettano. Portali alla luce! Sii anche nelle mie notti oscure con me e conducimi fuori! Aiutami, aiutaci a scendere con te nel buio di coloro che sono in attesa, che gridano dal profondo verso di te! Aiutaci a portarvi la tua luce! Aiutaci ad arrivare al “sì” dell’amore, che ci fa discendere e proprio così salire insieme con te! Amen.

© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana 
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AMDG et DVM

Quella straordinaria Omelia di tredici anni fa è rimasta nel cuore di tutti

domenica 8 aprile 2018

Funerali di Giovanni Paolo. La straordinaria omelia del card. Joseph Ratzinger (YouTube)



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L'8 aprile 2005, esattamente tredici anni fa, l'allora cardinale Ratzinger presiedette i funerali di Giovanni Paolo II. 

La straordinaria omelia è rimasta nel cuore di tutti.
Clicca qui per il testo integrale.
R.

OREMUS PRO PONTIFICE NOSTRO