sabato 2 dicembre 2017

È un messaggio di fiducia e di speranza, di conforto e di consolazione, di salvezza e di misericordia



<<Io sono la Porta della divina misericordia>>
NOVENA 
DELL'IMMACOLATA
2.XII.17 (IV)

Primo Gennaio 1985. 
Festa di Maria Santissima Madre di Dio.

Sono l'inizio dei tempi nuovi

«Figli prediletti, oggi vi unite a tutta la Chiesa nel venerarmi vera Madre di Dio e Madre vostra, nell'ordine della vita soprannaturale di fede e della grazia divina.

In questo giorno, che segna l'inizio per voi di un nuovo anno, mentre tutti nella Chiesa: Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Fedeli, guardate a Me come alla vostra Mamma, Io vi dico che, se lo sono e così mi onorate, devo essere amata, ascoltata e seguita da ciascuno di voi.

Ecco che oggi, nella solennità della mia divina Maternità, Io voglio dare un messaggio alla Chiesa, perché venga da lei ascoltato ed accolto.

-È un messaggio di fiducia e di speranza.

Nonostante le difficoltà e le sofferenze che la Chiesa è chiamata a sopportare e le ore dolorose di agonia e di passione, che segnano il tempo della sua sanguinosa purificazione, per essa si sta preparando il momento di un rinnovato splendore e di una seconda Pentecoste.

Figli miei tanto amati, non perdete mai la fiducia e la speranza.

Sotto il grande e vasto clamore che il male riesce a diffondere ovunque, nel silenzio e nel nascondimento, stanno sbocciando tanti germogli di bontà e di santità.

Questi preziosi germogli di nuova vita vengono coltivati ogni giorno nel giardino segreto del mio Cuore Immacolato.

Fate però attenzione a tre gravi pericoli che minacciano la vostra crescita nel bene e che vi sono stati da Me più volte indicati: 

quello di allontanarvi dalla vera fede, con il seguire i molti errori che oggi vengono insegnati; 

quello di staccarvi dalla interiore unità della Chiesa a causa della contestazione al Papa e alla Gerarchia, che ancora si diffonde all'interno della vita ecclesiale; 

quello di diventare vittime del secolarismo e del permissivismo morale, che vi conduce ad arrendervi nella lotta quotidiana contro il male ed il peccato.

Se vi lasciate condurre da Me, camminate sulla strada sicura dell'amore e della santità.

-È un messaggio di conforto e di consolazione.

Affidatevi tutti alla vostra Mamma Celeste per essere consolati. Nella grande battaglia che state combattendo, lì trovate forza e conforto e non vi perdete mai di coraggio di fronte alle difficoltà che incontrate.

Durante il nuovo anno, ancora maggiori diventeranno le prove e le sofferenze che vi attendono, perché siete entrati ormai nella parte conclusiva di quanto Io vi ho predetto.

Una grande e sanguinosa prova sta per scuotere tutta la terra, per prepararla al suo completo rinnovamento nel trionfo del mio Cuore Immacolato.
Ma quanto più forte si farà la prova, tanto più grande sarà la mia presenza accanto a ciascuno di voi, perché possiate essere da Me confortati e incoraggiati.

Se vivete nel mio Cuore Immacolato, nulla vi può turbare di ciò che potrà accadere; dentro questo mio materno rifugio siete sempre al sicuro, avvolti dalla luce e dalla presenza della Santissima Trinità, che vi ama e vi circonda della sua divina protezione.

-È un messaggio di salvezza e di misericordia.

Voi dovete essere il mio potente aiuto, che Io voglio offrire oggi a tutta l'umanità, per condurla a ritornare sulla strada del bene e dell'amore.

Io sono la via di questo suo ritorno.

Io sono la Porta della divina misericordia.

Voglio che, attraverso di voi, tutti i miei figli smarriti possano tornare al Signore, che li attende con l'ansia e la gioia di un Padre che li ama e li vuole salvare.

Cosi diventate anche gli strumenti della divina misericordia, in questi tempi in cui si prepara il più grande trionfo dell'amore misericordioso di mio figlio Gesù.

È per essere vostra fiducia, vostra consolazione e vostra salvezza negli ultimi tempi che state vivendo, che oggi Io mi manifesto in maniera tanto forte, attraverso i messaggi che dono, per mezzo di questo mio piccolo figlio e le apparizioni che compio, in maniera continua e straordinaria, in molte parti del mondo.

Credete ai miei inviti, accogliete i miei messaggi, guardate ai miei segni. 

Sono la Regina della Pace; sono l'inizio dei tempi nuovi; sono l'aurora del nuovo giorno.

Con il Papa, mio primo figlio prediletto, oggi tutti vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

"Vieni, Spirito Santo, vieni:
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria,
tua Sposa amatissima"

venerdì 1 dicembre 2017

La bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.

Cosa intende Gesù per peccato contro lo Spirito Santo?

Nel vangelo di san Matteo (12,31-32) leggiamo: “Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro".


-Cosa intende Gesù per peccato contro lo Spirito Santo? 
-Qual è il peccato contro lo Spirito santo? 
-Nello specifico di cosa si tratta?

Risposta del sacerdote

1. L’autorevole commento della Bibbia di Gerusalemme annota a questo versetto: 

“L'uomo è scusabile se si inganna sulla dignità divina di Gesù, velata dalle umili apparenze del Figlio dell'uomo, ma non lo è se chiude gli occhi e il cuore alle opere evidenti dello Spirito. Negandole, egli rigetta la proposta suprema che Dio gli fa e si mette fuori della salvezza”.


In altri termini la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro, che non solo chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio, ma le respingono ostinatamente, attribuendole al demonio, volendo così identificare lo Spirito Santo con lo spirito maligno, come facevano i farisei.


2. “La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata”: vuol dire che difficilmente se ne otterrà il perdono non perché la potenza di Dio sia limitata o perché la Chiesa non abbia potere di rimetterla (è dogma di fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della grazia da parte di chi lo compie.


Chi infatti attribuisce al diavolo le opere della bontà e della grazia di Dio, in certo modo fa di Dio un demonio, come dice S. Atanasio, e di più si mette a combattere contro quella stessa bontà che è la sorgente del dono della conversione del cuore e della penitenza.


3. Il Catechismo Romano (del Concilio di Trento) scrive: “Quando occorrono nella S. Scrittura o nei Padri sentenze che sembrano affermare che per alcuni peccati non c’è remissione, bisogna intenderle nel senso che il loro perdono è oltremodo difficile. Come una malattia vien detta insanabile quando il malato respinge l’uso della medicina, così c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona perché rifugge dalla grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio” (Catechismo Romano II, c. 5,19).


Il Catechismo della Chiesa Cattolica (di papa Giovanni Paolo II) afferma: “La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna” (CCC 1864).



Per questo S. Tommaso scriveva a questo proposito: 

“Questo non impedisce all’onnipotenza e alla misericordia di Dio di trovare la via del perdono e della guarigione che talora sana spiritualmente anche costoro in una maniera quasi prodigiosa” (S. Tommaso, Somma Teologica, II-II, 14, 3).

4. Secondo la classificazione catechistica i peccati contro lo Spirito Santo, sono sei: 
l’impugnazione della verità conosciuta e l’invidia della grazia altrui, 
la disperazione della salvezza e la presunzione di salvarsi senza merito, 
l’ostinazione nel peccato e l’impenitenza finale.

5. In generale si può dire che i peccati contro lo Spirito Santo manifestano la sistematica opposizione a qualunque influsso della grazia e questo comporta disprezzo e rifiuto di tutti gli aiuti offerti da Dio per la salvezza.

Vengono detti contro lo Spirito Santo perché è attribuita allo Spirito Santo l’opera della conversione e della santificazione.


6. Per san Tommaso i peccati contro lo Spirito Santo sono tanti quanti sono i modi di disprezzare l’aiuto di Dio per trattenere l’uomo dal peccato.


Dice che le remore al peccato possono provenire da tre fonti: dal giudizio di Dio, dai suoi doni e da parte del peccato stesso.



Quando si oppongono al giudizio di Dio abbiamo i due peccati contro la speranza teologale: la disperazione della salvezza e la presunzione di salvarsi senza merito.



Quando si oppongono alla conoscenza della verità rivelata e all’aiuto della grazia abbiamo l’impugnazione della verità conosciuta e l’invidia della grazia altrui.



Quando non si considera la bruttezza del peccato e la brevità dell’esperienza presente abbiamo l’impenitenza finale (intesa nel senso di perdurare nel peccato fino alla morte) e l’ostinazione nel peccato 

(S. Tommaso, Somma Teologica, II-II, 14, 2).

DIO VI BENEDICA  E LA VERGINE CI PROTEGGA!

AMDG et BVM

"La Russia sarà cattolica" /1







“La Russia sarà cattolica”

Questa la speranza — e la profezia — del padre barnabita Gregorio Agostino Maria Šuvalov.
“La Russia sarà cattolica”: è questa l’iscrizione che fu apposta sulla tomba del padre Gregorio Agostino Maria Šuvalov nel cimitero di Montparnasse a Parigi. Per questa causa il barnabita russo si immolò come vittima (Antonio Maria Gentili, I Barnabiti, Padri Barnabiti Roma 2012, pp. 395-403).
Il conte Grigorij Petrovič Šuvalov, nacque a Pietroburgo il 25 ottobre 1804 da una famiglia di antica nobiltà. Uno zio, generale dell’esercito, ebbe l’incarico di accompagnare Napoleone sconfitto all’isola d’Elba, un altro suo antenato aveva fondato l’università di Mosca. Studiò dal 1808 al 1817 nel collegio dei gesuiti a Pietroburgo finché, espulsi i gesuiti dalla Russia, continuò gli studi prima in Svizzera e poi all’università di Pisa, dove apprese perfettamente la lingua italiana. Fu influenzato però dal materialismo e dal nichilismo allora imperante nei circoli liberali che frequentava. Nominato dallo Zar Alessandro I ufficiale degli ussari della Guardia, a vent’anni, nel 1824, sposò Sofia Soltikov, una donna, profondamente religiosa, ortodossa, ma «cattolica nell’anima e nel cuore», che morirà a Venezia nel 1841. Da essa avrà due figli: Pietro e Elena.
La morte di Sofia spinse Šuvalov a studiare la religione. Un giorno si imbatté nel libro delle Confessioni di sant’Agostino: fu per lui una rivelazione. «Lo leggevo incessantemente, ne copiavo intere pagine, ne stendevo lunghi estratti. La sua filosofia mi riempiva di buoni desideri e di amore. Con quale trasporto di contentezza trovai in quel grand’uomo sentimenti e pensieri che fino allora avevano dormito nell’anima e che quella lettura ridestava». Trasferitosi a Parigi, il conte Šuvalov frequentava un gruppo di aristocratici russi convertiti alla Chiesa cattolica, grazie soprattutto al conte Joseph de Maistre (1753-1821), che dal 1802 al 1817 era stato ambasciatore del Re di Sardegna a Pietroburgo.
Tra questi erano Sophie Swetchine (1782-1857), il principe Ivan Gagarin(1814-1882) e il principe Teodoro Galitzin (1805-1848). Quest’ultimo, accorgendosi della profonda crisi spirituale dell’amico, lo aiutò a ritrovare la verità, consigliandogli la lettura e la meditazione del Du Pape di Joseph de Maistre. Leggendo l’opera del conte savoiardo, Šuvalov comprese come la prima nota della Chiesa è l’unità, e questa esige un suprema autorità, che non può essere altro che il Romano Pontefice. «Signore, tu dici: la mia Chiesa, e non le mie chiese. D’altra parte, la Chiesa deve conservare la verità; ma la verità è una; dunque la Chiesa non può essere che una. (…) Quando conobbi che non può esistere se non una sola vera Chiesa, compresi pure che questa Chiesa deve essere universale, cioè cattolica».
Šuvalov si recava ogni sera a Notre Dame per ascoltare le prediche del padre Francesco Saverio de Ravignan (1795-1858), un dotto gesuita che sarebbe diventato la sua guida spirituale. Il 6 gennaio 1843, festa dell’Epifania, Šuvalov abiurò l’ortodossia e fece la sua professione di fede cattolica nella Chapelle des Oiseaux. Egli aspirava però ad una più profonda dedicazione alla causa cattolica. Per mezzo di un giovane liberale italiano, Emilio Dandolo, incontrato per caso in treno, aveva conosciuto il padre Alessandro Piantoni, rettore del collegio Longone dei Barnabiti a Milano, che nel 1856 lo accolse nel noviziato dei Barnabiti a Monza, con il nome di Agostino Maria.
Nell’ordine fondato da sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539) trovò un ambiente di profonda spiritualità. Scriveva al padre Ravignan: «Mi credo in Paradiso. I miei padri sono altrettanti santi, i novizi altrettanti angeli». Tra i giovani confratelli era Cesare Tondini de’ Quarenghi (1839-1907) che, più di ogni altro, avrebbe raccolto la sua eredità spirituale. Il 19 settembre 1857 Agostino Šuvalov fu ordinato sacerdote a Milano da monsignor Angelo Ramazzotti, futuro patriarca di Venezia.
Il giorno dell’ordinazione, all’elevazione del calice, innalzò a Dio questa supplica. «Mio Dio, fatemi degno di dare la vita e il sangue in unione al vostro per la glorificazione della beata Vergine Immacolata nella conversione della Russia». Fu questo il sogno della sua vita, che affidò all’Immacolata, di cui l’8 dicembre 1858 Pio IX proclamò il dogma. Ricevuto in udienza dal Papa, padre Šuvalov gli manifestò il desiderio di dedicare la sua vita al ritorno degli scismatici alla Chiesa di Roma. Nel memorabile incontro, «Pio IX mi parlò della Russia con quella fede, con quella speranza e con quella convinzione che hanno per appoggio la parola di Gesù, e con quella carità ardente da cui era mosso pensando ai suoi figli traviati, poveri orfani volontari. Queste sue parole mi infiammavano il cuore».
Padre Šuvalov si dichiarò pronto a fare il sacrificio della sua vita per la conversione della Russia. «Orbene, disse allora il Santo Padre, ripetete sempre dinanzi al crocifisso tre volte al giorno questa protesta; siate certo il vostro volere si compirà». Parigi fu campo del suo apostolato e della sua immolazione: vi si prodigò instancabilmente conquistando innumerevoli anime e dando vita alla Associazione di preghiere per il trionfo della beata Vergine Immacolata nella conversione degli scismatici orientali, e specialmente dei Russi, alla fede cattolica, detta comunemente l’Opera del padre Šuvalov.
Pio IX l’approvò con un breve del 1862 e padre Cesare Tondini ne fu l’infaticabile propagatore. Ma padre Šuvalov era morto a Parigi il 2 aprile 1859. Aveva appena terminato di scrivere la autobiografia Ma conversion et ma vocation (Parigi 1859). Il libro, che nell’Ottocento ebbe traduzioni e ristampe, è stato presentato in una nuova edizione italiana a cura dei padri Enrico M. Sironi e Franco M. Ghilardotti (La mia conversione e la mia vocazione, Grafiche Dehoniane, Bologna 2004) e da qui abbiamo tratto le nostre citazioni. Il padre Ghilardotti si è inoltre adoperato per riportare in Italia le spoglie del padre Šuvalov, che ora riposano nella chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna, costruita nel 1611 dai padri Barnabiti. Ai piedi di un altare sormontato da una copia della Santa Trinità di Andrei Rublev, il più grande pittore russo di icone, padre Gregorio Agostino Maria Šuvalov attende l’ora della resurrezione.
Nella sua autobiografia il barnabita russo aveva scritto: «Quando l’eresia minaccia, quando la fede languisce, quando i costumi si corrompono e i popoli si addormentano sull’orlo dell’abisso, Dio, che tutto dispone con peso, numero e misura, per risvegliarli apre i tesori della sua grazia; e ora suscita in qualche oscuro villaggio un santo nascosto, la cui efficace preghiera trattiene il suo braccio pronto a punire; ora fa apparire sulla faccia dell’universo una splendida luce, un Mosé, un Gregorio VII, un Bernardo; ora ispira, per il concorso di qualche fatto miracoloso, passeggero o permanente, il pensiero di un pellegrinaggio o di qualche altra nuova devozione, nuova forse per la forma ma sempre antica nell’essenza, un culto commovente e salutare. Tale era stata l’origine della devozione al Sacro Cuore di Gesù. questo culto nato in mezzo a mille contraddizioni in un piccolo chiostro del villaggio di Paray-le-Monial…».
Tale, potremmo aggiungere, è l’origine della devozione al Cuore Immacolato di Maria, di cui la Madonna ha chiesto la propagazione cento anni fa, in un piccolo villaggio del Portogallo. A Fatima la Madonna annunciò la realizzazione del grande ideale di padre Šuvalov: la conversione della Russia alla fede cattolica. Un evento straordinario che appartiene al nostro futuro, e che farà risuonare nel mondo le misteriose parole della Scrittura che padre Šuvalov applica alla propria conversione: Surge qui dormis, surge a mortuis et iluminabit te Christus, «Alzati, tu che dormi fra i morti e Gesù Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14).

di Roberto de Mattei (31-05-2017)

AMDG et BVM

“La Russia sarà cattolica”/2

“La Russia sarà cattolica”/2

Questa la speranza — e la profezia — di padre Ivan Gagarin della Compagnia di Gesù.
di Roberto de Mattei (07-06-2017)
“La Russia sarà cattolica”. Il sogno di tanti convertiti russi dell’Ottocento, come il padre Šuvalov, costituì anche il titolo di un libro che fece scalpore nella sua epoca: La Russie sera-t-elle catholiquedel padre Ivan Gagarin della Compagnia di Gesù.
Ivan Sergeevič Gagarin nacque a Mosca il 20 luglio 1814 da una illustre casata principesca, discendente dai principi di Kiev. Fu addetto alla legazione russa a Monaco di Baviera e poi all’ambasciata di Parigi, dove partecipò alla vita intellettuale francese, frequentando il salotto di Sophie Swetchine. Sotto l’influenza della stessa Swetchine e di autori come Pëtr Jakovlevič Čaadaev (1794-1856), maturò la sua conversione al cattolicesimo. Il 7 aprile 1842 abiurò la religione ortodossa e abbracciò la fede cattolica, nelle mani del padre Francesco Saverio de Ravignan (1795-1858) che già aveva raccolto la conversione del conte Šuvalov. Ivan Gagarin rinunciava, a 28 anni, non solo ad un brillante avvenire politico e diplomatico, ma alla speranza di poter rientrare in patria.
Nella Russia degli Zar infatti, le conversioni al cattolicesimo costituivano un delitto paragonabile alla diserzione o al parricidio. L’abbandono dell’ortodossia per un’altra religione, anche cristiana, era punito con la perdita di tutti i beni, dei diritti civili e dei titoli nobiliari e prevedeva la reclusione a vita in un monastero o l’esilio in Siberia.
Un anno dopo Ivan, divenuto Jean Xavier Gagarin, sollecitò la sua ammissione nella Compagnia di Gesù e fu ammesso nel noviziato di St. Acheul. Iniziò un periodo di lunghi studi che si conclusero con l’ordinazione sacerdotale e la professione dei voti religiosi nell’ordine di sant’Ignazio di Loyola. Per il padre Gagarin, in cui uno zelo ardente si univa ad una viva intelligenza e ad un’educazione da gran signore, iniziò una nuova vita. Durante la guerra di Crimea, partecipò con il celebre matematico Augustin Cauchy (1789-1857) alla fondazione dell’opera della École d’Orient.
Verso la fine del 1856 fondò la rivista quadrimestrale Études de théologie, de philosophie et d’histoire che diventò la celebre rivista Études.Quando però, nel 1862, la pubblicazione fu rilevata dai gesuiti francesi, subì una trasformazione radicale. Mentre si apriva il Concilio Vaticano I, Études, a differenza della consorella romana Civiltà Cattolica, prese una posizione filo liberale che avrebbe conservato nel secolo successivo.
Il governo russo, che si proponeva di estirpare il cattolicesimo dalle provincie occidentali dell’Impero, considerò il principe Gagarin un nemico da eliminare. Fu accusato di avere scritto al poeta Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837) delle lettere anonime che lo avrebbero esasperato, spingendolo a un duello in cui avrebbe trovato la morte. Recentemente una giovane storica polacca Wiktoria Sliwowska ha dimostrato che si trattava di una campagna di calunnie organizzata dalla Terza Sezione della Cancelleria Imperiale (L’Affaire Gagarine, Institutum Historicum Societatis Iesu, Roma 2014, pp. 31-72).
La Russie sera-t-elle catholique? Apparve a Parigi nel 1856. In quest’opera, il padre Gagarin si richiama alla solenne bolla di Benedetto XIV Allatae sunt del 26 luglio 1755,con la quale il Santo Padre manifestando «la benevolenza con la quale la Sede Apostolica abbraccia gli Orientali», «ordina che si conservino i loro antichi Riti che non si oppongono né alla Religione Cattolica né all’onestà; né chiede agli Scismatici, che tornano all’Unità Cattolica, di abbandonare i loro Riti, ma solo che abiurino le eresie, desiderando fortemente che i loro differenti popoli siano conservati, non distrutti, e che tutti (per dire molte cose con poche parole) siano Cattolici, non Latini».
Per ricondurre i popoli slavi all’unità – commenta padre Gagarin – bisogna rispettare i riti orientali, chiedere l’abiura degli errori contrari alla fede cattolica, ma soprattutto combattere la concezione politico-religiosa degli ortodossi. Per il gesuita russo, lo scisma ortodosso è in gran parte il risultato del “bizantinismo”, un concetto con cui egli intende la differenza di rapporti tra Chiesa e Stato che esistono nel mondo bizantino e in quello occidentale. Per Bisanzio non esiste la distinzione tra i due poteri.
La Chiesa viene di fatto subordinata all’Imperatore che se ne ritiene il capo, in quanto delegato di Dio sia nel campo ecclesiastico che in quello secolare. Gli autocrati russi, come gli imperatori bizantini, vedono nella Chiesa e nella religione un mezzo di cui servirsi per garantire e dilatare l’unità politica. Questo sciagurato sistema è fondato su tre pilastri: la religione ortodossa, l’autocrazia e il principio di nazionalità, all’insegna del quale sono penetrate in Russia le idee di Hegel e dei filosofi tedeschi. Ciò che si nasconde sotto le parole pompose di ortodossia, autocrazia e nazionalità, «non è altro che la forma orientale dell’idea rivoluzionaria del XIX secolo» (p. 74).
Gagarin intravede la ferocia con cui le idee rivoluzionarie saranno applicate nel suo Paese. Le pagine di Proudhon e di Mazzini appaiono ai suoi occhi gentili ed educate in confronto alla violenza degli agitatori russi. «È un contrasto che può servire a misurare la differenza tra come si comprende in Europa il principio rivoluzionario e come esso sarebbe messo in pratica in Russia» (pp. 70-71).
In una profetica pagina, il padre Gagarin scrive: «più si va a fondo delle cose, più si è portati a concludere che l’unica vera lotta è quella che esiste tra il Cattolicesimo e la Rivoluzione. Quando nel 1848 il vulcano rivoluzionario terrorizzava il mondo con i suoi ululati e faceva tremare la società, estirpandone le fondamenta, il partito che si dedicò a difendere l’ordine sociale e a combattere la Rivoluzione non ha esitato a scrivere sulla sua bandiera: Religione, Proprietà, Famiglia, e non ha esitato ad inviare un esercito per riportare sul trono il Vicario di Cristo, costretto dalla Rivoluzione a prendere la via dell’esilio. Aveva perfettamente ragione; non ci sono che due princìpi uno di fronte all’altro: il principio rivoluzionario, che è essenzialmente anti-cattolico e il principio cattolico, che è essenzialmente anti-rivoluzionario. Nonostante tutte le apparenze contrarie, nel mondo non ci sono che due partiti e due bandiere, Da una parte la Chiesa cattolica innalza lo stendardo della Croce, che conduce al vero progresso, alla vera civiltà, e alla vera libertà; dall’altra si leva lo stendardo rivoluzionario, attorno a cui si raccoglie la coalizione di tutti i nemici della Chiesa. Ora, che fa la Russia? Da una parte essa combatte la Rivoluzione, dall’altra combatte la Chiesa cattolica. Sia all’esterno che all’interno, ritroverete la stessa contraddizione. Non esito a dire che ciò che fa il suo onore e la sua forza è di essere l’avversario incrollabile del principio rivoluzionario. Ciò che fa la sua debolezza è di essere, allo stesso tempo, l’avversario del Cattolicesimo. E se essa vuole essere coerente con sé stessa, se vuole veramente combattere la Rivoluzione, non ha che da prendere una decisione, schierarsi dietro lo stendardo cattolico e riconciliarsi con la Santa Sede» (La Russie sera-t-elle catholique?Charles Douniol, Paris 1856, pp. 63-65).
La Russia non raccolse l’appello e la Rivoluzione bolscevica, dopo aver sterminato i Romanov, diffuse i suoi errori nel mondo. La cultura abortista e omosessualista che oggi conduce l’Occidente alla morte ha le sue radici nella filosofia marx-hegeliana, affermatasi in Russia nel 1917. La sconfitta degli errori rivoluzionari non potrà essere portata a termine, in Russia e nel mondo, che sotto gli stendardi della Chiesa cattolica.
Le idee del padre Gagarin colpirono il barone tedesco August von Haxthausen (1792-1866), che con l’appoggio dei vescovi di Münster e di Paderborn fondò una Lega di preghiere, chiamata Petrusverein,Unione di San Pietro. per la conversione della Russia. Un’associazione analoga sotto l’impulso dei padri barnabiti Šuvalov e Tondininacque in Italia e in Francia. Agli iscritti di queste associazioni veniva raccomandato di pregare per la conversione della Russia tutti i primi sabati del mese.
Il 30 aprile 1872 Pio IX accordò con un suo Breve l’indulgenza plenaria a tutti coloro che, confessati e comunicati, assistevano il primo sabato del mese, alla Messa celebrata per il ritorno della Chiesa greco-russa all’unità cattolica. La Madonna gradì certamente questa devozione, perché a Fatima, nel 1917, raccomandò la pratica riparatrice dei primi cinque sabati del mese come strumento dell’instaurazione del suo Regno in Russia e nel mondo.
AMDG et BVM

Un destino singolare

Simeone di Bulgaria. Un destino singolare

(di Cristina Siccardi) «Ho voluto questa autobiografia perché fosse un documento di prima mano per evitare che un giorno ci siano gli interpreti a dire “pare che abbia detto”, “pare che abbia fatto”, così che la realtà rimanga indietro», è ciò che ha dichiarato Re Simeone II durante la presentazione dell’autobiografia Simeone II di Bulgaria. Un destino singolare. Dopo 50 anni di esilio l’unico Re divenuto Primo Ministro (Gangemi Editore, pp. 320, € 24,00), che si è tenuta a Roma nella Sala mostre e convegni Gangemi l’11 novembre scorso.
Il libro è stato redatto dallo storico francese Sébastien de Courtois sotto dettatura del Re dei Bulgari. Inizialmente è stato pubblicato in francese e poi, via via, nelle diverse lingue. Il 16 giugno scorso, il Re bambino divenuto decenni dopo Primo Ministro di Bulgaria (21 luglio 2001), ha compiuto 80 anni, ciò significa che è stato testimone delle tragiche vicende totalitariste che hanno attraversato l’Europa. Uomo ovunque stimato per le sue doti intellettuali, amministrative, organizzative, porta con orgoglio e onore il ricco retaggio spirituale sia del padre, Re Boris III (1894-1943) di Bulgaria, che della madre, Giovanna di Savoia (1907-2000).
I genitori si sposarono ad Assisi (per un voto promesso da Giovanna, la quale diverrà terziaria francescana e vorrà poi essere sepolta nella città di san Francesco, dove tuttora riposa) il 25 ottobre del 1930. Simeone è stato sovrano dal 1943 al 1946, dopo l’assassinio del padre. Vista la giovane età, 6 anni, fu nominato un Consiglio di reggenti, a capo del quale fu posto lo zio, il Principe Kyril.
Questa autobiografia, scritta con perizia e trasparenza, viene ad assumere un enorme valore storiografico, sia per i fatti che vengono rivelati, sia per l’autorevolezza di chi li espone: qui è presente tutta la Storia d’Europa del XX secolo fino ad arrivare agli incredibili accadimenti dell’inizio del XXI, quando, per la prima volta, un Sovrano è stato eletto Premier di una Repubblica da poco liberata dalla tirannia comunista.
Boris III della dinastia di Sassonia-Coburgo-Gotha riuscì a non far intervenire il proprio Paese nel secondo conflitto mondiale, risparmiando così moltissime vite umane, fra le quali quelle degli ebrei, in quanto non acconsentì mai alla loro deportazione.
Boris III venne avvelenato, molto probabilmente, come sosteneva Giovanna di Savoia, straordinaria sposa, madre e Regina, per mano dei sovietici. Lo zar dei Bulgari morì il 28 agosto 1943, alle ore 16,20, e Simeone gli succedette sul trono. Il 28 agosto di un anno dopo morirà, assassinata nel campo di concentramento di Buchenwald, Mafalda di Savoia, la quale, molto legata alla sorella Giovanna, si era recata un anno prima al funerale del cognato Boris, proprio nei tragici giorni in cui l’Italia firmava l’armistizio.
Nel gennaio del 1944 Sofia viene bombardata dagli alleati. Il 1° febbraio 1945 il Principe Reggente Kyril è fucilato a Sofia dopo il colpo di Stato comunista sostenuto dall’Unione Sovietica.
Nel 1946 la monarchia è abolita con un referendum nel quale il 90,72% dei votanti si era espresso a favore della Repubblica: un risultato chiaramente manipolato dal Governo di coalizione di Otečestven front, nel quale il partito comunista era la forza principale, senza contare la pesante influenza esercitata dalle stanziate truppe militari sovietiche. La Regina e i due figli, Simeone e Maria Luisa (nata il 13 gennaio 1933), sono costretti all’esilio, dapprima riparano in Egitto, poi, nel luglio del 1952, trovano ospitalità nella Spagna di Francisco Franco. La prepotenza che l’Unione Sovietica eserciterà sul popolo bulgaro sarà orribile, persecutoria e criminale, fino alla fine.
Il volume racchiude tutto il sapore del calore familiare, come è proprio di alcune case reali: non vengono fornite informazioni asettiche e ideologiche di carattere statalista, bensì emergono narrazioni di mera essenza storica e, allo stesso tempo, trapelano chiari sentimenti, sia nei confronti dei propri cari che del proprio popolo: è un tutt’uno.
Dalle pagine emerge il cuore di quella tradizione monarchica super partes, dove la casa regnante è una cosa sola con la propria nazione, in un’osmotica combinazione fra i sovrani e la propria gente, dove tutti si riconoscono nelle proprie radici.
A dimostrazione di tutto ciò questi ricordi sono dedicati ai cinque figli «e soprattutto ai miei nipoti affinché conoscano meglio le proprie origini e possano sempre crescere con loro». Nel prologo Simeone II scrive, a proposito del suo ritorno dal lungo esilio: «In quel giorno di maggio del 1996, le circostanze della vita mi offrivano la possibilità di tornare nei luoghi in cui ero stato felice, per questo sarò sempre riconoscente alle persone che me lo permisero […]. Penso soprattutto a mia madre, la Regina Giovanna, che non è più di questo mondo: aveva sempre rifiutato di abbandonare la speranza che potessi tornare in Patria, finché questo non avvenne. […] Seduta accanto a me, mia moglie [Margarita Gomez-Acebo y Cejuela,ndr] mi strinse d’istinto la mano, mentre mi avvolgeva con lo sguardo. Dal momento del nostro matrimonio, nel 1962, aveva condiviso e vissuto sulla pelle fino al più piccolo sussulto della mia vita politica; sapeva quanto avessi atteso quel ritorno in Bulgaria […]. Sebbene fosse nata in Italia, mia madre aveva obbligato me e mia sorella Maria Luisa a comunicare in bulgaro, soprattutto negli anni seguenti alla nostra partenza, al fine di non perderne l’uso. […] La Bulgaria è un Paese che mi abita profondamente, al quale sono talmente legato da essere più che deciso a restarvi ora, costi quel che costi, malgrado le meschinità malevoli di cui – soprattutto dopo gli anni neri del comunismo – sono stato vittima in ragione di una vendetta politica di bassa lega, che mi rattrista molto. […]”Per parte mia”, scrive il mio compatriota, il filosofo TzvetanTodorov, in Memoria del male, tentazione del bene, “preferirei che si ricordassero, di questo cupo secolo, le figure luminose di alcuni individui dal destino drammatico, dalla lucidità impietosa, che hanno continuato malgrado tutto a credere che l’uomo meriti di rimanere lo scopo dell’uomo”. Non posso fare altro che sottoscrivere a mia volta queste parole piene di saggezza e di ottimismo» (pp. 9-10).
È stata assai sofferta la decisione di Simeone II di scrivere su di sé e sulla propria famiglia, nonché di Storia. Il senso del rispetto e della carità nutrono i paragrafi: non ci sono giudizi, vengono esposti dei fatti, per tale ragione ci viene naturale riandare alla scrittura di Maria Teresa di Francia, duchessa d’Angoulême (figlia dei decapitati Luigi XVI e Maria Antonietta, e per alcuni minuti, nel 1830, Regina di Francia), del suo Racconto degli avvenimenti accaduti al Tempio (Casa Editrice Ceschina, Milano 1964), avvenimenti che vanno dal 13 agosto 1792 fino alla morte, causata dalla dura prigionia, del fratello Luigi XVII. Anche qui è presente il valore della famiglia, l’amore per la propria terra. Anche qui la tirannia, quella giacobina, scoppiata nel 1789.
Duecento anni dopo cade il Muro di Berlino, e per Simeone II, divenuto nel corso degli anni, grazie ai suoi studi e al suo impegno, un manager di prim’ordine a livello internazionale, si profila la possibilità di lavorare per i concittadini con maggior speranza rispetto a prima, intanto la Patria si fa più vicina: «La Bulgaria rappresentava per mia madre un mito divino, era una sorta di Terra promessa dove aveva esercitato i suoi talenti di Sovrana. Nessuno potrà mai contraddirmi rispetto all’importanza del ruolo da lei rivestito in quanto Sovrana. Mia madre si dimostrò infatti ampiamente all’altezza del suo compito, intenzionata a non emettere mai giudizi su nessuno. Ed è proprio questo che trasmise anche a noi. Ma stiamo parlando di un’altra epoca, soprattutto di un’altra educazione, che tanto contrasta con la tendenza voyeristica di oggi a cibarsi della sofferenza psicologica altrui, senza però muovere un dito per alleviarla» (pp. 10-11).
Simeone II non ha voluto lasciare la Storia ai soli vincitori e questa sua autobiografia ne è ampia e coraggiosa dimostrazione. Purtroppo non così fecero i sovrani d’Italia, dallo stesso Simeone ricordati, infatti egli pensa che la loro testimonianza avrebbe avuto un valore inestimabile «aiutandoci a comprendere meglio la Storia recente d’Italia. Le memorie servono infatti anche a far luce su un passato che si conosce male, che non viene quasi mai descritto da una prospettiva interna alla storia delle famiglie reali. […] Perché a passare alla Storia fu soltanto la visione dei loro oppositori […] ma penso che una volta ancora l’eccesso di pudore e la paura di compromettere persone ancora politicamente attive abbia impedito loro di tornare con lo sguardo sulle proprie azione passate» (p. 13).
Anche per non commettere più questo genere di omissione, fondata sulla discrezione e riservatezza – sulle quali hanno marciato beffardamente le bandiere e propagande rosse italiane – crediamo che Simeone abbia deciso di mettere nero su bianco la sua versione. Tuttavia, ricorda l’autore, non bisogna dimenticare che «la grande Storia si costruisce in fondo anche con le piccole storie individuali e che soltanto incrociando entrambi gli elementi è possibile pervenire a una conoscenza storica più approfondita, quando non alla verità. Sempre che si possa parlare di Verità nel contesto della Storia. […] Poiché sono cristiano, credo inoltre nell’amore per il mio prossimo e nell’esigenza di ricordarsi sempre di come i cammini che orientano l’esistenza restino un mistero insondabile» (pp. 14-15).
Queste memorie sono un atto di giustizia e tutte le persone, rimaste intellettualmente oneste, dovrebbero esserne vivamente grate oltre al fatto che la loro sete di verità non rimarrà delusa, qui troveranno invero molte risposte alle loro domande: la storia dei faziosi è senz’altro più sensazionalistica, ma «non basta lasciare la Storia ai soli vincitori. Nel corso della mia vita ho visto talmente tanta propaganda – nazista, sovietica e, ovviamente, anche occidentale – da trovarla ormai pietosa e da restarne disgustato».
Comunque, a dispetto di tutto e di tutti, compresa quella stampa illuministicamente egualitaria, Simeone II è tornato trionfante nell’amata Bulgaria, dove ha governato dal 2001 al 2005 e dove adesso continua a vivere senza rassegnarsi alle menzogne.
Quando nel 2003 mio marito ed io ci recammo a Sofia, tastammo con mano e con commozione il potente affetto che continuava a legare i Bulgari alla Casa reale, nonostante 50 anni di infangante e atroce propaganda comunista. (Cristina Siccardi)