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venerdì 1 dicembre 2017

"La Russia sarà cattolica" /1







“La Russia sarà cattolica”

Questa la speranza — e la profezia — del padre barnabita Gregorio Agostino Maria Šuvalov.
“La Russia sarà cattolica”: è questa l’iscrizione che fu apposta sulla tomba del padre Gregorio Agostino Maria Šuvalov nel cimitero di Montparnasse a Parigi. Per questa causa il barnabita russo si immolò come vittima (Antonio Maria Gentili, I Barnabiti, Padri Barnabiti Roma 2012, pp. 395-403).
Il conte Grigorij Petrovič Šuvalov, nacque a Pietroburgo il 25 ottobre 1804 da una famiglia di antica nobiltà. Uno zio, generale dell’esercito, ebbe l’incarico di accompagnare Napoleone sconfitto all’isola d’Elba, un altro suo antenato aveva fondato l’università di Mosca. Studiò dal 1808 al 1817 nel collegio dei gesuiti a Pietroburgo finché, espulsi i gesuiti dalla Russia, continuò gli studi prima in Svizzera e poi all’università di Pisa, dove apprese perfettamente la lingua italiana. Fu influenzato però dal materialismo e dal nichilismo allora imperante nei circoli liberali che frequentava. Nominato dallo Zar Alessandro I ufficiale degli ussari della Guardia, a vent’anni, nel 1824, sposò Sofia Soltikov, una donna, profondamente religiosa, ortodossa, ma «cattolica nell’anima e nel cuore», che morirà a Venezia nel 1841. Da essa avrà due figli: Pietro e Elena.
La morte di Sofia spinse Šuvalov a studiare la religione. Un giorno si imbatté nel libro delle Confessioni di sant’Agostino: fu per lui una rivelazione. «Lo leggevo incessantemente, ne copiavo intere pagine, ne stendevo lunghi estratti. La sua filosofia mi riempiva di buoni desideri e di amore. Con quale trasporto di contentezza trovai in quel grand’uomo sentimenti e pensieri che fino allora avevano dormito nell’anima e che quella lettura ridestava». Trasferitosi a Parigi, il conte Šuvalov frequentava un gruppo di aristocratici russi convertiti alla Chiesa cattolica, grazie soprattutto al conte Joseph de Maistre (1753-1821), che dal 1802 al 1817 era stato ambasciatore del Re di Sardegna a Pietroburgo.
Tra questi erano Sophie Swetchine (1782-1857), il principe Ivan Gagarin(1814-1882) e il principe Teodoro Galitzin (1805-1848). Quest’ultimo, accorgendosi della profonda crisi spirituale dell’amico, lo aiutò a ritrovare la verità, consigliandogli la lettura e la meditazione del Du Pape di Joseph de Maistre. Leggendo l’opera del conte savoiardo, Šuvalov comprese come la prima nota della Chiesa è l’unità, e questa esige un suprema autorità, che non può essere altro che il Romano Pontefice. «Signore, tu dici: la mia Chiesa, e non le mie chiese. D’altra parte, la Chiesa deve conservare la verità; ma la verità è una; dunque la Chiesa non può essere che una. (…) Quando conobbi che non può esistere se non una sola vera Chiesa, compresi pure che questa Chiesa deve essere universale, cioè cattolica».
Šuvalov si recava ogni sera a Notre Dame per ascoltare le prediche del padre Francesco Saverio de Ravignan (1795-1858), un dotto gesuita che sarebbe diventato la sua guida spirituale. Il 6 gennaio 1843, festa dell’Epifania, Šuvalov abiurò l’ortodossia e fece la sua professione di fede cattolica nella Chapelle des Oiseaux. Egli aspirava però ad una più profonda dedicazione alla causa cattolica. Per mezzo di un giovane liberale italiano, Emilio Dandolo, incontrato per caso in treno, aveva conosciuto il padre Alessandro Piantoni, rettore del collegio Longone dei Barnabiti a Milano, che nel 1856 lo accolse nel noviziato dei Barnabiti a Monza, con il nome di Agostino Maria.
Nell’ordine fondato da sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539) trovò un ambiente di profonda spiritualità. Scriveva al padre Ravignan: «Mi credo in Paradiso. I miei padri sono altrettanti santi, i novizi altrettanti angeli». Tra i giovani confratelli era Cesare Tondini de’ Quarenghi (1839-1907) che, più di ogni altro, avrebbe raccolto la sua eredità spirituale. Il 19 settembre 1857 Agostino Šuvalov fu ordinato sacerdote a Milano da monsignor Angelo Ramazzotti, futuro patriarca di Venezia.
Il giorno dell’ordinazione, all’elevazione del calice, innalzò a Dio questa supplica. «Mio Dio, fatemi degno di dare la vita e il sangue in unione al vostro per la glorificazione della beata Vergine Immacolata nella conversione della Russia». Fu questo il sogno della sua vita, che affidò all’Immacolata, di cui l’8 dicembre 1858 Pio IX proclamò il dogma. Ricevuto in udienza dal Papa, padre Šuvalov gli manifestò il desiderio di dedicare la sua vita al ritorno degli scismatici alla Chiesa di Roma. Nel memorabile incontro, «Pio IX mi parlò della Russia con quella fede, con quella speranza e con quella convinzione che hanno per appoggio la parola di Gesù, e con quella carità ardente da cui era mosso pensando ai suoi figli traviati, poveri orfani volontari. Queste sue parole mi infiammavano il cuore».
Padre Šuvalov si dichiarò pronto a fare il sacrificio della sua vita per la conversione della Russia. «Orbene, disse allora il Santo Padre, ripetete sempre dinanzi al crocifisso tre volte al giorno questa protesta; siate certo il vostro volere si compirà». Parigi fu campo del suo apostolato e della sua immolazione: vi si prodigò instancabilmente conquistando innumerevoli anime e dando vita alla Associazione di preghiere per il trionfo della beata Vergine Immacolata nella conversione degli scismatici orientali, e specialmente dei Russi, alla fede cattolica, detta comunemente l’Opera del padre Šuvalov.
Pio IX l’approvò con un breve del 1862 e padre Cesare Tondini ne fu l’infaticabile propagatore. Ma padre Šuvalov era morto a Parigi il 2 aprile 1859. Aveva appena terminato di scrivere la autobiografia Ma conversion et ma vocation (Parigi 1859). Il libro, che nell’Ottocento ebbe traduzioni e ristampe, è stato presentato in una nuova edizione italiana a cura dei padri Enrico M. Sironi e Franco M. Ghilardotti (La mia conversione e la mia vocazione, Grafiche Dehoniane, Bologna 2004) e da qui abbiamo tratto le nostre citazioni. Il padre Ghilardotti si è inoltre adoperato per riportare in Italia le spoglie del padre Šuvalov, che ora riposano nella chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna, costruita nel 1611 dai padri Barnabiti. Ai piedi di un altare sormontato da una copia della Santa Trinità di Andrei Rublev, il più grande pittore russo di icone, padre Gregorio Agostino Maria Šuvalov attende l’ora della resurrezione.
Nella sua autobiografia il barnabita russo aveva scritto: «Quando l’eresia minaccia, quando la fede languisce, quando i costumi si corrompono e i popoli si addormentano sull’orlo dell’abisso, Dio, che tutto dispone con peso, numero e misura, per risvegliarli apre i tesori della sua grazia; e ora suscita in qualche oscuro villaggio un santo nascosto, la cui efficace preghiera trattiene il suo braccio pronto a punire; ora fa apparire sulla faccia dell’universo una splendida luce, un Mosé, un Gregorio VII, un Bernardo; ora ispira, per il concorso di qualche fatto miracoloso, passeggero o permanente, il pensiero di un pellegrinaggio o di qualche altra nuova devozione, nuova forse per la forma ma sempre antica nell’essenza, un culto commovente e salutare. Tale era stata l’origine della devozione al Sacro Cuore di Gesù. questo culto nato in mezzo a mille contraddizioni in un piccolo chiostro del villaggio di Paray-le-Monial…».
Tale, potremmo aggiungere, è l’origine della devozione al Cuore Immacolato di Maria, di cui la Madonna ha chiesto la propagazione cento anni fa, in un piccolo villaggio del Portogallo. A Fatima la Madonna annunciò la realizzazione del grande ideale di padre Šuvalov: la conversione della Russia alla fede cattolica. Un evento straordinario che appartiene al nostro futuro, e che farà risuonare nel mondo le misteriose parole della Scrittura che padre Šuvalov applica alla propria conversione: Surge qui dormis, surge a mortuis et iluminabit te Christus, «Alzati, tu che dormi fra i morti e Gesù Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14).

di Roberto de Mattei (31-05-2017)

AMDG et BVM

“La Russia sarà cattolica”/2

“La Russia sarà cattolica”/2

Questa la speranza — e la profezia — di padre Ivan Gagarin della Compagnia di Gesù.
di Roberto de Mattei (07-06-2017)
“La Russia sarà cattolica”. Il sogno di tanti convertiti russi dell’Ottocento, come il padre Šuvalov, costituì anche il titolo di un libro che fece scalpore nella sua epoca: La Russie sera-t-elle catholiquedel padre Ivan Gagarin della Compagnia di Gesù.
Ivan Sergeevič Gagarin nacque a Mosca il 20 luglio 1814 da una illustre casata principesca, discendente dai principi di Kiev. Fu addetto alla legazione russa a Monaco di Baviera e poi all’ambasciata di Parigi, dove partecipò alla vita intellettuale francese, frequentando il salotto di Sophie Swetchine. Sotto l’influenza della stessa Swetchine e di autori come Pëtr Jakovlevič Čaadaev (1794-1856), maturò la sua conversione al cattolicesimo. Il 7 aprile 1842 abiurò la religione ortodossa e abbracciò la fede cattolica, nelle mani del padre Francesco Saverio de Ravignan (1795-1858) che già aveva raccolto la conversione del conte Šuvalov. Ivan Gagarin rinunciava, a 28 anni, non solo ad un brillante avvenire politico e diplomatico, ma alla speranza di poter rientrare in patria.
Nella Russia degli Zar infatti, le conversioni al cattolicesimo costituivano un delitto paragonabile alla diserzione o al parricidio. L’abbandono dell’ortodossia per un’altra religione, anche cristiana, era punito con la perdita di tutti i beni, dei diritti civili e dei titoli nobiliari e prevedeva la reclusione a vita in un monastero o l’esilio in Siberia.
Un anno dopo Ivan, divenuto Jean Xavier Gagarin, sollecitò la sua ammissione nella Compagnia di Gesù e fu ammesso nel noviziato di St. Acheul. Iniziò un periodo di lunghi studi che si conclusero con l’ordinazione sacerdotale e la professione dei voti religiosi nell’ordine di sant’Ignazio di Loyola. Per il padre Gagarin, in cui uno zelo ardente si univa ad una viva intelligenza e ad un’educazione da gran signore, iniziò una nuova vita. Durante la guerra di Crimea, partecipò con il celebre matematico Augustin Cauchy (1789-1857) alla fondazione dell’opera della École d’Orient.
Verso la fine del 1856 fondò la rivista quadrimestrale Études de théologie, de philosophie et d’histoire che diventò la celebre rivista Études.Quando però, nel 1862, la pubblicazione fu rilevata dai gesuiti francesi, subì una trasformazione radicale. Mentre si apriva il Concilio Vaticano I, Études, a differenza della consorella romana Civiltà Cattolica, prese una posizione filo liberale che avrebbe conservato nel secolo successivo.
Il governo russo, che si proponeva di estirpare il cattolicesimo dalle provincie occidentali dell’Impero, considerò il principe Gagarin un nemico da eliminare. Fu accusato di avere scritto al poeta Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837) delle lettere anonime che lo avrebbero esasperato, spingendolo a un duello in cui avrebbe trovato la morte. Recentemente una giovane storica polacca Wiktoria Sliwowska ha dimostrato che si trattava di una campagna di calunnie organizzata dalla Terza Sezione della Cancelleria Imperiale (L’Affaire Gagarine, Institutum Historicum Societatis Iesu, Roma 2014, pp. 31-72).
La Russie sera-t-elle catholique? Apparve a Parigi nel 1856. In quest’opera, il padre Gagarin si richiama alla solenne bolla di Benedetto XIV Allatae sunt del 26 luglio 1755,con la quale il Santo Padre manifestando «la benevolenza con la quale la Sede Apostolica abbraccia gli Orientali», «ordina che si conservino i loro antichi Riti che non si oppongono né alla Religione Cattolica né all’onestà; né chiede agli Scismatici, che tornano all’Unità Cattolica, di abbandonare i loro Riti, ma solo che abiurino le eresie, desiderando fortemente che i loro differenti popoli siano conservati, non distrutti, e che tutti (per dire molte cose con poche parole) siano Cattolici, non Latini».
Per ricondurre i popoli slavi all’unità – commenta padre Gagarin – bisogna rispettare i riti orientali, chiedere l’abiura degli errori contrari alla fede cattolica, ma soprattutto combattere la concezione politico-religiosa degli ortodossi. Per il gesuita russo, lo scisma ortodosso è in gran parte il risultato del “bizantinismo”, un concetto con cui egli intende la differenza di rapporti tra Chiesa e Stato che esistono nel mondo bizantino e in quello occidentale. Per Bisanzio non esiste la distinzione tra i due poteri.
La Chiesa viene di fatto subordinata all’Imperatore che se ne ritiene il capo, in quanto delegato di Dio sia nel campo ecclesiastico che in quello secolare. Gli autocrati russi, come gli imperatori bizantini, vedono nella Chiesa e nella religione un mezzo di cui servirsi per garantire e dilatare l’unità politica. Questo sciagurato sistema è fondato su tre pilastri: la religione ortodossa, l’autocrazia e il principio di nazionalità, all’insegna del quale sono penetrate in Russia le idee di Hegel e dei filosofi tedeschi. Ciò che si nasconde sotto le parole pompose di ortodossia, autocrazia e nazionalità, «non è altro che la forma orientale dell’idea rivoluzionaria del XIX secolo» (p. 74).
Gagarin intravede la ferocia con cui le idee rivoluzionarie saranno applicate nel suo Paese. Le pagine di Proudhon e di Mazzini appaiono ai suoi occhi gentili ed educate in confronto alla violenza degli agitatori russi. «È un contrasto che può servire a misurare la differenza tra come si comprende in Europa il principio rivoluzionario e come esso sarebbe messo in pratica in Russia» (pp. 70-71).
In una profetica pagina, il padre Gagarin scrive: «più si va a fondo delle cose, più si è portati a concludere che l’unica vera lotta è quella che esiste tra il Cattolicesimo e la Rivoluzione. Quando nel 1848 il vulcano rivoluzionario terrorizzava il mondo con i suoi ululati e faceva tremare la società, estirpandone le fondamenta, il partito che si dedicò a difendere l’ordine sociale e a combattere la Rivoluzione non ha esitato a scrivere sulla sua bandiera: Religione, Proprietà, Famiglia, e non ha esitato ad inviare un esercito per riportare sul trono il Vicario di Cristo, costretto dalla Rivoluzione a prendere la via dell’esilio. Aveva perfettamente ragione; non ci sono che due princìpi uno di fronte all’altro: il principio rivoluzionario, che è essenzialmente anti-cattolico e il principio cattolico, che è essenzialmente anti-rivoluzionario. Nonostante tutte le apparenze contrarie, nel mondo non ci sono che due partiti e due bandiere, Da una parte la Chiesa cattolica innalza lo stendardo della Croce, che conduce al vero progresso, alla vera civiltà, e alla vera libertà; dall’altra si leva lo stendardo rivoluzionario, attorno a cui si raccoglie la coalizione di tutti i nemici della Chiesa. Ora, che fa la Russia? Da una parte essa combatte la Rivoluzione, dall’altra combatte la Chiesa cattolica. Sia all’esterno che all’interno, ritroverete la stessa contraddizione. Non esito a dire che ciò che fa il suo onore e la sua forza è di essere l’avversario incrollabile del principio rivoluzionario. Ciò che fa la sua debolezza è di essere, allo stesso tempo, l’avversario del Cattolicesimo. E se essa vuole essere coerente con sé stessa, se vuole veramente combattere la Rivoluzione, non ha che da prendere una decisione, schierarsi dietro lo stendardo cattolico e riconciliarsi con la Santa Sede» (La Russie sera-t-elle catholique?Charles Douniol, Paris 1856, pp. 63-65).
La Russia non raccolse l’appello e la Rivoluzione bolscevica, dopo aver sterminato i Romanov, diffuse i suoi errori nel mondo. La cultura abortista e omosessualista che oggi conduce l’Occidente alla morte ha le sue radici nella filosofia marx-hegeliana, affermatasi in Russia nel 1917. La sconfitta degli errori rivoluzionari non potrà essere portata a termine, in Russia e nel mondo, che sotto gli stendardi della Chiesa cattolica.
Le idee del padre Gagarin colpirono il barone tedesco August von Haxthausen (1792-1866), che con l’appoggio dei vescovi di Münster e di Paderborn fondò una Lega di preghiere, chiamata Petrusverein,Unione di San Pietro. per la conversione della Russia. Un’associazione analoga sotto l’impulso dei padri barnabiti Šuvalov e Tondininacque in Italia e in Francia. Agli iscritti di queste associazioni veniva raccomandato di pregare per la conversione della Russia tutti i primi sabati del mese.
Il 30 aprile 1872 Pio IX accordò con un suo Breve l’indulgenza plenaria a tutti coloro che, confessati e comunicati, assistevano il primo sabato del mese, alla Messa celebrata per il ritorno della Chiesa greco-russa all’unità cattolica. La Madonna gradì certamente questa devozione, perché a Fatima, nel 1917, raccomandò la pratica riparatrice dei primi cinque sabati del mese come strumento dell’instaurazione del suo Regno in Russia e nel mondo.
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